STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
Struttura e Organizzazione
Il prezzo dell'essere
flessibili
è l'instabilità.
Per fortuna gli spinaci non mi piacciono,
perché se mi piacessero li mangerei
e se li mangiassi starei male,
giacché proprio non li posso soffrire.
(Prudhomme)
Molti “osano” discutere dell’organizzazione ... lamentandosi del collega col
capo, tutti sostengono con audaci argomenti gli attributi ... che essa dovrebbe possedere,
altri ancora seguono con profonda attenzione ... i mutamenti in atto, ai seminari in amene
località di vacanza, pochissimi hanno l’ardire di mettervi mano: - Per fortuna realizzare
un’organizzazione non mi piace, perché se mi piacesse ne farei una ottima, ma se la
realizzassi starei male, giacché proprio non la posso soffrire... -.
Questa sembra la realtà, nonostante il quarto postulato. Molti manager sono colti
da un notevole “prurito”, quando qualcuno afferma che è necessario migliorare
l’organizzazione. Non uno ha mancato di sottolineare l’importanza dell’organizzazione
nelle imprese, ma nessuno in modo serio per migliorare la performance globale, tranne
che per ridurre i costi. Vorrei dimostrare che le ragioni risiedono nella complessità del
problema, che le soluzioni hanno bisogno di un tempo che non c'è mai, che c’è bisogno di
un tipo di manager troppo raro e infine che le regole che mantengono l’omeostasi del
collettivo sono disciplinate da forze troppo violente.
Una struttura organizzata ha tutti i suoi membri preparati ad operare per gli
obiettivi della sopravvivenza. L’energia spesa per la preparazione e l’azione deve essere
minima (postulato numero 6). Poiché la VGS, la sola che permette di prendere le
decisioni adatte, è appannaggio dell’individuo e non del collettivo, la struttura
organizzata dovrebbe aiutare gli organi decisionali, ad orientarsi nella complessità, ad
ottenere un feedback accurato, una conveniente coerenza e un’opportuna tempestività
nelle risoluzioni, aiuterebbe il sistema a prendere le giuste scelte a tutti i livelli per
raggiungere gli obiettivi, nel rispetto di tutte le forme di vita. Il concetto di organo
decisionale è volutamente indefinito, perché tutte le persone del collettivo sono chiamate
a prendere decisioni, che spesso sono difficilmente catalogabili e descrivibili.
L’elaborazione dell’informazione è strettamente legata alla struttura, il sistema deve
organizzarsi intorno ad un processo e non ad una funzione, vale a dire ad una gerarchia
ed è molto importante individuare il processo principale.
91
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
Vi sono alcuni problemi.
Qual è il miglior principe, quello i cui sudditi sono tanto disciplinati da non
esservi bisogno del suo aiuto, oppure quello che interviene di continuo1? Esiste
un'organizzazione perfetta, almeno per un breve periodo? L’organizzazione è un
contratto completo o incompleto? L'organizzazione dovrebbe perseguire obiettivi a
breve o a lungo termine?
Tutti questi temi sono viziati dal punto di vista: quella degli azionisti, dei
manager, dei collaboratori, dei clienti, dei fornitori e delle istituzioni.
Quali sarebbero gli attributi essenziali di un collettivo organizzato, se esso deve
affrontare lo scenario descritto nel modello di riferimento?
Il sistema dovrebbe essere sicuramente flessibile e plastico, in modo tale da
permettere, che l'impresa si evolva con minimi traumi, data la turbolenza prevista dal
modello di riferimento. Dovranno essere presenti l'apprendimento continuo e la
flessibilità attraverso piccoli gruppi, l'orientamento al prodotto, al cliente, la struttura
semplice e staff ridotto aperto alla sperimentazione, sistemi di valutazione
pubblicizzati, repulsione alla segretezza, l'assenza di una linea di comando rigidamente
formale, il coinvolgimento del personale, l'incoraggiamento all'imprenditorialità e
autonomia, l'uso di metodi antiassuefazione.
Le attuali organizzazioni sono troppo complesse, intendo quelle, che richiedono
molti scambi di carte, richieste scritte, approvazioni formali, scarsa comunicazione,
eccessiva specializzazione, troppo lavoro individuale ed estenuanti riunioni. Questo è
spesso presente anche nelle piccole e medie imprese, contrariamente a quanto si pensa
generalmente.
Un modo semplice di realizzare un sistema con tali attributi si ottiene, quando
non si agisce sulle persone, ma sulle regole, che definiscono i ruoli. Un altro è la
descrizione di un criterio di premiazioni e punizioni ben chiare, semplici, pubbliche e
approvate dal gruppo. Per contro un sistema rigidamente ordinato, elimina sì la brutta
impressione del disordine, ma impedisce la realizzazione delle spinte evolutive che
comunque verranno fuori e causeranno guai e costi, se non previste in tempo2.
Qual è il prezzo per la creazione e il mantenimento dell’ordine? "Egli pensa a
creare un ordine nel mondo. Non si può creare un ordine nel mondo: l'ordine è inerente
a lui. Quando cercate di fare ordine, fate disordine (Lao-tzu)".
Il costo totale di un’organizzazione passa attraverso quelli dovuti alla
comunicazione, in altre parole dipende dalle capacità di coordinamento e
d’apprendimento del sistema.
La transazione può, infatti, essere impedita, se
l'asimmetria dell'informazione è molto elevata, se il sistema è molto rigido, e la struttura
è inflessibile e irremovibile. La mancanza di fiducia, dal basso verso l'alto e viceversa,
orizzontalmente fra i vari settori, ostacola spesso il feedback a breve e lunga correlazione
delle informazioni.
1
2
Il Principe, Machiavelli
Vedi Descrizioni alla voce Organizzazione.
92
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
Costo
Costo totale dell'organizzazione
C disorganizzazione
C coordinamento
completa
grado
ordine
disorganizzazione
di coordinamento
completo
La cultura, la formazione, la chiarezza, la sincerità e la semplicità diminuiscono
l’entropia dell’informazione e quindi minimizzano il costo totale.
Questi strumenti fungono da regolatore del collettivo e vanno integrati con
l’organizzazione, di cui di solito è data una rappresentazione con l’organigramma.
Questa descrizione nasce dall’esigenza di immaginare una risposta alla seguente
domanda: dove sono e chi ha le risorse fisiche e mentali per pianificare, migliorare e
controllare le varie attività?
MKTG:
AMMINISTRA
ZIONE:
finanza, ammin.
personale,
contabilità analitica
Programmazione
Magazzini
prodotti finiti
Spedizioni, assistenza
post vendita, vendite
R&S: prototipi,
affidabilità,
D.D.B., cicli
Certificazioni
PROBLEMI
LOGISTICA:
SISTEMA
INFORMATIVO
Magazzini acquisti
Acquisti
PRODUZIONE:
Magazzini,
C.Q./ Industrializzazione
Servizi generali
Per esempio, l’area del prodotto è comunemente affidata alla R&S. Quali sono le
attività connesse a quest’area? Tutte le attività concernenti il prodotto, sono riunite sotto
93
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
un’unica responsabilità? La sua organizzazione dipenderà dal tipo d’industria, dagli
obiettivi, e dallo stile manageriale3.
La funzione Qualità non compare nell’organigramma e nemmeno quella della
direzione del personale. I due temi sono trasversali ed esigono una visione complessiva.
Sono perciò funzioni di vertice, il quale n’è responsabile per il semplice fatto, che solo
esso ha le risorse per fare la qualità e realizzare i comportamenti suggeriti dalla missione
dell’impresa, che in questi problemi è coinvolta tutta insieme.
In quest’organigramma è messo in evidenza il centro delle decisioni e la squadra
che opera per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. La disposizione in senso orario
delle funzioni rispetta in generale la successione cliente - fornitore molto utile, per
chiarire le relazioni fra i vari enti.
Il ruolo dei sistemi informativi e informatici è indipendente: esso ha assunto e
deve avere una posizione strategica sia per i suoi aspetti tecnici, sia per la stretta
connessione con il sistema informativo e l’organizzazione: anche questo non è un tema
specialistico, ma opera su più aree tradizionali.
Il valore simbolico di quest’organigramma è assai elevato. Le aree d’influenza
degli specialisti sono tratteggiate apposta, per rilevare che i limiti sono sfumati e che, più
che le funzioni, i processi e i loro problemi definiscono gli interventi di ciascuno di
loro. Inoltre vi sono aree di competenza in comune simboleggiate dalle intersezioni delle
zone d’influenza. L'organigramma dovrebbe definire le competenze e non le aree
d’influenza, che dovrebbero essere definite dai problemi. Anche la figura del direttore
generale è fuori del quadro: il suo ruolo è d’individuare i problemi e descriverli alla
struttura, che s’incaricherà di trovare le soluzioni e di realizzarle in modo indipendente e
autonomo.
Applicando i principi, descritti implicitamente nell’organigramma, fu realizzata
la ristrutturazione nel caso PG. Usando l’organigramma classico per descrivere la
situazione ufficiale, si può evidenziare l’evoluzione prima e dopo la “cura”.
La storia raccontava una squadra del seguente tipo:
Direzione
Progettazione
C.Q.
Personale
Amministrazione
C.E.D.
Industrializzazione
Meccanica
Capiturno
Capiturno
Motori
Capiturno
Capiturno
Produzione
Acquisti
Assemblaggio
Capisquadra
Sollecitatori
Amministrazione
In totale 52 indiretti, persone non direttamente coinvolte nella trasformazione dei
materiali e/o erogazione di servizi. Applicando principi, come linee corte, riduzione dei
livelli, dei contatti per persona per uno stesso argomento, mai fare due volte la medesima
3
Vedi “Progettazione”.
94
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
cosa, usando l'idea del flusso delle operazioni, eliminando le aree di controllo,
introducendo il lavoro di gruppo, semplificando il lavoro, diminuendo il numero dei
fornitori, utilizzando tecniche di progettazione modulare, della contabilità analitica, ecc.,
si giunse al seguente organigramma:
Direzione
Informatica
Progettazione
Personale
Amministrazione
Logistica
Produzione
Industrializzazione
Meccanica
Motori
Assemblaggio
Acquisti
Sollecitatori
Magazzini
Prototipi
Manutenzione
2GDL*
1GDL
3GDL
*GDL: gruppo di lavoro.
Nella nuova organizzazione vi erano descritte le posizioni di 31 indiretti, che
dopo l'introduzione dei sistemi informatici si ridussero ulteriormente a 26. Si può
osservare che, almeno in quest’esempio, la VGS ha aumentato l’efficienza più
dell’informatica.
Gli interessati furono coinvolti direttamente, tramite una sorta di censimento
delle attività per ogni funzione così come le persone le percepivano, mediante un modulo
simile al seguente.
Nome
Attività del Vs. ruolo
......
Attività non pertinenti
......
Vs. fornitore
Data
Giudizio*
Vs. cliente
h/mese
Vs. fornitore
Giudizio*
Vs. cliente
* 1=insufficiente; 2=sufficiente; 3=buono. Elencare le ragioni dei punteggi.
I risultati furono incoraggianti e sorprendenti. Si scoprì velocemente ridondanze,
sovrapposizioni, aree scoperte, e arzigogolati tragitti delle informazioni con i relativi
documenti.
Si analizzarono ad esempio le prassi delle commesse di vendita. Nove persone
processavano 3000 commesse l’anno. Dopo la cura n’erano sufficienti quattro. Il
principio, su cui era organizzato il lavoro, si basava, sul “divide et impera”: in termini
tecnici, una persona per ogni attività, esempio di taylorismo, superato dal nuovo
principio, secondo il quale ognuno doveva processare dall’A alla Z ogni commessa.
Nessun basso o medio livello fu licenziato.
Non mi credete? Vi credo!
95
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
Il risultato era essenzialmente dovuto al fatto che 80% delle decisioni furono
delegate verso il basso. Questa fu la preparazione alla gestione distribuita, la chiave per
recuperare l’impresa. In compenso sette dirigenti furono “fired”, e l’azienda fu salva.
Questi organigrammi descrivono soltanto la “mappa”, ma non lo stile. Vi sono
generalmente tre tipi d’organizzazione: quell’ufficiale, presentata dagli organigrammi,
quella presunta, quella che la gente crede che sia, e quell’esistente, regolata dalle
relazioni di fatto. Dal punto di vista storico o delle mode possiamo distinguere alcuni
tipici metodi di conduzione aziendale: la padronale paternalistica, la padronale
matriarcale, l’autoritario, il manageriale autoritario, il manageriale partecipato, il
distribuito.
La prima crisi organizzativa si fa sentire a cominciare dalla metà degli anni 70 del
XX secolo. Vi sono molteplici risposte: organizzazione a matrice, MBO, ecc., ma
nessuna funziona. Tutti questi stili presuppongono un utopistico lavoro di gruppo,
soprattutto se si pretende che questo avvenga solo, perché lo vuole l’”uomo sulla
collina”, senza cambiare nulla nei comportamenti umani. La conseguenza più comune è
una burocrazia rigida e inefficace, e l'accuratezza del feedback e l'omogeneità nei tipi di
decisioni sono spesso delle illusioni.
La nuova proposta, anni novanta, è la conduzione distribuita o gestione per
politiche: i livelli tendenzialmente più bassi devono prendere decisioni efficaci, mentre
gli indirizzi vanno definiti dall'alto. L'organigramma a bolle descrive bene
l'organizzazione flessibile, che questa proposta sottintende. Le competenze, per
l'attuazione delle politiche, sono già diffuse in tutta l'impresa e sono nelle mani dei
tecnici, che hanno già dimostrato la capacità e la specializzazione necessarie e sufficienti.
Vi sono però aspetti negativi, con cui fare i conti: il rispetto ossessivo della norma, nelle
organizzazioni top – down irrigidisce troppo l’azione e tratta le persone come oggetti,
privi di pensiero quindi d’iniziative e sarà più costoso sfruttare tutte le risorse a
disposizione. E’ illusoria l’idea, che esista un sistema, che fornisca una ben definita
soluzione a qualsiasi problema tempestivamente, per il semplice fatto, che molti problemi
non sono prevedibili né tanto facilmente descrivibili e quindi trasferibili alla struttura.
L'organizzazione bottom – up ha un procedimento tale, che il sistema impara e
migliora le sue prestazioni in base alla propria esperienza. Così in un sistema bottom - up
le regole di funzionamento sono soggette a modifica continua. Quando si passa
all’esecuzione, il sistema compie una propria valutazione ed essa modifica le sue
operazioni per migliorare la qualità dei risultati. Questo tipo d’organizzazione
sembrerebbe il meno costoso.
La differenza essenziale fra le due organizzazioni è che negli ambienti bottom up deve esserci un ricordo del precedente risultato (esperienza), in modo che esso possa
essere incorporato nelle successive azioni (cultura), ad es. attraverso un TQM (Total
Quality Management) o un ABMA (Activity Based Management Accounting4).
Lo stile manageriale sarà patriarcale, matriarcale o manageriale nel top - down,
per politiche nel bottom - up. E’ anche evidente la scarsa flessibilità nel primo e
l'adattabilità nel secondo. Un mix con i processi top - down / bottom - up sembra dare
4
Vedi capitolo sul Controllo Gestione.
96
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
migliori risultati a garantire validità e velocità alle reazioni del sistema. L’applicazione
dipende sempre dal manager e dal suo comportamento.
Poiché le linee di demarcazione fra le funzioni non sono ben definite,
l'organizzazione flessibile sconcerta l'individuo, giacché lo mette allo scoperto
obbligandolo a decidere, a pensare, a risolvere. Nell'organizzazione classica, quella
"ordinata", l'individuo è solo e nessuno può venirgli in aiuto, perché la cultura è il
rispetto dei confini. Nell'organizzazione distribuita, gli individui collaborano per
l'attuazione di una politica comune. Questo è importante, se vale il postulato numero 4.
L'introduzione di tali metodi deve essere graduale, perché quest’organizzazione
espelle i pesi morti ed è molto esigente nei risultati anche se dà molto sul piano della
delega e motivazione. È molto importante, che i più forti aiutino i più deboli.
Funzioni deboli sono ad esempio quelle, che non hanno risorse indipendenti per
soddisfare le esigenze dell’impresa. Notoriamente il servizio della qualità è debole, non
solo perché gli mancano spesso le risorse sufficienti, ma anche perché manca la cultura
delle altre funzioni, che dovrebbero supportarla! Le progettazioni esperimentano
momenti di debolezza acuta, specie quando il MKTG descrive i prodotti che, secondo lui,
il mercato vorrebbe ... per oggi! E questo vale per tutte le funzioni, specialmente il top
management, il cui punto debole è la “lontananza” dalla realtà quotidiana.
Ogni settore dovrà definire le proprie politiche, sottoponendole a discussione in
continuazione: è uno scotto da pagare per ottenere i mezzi migliori per la competizione.
Avremo in senso gerarchico le politiche della proprietà (a lungo termine), del
management (a medio termine), dei quadri (a breve termine), degli operatori (al
quotidiano). Quest’osservazione spiega in parte le difficoltà di comunicazione fra i vari
livelli.
In senso funzionale si avranno politiche di MKTG, di vendita, d’esportazione,
del cliente, del personale, delle relazioni sociali, della qualità totale, di prodotto, degli
investimenti, d’industrializzazione, di ricerca, d’immagine interna ed esterna,
finanziaria, della sicurezza, dell'ambiente, degli acquisti, ecc.
Per ognuna delle politiche si assegneranno degli obiettivi, cui associare da uno a
tre o quattro indici misurabili in modo indipendente, per ciascuno con un minimo e un
massimo, come segnali di pericolo5. I controlli periodici saranno occasione
d’approfondimenti o ricerche di nuove soluzioni, e non trasformati in momenti di
punizione morale, come sovente avviene: il rischio è che i riesami siano avversati e i dati
diventino meno obiettivi. I provvedimenti anche se frutto di comuni suggerimenti,
dovranno essere attuati dal settore coinvolto. Il comportamento del vertice dovrà essere
sereno ed equilibrato, paziente ed agire con tatto.
Sembra facile!
Come passare da un tipo d’organizzazione all’altro senza grossi traumi? Come
assicurare l’evoluzione dell’organizzazione necessaria a far fronte ai postulati del nostro
modello? Bisogna imparare a gestire l’innovazione. È possibile? Vi sono all’interno
dell’impresa risorse capaci di realizzarla? Sembra che vi siano dei vincoli al
rinnovamento globale e su vasta scala.
5
Vedi “Elaborazione dell'informazione”.
97
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
Inevitabili sono alcuni punti di rottura6, che possono essere esterni al settore
industriale in cui opera l’impresa, o interni, risultati economici imprevisti o diversi dal
budget dell’impresa e cambiamenti nel comportamento organizzativo, e vale il postulato
3. La variabilità del trend di un settore industriale e/o dei risultati dell’impresa può
cambiare lentamente e a caso, ma anche improvvisamente. In alcuni casi l’attore, che
spinge verso il trauma, può essere il mercato, in altri la tecnologia, che sta dietro il
settore industriale. Sviluppare prodotti migliori oppure gli stessi prodotti meno costosi,
differenziarsi, specializzarsi verso i clienti, aumentare il valore percepito, sono esempi di
fatti traumatici, che impongono problemi di innovazione alle aziende. Stati di crisi
nell’organizzazione dipendono anche dalle strategie, che l’impresa ha adottato:
l’approccio competitivo su prodotti standardizzati ha problemi di controllo del costo, il
criterio competitivo basato sulla differenziazione ha problemi d’introduzione sul mercato
e di lasciare libera l’organizzazione, per accorciare l’iter delle informazioni e quindi
ridurre le decisioni time to market.
Che siano cambiamenti graduali o improvvisi, il loro superamento dipende molto
dall’atteggiamento di chi deve guidare l’impresa fuori della tempesta. Vi è chi ha
capacità di prevenire interpretando i segnali deboli e quelli che invece sanno soltanto
reagire, anche se molto in fretta7.
La cosa più importante è identificare il cambiamento il più presto possibile e la
statistica è un efficace strumento di previsione, ma purtroppo essa è generalmente seguita
poco. Si dovrebbe descrivere lo stato del settore industriale o dell’impresa, mediante
misure storiche dei risultati (indici), usando grafi temporali, come descritto nel capitolo
sull’informazione, che rendessero evidente quello che sta succedendo. La statistica può
aiutare a dire, se il cambiamento è vero o è una fluttuazione casuale, accompagnata da
osservazioni sulle regole competitive esterne e interne all’impresa. Ad esempio
osservando il comportamento dei primi concorrenti.
I guru della consulenza hanno inventato diversi tipi di organizzazione: quella
organica, funzionale, divisionale, matriciale e l’ultima moda viene dichiarata network,
che abbiamo già criticato, proprio per tentare una soluzione ai problemi di
comunicazione interna, che nascono in ogni tipo di organizzazione, dalle società di due
persone alle corporation.
Spesso il passaggio da un’organizzazione all’altra, denominato ristrutturazione,
avviene attraverso discontinuità traumatiche e spesso aumenta i problemi di
sopravvivenza invece di risolverli. Capita, che il cambiamento della situazione, non si
accompagni al cambiamento nel comportamento. La soluzione di queste discrasie impone
un processo di cambiamento, di cui non esiste una ricetta generale.
Per scegliere il processo dell’innovazione bisogna capire quanto grande è la
pressione del cambiamento, in pratica quanto tempo c’è a disposizione per superare la
crisi, e quanto è forte la resistenza8.
Nel processo del cambiamento giocano molti tipi diversi d’attori: nel caso
d’oppositori, l’ideale sarebbe allontanarli, prima di coinvolgere i pionieri, soprattutto se
essi sono manager. Nel caso d’organizzazioni chiuse e senza tempo a disposizione,
6
Breakpoint in inglese, ipotesi 1 e 6 del modello di riferimento.
Un “Cesare” o un “Augusto”.
8
Diagramma di P. Strebel.
7
98
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
l’inversione di rotta, top – down, dovrebbe usare la tecnica del “prendi o lascia”,
lasciando poco spazio alla discrezione individuale.
Tempo sufficiente per trovare la Tempo limitato, necessità di risposte
direzione giusta: processo continuo
rapide: processo discontinuo
Uso di task force
Inversione di rotta dall’alto verso il
al
basso (riduzione e ristrutturazione)
Forte
resistenza
cambiamento
Scarsa
Ampia partecipazione (TQM)
resistenza al
cambiamento
Debole pressione del cambiamento,
direzione non chiara
Iniziative dal basso verso l’alto
(empowerment)
Forte pressione
direzione chiara
del
cambiamento,
Diversi tipi d’attori
Scarso
Tradizionalisti
Oppositori
interesse nel seguono la sicurezza e la legalità: è un temono l’avventura: è un problema
cambiamento problema di cultura
politico
Forte
Spettatori
Pionieri
interesse nel non capiscono e non partecipano: è un amor proprio e talento: è un tema di
cambiamento problema di aggiornamento
dinamismo
Risposta passiva al cambiamento
Risposta attiva al cambiamento
Nel caso d’organizzazioni chiuse, la task force sembra il modo migliore per
aprirle, anche se gli oppositori possono ostacolarla. I suoi membri dovrebbero
coinvolgere gli “spettatori” e il resto dell’organizzazione, mediante sistematici gruppi di
lavoro.
Nel caso d’organizzazioni aperte, i pionieri dovrebbero sviluppare creatività, non
solo, ma anche coinvolgere altri attori. Il problema più importante è quello di disegnare
uno scenario per i pionieri. Gli oppositori possono intralciare, se la forza del
cambiamento è debole: in questo caso è bene trattare con loro il più presto possibile.
Nel caso d’organizzazioni aperte e debole pressione del cambiamento non
bisogna lasciare soli i pionieri, che possono prendere direzioni incompatibili con le
strategie di lungo termine dell’impresa. L’azione può spingere gli attori coinvolti, a
negoziare gli obiettivi del loro collettivo. Questo è il caso del miglioramento continuo e
del TQM.
Se la pressione è alta e la direzione è chiara, dare spazio all’iniziativa individuale
è la via più rapida, per approfittare delle opportunità di un mercato innovativo e di nuove
tecnologie.
L’ideale sarebbe un collettivo che sapesse imparare dai propri errori o dalle
situazioni man mano che si presentano. L’aggiornamento e il cambiamento avvengono
continuamente: dal punto di vista economico il collettivo cerca di fare meglio le cose, di
anticipare l’ambiente, dal punto di vista sociale preferisce i valori, che promuovono
continuamente la soddisfazione dello sviluppo personale.
99
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
Nel collettivo, basato sull’efficienza, le persone sono spinte all’efficienza, se
l’impresa dà loro il clima adatto, il supporto logistico, il riconoscimento, la formazione
(riesame del processo). In quello basato sull’innovazione l’impresa provvede ad un
ambiente, che faciliti la scoperta di nuove opportunità con facile accesso alle necessarie
risorse e con un sistema d’incentivi che eviti di punire gli errori (figure polifunzionali).
L’idea fondamentale è quella di costruire una rete d’informazioni aperta, di
gruppi che sanno gestirsi autonomamente.
I processi per aiutare l’apprendimento continuo sono: raccogliere e distribuire le
informazioni, formare le persone che imparano e utilizzano le nuove competenze,
sviluppare routine per l’innovazione e miglioramento dell’efficienza, identificare,
misurare, e gestire lo sviluppo delle conoscenze dell’impresa: performance finanziaria,
informazioni connesse ai clienti, efficienza del processo, progetti d’innovazione. Questi
indici dovrebbero essere introdotti nel rapporto d’impresa.
Esiste un modo di educare all’accettazione di mettere in crisi se stessi? Tutto
congiura per il no. Chiunque voglia, per libera scelta, guardare avanti al prossimo
cambiamento che si profilasse all’orizzonte, deve, infatti, mettere in discussione il
presente e la risposta che più si ascolta è: - Sottoscrivo pienamente ciò che vorrebbe fare,
però non è possibile …-, e questo non è pericoloso?
Occorre in altri termini una sensibilità rilevante ai feedback (umiltà),
un’autovalutazione obiettiva (onestà: un tagliatore di costi può ispirare
imprenditorialità?), una propulsione psicologica al successo (un raro desiderio di
crescita personale).
Come studiare il processo? E definire i ruoli e le loro caratteristiche?
Un utile strumento di coordinamento è la matrice delle responsabilità. Un
esempio assai parziale è il seguente:
Analisi del mercato
Affidabilità del prodotto
Assistenza clienti
Design
Formazione
Gestione dei fornitori
Piano di miglioramento
Politiche
Sicurezza
DIGEN
MKTG
COGE
R&D
c
c
p
p
c
p
c
c
c
p
p
p
p
c
p
p
c
p
c
p
c
p
c
c
p
c
p
LOGIST
PROD. S.I
.
c
c
c
p
p
c
p
c
c
c
p
c
p
c
p
c
p
p = responsabilità primaria, c = responsabilità contributoria.
La distinzione fra responsabilità principale e contributoria non significa, che la
funzione del contributo non abbia il dovere di impegnarsi nell'attività che gli spetta, e che
non risponda dei risultati alla responsabilità principale.
La matrice non ha senso, se non è capita e condivisa. Per questa ragione è
importante spendere il tempo necessario, finché tutte le persone coinvolte non abbiano
capito e accettato e chiarito le competenze. La matrice mette in luce il carattere collettivo
100
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
di tutte le attività: in pratica ognuna di loro ha un leader, cui le funzioni coinvolte devono
rivolgere il loro servizio. Bisogna fare molta attenzione nell'affrontare questi argomenti,
giacché dietro la matrice e la descrizione dei ruoli ci sono relazioni sociali, fra individui,
clan, generazioni ecc. La mancanza di una matrice delle responsabilità, discussa e
condivisa può spiegare alcuni accadimenti apparentemente contro ogni logica: persone ad
alto potenziale messe in condizioni a dir poco disastrose, incompetenti in posizioni
strategiche, procedure farraginose, controlli inutili, burocrazia costosa.
Dopo avere valutato i processi, è necessario progettare le competenze.
Veramente importante è la loro descrizione: una dettagliata rischia di bloccare il sistema
e far sorgere contestazioni a non finire. Una descrizione generica rischia confusione. Una
via di mezzo consiste nel descrivere lo scopo della funzione, le attività principali, le
politiche, gli obiettivi e infine le risorse, tenendo ben presente che le persone sono
benissimo in grado di capire i perché detti e anche quelli non detti. Le relazioni tipiche
della funzione vanno messe in risalto9.
L'attività di rielaborazione del lavoro dovrebbe soddisfare l'individuo, utilizzando
ad es. la rotazione, l'allargamento e l'arricchimento delle mansioni e le esigenze
economiche – organizzative dell’impresa, ridefinendo l’impianto e il ruolo nel gruppo.
L’equilibrio fra i due punti di vista è l’approccio più corretto.
I lavoratori hanno una straordinaria capacità di organizzarsi spontaneamente in
gruppi in grado di gestire e regolare il lavoro, sia in base alle esigenze tecniche, che ai
bisogni delle persone. È spesso sufficiente "razionalizzare" ciò, che c'è già. Tutti i
modelli, che tentano di migliorare la comunicazione all'interno dell'impresa, infatti,
contengono il gruppo di lavoro come idea centrale.
Forze operanti
nell'ambiente
Economiche
Politiche
Sociali
Culturali
Tecnologiche
Internazionali
Sistema organizzativo del ruolo
Scelte
Fattori
individuali
e collettivi
Ruolo
contenuto
Risultati
individuali
contesto
di gruppo
ambiente
sviluppo prestazioni
economiche
informazioni
Vincoli
formazione
Feedback
La progettazione di un gruppo di lavoro dipende dal tipo d’attività da svolgere e
dal livello di consapevolezza, necessario da parte del singolo e del gruppo.
Il contesto di un ruolo può essere definito in termini d’interdipendenza e
coordinamento. Molti lavori non sono programmabili. Questo complica non poco la
definizione del ruolo, non solo per la varietà, ma anche perché è difficile descrivere
regole formali semplici, che tengono conto delle eccezioni inevitabili. In base ai postulati
del modello proposto, diventa necessario un elevato grado di discrezionalità e autonomia.
L'autonomia è realizzata, quando il gruppo può decidere sul lavoro, può influenzare gli
obiettivi, sceglie i metodi, decide la propria allocazione dei membri, sceglie i propri
9
Vedi “Risorse Umane”.
101
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
membri, come deve essere svolta l’attività. L'interazione fra i membri e fra i gruppi è
molto importante, perché è questo che evidenzia il contributo del singolo e del gruppo,
mediante il riconoscimento reciproco.
Concludendo, la progettazione dei ruoli passa attraverso la determinazione degli
obiettivi, il coinvolgimento delle parti interessate, la costituzione del gruppo, iniziando
dalla progettazione di uno o due unità predeterminate, “esportando” l’esperienza altrove
gradualmente, valutando le prove e la diffusione degli esperimenti, descrivendo il
mansionario. La sperimentazione è utile per capire e tenere in conto anche le difficoltà,
che determinano la resistenza al cambiamento. La realizzazione non è per niente facile e
occorrono mesi se non anni e tanta determinazione.
Il mansionario è la descrizione delle attività proprie di quella funzione, degli
obiettivi, descrittivi o numerici quando possibile, del contributo e infine delle azioni
preventive per migliorare la prestazione complessiva dei singoli incarichi.
La seguente tabella illustra un modo per disegnare un mansionario:
Funzione
Titolare
Obiettivi
Varietà/attività
Gestione risorse
Nuovo mercato
Commerciale
Dipendenza
Margine lordo, nuovo mercato, quote
Grado d’autonomia
Contributo
Completo
Ok
Reporting mensile
Sufficiente
Contrattazione fino a Completo
50 mil.
Preventivazione
EDP, COGE
Sufficiente
Ok
Imprenditore
Provvedimenti
Nessuno
Corso di formazione per
mercato nuovo
Corso su
amministrazione
Nessuno
Il grado d’autonomia è quello, che la direzione vorrebbe ottenere, non quello
"ottimale". La differenza è enorme. Prima di tutto, perché l'ottimo non è definibile,
secondo, perché dettagliando troppo si otterrebbe di favorire conflitti fra la direzione e il
responsabile di funzione sulla visione globale del ruolo. In questa fase del progetto
organizzativo è necessario, che tutti siano sinceri, almeno nel cosa fare. Nel caso del
commerciale, l'assunzione delle responsabilità non può ridursi soltanto alla vendita. La
conoscenza approfondita del prodotto e del suo uso e la capacità di risolvere qualsiasi
problema del cliente, diventano indispensabili. Il commerciale è il primo anello della
catena produttiva dell'impresa e qualunque suo errore si moltiplicherà man mano, che il
contratto progredirà nel processo. Il commerciale ha che fare con molti clienti esterni ed
interni10. L'organizzazione dell'ufficio vendite dovrebbe prevedere un esame del contratto
per evitare il propagarsi dell'eventuale errore.
Come misurare un'organizzazione? Dal punto di vista economico, un indice
complessivo della qualità di un'impresa è la redditività. Essa è sempre stata in primo
piano e così sarà sempre11.
10
11
Vedi “MKTG” e “Vendite”.
Per la sua formulazione monetaria vedi “Controllo Gestione”.
102
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
Si fa uso anche d’altri indici generali: qualità interna (costi di non - qualità),
qualità esterna (soddisfazione del cliente), periodo che intercorre tra il momento in cui il
cliente fa l’ordinazione e quello in cui avviene il pagamento: ∆t = t pagamento - t ordinazione
(minore possibile = maggiore reattività, determinata dal grado di organizzazione del
sistema e non dal suo grado di agitazione nevrotica delle attività).
In che modo il miglioramento dell'organizzazione aumenta la redditività? La
redditività è funzione lineare crescente delle dimensioni dell'impresa? Nella letteratura
specializzata vi sono molte descrizioni di programmi per la nuova azienda, sviluppati
con l'intento di produrre a misura del cliente. Eccone alcune descrizioni.
I sistemi Just in Time
Queste tecniche, comprendenti metodi tipo kanban (etichetta), isole di lavoro,
produzione flessibile, kaizen (miglioramento continuo) e altro, aiutano a:
- consegnare le merci finite proprio in tempo per essere vendute (distribuzione)
- produrre le merci proprio in tempo per essere consegnate (azienda)
- produrre i pezzi o le informazioni proprio in tempo per essere montati (fornitori)
- produrre i pezzi proprio in tempo per essere assemblati nelle parti (produzione)
- lavorare le materie prime proprio in tempo per essere trasformate in pezzi.
Le politiche sono: zero difetti, scorte, fermate, tempi d’attrezzamento, carta,
indiretti. I costi di gestione e la necessità di spazio sono minori. La reattività è maggiore.
Il sistema kanban diventa il presupposto per l’automazione dei processi
produttivi e dei sistemi informativi. Il concetto base è semplice: si parte dalla
programmazione del prodotto finito, dalla distinta di base si ricavano i componenti
necessari al prodotto, e li si "dispongono" come i rami di un albero. Partendo così dalla
"cima" (programmi di spedizione) si "tira" i componenti e questo viene fatto trasferendo
il cartellino dalla cima alle "radici" (componenti di acquisto e semilavorati), mentre i
componenti vanno dalle radici alla cima. Questo è possibile soltanto se tutte le persone
coinvolte hanno ben chiaro la filosofia e il metodo e avere formazione continua,
fornitori adatti e capaci di realizzare la soddisfazione del cliente, avere attività
polifunzionali, , ecc. S’intuisce subito l'importanza di una conoscenza distribuita e non
gerarchizzata. I vantaggi di questo sistema sono molti, ad esempio si pensi alla facilità di
programmare qualsiasi dimensione del lotto.
Non è necessaria una programmazione intermedia: il solo programma esistente è
quello del prodotto finito. Il sistema si autoregola da solo fino alle materie prime,
attraverso il flusso fra le isole di lavoro12. Si noti come s’instaura automaticamente il
rapporto cliente - fornitore e come questo diviene parte integrante del sistema: il gruppo
di lavoro deve produrre i pezzi buoni al tempo e in quantità richieste da quello
successivo.
I presupposti per una corretta applicazione sono molteplici: attrezzature
affidabili, pezzi giusti, alta qualità dei prodotti.
Se il sistema si dovesse bloccare, esso ha già in sé il metodo per sbloccarlo,
fornendo perciò una forte motivazione alla soluzione definitiva degli inconvenienti.
Quando si parla di queste filosofie, tutti ricordano un disastro avvenuto alla Toyota e con
12
Vedi “Produzione”.
103
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
una certa malcelata soddisfazione: il sistema JIT andò in tilt e fece perdere il 5% del
tempo di produzione. Tutti tuttavia dimenticano molto elegantemente i benefici ottenuti
nel restante 95% del tempo!
Il cartellino, che sostituisce tutta la parte cartacea per il trasporto
dell'informazione e snellisce il lavoro degli uffici, ed è doppio. Il punto di partenza è il
centro di lavoro richiedente. Il contenitore vuoto e il cartellino di trasferimento si
muovono verso "monte". Il centro di lavoro "fornitore" stacca il cartellino di produzione
e lo associa ad un contenitore pieno che è mandato al richiedente. In questo modo le
persone sono responsabili dei problemi produttivi. Gli addetti alla produzione hanno ora i
compiti addizionali della manutenzione preventiva, dell’ispezione del loro lavoro, della
rilavorazione delle parti difettose, degli allestimenti macchina e la responsabilità di
mantenere il controllo della produzione.
Bisogna resistere alla tentazione di sovraccaricare la produzione, ad es.
sacrificando il tempo alla manutenzione preventiva. Occorre stabilire un ritmo di
produzione standard in modo che nessuno sia in anticipo o in ritardo rispetto alla
cadenza. Per questo è necessario un livellamento periodico della produzione. Un
orizzonte temporale di programmazione deve essere definito in anticipo.
È importante rilevare che la performance della produzione va calcolata sul
gruppo e non sull'individuo.
Lo just in time perfetto è troppo costoso, va trovato il giusto equilibrio,
integrandolo con sistemi informatici adatti.
Il sistema della Qualità totale è parte integrante del processo, dal MKTG fino
alla fine del ciclo del prodotto.
L'esperienza ha mostrato che è impossibile migliorare la qualità del prodotto e del
servizio senza sviluppare un adeguato piano direzionale secondo i principi fondamentali
dell'approccio di Deming:
- il personale lavora nel sistema. Il manager sul sistema, per migliorarlo.
- il coinvolgimento dell'alta direzione è fondamentale: l'essere d'accordo non è
sufficiente
- migliorare la produttività ha come scopo il miglioramento delle qualità di
processo
- ogni sistema di persone o di macchine mostrerà variazioni di carattere statistico
e potrà essere capito solo usando il linguaggio della statistica
- l'ispezione del processo è importante quanto quello del prodotto e il miglior
risultato si ottiene, se è eseguita da chi lavora più vicino al processo stesso
- il prodotto nelle mani dell'utilizzatore è ancora parte del ciclo di produzione
- il sistema di produzione dovrebbe essere trattato come un tutt'uno e non come
delle parti separate
- ogni manager dovrebbe fornire un elenco di obiettivi per l'organizzazione in
modo tale che esso costituisca una guida per l'operatività giornaliera del sistema
- smettere di misurare con i numeri le attività lavorative
- quando c'è un problema, l'85% delle volte sarà del sistema e non del lavoratore
- si potrà ottenere più quantità e prezzi più bassi, se i fornitori non saranno forzati
a competere fra di loro.
Un manager dovrebbe conoscere i lavori di Deming, Juran e Feingenbaum sulla
gestione d’impresa.
104
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
La necessità di considerare la qualità non soltanto nei suoi aspetti tecnici, ma
soprattutto in quelli direzionali, è stata accolta soltanto quando il manager si è visto
pericolosamente messo in discussione dalla competizione internazionale: la reazione è
veloce, ma la necessità di una repentina reazione conferma la miopia della classe
dirigenziale (vedi "Risorse Umane").
In UK la gestione della qualità è per norme, in D l'attenzione è sull'approccio
tecnico e ASSQ, in F l'enfasi è sul coinvolgimento della base: la qualità è un metodo di
gestione che comprende tutti questi aspetti ed altri ancora e l'approccio migliore è
quello globale, come dice la definizione stessa. In realtà, è una sfida per l'introduzione
di una vera democratizzazione dell'impresa, fatto salve le responsabilità.
Molti fallimenti e disaffezioni si contano nelle applicazioni di questo metodo.
Per capire le resistenze e le difficoltà bisogna capire quali sono normalmente gli
errori, che si commettono: la politicizzazione può essere chiarita con un esempio. La
gestione dei reclami dei clienti è elusa, cercando di attribuire l'errore al cliente stesso,
cosicché si evita la responsabilità e relativa eventuale punizione. Così l'impresa non
conosce la reale qualità percepita dal cliente.
Errori nella fase d’analisi
Indisponibilità delle informazioni
Gestione per supposizione
Inadeguata percezione delle attese, per
mancanza d’orientamento alle ricerche di
mercato
Inadeguata comunicazione tra i livelli
gerarchici
Il responsabile della qualità non è il
direttore generale o il proprietario
La qualità è un problema di specialisti,
non manageriale
La formazione per le tecniche della qualità
non devono essere riservate agli specialisti
Il metro per giudicare la qualità è la
soddisfazione del cliente, non il servizio
qualità interno.
Errori nella fase di controllo
Incompetenza, scarso impegno e
coinvolgimento personale
Inadeguatezza, disinteresse
Politicizzazione, Ritualizzazione
Errori nella fase di pianificazione
Promesse vuote
Ruoli non definiti
Mediocrità complessiva
Contraddizione fra obiettivi della qualità
e dell’impresa
Impegno inadeguato del management
Mancanza di definizione degli obiettivi,
sensazione d’irrealizzabilità
I manager non sono valutati anche sulla
base dei livelli qualitativi raggiunti nel
loro settore.
Sottovalutazione della complessità
Errori nella fase d’attuazione
Non si devono accettare livelli
fisiologici di difetti
Confusione di ruoli, inidoneità al ruolo
del personale, delle tecnologie,
mancanza di lavoro di squadra
Inadeguata comunicazione tra direzione
e funzioni operative, tra le diverse
funzioni operative
105
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
La ritualizzazione è un controllo che si fa, ma non serve più a nessuno oppure è
inadeguato alla nuova bisogna.
L'efficacia del TQM è strettamente legata alla presenza di manager di tipo
adleriano13. Se non è così, è meglio non fare niente.
I primi metodi per attuare la qualità nell'impresa si rivolgevano all'ispezione, poi
fu introdotto il controllo statistico, il controllo del progetto (affidabilità), l'Assicurazione
Qualità, che coinvolge tutta la struttura operativa e infine Total Quality Management, che
coinvolge l'intera organizzazione.
Cos’è la qualità? attualmente si definisce come soddisfazione continua del
cliente, il quale riceve non solo prodotto, ma anche servizio, rapporto, immagine. Ma
questo non è anche l’obiettivo strategico del MKTG? Dal punto di vista operativo allora
la qualità è grado di corrispondenza agli scopi e bisogni del cliente, grado di
corrispondenza al disegno del progetto, grado di corrispondenza alle norme di collaudo,
di enti, di istituti di marchio, di normative nazionali e internazionali, rapporto di
prestazioni fra il proprio prodotto e quello dei concorrenti.
La qualità non è assenza di difetti, ma capacità di offrire al cliente più degli altri e
prima degli altri. Questa definizione è importantissima. Per capirne la portata si confronti
le due domande: quanto ho guadagnato? Quanto avrei potuto guadagnare?
L'Assicurazione Qualità è l'insieme di politiche e delle attività pianificate
necessarie a dare un’adeguata garanzia in tutti gli aspetti del business: prodotto, servizio,
processo, sistema. Controllo Qualità, ASSQ e affidabilità devono essere trattati come un
unico concetto, che si fonda sul principio di continua attenzione al cliente, definendone
le richieste, garantendo che l'impresa nel suo insieme risponda alla sua soddisfazione.
Si noti quanto l'attività dell'ASSQ sia vicina a quella della direzione generale!
La misura dell'efficacia del TQM dipende dal livello di soddisfazione (semplicità
d'uso, risparmio d’energia, prontezza della consegna, ...) e di insoddisfazione (reclami,
riparazioni, restituzioni, intempestività, incompetenza, ...), misurati in tutti gli aspetti
dell'impresa, nessuno escluso: qualità per il management: obiettivi, direttive,
responsabilità, informazioni, comunicazione, organizzazione, strategie, realizzabili,
misurabili, coerenti, qualità per il prodotto: prestazioni, sicurezza, prezzo, affidabilità,
durata, termini di consegna, facilità d'uso, soddisfazione, definiti in specifiche chiare,
semplici, complete, facili da usare per tutti, qualità per l'ambiente: di lavoro, sicurezza
sul lavoro, comodità, servizi sociali, mensa, servizi sanitari, relazioni umane, pulizia,
morale, almeno secondo il buon senso e le norme stabilite, qualità per le relazioni
umane: utilizzo del personale, inquinamento, iniziative culturali, comportamento,
qualità per le prestazioni aziendali: possibilità di sviluppo, stabilità, accettazione
rischi, profitto, qualità per l'immagine: strategie, ruolo dell'impresa nella società,
filosofia aziendale.
Il responsabile dell'ASSQ dovrebbe essere in grado di approntare i modelli in
modo tale che l’impresa sia in grado di autovalutarsi.
Un indice complessivo facilmente comprensibile, è formato dai costi di non –
qualità, quelli, che l'azienda deve sopportare per i problemi connessi alla qualità di
qualsiasi attività e quelli per gli investimenti, necessari per la loro riduzione, in rapporto
al fatturato:
13
Vedi capitolo sulle Risorse Umane.
106
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
- costi per il processo innovativo: costi intangibili, costi per la manutenzione del
prodotto, costi per la ricerca
- costi per il processo produttivo: costi di prevenzione, costi di controllo, costi
interni, costi esterni. La politica è di ridurre questi costi, attraverso un piano direzionale.
La pianificazione della qualità è analoga a quella del MKTG: essa definisce gli
obiettivi, le responsabilità, le mansioni, i tempi d’attuazione, la selezione e formazione
delle persone, il sistema della raccolta dei dati, le azioni preventive. Vi sono da
sviluppare le specifiche in collaborazione con gli enti normativi e con i clienti, le
specifiche interne devono essere aggiornate, si deve controllare, che gli standard di
qualità sono stati effettivamente applicati, i problemi devono essere affrontati al più
presto possibile, ponendosi nei panni del cliente. In fondo l'ASSQ non è altro, che un
metodo per raccogliere e interpretare le informazioni dell'intera impresa. Il TQM si fa
soltanto con tanti anni di dedizione da parte degli imprenditori e delle direzioni aziendali,
con organizzazioni snelle e a fortissima circolazione delle informazioni e con strettissimi
rapporti con i clienti.
Il piano dovrebbe avere lo scopo di rispondere: come mi colloco rispetto alla
concorrenza? Che cosa ritiene di ricevere il cliente? Che cosa do realmente al cliente?
Che cosa voglio dare e come? Che cosa desidera il cliente? Ricerche di mercato, il
Benchmarking, la misura della soddisfazione dei clienti, l’analisi delle lamentele e delle
richieste, l’analisi di conformità sono strumenti di misura. In un siffatto programma, il
primo passo consiste nel definire la missione, descritta dalla squadra, che poi dovrà
realizzare gli obiettivi.
Di seguito è dato un esempio di dati nati dall’analisi di mercato e dalla misura del
grado di soddisfazione del cliente.
Definizione della qualità di una lavastoviglie
Priorità
1
2
3
4
5
6
Caratteristiche
Rumorosità
Sicurezza
Capacità
Durata lavaggio
Protezione
contro
allagamenti
Affidabilità
Standard di qualità
45-50 DBA
zero difetti
versionamento
1h-1h37min
Misurazione
Statistica
Norme
Minore
10 anni
Mtbf
Chi
R&S
Produzione
MKTG
R&S.
R&S
MKTG+R&S+
produzione
Definizione della qualità del servizio di una lavastoviglie
riorità
1
2
Caratteristiche
Prezzo
Costi aggiuntivi
Standard di qualità
660-1450£
H2O 22-27lt
Detersivo 30% fosfati
Sale
Misurazione
Statistiche
Statistiche
Statistiche
Statistiche
Chi
MKTG
R&S
MKTG
R&S
107
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
3
4
5
6
7
N° programmi e tipo
Regolazioni
Libretto d’istruzioni
Indicazioni fronte
Facilità d'uso
Brillantante
Elettr. 2 Kwh
Intensivi
Sale/brillantanti
Completo/chiaro
Idem
Apertura/chiusura
Facilità di carico
Pulizia del filtro
Scelta del programma
Statistiche
Statistiche
Confronti
Indicatori
Avvertenze
Soddisfazione
Soddisfazione
Soddisfazione
Soddisfazione
Soddisfazione
R&S
Produzione
MKTG
MKTG
MKTG
MKTG
MKTG+R&S
R&S
Questi elenchi facilitano il confronto con i prodotti e/o servizi dei concorrenti,
perché in questo modo è più facile avere dei confronti omogenei e perché è possibile
esprimerli con numeri.Assai potente è la visione, che ne scaturisce. Se si aggiunge che
gli obiettivi descritti dovrebbero essere raggiunti col minimo costo e nel minor
tempo possibile, si sono definiti alcuni obiettivi strategici.
Queste tabelle vanno compilate durante riunioni fra esperti, usando tecniche
statistiche descritte nel capitolo dell’Elaborazione dell'Informazione.
Tutte queste caratteristiche vanno poi correlate ai processi, che permettono di
introdurle nel prodotto e nel servizio. Questo abituerebbe i manager a pensare in modo
olistico e non soltanto secondo la propria specializzazione. Lo sforzo deve comunque
definire gli standard di qualità in modo tale che siano misurabili ed esprimibili in numeri.
I responsabili di funzioni disegneranno il loro diagramma di flusso delle
operazioni, evidenziando i punti critici per raggiungere quegli standard, i momenti di
scelta e confrontando i grafi con quelli dei colleghi, che in qualche modo influenzano il
loro processo. Lo studio di queste "reti" può portare a semplificazioni, eliminazione delle
ridondanze e utili informazioni per ottimizzare il sistema informativo, aumentare la
reattività.
Dopo aver pianificato e misurato, si dovrebbe studiare la correlazione fra gli
standard di qualità così definiti e i parametri dei processi: lo scopo è di usare i metodi
SPC invece che SQC.
Il piano di miglioramento riassume tutte queste attività. Il processo di
miglioramento è la procedura per la sua esecuzione. Esso dovrebbe avere un sistema di
raccolta dei dati per l’identificazione dei problemi e le loro cause prime. Il programma
deve contenere anche le attività per migliorare i rapporti con i fornitori, il MKTG, le
vendite, la progettazione, la produzione, la distribuzione, i clienti, degli obiettivi, una
struttura e un’organizzazione.
Per definire in modo concreto il piano di miglioramento sarebbe opportuno
affrontare il tema delle non conformità. Il punto dolente è di convincere le persone ad
essere sincere. Chiedere loro di raccontare i propri sbagli è difficile, soprattutto quando
da sempre si fa una lotta spietata al colpevole, invece di spendere energie a rimuovere le
cause prime degli svarioni e imparare da loro.
108
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
Un metodo alla caccia all'errore assai semplice, consiste nel sollecitare le persone
a descrivere le non conformità a prassi presenti nell'impresa in quel momento, senza
precisare a che cosa deve essere conforme un fatto, per decidere se è conforme o no. Le
persone sanno benissimo ciò che è conforme o no ad un’attività di buona qualità. Che
quello sia corretto o non rispetto alla missione aziendale, è un'altra faccenda, che spesso
dipende dalla direzione che dà per scontate cose che scontate non sono. Si noterà anche
che le non - conformità descritte riguardano sempre gli altri. Chissà perché?!
Il documento che descrive il sistema della qualità, di un’impresa è il Manuale
della qualità, in cui si descrive in sintesi la missione dell'azienda, le politiche, in pratica,
le procedure generali, per dare imparzialità alle attività dell'impresa, la descrizione dei
ruoli e delle strategie e la documentazione necessaria per valutare il sistema e tenerlo
entro i binari desiderati.
Non è difficile la stesura di un simile documento: basta un po' di buon senso. Ma
spesso si commettono due tipi d’errore: il vertice sottovaluta l'impatto, che esso può
avere sulla struttura, spinge per realizzarlo in contenuto cartaceo, ma non applica quello
che vi è scritto, con conseguenze a volte catastrofiche. La gente s’illude di far parte di
una nuova impresa e di essere coinvolta nel proprio destino e in quello dell'impresa, ma
poi il top manager si disinteressa o peggio si mette ad urlare se qualcuno applica quegli
strumenti, che sono stati voluti da lui stesso. Il secondo errore è di pretendere di farne un
documento perfetto, comprensivo di tutti i casi, perciò illeggibile, perché troppo
dettagliato, rigido, dirigista descritto per seguire la chimera di descrivere tutta la realtà.
Attenzione si può finire per dare soltanto una parte del ricavo a consulenti e ispettori!
Si trovano spesso manuali con i paragrafi intitolati ad esempio: MQ-090.00. Qual
è l'argomento? Vi sono altresì riferimenti a MP_XXX: sono procedure? Di che cosa
parlano? Queste a loro volta nominano schede intitolate SAXXX e richiamano un
documento MXXX: moduli? Dove sono? Questo tragico modo di organizzare
l'informazione, è spesso riscontrato anche nelle codifiche dei prodotti e dei comici
modelli cartacei sfornati dagli uffici di tutte le funzioni.
Il sospetto è che in questo modo di fare ci sia un senso non tanto soffocato
d’essoterismo: quel desiderio di sentirsi parte di mondi privilegiati, per escludere gli altri
e renderli dipendenti. La tecnica è quella del labirinto. Certo è, che il responsabile
dell'ASSQ presto diventerebbe inutile, se facesse bene il suo mestiere e gli altri
apprendessero i metodi, che egli dovrebbe rendere di pubblico uso. In fondo è proprio
questo il suo fine ultimo!
La soluzione ideale è naturalmente un compromesso: un manuale di non più di
dieci pagine, una serie di procedure interdisciplinari, per descrivere le regole, non più di
dieci, e altre procedure di tipo tecnico e istruzioni di lavoro resterebbero confinate
all'area interessata. Descrivere gli standard di qualità in modo comprensibile e semplice
allo stesso momento, non è assolutamente da tutti e il tempo per farlo è sempre
abbastanza lungo.
Un imprenditore chiese al suo responsabile del servizio qualità, di preparare il
manuale in due settimane! La cosa più buffa (non poi tanto!) è che, accortosi che il
manager aveva copiato il manuale da altri, lo licenziò ...
La certificazione del sistema di qualità da enti terzi è soltanto un sottoprodotto di
tutte quelle attività descritte e non lo scopo. La certificazione va presa per quel che è:
una garanzia per il cliente, che quell'impresa ha le conoscenze e un sistema funzionante
109
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
secondo le norme internazionali. Che il prodotto e il servizio siano soddisfacenti, ...
questa è un'altra faccenda!
Può essere dato uno schema per misurare il grado di ricettività dell'impresa
rispetto a queste tecniche, che oramai hanno ben poco di nuovo, se si pensa, che nella
loro formulazione originale sono datate nel secondo dopoguerra del XX secolo.
Quanto l'impresa è pronta per il TQM?
Tendenza a
La Q può
Programma di Riconoscimento La gestione della
criticare il
essere
miglioramento
del ruolo del
Q è parte
reparto Q
importante, ma
della Q:
personale nella
integrante del
Atteggiamento per i problemi di non s’investe in s’impara di più gestione della Q sistema aziendale
Q
tempo
sulla gestione
dei manager
della Q
È nascosto nel
Nomina di un Il reparto della
Sistema
ASSQ nel CdA.
reparto di
responsabile
Q dipende dal
informativo
La prevenzione è
Status del
produzione,
della Q
top manager
aggiornato,
importante
reparto Q
enfasi sulla
azioni correttive
selezione
Sono affrontati
Gruppi di
Sono affrontati Sono identificati
Sono evitati
quando si
lavoro, non
apertamente e
prima. Le
preventiva
presentano
sono richieste risolti in modo
funzioni sono
mente
Gestione dei
soluzioni a
ordinato
aperte a
problemi
lungo termine
suggerimenti
Nessuna
Sforzi a breve
Programma e
Proseguimento
Miglioramento
Azioni di
termine
definizione
del programma
continuo
miglioramento
d’ogni punto
No
Solo gli
Pochi manager Gruppi di lavoro
Tutti
I dipendenti
specialisti
sanno cosa si
vuole da loro?
Si
Si, ma c'è un
Scambio
Prevenzione sul
No
L'assistenza
dialogo
d’informazioni
progetto e sul
apporta
e dati storici
processo
modifiche a
posteriori?
Si
Attività di
Raccolta dati
Prevenzione e
No
I prodotti
controllo
pianificazione
presentano
eccezioni …
1punto
2 punti
3punti
4punti
5punti
Generalmente vi sono grossi problemi a realizzare il sistema TQM, se il
punteggio totale è meno di 24.
Il Kaizen è un modo per realizzare un procedimento di miglioramento continuo e
riguarda tutti. È una tecnica rivolta al processo e non al risultato e si basa su un concetto
innovativo: la qualità del futuro è quella, che permette di far convergere le tecnologie e
l'estetica (Kobayashi). Lo scopo è trasformare l'azienda in un sistema a tempo di reazione
110
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
nullo. Sappiamo già che questo non è sufficiente, perché la capacità di agire è più
importante di quella di reagire. Questa strategia è dunque un mezzo e non un fine.
V’è bisogno di una "rivoluzione della produzione", il rinnovamento da solo non
basta. La rivoluzione, tuttavia, è destinata a fallire, se non vi è una chiara idea di cosa si
dovrà costruire dopo l'abbattimento del vecchio sistema (postulato 3 ). La pianificazione
di una rivoluzione richiede una comprensione della situazione attuale, di quella ipotizzata
e del modo di procedere dall'una all'altra. Kobayashi riassume il programma per la
“rivoluzione” in 20 chiavi, ciascuna valutata con un punteggio, con un massimo di cento.
Si assegnano cinque punti per ogni chiave partendo dal grado d’arretratezza fino all'alta
efficienza. Di solito le aziende hanno un miglioramento di sette punti l'anno, e di venti in
un programma triennale da ridefinire anno per anno.
Il primo passo da compiere riguarda una completa analisi comparativa tra la
società e quelle concorrenti (benchmarking): è più facile, che tutti prendano le decisioni
giuste per la competizione, se il personale diviene consapevole del rapporto intercorrente
fra la propria e le altre imprese. Il secondo passo è di avere un criterio di valutazione
della qualità aziendale.
Le chiavi interagiscono fra di loro e un miglioramento in una di loro comporta un
miglioramento in altre. La classificazione va fatta prendendo in esame la TOTALITA'
delle operazioni, non solo quelle delle singole stazioni di lavoro. L'analisi dovrebbe
essere compiuta da un gran numero di persone.
La maggior parte delle aziende spende in media un anno per affrontare sette
punti e tre anni per tutte le chiavi. È essenziale, pena il fallimento, assegnare congrue
risorse in quantità e qualità.
Vi sono quattro chiavi fondamentali: riordinamento e riorganizzazione,
tecnologia avanzata e tecnologia aziendale, attività in piccoli gruppi,
razionalizzazione del sistema / controllo degli obiettivi.
Altre chiavi hanno lo scopo di migliorare la qualità: programmazione della
produzione, trasformazione a monitoraggio zero, manutenzione delle macchine e degli
impianti, sistema d’ASSQ, sviluppo dei rapporti con i fornitori.
La riduzione dei costi è perseguita da: risparmio energia e materie, impiego dei
microprocessori, controllo dell'efficienza, rendere il personale capace di realizzare
miglioramenti, analisi del valore delle operazioni produttive.
La velocità è migliorata usando: addestramento incrociato, eliminazione degli
sprechi, politica sugli orari di lavoro, produzione integrata, tecnologia del cambio rapido
attrezzi, riduzione delle scorte.
"Non ci sarà alcun miglioramento, se fai il tuo lavoro nello stesso modo per sei
mesi di seguito": così riassume l'autore il pensiero di questa filosofia.
La famosa tecnica dei cinque perché, è un utile aiuto nella prosecuzione del
programma. Ve ne sono molte altre, che tendono a razionalizzare le attività di pensiero14.
L'autocontrollo non deve essere considerato come trasferimento di una mansione
ispettiva alla persona di produzione, ma come una tappa, per dominare il processo:
aumenta la capacità di decisione, la velocità e la capacità di rendersi conto
direttamente dello stato della realtà.
14
Vedi Elaborazione delle Informazioni.
111
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
Non è facile: sono necessarie una notevole capacità di sintesi e di proiezione nel
futuro.
L'audit è uno strumento a disposizione della direzione per verificare, se un
prodotto, un processo, un programma, o un’organizzazione è conforme o no alle relative
specifiche, indipendentemente da tutti i dati prima esistenti.
Si consideri la misura del grado di soddisfazione dei clienti. Vi sono diversi
metodi, come i costi in garanzia, le lamentele, le penali pagate, il numero dei resi, il
richiamo dei prodotti difettosi, che però hanno lo spiacevole attributo di arrivare in
ritardo. Il controllo dei processi, che li generano, può anticipare problemi e permette di
ricorrere ad azioni preventive.
Vi sono audit di prodotto, di processo, di programma, di sistema. Le norme ISO
9000 ne sono un esempio. E' importante conoscerle, perché il loro studio può dare utili
indicazioni, su cosa dovrebbe essere fatto in un’azienda. Esse descrivono i requisiti
minimi, perché un’impresa abbia buone probabilità di non avere grossi problemi sul
mercato.
Tutto questo è l’introduzione all’organizzazione definita, secondo la moda
attuale, Produzione snella. Ne riparleremo nei capitoli dedicati ai processi produttivi e
non15.
Taylorismo
L’intercambiabilità è sostituita dalla dipendenza da operai qualificati. Questo
cambiamento sarà sicuramente traumatico, per i manager troppo abituati alla ricerca di
“libertà” d’azione.
L'idea di Taylor era, che si poteva descrivere una rigida normativa sul migliore e
unico modo per condurre a termine un’operazione. Si allargò dunque l’abisso fra operai e
direzione e il cosiddetto metodo scientifico radicò in quest’ultima, l’idea che gli operai
potessero contribuire in misura minima alla conduzione dell’azienda. E così il problema
umano fu accantonato. Poiché gli esseri umani contano ben poco, la motivazione al
lavoro fu completamente dimenticata: l'obiettivo era quello di individuare gli individui
più efficienti ed eliminare gli altri, ponendo una percentuale dei guadagni a incentivo
monetario. Questa era la motivazione migliore. Ben presto rimase soltanto la
preoccupazione di migliorare gli standard lavorativi.
L'unica cosa positiva fu di mettere in evidenza che gli umani hanno differenti
abilità e che a causa della perdita di lavoro e senza formazione non riuscivano a usare al
meglio le loro abilità a detrimento di se stessi e dell'impresa.
Affinché l’impresa possa prosperare nel futuro, è indispensabile che molto di
quanto resta della teoria di Taylor sia spazzato via.
L’introduzione del controllo di qualità corrispose all’inizio del coinvolgimento
dell’operaio. Un aspetto basilare è il trasferimento della responsabilità per il livello della
qualità dal personale d’alto grado alla linea di produzione.
-Tutti venditori- è uno slogan che può far capire come superare il Taylorismo,
introducendo il concetto di feedback, simile al sistema nervoso locale. Però bisogna stare
15
Vedi Produzione, Progettazione e MKTG.
112
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
attenti al fatto che non tutti sono in grado di “vendere” e si dovrebbe definire che cosa si
intende per venditore e cliente.
Nella storia della Teoria delle burocrazie si può elencare molti altri modelli:
quello di Weber, di Willianson, di Niskanen (legge di Parkinson), di Miguè & Belanger,
di Miller & Moe (autorità gerarchica per ridurre l'asimmetria informativa). Tutti questi
modelli hanno un difetto: sono rigidi e statici. I ruoli sono visti definitivi, mentre c'è
assoluto bisogno di competenze che si muovano da un problema all'altro. Non tengono
conto, inoltre, dell’imprevedibile variabilità dell’ambiente.
Vale una legge generale: ogni proprietà di una parte qualsiasi di un sistema, non
è determinata da una norma fondamentale, ma dalle proprietà di tutte le parti. Tutti i
modelli succitati individuano un centro, perciò sono falsi in qualche modo.
I responsabili dell’organizzazione tuttavia applicano pedissequamente questi
modelli semplici, ma superficiali. Si accorgono poi che sono costretti ad intervenire
continuamente per tamponare situazioni impreviste e imprevedibili.
Una terza critica è nel fatto che intere generazioni sono state allenate a non
pensare e perciò a non decidere, con ovvie conseguenze.
Da questi modelli è evidenziato, che la forma strutturale delle organizzazioni
dipende dalla circolazione delle informazioni. Nasce il problema della neutralità: piccole
modifiche nei flussi informativi possono mutare completamente le decisioni prese al
vertice (non linearità). Un metodo per diminuire il problema è di dare obiettivi comuni in
modo tale da assicurare, che la discrezionalità delegata serva ad indirizzare le scelte in
modo congruente agli obiettivi. Nasce il problema della lealtà.
L'organizzazione ha sicuramente un valore come patrimonio immateriale,
anche se per le banche è pura "fantasia" nelle migliori delle ipotesi. È tuttavia intuibile,
che un’impresa ben organizzata è più appetibile di una con le stesse risorse, ma
disorganizzata.
Come valutare questo patrimonio?
Di solito si parla di capitale circolante, fisso e debiti finanziari. Bisognerebbe
anche aggiungere una seconda categoria d’elementi economici: per esempio il patrimonio
costituito da schedari per una società di ricerca e selezione del personale, da pacchetti
software per un’informatica, da contratti acquisiti per una di consulenza. Immagine,
know-how, referenze, ecc. possono costituire una terza categoria.
Queste sono le proposte che si trovano nella letteratura: in generale il capitale
organizzativo non è inteso come capitale umano, ma come substrato organizzativo, che
l'esperienza dell'impresa ha consentito di creare nel tempo e che dà la possibilità di
operare a prescindere dalla specifica composizione del suo complesso.
Il modello di valutazione, senza entrare in dettagli, potrebbe essere descritto
attraverso parametri come il valore delle risorse e costo per la sostituzione, il costo del
sistema informatico, il turnover, lo sviluppo, le perdite di produttività e di qualità. Queste
ultime rappresentano un segnale indiretto della consistenza qualitativa
dell'organizzazione. Per esempio, ricorrenti differenze rispetto ai programmi contrattuali
possono segnalare esperienza inadeguata, mancanze di programmazione, inidonea
gestione del gruppo di lavoro, tensioni all'interno dell'impresa ecc.
Abbiamo affermato che un indice d’efficienza del sistema produttivo è la sua
produttività. Quale connessione c'è fra questo parametro e il valore di un'organizzazione?
113
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
Il collettivo genera valore, non c'è dubbio, ma come misurarlo? Una proposta efficace
descrive il valore come differenza tra l'utile operativo in un anno e il costo del capitale
investito medio, in pratica l'insieme dei costi che l'azienda sostiene per produrre. Se
questa differenza è positiva, il collettivo crea ricchezza. C’è tuttavia molto da fare.
Relazioni industriali.
I nuovi principi per una nuova organizzazione s’imporranno prima o poi e quando
sarà il momento di cominciare a cambiare sul serio le cose, sarà necessario il
coinvolgimento di tutti. Nasce di qui, l'esigenza di una parallela maturazione nelle
relazioni fra l'impresa e i sindacati, individuando obiettivi comuni, evitando rapporti di
forza, trovando soluzioni ai problemi di comune interesse. La graduale sperimentazione
può portare ad abbattere le barriere di sfiducia. Si potrebbe partire dalla flessibilità
dell'orario, instaurando processi d’assistenza e previdenza, migliorando l’ambiente e
l’igiene del lavoro, la mensa. Si potrebbe programmare la formazione, la prevenzione
degli infortuni e la sicurezza sul lavoro. Si potrebbe introdurre metodi di premiazione per
la soluzione di problemi, lo scambio d’informazioni sulle reciproche strategie, ecc.
Lo scenario dopo il 1989 è purtroppo cambiato: da Europa nord - sud è passato ad
Europa est - ovest. Se valgono le ipotesi descritte, la diminuzione del valore aggiunto è
inevitabile data l’internazionalizzazione dei mercati. Questo comporta la seconda gran
ristrutturazione, che riguarda tutte le aree del personale16. Bisognerebbe rilevare che le
ristrutturazioni sono metodi efficaci per non affrontare la realizzazione delle soluzioni a
lungo termine dei veri problemi.
Le politiche del personale manterranno le gerarchie con l'aiuto dei quadri e
dirigenti senza conflitti, pur eliminandone una parte. Assicureranno ai sopravvissuti
comfort, perché la creatività ha bisogno di tranquillità. Inaugureranno relazioni sindacali,
sostituendo la negoziazione generale con quella di gruppi o individui, anche se
aumenteranno i conflitti legali.
Poiché i salari saranno sempre più determinati da fattori esterni al collettivo,
l'unica possibilità di mantenere il contratto sociale al livello attuale è la qualità in senso
lato, come mezzo di conciliazione e integrazione del personale.
16
Fattore dovuto anche al nuovo grado di scolarizzazione e perciò di competizione.
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STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
Commenti
Alcune riflessioni mi hanno aiutato a concludere che la differenza fra un uomo e
un “uomo tra virgolette” sta nel fatto che l’uomo è un essere che può fare, e fare significa
agire coscientemente e di propria iniziativa. Può un manager, che sia il prodotto della
civiltà contemporanea, fare una cosa coscientemente e di propria volontà?
Introdurre innovazione in una struttura umana, così complessa e delicata, è
proprio fare.
Un tipico esemplare manageriale, che ha a che fare con l’organizzazione, è il
responsabile dell’ASSQ: è inutile, perché tutti sanno che cosa dovrebbe essere fatto per
la soddisfazione del cliente, ma nessuno lo fa, si deve interrogare su ciò che non va e
questo significa ficcare il naso in affari non suoi, deve sopperire agli errori degli altri,
senza però farne menzione altrimenti si troverebbe solo in mezzo a tanti nemici. Poiché è
“molto importante”, viene a sapere le cose per ultimo, quando ormai i giochi sono fatti e
gli errori inevitabili. Deve reagire tempestivamente, altrimenti lo classificano inetto, ma
tutto il sistema è in mano agli altri, in tutt’altre faccende affaccendati. Tutti pretendono: è
un tuttologo per definizione. È il primo a prendersi gli schiaffi dai clienti esterni e
interni, e l’ultimo ad essere premiato per il successo del gruppo. Chi glielo fa fare?
GM: - Nei postulati accennasti al fatto che il collettivo dovrebbe dare sfogo alla
diversità. Allora è necessario un graduale inserimento di novità, mediante investimenti,
automazioni, assunzione di donne e uomini, giovani e anziani, magari stranieri, con una
formazione continua, sempre intesa dai manager “per gli altri”. Il cambio invece avviene
di solito all’improvviso e in modo traumatico. Perché?
M: - L’inserimento del nuovo richiede notevoli energie ed è destabilizzante.
Chi è disposto a spendere quelle energie, col pericolo ben reale che i risultati
vadano ad altri? GM: - Dare a Cesare quel che è di Cesare.M: - E’ proprio una delle maggiori difficoltà: vi sono vincoli rigidi tali da
impedire l’azione, con la spiacevole conseguenza che l’investimento in fatica e rischio è
spesso vanificato, in special modo da coloro che dovrebbero essere i primi a rendersi
conto della necessità, cioè dagli imprenditori.
Poi -Squadra che vince, non si cambia-, fino al disastro. Mah!
Il gruppo ha un suo equilibrio dinamico e tende a mantenerlo nell’evoluzione,
come abbiamo già sostenuto più volte. Il nuovo esige uno spazio già occupato da
qualcuno, oppure n’ottiene uno che confina con altri “territori”. Occorrono nuove
relazioni, “movimenti” d’accomodamento, attività di riconoscimento, tutt’altro che
semplici, come pretenderebbero i capi del personale, pronti ad incolpare l’ultimo
arrivato, che non si è inserito, piuttosto che chiedersi quanto assente fosse la loro
assistenza. Il manager assunto deve conquistarsi sul campo lo spazio, il carisma o la
leadership necessari per agire, senza però fare ombra al capo, raggiungendo gli obiettivi
senza ... un bell’esercizio d’equilibrismo!-
115
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
GM: - Tempo fa menzionasti il caso FO e mi chiedesti di ricordarlo, riguardo a
quei meccanismi che impediscono ai migliori l’accesso a ruoli determinanti.M: - Ancora oggi, dopo anni, il ricordo si mescola ad emozioni di furore e
d’ironia. Il reparto era “diretto”, si fa per dire, da un tipo assai corpulento, rubicondo, con
un fiato ammorbante, basso e tozzo e con due “labbroni” da far invidia ad Arafat. Il suo
reparto era sempre in tempo, mentre gli altri mancavano spesso all’appuntamento.
Fu una stupenda lezione d’organizzazione: 6/7 uomini “cazzeggiano” facendo
assai poco tutto il giorno. Gli altri membri del reparto invece non alzano mai gli occhi dal
tavolo. Quel gruppo di 6/7 persone sosta presso il capo, mentre legge il giornale sportivo
a voce alta. Legge in modo incerto e spesso inventa le parole: era quello che i sociologi
definiscono un analfabeta di ritorno. Essi controllano i "facinorosi" che non accettano i
sistemi del capo: quelli che si lamentano che mancano i materiali, gli utensili, quelli cui
non va di rifare i prodotti, perché -così deve essere fatto-. Ogni tanto arriva un ordine
impellente, il direttore delle vendite si rivolge a lui direttamente con molto garbo ed egli
“magnanimamente” realizza l’”impossibile”. I suoi scagnozzi sudano le fatidiche sette
camicie per quella giornata o due, con un’efficienza inaudita, per evadere la commessa e
tutto va a suo posto. - Che bravi eh? – Poi di nuovo la routine fatta di caffè, litigi sulla
squadra di calcio e simili facezie.
La cultura non è necessaria per fare mobili, diceva quel mostriciattolo,
mostrando mani tozze e callose e soleva dire: - Queste sono mani che fanno godere le
donne! Spediva pezzi non controllati, spedizioni incomplete, lotti sbagliati ai piccoli
clienti: tutto per avvertire chi era lui!
- Mi è stato riferito che Lei dormiva nel magazzino degli imballi durante l'orario
di lavoro. – così il direttore apostrofò l’ultimo arrivato, responsabile della produzione,
che aveva avuto la presunzione di fare le cose “bene”. E furono anche chiamati due
testimoni. L’indagine rivelò che il nuovo arrivato aveva dormito, mentre era in viaggio
per Firenze presso un fornitore. Se la cavò soltanto, perché i due erano degli sprovveduti
e un po' bevuti o perché così volle il caporeparto?
- Dobbiamo smettere di farci la guerra. - disse ironico, qualche giorno dopo.
GM: - Ma come faceva a mantenere 6/7 persone inutili per 80% del tempo? M: - La qualità! D’accordo con la direzione, così chiamavano quei ladri, molti
pezzi pregiati “diventavano” difettosi, cosicché il caporeparto li acquistava ad un decimo
del costo. Li rivendeva a 60/70% del prezzo ufficiale con un profitto che condivideva con
la “direzione”.–
GM: - Questa sì che è organizzazione! E scommetto che quella “struttura”
durava da qualche decennio!M: - C’è di più. La presenza dei sindacati era molto forte e rappresentata da
uomini incorrotti, ma essi nulla potevano a causa dell’omertà. –
GM: - Ma come potevano mantenere una tale “organizzazione” senza che mai
nessuno se ne lamentasse e cercasse di modificarla? –
M: - Già. Il margine era talmente alto, che nessuno si sognava d’indagare per non
turbare la giusta e lucrosa routine. Egli riusciva pure a mantenere l’ordine nel reparto! Ti
ripeto: ancora oggi me ne stupisco! –
GM: - ... e dai, dimmelo! Non tenere sospesa la mia curiosità! –
116
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
M: - Fra i suoi dipendenti vi erano donne...se le era fatte quasi tutte: una specie
di “ius primae ... laboris!”. Alcune avevano il marito presente nella stessa fabbrica.
Attraverso queste “relazioni” egli riusciva a mantenere la sua leadership. Le donne, che
non ci stavano, erano relegate a lavori ingrati, sporchi e faticosi. Alcune accettavano lo
“ius” dopo un po’ di lotta e questo contribuiva ad aumentare il suo “carisma”. Gli uomini
– fuchi erano immobilizzati nel cerchio infernale: capo - squadra personale del capo - e...
mogli - “donne del capo”. –
GM: - Che bel quadretto! –
M: - Non ci fu verso di scardinare quell’equilibrio. Tutto avveniva in omaggio a
quell’idea di ordine, che mi fa venire i brividi. I manager, incuranti della realtà che pure
conoscevano nei dettagli piccanti, facevano finta di nulla.
Quel caporeparto aveva imparato a modo suo, i meccanismi d’apprendimento del
collettivo e quelli di regolazione. –
GM: - Allora è inutile imparare un sacco di cose, quando si ha a che fare con
realtà del genere. –
M: - Non è detto. Una legge ferrea e inevitabile è che tutto ciò che si ottiene con
la violenza o con l’inganno, alla fine si paga. Un giorno, infatti, una donna che non stava
al giochetto, si ribellò. Accadde che il nostro leader, sentendosi in una botte di ferro, se
la “vedesse” con una delle sue donne in un magazzino della fabbrica! I due uscirono dal
magazzino, quando ormai, davanti all’unica uscita, si trovava schierato mezzo
stabilimento, tempestivamente avvisato da quella donna cui non erano piaciute le avance
del capo. Uscirono mogi in un tripudio: il dittatore schifoso era “nudo” e detronizzato. –
GM: - Per fortuna questo è abbastanza raro! –
M: - Lo credi davvero? Forse in queste forme esasperate, si, ma ...
Vorrei farti notare i meccanismi mentali dei singoli e del collettivo. La morale è
che, purtroppo, soltanto quell’episodio abbastanza ridicolo riuscì a porre fine a quel
bell’esempio d’organizzazione! Il senso di giustizia e d’onestà non erano valsi a nulla. Il
senso di vendetta e l’attenzione di una donna avevano distrutto il “Patto di ferro”.GM: - E’ ben triste!M: - Vorrei ora raccontarti un altro caso interessante d’idee “geniali”
sull’organizzazione. Il caso DN.
In un'azienda, un quadro17 aziendale aveva una particolare predisposizione, per
progettare nuovi prodotti e il top management volle che la sua organizzazione fosse
"esportata" all'intera impresa. L’estrosa soluzione fu: -"Tu pensi bene! Eccoti qui nel tuo
nuovo ufficio, il tuo “pensatoio”. Tu pensa, il tuo collega raccoglierà le tue idee e le
realizzerà con l’aiuto dei reparti"-. Dopo alcuni mesi d’immersione totale nel “think
tank”, quel quadro fu tacciato di boicottaggio, perché non dava più idee, come prima.GM: - Perché? M: - È semplice: non aveva più comunicazioni col mondo esterno, con i
commerciali, col mercato, con le esigenze dei clienti, con le nuove tecnologie, ecc. Lo
scambio d’idee, di problemi, gli sforzi comuni e il lavoro a stretto contatto di gomito con
gli operatori, i laboratori, i clienti danno il “là” alla creatività. Nessuno ha mai inventato
soluzioni, stando seduto a pensare con la testa fra le mani!GM: - Perché allora fu scelta quell’organizzazione? 17
Quadro è una parola derivata dal francese, che indica un tecnico di alto livello.
117
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
M: - Forse la domanda giusta è: perché fu isolato? Il risultato, infatti, fu soltanto
questo. Qualcuno voleva estromettere il creativo e occuparne il posto, come accadde
poco dopo. Le conseguenze sul personale furono disastrose: demotivazione, confusione.
Anche il collega, infatti, non era molto soddisfatto: - Se io faccio quello che dici, il mio
lavoro serve solo come capro espiatorio. Se il progetto fallisce, tu puoi sempre dire che è
colpa mia, perché non l’ho eseguito attentamente. –. Puoi immaginare il tipo di
cooperazione! GM: - Come andò a finire? –
M: - Tutto ritornò come prima, ma in modo più complicato: si fondò una nuova
funzione, Prodotti Speciali, per dare spazio ad un vecchio manager, al quale quel quadro
fu “affidato” e si creò nuova burocrazia.
La soluzione definitiva per quel quadro fu cambiare azienda. Due a mio parere
furono gli errori: il primo sicuramente può essere addebitato alla “sensibilità” del top
manager verso l’”attivismo” del mediocre, il secondo al vecchio concetto tayloristico: si
rinnegò completamente la visione olistica, di cui ognuno di noi ha bisogno, sia pure essa
corretta o meno. La funzione specializzata finisce per essere lontano dal processo
principale.
Mi vengono in mente altri tipi d’organizzazioni. Ad esempio in alcune imprese la
responsabilità dell'ASSQ è stata delegata al servizio Sistemi Informativi o addirittura al
Controllo Gestione! –
GM: - Questo rivela il grado di competenza o d’importanza che si danno ad
alcune attività!
Molte decisioni sono dunque sbagliate. Qual è la causa più frequente? Ignoranza?
Indolenza? Demotivazione? Incompetenza? –
M: - Alla fine della ricerca della causa prima si trova sempre un manager, cioè
un essere umano. Questo non vuol dire che i manager siano da “bruciare”, novelle
streghe: il loro ruolo globale li rende responsabili indirettamente di molto di ciò che
accade nei collettivi. Il fatto è che manca la disponibilità a mettersi in discussione e di
adoperarsi per risolvere l’errore.
Ciascuno di noi per di più pensa di sapere come funziona il collettivo in base alla
propria esperienza, che non è certamente rappresentativa della realtà il più delle volte!
Tutti si reputano autorizzati a discutere e decidere su tale argomento.
Conosciamo davvero i meccanismi che governano i fenomeni collettivi di un
gruppo, di un’impresa, di un mercato? È ben lecito dubitarne. I comportamenti di tutti i
manager non lasciano dubbi sull’infantile semplificazione della realtà, che scaturisce dai
loro pensieri. Ne sono una dimostrazione le forzature e i conflitti che avvengono fra loro,
fra loro e i loro subordinati, fra loro e il mercato. È facile riconoscere il loro imbarazzo,
quando sono sorpresi dalla realtà diversa da quella che avevano stabilito che fosse e che
si presenta improvvisamente e inaspettata, ma che in realtà è prevedibilissima. –
GM:- A che cosa ti riferisci?M:- Il sistema informativo e l’organizzazione del sistema, strettamente legati fra
di loro, sono entrambi troppo semplici e rigidi nei modelli mentali correnti. La raccolta
dei dati su cui basare le elaborazioni per poi arrivare al da farsi, è troppo specializzata e
la sintesi è compiuta esclusivamente dal vertice, quando c’è. Di là delle ragioni di
controllo psicologico e sociale, rimane che nella realtà il collettivo non si comporta per
nulla così e i costi occulti sono molto elevati. Intendo ricorrere al modello delle reti
118
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
neurali: ogni individuo, ogni funzione, ogni centro di profitto rappresentano i “neuroni”
della rete a diversi livelli. Il primo punto è costituito dal fatto che nella rete ogni
“neurone” espleta delle funzioni multiple, mentre nel modello manageriale ogni neurone
ha un’unica funzione in omaggio ad una supposta semplificazione e uniformità: questo
non è possibile per ovvie ragioni. Ogni “neurone” infatti, esegue una sorta d’integrazione
di più informazioni o attività. Impedirglielo, conferendogli una forte specializzazione,
crea probabilità non trascurabili d’incompletezza ed errore.
Per comprendere meglio, si può dire che il collettivo si trova ad ogni istante
all’intersezione fra due processi temporali concomitanti: quello filogenetico, dovuto alla
sua evoluzione storica, e quello ontogenetico, conseguente al suo sviluppo. In altre
parole non si può separare il “neurone” dalla rete. Questo concetto ha enormi
conseguenze nella gestione delle risorse umane, ma non è tenuto conto nella prassi
quotidiana, sostituita da quel processo assai comune che molti chiamano “ricerca del
capro espiatorio”.
Inoltre la visione, se ve n’è una, di ogni individuo contribuisce a costruire una
specie di “visione del collettivo”, diversa da quella degli individui, che a sua volta
influenza. Tipica è l’asserzione: - Io, sì, che conosco i miei polli!-, espressione usata da
chi precipita senza accorgersene in una spirale d’equivoci tragici fra le proprie emozioni
represse e le forze difensive del collettivo.
Nel modello mentale dei manager vi è un altro attributo riguardo
all’organizzazione: in pratica essi la vedono immutata e immutabile, almeno fino
“all’orlo del baratro”. Invece, il collettivo apprende e l’apprendimento modifica la
funzione e l’organizzazione locale con l’andare del tempo. È sufficiente confrontare le
organizzazioni di cinque anni fa con quelle attuali. –
GM:- Hai parlato di autorganizzazione locale. Come lo spieghi con il modello
delle reti neurali? M:- Nelle reti vi sono meccanismi di sincronizzazione delle attività di scambio
delle informazioni, impegnati in un particolare aspetto degli eventi. Ad esempio “radio
scarpa” è una manifestazione autonoma dell’attenzione del collettivo ad un particolare
evento. Questo meccanismo interviene anche in molti tentativi manageriali, destinati ad
una riorganizzazione dei “circuiti d’allarme”: l’attenzione del manager e del collettivo
influenzano alcuni aspetti della riorganizzazione a scapito di altri, rendendo così alcuni
dati inaffidabili o parziali. Per fortuna, questa concentrazione parziale non elimina del
tutto l’accessibilità alle altre informazioni: a volte è sufficiente cercare meglio. In altre
parole è una questione di visione. –
GM:- Ho un dubbio: il collettivo può essere paragonato ad una rete neurale,
senza incorrere in errori di valutazione, analogamente all’ipotesi 1 del modello di
riferimento? E se è così possiamo trarre delle considerazioni generali? –
M:- Le somiglianze e le differenze sono molte.
In primo luogo la conoscenza della rete è approssimata, come quella del cervello
e del collettivo. Tutte e tre hanno un’individualità.
Una rete tende ad imparare per modelli o prototipi: la mancanza di questi rende
lento l’apprendimento, la presenza di questi rende difficile l’acquisizione di novità.
Avrai, infatti, già notato le riunioni fiume sui “massimi sistemi” ogniqualvolta si tenti di
introdurre una novità, come se si dovesse partire da zero.
119
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
C’è d’altra parte una differenza enorme: la rete impara come se “sapesse”, in
realtà impara quantitativamente e non simbolicamente.
Sia nella rete neurale, nella mente individuale e nel collettivo vi sono categorie di
riconoscimento e classificazione, perciò alcune cose sono di facile apprendimento altre
no e questo è funzione dell’addestramento ricevuto. Un collettivo addestrato troppo
intensamente e ripetutamente all’efficienza, trova enormi difficoltà a trattare temi di
qualità. Troppo a lungo abituate a pensare con il linguaggio tecnico, alcune funzioni non
trovano facile capire le difficoltà del mondo commerciale e viceversa.
In comune c’è inoltre una tendenza all’irrigidimento tipico della “vecchiaia”
dovuto ad un addestramento troppo lungo su un solo aspetto della realtà.
Ad esempio ridurre i costi a spese del prodotto, della qualità, della ricerca, della
flessibilità, delle scorte, delle parti di ricambio, delle macchine ridondanti, per far fronte
all'imprevisto, salva il breve, ma può mettere in forse il lungo: è il famoso piano di
riduzione dei costi “ad ogni costo”.
La tradizione e l’abitudine sono altri fattori di invecchiamento dovuto allo stesso
meccanismo: un alto tasso di novità richiede proprio il tipo di capacità manageriali, che
sono represse dalle burocrazie. Si dimentica ad esempio, che l'innovazione del prodotto
comporta anche quella della tecnologia, delle procedure, di sistemi e degli uomini.
I “nodi” occupati da esseri umani complicano enormemente la realtà. In generale,
nell’essere umano vi sono molti “centri” così indipendenti18, che ogni impressione
proveniente dall’ambiente esterno o interno è percepita in modo slegato e la
combinazione che permette la conoscenza si mescola e si lega alle impressioni anteriori
per formare un insieme di dati che provocheranno impressioni indipendenti, cosicché le
“distonie” non solo degli individui, ma anche del collettivo generano le solite discordie,
che fanno regolarmente naufragare le imprese più promettenti. Si agisce senza pensare
sufficientemente ad ampio raggio oppure perdendo il significato originale delle attività
oppure perdendo il controllo. MG:- Quale controllo?M:- Quello dell'azione ...MG:- La mia sensazione è, che temano di perdere il controllo della situazione,
cioè del potere.M:- Che cosa ti fa pensare che i tuoi colleghi pensino al potere?MG:- Li vedo fremere, aspettando l'organigramma. Esso non è soltanto una
descrizione mappale, come dici tu, delle competenze e una specie d’ordine predefinito
per affrontare meglio i problemi che possono giungere dal futuro, ma soprattutto un
fortissimo simbolo nell’immaginario del singolo e del collettivo. Poco s’interessano delle
competenze, di cui hai parlato. Molto più importante è la posizione nella scala. M:- Purtroppo, la competenza non è un fattore decisivo al momento della
suddivisione della ricchezza prodotta!GM:- Per questo allora si fa di tutto per apparire e si ha bisogno del potere? M:- Com’evitare l'assembramento nell'area del capo? Come far maturare il
manager infantile o il manager - schiavo? Le cause vengono da molto lontano… GM:- … il bambino trascurato e il bambino viziato?-
18
Vedi modello di riferimento e commenti.
120
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
M:- Il senso di responsabilità e la visione globale sono i pilastri di ogni buona
organizzazione. Il suo principio ispiratore è alla fine la delega, purtroppo spesso
interpretata dal basso come trasferimento di guai e dall’alto di responsabilità, che di
solito non è accompagnata da un’effettiva autonomia e autorità ...GM:-... è vero! Quale responsabilità, se un manager non ha l'autorità di prendere
decisioni adatte per raggiungere gli obiettivi della delega? Spesso i manager sono, in
effetti, soltanto degli impiegati pagati molto bene. D'altra parte la legge parla chiaro: in
assenza d’autorità non si può parlare di responsabilità. M:- Questo problema è molto sentito dal middle management: prova a fermare le
linee di produzione per eliminare le cause di non conformità o abbandonare un cliente,
che, a causa della sua ignoranza, non farà altro che dare crediti irrecuperabili!
È una situazione schizofrenica.GM:- Hai parlato di responsabilità, autorità, delega. Come si sposa tutto questo
con la gestione per politiche? Non ti sei spiegato bene.M:- Direi che non ho spiegato… però a pensarci bene è già stato detto tutto. Un
tempo, la scadente cultura diffusa e l’ambiente a basso tasso di cambiamento,
giustificavano la struttura piramidale, ma oggi il primo fattore si è attenuato
notevolmente, mentre il secondo semplicemente non esiste più. Nei collettivi c’è meno
bisogno di gerarchia per diminuire i costi e aumentare la velocità di reazione.
Purtroppo si parla solo di reazione.
Lo scenario diventa allora più comunicazione, meno gerarchia. I manager di
vecchio stampo accentratore sono dei colli di bottiglia, mentre la figura del manager deve
evolvere nel possessore di cultura in senso lato e in colui, che fornisce gli indirizzi al
collettivo. Qualche esempio chiarirà la situazione.
Per aumentare l’efficienza, la quota di mercato, il livello di qualità, per innovare i
prodotti, ecc., velocemente e a basso costo in ambienti così complessi, bisogna conoscere
le leggi, che governano i sistemi e non solo le tecnologie, che le attuano. Il manager deve
agire lì. L’efficienza ad esempio è molto influenzata dalle persone, dai comportamenti,
dalla visione a breve, l’innovazione del prodotto, dalla fretta e dall’organizzazione della
progettazione e dalla competizione interna, la quota di mercato dallo scollamento fra la
parte industriale e commerciale. GM:- Se ho ben capito, ad esempio, pensare che un manager sia al servizio della
struttura è un indirizzo.M:- Questa è una strategia. L’indirizzo corrispondente a questa strategia, è di far
sì che anche le persone della propria struttura lo siano, nei confronti dei loro colleghi e
dell’impresa. Insomma si tratta di spiegare il perché del come raggiungere un obiettivo.
GM:- Ancora una volta si conclude che un nuovo manager non basta. Ve ne
dovrebbero essere di più di uno. Il nuovo manager dovrebbe essere riconosciuto e
protetto, come le specie in via di ... sviluppo! M:- La storia non è finita. Spesso appena nasce un problema, si cerca un nuovo
manager capace di risolverlo, perché il vertice non è in grado di intervenire sulle cause
prime. Giusto, ma così nasce un altro centro di potere! Quanti più ce ne sono, tanto
maggiore è la confusione!
Si dimentica la formazione, come strumento strategico di regolazione del
collettivo.
121
STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
Nelle aziende vive una pletora di primi livelli. Indizio di basso grado di qualità
generale. In queste imprese vi è spesso un'atmosfera irrespirabile: l'insicurezza ha
bisogno di esperti, ma ne ha paura e allora usa l'efficace metodo del divide et impera.
D'altra parte, pochi centri di potere significano l’impegno di vivere con personaggi di
cultura e psicologia complessa, e questo è abbastanza faticoso per il vertice!
In imprese, che da molto tempo non cambiano nulla, è assai facile tagliare teste: è
sufficiente, infatti, semplificare alcune attività e l'organizzazione appare subito in tutta la
sua sovrabbondanza, la famosa legge di Parkinson. GM:- In questo modo però il "principe" sarà soverchiato da una miriade di
continui interventi. È meglio intervenire poco o in continuazione?M:- Personalmente preferisco la situazione in cui il "principe" interviene poco:
so bene che questo suonerà male al manager. Tuttavia uno degli scopi della storia che
stiamo leggendo, è proprio di dimostrare, che in futuro molta dell'attuale classe dirigente
non avrà più ragione di esistere, se le imprese vorranno sopravvivere sane alle
generazioni. GM:- La semplicità creerebbe non pochi disoccupati… M:-… ma salverebbe molte imprese e non è detto che diminuisca l’occupazione.GM:- Ma allora che cosa significa un'impresa ben organizzata?M:- Mah! Ammesso che la comunicazione sia la strategia principale per
un'impresa organizzata, allora temo che parlare d’organizzazione ottimale sia parlare
d’utopia.
A tal proposito ho spesso sentito molti imprenditori affermare, che il dialogo fra
loro e i manager è impossibile e usare una strana espressione: l'imprenditore è in
paradiso, gli altri sono all'inferno.GM:- Non capisco.M:- Nemmeno io. È vero che l'imprenditore all'interno dell’azienda è come un
dio in terra: non solo le leggi sono fatte a sua misura, ma anche la società è ordinata per
lui. È anche vero, però, che il dipendente ha mille occasioni per rifarsi dell'eventuale
ingiustizia, sul conto economico dell'imprenditore, facendo male la manutenzione, ad
esempio. L'imprenditore lo sa: la rabbia lo mangia vivo.
L'imprenditore ha nemici ben più micidiali del dipendente, che in realtà ha tutto
l’interesse ad essere trattato come un alleato. Il mondo esterno n’è pieno: la burocrazia, i
clienti insolventi, la magistratura inefficiente né efficace, i concorrenti, le banche, gli
speculatori, i politici, i corruttori e corrotti, ...è questo il paradiso?GM:- La vita è un po' come il poker: nessuno mai possiede la mano vincente
assoluta...M:-... ma è poi vero?
La tendenza della nostra era è di fissare, di sistemare, di formalizzare, di erigere
un sistema di gerarchie rigide, di costringere l'educazione e l'istruzione in una forma
tradizionale e immutabile, di assoggettare il pensiero ad autorità infallibili19. Con una
certa nostalgia si rievoca l'epoca medievale dell'Europa, quando il dio - re regolava tutto.
Nel nostro periodo economico delle caste, l'imprenditore occupa il posto del vescovo, il
commerciante e il dirigente quello dei vassalli, l'operaio, il disoccupato, i giovani senza
cultura quello del contadino malnutrito e del servitore. Ma oggi come allora, si dimentica
19
"Il ciclo umano", Sri Aurobindo,1916.
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STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
la follia, l'ignoranza, l'iniquità e lo squallore che si cela dietro la splendida facciata
raccontata dalla letteratura e dall'arte ufficiale allora e dalla televisione oggi.GM:- La comunicazione è un fattore strategico, giacché la necessità di lavorare
insieme, che tu stai ricordando continuamente, è resa possibile se tutti i componenti del
gruppo hanno una conoscenza almeno sufficiente e simmetrica. Ma non basta, perché la
comunicazione può essere usata in modo distorto.M:-Non vorrei parlare di questo tema assai dibattuto, quanto difficile da
giudicare. In generale, nei collettivi nasce il bisogno di comunicare informazioni ai
membri, cosicché l’insieme diventi più fluido, flessibile, più abile a risolvere problemi
senza esasperare i conflitti o farne nascere di nuovi. Le persone sanno già che cosa
dovrebbe essere fatto: è un’esperienza che tutti noi facciamo e spesso il da farsi è giusto
e logico e, stranamente, anche condiviso. Ogniqualvolta però si decide il come, la realtà
cambia, specialmente quando la comunicazione si rivolge al manager interessato al tema.
Dobbiamo sempre ricordare che l’informazione è la collocazione di dati, osservazioni,
proposte in un contesto significante. E il significato dipende dal particolare mondo
psicologico, filogeneticamente e ontologicamente predeterminato e quindi quasi unico,
sia di un singolo manager sia di un gruppo. L’interpretazione dunque non è mai simile e
la selezione fra “teorie” parte all’attacco. Questo è un “virus” che prima o poi deflagrerà
nella decadenza del collettivo, se non è attuata l’appropriata politica di rinnovamento,
mentale e fisico dei membri.
Ad esempio si vuole trasmettere al collettivo alcune informazioni. Dopo lunghe
discussioni, si giunge finalmente ad una deliberazione che assomiglia più ad un
compromesso che ad una soluzione: si prepara una campagna di slogan, manifesti,
depliant, banali, triti e ritriti, ma che incontrano il favore, perché generali, conosciuti e
non coinvolgenti il management, vale a dire proprio chi dovrebbe spingere il
cambiamento. GM:- Il management non dice mai come lui stesso s’impegnerà a predisporre i
mezzi, affinché tutti gli addetti ai lavori possano avere migliori condizioni di lavoro. M:- Il nostro responsabile della Qualità, cui stranamente è stato delegato questo
compito, conosce molto bene l’impresa e i “suoi polli”, provenendo dal mondo
commerciale ed è anche intelligente, perché sa associare velocemente la realtà alle
aspettative del vertice. Proprio in base a questa capacità, sapendo benissimo che non
saprebbe nemmeno da dove cominciare a svolgere il suo compito, giacché non ha
nessun’esperienza nel campo e tanto meno la competenza necessaria, ha avviato una
campagna di “comunicazione” una tantum con slogan lì per lì accattivanti, ma scontati e
di dubbio senso estetico, dedicandola al “contesto significativo”, talmente generale, che
tutti possono interpretarla a proprio uso e consumo, tant’è vero che dopo un primo attimo
di entusiasmo le persone cominciarono a chiedersi: “E adesso?”. Un tema assai
importante e decisivo per l’impresa è trattato ... da “cani”. Sarebbe più intelligente fare
più passi nel tempo, mediante una storia attraverso la quale “raccontare” il
comportamento del management sull’argomento, in pratica che cosa si aspetta il
management e quanto coerente esso sarà, con regole semplici. Ma si preferiscono i
proclami e la comunicazione diventa fine a se stessa.
Un altro esempio di cattiva comunicazione è l’organizzazione della piattaforma
del nuovo prodotto. Si discute su chi coordina il progetto, si parla di “sponsor”, di
“project leader”, di “segretari” e di altri non ben identificati nuovi ruoli, in ossequio ad
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STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
un teorico taylorismo delle attività, sinonimo per i più di “ordine”, piuttosto che
d’orientamento alla soluzione dei problemi: il primo è quello che “paga”, il secondo è
quello che va dai fornitori, se necessario, il terzo è quello che redige i rapporti da inviare
a ...”cani e porci” ... GM:- … Scusa, se t’interrompo. Si afferma che l’organizzazione di una
piattaforma è necessaria ogni 5/6 anni. M:- Si fa della confusione. Se è necessaria una nuova organizzazione da
sovrapporre a quella esistente, vuol dire una cosa sola: che quella esistente non funziona!
Questo vale anche se l’impresa è molto grande. Posso ammettere al massimo una
riunione ad hoc fra i responsabili a frequenze determinate con l’unico scopo di
coordinamento sulle necessità di investimenti o processi riguardanti il sistema. Questo è
il modo più semplice per coordinare attività che sembrano lontane fra di loro, ma niente
di più. La sinergia fra di esse non dipende dalla grandezza del progetto. In fondo la
piattaforma è il concetto di progettazione parallela applicata ad attività come l’ideazione
del prodotto, il suo lancio, investimenti, tempi della filiera, ecc.
Se è questo che intendi, allora il project leader non può essere che il responsabile
del centro di profitto. Solo in quel ruolo troviamo riunite, infatti, le risorse per guidare la
piattaforma con politiche coerenti: è quello che avevamo descritto come “gioco”
individuo – gruppo. Questo evita quell’errore fondamentale di separare il ruolo
gerarchico da quello del coordinatore: micidiale per un’organizzazione armonica. –
GM:- Il lavoro di gruppo dovrebbe elaborare poi le idee e i comportamenti. La
nostra era, però, è individualistica, perché alla soppressione di tutte le vecchie norme
generali avvenute dal secondo dopoguerra, non sono seguite visioni globali che diano un
aiuto. E l'individualismo è sempre una contestazione. Il ‘68 fu proprio questo! Si predica
l'individualismo per l'imprenditore, ma si vuole il gruppo per i dipendenti, ma solo per
quel problema. Poi di nuovo, tutti isolati. Senti lo stridore? Questa è l'innovazione di cui
si parla nelle imprese. –
M:- Tutti desiderano che il mondo rimanga statico. L'innovazione tecnologica e
organizzativa, è di questo che si parla, ha l'inconfessato desiderio di creare in ultima
analisi, quel principio di ordine e di controllo, di cui hanno bisogno tutti gli esseri umani.
Da una parte, all'interno delle imprese, vi è in atto un'oppressione intellettuale e
scientifica per ottenere e mantenere un ordine, dall’altra, all'esterno, si osserva un
incredibile aumento d’insicurezza, movimento, instabilità. Questa tendenza proseguirà,
se non sarà possibile uscire dal nostro disastroso individualismo e questo non accadrà,
finché la teoria psicologica della storia20 non uscirà dalle polverose università, finché la
psicologia, come scienza del conoscere e saper governare se stessi, non si diffonderà
almeno nella classe dominante.GM: - Accennasti alla necessità di introdurre metodi antiassuefazione nella
gestione: credo di aver capito, perché vi sia un metodo consapevole di cambiare o di
mantenersi disuniformi a sufficienza. –
M: - Nella teoria generale dei sistemi un concetto è l’omeostasi, vale a dire nei
collettivi vi è sempre una tendenza a mantenere stati costanti, con riferimento
all’esperienza e al comportamento. Nell’individuo i fenomeni corrispondenti sono
l’abitudine, la costanza percettiva degli oggetti e degli ambienti, del carattere, degli
20
K. Lamprecht, 1856-1915.
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STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE
atteggiamenti, e dei sentimenti.
La condizione d’omogeneità, uniformità, d’ordine spinto all’estremo può
condurre ad una forma di saturazione da omogeneità. Nasce allora una tendenza parallela
all’omeostasi, la variazione dell’esperienza, sostenuta da meccanismi che garantiscono
l’instabilità, l’eterogeneità che tendono a rompere gli equilibri esistenti, legate al
patrimonio istintivo, alle esperienze e influenze contingenti. Per cui equilibri sono rotti,
irregolarità introdotte per cercare la novità, la divergenza. Questo concetto può essere
esteso a piccoli collettivi o all’analisi d’organizzazioni complesse.
L’osservazione degli equilibri permette di formulare diagnosi e progettare
interventi. Ad esempio un soggetto mentalmente disturbato può rappresentare il perno
per l’equilibrio familiare. Anche nelle grandi organizzazioni, quello che si presenta come
devianza, può servire a conservare inalterata l’omeostasi dei sistemi relazionali di
riferimento. E questo è molto pericoloso, perché impedisce la flessibilità. -
GM: - Molti pensano alla gerarchia come scala dell’obbedienza, ma questo è
essenziale all’impresa? Credo che questo dipenda da altri fattori, che vedremo nel
prossimo capitolo. Vero? –
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