Aristide Franchino – Ricordi di un geologo in Iran 1958-1959 - 5° parte Miscellanea di ricordi personali, di vita e lavoro, in Tehran e altre località. Premessa: l’attività dell’AGIP-ENI in Iran inizia nel 1957: visita il 14 marzo a Tehran del Presidente Gronchi e di Mattei allo Scià della Persia Reza Pahlevi II e costituzione della SIRIP (Société Irano-Italienne des Pétroles) [50% AGIP Mineraria50% NIOC (National Iranian Oil Company)] e il 3 agosto, incontro a Roma dello Scià con Mattei con la concessione alla SIRIP di tre aree per esplorazione petrolifera: Montagne Zagros, Iran centrale (11.180 kmq), Mekran, Iran sud-orientale (5850 kmq), offshore Golfo Persico, di fronte a Khorramshar-Abadan (5560 kmq). La mia presenza in Iran, con contratto con l’AGIP Mineraria come Geologo rilevatore, si è svolta nel 1958 e 1959 (22 mesi consecutivi e 2 mesi finali di ferie): 1 lettere di “comando a prestare servizio in Iran” dal 3/2/1958, firmata dall’ Amministratore Delegato Ing. Carlo Zanmatti e di “concessione di scatti anticipati di stipendio” firmate dal Presidente Ing. Enrico Mattei. Sommando le varie voci il mio stipendio mensile ammontava a Lire italiane 373.015 quando a Tehran, e a Lit. 393.035 quando in missione di rilevamento; l’importo degli scatti anticipati dello stipendio mensile è stato la prima volta di Lit. 11.334 e la seconda di Lit. 15.000. 2 Iran 1958 – 1959: Località visitate, percorsi effettuati e aree rilevate geologicamente In note separate dei Ricordi di un Geologo in Iran, ho descritto le vicende lavorative riguardanti la mia partecipazione come Geologo di rilevamento a quattro Campagne di esplorazione: 1 – “Prima Campagna geologica, aprile-settembre 1958, nel Permesso Zagros, settore Sud-Est” 2 – “Mekran, Iran sud-orientale, novembre 1958-gennaio 1959 : Viaggio e rilevamento geologico” 3 – “Seconda Campagna geologica, aprile-agosto 1959, nel Permesso Zagros” 4 – “Esplorazione, settembre-ottobre 1959, nella Provincia del Fars (estremità SudEst della Catena dei Monti Zagros)”. In questa 5° parte dei miei Ricordi iraniani, mi riferisco a quelli personali di vita e lavoro in Tehran e altre località, in periodi fra una Campagna e la successiva o per brevi rientri durante le stesse, come sopra elencati. Si tratta di una miscellanea e flash di ricordi di 57 anni fa (queste note sono del 2015), vicende, sensazioni, emozioni (avevo 27 anni e da 8 mesi assunto all’ AGIP Mineraria), senza ordine, tratte e risuscitate dai miei Diari e da circa 3800 fotografie. (Era il mio primo viaggio in oriente e molti commenti riportati appaiono oggidì ovvii e ingenui!) 3 Tehran 1958 , primo impatto, prime impressioni C’è sempre, nella vita, una prima volta……Per me, il 2 febbraio 1958, prima volta in treno wagonlit da Milano a Roma; il giorno dopo battesimo dell’aria, il mio primo volo in aereo da Roma (partenza ore 16:35) a Tehran. Sole magnifico e visioni stupende: il Canale d’Otranto, le montagne greche innevate, il Pindo, l’Olimpo, poi Salonicco, il Mar di Marmara e in uno scenario serale di lumini, Istanbul, scalo intermedio. Quindi Luna piena, la Turchia con la neve, (però qui è venuto il sonno), atterraggio in Iran, aeroporto di Tehran Mehrabad, alle 4:30 (ora locale ; + 2h30’ rispetto a quella dell’Italia) di lunedì 3 febbraio 1958, in Iran è l’anno 1336. Il viaggio era durato circa 10 ore, la targa dell’aereo, un DC-6B dell’Alitalia, è di buon auspicio: I-LOVE. (Qui comincia una mia mania: tengo nota di tutti i miei viaggi in aereo, con i percorsi, i tempi di volo effettivi, tipo e targa dell’aereo, riportando in seguito tutti questi dati sul Libretto di Volo del mio Brevetto Aereo che ho preso nel 1962) Mi recavo come geologo, assieme a Claudio Villa, pure geologo e Ugo Bini, topografo, in Iran, dove alcuni mesi prima, fine 1957, erano già arrivati: per la Geologia Luigi Scarpa (Capo Geologo), Sergio Braga, Angelo Pesce, Mirio Martelli., per la Paleontologia/Petrografia Camilla Zanmatti Scarpa (moglie di Luigi Scarpa e nipote di C. Zanmatti (zio), AD dell’AGIP Min.); per la Geofisica l’ing. Franco Quarta; per la Topografia e Cartografia l’ing. Biscaccianti. Oltre al gruppo dirigenziale: l’ing. Carlo Sarti, AD e DG della SIRIP, e per l’AGIP Mineraria :il dr Dante Jaboli, direttore dell’Esplorazione Estero (faceva la spola fra l’Italia e l’Iran), il rag. Farinon per l’Amministrazione, l’ing. Palmieri per i Servizi Tecnici (rimpiazzato poi dall’ing. Milia), Borgioli per i Servizi Generali; inoltre il Com.te Bartolucci, Capo Elicotteristi AGIP, il pilota cap. Zanelli, i meccanici Dal Vi e Bianchi e il radiotecnico Enrico Fabbri. Successivamente, 1958 e 1959, per le prime fasi esplorative petrolifere, si aggiungeranno i geologi: Sergio Mengoli, Lauro Messori, Nino Benedetti, Pietro Giorgetta, Salvador Giorgio Longo, Giuseppe Zelli, Carlo Parenti, Sergio Pini, Luigi Anelli, il micropaleontologo Mario Sampò, Giovanni Bozzolato per la Cartografia e Fotogrammetria, il tecnico Zeno Martellucci , il Capo Geofisico Pasini (per il Mekran), i piloti di Elicottero Flamini, Bartolozzi, Negri, il motorista Bellinelli. Bartolomei per i Servizi Generali. Degli Iraniani che hanno fatto parte della mia Squadra, ricordo qui i geologi David George e Aftab Rushad, i topografi Yazdani, Monokoff, e Sliva, con tutti i quali ho sempre avuto ottimi rapporti di lavoro. All’Aeroporto di Tehran, 3 febbraio 1958, formalità burocratiche rapide (visto, valevole un mese), alla dogana ci richiedono solamente se abbiamo armi da caccia con noi. Una macchina dell’AGIP ci porta in città all’Hotel Bahar, nostra prima sistemazione, dove ci accoglie in vestaglia (sono le 5 di mattina) Bartolucci. L’Hotel è in Khiaban (via) Bahar (in farsi, la lingua persiana, significa Primavera); pensione 500 Rials/giorno, tariffa concordata per gli italiani (1 Rial=8 Lit. del 1958), c’è anche il Ristorante; camera, provvisoriamente insieme a Villa (che poi, con l’arrivo della moglie si sistemerà in un appartamento in un caseggiato dove alloggiano pure i Pesce e i Martelli). Il giorno dopo, l’ing. Sarti e il dr Jaboli ci offrono il pranzo al Ristorante del Park Hotel, in centro Tehran, dove è alloggiato il dr. Jaboli. L’ing Sarti con la moglie, alloggiano nella Villa di Rappresentanza, nel quartiere residenziale di Shemiran, a Nord di Tehran. Tehran (m 1232) ha circa 1 milione di abitanti 4 (Costi indicativi 1959: un appartamento 2-3 locali affitto 7000-12000 Rials/mese, un appartamentino 1 locale + 1 cucina + servizi + terrazza (raro) circa 4000 Rs/mese). Dopo varie ricerche, peripezie e altra sistemazione provvisoria, dopo 2 mesi circa, affitto un appartamentino vuoto in Kouché (vicolo) Sarem, angolo Khiaban Bahar balà (alta); è al 3° piano con terrazzo; lo arredo con il minimo indispensabile; è comodo anche perché vicino (10 minuti a piedi) all’edificio, in Kh. Hoghoughi 70 (nel XIII arrondissement di Tehran) sede degli uffici SIRIP (al 2° piano) e AGIP Mineraria-Esplorazione (al 3° piano). Orari d’ufficio al mattino e pomeriggio, con intervallo per pranzo; viene rispettato il calendario mussulmano, giorno festivo è venerdì, come pure la piacevole usanza in ufficio di ricevere una tazza di thé a metà mattina e pomeriggio. Tehran, l’edificio in Kh. Hogughi 70, sede degli uffici SIRIP e AGIP MINERARIA Il 27 marzo 1958 ricevo dalla « Préfecture de Police du Ministère de l’Intérieur de l’Empire de l’Iran » il « Permis de Séjour »; finalmente, perchè dal 3 marzo (scadenza del visto d’ingresso) ero considerato …clandestino (Jaboli mi ha detto che lui come tale, ci era rimasto due mesi): ora presso l’Ambasciata d’Italia sono registrato come cittadino italiano, residente in Iran. Il 26 aprile ho anche la patente di guida, il “Permis international de conduire de l’ Empire de l’Iran”. Permis de conduire Sigarette iraniane: la corona imperiale indica il monopolio statale, le raffigurazioni : (a sn) il Demavend, (a ds) bassorilievo di Persepolis. 5 Le prime impressioni sono sempre confuse: per me, al mio primo impatto, in mezzo ad orientali, con i loro tipici contrasti (per noi), sono ancora più confuse e disordinate; riprendo (senza modifiche) dal diario 1958, comincio con: Mappa turistica di Tehran 1958 Tehran centro-nord: in Kh. Hoghoughi 70 la sede SIRIP – AGIP Mineraria Tehran, traffico locale e taxi “In assoluta maggioranza macchine americane, lussuose, immense; seguono le inglesi, italiane, francesi, anche russe, cecoslovacche e giapponesi. Possibile vedere tutte queste nella categoria taxi (il 50% delle auto circolanti) e fra queste viste Alfa Romeo Giuliette e Fiat 1100 TV. Tutti gli autobus, tutti, sono invece Mercedes. Fuori Tehran, resistono solo le Jeep, i Jepponi, le Land Rover. Il traffico è intenso, allegro e disordinato. Superano a destra e a sinistra, frenano all’ultimo momento, non si scontrano spesso però, e non vanno a finire nei canali (“ciùb”) che fiancheggiano i marciapiedi, scoperti, per lo scarico di ogni tipo di acque. Qualche volta di sera cortei di macchine che strombazzano continuamente e procedono a tutta velocità: sono cortei sposalizi. I vigili agli incroci, con fischietto e aria bonaria, in divisa blu, maestosa e trasandata, tra l’americana, la tedesca e la russa, di solito danno via libera a tutti, qualche volta non contemporaneamente. Mi hanno detto che con qualche Rial, è possibile ricevere da loro il saluto e la precedenza nell’attraversamento di un incrocio, sia in auto che a piedi. I taxi si riconoscono per i parafanghi di colore bianco. Una corsa, sia brevissima che lunga, costa 10 Rials; si può salire in due persone, ma se ne sale una 6 terza la tariffa è di 15 Rials. Se ci si deve fermare per un qualsiasi motivo, se insomma si mette piede a terra, risalendo si paga una nuova corsa. Le targhe sono bianche con cifre (arabe, naturalmente) nere, o viceversa, quelle della Polizia sono verdi, quelle dell’Esercito gialle, della Gendarmeria azzurre, le Diplomatiche rosse, quelle Governative hanno un piccolo tricolore. Le bandiere dell’ Iran e dell’Italia sono il tricolore verde, bianco e rosso; quello iraniano a strisce orizzontali, con al centro nel bianco lo stemma dell’ Impero: sole e leone. La bandiera iraniana viene esposta in occasione anche di tutte le festività religiose. Qui, politica–nazionalismo e religione–fanatismo è un tutt’uno”. …per le strade di Tehran , i “ciùb” lungo i marciapiedi, fermata di bus , donne con il ciàdor … Nel 1959, l’8 febb. ho affittato una Fiat 600 rossa, con successivo acquisto il 23 aprile: veniva chiamata la “faranghina” (miscuglio di lingua persiana: “farangh”=straniero e di “Franchino”). 7 Sospendo le impressioni (le riprenderò più avanti), per rientrare nei ranghi lavorativi: Attività AGIP in ufficio e visite ufficiali (1958 e 1959) A inizio febbraio 1958, in sede Tehran, oltre all’ing. Sarti e al dr. Jaboli, dell’Esplorazione ci siamo solo Bini, Villa ed io. In fase di svolgimento la missione in Mekran, di ricognizione preliminare: Luigi (Gigi) Scarpa, capo geologo, i geologi Sergio Braga, Angelo Pesce, Mirio Martelli e l’ing. Biscaccianti; inoltre i piloti elicottero: il comandante Bartolucci e il capitano Zanelli, con i meccanici Dal Vi e Bianchi e l’operatore radio Fabbri. La missione Mekran dovrebbe terminare il 25 marzo. In aprile dovrebbe iniziare l’esplorazione degli Zagros. Per il permesso offshore Golfo Persico si trova a Khorramshar l’ing. Quarta: la sismica in mare procede speditamente con 228 scoppi al giorno. L’AGIP Mineraria in Iran (febbraio 1958) spendeva 1 milione di Lire it/giorno. In ufficio, Villa ed io, ci dedichiamo allo studio fotogeologico dell’area Zagros per preparare il fotomosaico cartografico scala approx. 1 / 50.000, elaborato contemporaneamente dai disegnatori iraniani sotto la guida di Bini, con l’aiuto delle carte al 250.000. Elaboriamo anche la carta geologica dell’area del nostro Permesso Zagros, traendola dalle Carte geologiche inglesi della BP e verificandola con i corrispettivi Rapporti, entrambi di circa 30 anni fa. In fase pure di allestimento rapido un Laboratorio paleontologico e petrografico per studio sezioni sottili e carote (dr.ssa Milly Zanmatti Scarpa), e uno foto-cartografico (ing. Biscaccianti e Ugo Bini). La fretta è motivata dalla data del 10 marzo 1958, giorno dell’inizio festeggiamenti e congresso, per il 50° anniversario della scoperta del petrolio in Iran, con previste partecipazioni di Mattei e di Zanmatti e incontri con lo Scià. Il 9 marzo mi incaricano di ricevere all’Aeroporto il prof Ardito Desio, Direttore dell’Istituto di Geologia dell’Università di Milano (e Capo della Spedizione italiana al K2), con cui mi ero laureato un anno prima. Il 13 marzo mattina si ha la visita di Mattei (con Zanmatti e i Consiglieri SIRIP) ai nostri uffici: discorsi di circostanza in farsi e in italiano. Nel pomeriggio accompagno il prof Desio all’Università di Tehran e poi al nostro ufficio AGIP Mineraria-Esplorazione: si sta interessando soprattutto di fotogeologia, avendo intenzione di istituire, per primo, un corso di questa tecnica, oggi indispensabile per i rilevamenti geologici, presso il suo Istituto Universitario. In mattinata aveva fatto un volo di ricognizione nell’area desertica a Est di Tehran, rimanendo affascinato dalla visione dei numerosi domi salini della zona. In serata, i congressisti partivano per escursioni geologiche nel Kuzistan. Il 16 marzo il prof. Desio mi offre la cena al Plaza Hotel, dove più tardi ci raggiungono Sarti e Signora, e Jaboli. Il giorno dopo, mattino presto, l’accompagno all’Aeroporto per il suo rientro in Italia. (Ritornato a Milano all’Istituto di Geologia, cercò più volte di comunicare per telefono con la mia Matrigna, ma non la trovò: allora fece scrivere una lettera alla Segretaria, la Signora Achilli, pregando mia Matrigna di telefonargli in ufficio o a casa. Lei, emozionantissima gli telefonò a casa, stentando a credere di parlare con il famoso 8 Professore; lui le riferì che stavo bene, che mi ero ben ambientato, che i capi erano contenti di me, che era molto soddisfatto che gli avessi fatto da guida e gli fossi stato vicino. La mia Matrigna conservò quella lettera e rimase molto commossa per il pensiero che aveva avuto per me). Negli stessi giorni in Tehran, il 12 marzo 1958, ricevimento offerto dal Nunzio Apostolico in Iran Mons. Zinini al Club des Officiers, con partecipazione di Mattei, Zanmatti e Sarti con Moglie. Il 15 marzo cena alla Nunziatura, con Palmieri, Quarta, Borgioli, Villa e Bini. Incontrato nuovamente il Nunzio, il 6 aprile 1958, Pasqua, in occasione di un ottimo pranzo offerto a tutta l’AGIP presente a Tehran. Mons. Zinini è veneto: nel complesso ci ha parlato piuttosto male della gente di qui e dell’Iran in generale, definendolo il paese che ha più leggi che non servono, che ha più leggi che non sono rispettate o sono senz’altro aggirate; in quanto a ospedali, se ci si ammala, è meglio prendere l’aereo e andarsene via (nonostante questo avvertimento, al ritorno dal Mekran dove avevo preso una preso una forma locale di paludismo e itterizia, sono stato ricoverato, assieme al Zelli, dal 7 al 18 gennaio 1959, al Bazar Ganan Hospital in Kh. Rey di Tehran, e curato benissimo). 9 Il 1° ottobre 1958, in occasione della presenza a Tehran, per la mostra “Italia produce” e inaugurazione della nuova sede dell’Alitalia, nella Chah Reza, ha visitato i nostri uffici il Ministro per il Commercio Estero Emilio Colombo (in seguito Ministro degli Esteri, Primo Ministro e Senatore a vita). In ufficio a Tehran, qualche volta alla sera, dopo cena, ci recavamo nella stanza radio, dove Fabbri si collegava con vari radio-amatori italiani, qualificandosi (abusivamente) come “ CQ20, Francia Baltimora Radio, …è Enrico che chiama…dal confine del Pakistan con l’Iran”! Parlato con Carlo I 5 AW di Banderbeila (Somalia), con Trecate – Novara, con Giovanni IRC di Trieste (che aveva bussato…); ricezione con tutti al 100% ; ci informavano dei risultati del campionato italiano di calcio. da sin : Borgioli , Claudio Villa , Palmieri Aristide Franchino, Ugo Bini, Franco Quarta 10 Carta iraniana Tehran e dintorni Carta scala 1:1.000.000 Tehran e dintorni e zona di Qom - 1954 Escursioni nei dintorni di Tehran In montagna. A soli tre giorni dal nostro arrivo, il 7 febbraio, 1958 venerdì e quindi festivo, il sig. Moahamed (lavora all’AGIP come factotum), accompagna Villa, Bini e me, per un’escursione nelle montagne della catena dell’Elburz, a Nord di Tehran. In auto da Tehran, passando per Tadjrich (circa m 1500 e 10.000 abitanti), dopo 13,5 km, e a Darbend: da qui, in circa 3 ore di cammino, salita a circa m 2600, in uno scenario imponente di neve e visioni incantevoli di montagne. Al ritorno sosta a Darbend, residenza di ricchi Tehraniani, luogo favorito di passeggiate di molti turisti americani e francesi. Vi è una tenuta dello Scià e una villa del fratello dello Scià. Volevamo pranzare al Darbend Hotel (4 stelle sulla Guide Bleu Hachette 1956) ma non ci han fatto entrare, pur essendo vestiti bene anche se da montagna: ragione, vi pranzava la sorella gemella dello Scià. (Abbiamo chiesto quanti fratelli, o fratellastri, avesse lo Scià: la risposta è stata: contate finchè volete: quello è il numero dei fratelli dello Scià !). 11 La catena montagnosa dell ‘ Elborz con la cima del Demavend (m 5671), a Nord di Tehran A una fumeria di oppio. Al pomeriggio dello stesso giorno, il padrone dell’Hotel Bahar dove alloggiamo (da noi soprannominato “il King”), dopo pranzo, che per via della gita al mattino, si era svolto alle 15:00, all’improvviso offre al Com.te Bartolucci (che l’aveva richiesta in precedenza), a Villa, Bini e me, una visita ad una fumeria di oppio. Ci carica sulla sua Plymout, senza targa posteriore, senza parafanghi, con continui rumori di qualche lamiera o aggeggio che balla, con la radio a bordo che ogni tanto improvvisamente si accende (e lui la spegne subito). La guida poi è tutta un’avventura: continui zig-zag, superamenti di auto sulla sinistra (di macchine però che provenivano dalla direzione opposta!), curve abbordate con allegra disinvoltura, senza curarsi di chi provenisse da qualsiasi direzione, la precedenza doveva essere sempre la sua! Pare che i vigili lo conoscano bene…lo rispettano e sono capaci di bloccare il traffico per lui! Ad un certo momento, durante il viaggio, il cofano del motore si è sollevato, ha sbattuto contro il vetro anteriore, senza romperlo, ed è volato via da un lato: il King non si è scomposto, si è fermato, ha rimesso il cofano al suo posto, in qualche maniera, si è recato in una stradina laterale, depositando il tutto nel cortile di qualche suo amico; altrettanto per la portiera davanti, del posto dov’era seduto l’impietrito Bartolucci, spalancatasi effettuando una curva! Per noi una paura continua, e pure per tutti coloro che all’improvviso si trovavano a pochi centimetri dai fanali della sua macchina, sia pedoni, che biciclette , o addirittura auto: una follia, anche se i freni abbiano sempre funzionato bene. Ma lui, che sono 30 anni che guida se ne vanta! Comunque, siamo andati a circa 40 km a Est di Tehran; dopo l’abitato, il paesaggio è desertico, poi si sale, si incontrano campi di sci (non frequentati, solo in un punto qualche auto in sosta e qualcuno che sciava o tentava); sulla sinistra continuo scenario di montagne lontane, la catena dell’Elburz. Due soste lungo il tragitto, presso “chaì kaneh” (case da thè); alla prima, il King ha acquistato due pezzi di carne di montone; alla seconda, visto uno splendido samovar per la preparazione del thè, dappertutto abbondanza di tappeti, abbandono e sporcizia. Finalmente, la terza sosta, quella buona: dopo averci scaricato, con un ragazzino, con la macchina è scomparso lungo la strada, ritornando un quarto d’ora dopo, con un pezzetto d’oppio (vietatissimo in tutto il Paese, ma ancora di uso comune). Il suo amico e tenutario 12 della chiaì kaneh, ci ha fatto entrare nella sua dimora, masticava un po’ di tedesco, così, dopo notevoli difficoltà, abbiamo capito di essere a circa 50 km da confine con la Russia. In un locale mezzo buio, piuttosto sporco, quattro panconi, ricoperti di tappeti, su cui si siedono gli uomini, senza scarpe, per il rito dell’oppio (ma oggi non c’era nessuno). Il King ha fumato l’oppio in una pipa lunga 30 cm, da esperto. Bartolucci si è arrangiato bene, sforzandosi poi di sentite l’estasi promessa che non veniva, e non è venuta; io ho sciupato due tirate perché non aspiravo bene, suscitando il malumore dei due iraniani, salvandomi con la terza e ultima boccata, ma ormai l’oppio era finito. Si concludeva così la visita alla fumeria d’oppio. In una “tchai kaneh”, con il padrone del Bahar Hotel (nella foto il secondo da destra) Calorosi saluti, altra corsa folle di ritorno, lungo la strada non asfaltata e con notevole traffico; per la prima volta, lungo la via dell’oppio, ho visto dromedari, in colonna e isolati, in sosta. Il nostro uomo, il padrone dell’Hotel Bahar, il “King”, pare sia un pezzo grosso della comunità armena locale, cugino del patriarca armeno a Venezia, Isola di S. Lazzaro; ha una moglie (che chiamiamo “la Madame”) e una sola figlia; è un trafficone, di tappeti e forse di altro, è ricco, vuol vivere felice e non seccare gli altri. Ha parenti in Isfahan. a Qazvin (a NO di Tehran): l’ Ali-Qapou Capanne nei pressi di Tchalus , sul Mar Caspio 13 Escursioni al Mar Caspio La zona costiera del Mar Caspio e l’ingresso del tunnel di Kendvan della strada Tehran-Mar Caspio E’ il 1° Farvardin 1337, l’ Aid Now Rooz, il capodanno persiano (è venerdì 21 marzo 1958): gita collegiale al Mar Caspio: l’ing. Sarti e Moglie, Farinon e Guidi (dell’Amministrazione AGIP Milano, qui in breve missione) sull’Alfa di rappresentanza guidata da Sarti, Borgioli, il dott. Jaboli, Villa, Bini ed io sullo Station-wagon guidato da Borgioli. Da Tehran verso Nord , all’ingresso del Tunnel del passo di Kendvan, a m 2800, per attraversare la parte più alta della catena dell’ Elburz. I panorami sono imponenti e selvaggi, la stratigrafia delle montagne molto evidente; certi punti del percorso mi ricordavano la Gardesana, la strada per lo Stelvio, la Via Mala. Il versante Sud dell’allineamento dell’Elburz è molto secco e privo di vegetazione (in un certo punto, è in via di costruzione una diga). Al passaggio nel tunnel del passo di Kendvan, si procede a turni alternati, con le macchine tutte incolonnate. Il versante Nord dell’Elburz, umido, presenta vegetazione sempre più fitta, man mano che si scende al Mar Caspio; si passa da Chah Tchechmeh, dove si trova una Villa Imperiale. Tchalus, sul Caspio, nel Mazanderam, si presenta si presenta con caratteri russi, gli abitanti georgiani e le donne con aspetto più gentile di quelle dei villaggi del versante Sud dell’Elburz. Luogo di villeggiatura, spiaggia piena di conchiglie, capanne e granai sopraelevati sul terreno. Al ritorno a Tehran sosta in una casa da thè con gran salone e poltrone immense. Il dr. Jaboli e (foto a ds) da sn : Borgioli, Bini, Farinon, la Signora e l’ing. Sarti, Lugli. 14 Visite a Qhom E’ la città sacra dell’Islam Sciita, capoluogo di “fermandar”, 156 km a Sud di Tehran, situata al bordo di una depressione, al cui centro si trova un lago salato, il Dariatcheh-i-Namat. 80 mila abitanti (1955), fra i quali numerosi artigiani, e fra le sue specialità i vasi e certi dolciumi. Luogo di pellegrinaggio religioso e pertanto vendita proibita, in città e negli alberghi, per chiunque, di bevande alcoliche, e quindi anche della birra. Focolare della setta scismatica, opposta all’ortodossia mussulmana o sunnismo, a partire dalla metà dell’ VIII secolo ; nell’ 816, la figlia dell’Imam Mousa-el-Qacem, Fatima, recandosi a Touss, nel Khorassan, ammalatasi a Saveh, fu trasportata alla vicina Qhom, dove morì e fu sepolta. Sul posto fu costruito (fra il 1600 e il 1700, con gli Scià Safi I e Abbas il Grande e restaurato da Fath Alì Scià) il Santuario-Moschea, con splendida cupola dorata, consacrato e dedicato alla casta Fatima, Hazrat-è-Mahsoumeh, A Qhom i visitatori stranieri non sono graditi, sconsigliabile fare fotografie o filmare [l’abbiamo constatato a ognuna delle tre visite fatte, come descritto qui di seguito]. La prima visita a Qhom, il 24 marzo 1958: con lo Station-wagon, con il dr. Jaboli, Villa e Bini. Gironzolando nel centro, presso il Santuario di Fatima, il Bini è stato diffidato da un poliziotto dal fare fotografie ai negozi; poco prima l’avevo visto prendere il numero della targa della nostra auto, forse per segnalarlo all’Autorità. Acquistato, nelle fornitissime botteghe, qualche vaso. Sosta per il thè all’ Hotel Eram e gustato i “shon-e-Qhom”, bonbons dolciastri, specialità locale. Percorso di ritorno a Tehran: si costeggia i Dariatcheh-i-Namak (laghi di sale), colonna di cammelli lungo la linea telegrafica (con gli stessi che si sfregavano contro i pali), casa da thè (con tappeti e quadri, invano richiesti al proprietario per acquistarli); la strada segue la linea ferroviaria Khorramshar – Tehran (il treno vi passa una volta al giorno); paesaggio desertico con qualche modesta altura (vi abbiamo raccolto qualche campione di marne). Questa zona è vicina al Campo petrolifero della NIOC; recentemente è stata inondata da greggio, in seguito a blowout del pozzo n°5: il dr. Jaboli ci ha raccontato le vicende dei rapidi e ben organizzati interventi per spegnere l’incendio e bonificare la zona. Qhom: la struttura petrolifera Alborz della NIOC 15 (da sn): Bini, l’autista Faramarz, Villa, Franchino e dromedari, lungo il percorso Qhom – Tehran. Le altre due visite a Qhom in febbraio 1959. La prima, venerdì 6, con i Bartolomei e le signore Martelli e Villa. Sempre impossibile girare senza dare nell’occhio, anche se le signore hanno indossato il ciador (qui anche le bambine lo indossano). Dopo aver gironzolato nella piazza della Moschea e acquistato i soliti vasi, un tizio, credo un poliziotto in borghese, ci ha la chiesto cosa facessimo e perché fossimo andati a Qhom; il Bartolomei e la moglie sono stati portati in una specie di trattoria per prendere nota dei nomi e del numero dei passeggeri in macchina. Per strada inoltre, capannelli di curiosi e disappunto di mollà e poliziotti per le foto scattate. Quando siamo risaliti in macchina, siamo stati inseguiti da una jeep obbligandoci a fermarci: un ufficiale, credo dell’Aviazione (dalla divisa militare) ci ha fatto una sfuriata con una sfilza di improperi e ha ingiunto al nostro impaurito autista di rientrare subito a Tehran. Qhom : l’interno (fotografato di nascosto) della Hazrat-è-Mahsoume (santuario di Fatima) a Qhom anche le bambine indossano il ciàdor Sabato 28 febbraio, mi hanno incaricato di portare in visita a Qhom, Mr. Bossard, auditor svizzero (in missione a Tehran per controllo amministrativo della SIRIP). Dopo acquisto dei soliti vasi e solito rimprovero da un poliziotto che non vuole si facciano fotografie (anche se poi, richiesto di mettersi in posa e promessogli la foto, ci ha sorriso). Con il nostro autista Alipur, siamo andati all’entrata secondaria di NordOvest della Moschea - Santuario di Fatima: dal finestrino dell’auto (con grande apprensione di Alipur, che mi ha avvertito dei dispiaceri che avrei potuto avere, se 16 qualche fedele mi avesse visto) ho fotografato, di nascosto, il cortile interno, poi a piedi (compunti come due fedeli e non stranieri infedeli, ovviamente senza macchina fotografica) lo stesso compiacente Alipur ci ha fatto attraversare il cortile: su un lato, un gran portale a stalattiti, tutto rivestito di specchi; il resto è tutto ornato con piastrelle con disegni floreali o geometrici; il suolo è tutto ricoperto da lastre funerarie, in una piccola cappella, su un lato del cortile, si trovano i resti di Fath Alì Scià. Siamo usciti dalla porta di SudEst. [Non mi vanto, ora, del mio comportamento, allora (quasi 60 anni fa), da irrispettoso fotografo profanatore]. A Qhom: sguardi severi di un mollà e di un poliziotto una delle tante fornitissme botteghe di vasi Lasciato Qhom, dopo pochi chilometri, sosta al pozzo Alborz 5 del campo petrolifero della NIOC. Prima di arrivare a Tehran, sosta a Chahr Rey: al santuario Hazrat Abdol Azim possono entrarvi solo gli Sciiti, visita al Mausoleo dove è sepolto Reza Scià il Grande, presidiato dalle guardie imperiali, con caratteristica sciarpa azzurra al collo: vicino al catafalco un grande Corano. La costruzione è in stile moderno a Shah Rey (a Sud di Tehran): il santuario sciita Hazrat-Abdol-Azim Le Guardie imperiali al Mausoleo di Reza Scià il Grande 17 Missione a Khorramshar – Golfo Persico (29 marzo – 3 aprile 1958) Nel nostro permesso offshore nel Golfo Persico, per i rilievi sismici, operava come contrattista, la società USA, Western Geophysical Co.; la base operativa e l’ufficio erano in Khorramshar, il responsabile locale era Mr. Nilson, il rappresentante dell’ AGIP Mineraria era l’ing. Franco Quarta. Il dr. Jaboli mi manda a Khorramshar, per raccogliere tutti gli elaborati del rilievo sismico nel permesso offshore, e di portarli a Tehran, perchè la squadra della Western, è in procinto di trasferirsi nell’altro nostro permesso costiero del Mekran, nel Beluchistan, quasi al confine con il Pakistan. “1958, 29 marzo: partenza alle 12:45 dall’Aeroporto Mehrabad di Tehran con il Convair EP-ADY, volo IR 300 dell’ Iranian Airways per Abadan (è il mio secondo viaggio aereo). Sorvolo del lago salato presso Qhom, delle montagne degli Zagros, visibilità scarsa causa parecchie nubi; in avvicinamento ad Abadan, visione di evidenti strutture anticlinali e dei meandri del grande fiume Karun. Durata volo circa 2 ore. All’Aeroporto di Abadan, Quarta aveva inviato a ricevermi, Cantoni, un italiano che lavora con la Western: con lui e Mr. Nilson, in taxi, lungo un vialone con fitti palmeti, traghetto sul Karun e arrivo a Khorramshar. Alloggio alla Guest House Anahita (considerato, allora, il miglior hotel della città, con grande giardino). Khorramshar, circa 40.000 abitanti, primo porto commerciale dell’Iran, è ubicata alla confluenza dello Shatt-el-Arab e del Karun; da qui parte la linea ferroviaria per Tehran (947 km). Abadan, ca.150.000 abitanti, città industriale dell’Iran, situata sulla riva sinistra dello Shatt-el-Arab, deve la sua importanza soprattutto alla presenza della Raffineria di petrolio, una delle più grandi del mondo. “Con Quarta, nel tardo pomeriggio, ci rechiamo ad Abadan, 24 km di strada verso SE; si passa subito il Karun sul traghetto: si deve sempre discutere in anticipo la tariffa per il taxi ( 50 Rials, ma inizialmente ne richiedono il doppio). Si attraversano dei palmeti, si lascia sulla destra l’Aeroporto, si arriva in località Breme (dove si 18 trovano due magazzini tipo Upim italiani (confronti di allora), il “Blue Star” e l’ “Alfi”); si costeggia lo Shatt-e-Arab (la confluenza del Tigri e dell’Eufrate) si attraversa letteralmente le grandiosa Raffineria di Abadan (si vedono i condotti che passano sotto la strada, per arrivare al fiume, dove caricano le navi), ora forse per il No-Ruz (il Capodanno iraniano), di notte intensamente illuminata, in rosso, blu, arancione, verde, bianco; esposte moltissime bandiere; vistosi cartelloni, con il divieto di fumare nel tratto di strada che l’attraversa e dove si sente un miscuglio di odori di petrolio, gasolina e caprone. Entrata in Abadan, arrivo al caratteristico e pittoresco centro della città. Qui si traffica di tutto, un’infinità di botteghe che vendono di tutto, le case sono tutte costituite da un unico piano, al Bazar (ma tutta la città è un bazar) un incessante brulicare di umanità, di odore di caprone, di sporcizia e di miserie. Il servizio di polizia è svolto anche da marinai con elmetto bianco”. l’area di Khorramshar e Abadan, sullo Shatt-el-Arab su una nave della Western Geophysical Co. “Viste parecchie donne velate, con una rosetta aurea con turchese, fissata con una piccola vite a un lato del naso; altre completamente velate di nero, con velo trasparente sul viso; si possono pure vedere le più svariate fogge maschili orientali, specie arabe. Alle 18:30 dalla Moschea con l’altoparlante, il Muezzin invita alla preghiera; nel cortile e anche in vari posti fuori della Moschea, una moltitudine di uomini, su tappetini, con le mani giunte e rivolti verso la Mecca, fanno i rituali inchini di devozione religiosa. Siamo nel mese del Ramadan, la quaresima mussulmana, dalle 5 del mattino alle 7 di sera non possono bere, né mangiare, né fumare. 19 Passiamo la serata al Cinema di Abadan, costruito dagli inglesi, con aria condizionata (film americano con la Jane Mansfield). Fatto conoscenza con la famiglia italiana Raverra: lui è un agente dell’ Hansaline, Compagnia di trasporti marittimi, è anche vice-console onorario della Francia; si trova qui da 7 anni, aveva lasciato l’Italia dopo la fine della monarchia, di cui era fervente sostenitore; la moglie ha un linguaggio piuttosto libero ma è simpatica, due figlie, Marina di 17 anni e Ghita di 20, che lavora al Shardary Hotel di Khorramshar. Domenica mattina 30 marzo 1958, negli uffici, piuttosto trasandati, della Western, aiuto Quarta a fare un po’ di calcoli per le sezioni sismiche. Poi alla Messa cattolica, officiata da Padre Zenelli; qui conosciuto i Cavallo, un’altra famiglia italiana. Sempre con Quarta, alla sera, ospiti a cena dai Raverra: c’erano anche l’Addetto Militare francese in Iran, un simpatico Maggiore dell’Esercito, con moglie, alloggiati alla Guest House, venuti qui per l’acquisto di una macchina. Il 31 marzo, dopo cena, coktail su una nave mercantile svizzera, ospiti del Comandante e degli ufficiali. Ci hanno fatto visitare alcune cabine e l’appartamento del Comandante. Constatato come, fra i vari ospiti a bordo, gli americani si ubriachino facilmente. Clima: fa caldo soffocante, qualche volta 35° all’ombra; si gira in maniche di camicia; notevole sbalzo di temperatura fra giorno e notte. Si fa molto uso di birra in scatola. 1° aprile 1958: telefonata di informazioni al dr. Jaboli a Tehran. All’Irantour di Khorramshar non fanno prenotazioni aeree per Tehran, all’Aeroporto di Abadan neppure, all’Iranair mi dicono che fino a sabato, non ci sono posti disponibili sui voli per Tehran. Ritornerò in treno. Nel pomeriggio alle 15:30, all’aeroporto di Abadan, aspetto invano un DC3 dell’Iranair, noleggiato come cargo dalla Western e su cui dovrebbe esserci un unico passeggero, l’ing. Biscaccianti; l’aereo arriverà invece alle 22:30 (l’aereo era partito da Tehran alle 12:30, era arrivato ad Abadan, poi era ritornato a Tehran e caricato Biscaccianti, finalmente di nuovo ad Abadan!). A Khorramshar, alla Guest House, con Quarta, nella sua stanza, rendiconti e riordino delle carte sismiche; mi affida tutta la documentazione da portare al dr. Jaboli a Tehran e una sua valigia. 2 aprile 1958: Quarta, Biscaccianti e Nilson partono in aereo per Bandar Abbas: con Cantoni, visitato i battelli della Western, alla fonda sul Karun, presso Khorramshar, in attesa di partire, domani o dopo, per i rilievi sismici nel Mekran. Nel tardo pomeriggio, alla Stazione Ferroviaria di Khorramshar: mi accompagna il signor Cavallo, con moglie e figlia: lui lavora alle Dogane (Customs), parla il farsi e mi è stato di indispensabile aiuto nell’acquistare il biglietto del treno notturno, nel trovare un posto letto sullo stesso, per informazioni per i pasti a bordo e altro; in precedenza sempre con il suo aiuto, prima di arrivare in Stazione, avevo acquistato un accendino Ronson, per soli 350 Rials (cioè 2800 Lire; in Italia sarebbe costato 10.000 Lire). Il treno (11 vetture (belghe), vettura ristorante, 1 vettura bagagliaio e 1 merci, 2 20 locomotori a nafta), parte puntuale alle 19:00. Dopo circa 23 ore , arrivo a Tehran il 3 aprile, ad attendermi lo Station-wagon dell’ AGIP con l’autista Faramarz”. Riprendo ora con: Tehran 1958 e 1959: miscellanea flash di ricordi: vagabondaggi diurni e notturni. 10 giorni dopo l’arrivo a Tehran, il Rag. Farinon (scapolo) mi passa un invito a una serata di “drinks, snacks, music” all’USIS Auditorium: organizzata per iniziare “a long series of social gatherings of the International Group”. Riservato a “Unmarried, over 21, and a foreigner in Tehran”: 50 Rials per persona. Un gran miscuglio di americani, inglesi, tedeschi, qualche francese, svedese, greci e di altre nazioni, unico vero italiano io, più un altro, ma che lavora qui momentaneamente per il Punto 4 degli americani (non ricordo che progetto fosse) e vive normalmente a New York. Tentativi di conversazione italoenglish con una tipica americana di Chicago, genitori nati in Italia, lavora all’ Ambasciata USA: mi ha colpito il tenore di vita, la sistemazione e l’organizzazione americana (inevitabile il confronto con la nostra): divide l’appartamento con una sua collega dell’Ambasciata, affitto 9000 Rs/mese, domestica per 2-3 al giorno a 2400 Rs/mese, 2 stanze letto, 2 sale comunicanti fra loro, arredamento moderno e confortevole (in parte venuto dagli USA), cucina con frigidaire. Night Club: Incontro casuale e inconsueto, il 27 febbraio 1958, salendo in taxi con passeggero già a bordo, di un italiano, salutoni e informazioni: è un orchestrale che lavora al Palace Hotel nell’Ave. Istanbul. Così iniziano i nostri giri ai vari ritrovi serali. Frequenza particolare del night club del Palace Hotel: orchestra italiana (di Nino Landi), danzatrici spagnole e francesi, spettacolo piacevole (fra cui un French Can-can con bas noire e balletto di Ciakowski), cantanti italiani (la perugina Lidia Marioli, in arte Dalilà e Bruno Torre) e naturalmente molte canzoni italiane. Nel 1959 avvicendamento di orchestra spagnola e ballerini di colore, sud americani. Piacevoli serate, ma a volte spettacoli mediocri, anche al Lucullus Sherazade, sulla Kh. Shemiran (orchestra e danzatrici spagnole, una brasiliana, coppie di bravi rockand-rollisti), all’Everest (persino uno strip-tease di una francesina di Paris e di un’altra di Dijon), Miami Club (orchestra italiana, cantante e ballerine spagnole, buon spettacolo di padre, madre, figlia e figlio che fa l’hula-op con 10 cerchi); al Darbend (prestigiatore con trasmissioni di pensiero), al Park Now, e altri. Un episodio, all’ Hotel Mitra: un bar con tre entraineuses (che dicono di essere turche); vi possono accedere solo stranieri (pelati a 200 Rials a coktail (che è semplice thè) offerto alla ragazza e che dura, se tutto va bene, 15 minuti; può capitare che la padrona, un tipaccio massiccio, si arrabbi se nel locale ci sia un iraniano, magari amico degli stranieri, che non beva al ritmo richiesto, che la stessa chiami un poliziotto ì vicino (pagato per questo) e si vada a finire a un Commissariato di Polizia, dove 21 generalmente, con una mancia, si ride e si compone tutto! Comunque, la padrona è capace di menare le mani: come è capitato all’uomo guardiano che sta all’ingresso, reo di aver lasciato entrare degli iraniani, che ha ricevuto due sonori ceffoni e poi si è messo a piangere! Al Ristorante dell’Aeroporto Meharabad, orchestra italiana, ma senza spettacolo; qui si svolgono anche feste di carnevale e sfilate di moda. A Shemiran, il quartiere residenziale poco a Nord di Tehran, Night Club Colbert, orchestra italiana e cantante giamaicana e Ristorante Fard, orchestra italiana. Come si può vedere da quanto sopra, maggioranza assoluta di orchestre italiane ! Il Quartiere malfamato. Sempre dal Diario, Febbraio 1958: siamo ancora alloggiati al Bahar Hotel: il padrone (“il King”) ci aveva già fatto visitare una fumeria d’oppio (vedi sopra) ; “questa volta entra in scena invece il Maitre d’Hotel (si fa per dire), un giovanotto, credo di 23 anni, studente di fisica del 1° anno dell’Università di Tehran, lavora presso il nostro Hotel con funzioni non ben precisate; tra poco dovrebbe seguire un corso, tenuto da istruttori americani, per piloti di aerei a reazione (i primi in Iran). Ci ha fatto vedere prima le “case chiuse” di Tehran, quindi il quartiere malfamato della prostituzione, ubicato nella parte bassa (veramente “bassa”!) della città in “Chahré now”, che vuol dire “ville nouvelle”! E’ tutto cintato, non ricordo da che parte siamo entrati; qui vi si trovano circa 250 bordelli con circa un migliaio di prostitute, un labirinto di vie puzzolenti, un pullulare (almeno di sera) di una moltitudine di miseria umana, storpi, poveri questuanti, rassegnati … Ogni tanto si incontrano poliziotti, anche militari. Vi sono anche bar e venditori di qualsiasi cibo e bevande. Nelle vie, allineati edifici bassi di un piano; vi si accede da una porta, accanto alla quale, nell’interno, c’è quasi sempre un sudicio pezzente accovacciato per terra che fuma o si riscalda. Ma lo spettacolo veramente obbrobrioso è dato dall’interno: si entra in un cortile, dove spesso si trova una specie di piscina centrale di acqua puzzolente e sporca; sul cortile si affacciano allineate le porte delle varie stanze oppure si salgono dei gradini e ci si trova in presenza di stanze con all’entrata un semplice velo; non ci sono letti ma solo luridi tappeti, in mezzo a un incredibile sporcizia; fra le prostitute, anche varie bambine; dappertutto strombazzano radio ad alto volume con musiche locali, e ogni tanto è possibile vedere ubriachi che si azzuffano fra loro… Così siamo poi andati a visitare un Commissariato di Polizia, il n° 20 Chahrébany, appena fuori il quartiere “rosso”, in un grosso edificio con cortile. Vi avevano appena portato due che avevano fatto baruffa. In una stanza piuttosto squallida, ci hanno offerto il thè ; un ufficiale, in perfetta divisa, redigeva i suoi rapporti, alla parete il ritratto dello Scià, con una scritta inneggiante alla Polizia e un piccolo ritratto di Alì (la Religione, lo Scià, la Patria , ci ha detto il nostro accompagnatore): inoltre una Carta di Tehran, con tutti i Distretti di Polizia, un tabellone pieno zeppo di foto segnaletiche, di fronte e di profilo; un semplice poliziotto, in divisa piuttosto trasandata, su un’altra scrivania continuava sempre a scrivere. Quando li abbiamo salutati, ci han fatto uscire da una porta secondaria, mancava mezz’ora a mezzanotte, 22 il “quartiere” a quell’ora poteva diventare pericoloso. Abbiamo concluso la serata in città, a Calantery , al caratteristico Café Shukofé”. in Tehran Mia prima visita a un Bazar orientale: il 14 febbraio 1958, a quello di Tehran nel quartiere popolare sud della città. “Una infinità di gente e articoli esposti, facchini con un aggeggio sulle spalle per il trasporto di ogni genere di merce, tappeti anche per terra con la gente che vi cammina sopra, polvere in abbondanza, confusione e vociare, sporcizia e argenteria, nessuno cede il passo, tutti urtano e tirano avanti, viavai continuo.” Vicino al Bazar si trova la “Masdied-è-Shah” (Moschea dello Scià): siamo entrati nel vasto cortile con la vasca per le abluzioni, stavo per fotografare l’esterno e le torrette della Moschea, quando due uomini mi hanno impedito dal farlo e ci han fatto allontanare. Tehran : l’ingresso della Moschea nei pressi del Bazar e un aspetto dello stesso Vetrina di negozio con i più svariati articoli ; una ciabatta di “nun”(pane) appesa; “Glace Paris” 23 Negozi e acquisti: ”nei negozi si trova di tutto, in certuni si vendono i più disparati articoli, magari dall’olio di oliva Dante ai seni finti di gomma. Per strada ci sono venditori di fiammiferi e sigarette e anche i preservativi, esposti in pubblico. Certe vie hanno invece negozi specializzati nella vendita di un determinato articolo: ad esempio la Khiaban Amir Kabir (si chiama anche Cheragh Bargh) è piena solo di venditori di copertoni per automobili, Gli antiquari invece, nell’Ave. Ferdowsi: in questi, ogni quarto d’ora, entra qualcuno a offrire merce più o meno antica e lavorata. Si contratta sempre, si può stare ore a discutere e si può uscire senza acquistare nulla. Il prezzo di roba d’arte, vecchia o nuova che sia, bisogna tentare sempre di almeno dimezzarlo. Al Cinema, film in farsi, qualche volta in inglese. All’inizio della proiezione, sullo schermo appare l’effigie dello Scià e in piedi si ascolta l’inno nazionale iraniano; alla fine, altra esecuzione dell’inno nazionale, altre immagini dello Scià che saluta militarmente e di bandiere sventolanti. Genetliaco dello Scià: è il 26 ottobre 1958, Tehran è tutta imbandierata per il 40° compleanno di Sua Maestà Imperiale lo Sciàinscià Reza Mohammed Pahlevi. Allo Stadio Amdjadieh manifestazione ginnica alla presenza dello Scià: sfilata di tutte le associazioni che inchinavano la propria bandiera dinanzi alla tribuna dove in piedi lo Scià rispondeva al saluto. Come musiche di accompagnamento alla manifestazione udite anche la Casetta in Canadà, Santa Lucia e simili, italiane! Uno spettatore ci ha chiesto se in Italia esistessero stadi così grandi come quello dove ci trovavamo (lo stadio conterrà circa 20.000 persone). Fuori dallo stadio, ai complicati cancelli di accesso, una folla era trattenuta a stento da un massiccio schieramento di agenti. Essendo, a fatica, uscito dallo stadio prima della fine della manifestazione, per uscire definitivamente sulla strada, abbiamo dovuto scalare la cancellata, altrimenti, ci han fatto capire, sarebbe stato impossibile. Zurqaneh: tradizionali saggi ginnico-religiosi; vi ho assistito al Jafari Sports Club nella palestra, a pianta ottagonale, con pareti rivestite di specchi e piastrelle, cupola decorata in azzurro e disegni floreali. 24 Italiani in Tehran: a parte i numerosi orchestrali di passaggio (di cui ho accennato sopra), pochissimi i residenti. Nel 1958 conosciuto Piero Seghezzi: assiduo frequentatore di night club, dopo varie esperienze lavorative, nel 1959 diveniva Direttore di una Fabbrica di lavorazione del marmo, nei dintorni di Tehran. L’abbiamo visitata: il marmo (bianco, grigio, rosso) viene generalmente acquistato nelle zone di Isfahan e di Kermanshah, a 3500-4000 Rials / mq. I prezzi di vendita, per il travertino 600 Rs/m3 più 800 Rs/m3 per la mano d’opera; per il marmo bianco 1600 e 1800 Rs/mq; per i marmi grigio e rosso 1400 e 1600 Rs/mq. Un operaio specializzato (ad es. addetto alla fresa) viene pagato 80 Rs/giorno, un manovale 5060 Rs/giorno solamente e senza alcuna forma di e 1assicurazione. Altro italiano, il sarto Riccardo, per uomo e donna: per un mio vestito (giacca di tweed e calzoni di vigogna) per la stoffa 2700 rials, per la confezione 3000 Rials, totale 5700 Rials, cioè 47.500 Lire italiane. A Tehran ho conosciuto pure la Famiglia Formenton, amica dei Sarti e, come loro, residenti a Shemiran. Luigi Formenton Macola, una vita molto avventurosa, era arrivato nella Persia di Pahlavi Reza I a Tehran nel 1926 con la moglie. Svolse attività varie e imprenditoriali. I suoi due figli nacquero a Tehran: Mario, nel 1928 e Fabio nel 1937. La famiglia seguì le vicende legate all’abdicazione nel 1941 dello Scià in favore del figlio Pahlevi Reza II. I Formenton furono portati in Turchia, poi rientrarono in Italia. Nel 1946 Luigi Formenton ritornò a Tehran e dopo quattro anni anche la sua famiglia. Nel frattempo Mario completati gli studi, si era sposato in Italia con Cristina Mondadori (figlia dell’Editore Arnoldo Mondadori) che lo accompagnò subito a Tehran. I Formenton svolsero in Iran varie attività commerciali di mobilio e di tappeti. Mario Formenton nel 1961 lasciò l’attività in Iran, entrò nella Mondadori e ne divenne poi Presidente. Tratto dal Diario : “nel Codice iraniano, mi hanno detto che esiste un articolo che recita: ”L’uomo che ha avuto rapporti sessuali con un altro uomo, non può sposare la moglie, la sorella o la figlia di quest’ultimo” !!! ed un altro “la donna che si sia sposata tre volte con lo stesso uomo ed altrettante volte si sia divorziata, non può sposarsi con lo stesso uomo una quarta volta, se prima non si è sposata con un altro uomo e poi si sia divorziata o quest’ultimo sia deceduto” !!! 25 Ritorni Ritornato dalla mia quarta campagna di rilevamento (nella provincia del Fars), il 10 ottobre 1959, ho trascorso il periodo fino a tutto novembre (prima dell’inizio dei due mesi di ferie) in ufficio a Tehran, per l’elaborazione dei numerosi dati raccolti e la preparazione dei rapporti delle ultime campagne geologiche. Appendice: qualche giorno festivo (venerdì) dei mesi di ottobre e novembre 1959, l’ho trascorso in una zona a NE di Tehran, sul versante meridionale della catena dell’Elburz, accompagnando Paola Foà laureanda in geologia (assieme a Carla Sarti) per il rilevamento dell’area della loro tesi di laurea, assegnata dal prof. Desio, Direttore dell’Istituto di Geologia dell’Università di Milano. Ero arrivato a Tehran il 3 febbraio 1958 (nello stesso giorno l’Imperatrice Soraya lasciava Tehran, ripudiata dallo Scià per non avergli dato l’erede maschio). Dopo 22 mesi di permanenza in Iran , di cui 11 mesi trascorsi sul terreno per i rilevamenti di 4 Campagne Geologiche (una esperienza veramente intensa ed entusiasmante!) il 2 dicembre 1959 lasciavo Tehran, per iniziare i 2 mesi di ferie contrattuali (negli stessi giorni lo Scià Reza Pahlevi si fidanzava con Farah Diba, ex studentessa alla Sorbona, futura Imperatrice; ed io con Paola Foà, ci sposeremo il 5 gennaio 1961 a Bengasi, in Libia). Viaggio aereo di ritorno in Italia, in compagnia di Paola e di Carla e Paola Sarti, prima tappa Damasco, quindi soste e visite in Libano (Beirut, Tripoli, Byblos, Baalbek) e in Egitto (Il Cairo, Menphis, Sakkarta, Guizeh, Ismailia, Suez, in treno lungo il Nilo a Luxor, Valle dei Re). Il 14 dicembre 1959 a Milano. Ritornerò in Iran nel 1962, dal 9 al 18 settembre, con il dr. Carella; viaggio aereo da Milano a Tehran con DC8 Alitalia, tempo totale di volo 5 ore ( nel 1958, da Roma 10 ore !). Ad attenderci all’Aeroporto Meharabad, i Sarti, i Braga, i Martelli e il Borgioli !. Alloggio al Marmar Hotel. (1$=75 Rials). Tehran, al primo aspetto, non mi è sembrata cambiata; bella di notte dall’aereo (come tutte le città del mondo), 26 brutta di giorno da vicino, con i suoi “ciub”, uomini che dormono in certe “khiaban” sui marciapiedi, distesi per terra o su qualche tavolaccio. Traffico stradale come sempre caotico e pericoloso. Alla sera, dopo cena alla nuova Pizzeria Italia, in Kh. Soraya, poi da solo, a piedi, giretto nostalgico nelle desertiche Takté-e-Jamshid e Khiaban Bahar balà, fino al Kuchè Sarèm (dove abitavo). Dal 10 al 15 settembre, partecipazione al”2nd Symposium on the development of Petroleum resources of Asia and the Far East”, nel nuovo e moderno palazzo di 13 piani della NIOC nella Takté-e-Jamshid, dove, fra altri, ho rivisto il Prof. Desio. di ritorno dalle sue esplorazioni in Pakistan (con Giorgio Pasquarè e Martina). Con i Congressisti, visite al “Golestan”, al Museo Archeologico e alla nuova località archeologica Tapé Cheragh Alì (a Sud di Recht, vicino a Roud Bar), al Campo petrolifero Alborz e ai Laboratori della NIOC. ECAFE 2nd Symposium Petroleum Resources 1962 Con Carella, incontri scouting con Ten Dam della Tidewater, Hezzard della Union, e con O’Malley, capo esplorazione della Pan American; pranzo dai Sarti, nella residenza a Shemiran, ricevimento all’Ambasciata Russa, serate al Residence, alla Casbah (ex Acapulco) e al Schukofè Now (ora con orchestra e cantante italiana). Il 17 e 18 settembre, con Carella e Martelli, giro esplorativo a Chalouss (Mar Caspio), Babolsar, Babol, Chahi, Firouzkouh e ritorno a Tehran. Continuazione della missione con Carella nel Kuweit, nel Qatar (a Doha e giri nel Qatar Nord e Sud) e a Beirut. Di passaggio a Tehran il 2 settembre 1971, provenendo da Baghdad e proseguendo poi per Ankara. Alloggio al Victoria Hotel. Incontri con Mengoli, Guessarian e Righetti; visite alla Sofiran, al Consorzio, alla Conoco. Irriconoscibile la Tehran della mia permanenza 1958-1959 (13 anni prima): allora la città finiva alla Takté-eJamshid, ora quest’ ultima è quasi la parte bassa della città moderna sviluppatasi a Nord e ormai unita a Shemiran. Ancora di passaggio il 18 settembre 1973, provenendo da Kabul e proseguendo poi per Beirut – Roma: questa volta caos totale all’Aeroporto di Tehran, disastrosa sistemazione a carico Alitalia all’Hotel Diamond e pasti al King’s Hotel, contatto solo telefonico con Guessarian. Aristide Franchino, giugno 2015 27