Maurizio Muratore
Il cortisone questo sconosciuto
Glucocorticoidi GCs rappresentano da molti
decenni un caposaldo nel trattamento di moltissime malattie come le malattie reumatiche, polmonari, infiammatorie, neurologiche con numerose
documentazioni in letteratura. Esistono ancora tabù
e paura dell’utilizzo e non è raro riscontrare poca
chiarezza sia nel dosaggio che nel tempo di utilizzo
che nella gestione dello stesso.
E’ noto come l’assunzione a dosi medio-elevate
determini l’insorgenza di effetti non genomici accanto
a quelli genomici, che già si manifestano a dosaggi
inferiori, proprio ad indicare che il profilo rischiobeneficio per i dosaggi più elevati potrebbe essere
differente da quello osservato con i dosaggi più
bassi di GCs.
Per cercare di comprendere il rapporto rischiobeneficio sui dosaggi medio-elevati di GCs (>7.5
mg ma <
_100 mg equivalenti giornalieri di prednisone),
è stata messa a punto una task force EULAR,
comprendente anche pazienti affetti da malattie
reumatiche, avente lo scopo di indicare delle raccomandazioni evidence-based per l’impiego in sicurezza di questi farmaci ai dosaggi sopra-indicati
mediante un’analisi sistematica della letteratura
scientifica sull’argomento sui principali database
biomedici disponibili (Pubmed, Embase, Cochrane
Library) .
Mi è sembrato interessante presentarvi alcune
delle raccomandazioni finali che possono aiutarci
nella gestione quotidiana del trattamento con steroidi:
I
3
– istruire i pazienti (e i loro familiari o gli assistenti
di cura, compreso il personale sanitario) sugli
scopi del trattamento con GCs a dosi medioelevate e i rischi potenziali associati a tale terapia;
– discutere le misure necessarie per mitigare tali
rischi, inclusa la dieta, l’attività fisica regolare e
una cura appropriata delle ferite;
– i pazienti con - o a rischio di - osteoporosi indotta
da GCs, dovrebbero ricevere interventi preventivi/terapeutici appropriati;
– è opportuno garantire ai medici di Medicina generale risorse accessibili alla promozione delle migliori
pratiche per la gestione dei pazienti in terapia
con GCs a dosi medio-elevate;
– prima di iniziare il trattamento con GCs a dosi
medio-elevate, è opportuno considerate le comorbidità che possono predisporre all’insorgenza
di eventi avversi AEs. Tra queste abbiamo il diabete, l’intolleranza al glucosio, le malattie CV, la
malattia da ulcera peptica, le infezioni recidivanti,
l’immunosoppressione, i fattori di rischio di glaucoma ed osteoporosi. I pazienti con queste comorbidità necessitano di uno stretto controllo per
gestire correttamente il rapporto rischio-beneficio
(senza necessariamente escludere o prediligere
farmaci o patologie ma gestirle contemporaneamente);
– occorre selezionare la dose di partenza più appropriata per raggiungere la risposta terapeutica,
prendendo in considerazione il rischio di sottotrattamento;
– è opportuno tenere costantemente sotto controllo
i requisiti per continuare il trattamento con GCs,
e titolare la dose ai fini della risposta terapeutica,
del rischio di sotto-trattamento e dello sviluppo
di AEs;
– è opportuno mantenere il dosaggio minimo efficace per un tempo sufficiente lungo e, solo la
riduzione dell’attività di malattia, consentirà la
sospensione dello steroide che deve essere graduale;
– tutti i pazienti dovrebbero essere sottoposti a
monitoraggio appropriato per l’insorgenza di AEs
clinicamente significativi. Il medico curante dovrebbe essere informato sull’eventuale insorgenza
di diabete, ipertensione, incremento del peso
corporeo, infezioni, fratture da osteoporosi, osteonecrosi, miopati, problemi oculistici e dermatologici e AEs relativi alla sfera neurologica e psicologica.
I glucocorticoidi sono farmaci eccezionali, che,
gestendoli correttamente, ci consentono di risolvere
moltissime situazioni complicate e con minori effetti
collaterali che si riscontrano frequentemente di altri
farmaci come i FANS.
4
di Gino Peccarisi
Violenza sulle donne. Il ruolo del medico
IL MEDICO DI FAMIGLIA PUÒ ESSERE LA SENTINELLA CHE VIGILA
SULLA VIOLENZA DI GENERE
O
ra che anche il web è diventato opportunità di
denuncia per le violenze subite, le possibilità
di nascondere maltrattamenti e soprusi diminuiscono,
anche se le evidenze rappresentano ancora una
percentuale poco rilevante rispetto a ciò che quotidianamente accade. I maltrattamenti subiti dalla compagna di un noto cantante italiano hanno per molto
tempo polarizzato le prime pagine dei giornali e promosso vivaci dibattiti sulla rete. Questa rappresenta
una fonte democratica di confronto, fucina di opinioni
e mezzo di diffusione dalla comoda poltrona di casa.
Le confidenze affidate a un computer, senza anima,
riescono a coagulare gruppi di protesta e di opinione
capaci di sovvertire strutture consolidate.
La violenza sulle donne non poteva esserne esente.
Così immagini e scritti in poco tempo gettano ombre
su un personaggio noto, reo di avere pestato a sangue
8
la compagna, che su facebook ha pubblicato le foto
che mostrano il volto sanguinante per le violenze
subite. Lui nega, ma il problema rimane e prepotentemente fa affiorare il dibattito sulle violenze di genere
e sul femminicidio. Nell’anno trascorso sono state più
di un centinaio le donne morte per eccidi perpetrati
soprattutto fra le mura domestiche. Mentre rifletto
sulle cause di tanta inspiegabile brutalità, il telegiornale
documenta l’ennesima vittima: una giovane donna
trentunenne di Caserta trovata morta nella propria
casa al momento per circostanze inspiegabili, al vaglio
della magistratura.
Uno studio sistematico dell’organizzazione Mondiale
della Sanità ha stabilito che la violenza fisica e sessuale
colpiscono più di un terzo delle donne. L’Africa detiene
il primato, segue il Sud est asiatico, poi il Mediterraneo
orientale, l’Europa. La maggior parte delle donne
uccise è morta fra le mura domestiche a causa del
proprio partner e ha subito violenza fisica o sessuale.
Oltre alle ferite di un’aggressione consistente in fratture,
lividi o lesioni, le vittime si ammalano di depressione,
cedono all’abuso di alcol, possono contrarre malattie
sessualmente trasmesse. In Italia dal 2000 al 2011 si
sono compiuti più di 2.000 omicidi tanto da accelerare
l’approvazione di un decreto legge, con voto unanime,
per ratificare il trattato siglato in Turchia. Perché entri
in vigore è necessaria l’approvazione di dieci Paesi di
cui almeno otto membri del Consiglio Europeo. L’Italia
è il quinto ad avere accolto la norma nell’Ordinamento
Nazionale.
Data la promiscuità delle popolazioni europee, la
Convenzione darebbe la certezza giuridica contro
qualsiasi forma di violenza finora ignorata nelle società
e nei servizi sanitari. In Ruanda le donne abusate da
uomini singoli o in gruppo vengono abitualmente
uccise; in Cina, talora soppresse alla nascita; in Perù
per scopi politici si ricorre frequentemente a matrimoni
imposti, sterilizzazioni di massa, aborti forzati; in
Afganistan mogli ripudiate, sfregiate con l’acido, o
stuprate, molte suicidate per liti coniugali; per le
bambine è impossibile continuare a studiare; in Turchia
le donne vivono nella paura prima dei padri e fratelli
e dopo dei mariti; in alcune zone dell’Africa è ancora
prassi l’infibulazione inflitta alle bambine.
9
il coraggio di spezzare il silenzio, specialmente quando
la denuncia coinvolge i conviventi. Siamo in una vera
emergenza sociale. Negli ultimi mesi una quindicenne
è stata uccisa e bruciata ancora in vita dal compagno
coetaneo; una ragazza quattordicenne spinta al suicidio
da cinque ragazzini; una donna cubana gettata dall’auto
in corsa; un’altra sparata alla schiena perché non
voleva più continuare una relazione; un’altra finita a
coltellate. Una nazione civile non può sopportare questi
crimini e la lotta alla violenza contro le donne dovrebbe
essere una priorità per il Governo italiano.
Un ruolo importante nell’arginare il fenomeno dovrebbe essere svolto dai medici che per primi possono
avere il sospetto dei maltrattamenti subiti dalle donne
e rappresentare l’occasione per offrire loro aiuto.
Particolari ferite devono attirare l’attenzione del personale sanitario, come i lividi, ossa rotte o evidenti prove
di abusi sessuali. In particolare i medici di famiglia
dovrebbero essere opportunamente sensibilizzati e
formati per il ruolo chiave che svolgono sul territorio
e per la fiducia che il paziente in essi ripone, frutto di
un approccio globale e personale che si consolida nel
corso degli anni. Il medico di medicina generale, per
la conoscenza che ha degli assistiti e della loro famiglia,
in virtù dei contatti ripetuti, può essere il primo a
evidenziare il fenomeno e avere il sospetto che le
lesioni procurate non siano accidentali ma danni
intenzionali. Può rappresentare la prima ancora di
salvezza dopo una violenza e prevenirne le conseguenze rappresentate dal rischio per l’ipertensione
arteriosa, il fumo, l’alcolismo, l’abuso di stupefacenti,
scarsa attenzione alla propria salute. I maltrattamenti
subiti durante la gravidanza causano spesso parti
prematuri e aborti. La violenza di genere potrà essere
debellata se riconosciuta nei suoi aspetti minimali e
se finirà l’indifferenza verso le vittime e ci sarà il coraggio
di evitarne l’occultamento.
La capillare presenza della medicina di base sul
territorio può supportare le attività istituzionali e culturali
di contrasto al fenomeno messe in atto a livello nazionale. L’informazione in questi casi è cruciale; importante
La commistione delle razze in ogni Paese impone
la conoscenza delle varie culture per vigilare e prevenire
ogni abuso nel rispetto delle regole del vivere civile.
E’ necessario combattere l’impunità, non permettere
giustificazioni o essere permissivi nei confronti dei
fautori delle violenze, denunciare ogni illegalità e punire
i colpevoli secondo le nostre leggi, inasprendo le
sanzioni e garantendo processi più veloci.
Tollerare la piccola violenza crea le premesse per
una spirale che può sfociare in drammi. Bisogna avere
10
iscritto, anche quando non sia individuata la persona
alla quale il reato è attribuito. Agli effetti della legge
civile il medico di medicina generale è un libero professionista incaricato di un pubblico servizio in base
all’accordo nazionale (ACN 23 marzo 2005) con la
pubblica amministrazione.
A conclusione, un doveroso ricordo per Roberta
Zedda e Maria Monteduro, aggredite e uccise
nell’esercizio della loro attività in Guardia medica.
fare cultura, valorizzare l’istruzione a scuola su questi
temi, spingere i genitori a dialogare di più con i propri
figli; se da un lato le maggiori violenze sono perpetrate
fra le mura domestiche, è anche vero che in famiglia
si ritrovano i punti di riferimento e di protezione. E’
opportuno ricordare che la violenza sulle donne è un
reato perseguibile d’ufficio; gli incaricati di un pubblico
servizio che nell’esercizio o a causa delle loro funzioni,
hanno notizia di un reato devono farne denuncia per
11
L’aferesi tra arte e scienza
RIFLESSIONE SULLA A COMBINAZIONE DI ARTE, SCIENZA SPERIMENTALE
E TECNICA APPLICATIVA. POIESIS NELLA SUA FORMA PRODUTTIVA, E PRAXIS IN QUELLA
TERAPEUTICA
di Erasmo Buongiorno*
L
a creazione artistica è attività che riteniamo riservata esclusivamente agli esseri umani perché
atto di auto-espressione, ma quando nel 1965, uno
studente liceale di 17 anni, Raymond Kurzweil, il futuro
ricercatore e entusiasta divulgatore scientifico, ospite
di uno show televisivo, “I have Got a Secret”, suonò
al pianoforte un breve brano musicale, composto da
un rudimentale computer da lui stesso costruito, la
creatività umana apparve usurpata da una macchina
e così cominciava ad affievolirsi il confine tra intelligenza
biologica e intelligenza artificiale. E i computer che
diventano sempre più veloci con velocità sempre
maggiore, potrebbero in teoria diventare capaci di
qualcosa di sempre più vicino all’intelligenza umana.
12
Se ciò accadesse, l’umanità (corpi, menti, civiltà)
sarebbe completamente ed irreversibilmente trasformata e si potrebbe prolungare la vita all’infinito, trasferendo le coscienze nei computer, vivendo al loro interno
come software, per sempre (1).In questo caso, la
tecnica avrebbe il sopravvento, la creazione artistica
ma anche la stessa scienza potrebbero divenire superflue e forse i computer annienterebbero l’umanità.
Dopo questa agghiacciante incursione tra utopia
e distopia, che come icona merita l’“Urlo (Skrik)” di
Munch, torniamo al nostro tempo che ora ci apparirà
caldo e accogliente e al nostro tema, Scienza e Arte,
cultura scientifica e cultura umanistica, ragione e
emozione-intuizione, forme e mezzi del comune e
universale processo della conoscenza della nostra
specie. Ma partiamo dalla mano, il logo scelto dagli
organizzatori dell’VIII Convegno Nazionale di Aferesi
Terapeutica.
Quasi 2 milioni di anni fa, strani primati di media
13
sapevolezza della vita e della morte e la esorcizza nella
speranza della sopravvivenza della specie.
La costante domanda “che cosa c’è oltre l’orizzonte”
che l’uomo si pone è allo stesso tempo oggetto e
strumento di quell’agire e conoscere che vede mani
e cervello in febbrile interconnessione bidirezionale,
costruire infaticabilmente, il sapere dell’umanità, che
è scienza e arte, ragione e emozione…
Niccolò Stenone (Niels Stensen), il grande scienziato,
medico e fondatore delle scienze della terra, luterano,
poi vescovo, poi semplice prete missionario nei paesi
riformati, morto in odore di santità e beatificato nel
1988, così mirabilmente riassumeva l’inesausto desitaglia, emergono dalle praterie africane e in poche
migliaia di anni, in varie ondate colonizzano il pianeta,
inizia il genere Homo che ha creato la Scienza e l’Arte.
Dopo che l’uomo, che formerà la specie sapiens, si
è separato dal genere Pan, all’interno della tribù degli
Hominini, grazie alla acquisizione della andatura bipede
completa e della disponibilità dell’uso delle mani,
queste hanno consentito l’attività prensile e il linguaggio
dei segni in parallelo con l’accrescimento del volume
dell’encefalo e l’evoluzione delle funzioni cognitive
(2,3). La Cueva de las Manos, nella Patagonia argentina, come le pitture rupestri di Altamira e di numerosi
altri siti archeo-palentologici testimoniano della sacralità
riposta dai nostri antenati nella meravigliosa capacità
di articolazione e di molteplicità di funzioni della mano
che diviene metafora dell’“essere”, della consapevolezza di sé.
La mano è strumento essenziale della comunicazione gestuale e strumentale, consente il “manufatto”
che districandosi tra significante e significato, forma
e contenuto, si muove verso la possibilità del pensiero
astratto: la Venere di Willendorf (4),tra i primi manufatti
pervenuti dotati di finalità solo estetiche risalente a
25-30.000 anni fa, diviene una esaltazione della fertilità
che descrive il canone estetico femminile, l’ideale di
bellezza fisica legato alle condizioni socio economiche
e riconosciuto dalla società del tempo, esprime con-
14
derio di conoscenza dell’umanità: “pulchra sunt quae
videntur, pulchriora quae sciuntur, longe pulcherrima
quae ignorantur” (5).Questo è straordinariamente
evidente oggi che con i moderni telescopi, guardando
lontano nello spazio, guardiamo talmente indietro nel
tempo da giungere a poter fotografare i primi momenti
del big bang, quando nascono il tempo, la materia,
lo spazio “…chiusi in una disperante finitezza, siamo
tuttavia in grado di guardare nell’abisso dello spaziotempo, siamo diventati testimoni dell’inizio degli inizi”
(6).
Ma qual è il rapporto tra arte e scienza? E’ una
antinomia? Sono due caratteri in opposizione? Noi
siamo abituati a pensare alla conoscenza scientifica
come alla ricerca della verità, anche se provvisoria,
certa finché non ne venga dimostrato l’errore (7),
risultato di un processo cognitivo assolutamente
razionale e contrapposta all’esperienza artistica, basata
invece sulla emozione e sulla intuizione, esito del
prevalere delle componenti non razionali della persona.
Comunemente siamo abituati a pensare nei termini
hegeliani della dialettica tra tesi, antitesi e sintesi, resa
popolare dalla divulgazione marxiana, come nel famoso
sonetto di Francesco Petrarca dove la prima quartina
recita: “Pace non trovo, et non ò da far guerra; e temo,
et spero; et ardo, et son un ghiaccio; et volo sopra ‘l
cielo, et giaccio in terra; et nulla stringo, et tutto ‘l
mondo abbraccio” (8).
Ma non è stato sempre così: nel grande affresco
“La scuola di Atene” attribuito a Raffaello, le molteplici
espressioni dell’intelletto umano, le sette arti liberali
personificate nei grandi maestri del passato, sono in
armonica relazione tra loro. E’ una polifonia governata
da dialettica e retorica impersonate da Socrate e
Aristotele al centro e poi grammatica e musica poste
sotto la protezione di Apollo sul lato sinistro di chi
guarda mentre sulla destra geometria, aritmetica,
astronomia sono sotto la protezione di Minerva (9). Di
questa armonia tra arte e scienza testimoniano grandi
artisti dell’età dell’umanesimo e del Rinascimento che
erano anche studiosi di scienze della natura. Leonardo
15
che ebbe grande influenza sugli artisti dell’epoca, da
Leon Battista Alberti a Mantegna e che recava illustrazioni attribuite a Leonardo.
Fino all’illuminismo, non ci sarà antitesi tra arte e
scienza, è solo nell’Ottocento con l’imporsi del positivismo, che celebra “dell’umana gente le magnifiche
sorti e progressive” secondo l’amara ironia di Giacomo
Leopardi (10), che si rompe l’armonia perché il metodo
scientifico diviene unica via per la conoscenza: “Keine
Metaphisik mehr”, niente più metafisica. Ma tra la fine
dell’800 e i primi anni del nuovo secolo, una serie di
scoperte imbarazzanti, mettono in crisi queste certezze:
da un lato la teoria della evoluzione e la scoperta
dell’inconscio, dall’altro la meccanica quantistica e la
teoria della relatività. Il solco tra arte e scienza si fa
gradualmente sempre più profondo, né valgono tentativi
di ricomporre l’antinomia come nella Vienna di quegli
anni in cui sembra riannodarsi il dialogo progressivo
tra arte e scienza con uno “scambio di intuizioni”, di
idee cruciali, di esperienze, tra artisti modernisti
nell’ambito delle arti figurative e della letteratura,
musicisti, filosofi e medici anche se emergevano modi
nuovi di pensare il pensiero. (11). Ed è in quegli anni
che Sigmund Freud scrive ad Arthur Schnitzler, medico
ma soprattutto grande interprete letterario della mitteleuropa: “Ho avuto l’impressione che Lei conosca
attraverso l’intuizione, come attraverso dettagliate
forme di osservazione, tutto ciò che io ho scoperto
attraverso un faticoso lavoro sulle persone” dove arte
medica e letteratura si tengono per mano.
Ma l’arte moderna, nel costante rifiuto della lezione
del passato e delle sue tecniche rappresentative,
sperimenta nuove identità e nuovi materiali per dire di
una realtà scomposta, dove regna il disordine e la
disarmonia, dove l’attore della narrazione e della
figurazione diventa moltitudine (Pessoa), uno, nessuno
e centomila, (Pirandello), uomo senza qualità (Musil),
diventa le molte immagini di un caleidoscopio (Conrad),
le forme diffratte della pittura dal cubismo in poi. Ma
da Vinci, che è l’interprete straordinario dell’indissolubile
legame tra scienza e arte, affermava che la pittura,
che è comprensione della realtà fenomenica, ha una
base scientifica, matematicamente misurabile, segno
dell’armonia divina, “colta e condivisa dall’arte suprema
del saper vedere”.
A conferma di questo suo convincimento Leonardo
avrebbe applicato nella realizzazione delle sue grandi
opere pittoriche le proporzioni dettate dalla sezione
aurea, il cosiddetto linguaggio matematico della bellezza. Questa sezione del segmento AB nel punto C
è tale che ”AB:AC=AC:CB” dove entrambi i rapporti
approssimano a φ ?1,618. A questo rapporto che ad
esempio lega i due lati di una “prosaica” carta di credito
il grande matematico fra’ Luca Pacioli dedicò il libro
De Divina Proportione, pubblicato a Venezia nel 1497,
16
come in una jam session ogni virtuosismo, ogni singolarità riporta ad un sottostante ritmo comune, ad
una disperata ricerca di senso enfatizzata in un confronto muscolare, una provocazione, un continuo
trascendere i confini della forma, pur oscillando tra
iperrealismo, espressionismo e informale, quasi una
disforia, tanto da far dire a Georges Braque “l’arte
deve disturbare e la scienza deve rassicurare” o come
inaspettatamente suggerisce lo storico dell’arte, il
viennese Ernst Gombrich “La funzione biologica
dell’arte è quella di sottoporci a una prova, di farci
fare una ginnastica mentale che aumenti la nostra
tolleranza a tutto ciò che non ci aspettiamo” anticipando
il moderno legame tra arte e neuroscienze di cui Eric
Kandel laureato in discipline storico-letterarie, psichiatra
e Nobel per gli studi sulla fisiologia della memoria è
straordinario interprete (10).
L’arte moderna però, forse perché desacralizzata
nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, privata di
autenticità e unicità, dell’“aura” magica che le era
propria (12), banalizzata a intrattenimento e consolazione, cerca un riscatto nella alterità e estremizzazione,
amplificando le distanze fino a farsi del tutto estranea
al rigore del paradigma scientifico che rappresenta
per contro un esito accettato e condiviso in attesa di
nuovi modelli di riferimento, ma sempre interagente
con la realtà sociale nel cui contesto si inscrive (13).
Nel panorama italiano la separazione tra scienza
e arte è stata anche il prodotto di una durevole egemonia culturale dell’idealismo crociano che vedeva la
scienza (concetto) misuratrice della realtà, sottomessa
alla filosofia (espressione) che permetterebbe la vera
comprensione della realtà stessa. Scriveva infatti
Benedetto Croce nel 1902: “Il rapporto di conoscenza
intuitiva o espressione e conoscenza intellettuale o
concetto, di arte e scienza, di poesia e prosa non si
può significare altrimenti se non dicendo ch’è quello
di doppio grado. Il primo grado è l’espressione, il
secondo il concetto: il primo grado può star senza il
secondo, il secondo non può star senza il primo”.(14).
17
comune universale processo della conoscenza, è stata
avvertita da uomini di frontiera, come Charles P. Snow,
fisico a Cambridge e scrittore, che negli anni cinquanta
si doleva del fatto che “Trent’anni fa le due culture
non si rivolgevano la parola, ma almeno si sorridevano
freddamente. Ora la cortesia è venuta meno, e si
fanno le boccacce” (17). In Italia un convegno dal titolo
“Due Culture?” a cura del Comitato cattolico Docenti
Universitari, nel maggio 1966 (18) ha testimoniato
l’esigenza diffusa di comporre la distanza intercorsa
tra due mondi una volta uniti perché come affermava
W. E. Pauli, Nobel 1945 per la Fisica “Tanto lo spirito
Questa disarmante concezione indignò Luigi Pirandello
che in uno smilzo libretto “Arte e Scienza” del 1908
senza mezzi termini definiva il rapporto come
“assolutamente arbitario” “nell’aver fin da principio
staccato con un taglio netto le varie attività e funzioni
dello spirito”.
Per Pirandello “Ogni opera di scienza è scienza e
arte, come ogni opera d’arte è arte e scienza. Solo,
come spontanea è l’arte nella scienza, così spontanea
è la scienza nell’arte” (15). Alla stessa atmosfera
culturale sembra appartenere l’esortazione di Friedrich
Nietzsche a “guardare alla scienza con gli occhi dell’arte
e all’arte con gli occhi della scienza”, riportata da Paul
Karl Feyerabend (16).
La sfida crociana verso la scienza positivista si
concretizzerà in una astiosa polemica contro il matematico Federigo Enriques, (“il volenteroso professor
Enriques che con zelo ma scarsa preparazione si
diletta di filosofia“ dirà Croce) reo di aver organizzato
il IV congresso Internazionale di Filosofia a Bologna
nell’aprile del 1911, evento visto come luogo di convergenza di differenti saperi, come già accadeva nelle
pagine di Scientia la rivista da lui curata. La contesa
era sulla possibilità che le scienze potessero essere
strumento di conoscenza come riteneva Enriques e
non mero strumento descrittivo, incapace di esprimere
concetti, come sosteneva Croce.
La crescente distanza tra arte e scienza, tra cultura
umanistica e cultura scientifica, pur concorrenti al
18
della loro critica destrutturante, riconoscendo che la
scienza procede per contaminazioni con altri saperi,
tanto da non potersi dare una demarcazione, una
autonomia (20); il secondo modello emerge dai nichilismi del nostro tempo ed è ostaggio del dominio
pervasivo della scienza e soprattutto della sua applicazione tecnica, capace di inaudito controllo anche
sulla sfera biologica, tanto da aver richiesto una
fondazione e rifondazione continua della bioetica (21).
Certamente solo le scienze sperimentali sembrano
produrre conoscenze riproducibili, verificabili, in grado
di spiegare il mondo com’è, mentre le scienze umane
appaiono al più “narrazioni, un modo di farsi coraggio,
un fischiettare nel buio”(22).
E l’Aferesi? Utilizzando le categorie aristoteliche
dell’agire dell’uomo, dobbiamo chiederci se essa
attiene alla ποιει′ν, poiesis, l’agire tecnico, produttivo,
dove l’azione, guidata dall’idea è il mezzo per conseguire un fine o se attiene alla πρα′ ξη, praxis, l’agire
pratico, morale dove l’azione non è guidata dall’idea
ma dall’ideale, è sostenuta da una disposizione interiore
al bene e coincide con il fine stesso?.
A parer mio, in questa procedura che evoca una
combinazione di arte, scienza sperimentale e tecnica
applicativa, come la grande opera dei costruttori di
cattedrali, nella sua forma produttiva è ποιει′ν, poiesis,
ma nella sua forma terapeutica è πρα′ξη, praxis, cioè
agire morale.
Perché come in A. Camus “mi sono sentito
all’improvviso un bisogno di impossibile. Le cose così
come sono, non mi sembrano soddisfacenti” (23),
così nel toccante racconto di A. Ramunni, entusiasta
cultore della materia, nel quale l’aferesi si dimostra
capace di restituire la vista a un amico, quando tutte
le terapie note hanno fallito (24), si riconosce
l’insopprimibile esigenza di non fermarsi a Itaca ma di
cercare di raggiungere l’irraggiungibile orizzonte per
guardare cosa c’è oltre: “siamo realisti, vogliamo
l’impossibile” può esserne il motto.
E quando questa volontà è ispirata dalla ricerca
umano che è in noi quanto l’oggetto percepito che è
fuori di noi rientrano nello stesso ordine cosmico”.
Infine in un bel dialogo a distanza, quasi un racconto
epistolare, C. Bernardini fisico e T. De Mauro italianista
si interrogano più recentemente sulla “denutrizione
scientifica” e “sull’eccesso di pressappochismo” diventati piaghe nazionali (19).
Oggi due aspetti antitetici sembrano proporsi, il
primo figlio della critica anti-neo-positivista di P. K.
Feyerabend che tende a negare valore assoluto al
metodo scientifico come modello di conoscenza,
schierandosi dal lato delle avanguardie artistiche e
19
del bene (ϕρο′ν ησηζ) allora la medicina si fa arte
perché esercitata con competenza tecnica e amore
per l’umanità, tanto più se condotta senza il salvagente
delle linee guida, fuori dalle rotte già battute, ma con
spirito di pionieri. A tal riguardo, bene han fatto i due
presidenti del convegno L. Gesualdo e A. Ramunni a
rivolgere questa esortazione “E’ opportuno che riacquistiamo la nostra creatività di Medici dediti alla
battaglia contro le malattie, evitando le gabbie dei
numeri e delle statistiche…” (25) Questo è tanto vero
nella Aferesi terapeutica ove le applicazioni tecnologiche
seguono da vicino l’avanzamento della scienza, ma
talvolta sembrano precederla, sembrano cioè crearsi
loro medesime la strada, dettare i tempi della ricerca,
passo dopo passo, tanto più che incidenza/prevalenza
delle patologie trattate, rare o orfane, non consentono
spesso la realizzazione di trial. E allora mi viene in
mente la citazione di Giuseppe Remuzzi, del fatto cioè
che non esistano trial prospettici, randomizzati, controllati, doppio cieco e crossover in grado di dimostrare
l’utilità del paracadute per prevenire la morte e i traumi
causati da lanci dall’aereo (26), ma nonostante ciò il
paracadute rimane un soddisfacente salvavita.
Qui deve intervenire allora la richiamata creatività,
la peculiarità del rapporto antropologico medicopaziente che l’automatismo delle prestazioni protocollari
invece mortifica, perché la forza dei grandi numeri può
attribuire al medico fragili certezze, pone al centro la
malattia e non l’uomo ammalato, può consentire un
risultato biologico ma può lasciarsi sfuggire la salute
dell’uomo osservato nella sua interezza e non come
somma di organi e apparati.
E infine la aferesi come teoria e pratica segue il
cammino della conoscenza, un cammino non lineare
né progressivo, incontra sulla sua strada vicoli ciechi
e sentieri che si biforcano fino a perdersi, esperimenta
errori ed eventi casuali, anomie e ristrettezze, utilizza
di volta in volta contenuti e modelli diversi, sperimentale
e induttivo, congetturale e deduttivo e ancora talvolta
procede secondo la felice casualità, vive dunque la
vita degli uomini e ne è irrinunciabile patrimonio.
“Non c’è un giorno da perdere: la ricerca va avanti…
Qualcuno vuole raccogliere la sfida”? (27)
Bibliografia
1 Lev Grossman 2045: The Year Man Becomes Immortal. T ime, thursday, Feb. 10, 2011 http://www.time.com/time/magazine/article/0,9171,2048
299,00.html#ixzz2Ip1f72Su
2 F.Engels Parte avuta dal lavoro nel processo di
umanizzazione della scimmia,1876 Die Neue Zeitung
1896
20
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Sapiens. La grande storia della diversità umana Codice
edizioni 2011.
4 Venere di Willendorf, Naturhistorisches Museum,
Vienna
5 A.Cutler La conchiglia del diluvio. Niccolò Stenone
e la nascita della scienza della terra il Saggiatore Milano
2007.
6 A. Schiavone Storia e Destino, Einaudi 2007
7 K.Popper Logica della ricerca scientifica. Il carattere
autocorrettivo della scienza Einaudi 1998
8 F.Petrarca Canzoniere: sonetto n.134 a cura di
G.Contini. Einaudi 1964
9 Glenn W. Most, Leggere Raffaello. La Scuola di
Atene e il suo pre-testo, Einaudi, 2001.
10 G.Leopardi Canti: La ginestra o il fiore del deserto.
Einaudi 2005
11 E.K.Kandel L’età dell’inconscio. Arte, Mente e
Cervello dalla grande Vienna ai nostri giorni. Raffaello
Cortina 2012
12 W. Benjamin L’opera d’arte nell’epoca della sua
riproducibilità tecnica Einaudi 2000
13 T.S. Kuhn La struttura delle rivoluzioni scientifiche
Einaudi 2009
14 B. Croce Estetica come scienza dell’espressione
e linguistica generale. Teoria e Storia Adelphi 1990
15 L. Pirandello Arte e scienza Mondadori 1994
16 P.K.Feyerabend Contro l’autonomia. Il cammino
delle scienze e delle arti. Mimesis 2012
17 C.P.Snow, Le due culture Marsilio 2005
18 Due Culture? Atti del convegno di studio, Roma
20-21 maggio 1966 Il Mulino 1966
19 C.Bernardini, T.De Mauro Contare e raccontare.
Dialogo sulle due culture Laterza 2005
20 P. K.. Feyerabend Contro il metodo, Feltrinelli, 1979
21 C.Bellieni Rifondare la bioetica in Vita, Ragione,
Dialogo. Scritti in onore di Elio Sgreggia. Cantagalli 2012
22 A. Rosemberg The Atheist’s Guide to Reality WW
Norton & Company, 2011
23 A.Camus Caligola atto I, scena IV Bompiani, 2000
24 A.Ramunni Una chiacchierata sull’aferesi terapeutica
Bios 2006
25 L.Gesualdo, A.Ramunni Introduzione all’VIII Congresso Nazionale di Aferesi terapeutica Bari 1517novembre 2012.
26 G.C.S.Smith, J.P.Pell Parachute use to prevent
death or major trauma related to gravitational challenge:
systematic review of randomized controlled trial. BMJ
2003; 327: 1459.
27 G.Remuzzi in Arte e Ricerca 2003 Galleria Fumagalli
2003.
*U.O.C. Nefrologia, Dialisi e Trapianto, ospedale V. Fazzi
Lecce piazza F. Muratore, 1 73100 Lecce
tel e fax 0832-661550 [email protected]
21
La medicine generale e le problematiche
di genere
I RISULTATI DELL’ANALISI CONDOTTA NELLA PROVINCIA DI LECCE DAL GRUPPO
DI MEDICI IN FORMAZIONE SPECIFICA IN MEDICINA GENERALE
di Giuliana Distante* e Alba Biscozzo**, Pierpaolo Cacciatore**, Irene Cazzato**, Dario Giannuzzi**, Giovanni Fiore**,
Alessandra Leo**, Pasquale Ranieri**, Edith Ruberto**
V
orrei portare alla conoscenza dei colleghi medici
uno studio effettuato tra maggio e giugno 2009
dal nostro gruppo di Medici in formazione, frequentanti
il corso di formazione specifica in Medicina generale
del triennio 2008/2011.
Guidati dai nostri docenti, Ernesto Mola e Luana
Gualtieri, abbiamo messo in pratica le direttive del
programma del nostro corso di formazione specifica
in Medicina generale2, istituito dal Decreto legge
n.368/99, che prevede, tra le altre attività formative,
22
anche l’acquisizione delle metodologie della ricerca
orientate alla medicina generale e l’approfondimento
di problematiche legate alla medicina di genere.
Sono stati sottoposti ad intervista sulla base di due
distinti questionari:
a) 56 MdF scelti random tra i medici degli elenchi
della medicina generale dei distretti di: Lecce,
Maglie, Campi Salentina, Casarano, Martano;
b) dieci pazienti di sesso femminile con età pari o
superiore a 18 anni (che avessero capacità di
intendere le domande) per ciascuno dei medici
intervistati, scelti casualmente tra le pazienti che si
recavano nello studio del medico.
Obiettivi
Obiettivo principale dello studio è stato quello di
verificare in che misura le donne consultino il proprio
medico di famiglia (MdF) in merito ai più importanti
problemi specifici del genere femminile (menarca,
contraccezione, screening oncologici pap-test e mammografia, aborto, gravidanza, menopausa) nonostante
la diffusa presenza sul territorio di servizi consultoriali
e ginecologici; obiettivo secondario era conoscere la
percezione dei MdF del proprio impegno riguardo alle
problematiche del genere femminile.
Come è ben noto in Italia le pazienti di sesso
femminile possono accedere liberamente al proprio
medico di famiglia e alle strutture consultoriali maternoinfantili istituite dalla legge 405/75 3.
Possono inoltre, su prescrizione del medico di
famiglia (MdF), usufruire di prestazioni specialistiche
ginecologiche presso i poliambulatori e gli ospedali.
Per una problematica di salute relativa al genere la
donna può pertanto liberamente scegliere il medico
da consultare.
Una survey sulla Terapia ormonale sostitutiva (Tos)
condotta dalla società scientifica Assimefac nel 20084
ha mostrato che il 75% delle donne in menopausa
consultano il MdF pur essendo disponibili strutture
specialistiche ginecologiche nel loro territorio.
E’ poco noto invece in che misura le donne consultino il MdF per le altre problematiche tipiche del
genere femminile e come il MdF sia impegnato ad
affrontarle.
La survey in oggetto è stata programmata ed
implementata dai docenti Ernesto Mola e Luana Gualtieri e da tutti i discenti del Corso di Formazione
Specifica del triennio 2008-2011, organizzato
dall’Ordine dei Medici della provincia di Lecce per
conto della Regione Puglia.
23
parte dell’Ordine dei Medici di Lecce e della ASL di
Lecce) l’intervistatore si è recato dietro appuntamento
presso lo studio del medico di famiglia, ha consegnato
il questionario al medico ed ha somministrato alle
prime cinque pazienti che si presentavano in studio
nei due giorni consecutivi il questionario.
Materiali e Metodi
Dopo aver acquisito telefonicamente la disponibilità
del medico a partecipare alla survey, e ad accogliere
nel proprio studio gli intervistatori per le pazienti (a tale
scopo è stata utile la concessione del Patrocinio da
24
Il questionario anonimo per il medico è stato riconsegnato in busta chiusa o, se il medico lo preferiva,
spedito al centro di raccolta che è stato collocato
presso l’Ordine dei Medici.
Risultati
Sono stati intervistati 56 medici, il 37% attivi nel
capoluogo, il 63% in uno dei Comuni della provincia.
Nell’ 87% dei Comuni ove operano i medici del campione è presente un consultorio ginecologico.
Nessuno dei medici intervistati è specializzato in
Ostetricia e Ginecologia.
Il numero totale delle pazienti è 532, con un’età
media di 47,4 anni (da 18 a 90). Hanno più di 25 anni
476 pazienti (89,3%) e più di 47 anni 243 (45,6%).
Un primo dato riassuntivo dei due questionari
concerne la domanda fondamentale rivolta ai due
campioni. E’ stato scelto di storicizzare agli ultimi 12
mesi la domanda rivolta ai medici per evitare prevedibili
risposte “at ceiling”, considerando quindi le risposte
solo un dato percepito in relazione al proprio impegno
professionale. In tabella 1 sono illustrate le domande
e le risposte ai 2 questionari.
in misura maggiore del pap-test), il MdF è sicuramente
riferimento fondamentale per le pazienti.
In relazione alla menopausa i medici sono stati
consultati dal 66,7% delle pazienti con più di 47 anni,
nonostante non per tutte le donne essa arrechi disturbi
o faccia insorgere dubbi che necessitino di una consultazione medica. Questo dato può essere letto come
una maggior propensione culturale a considerare il
“problema” menopausa come un insieme di disturbi
di cui poter parlare in termini di salute con il medico.
Alla domanda relativa alle motivazioni della consultazione infatti la risposta “per parlarne con lui e chiedere
se dovevi fare terapie” è stata indicata dal 70,4% delle
intervistate, vista anche la contraddittorietà delle notizie
riguardanti la opportunità della Tos e i suoi effetti
collaterali.
Anche per la gravidanza il MdF resta un riferimento
importante essendo stato consultato da tre donne su
cinque e per richiedere una prestazione sanitaria o di
counselling, escludendo le attività prescrittive. Infatti
Le risposte delle pazienti
Un prima valutazione deve essere fatta considerando distintamente i due campioni, innanzitutto quello
delle donne.
Per quanto riguarda gli screening (mammografia
25
di qualche disturbo o per mostrare le analisi 68,2%.
Per quanto riguarda il menarca l’apparente esiguità
(25%) delle risposte affermative delle pazienti è da
mettere in relazione con il fatto che esso non viene
generalmente considerato dalle famiglie un evento da
medicalizzare per cui, in assenza di disturbi rilevanti,
non si accede ad alcuna consultazione medica.
Il 12,5% di consultazione per interruzione volontaria
di gravidanza appare una percentuale considerevole
in quanto l’interruzione volontaria di gravidanza è un
evento che interessa solo una percentuale minima
delle donne: in Puglia nel 2007 il tasso di abortività è
stato dell’ 8,47x1000 donne in età fertilev.
La motivazione principale è il counselling (63,2%
si è rivolta la MdF per chiedere consiglio), il 12,3% lo
ha fatto per disturbi provocati dall’Ivg, il 38% ha avuto
bisogno della certificazione. Questo ultimo dato è in
sintonia con quello riportato al Congresso di Epidemiologia e Prevenzione dell’Ivg, tenutosi a Bari nel
marzo 2009vi, in cui si rilevava che in Puglia il 40%
delle certificazioni per Ivg è rilasciato dal MdF e solo
il 11,8% viene rilasciato dai ginecologi del consultorio.
La contraccezione sembrerebbe invece un aspetto
della salute della donna in cui il MdF ha un ruolo
tendenzialmente più marginale. I motivi della consultazione relativa alla contraccezione sono i seguenti:
– per chiedere un metodo adatto a te
46,9%;
– per chiarire dubbi sulla corretta utilizzazione del metodo
prescelto
41,4%;
– per chiedere consiglio sulla prescrizione
del ginecologo
37 %;
– per disturbi provocati dalla contraccezione 30,9%.
Al fine di verificare la tendenza in merito alla consultazione del MdF per le problematiche di genere,
abbiamo suddiviso le pazienti i due classi di età. Da
18 a 48 anni (definendole pazienti “1° gruppo”) ed
oltre i 48 anni di età (“2° gruppo”) ed estratto i dati
parziali relativi alla consultazione del medico di famiglia
per problematiche legate al menarca e per la contraccezione, che erano le uniche che potevano riguardare
tutte le pazienti del campione (tabella 2).
le motivazioni delle consultazioni sono le seguenti:
- per chiedere il suo consiglio su aspetti relativi alla
gravidanza (alimentazione, comportamenti, ecc)
44,4%;
- per farti consigliare un ginecologo che potesse
seguire la gravidanza 37,2%;
- per farti misurare la pressione o visitare in occasione
26
Per entrambe gli items appare netto il divario tra i
due gruppi: le pazienti più giovani avrebbero consultato
il medico di famiglia con una percentuale più che
doppia rispetto alle pazienti più anziane, indicando
quindi una tendenza all’aumento delle consultazioni
del MdF per queste problematiche.
Il questionario per i medici rapportato a
quello delle pazienti
Le risposte dei medici di famiglia alle sei domande
principali indicano che nella grande maggioranza essi
affrontano con le loro pazienti tutte le problematiche
relative al loro genere. Confrontando le risposte dei
medici con quelle delle donne si evidenzia una generale
comparabilità, nonostante la differenza nella formulazione della domanda. Mentre nel caso delle donna si
è misurato l’effettivo accadimento della consultazione
per ciascun problema, nel caso del medico invece si
è valutato fondamentalmente il suo impegno professionale e la sua disponibilità nei confronti della donna
sul singolo problema.
Per quanto riguarda gravidanza, screening e menopausa il dato è molto evidente e, in base alle considerazioni fatte sopra, anche per menarca e Ivg i dati
comparati appaiono coerenti. Maggiore distanza esiste
invece tra l’82% dei medici che sono stati consultati
negli ultimi 12 mesi per problemi relativi alla contraccezione e il 30% di donne che dichiara di essersi rivolte
al MdF per lo stesso motivo, inducendoci a pensare
che la maggioranza delle donne si rivolga esclusivamente al ginecologo per l’individuazione di un metodo
contraccettivo nonostante la disponibilità del MdF ad
occuparsi anche di quel problema. In realtà occorre
sottolineare che in Puglia soltanto il 9% delle donne
(il dato nazionale è il 16%) utilizza gli estro-progestinicivii.
Il 60% dei medici intervistati dichiara inoltre di
prescrivere autonomamente una terapia anticoncezionale. Essi appaiono in ogni caso gli interlocutori
principali per la terapia anticoncezionale d’emergenza:
il 79,6% dei medici intervistati ha prescritto nell’ultimo
anno la “pillola del giorno dopo”.
Infine un dato abbastanza curioso è quello relativo
all’Ivg: cinque medici su 12 che dichiarano di essere
obiettori di coscienza hanno comunque rilasciato la
certificazione ai sensi della legge 194.
Conclusioni
La survey condotta nella provincia di Lecce mostra
che il medico di medicina generale è un importante
interlocutore per le più importanti problematiche di
27
*Il lavoro scientifico è stato presentato al Congresso
Nazionale della Società Italiana di Ginecologia (SIGO),
tenutosi a Bari nell’ottobre 2009, e al Congresso
Europeo della Associazione Internazionale della Medicina Generale (WONCA), tenutosi a Malaga nell’ottobre
2010.
Il lavoro è in corso di pubblicazione sulla rivista
della SIGO Italian Journal of Gynaecology & Obstetrics.
salute della donna, nonostante sul territorio della Asl
siano disponibili consultori ginecologici nel territorio
comunale (87,5% dei casi), oltre ad ambulatori ginecologici ospedalieri.
L’approccio olistico, il rapporto fiduciario, la continuità e longitudinalità delle cure rendono dunque il
medico di famiglia un punto di riferimento fondamentale
per le problematiche di genere della donna.
La collaborazione ed integrazione tra MdF e specialisti ginecologi e l’individuazione di linee-guida
condivise potrebbe offrire alle donne una risposta più
coerente e completa alle problematiche del genere
femminile.
** discenti del Corso di Formazione Specifica in
Medicina Generale 2008-2011 - Ordine dei Medici di
Lecce
Bibliografia
1) Mola E., Greco G , INFORMA-TOS Survey
sull’informazione dei medici di famiglia in merito alla
TOS in menopausa, Rivista QQ, year XIV-n.2 – Agosto
2009
2) D.L. 17 agosto 1999, n.368, Attuazione della
direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione
dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro
diplomi, certificati ed altri titoli, GU n. 250 del 23-101999 - Suppl. Ordinario n.187
3) Legge 29 Luglio 1975, n. 405, Istituzione dei
Consultori Familiari, GU n. 227 del 27/08/1975
4) Mola E., Greco G , INFORMA-TOS Survey
sull’informazione dei medici di famiglia in merito alla
TOS in menopausa, Rivista QQ, year XIV-n.2 – Agosto
2009
5) Trerotoli P., Relazione Convegno IVG in Puglia
epidemiologia e prevenzione, Bari 19.03.2009,
www.oerpuglia.org/IVG.asp P.Trerotoli
6) Guagliardo R, Relazione Convegno IVG in Puglia
epidemiologia e prevenzione, Bari 19.03.2009,
www.oerpuglia.org/IVG.asp R.Guagliardo
7) Vittori G., Relazione Congresso Nazionale Società
Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO), Ott. 2009,
http://salute.aduc.it/notizia/contraccezione+puglia+sotto+pur+bassa+media_113475.php
28
di Carlo Foresta*
Nel testicolo l’interruttore
che “accende” la vitamina D
LA RICERCA PADOVANA PRESENTATA A LECCE
I
l testicolo funge da “interruttore” per l’attivazione
della vitamina D. L’équipe del Servizio per la Patologia della riproduzione umana dell’azienda ospedaliera universitaria di Padova, coordinata dal professor
Carlo Foresta, ha scoperto un nuovo meccanismo
che determina osteoporosi nel maschio.
Ad oggi si sapeva che passaggi fondamentali per
“attivare” la vitamina D sono quelli epatici e renali.
Infatti, la vitamina D ottenuta dall’esposizione solare
o attraverso la dieta è presente in una forma biologicamente non attiva e deve subire due reazioni di
idrossilazione per essere trasformata nella forma
biologicamente attiva. I ricercatori padovani hanno
dimostrato che almeno il 40 per cento dell’attivazione
della vitamina D nell’uomo avviene nel testicolo. Le
cellule che possiedono gli enzimi che portano
30
riviste scientifiche The Lancet e The Journal of Clinical
Endocrinology and Metabolism.
Se ne è parlato diffusamente al convegno Patologie
sistemiche nella disfunzione gonadica promosso dalla
Fondazione Foresta per la Ricerca nella Riproduzione
e nell’Endocrinologia, con la collaborazione delle
Università di Padova e del Salento lo scorso 26 novembre a Lecce, Castello Carlo V (ore 8.40 – 18.00).
all’attivazione della vitamina D sono le medesime che
producono testosterone.
Questo è un risultato molto importante perché
modifica sostanzialmente il concetto di fisiologia del
rimodellamento dell’osso. Infatti, non solo nei giovani
privi di testicoli per tumori o traumi, ma anche nei
soggetti anziani e nei soggetti infertili con che hanno
un malfunzionamento di queste cellule del testicolo,
le concentrazioni di vitamina D sono molto basse.
Lo studio ha evidenziato inoltre che, oltre alla
riduzione della vitamina D, questi soggetti (finora ne
sono stati studiati quasi 100) presentano frequentemente un calo della massa ossea fino all’osteoporosi.
Questi risultati sono stati pubblicati sulle prestigiose
Definizione dell’osteoporosi
L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da una ridotta massa ossea che
porta a fragilità scheletrica e aumento del rischio di
31
hanno importanti implicazioni sociali ed economiche,
oltre che sanitarie.
Causa dell’osteoporosi
L’osteoporosi e la frattura osteoporotica hanno un
patogenesi multifattoriale e diversi fattori contribuiscono
alla regolazione della massa ossea: fattori ormonali,
attività fisica, nutrizione e fattori genetici. Alcune volte
l’osteoporosi è secondaria ad altre patologie o all’uso
cronico di alcuni farmaci, ma molto spesso non si
riesce a chiarire con precisione la causa. Nella donna
si pensa che la causa dell’osteoporosi sia legata al
venir meno degli ormoni ovarici, gli estrogeni, che
vengono a mancare con la menopausa. Nell’uomo la
patogenesi non è molto chiara, anche se può essere
in relazione alla diminuita produzione del testosterone
da parte del testicolo con l’età. In entrambi i sessi,
sono importanti le concentrazioni di vitamina D che
è fondamentale per il buon assorbimento di calcio
nell’intestino. La vitamina D è fondamentale affinché
lo scheletro mantenga la sua struttura normale e
compatta; una deficienza di vitamina D si associa
infatti ad una riduzione della compattazione dell’osso,
quindi all‘insorgenza di osteoporosi.
fratture, soprattutto a livello delle vertebre e del femore.
È essenzialmente dovuta a un’alterazione dell’equilibrio
tra il normale riassorbimento di tessuto osseo e la
costruzione di nuovo tessuto. Si sviluppa lentamente,
ma progressivamente.
L’osteoporosi è favorita dal sesso femminile e
dall’età, dalla ridotta attività fisica e da una dieta povera
di calcio. Prevale nelle donne in menopausa, per
riduzione degli ormoni estrogeni (che hanno un effetto
protettivo sull’osso). La valutazione della massa ossea
e la diagnosi di osteoporosi si effettua mediante la
densitometria.
Epidemiologia dell’osteoporosi
L’osteoporosi colpisce sia uomini che donne, soprattutto dopo la menopausa. Una donna su tre ed
un uomo su sette sono affetti da osteoporosi e
l’incidenza aumenta con l’età. Nel mondo sono circa
200 milioni le donne affette da osteoporosi. In Italia
circa 3.5 milioni di donne e 1 milione di uomini sono
affetti da osteoporosi e circa il 20% delle donne sopra
i 50 anni hanno una o più fratture vertebrali a causa
dell’osteoporosi. Sempre in Italia, si verificano più di
55.000 fratture di femore all’anno nelle donne sopra
i 50 anni.
Tra gli anziani le fratture osteoporotiche rappresentano una delle maggiori cause di mortalità, con
un’incidenza sostanzialmente sovrapponibile a quella
per ictus e tumore della mammella e 4 volte superiore
a quella per tumore dell’utero.
Pertanto, l’osteoporosi e le fratture osteoporotiche
*Presidente SIAMS
ordinario di Patologia clinica all’Università
degli Studi di Padova
direttore del Centro di Crioconservazione dei Gameti maschili
azienda ospedaliera universitaria di Padova
32
L’iperuricemia, fattore di rischio nelle patologie
cardiovascolari e renali
IL CRESCENTE INTERESSE VERSO LE PATOLOGIE DA DISMETABOLISMO
DELL’ACIDO URICO
di Tommaso Borgia*
N
el corso degli ultimi decenni un crescente interesse è stato rivolto al problema delle patologie
da dismetabolismo dell’acido urico e delle condizioni
morbose ad esso correlate in ragione del frequente
riscontro di una significativa associazione tra iperuricemia cronica ed aumento del rischio di complicazioni
cardiovascolari e/o renali.
A differenza del vecchio concetto, secondo cui la
malattia metabolica dovuta ad un disordine del metabolismo delle purine, portava esclusivamente allo
sviluppo di una reazione infiammatoria (gotta, artrite
gottosa) a livello articolare e nei tessuti extrarticolari
con formazioni di depositi denominati tofi, oggi la
presenza di un riscontro di livelli di acido urico (>6
mg/dL), allo stato attuale delle conoscenze, la denominazione di “gotta” appare obsoleta in quanto faceva
33
economiche hanno consentito la diffusione di abitudini
alimentari, un tempo appannaggio di “pochi eletti” alla
maggioranza della popolazione.
Non sorprende pertanto che il valore medio
dell’uricemia sia sostanzialmente raddoppiato dalla
metà del secolo scorso fino ai nostri giorni, rappresentando la malattia da deposito di urato una delle più
comuni malattie dismetaboliche dell’anziano. Non
infrequente è inoltre il riscontro di casi di iperuricemia
cronica con deposito di urato in giovani modelle. In
una società in cui l’apparire è preponderante, una
taglia da 40 passa anche per l’uso improprio di diuretici
tiazitici, di cui è nota la capacità di ridurre l’eliminazione
renale dell’acido urico.
esclusivo riferimento al convincimento ippocratico,
molto seguito nel periodo medievale, che l’eccesso
di uno dei quattro umori (sangue, flegma, bile gialla,
bile nera) poteva portare al “gocciolamento” dell’umore
medesimo nelle articolazioni in cui determinava dolore
ed infiammazione.
Le prime rilevazioni di un aumento del rischio
cardiovascolare hanno trovato conferma nel corso
degli ultimi decenni in molteplici evidenze epidemiologiche con una stretta relazione con eventi cardiovascolari, cerebrali e renali di non trascurabile rilevanza,
specie se si considera che le malattie cardiovascolari
rappresentano la prima causa di morte nelle civiltà
occidentali.
Oggi come oggi, nella realtà clinica quotidiana il
panorama del rischio cardiovascolare, appare molto
più ampio di quanto prospettato dall’approccio proposto dalla tradizionale epidemiologia basata sullo
studio Framingham a motivo dell’intervento di una
serie di ulteriori determinanti.
Da qui è nato il ruolo del dismetabolismo dell’acido
urico nel contesto del rischio cardiovascolare.
Nell’opinione comune, la malattia da deposito di
urato è stata da sempre associata ad uno stato di
benessere socio-economico, tale da consentire eccessi
alimentari a cui veniva attribuito un ruolo fisiopatologico
predominante.
Recentemente le mutate condizioni socio-
34
Le evidenze scientifiche recenti collocano attualmente l’iperuricemia cronica, con o senza deposito
di urato, in una posizione di assoluto rilievo nel contesto
delle patologie cardio-cerebro-renali, conferendole
una responsabilità fisiologica non trascurabile, che va
dall’esposizione ai vari fattori di rischio, allo sviluppo
di danno d’organo e alla comparsa di eventi cardiaci,
cerebrali e renali, che si osservano anche per livelli di
uricemia moderatamente aumentati o ai limiti alti della
norma, specialmente in pazienti con preesistenti
patologie cardiovascolari, con indubbio peggioramento
della prognosi, in presenza, ad esempio, di eventi
coronarici, infarto miocardico.
Sulla base dei dati, statisticamente rilevati, è stato
proposto che il target di uricemia > 6 mg/dL possa
essere considerato ai fini della prevenzione delle
malattie cardiovascolari.
Terapia ipouricemizzante e fattori
di rischio
L’intuizione di Davis di una relazione fisiologica tra
iperuricemia cronica ed ipertensione arteriosa in adolescenti con ipertensione di I grado, ha spesso determinato una normalizzazione dei livelli pressori (nel
67%), dopo un mese di trattamento con allopurinolo.
Così anche una riduzione della pressione arteriosa
in adolescenti obesi a seguito della riduzione
dell’uricemia ottenuta con un inibitore della xantinaossidasi o con un uricosurico. Analogamente si è
potuto osservare un miglioramento della sensibilità
insulinica ed una riduzione dell’emoglobina glicata in
corso di terapia ipouricemizzante, influenzando essa
favorevolmente anche il metabolismo glicidico.
Terapia ipouricemizzante e danno
d’organo
Numerose evidenze scientifiche suggeriscono che
la terapia ipouricemizzante può influenzare altresì
favorevolmente l’evoluzione del danno d’organo va-
35
tandone l’eliminazione a livello renale sia interferendo
con la sua sintesi.
Gli inibitori della xantina-ossidasi, l’allupirinolo e il
febuxostat, rappresentano il trattamento di più comune
utilizzo per ridurre i livelli circolanti di acido urico.
Comunque, il ruolo dell’acido urico, dei suoi livelli
plasmatici e dei suoi depositi articolari e tissutali come
fattori di rischio cardiovascolare e nefro-metabolico è
ancora oggi oggetto di attivo dibattito senza che si
sia raggiunto ancora un consenso generale.
A tale fine, è nato il Progetto Cristal con le finalità
appunto di affrontare il problema in maniera ampia,
multidisciplinare, coinvolgendo tutti coloro che giornalmente si trovano a prendere decisioni in merito a
come comportarsi nel paziente iperuricemico, senza
avere la certezza se alle spalle di livelli plasmatici di
acido urico che possono apparire innocui si nasconda
invece un nemico per il sistema cardiovascolare o
renale.
scolare, cardiaco, renale. Il trattamento con allopurinolo
si è dimostrato in grado di migliorare il quadro di una
disfunzione endoteliale nei pazienti ad alto rischio
cardiovascolare come nel caso della sindrome metabolica e nei pazienti con diabete mellito di tipo II ed
ipertensione arteriosa. Risultati analoghi sono stati
ottenuti anche in forti fumatori, nei soggetti dislipidemici
ed in quelli affetti da scompenso cardiaco, acuto e
cronico, come pare possa influenzare favorevolmente
pure la progressione del danno renale.
Il trattamento ipouricemizzante
Le raccomandazioni delle linee guida internazionali
sono quelle di portare l’uricemia al target minimo di
6 mg/dL nei pazienti con iperuricemia cronica con
deposito di urato al fine di prevenire la formazione di
depositi articolari e tissutali di urato monosodico e di
favorire la risoluzione dei depositi già presenti.
Ciò può ottenersi attraverso una combinazione
delle modifiche dello stile di vita con un approccio di
tipo farmacologico, in ragione del fatto che il solo
approccio non farmacologico può contribuire a tenere
sotto controllo i livelli di acido urico, ma nella generalità
dei casi da solo non è sufficiente a portare a target i
livelli di uricemia.
Comunque, l’approccio non farmacologico deve
essere sempre proposto e fortemente consigliato al
paziente. La dieta dovrebbe prevedere un consumo
preferenziale di proteine derivate da latticini a basso
contenuto lipidico, limitando il consumo di carne e
pesce e la sostituzione dei glicidi semplici con quelli
complessi. Le diete ipoproteiche trovano invece migliore
indicazione in presenza di insufficienza renale. Anche
il consumo di bevande edulcorate con fruttosio va
evitato, in quanto questo zucchero favorisce la produzione di acido urico. Analoga limitazione deve riguardare
l’assunzione di alcol nonché di birra scura e di alcuni
vini rossi che contengono purine.
La riduzione farmacologica dei livelli di acido urico
può essere ottenuta nella pratica clinica sia aumen-
Bibliografia
1) Cristal: Evidenze, aspetti controversi e prospettive
future Edizioni scientifiche 2012
2) Eular: Report for Internazional Clinical Studies including
Therapeutics. Ann. Rheum Dis. 2006-65
3) Khanna D. Fitzgerald JD. Khanna PP et Al.: Approaches to Hiperuricemia, 2012-64
*Specialista in Medicina Generale
36
Oltre lo spermiogramma
TECNICHE DIAGNOSTICHE IN CASO DI INFERTILITÀ “INSPIEGATA” O “IDIOPATICA”
di Lamberto Coppola, Daniela D. Montagna, Sara Pinto Provenzano*
L’
infertilità di coppia oggi è un problema sociale
sempre più sentito, soprattutto per l’aumento
del numero di casi registrato negli ultimi anni.
L’approccio al problema va gradualmente modificandosi in quanto, grazie allo sviluppo dell’Andrologia,
cresce l’attenzione verso il contributo maschile che in
passato veniva quasi interamente trascurato. Solo
alcuni casi di infertilità maschile possono essere
caratterizzati etiologicamente con analisi standard del
liquido seminale; nei casi in cui non si riesca a risalire
alla radice del problema si parla di infertilità inspiegata
o idiopatica.
L’approfondimento diagnostico può coinvolgere lo
studio del DNA spermatico (frammentazione del DNA,
maturazione nucleare), dei mitocondri (studio del
potenziale mitocondriale), delle caratteristiche del
plasma seminale (dosaggi biochimici), di fenomeni
apoptotici seminali e dello stress ossidativo.
Frammentazione del DNA spermatico
E’ stato stabilito che l’integrità del DNA spermatico
è fondamentale nel mantenimento del potenziale
riproduttivo maschile. Le classiche analisi seminali,
che valutano concentrazione, motilità e morfologia
nemaspermica danno solo una stima approssimativa
della competenza funzionale che non riflette appieno
37
il potenziale fertilizzante degli spermatozoi. Quindi,
uomini normospermici possono comunque non essere fertili, a causa di alterazioni del DNA spermatico.
L’integrità genomica influenza non solo la capacità
fecondante ma anche lo sviluppo embrionale e fetale;
tale influenza è nota come effetto tardivo paterno,
ed è comune nei casi di poliabortività di origine
andrologica.
Lo studio dell’integrità del DNA spermatico può
essere eseguito con diverse metodiche; non esiste
ad oggi una standardizzazione comune sul metodo
da utilizzare.
SCSA: (sperm chromatin structure assay) che
permette di quantificare, mediante citofluorimetro, il
danno della cromatina spermatica, basandosi sul
cambiamento metacromatico dal verde (DNA nativo,
a doppia elica) al rosso (DNA denaturato, a singola
elica) dell’arancio di acridina
TUNEL: (TdT-mediated dUTP nick end labeling
assay) che permette di quantificare, tramite citometria
a flusso, microscopia ottica o a fluorescenza,
l’incorporazione di un nucleotide, deossiuridin trifsfato(dUTP) in punti di rottura del DNA sia a singolo che
a doppio filamento
SCD: (Sperm Chromatin dispersion test) che valuta
la presenza di rotture del DNA seguendo la sua decondensazione dopo trattamento acido
COMET ASSAY: che consente di quantificare le
rotture del DNA a singolo e doppio filamento in singole
cellule che appaiono con una testa fluorescente ed
una coda la cui lunghezza e fluorescenza è proporzionale al danno presente
38
Numerosi lavori scientifici mettono in luce
l’importanza diagnostica del test, sia nelle gravidanze
spontanee che nelle tecniche di PMA.
Maturazione nucleare: test al blu di anilina
zione istoni/protammine (che appariranno incolori) da
spermatozoi che hanno ritenuto gli istoni, che appariranno colorati in blu.
Durante il processo di maturazione, un punto
cruciale è rappresentato dalla sostituzione nucleare
degli istoni con le protammine (spermiazione). Deficit
di protamminazione sono responsabili di una non
corretta condensazione del DNA e quindi di una
maggiore suscettibilità a rotture della singola/doppia
elica e a mancata decondensazione durante la fecondazione.
Il test, tramite una colorazione specifica per gli
istoni, consente di discriminare con microscopia in
campo chiaro, spermatozoi con una corretta sostitu-
Valutazione di processi apoptotici
L’apoptosi o “morte cellulare programmata” è un
processo fisiologico che consente all’organismo di
eliminare tutte le cellule difettose o invecchiate. Tale
processo prevede la marcatura delle cellule destinate
alla morte e la rottura del loro DNA, in modo da renderle
non funzionanti.
39
Immagine relativa allo studio delle poli-caspasi spermatozoarie. In verde spermatozoi apoptotici vivi, in rosso spermatozoi necrotici.
apoptotico iniziato (apoptosi abortiva). Queste cellule
infatti, pur essendo vitali, sono parzialmente compromesse e possono ridurre la fertilità maschile, generare
embrioni non vitali o indurre abortività precoce.
Nell’ambito riproduttivo consente di controllare la
sovrapproduzione spermatozoaria, ma diventa causa
di infertilità maschile se il meccanismo di controllo di
tale processo fallisce.
Esistono vari test che rilevano diversi aspetti del
processo apoptotico: studio delle caspasi, valutazione
dell’esternalizzazione della fosfatidilserina, etc. Questi
hanno lo scopo di analizzare la presenza nel liquido
seminale di spermatozoi sfuggiti ad un processo
Funzionalità mitocondriale: JC1
L’esame è volto a valutare la funzionalità dei mitocondri presenti nel colletto degli spermatozoi, che ne
40
fruttosio -, alterazioni dei parametri reologici).
Il test utilizza anticorpi specifici per strutture mitocondriali marcati con fluorocromi, consentendo di
visualizzare all’altezza del colletto degli spot di colore
rosso numericamente proporzionali al numero di
mitocondri funzionanti. La stessa metodica è attuabile
anche in citofluorimetria.
Un ulteriore test volto a valutare indirettamente la
funzionalità mitocondriale si serve di uno strumento,
l’ossigrafo, in grado di misurare il consumo di ossigeno
necessario al metabolismo ossidativo degli spermatozoi
in presenza di un substrato metabolico.
rappresentano i motori necessari per una corretta
motilità.
Consente quindi di valutare le possibili cause di
astenozoospermie, tra mancata funzionalità mitocondriale o cause differenti, che potranno essere quindi
ulteriormente indagate (carenze nutrizionali - carnitina,
Test biochimici
I test biochimici consentono di avere informazioni
sul corretto funzionamento delle ghiandole accessorie
dell’apparato genitale maschile e quindi sulla qualità
41
ed alimentare), e a particolari stili di vita (tabagismo,
alcolismo, tossicodipendenza). Inoltre bisogna tener
conto della fisiologica assenza di citoplasma negli
spermatozoi maturi che comporta la perdita di importanti sistemi antiossidanti e di enzimi ristrutturanti.
L’eccessiva quantità di ROS, quindi, può essere causa
di alterazioni strutturali e funzionali dello spermatozoo
maturo, poiché la loro presenza in eccesso contribuisce
alla perossidazione dei lipidi di membrana,
all’ossidazione delle proteine e al danneggiamento del
DNA.
del plasma seminale nel quale si trovano gli spermatozoi.
Tali sostanze sono considerate “marker” di disfunzione o di infezione delle ghiandole come epididimo,
vescichette seminali e prostata, oltre a marcatori di
possibili ostruzioni seminali, e pertanto la loro determinazione permette di contribuire alla diagnosi di
patologie legate a problemi di infertilità.
Markers epididimari:
• α-glucosidasi
• L-Carnitina
• Glicerofosforilcolina
Markers vescicolari
• Fruttosio
Markers Prostatici
• Zinco plasmatico
• Zinco intraspermatozoario
• Acido citrico
• Fosfatasi acida prostatica
Stress Ossidativo
Fra le cause più comuni di alterazione seminale,
con forte impatto sull’integrità del DNA, troviamo lo
stress ossidativo, uno sbilanciamento tra produzione
di radicali liberi e presenza di un’adeguata barriera
antiossidante seminale.
I gameti maschili entrano costantemente in contatto
con i ROS, i quali, se presenti in concentrazione
fisiologica, risultano fondamentali durante determinati
processi legati ad alcune funzioni spermatiche, come
ad esempio la reazione acrosomiale, la capacitazione
e la fusione spermatozoo-ovocita. Un aumento dei
ROS nel plasma seminale è invece dovuto alla presenza
di condizioni patologiche notoriamente correlate ad
una riduzione del potenziale di fertilità maschile (infezioni,
infiammazioni, congestioni, varicocele, cancro), nonché
a fattori esogeni (radiazioni, inquinamento ambientale
42
La tecnica gold standard nella valutazione di questi
parametri è la chemiluminescenza; nella clinica di
routine è in realtà pratico l’utilizzo di kit commerciali
che valutino la lipoperossidazione delle membrane
nemaspermiche e la barriera antiossidante,come
potenziale antiossidante totale o come singoli componenti della barriera(componenti esogeni quali vitamine
C ed E, polifenoli, glutatione, etc). Utile risulta anche
la valutazione degli antiossidanti enzimatici, quali
Glutatione perossidasi, Superossido dismutasi e Catalasi.
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*Centro Medico Biologico Tecnomed
Via XX Settembre 14 -18
Nardò (Lecce)
Tel. 0833.567547 Fax: 0833.567931
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e-mail: [email protected]
44
A V V I S O
SI INFORMA CHE, IN VIRTU’ DI QUANTO GIA’ DISPOSTO DALL’ART.65
DEL CODICE DI DEONTOLOGIA MEDICA E DEL DECRETO 08/02/2013 N.
34, RECANTE “REGOLAMENTO IN MATERIA DI SOCIETA’ PER L’ESERCIZIO
DI ATTIVITA’ PROFESSIONALI REGOLAMENTATE NEL SISTEMA
ORDINISTICO AI SENSI DELL’ART.10, COMMA 10, DELLA LEGGE 12
NOVEMBRE 2011, N.183”, QUEST’ORDINE, NELLA SEDUTA DEL 22/04/2013,
SU DIRETTIVE DELLA FNOMCEO-ROMA, HA ISTITUITO UNA SEZIONE
SPECIALE DELL’ALBO DOVE SARANNO ISCRITTE LE SOCIETA’ TRA
PROFESSIONISTI E LE SOCIETA’ MULTIDISCIPLINARI, OVE NELLO
STATUTO SIA INDIVIDUATA L’ATTIVITA’ MEDICA E/O ODONTOIATRICA
COME PREVALENTE.
PERTANTO I COLLEGHI INTERESSATI SONO OBBLIGATI A CHIEDERE
L’ISCRIZIONE ALLA PREDETTA SEZIONE SPECIALE DELL’ALBO
RIVOLGENDO LA DOMANDA AL CONSIGLIO DELL’ORDINE NELLA CUI
CIRCOSCRIZIONE E’ POSTA LA SEDE LEGALE DELLA SOCIETA’ TRA
PROFESSIONISTI CORREDANDOLA DELLA SEGUENTE
DOCUMENTAZIONE:
A) ATTO COSTITUTIVO E STATUTO DELLA SOCIETA’ IN COPIA
AUTENTICA;
B) CERTIFICATO DI ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE;
C) CERIFICATO DI ISCRIZIONE ALL’ALBO, ELENCO O REGISTRO DEI
SOCI PROFESSIONISTI CHE NON SIANO ISCRITTI PRESSO L’ORDINE
CUI E’ RIVOLTA LA DOMANDA.
ULTERIORI INFORMAZIONI POSSONO ESSERE RICHIESTE PRESSO GLI
UFFICI DI SEGRETERIA DELL’ORDINE.
DB/
IL PRESIDENTE
(ON.LE DOTT. LUIGI PEPE)
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