PRIMA PARTE
TEORIA
IN BICICLETTA TRA ACQUA
E COTONIFICI
DIPARTIMENTO DI ARTI APPLICATE
CORSO DI GRAPHIC DESIGN
ANNO ACCADEMICO 2010 / 2011
Tesi di :
VALENTINA BIGARAN
Relatrice :
PROFESSORESSA PAOLA VANNINI
Il progetto sviluppato potrebbe essere
definito come 'un' immagine coordinata'
su scala ambientale.
Unirà differenti elementi sotto un unica
immagine che dovrà essere chiara e
riconoscibile.
Questa introduzione spiega
l'importanza di fornire un messaggio
chiaro e riconiscibile appunto, che
possa essere interpretato e seguito
senza diffocoltà.
Per questo, in questo fascicolo, si
parlerà di Infografica, Wayfinding
ed Enviromental Graphic Design
che ci permettono di orientarci
all'interno di spazi, 'virtuali' o reali
che siano, organizzando e rendendo
più comprensibili le infinità di dati e
informazioni che ogni giorno captiamo,
per poi analizzare il progetto nel
secondo fascicolo qui allegato.
RELATRICE
INDICE
TEORIA
INFORMATION
DESIGN
1
/3
WAYFINDING
2
/10
ENVIROMENTAL
GRAPHIC DESIGN
3
/15
BIBLIOGRAFIA 4/22
1.1
CHE COS’E’ L’INFORMAZIONE
4
1.2
PERCEZIONE DEGLI STIMOLI
5
1.3
SOVVERTIRE LE CONVENZIONI
Edward Tufte
Isotype, Il Linguaggio Universale
6
1.3.1
7
2.1
LE MAPPE
Dare senso ai nostri mondi
11
2.2
NON SOLO SEGNALETICA
12
2.3
WAYFINDING E COGNIZIONE SPAZIALE
12
2.4
CONTINUITÀ E DISCONTINUITÀ
14
3.1
BREVI CENNI SRORICI
16
3.2
PRINCIPI DI PROGETTAZIONE DELLA
SEGNALETICA
Molto più che una semplice mappa
17
20
3.2.1
1
INFORMATION
DESIGN
TEORIA
CHE COS’E’
L’INFORMAZIONE
1.1
Etimologicamente il termine ‘informazione’
indica l’atto, effetto dell’informare o
dell’informarsi, deriva dal latino informāre, che
significa ‘dare forma’, anche se oggi il significato
più comune è ‘dare notizie’.
L’informazione nasce dall’organizzazione,
dall’elaborazione, dalla raccolta di dati in una
forma tale da influenzare la percezione e la
conoscenza del ricevente ed ha sue caratteristiche
a seconda del contesto in cui i dati sono raccolti,
a seconda della loro codifica in una forma
riconoscibile dall’intelletto ed in definitiva il
significato attribuito a tali dati.
L’informazione può essere creata dall’uomo
ed essere anche solo di tipo indicale quando,
attraverso un gesto di indicazione o pronunciando
parole, ci permette di riferirci alla cosa indicata.
Attraverso l’impiego di entità di informazione
linguistiche o materiali, si compie un passaggio
successivo, di maggiore vantaggio rispetto
all’indicazione gestuale, potendoci riferire alle
cose senza che esse siano fisicamente presenti.
Il concetto di informazione è vasto e differenziato.
L’informazione può essere misurata come le
altre entità fisiche ed è sempre esistita, anche se
la sua importanza è stata riconosciuta solo nel
XX secolo, grazie all’introduzione del termine
‘informatica’, abbreviazione di ‘infor(mazione
auto)matica’, creato nel 1962 da M. Dreyfus,
direttore generale del Centre d’analyse et de
programmation (CAP) in Francia.
Nel campo informatico, l’ampliamento semantico
di questo termine, ma anche l’analisi dei suoi
limiti e delle sue possibilità, hanno conosciuto un
ulteriore stadio di sviluppo.
Altri autori e scienziati, operanti soprattutto
nei campi della teoria dell’informazione,
Shannon, della teoria generale dei sistemi e della
meccanica quantistica, hanno sottolineato come
l’informazione sia il risultato di un processo di
combinazione di tre fattori, In-forma-azione
o InFormAzione, che, analizzati, ci forniscono
ulteriori chiavi di lettura per una ben più
profonda interpretazione di questo concetto.
Claude Shannon, che negli anni Quaranta
era un ricercatore presso il Bell Telephone
Laboratories, intitolò la sua opera principale “The
Mathematical Theory of Communication”, ma si
occupò in essa di una quantità piuttosto speciale
chiamata ‘informazione’, e il nome che attecchì fu
appunto quello di teoria dell’informazione.
E poiché l’informazione era memorizzata
‘in Forma’ di commutazioni binarie, che
4
INFORMATION DESIGN
producevano una ‘Azione’ nella macchina, il
bit divenne l’unità di misura fondamentale
dell’informazione.
Le informazioni, per loro caratteristica intrinseca,
prima di essere da noi assimilate devono
essere prodotte, emesse e debbono aver tutte le
caratteristiche per raggiungerci. Pertanto, maggiore
è la copertura e più è frequente la ripetizione,
maggiore sarà la probabilità che i destinatari di
queste informazioni vengano raggiunti, le ritengano
‘vere’ e probabili. A differenza della macchina (di un
calcolatore) per noi la verifica di un’informazione può
essere un compito difficile, poichè l’uomo è portato
(o costretto) a re-agire all’informazione attraverso
automatici processi di identificazione con la risposta
e di associazione fra le informazioni e le risposte preesistenti nella nostra esperienza, nel nostro personale
archivio di dati, la nostra Mente.
Con lo sviluppo sempre più rapido dei sistemi di
comunicazione, radio, televisione, internet ed ora
internet 2.0 che ci permette di interagire in prima
persona in modo molto semplice con ‘il mondo
virtuale,’ il bisogno di fornire informazioni in modo
chiaro e rapido è sempre più forte e di conseguenza le
metodologie che trasmettono i dati devono cercare di
stare al passo con i tempi anzi di precederli per poter
garantire il miglior servizio a chi vuole servirsi di
questi dati, di qualsiasi tipo essi siano.
L’information design progetta la
complessità per poter comprendere,
condividere, fruire un sistema complesso.
Illustrazione di Nigel Holmes
Ogni informazione va progettata: segnaletiche,
siti internet, brochure, istruzioni per l’uso,
mappe, mostre, guide.., perchè reagiamo alla
rappresentazione delle informazioni in maniera
istintiva e se queste non sono ben organizzate ci
perdiamo altrettanto facilmente.
Ogni società ha avuto la necessità di servirsi di
sistemi di notazione (matematici, scientifici,
statistici, economici, musicali..ecc) utilizzando
grafici, tabelle, diagrammi, mappe, per poter
adempiere ai più svariati compiti quotidiani
o attingere a diversi tipi di conoscenza o più
semplicemente, per poter comunicare.
Alla base della comunicazione c’è lo spazio come
‘macrovariabile’, il problema è la distribuzione visiva
delle informazioni all’interno di questo spazio.
Più l’ambito di indagine è complesso e multiforme
più il ruolo del designer diventa decisivo.
‘It’s not about the world of
design.
It’s about the design of the
world.‘
DESIGN
dare forma
INFORMAZIONE
INFORMATION
DESIGN
dare forma alle
informazioni
MASSIVE CHANGES. BRUCE MAU
1.2
PERCEZIONE DEGLI
STIMOLI
Le modalità con cui le persone leggono e
percepiscono un messaggio variano in funzione
del compito prefissato e in base alle caratteristiche
dell’individuo.
Bruno Munari nel libro ‘Design e comunicazione
visiva’ traccia uno schema con il quale spiega in che
modo l’utente recepisce una comunicazione visiva:
‘La comunicazione visiva avviene per mezzo di
messaggi visivi i quali fanno parte della grande
famiglia di tutti i messaggi che colpiscono i nostri
sensi, sonori, termici,dinamici, ecc. Si presume
quindi che un emittente emetta messaggi ed un
ricevente li riceva. Il ricevente è però immerso in un
ambiente pieno di disturbi i quali possono alterare
od addirittura annullare certi messaggi.
Per esempio, un segnale rosso nel quale predomina
una luce rossa verrà quasi annullato, oppure un
manifesto stradale con colori banali, affisso con
altri manifesti altrettanto banali si mescolerà con
loro annullandosi nell’uniformità.
Supponiamo quindi che il messaggio visivo sia
progettato bene, in modo che non venga deformato
durante l’emissione: esso arriverà al ricevente,
ma qui incontrerà altri ostacoli.
Ogni ricevente, ed ognuno in modo diverso,
ha qualcosa che potremmo definire come filtri,
attraverso i quali il messaggio dovrà passare
per essere ricevuto.
Uno di questi filtri è di carattere sensoriale.
Esempio: un daltonico non vede certi colori
e quindi i messaggi basati esclusivamente
sul linguaggio cromatico vengono alterati o
addirittura annullati. Un altro filtro lo potremo
definire operativo, dipende dalle caratteristiche
psico-fisiche del ricevente. Esempio: è chiaro
che un bambino di tre anni analizzerà un
cero messaggio in modo molto diverso da un
individuo maturo.
Un terzo filtro che si potrebbe definire culturale,
lascerà passare invece solo quei messaggi che il
ricevente riconosce, cioè quelli che fanno parte
del suo universo culturale.
Questi tre filtri non sono rigorosamente distinti
e non si susseguono nell’ordine dato, ma ci
possono essere inversioni o contaminazioni
reciproche.
5
TEORIA
Supponiamo infine che il messaggio attraversa
la zona dei disturbi e dei filtri, arrivi ad una
zona interna del ricevente che chiamiamo
zona emittente del ricevente. Questa zona può
emettere due tipi di risposte al messaggio
ricevuto: se il messaggio visivo dice ‘qui c’è un
bar’, la risposta esterna manda l’individuo a
bere, la risposta interna dice: ‘non ho sete.’
E’ molto importante quindi per un progettista
capire in che modo vengono elaborate dal
ricevente le varie tipologie di contenuti, per
poter capire come poter elaborare al meglio
l’informazione.
‘What we need is not
more information,
but the ability to present
the right information
to the right people at
the right moment, in the
most efficent form...’
Robert Horn
SOVVERTIRE LE
CONVENZIONI
1.3
Edward Tufte nel libro Envisionig Information’
celebra il ‘sovvertire le convenzioni’ per poter
comunicare al meglio.
La comunicazione tra lettore e designer avviene
normalmente su una superficie bi-dimensionale.
Un information designer deve cercare di superare le
due dimensioni sia cambiando e aggiungendo punti
di vista per poter portare il lettore a considerazioni
inedite, sia soprattutto aumentando il numero di
informazioni perchè dati non complessi portano a
disinteresse e passività rendendo poco credibile la
fonte delle informazioni.
‘Showing complexity is hard work’
‘To clarify, add details’:
micro e macro livelli di lettura rinforzano i confronti
locali e globali permettendo di operare una selezione:
il controllo dei dati spetta all’osservatore, non
al designer che però ha il compito di fornire
informazioni esaustive e di interessare l’osservatore
rendendo la complessità un valore, rendendo i dati
più chiari stratificando e separando, trovando le
giuste visualizzazioni che rivelino i dettagli, e non
eliminando dati perchè troppo complicati.
C. Joseph Minard - 1869
‘La campagna di Napoleone in Russia 1812/1813’
la larghezza della fascia che indica il percorso,
indica il numero di uomini presenti, più la
temperatura si abbassa più le morti aumentano.
INFORMATION DESIGN
1.3.1 ISOTYPE
Il linguaggio universale
Nel percorso di sviluppo di metodi e linguaggi per
ottimizzare l’informazione, è stato importantissimo
l’apporto che ha dato Isotype nel facilitare la
lettura dei dati, cercando di creare un linguaggio
‘democratico’ che permettesse a tutti la loro
interpretazione.
CHE COS’È ISOTYPE?
ISOTYPE è il ‘linguaggio universale’ ideato da
Otto Neurath che ha influito moltissimo la grafica
di pubblica utilità, quindi segnaletica pubblica,
infografica, wayfinding ma anche molte esperienze
di corporate image.
Otto Neurath filosofo e sociologo austriaco, nel
1925 è tra i fondatori del circolo di Vienna, gruppo
di scienziati e filosofi che redige il manifesto di quella
corrente filosofica denominata empirismo logico o
neopositivismo, il cui scopo, visto il periodo di grandi
sviluppi avvenuti nella fisica grazie all’applicazione
sistematica della matematica (i lavori sulla relatività
di Albert Einstein sono del 1905 e del 1916 ), era
quello di sviluppare in senso scientifico tutte le
discipline, non solo quelle fisiche.
Per farlo, occorre verificare il linguaggio di ogni
singola disciplina, eliminando tutte le ambiguità che
vi siano presenti:
il risultato sarà un linguaggio universale.
(Anche
nel
pensiero
economico-produttivo
dell’epoca è presente l’idea di un modello universale,
inteso come modello invariato prodotto in grande
serie. Henry Ford definisce la Ford t, con cui stava
motorizzado l’America, ‘auto universale’. Il grande
grafico del Bauhaus Herbert Bayer, nel 1925,
progetta l’Universal, l’alfabeto composto da lettere
geometricamente strutturate e prive di grazie.)
Nel 1925 Neurath fonda il Museo Sociale
ed Economico di Vienna, con l’obbiettivo
di aiutare i cittadini a comprendere meglio
i dati statistici, e quindi la realtà del proprio
paese.
In questo scenario nasce il Wiener Methode
der Bildstatistik (metodo viennese della
statistica per immagini).
Neurath, con la collaborazione dell’artistagrafico Gert Arntz e della moglie Marie,
si dedica alla progettazione di un
sistema che permetta di visualizzare dati
complessi come le quantità statistiche
e che, non adoperando lettere o cifre,
possa essere compreso in ogni paese: un
linguaggio universale, conosciuto più tardi
come ISOTYPE ( International Sistem Of
Typographic Picture Education).
Secondo Neurath il linguaggio verbale
è ambiguo perchè le parole non hanno
somiglianza con gli oggetti rappresentati.
Un pittogramma invece è un segno che
rappresenta un oggetto o una persona in
forme semplificate e quindi, somigliando
alla cosa reale, è in grado di rappresentarla
in modo inequivocabile e privo di ambiguità.
‘I segni devono essere chiari di per se
stessi, senza l’aiuto di parole:
devono essere appunto segni
parlanti’
Otto Neurath
Se messi insieme, i vari elementi grafici interagiscono
tra loro:
Josef Albers teorizza e dimostra che 1 + 1 = 3 o più.
Effettuare confronti tra elementi rafforza in maniera
intuitiva la comprensione del contesto che deve
essere raccontato.
E proprio di racconto e narrazione si tratta, bisogna
creare suspance combinando tempo e spazio,
e sovvertendo la griglia.
6
7
TEORIA
INFORMATION DESIGN
Ma costruire un sistema di pittogrammi
non basta: occorrono regole perchè
i pittogrammi possano costituire un
linguaggio universale.
Ad esempio se si vuole visualizzare una
statistica sull’occupazione, il pittogramma
di un uomo indicherà un certo numero di
disoccupati, ad esempio mille. Un numero
più grande di disoccupati, ad esempio
diecimila, non va raffigurato con un
pittogramma più grande, ma con dieci
pittogrammi dello stesso tipo. Con questa
corrispondenza tra simbolo e quantità
numerica è possibile trattare i simboli
come numeri, disponendoli lungo righe,
per convertire tabelle di dati numerici in
configurazioni visuali:
‘universali’ appunto perchè perfettamente
comprensibili da tutti.
Quindi con questo linguaggio i pittogrammi
diventano veri e propri standard grafici che,
basandosi su armonia e regolarità dei tratti
e sulla carenza di dettagli troppo specifici,
semplificano e rendono comprensibili
complessi sistemi d’informazioni.
Il ‘metodo viennese’ eserciterà larga
influenza: dopo la Seconda Guerra Mondiale
questo principio diventa una tematica
di primo piano nell’ambito del design,
in particolare nel settore che si occupa
di comunicazione attraverso simbologie
e pittogrammi, ma anche nei sistemi di
identità visiva coordinata o di corporate
image.
8
Le olimpiadi
Ciò si verificherà in particolare nei sistemi graficovisuali degli aeroporti, dei grandi eventi sportivi
come i Giochi olimpici, dei percorsi stradali e
autostradali. In questi casi, infatti, ci si rivolge ad un
pubblico sempre più di massa e di varie nazionalità:
si richiede perciò un linguaggio per la comunicazione
e l’informazione chiaro, privo di ambiguità e che
possa essere facilmente compreso da persone di
lingua diversa.
Durante le olimpiadi avvenne uno dei primi utilizzi
sistematici dei pittogrammi.
Il sistema d’informazione pittografico compare per la
prima volta in occasione della diciottesima edizione dei
giochi olimpici di Tokyo nel 1964. Il progetto è opera
del teorico giapponese del design, Masaru Katzumie.
I suoi pittogrammi sono caratterizzati da silhouette
che raffigurano gli atleti nel loro gesto caratteristico
e le attrezzature ginniche; le figure si stagliano
nitidamente, nere su fondo bianco, mentre i vuoti e
i tagli che le definiscono chiarificano ogni immagine
senza bisogno di contornare un solo elemento. Ai
pittogrammi sportivi, che costituiscono il cuore del
sistema, sono integrati quelli di ‘segnaletica’ (come
la tazza di caffè o la scala mobile).
I pittogrammi di Katzumie, che allora sorprendono
il mondo, costituiscono una parte fondamentale
delle comunicazioni visive di Tokyo. Tant’è che dopo
questa edizione dei Giochi olimpici non si può più
pensare alle Olimpiadi senza questa specificazione
simbolica.
Da qui in poi infatti ogni edizione elabora il proprio
sistema di pittogrammi:
per le Olimpiadi di Monaco del 1972 Otl Aicher elabora
un sistema di pittogrammi semplici e precisi basati
su una griglia (come tutta l’immagine coordinata) di
20x 20 che gli attribuisce una peculiare modularità.
Questa griglia, divisa in linee orizzontali, verticali
e diagonali, piuttosto che ‘ingessare’ le
possibilità creative dei designer (come
comunemente si potrebbe pensare),
permette un enorme ‘gamma’ di variazioni
formali, mantenendo intatto quel tono di
uniformità che costituisce il fondamento
imprescindibile dei sistemi di design
coordinato.
NELLA APGINA A FIANCO:
A sinistra: xilografia con un pittogramma di
Gerd Arntz.
A destra: alcuni pittogrammi per l'aeroporto
di Dusseldorf in Germania.
9
LE MAPPE
2.1
WAYFINDING
DARE SENSO AI NOSTRI MONDI
L’uomo, fin dalle epoche più remote, ha sentito la
necessità di mettere in atto strategie per conoscere la
realtà che lo circonda.
Una di queste strategie era ed è la mappa: questa
infatti ci porta a porci domande e a considerare altri
punti di vista, diventa un ‘veicolo’ per organizzare
le informazioni, e quindi la conoscenza, in modo
diverso.
Chiedere una mappa è come dire:
‘raccontami una storia’,
2
il design influenza questa storia, questa narratività,
imponendo un’ottica di lettura, come fa uno scrittore
con il suo romanzo.
Come alcune storie tentano di dare senso al mondo
così le mappe cercano di fare lo stesso definendo i
confini del mondo che vogliono raccontare.
Al di là di questi confini ci sono spazi bianchi, perchè
nessuna mappa può mostrare tutto come nessuna
storia può raccontare tutto.
Per questo il progettista per dare senso al suo mondo
deve decidere cosa includere, è una scelta personale,
nessuna mappa è oggettiva.
Possiamo dire che viviamo in un mondo creato
dalle nostre mappe mentali, che sono in continua
evoluzione perchè man mano ricevono informazioni
che noi catturiamo dall’ambiente, siamo noi quindi
che decidiamo cosa catturare e allo stesso tempo
è il progettista che cerca di indirizzarci verso cosa
catturare a seconda dell’ambiente in cui ci troviamo.
Quindi:
Se prima abbiamo visto come l’infografica è
essenziale per organizzare l’informazione e
quindi dati che altrimenti sarebbero più difficili
da capire e decodificare, poi abbiamo visto
come le mappe erano e sono i primi mezzi per
cercare di conoscere la realtà che ci circonda,
ora allarghiamo il raggio d’azione e cerchiamo
di vedere quanto sia importante applicare una
progettazione su vari livelli per poter fruire e
vivere al meglio questo spazio.
Spazio che, essendo sempre più complesso e
dinamico, ha bisogno di progetti e mezzi che,
già in fase di ideazione, mirino alla facilità di
spostamento al suo interno.
WAYFINFING
Qui sopra:
Emery Studio, Eureka Tower Carpark, Melbourne
A lato: mappa reinterpretata di Londra.
pubblicità dell' Absolut Vodka.
11
TEORIA
NON SOLO
SEGNALETICA
2.2
Vie e strade, in città e in campagna, o i passaggi
tra o negli edifici sono oggi così numerosi che
il naturale senso dell’orientamento non è più
sufficiente per raggiungere la destinazione voluta
da un punto di partenza dato. Senza la guida
della segnaletica direzionale ogni spostamento
è divenuto ormai impensabile. E, poiché il
bisogno di modernizzazione e di automazione
produce costantemente nuovi luoghi e nuovi
mezzi di trasporto, c’è un corrispondente
bisogno di ideare nuovi segni informativi, che
veicolino la comprensione di messaggi pratici e
inequivocabili.
A differenza di tutti gli altri tipi di segni, il segnale
ha una funzione che non è solo quella della
comunicazione o dell’informazione passiva. Il
segnale, rappresentando una direzione, un ordine,
un avvenimento, una proibizione o un’istruzione,
non ha il solo compito di comunicare, ma
piuttosto di provocare nell’osservatore una
reazione immediata.
Nella sua forma esterna, sia come cartello sia
come iscrizione, il segnale si impone nel campo
visivo dell’osservatore quasi contro la sua volontà,
un normale testo stampato, invece, può essere
preso o lasciato dal lettore, incluso nel campo
della vista, e quindi del pensiero, oppure tolto.
Il segnale è diventato una parte essenziale,
praticamente inevitabile, dell’ambiente visivo.
La rivoluzione industriale ha portato una
trasformazione radicale dell’idea di segno.
Se l’epoca della fede religiosa era caratterizzata
dal simbolo e quella della ragione dal segno,
l’odierno mondo di comunicazione universale
e di scambio di informazioni è regolato e
strutturato dal segnale.
Se però consideriamo l’orientamento in generale
la segnaletica diventa solo un aspetto
nella ricerca della meta.
WAYFINDING E
COGNIZIONE
SPAZIALE
2.3
Il termine wayfinding viene introdotto per la prima
volta negli anni Sessanta da Kevin Lynch nel libro
The Image of the city. Ciò ci autorizza a dire che
il wayfinding concerne la città, i luoghi abitati e
progettati per abitare, dove abbiamo bisogno di
muoverci e orientarci.
Letteralmente significa trovare la strada e riguarda
tutti gli artefatti dei quali possiamo avvalerci nella
ricerca di una meta. Lynch richiama l’attenzione
sui nomi delle vie, sui numeri civici e altri tipi di
segnali urbani, ma è importante sottolineare che
il wayfinding non riguarda unicamente artefatti
esplicitamente comunicativi ma comprende anche gli
artefatti in senso generale, gli artefatti strumentali,
e quindi anche gli arredi urbani, le pavimentazioni,
la posizione degli edifici, l’uso del verde, ed altro
ancora.
Wayfinding è dunque il modo in cui organizziamo lo
spazio costruito, e come lo arrediamo, per aiutare,
sostenere o indirizzare il nostro orientamento.
Il concetto di orientamento è allora fondamentale
per capire il senso del wayfinding, così com’è
fondamentale capire che non riguarda solo artefatti
esplicitamente comunicativi.
Arthur Passini sottolinea che non ci si deve
assolutamente limitare a quello che genericamente
chiamiamo ‘segnaletica’:
questa è un aspetto del wayfinding, non il
wayfinding: le due cose non vanno identificate.
‘si potrebbe identificare l’obiettivo
dell’Information Design con quello della
produzione dell’informazione, invece
l’obbiettivo dovrebbe essere quello di
conseguire una finalità progettuale più
generale. Allo stesso modo l’obbiettivo
dell’Information Design nell’ambito del
wayfinding non è quello di progettare
la segnaletica, ma piuttosto quello di
aiutare le persone a muoversi in modo
più efficiente verso una destinazione
prescelta. La misura della qualità di un
progetto non riguarda semplicemente
il design del prodotto, ma soprattutto
il comportamento e la soddisfazione
dell’utente.
L’informazione non è fine a se stessa. Se
questo punto non viene enfatizzato, il
design dell’informazione potrebbe ridursi
ad essere meramente la progettazione di
un bel (o bellissimo) layout.
E che cosa ne guadagneremmo?’
R.Passini, Sign-Posting Information design 1999
12
WAYFINDING
Wayfinding può essere inteso come orientamento
spaziale o come cognizione spaziale.
Cosa significa cognizione spaziale?
Significa aver conoscenza e capacità di comprendere.
Si ha cognizione di qualcosa quando ce ne rendiamo
conto, cioè quando siamo in grado di calcolarla.
Avere cognizione dello spazio significa avere in mente
che cosa è e come è lo spazio in cui ci si trova:
avere in mente la rappresentazione, l’immagine dello
spazio.
Si potrebbe dire che il wayfinding non
è altro che la semiotica dello spazio e
dell’orientamento,
se si considera la semiotica non come analisi dello
spazio e delle sue significazioni ma come l’atto di
costruzione del senso da parte dello spazio stesso:
è la spazialità, naturale o artefatta che ci presenta
o nasconde un senso inteso come significato e
direzione, come sensorialità o sentore.
Il wayfinding, essendo un campo complesso, ha
bisogno di conoscenze e competenze diverse per
poter affrontare e i risolvere questa complessità.
Per questo entrano in gioco diversi studi come la
psicologia cognitiva, il design della comunicazione
che va dal calcolo dei colori alla leggibilità dei
testi, dal calcolo dei segnali alla progettazione dei
pittogrammi, l’architettura e l’urbanistica e in chiave
sociale lo studio dei flussi e dei movimenti.
La semiotica ha il vantaggio di entrare facilmente
in dialogo con tutte queste discipline perchè nel
panorama delle scienze umane svolge un ruolo
analogo a quello della matematica rispetto alle
scienze naturali.
La semiotica insomma è la logica del senso
per questo potrebbe essere utile sia a livello di
progettazione, ci vuole una logica che accompagna
la fase di ideazione, sia a livello di uso, bisogna che
il progettista abbia in mente la logica utente, le
operazioni mentali che mettiamo in atto quando ci
troviamo a dover far uso di un artefatto..
Dunque l’artefatto richiede una lettura interpretativa
prima al progettista (interpretazione dei bisogni e
delle necessità), poi all’utente (interpretazioni dei
modi d’uso).
Un artefatto che richiede molte istruzioni d’uso
è decisamente poco amichevole, viceversa uno
che richiede poche istruzioni è più amichevole. Si
potrebbe stabilire che più voluminoso è il libretto
d’istruzioni, meno l’oggetto sarà facilmente usabile.
Il wayfinding è un istruzione per l’uso. Ma deve
trattarsi di un’istruzione dal basso: istruzione come
predisposizione, più che come ordine: è la risposta a
domande prima che queste vengano poste.
Un buon progettista è quello che, oltre ad avere una
buona logica progettante – ovvero un buon metodo
di progettazione, riesce ad immedesimarsi nella
logica dell’utente anticipando i problemi del fruitore
finale.
Non ti insegna, si mette al tuo servizio. Anticipa le
tue domande, ha sempre una risposta.
Uno spazio ‘amico’ deve sempre favorire un dialogo,
anche se siamo noi a farlo parlare attraverso un atto
di interrogazione.
Studio Cartlidge Levene
Newcastle city council, WalkRide
13
signage
2.2
TEORIA
CONTINUITÀ
E DISCONTINUITÀ
Il wayfinding non riguarda unicamente il dove
bisogna andare, ma anche il come sostare, che
significa in un certo senso sentirsi ovunque in un
ambiente familiare.
Di solito si pensa che per creare questo ambiente
familiare e quindi un ambiente coerente ci
voglia continuità, ma è anche vero che i percorsi
si compongono di tappe di per sé discontinue,
quindi in questo caso continuità e discontinuità
devono poter coesistere.
Ad esempio ad un viaggiatore della metropolitana
di Milano, che ha una segnaletica, disegnata da
Bob Noorda, esemplare e di grande innovazione
se teniamo conto del periodo in cui è stata fatta
(la banda di diverso colore a seconda della linea
che corre lungo tutta la fermata ed il nome della
stazione scritto a intervalli regolari ne permettono
un’identificazione immediata), manca qualsiasi
relazione tra il sotto e il sopra: una stazione
periferica è tale e quale ad una del centro storico.
In questo modo è difficile acquisire familiarità con
il percorso, familiarità che sarebbe più agevole se
ogni fermata avesse un arredo specifico o ancor
meglio se avesse riferimenti espliciti a ciò che sta
in superficie. Anche questa è cognizione spaziale.
La comunicazione del wayfinding è tanto più
amichevole, quindi soddisfacente ed efficace,
quanto meno ricorre ad artefatti simbolici e
quanto più ricorre ad artefatti indicali o iconici.
La comunicazione simbolica, deduttiva e fatta di
parole e codici, ci deve comunque essere, ma deve
servire da conferma, per ribadire con certezza la
veridicità della prima ipotesi.
Del resto, noi non riconosciamo le persone perchè
hanno il nome scritto sulla fronte, le riconosciamo
perchè le abbiamo già viste.
La comunicazione iconica è sicuramente la più
empatica, cioè quella che mette meglio in contatto
e dà subito il senso della comunicazione.
da un intervista di Linda Melzani a
Salvatore Zingale
‘abitare è essere
ovunque a casa propria’
Ugo la Pietra, architetto e artista.
A lato: Campagna pubblicitaria 'Everyday
Fabulous Exhibit' di IKEA, New York
14
3
ENVIROMENTAL
GRAPHIC DESIGN
TEORIA
Se il wayfinding è il ‘pensiero’ che dovrebbe
stare alla base della progettazione di un qualsiasi
ambiente, l’enviromental graphic design potrebbe
essere l’insieme di discipline che mettono in
pratica il pensiero del wayfinding.
La definizione di questa disciplina data dal del
SEGD: Society for Enviromental Graphic Design
è questa:
L’Enviromantal Graphic Desig (Graphic design
dell’ambiente) coinvolge molte discipline del
design, graphic, interior ed industrial design,
architettura e architettura del paesaggio, tutte
quelle che hanno a che fare con l’aspetto visivo del
wayfinding o della comunicazione, e che danno
forma all’idea di luogo.
Un progettista di E.G.D.
racconta una storia o
comunica messaggi ed
informazioni all’interno
dell’ambiente costruito,
prende informazioni
complicate e le rende
facili e semplici da
capire, come molti
altri designer, solo
che lo fa in ambienti
a tre dimensioni
come le città, vie di
transito, musei, grandi
complessi ospedalieri
o centri commerciali
attraverso l’uso di
sistemi di wayfinding,
segnaletiche, ambienti
dinamici, progettazione
di pittogrammi,
mappature e molto
altro.
Nella pagina a fianco:
Studio Mijksenaar
in alto:parcheggi del Schiecentrale 4A
Budapest
in basso: Barbican Art Centre, Londra
16
BREVI CENNI
STORICI
3.1
Se dovessimo occuparci dell’intera storia
dell’enviromental design dovremmo iniziare dalla
storia dell’uomo e della civilizzazione, come la
maggior parte delle arti dovremmo partire dai
pittogrammi dei primi uomini ma è meglio limitarci
ad iniziare dai primi del’900.
L’arte ed il design all’inizio del ventesimo secolo
si sviluppavano a ritmi velocissimi. Il movimento
dell’Art Nouveau era all’apice del suo splendore e
stava gettando le basi per le Art & Crafts e molti altri
movimenti moderni.
Fino a questo momento design e architettura si
erano sviluppati parallelamente, schivandosi e solo
raramente interagendo l’un con l’altro.
Nel 1899 però l’architetto Hector Guimard progettò
le entrate per la nuova metropolitana di Parigi, che
aprì durante l’esposizione universale di Parigi del
1900.
Le strutture non solo erano una meraviglia
dell’architettura Art Nouveau, ma integravano
perfettamente il lettering della metropolitana
all’interno dell’architettura, diventando uno dei
primi e più evidenti esempi dell’enviromental graphic
design.
ENVIROMENTAL GRAPHIC DESIGN
Design e architettura continuarono a svilupparsi
durante il ventesimo secolo, venendo influenzate
dalla Prima Guerra Mondiale e dal Bauhaus, artisti
ed architetti come Frank Lloyd Wright, Gaudì,
Bayer e molti altri le portarono all’eccellenza lungo i
trentanni successivi.
Nel boom economico post-bellico degli anni ‘50 e
‘60 il design e l’architettura si svilupparono tanto
velocemente quanto gli spazi architettonici si
sviluppavano in grandezza e complessità.
Questi spazi, ad esempio centri commerciali o
stazioni, richiedevano più attenzione al design della
segnaletica ed ai sistemi di orientamento. Dagli anni
‘70 il termine ‘enviromental graphic design’ cominciò
ad essere usato per descrivere la stretta relazione tra
architettura e design della comunicazione, seguito
dalla formazione della ‘Society for Enviromental
Graphic Design’ (SEGD) come risultato diretto alla
crescita di questa professione.
Ora l’enviromental graphic design è ovunque,
soprattutto dove non lo si percepiscie.
Ogni nuovo edificio costruito ha bisogno di un
sistema di segni, ogni nuova stazione di treni ha
bisogno di mappe e programmi di wayfinding,
ogni nuova catena di negozi ha bisogno di essere
efficacemente ‘etichettata’.
Per un essere un campo relativamente nuovo, ha
fatto molta strada negli ultimi 50 anni.
L’importanza dell’ E.G.D.
Se si riesce a muoversi agevolmente in una nuova
città, arrivare al corretto terminal in aeroporto o
imparare qualcosa di nuovo al museo, allora questa
è la dimostrazione dell’importanza dell’enviromental
design al quale è riconosciuto il ruolo centrale
nella semplificazione degli ambienti complessi e
nel miglioramento delle loro qualità estetiche con
il conseguente miglioramento delle esperienze del
visitatore, più gradevoli e positive, e quindi del
benessere e della sicurezza delle persone.
Si può dire quindi che il buon enviromental graphic
design serve come esempio per comunicare il valore e
l’importanza del buon design in generale.
TEORIA
PRINCIPI DI
PROGETTAZIONE
DELLA
SEGNALETICA
3.2
Nella progettazione di una segnaletica è
fondamentale prendere in considerazione i
moltissimi aspetti (i flussi di persone e mezzi, il
posizionamento dei segnali, il tipo di supporto,
la tipologia e le dimensioni dei caratteri, i colori,
l’illuminazione, ecc.) che influiscono sulla
leggibilità delle informazioni che il segnale vuole
dare.
Bisogna usare linguaggi comuni, quindi più o
meno standardizzati, ma comunque flessibili
rispetto allo scenario.
Flessibilità data dal fatto che nel design grafico
non ci sono normative specifiche a cui attenersi
nella progettazione della segnaletica, ad eccezione
di quella stradale e di quella d’ emergenza che ha
delle regole ben precise da seguire.
Ci sono però dei principi di progettazione in
ambito tipografico, a livello di scelta di colore
ed utilizzo della luce, e per quanto riguarda il
posizionamento del segnale.
ENVIROMENTAL GRAPHIC DESIGN
Ambito tipografico:
caratteri (font, colore e dimensione) ma anche la
spaziatura tra le lettere, tra le parole, l’interlinea
ecc. devono essere scelti per garantire la massima
percezione anche da distanze superiori ai 6 metri
e/o da persone ipovedenti, la grandezza dei caratteri
su pannelli informativi va stabilita in relazione alla
distanza di lettura.
Le misure qui riportate sono le minime consentite
e presuppongono un’illuminazione ottimale, infatti
bisogna tener conto che in condizioni di scarsa
illuminazione i corpi del carattere vanno aumentati
dal 30 al 50 per cento.
Inoltre è preferibile utilizzare caratteri a lettere
minuscole, poiché facilitano la comprensione.
Comprensione che in casi di persone con difficoltà
di lettura diventa ancora più difficile: solo nel Regno
Unito il 10% della popolazione soffre di problemi
di dislessia, difetto visivo che porta ad invertire
caratteri simili durante la lettura.
C’è un ottimo esempio di come il buon design possa
risolvere o aiutare a limitare i problemi, in questo
caso quello della dislessia: nel 2003 Natasha Frensch
ha progettato ‘Read Regular’, un carattere tipografico
che dà unicità ad ogni lettera, è disegnato con un
approccio individuale per ogni lettera assicurando
così una maggiore riconoscibilità e facilità di lettura
evitando errori di decodifica.
La d e la q non sono lo specchio di b e p, così come le
lettere ascendenti (b d f h k l) e discendenti (g j p q y)
sono lunghe per assicurare una maggior distinzione
dalle altre.
E’ un carattere dalle forme semplici e chiare,
spogliato da ogni dettaglio non necessario alla
riconoscibilità della lettera.
Importante è che le informazioni e il linguaggio
siano chiari e concisi per non compromettere la
comprensione e la memorizzazione del messaggio,
quindi da evitare sarà l’uso della punteggiatura,
indice di testi articolati, e delle abbreviazioni per
quanto possibile.
E’ anche importante che il rapporto tra testo e sfondo
sia dettato dal maggiore contrasto possibile.
La scala dei contrasti che garantisce massima
leggibilità è data, nell’ordine, da: nero su giallo, verde
su bianco, rosso su bianco, blu su bianco, bianco su
blu, nero su bianco, giallo su nero, bianco su rosso,
bianco su verde, bianco su nero.
Colore:
Se opportunamente studiato e scelto nella giusta
tonalità, saturazione e luminosità, il colore diventa
un potente strumento di codifica di serie di
informazioni, che può modificare le proporzioni e
le percezioni degli spazi, determinare aspettative,
differenziare situazioni di attenzione, e confermare
la capacità di essere indicatore e segnalatore di usi e
funzioni consolidati.
Scelte e combinazioni sono subordinate alle
condizioni di illuminazione e alle tonalità dominanti
dell’ambiente rispetto al quale devono produrre un
contrasto efficace.
Inoltre è essenziale tenere in considerazione l’uso
sociale e i differenti significati che possono avere
i colori nelle diverse culture, quindi gli usi ed i
comportamenti ad essi associati.
In generale il colore deve aiutare l’utente a pensare
il meno possibile, e a reagire il più velocemente
possibile, per questo la CEE ha normato i colori da
utilizzare nelle situazioni di emergenza o pericolo:
Giallo / arancione: segnale di avvertimento,
suggerisce che è necessaria un maggiore
attenzione o cautela, o un eventuale verifica.
Blu: segnale di prescrizione , indicazione e
direzione, suggerisce un comportamento o
un’azione specifica (sottolinea uscite o percorsi)
Verde: segnale di salvataggio o soccorso. Indica
un ritorno alla normalità e sicurezza.
Bisogna anche tener conto però che non si può
basare un percorso di segnaletica esclusivamente
sul colore in quanto non tutti hanno la possibilità
di visualizzarlo correttamente, ad esempio per
problemi di daltonismo che riguardano l’8% degli
uomini e il 2% su scala mondiale.
Rosso: aumenta la vigilanza per questo indica
segnali di pericolo e allarme, utilizzato per segnalare
attrezzature antincendio.
Suggerisce una situazione pericolosa e l’idea di
arresto e sgombero. (probabilmente perché sin da
piccoli l’esperienza ci porta ad associare il rosso col
pericolo e l’errore visto che i maestri o professori
solitamente sottolineano gli errori di un compito in
classe con la penna rossa)
18
19
TEORIA
ENVIROMENTAL GRAPHIC DESIGN
Posizionamento del segnale
La posizione della segnaletica, di qualsiasi tipo
essa sia, è molto importante perché determina la
sua visibilità e quindi la sua capacità di catalizzare
l’attenzione dell’osservatore.
Il suo posizionamento è stabilito da norme che si
riferiscono al campo visivo dell’osservatore, alla
sua posizione nello spazio, al tipo e alla velocità
di spostamento, alle caratteristiche dell’ambiente,
all’illuminazione (importante è assicurarsi che
non vi siano riflessi che ostacolano la lettura del
segnale).
La segnaletica dovrebbe essere posizionata
perpendicolarmente rispetto al percorso,
all’altezza degli occhi o comunque ad un’altezza
media compresa tra 1,00 e 1,70 m per
permetterne una buona visibilità anche a persone
su sedia a rotelle, oppure ad un altezza superiore
in zone molto affollate per poter essere letta ad
una distanza maggiore.
E’ importante che sia presente, oltre che
ad intervalli regolari lungo il percorso per
rassicurare l’utente, nei punti in cui questo
formula una domanda, ad esempio un bivio,
un incrocio o comunque tutti quei punti in cui
l’utente deve prendere un decisione che riguarda
l’orientamento, per potergli fornire la risposta e
quindi guidarlo lungo il tragitto.
3.2.1 Molto più che una
semplice mappa
Tra gli anni venti e gli anni trenta si sviluppa
in Europa un caso di corporate image molto
interessante, quello della London Transport,
l’organizzazione che amministra i trasporti
pubblici londinesi.
(Non riguarda quindi un’industria vera e propria
come si sarebbe soliti pensare sentendo la
parola ‘corporate’ (industria) ma riguarda un
ente pubblico al quale la parola ‘corporation’
comunque può fare riferimento quando un ente
intende comunque darsi un’immagine che il largo
pubblico possa riconoscere, utile per il ruolo di
servizio e di informazione.)
Senza entrare nei dettagli riguardanti tutti gli
aspetti di questa operazione su larga scala,
dal famoso logo bull’s-eye (‘occhio di bue’ nel
significato letterale ma ‘centro del bersaglio’)
per la sua forma costituita da un solido cerchio
rosso attraversato dalla barra blu in cui si staglia il
lettering ‘Johnston Sans’ appositamente studiato
agli interni dei vagoni ferroviari e degli autobus,
ci soffermiamo sulla mappa che contribuirà con
grande efficacia all’identità della metropolitana
londinese.
Progettata da Henry C. Beck nel 1933 e tutt’ora
utilizzata, la mappa della London Underground
rientra senz’altro nel novero dei capolavori del
visual design moderno.
La novità consiste nel sostituire le complicate
rappresentazioni topografiche, presenti nelle
mappe
precedenti,
con
un’interpretazione
diagrammatica molto più semplice ed incisiva.
Beck è un disegnatore tecnico che lavora
giornalmente sui diagrammi dei circuiti elettrici
20
della metropolitana. E a questi fa riferimento:
nasce così una mappa che ha la schematica
chiarezza di un diagramma e, proprio per questo,
fornisce alla London Transport un’immagine
che la qualifica come espressione del progresso
tecnico.
I percorsi, che nella realtà si svolgono
tortuosamente sono semplificati in rette
orizzontali, verticali e oblique a quarantacinque
gradi. I colori, che servono ad identificare e
a distinguere le linee, sono scelti in modo da
risultare immediatamente riconoscibili. In breve,
la mappa di Beck è chiara e immediatamente
comprensibile; con gli opportuni cambiamenti è
ancor oggi in vita.
Fondamento indiscusso del design informativo è
diventata, oltre che un simbolo non tanto della
metropolitana ma della città di Londra per i tanti
turisti che ogni anno affollano la capitale inglese,
un modello per le mappe dei trasporti pubblici
che ha ispirato per decenni la progettazione di
diagrammi e sistemi di reti in tutto il mondo.
Mappa per la metropolitana di Manhattan
disegnata da Vignelli.
21
Libri
PASCA V., RUSSO D, Corporate Image, un secolo
di immagine coordinatadall' AEG alla Nike,
Lupetti - Editori di Comunicazione Milano
FRUTIGER A., Segni e simboli, disegno prgetto
e significato, Stampa alternativa e Graffiti Editori
1998
HELLER S. , ILIC M., Anatomia della grafica,
Rockport Publishers 1, 2007
Siti e blog
SIGNDESIGNSOCIETY.CO.UK
MIJKSENAAR.COM
GERDARNTZ.ORG
SEGD.ORG
INFORMATIONDESIGN.ORG
OPENTYPE.INFO
NIGELHOLMES.COM
VIGNELLI.COM
MIJKSENAAR-ARUP.COM
HELLERBOOKS.COM
CARTLIDGELEVENE.CO.UK
EDWARDTUFTE.COM
4
BIBLIOGRAFIA
22
SECONDA PARTE
PROGETTO
IN BICICLETTA TRA ACQUA
E COTONIFICI
DIPARTIMENTO DI ARTI APPLICATE
CORSO DI GRAPHIC DESIGN
ANNO ACCADEMICO 2010 / 2011
Tesi di :
VALENTINA BIGARAN
Relatrice :
PROFESSORESSA PAOLA VANNINI
SECONDA PARTE
PROGETTO
IN BICICLETTA TRA ACQUA
E COTONIFICI
DIPARTIMENTO DI ARTI APPLICATE
CORSO DI GRAPHIC DESIGN
ANNO ACCADEMICO 2010 / 2011
Tesi di :
VALENTINA BIGARAN
Relatrice :
PROFESSORESSA PAOLA VANNINI
La città deve essere gentile,
anzitutto , nei comportamenti:
velocità limitata, rispetto delle regole,
tutela dei pedoni e ciclisti.
Deve essere poi gentile nella sua
organizzazione urbanistica, non segregata
e segregante ma con i servizi e opportunità
localizzati vicino alle residenze.
Infine deve essere gentile nella sua qualità:
lo spazio pubblico non deve essere disegnato
attorno all’automobile ma deve privilegiare
le esigenze degli abitanti.
Il progresso non è avere strade più larghe
e parcheggi più ampi ma poter fare a meno
delle automobili.
George Josef Frisch
RELATRICE
INDICE
PROGETTO
QUADRO GENERALE 1.1
1
/3
PRATICA
2
/12
BIBLIOGRAFIA
3
/42
CHE COS’E’ LA COTONABILE
4
1.1.1
In bicicletta tra acqua e cotonifici
Perchè ciclabile
1.2
BREVE APPROFONDIMENTO SUL FIUME... 6
1.3
1.3.1
...E SUI COTONIFICI
Condizioni di lavoro e lotte operaie
8
10
2.1
NAMING
13
2.2
LOGO
13
2.3
LETTERING
Tipografia ambientale, stencil e graffiti
16
2.4
MAPPA
18
2.5
2.5.1
APPLICAZIONI
Riferimenti
20
20
Tutte le applicazioni
39
6
42
1
QUADRO
GENERALE
3
1.1
PROGETTO
CHE COSʼEʼ
QUADRO GENERALE
AREE VERDI adiacenti alla ‘Cotonabile’
FIUME ‘NONCELLO’
PERCORSO SU STRADE ESISTENTI
Variante percorso su strade esistenti
LA COTONABILE
PERCORSO CICLO/PEDONALE IPOTETICO
da realizzare nelle zone verdi che circondano le
ex aree industriali.
IN BICICLETTA TRA ACQUA E COTONIFICI
‘LA COTONABILE’ è l’idea per un percorso
ciclabile e pedonale che, nella provincia di
Pordenone (Friuli Venezia Giulia),
Noncello, corso d’acqua che nasce e muore
all’interno della provincia.
Il percorso non va visto solamente come un
industriali, ma come un vero e proprio percorso
fruitore e mette in luce i vari elementi che si
incontrano lungo questa via.
La cotonabile vorrebbe essere il primo tassello
da aree dismesse di archeologia industriale, in
aree con una seconda vita che possono offrire
moltissimo ai cittadini non solo per l’abbondanza
di verde ed acqua che circonda ognuna di esse
ma soprattutto per la storia che questi luoghi
potrebbero far riscoprire e rivivere.
1. parte della facciata del cotonificio di Cordenons
2. vista nel parco del seminario con il vecchio
Noncello sulla destra
3. tratto di cicabile lungo la riviera di Pordenone
Il progetto grafico, come si vedrà nelle
tavole successive, è stato applicato
al percorso individuato su strade già
esistenti, anche se l’obbiettivo vero e
proprio sarebbe la sua applicazione su
percorso ciclabile passante nelle aree
verdi, come proposto sopra.
Questo percorso andrebbe ad ‘agganciarsi’ al
progetto dell’ ‘Ecomuseo del territorio’ che il
comune di Cordenons insieme ad altri comuni
della provincia vorrebbe realizzare per rivalutare
l’area naturalistica molto grande e singolare dei
1.
I tratti di percorso ipotetico non si basano
su dati o conoscenze tecniche, ma solo su
un’idea che vorrebbe sfruttare al meglio le
aree che questi tratti attraverserebbero.
Quindi il progetto non tocca l’aspetto
architetonico / paesaggistico ma solo quello
visivo / grafico.
molte zone sorgive, tra cui quelle del Noncello.
La rivalutazione prevede percorsi ciclabili,
pedonali e ippovie che partendo dai centri
cittadini e da appositi parcheggi scambiatori si
muovono all’interno dell’area dell’ecomuseo.
La Cotonabile potrebbe essere un ‘arto’ ulteriore
di questo Ecomuseo, perchè rivaluterebbe il
3.
2.
comunale già con le zone sorgive comincia a
prendere in considerazione, unendo a questo le ex
aree industriali.
NONCELLO
4
5
PROGETTO
QUADRO GENERALE
rete idrografica superficiale, ben sviluppata solo
nella bassa pianura, ma anche per il terreno,
molto grossolano e sassoso al nord e di grana
molto fine, compatta, formata soprattutto da limi
e argilla, nella zona meridionale caratterizzata da
pendenza minore.
L’acqua che fuoriesce dal fondo della valle
penetra negli strati ghiaiosi, scorre in falde
sotterranee ed affiora a valle dove i terreni
permeabili lasciano spazio a quelli impermeabili,
dando così origine al fenomeno delle risorgive.
1.1.1 Perchè ciclabile :
La scelta del ciclabile deriva innanzitutto
dal fatto che si tratta di aree naturali che
non avrebbe senso fossero attraversate
da veicoli inquinanti, dalla lunghezza del
tragitto che è di 8 km quindi non eccessiva
da richiedere altri mezzi eventuali e dalla
volontà di incentivare lʼuso della bicicletta
come mezzo di spostamento.
La bicicletta infatti con un peso medio di
13 kg trasporta una persona mentre unʼ
auto deve prima di tutto spostare le sue
circa 2 tonnellate e ha bisogno dello spazio
di 20 biciclette per parcheggiare;
se consideriamo inoltre che il percorso
medio giornaliero compiuto per spostarsi
in una città italiana va in media dai 3
ai 5 km e che la velocità di un auto nei
grandi centri città non supera i 25 km
orari, lʼautobus i 15 km e che la bicicletta
può raggiungere benissimo i 15 km orari
senza inquinare, facendoci fare esercizio
parcheggio, possiamo dire che ha tutte le
caratteristiche per poter essere il mezzo
più conveniente per spostarsi in città.
L’ Italia però ha uno dei più alti
indici di motorizzazione al mondo,
mentre a New York più della
metà delle famiglie non possiede
un’ auto (a Manhattan oltre il
75%) e gli spostamenti a piedi e
in bicicletta raggiungono il 21%
di tutti gli spostamenti all’interno
della città, in Italia raggiungono
a malapena il 4%.
Viene da chiedersi perchè allora un mezzo così
vantaggioso viene sfruttato così poco dagli italiani?
Secondo uno studio di Legambiente il 23% userebbe
di più la bicicletta a patto che ci sia una vera rete di
quindi più sicurezza e il 13% se avesse distanze più
brevi da percorrere.
Da queste risposte si capisce che basterebbe
migliorare lʼapparato di piste ciclabili nelle città
italiane rendendolo innanzitutto meno frammentario.
Questo infatti è lʼelemento fondamentale: se pur
lʼestensione delle piste ciclabili italiane sia triplicata
dal 2000 a oggi (da 1000 a 3.230 km) la percentuale
degli spostamenti urbani in bici è rimasta immutata:
4%.
Detto ciò ‘La Cotonabile’ vorrebbe diventare,
creando dei tratti ciclabili che seguendo il fiume
corrono in mezzo al verde e si agganciano ai
tratti di piste già presenti, un’ alternativa alle
strade principali più trafficate offrendo anche
la possibilità di riscoprire luoghi altrimenti
sconosciuti.
Altro elemento fondamentale è la velocità di
spostamento in bici, 15 km orari, che permette
di catturare senza fatica gli elementi grafici
che ‘invadono’ e segnalano ‘la cotonabile’ e le
architetture che vuole evidenziare.
1.2
BREVE APPROFONDI MENTO SUL FIUME
Per poter capire l’importanza che avrebbe la
bisogna parlare, anche se brevemente, della loro
storia e per poterlo fare è necessario iniziare dal
di queste industrie e che dà il nome alla città
di Pordenone: Portus Naonis, Porto sul Naon
(Naone, Noncello) e a quella di Cordenons, Corte
sul Naon.
6
imprenditoriali che richiedevano investimenti
per la regolazione e la gestione delle acque
scorrenti in fabbricati , e delle macchine,
investimenti nel ciclo produttivo e a volte in
quello commerciale.
[…] Si dice che la presenza delle risorgive e
comunità ma solo la volontà di utilizzazione
delle acque ha potuto volgere quella condizione
Il paesaggio è dunque il segno
dell’investimento di detentori di capitali e di
lavoro degli esperti delle costruzioni idrauliche
e di quelli delle lavorazioni specializzate.’
‘archeologia industriale a Pordenone /
Acque e fabbriche dal XV al XX secolo’
“Pordenone esiste in un luogo
irregolare in pendio,circondato
da correnti d’acqua numerose e
limpidissime, perenni e grosse, che
costituiscono un immenso tesoro
di forza a buon mercato, del quale
non può vantarsi nessuna città del
Veneto, se si eccettui Treviso. E se
in tutte le altre città hanno correnti
d’acqua, o manca in esse la perennità
o la limpidezza od il necessario
declivio.”
Abate Vincenzo Marin in una relazione del 1867.
La pianura di Pordenone può essere ripartita in due
zone geografiche, alta e bassa pianura;
Il loro limite è segnato dalla ‘linea delle risorgive’
dove nascono la maggior parte dei fiumi.
Le due aree sono diverse non solo per la differente
Panorama di Pordenone di fine ‘800
Il Noncello che attraversa Pordenone trae origine
dalle risorgive che si trovano a Cordenons in
località Vinchiaruzzo (vinciarùs: boschi di salici),
a circa un chilometro dalle zone sorgive pur
essendo un modesto corso d’acqua già veniva
sfruttato dall’ Ex Cotonificio Cordenonese
Cantoni (che sfruttava inoltre l’acqua delle
risorgive presenti all’interno dell’area del
cotonificio).
Nella località di Torre però assume le
caratteristiche di un vero e proprio fiume che
viene deviato nel canale artificiale del secondo
cotonificio dismesso che si incontra lungo il corso
d’acqua, l’ Olcese Veneziano Di Torre, per poi
continuare a scorrere nel parco fluviale che si
estende dietro all’area abbandonata.
Il canale, ora diventato corso principale, si
ricongiunge all’alveo originale dopo aver
attraversato la terza area dismessa, quella dell’ Ex
Cotonificio Amman a Pordenone.
Quest’ultimo sfruttava inoltre l’energia data
dall’acqua dell’omonimo canale, creato
appositamente per gli scopi energetici del
cotonificio, che attraversava e tutt’ ora attraversa
la Cartiera Galvani di Cordenons ancor oggi
in piena attività, per poi ‘tuffarsi’(è tenuto in
quota da un canale sopraelevato) nella centrale
idroelettrica ancora in uso dell’ex cotonificio
pordenonese.
Da qui in poi il fiume prosegue raccogliendo le
acque delle risorgive interne all’area urbana,
quelle presenti nella località di Rorai, dove si
trova il 4° ex cotonificio, la Tessitura dell’
Olcese Veneziano, e quelle di altri piccoli canali
per poi lasciare Pordenone con una portata
perenne e abbondante in un alveo tortuoso che
7
PROGETTO
. . . E SUI COTONIFICI
in primavera ed autunno sostiene portate molto
grosse.
Dopo un percorso complesivo di 15 km il Noncello
1.3
Al principio periferiche rispetto il centro cittadino
ma ‘centrali’ per la vita della città e delle frazioni
che le ospitavano, queste ex fabbriche di cotone ora
sono centrali a livello urbanistico perchè sono state
inglobate dalle città cresciute e ‘periferiche’ perchè
abbandonate, non più ‘rilevanti’ per la vita cittadina
che spesso non sa o si dimentica della loro ora
silenziosa presenza.
Livenza per poi raggiungere l’Adriatico.
lunga 150 km che, grazie alla sua abbondanza e
profondità, permetteva un regolare servizio di
barche (burchielli) fra Pordenone e Venezia.
Qui in varie epoche di porti e approdi ne sono
apparsi e scomparsi parecchi: il primo risale
all’epoca romana ed era situato nella località
di Torre mentre, dopo vari spostamenti, risale
all’anno mille quello di Pordenone (Portus
Naonis) che ha dato origine al nucleo medievale
da cui poi si è sviluppata la città.
non solo a livello paesaggistico, per le varie
costruzioni e ampliamenti dei fabbricati e per i vari
al meglio la loro forza (quindi anche innovazione
energetica e tecnologica), ma anche a livello sociale
1.
lo spostamento dai campi alla città, e l’assunzione
soprattutto di manodopera femminile (l’80% era
composto da donne e il 20% da uomini più che
altro addetti alla manutenzione e alla gestione dei
macchinari) portò a molte lotte per il riconoscimento
della parità dei diritti sul lavoro.
2.
Città che inizialmente si è sviluppata integrando
le fortune mercantili con le attività artigianali
rogge più piccole per produrre energia meccanica
(grazie ad un dislivello di 60 m tra la fascia delle
risorgive ed il centro di Pordenone) per le pale dei
mulini e per il funzionamento dei magli (pseudo
martelli meccanici che agiscono mediante urto).
Nel ‘600, accanto alle attività consolidate come
la lavorazione di oro,ceramica, seta e lana, si
svilupparono molte cartiere mentre a metà ‘700 la
lavorazione della seta sostituì quella della lana.
Nell’800 invece si cominciò ad utilizzare la forza
dell’acqua non solo come forza meccanica ma
anche per la produzione di energia elettrica
(tra cui il Lago della Burida costruito per il
Veneziano di Rorai) sfruttati da una nuova
organizzazione di tipo industriale con la nascita di
IN QUESTA PAGINA
1. antico porto di Pordenone con ‘burciello’,
imbarcazione tipica veneta.
2. particolare dell’entrata del Cotonifico Amman
3. sfioratore del bacino Amman
A PAG.10
in alto: veduta del cotonificio di Torre
in basso: uscita dal lavoro degli operai
8
3.
QUADRO GENERALE
Alla base della costruzione di queste grandi aree
industriali nella allora provincia di Udine c’erano
varie motivazioni:
la possibilità dei vantaggi fiscali garantiti
dallo stato (all’epoca il Regno d’Italia concedeva
vantaggi fiscali alle zone appena annesse al regno),
l’abbondanza di acqua per alimentare l’industria,
un microclima umido adatto alla filatura del cotone,
una manodopera qualificata a basso costo (in Friuli
c’era una grande tradizione della filatura di lino,
lana e canapa), la disponibilità di una vasta area
non urbanizzata dove piegare la natura ai bisogni
dei cotonifici e la posizione strategica rispetto alle
principali vie di comunicazione con Friuli, Veneto e
non solo.
In particolare il Cotonificio Amman & Wepfer di
Pordenone era situato vicino al porto su una delle
principali vie fluviali usate dalla Serenissima per il
trasporto di legname dai boschi prealpini all’Arsenale
(i burchi o burchielli, imbarcazioni tipiche, facevano
la spola Pordenone-Venezia circa due volte a
settimana), sulla direttrice Milano-Trieste che
collegava Pordenone ai centri economici più vivi e
dinamici di Lombardia, Veneto e Litorale Giuliano, e
sulla linea ferroviaria Pordenone-Treviso inaugurata
nel 1855.
Il cotonificio Amman merita un approfondimento
particolare non solo perchè era il complesso più
grande della zona e uno dei più importanti e
produttivi d’Italia (da 5000 fusi iniziali a 20.000,
tant’è che Pordenone era stata soprannominata
all’epoca la Manchester italiana), ma anche perchè
a livello architettonico si differenziava da quelli di
Cordenons, Torre e Rorai.
1877 del cotonificio di Pordenone che si articola
in un solo piano, implicando un’area edificabile
maggiore ma facilitando la circolazione della
merci e la costruzione stessa grazie ad un sistema
semplice e ripetibile in cui le colonne in ghisa
sostituiscono i pilastri in mattoni e le coperture
a shed sostituiscono i solai permettendo una
maggiore illuminazione ed areazione dei locali.
Si passa dunque da strutture verticali
a strutture orizzontali.
sotto: disegno dell’architettura d’entrata dell’Amman
in alto: architettura dei mulini inglesi di fine ‘800
Fino a quel momento l’architettura ‘tipica’ di opifici,
filande, tintorie, setifici si rifaceva a quella delle
‘workhouses’ inglesi dove si concentrava il lavoro di
poveri e vagabondi, con una struttura a più piani,
modulare e razionale che consentiva di gestire in
modo funzionale le moderne attività lavorative
e di esercitare in modo ferreo il controllo delle
maestranze.
Questa tipologia strutturale ereditava la propria
tecnologia direttamente dall’esperienza dei mulini
idraulici, il mulino era dunque il prototipo di edificio
industriale.
E’ da questa base che nasce nel 1875 lo stabilimento
di Torre, composto da sale lunghe e strette disposte
su più piani per distribuire in senso verticale la forza
meccanica.
Anche se a pochi anni di differenza la tecnologia
più avanzata, dalla trasmissione verticale si passa a
quella orizzontale, permette una semplificazione del
processo lavorativo, della distribuzione del prodotto
e della tipologia degli edifici.
Su queste caratteristiche si basa la costruzione nel
9
PROGETTO
QUADRO GENERALE
L’impianto conosce in poco tempo un certo
sviluppo e un conseguente allargamento delle
proprie superfici, arrestato in seguito da una serie
di eventi storici come la Grande Guerra e quella
di Libia, che, oltre a minare l’assetto generale
del Regno, ne compromettono anche l’industria
tessile: da ciò scaturisce la crisi dell’opificio,
acquistato poi dal Cotonificio Olcese Veneziano,
che nel 1940 rileva anche le sedi di Torre e Rorai.
L’architettura, non solo del cotonificio Amman,
aveva anche un importante significato sociale:
l’ordine interno delle sale con planimetria
semplice ed unitaria, l’ubicazione di colonne
e macchinari creavano un ambiente asettico
e razionale che garantiva un severo controllo
delle maestranze, rigore e funzionalità facevano
perdere la percezione di spazio e tempo, mentre
l’aspetto esterno della struttura appariva più
accogliente grazie agli ampi cortili, facendo così
apparire l’ambiente di lavoro più familiare e
libero.
1.2.1 Condizioni di lavoro
e lotte operaie
Nonostante questo aspetto ‘familiare e libero’
il lavoratore all’interno dei cotonifici non
aveva certo vita facile:
Intorno agli anni ‘20 la giornata di
un operaio consisteva mediamente
in 12 / 13 ore di lavoro giornaliere,
appesantite dall’insalubrità degli
ambienti di lavoro con temperature
costanti di 25-30 gradi e un ‘umidità
del 70%, condizioni indispensabili per
una buona lavorazione del cotone ma
dannose per il lavoratore colpito più
comunemente da malattie dell’apparato
respiratorio, reumatismi, artrosi.
A tutto ciò si aggiungeva la disparità dei salari:
la paga di una donna era inferiore del
20% rispetto a quella di un operaio e
tale situazione si sarebbe protratta fino
all’inizio degli anni Settanta e oltre,
nonostante la forza lavoro nei cotonifici
locali fosse costituita mediamente per l’
80% da donne.
Tutti questi elementi portarono ben presto a scioperi
e rivolte compatti e durevoli, è importantissimo il fatto
che fossero per la maggior parte lotte organizzate e
volute dalle donne, in tutti cotonifici per conquistare
uguaglianza e sicurezza.
Nel cotonificio Amman gli scioperi iniziarono già dai
primi anni del ‘900:
-1906 per il prolungamento del riposo di
mezzogiorno
-1907 per la modifica dei salari.
-1921 per l’occupazione di Pordenone da parte
delle squadre fasciste
-1922 per l’aumento della paga e per la modifica
dell’ orario lavorativo.
-1924 sciopero delle tessili per i diritti
d’infermità e vecchiaia.
Scioperi che aumentarono dal 1927, dopo la
ricostruzione postbellica, quando la direzione del
Cotonificio passò ai fratelli Brunner che, in accordo
con il sindacato unico fascista, non ascoltarono le
voci operaie e imposero pesantissimi carichi di lavoro,
salari più bassi e frequenti licenziamenti, cancellando
tutti gli sforzi fatti con le numerose battaglie degli
anni precedenti.
La risposta operaia fu scontata: quindici giorni di
agitazioni e fermate seguiti da un mese di sciopero
sostenuto dal partito comunista clandestino e
dall’appoggio morale degli antifascisti, assumendo
così anche uno scopo politico contro organi di partito
e di governo.
Mussolini si rivolse così agli scioperanti:
‘Operai cotonieri di Pordenone, quanto avete
commesso è stolido, vergognoso, indegno.
Ascoltate ed eseguite l’unico ordine che il fascismo vi
può dare: riprendere immediatamente con disciplina e
tranquillità il lavoro.’
macchina per la filatura continua ‘ring’ fine ‘800 inizio ‘900
10
La disapprovazione di Mussolini portò
alla chiusura dello stabilimento, al
licenziamento i tutti gli operai e all’arresto
dei riottosi.
L’unica
soluzione
possibile
era
la
stipulazione di un accordo che non fu
mai approvato a causa dell’opposizione
mussoliniana alla vittoria popolare, così il
cotonificio venne riaperto e la situazione
non cambiò.
Nell’estate del 1944 la situazione
si inasprì notevolmente, oltre che
per le condizioni lavorative e per i
ritardi nella retribuzione, soprattutto
perchè i tedeschi volevano togliere
i macchinari dalle filature per
trasferirli in Germania, sarebbe
stato un colpo molto duro per
l’economia locale.
Per questo fu organizzato uno sciopero
che coinvolse tutti i cotonifici della zona,
l’oragnizzatrice era Nella Carli che ricorda:
‘L’adesione fu totale. C’era tanta paura,
ma la voglia di manifestare per i nostri
diritti era tanta che vincemmo la paura’)
iniziando anche ad organizzarsi meglio dal
punto di vista sindacale e politico:
era in atto una trasformazione sociale.
L’idea di dominare su una classe sociale
costantemente subordinata, che avrebbe
sopportato qualsiasi disparità, si rivelò
un’insensata utopia che si dissolse
definitivamente nel ‘54 quando operai di
diversi cotonifici, espandendo la protesta
anche alle zone periferiche grazie anche
all’appoggio dei commercianti locali,
si opposero ad un licenziamento non
motivato di 3000 persone riuscendo ad
ottenere nuovamente l’incarico.
Da una situazione di disagio e di noncoscienza della massa popolari, di una
regione sprovvista si industrie e centri
urbani forti (l’unico era Trieste da sempre
polo commerciale importante) si passa ad
una crescita costante di consapevolezza,
soprattutto
per
quanto
riguarda
l’emancipazione femminile, dei propri diritti
in una società civile degna di questo nome.
11
PROGETTO
NAMING
2.1
2.2
LOGO
PRATICA
Il nome scelto per queto progetto vuole innanzi tutto
far intuire già dal primo momento, anche se solo in
minima parte, che con che cosa si avrà a che fare:
IL COTONE, materia prima che ha fatto la fortuna
del territorio pordenonese per tutto il secolo scorso
dando vita ad uno dei poli industriali itaiani più
produttivi di inizio ‘900.
Pensando allo spostamento di questa materia prima
e dei conseguenti smistamenti una volta lavorata,
vengono in mente i vecchi mezzi e vie di trasporto:
anche treni e ferrovie (tutt’ora in uso anche se molto
meno utilizzati rispetto un tempo) sulle quali questa
viaggiava.
Il logo della cotonabile utilizza lettering e icona
per poter esprimere al meglio le fondamenta del
progetto.
Il carattere utilizzato è stato ‘estrapolato’
direttamente da un etichetta che veniva utilizzata
essendo graziato e leggermente allungato verso
l’alto ha un aspetto incisivo e allo stesso tempo
elegante così da richiamare i principi dell’azienda.
Sotto al nome troviamo l’icona:
di trasporto tipico della cotonabile, vuole dare
forma ai due elementi a cui si riferisce il nome
soprastante: il cotone e la bicicletta (ciclabile),
cercando così di aggiungere elementi per poter
capire cosa si nasconde dietro al logo.
Come le vecchie vie di comunicazione avevano un
2
PRATICa
che era accaduto lungo il percorso o in base ai
mezzi che vi passavano o i luoghi in cui portavano
( le antiche vie romane Appia, Cassia, o i termini
come ‘camionabile’, carrozzabile, ciclabile) così ‘LA
COTONABILE’ vuole darsi un’identità basandosi su
ciò di cui si ‘occupa’.
Si tratta di un percorso ciclabile, una parte del nome
vuole indicare questo aspetto, che ripercorre la
comunicazione e percorso da seguire.
Il concetto di mezzo di trasporto + materia
trasportata viene ripreso anche dall’icona presente
nel logo.
La forma e l’impostazione si rifanno
principalmente a due tipologie di marchi di inizio
e metà ‘900:
Agli adesivi per valigie che i primi enti turistici,
hotel o luoghi di villeggiatura davano ai visitatori
o clienti dagli anni ‘20 in poi come gadget ricordo
del posto e come forma di pubblicità che ha creato
un vero e proprio immaginario e stile dell’epoca
tra forme ovali, caratteri particolari e colori molto
spesso forti per richiamare l’attenzione.
E’ come se le valige diventassero una specie di
diario di viaggio della persona e gli adesivi le
testimonianze lasciate dai vari posti visitati.
Questo è ciò che il logo della cotonabile vorrebbe
rispecchiare, quest’epoca di fermento, di trasporti
e viaggi che corrisponde con il periodo più
quella di marchio, di caratterizzazione della cosa
da pubblicizzare.
L’altro tipo di immaginario a cui il logo si è
ispirato è quello delle targhette in alluminio per
biciclette su cui veniva inciso il nome della ditta
di produzione o, a metà ‘900, la targa vera e
13
PROGETTO
PRATICA
propria della biciletta.
Il logo ‘cotonabile’ si rifà alla forma ellittica di
queste vecchie targhe, realizzate così per poter
essere applicate più facilmente alla bici.
Il lettering
RIDIMENSIONAMENTO
utilizzato è stato ripreso da
questa etichetta del Cotonifico Amman di
fine ‘800 che veniva applicata ai pacchi
di filato di cotone.
Il colore scelto è un grigio antracite, che richaima
l’asfalto quindi la strada e il percorso.
Quando però viene riprodotto a stencil i colori
utilizzati sono bianco e nero:
bianco per il fondo,perchè risalta di più e si adatta
a qualsiasi tonalità vi sia, visto che le superfici su
cui verrà fatto lo stencil del logo o comunque del
lettering sono differenti: da asfalto a mattoni, a
muro di sassi, cemento, ecc. ;
inoltre è un colore neutro che non creerebbe
confusione una volta accostato alla segnaletica
stradale che deve rispettare codici ben precisi
e non può creare dubbio o indecisione a chi ne
usufruisce.
Il nero serve per definire il logo vero e proprio
sopra la sagoma bianca ( o comunque particolari
di altri elementi che hanno di base la sagoma
bianca ma richiedono uno ‘strato superiore’ più
particolareggiato e descrittivo).
100 %
75 %
Sono colori basici che non vanno ad creare
surplus di tinte o toni in un ambiente che è già di
per sé molto differnziato.
50 %
25 %
15 %
La forma
del logo richiama:
i vecchi adesivi anni ‘20 / ‘30 che hotel
e luoghi turistici davano a visitatori o
clienti (a sinistra)
e le vecchie targhette d’alluminio
applicate alle bicilette con il marchio
della ditta di produzione (a lato una
targhetta ‘Aprilia’)
o con il numero di targa (targa spagnola
della città di Avila del 1956
VERSIONE STENCIL
COLORI
C.0, M.0, Y.0, K.0
stampato
C.70, M.62, Y.59, K61
C.0, M.0, Y.0, K.0
stencil
C.100, M.100, Y.100, K.100
L’ icona è il riassunto dei due elementi
chiave presenti nel nome ‘La Cotonabile:
il cotone e la bicicletta (ciclabile).
14
15
2.3
PROGETTO
LETTERING
PRATICA
FAMILIAR PRO
TIPOGRAFIA AMBIENTALE, STENCIL E
WRITING
molto antica, si pensi all’iscrizione sulla Colonna
Traiana (106-113 d.c.), informa, decora e
promuove idee o eventi.
Paula Scher (Studio Pentagram N.Y.) designer
il New Jersey Perfoming Art Centre (NJPAC),
per il quale ha preso ispirazione dai vecchi
teatri londinesi dipinti con annunci e rivestiti da
biglietti e dal centro commerciale GUM di Mosca
progettato da Rodchenko che fece dell’intera
struttura un poster costruttivista, da caratteri
vintage ecc, dice:
‘le città sono come riviste, le pubblicità
e i contenuti editoriali devono essere
combinati in modo appropriato.’
tutto il globo, e che può essere considerato anch’esso
vandalismo, sta negli ultimi anni , anche grazie
alla sua ‘forma più dolce’ come potrebbe essere la
STREET ART, avendo un riconoscimento come
forma d’arte e d’espressione che rispecchia il
linguaggio più diretto e incisivo degli ultimi decenni.
Street art e writing utilizzano l’ambiente esterno e i
supporti urbani o ambientali come campo d’azione
per rendere il più diretto e visibile possibile il
messaggio che vogliono dare.
Metodi e luoghi di queste due forme d’espressione
sono diventate fonte d’ispirazione per pubblicità e
marketing: il fenomeno di guerrilla marketing che
viene sempre più utilizzato si basa su questi due
fenomeni riprendendone ‘il martellamento’ del
messaggio, più lo diffondo più è riconoscibile, e a
volte l’illegalità.
Writing e street art utilizzano diverse tecniche, dagli
spray del writing agli stickers e stencil della street art.
Lo stencil, ossia un supporto che permette al colore
di passare solamente dove viene forato, quindi una
maschera, è una tecnica che ha radici lontanissime
e che nel tempo si è trasformata a seconda di utilizzi
ed esigenze (era diffuso ad esempio nella ritrattistica
dell’America coloniale e ha conosciuto largo impiego
dopo che Man Ray negli anni ‘20 la utilizzò per i suoi
fotogrammi).
TIPOGRAFIA AMBIENTALE e STENCIL
sono i due elementi base per la realizzazione pratica
del progetto Cotonabile:
Trattandosi di un percorso visivo / informativo, il
orizzontale, la strada, e verticale le architetture dei
Utilizzato sul percorso ciclabile per le informazioni
pratiche che lo riguardano (km, direzioni,ecc),
si rifà ai caratteri lineari ‘sens serif’ utilizzati dalla
segnaletica stradale , alla loro semplicità che permette
una facile e diretta decodificazione del messaggio.
ABCDEFGHIJKLM
NOPQRSTUVWXYZ
abcdefghijklmnopqrstuvwxyz
123456789
BISTECCA
Utilizzato solamente per informazioni riguardanti il
fiume, nei punti di attraversamento o a contatto con
esso, e per i testi che riportano testimonianze dirette
degli ex lavoratori dei cotonifici.
Fiume ed ex operai hanno la possibilità di raccontare in
prima persona le loro vicende attraverso questo carattere
che con l’eleganza delle sue grazie richiama tempi ormai
passati.
A B C DE F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z
abcdefghijklmnopqrstuvwxyz
123456789
COOLVETICA
lungo il percorso.
Tutte le informazioni ‘verticali’ quindi su parete, che
riguardano i cotonifici utilizzano questo carattere che
come il ‘familiar pro’ si rifà ai caratteri della segnaletica
stradale, in questo caso non usata orizzontalmente su
strada ma verticalmente su muro.
a stencil per poter aderire completamente alla
toccati da questi messaggi diventano i fautori del
messaggio stesso senza nessun tramite di altro tipo.
L’utilizzo di questa tecnica deriva inoltre dal fatto
alle impalcature che nascondono i cantieri,
ricoperte da enormi striscioni pubblicitari o
artistici, o alle centinaia di cartelloni pubblicitari
sparsi tra vie e palazzi che sempre più stanno
diventando, soprattutto negli ultimi anni, spazi
preziosi per arte e design, per cause sociali o
missioni personali.
La ‘missione personale’ unita all’utilizzo del
lettering sta alla base del WRITING, fenomeno
che dagli anni ‘80 è dilagato dagli Stati Uniti a
16
ambienti che di materiali o macchinari, era realizzata
con questo metodo.
Lo stesso che viene usato per la segnaletica stradale
che per la Cotonabile assume un ruolo oltre che
indicativo anche esplicativo.
Il WRITING entra a far parte del progetto in
quanto le ex aree industriali ora sono diventate delle
vere e proprie palestre dall’allenamento per writer di
tutto il nord Italia:
sono infatti il sogno per chiunque si cimenta per le
ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ
abcdefghi jklmnopqrstuvwxyz
123456789
prime volte con spary e lettering ma anche per chi di
esperienza ne ha molta ma vuole poter ‘prendersela
comoda’, grazie alla disponibilità di superfici enormi
e l’isolamento del luogo che hanno dato vita ad una
‘walls of fame’ – aree a volte legali o come in questo
caso illegali dedicate al writing- tra le più grandi del
nord-est.
Possiamo quindi definire ‘La Cotonabile’ come
una grande operazione che mixa tipografia
ambientale , infografica, segnaletica con lo scopo
oltre che di recuperare realtà storiche, anche di
far interagire vecchio, cotonifici, e nuovo, writing,
riconoscendolo come ormai par integrante della
storia più vicina di queste aree.
17
2.4
PROGETTO
MAPPA
PRATICA
Per poter orientarsi lungo il percorso è stata
disegnata una mappa che evidenzia il tragitto da
La mappa cartacea, stampata su foglio A3
orizzontale (vedi allegato al fascicolo), una,volta
piegata verticalmente 4 volte e successivamente 1
volta orizzontalmente, ha una misura grandezza
circa.
Sul retro il foglio presenta uno ‘zoom’ sul centro
maggior interesse.
Particolari della vista all’arrivo
nei cotonifici
Chilometri e tempo di percorrenza
Mappa pieghevole del percorso
Retro con spiegazioni pratiche riguardanti ‘la cotonabile’ e il ‘bikesharing
Una versione più stilizzata si incontra invece,
da poter indicare al visitatore a che punto del
percorso si trova.
Quest’ ulima a differenza dell’altra è costituita
solamente da 3 colori per facilitarne l’applicazione
a stencil su muro (vedi esempio a pag.).
18
19
2.5
PROGETTO
PRATICA / EX COTONIFIO MAKO’
APPLICAZIONI
Nelle tavole successive si vedrà come lettering
e illustrazioni a stencil dovrebbero essere
Come già detto al principio, gli elaborati che
seguiranno riguarderanno tratti stradali già
esistenti, e non i tratti di tragitto ‘ideale’,
interamente in aree verdi.
Una cosa fondamentale di questo pregetto è l’assenza
di carteli per la segnaletica, quaest’ ulitma sfrutta
quella già presente sui tratti ciclabili esistenti e
dove questa manca, utilizza solamente e lementi
Nelle pagine seguenti si potranno vedere le
applicazioni previste per ciascun cotonificio, ed
alcuni tratti intermedi tra un’area e l’altra.
Nel posizionare lettering e grafiche sono stati presi
in considerazione solo i punti perimetrali e quindi
facilmente accessibilidelle ex fabbrciche per garantire
l’incolumità del visitatore, in quanto le strutture
ancora presenti sono a rischio di crollo.
marciapiedi, eec.
2.5.1 Riferimenti
Qui di seguito troviamo due progetti realizzati,
uno in Portogallo e uno in Italia, applicati a
piste ciclabili.
Sono stati degli spunti per il progetto
‘la cotonabile’ in quanto oltre a fornire
indicazioni ed informazioni pratiche sul
tragitto, lo caratterizzano e gli danno una forte
riconoscibilità grazie ai differenti elementi che
si sono distribuiti in esso.
Qui di seguito invece vediamo uno degli stencil che si
possono trovare sul ‘Muro di Sormano’, salita molto
ripida che venne utilizzata per alcuni anni come tratto
per il giro d’Italia ma che venne poi abbandonata per la
Il tragitto, sistemato da alcuni anni, è diventato una
sorta di ‘museo all’aperto’ con citazioni di famosi ciclisti
e informazioni sull’ambiente naturale circostante che
cambia molto dalla partenza al’arrivo perchè il dislivello
è molto grande.
Vengono quindi riportate le varie altitudini e le piante
che vi si possono trovare.
EX COTONIFICIO
MAKO’ DI
CORDENONS
(IN SEGUITO CANTONI)
1
PRIMA EX AREA INDUSTRIALE E PUNTO
DI PARTENA DEL PERCORSO
Il primo progetto è stato realizzato in un
tratto di pista ciclabile lungo 7 km a Porto, le
orizzontali, in alcuni punti si possono trovare
anche su parete.
20
21
Mappa stilizzata con indicato il punto in cui ci si trova.
Indicazioni riguardanti il percorso e applicazione su pista ciclabile (in alto)
il chilometro a cui ci si trova
e quelli mancanti per arrivare nei successivi cotonifici.
Sotto il logo ‘stencil’ applicato a
sinistra del cancello d’entrata.
Qui a lato:
il lettering segue l’architettura
dell’edificio, le ‘I’ sono ricavate
dalle colonne che sporgono dal muro.
In alto si può vedere come lettering
e grafiche occupino tutta la
facciata del cotonificio.
PROGETTO
PRATICA / EX COTONIFIO MAKO’
24
Ponte sul fiume in prossimità del
cotonifico di Torre,
Si intravede la scritta applicata ai muri
esterni del cotonificio.
Quelle più grosse invece lungo tutto il
percorso per indicarne la direzione.
Le frecce più fine vengono utilizzate
solamente in relazione con il fiume.
Primo ponte sul Noncello, sul retro del
cotonifico cordenonese, con applicato il
lettering che ‘buca’ il colore,
rispetto alle applicazioni su parete è in
negativo
Ogni volta che la Cotonabile attraversa il
fiume dà informazioni su di esso.
PROGETTO
PRATICA / EX COTONIFIO OLCESE VENEZIANO DI TORRE
(PRIMA BELOZ E BLANCH)
EX COTONIFICIO
OLCESE VENEZIANO
DI TORRE
2
SECONDO EX COTONIFICIO, ‘SEDE
STACCATA’ DEL COTONIFICIO DI
PORDENONE
25
Indicazioni sulle distanze del percorso (come in quello di Cordenons)
Applicate sul viletto che costeggia il muro con il nome del cotonificio.
Stencil della pianta di cotone e
spiegazioni riguardanti ad esso
sulla superfice di un passaggio
murato.
Mappa stilizzata della Cotonabile a
terra davanti al cancello d’entrata.
Attraversamento ‘cotonabile’ di
fronte al vialetto d’entrata del
cotonifico di Torre.
PROGETTO
PRATICA / EX COTONIFIO OLCESE VENEZIANO DI TORRE
28
A lato: la vista dopo il sottopassagio
lascia intravedere la ciminiera del
cotonifico di Pordenone.
Lungo il percorso si trovano degli stencil
che illustrano alcuni tipi di ‘abitanti’
del fiume, in questo caso un gambero di
fiume.
Stencil e lettering applicati sulle pareti
del sottopassaggio.
Sottopassaggio all’interno del parco del
seminario, strda che attravrsa il parco
fiancheggiata dal corso originario del
Noncello, prima che fosse deviato per
sfruttrlo energeticamente.
PARCO DEL SEMINARIO CHE SI ESTENDE TRA I COTONIFICI DI TORRE E PORDENONE
Attraversamento
del fiume sulla
strada che
costeggia il
lato sinistro
del cotonificio.
Qui il corso
del Noncello è
stato deviato
per poterlo
sfruttare
direttamente
all’interno
della fabbrica.
PROGETTO
PRATICA / PARCO DEL SEMINARIO : TRA LA IL 2° E IL 3° COTONIFICIO
PROGETTO
PRATICA / EX COTONIFICIO OLCESE VENEZIANO DI PORDENONE
EX COTONIFICIO
OLCESE VENEZIANO
DI PORDENONE
(PRIMA AMMAN E WEPFER)
3
IL TERZO ED IL PIU’ GRANDE
COTONIFICIO, CONFINA CON IL PARCO
DEL SEMINARIO
Viale d’ingresso al cotonificio, di cui si
intravade la Torre dell’Orologio in fondo.
(vedi pagina che segue con testo sul pavimento
della Torre).
In questa foto, a sinistra, la portineria dove
era obbligatorio passare per registrare il
proprio accesso in fabbrica.
(vedi pagina con’Tutte le applicazioni’)
Nella pagina successiva in basso:
entrata secondaria sul lato sinistro con
relative applicazioni.
30
PROGETTO
PRATICA / EX COTONIFICIO OLCESE VENEZIANO DI PORDENONE
Mappa fi fronte all’ingresso del cotonifcio
PROGETTO
PRATICA / TESSITURA DELL’OLCESE VENZIANO
EX TESSITURA
DEL COTONIFICIO
OLCESE
4
LA QUARTA ED ULTIMA EX AREA
INDUSTRIALE, ERA LA ‘TESSITURA’ DEL
COTONIFICIO OLCESE DI PORDENONE
Entrata del Parco dei Laghetti di Rorai, un
tempo della proprietà della tintoria.
Quest’ultima non è così ben visibile come le
altre strutture perchè circondata dai laghetti
e dalla vegetazione.
Per questo la grafica qui può solo
‘indicarne’l’architettura ma non toccarla
direttamente.
Qui a sinistra: altra illustrazione a stencil
che indica un altro abitante del Noncello.
34
35
PROGETTO
PRATICA / TESSITURA DELL’OLCESE VENEZIANO
Ultimo piccolo tratto della Cotonabile:
da qui si può intravedere l’architettura della
tintoria, ultima tappa di questo percorso, breve
ma ricco di storie da raccontare e posti da
riscoprire.
All’interno del parco ci sono tre laghetti su
differenti livelli che fornivano elettricità alla
fabbrica.
Nella pagina seguente ci sono tutte le grafiche
che si trovano lungo il percorso.
PROGETTO
PRATICA / TUTTE LE APPLICAZIONI
TUTTE
LE APPLICAZIONI
PROGETTO
PRATICA / TUTTE LE APPLICAZIONI
IL
COTONE
‘arrivava da oltre mare’
dall’EGITTO
dal PERÙ
AMERICA
MEDIO ORIENTE
40
41
Libri
HELLER S., ILIC M., Anatomia della grafica,
Rockport Publishers 1, 2007
BIGATTON W. / BORDUGO M. /
LUTMAN G., Storia del cotonifico veneziano:
l’industria pordenonese Amman-Wepfer tra
Ottocento e Novecento.
Bibliotece dell’immagine, Pordenone 1994
CORAI I., Riannodare il filo del ricordo: racconti sul
cotonificio.
Associazione provinciale per la prosa, Pordenone
Classe V F indirizzo linguistico Liceo Scientifico
Grigoletti, Il Cotonificio veneziano: alle origini
dell’industria pordenonese.
Associazione provinciale per la prosa 2005
COMISINI M.C., Pordenone città d’acqua.
Tipolitografia Adriatica, Musile di Piave 1994
Riviste e giornali
Le Tre Venezie, rivista monografica multimediale
Il noncello, Cordenons, Pordeone, Porcia
Anno 10, 2003, n. 5
Grafiche Antiga Srl, treviso
Coop Consumatori, mensile, novembre 2010.
Articolo: ‘Soffocare di traffico’ di Fabbri Silvia.
Sette del Corriere della sera, pubblicazione
settimanale, 5 maggio 2001, n.18.
Articolo: ‘Da Vienna a Lignano in bici, tra fiumi e
sterrati: piste low cost’ di Salvia Lorenzo.
Siti e blog
COMUNEDI PORDENONE.IT
STORIASTORIEPN.IT
IEARTHATLAS.COM
ILIKEBIKE.ORG
HELLERSBOOK.COM
INDUSTRIALAB.BLOGSPOT.COM
3
BIBLIOGRAFIA
42
Scarica

tesi-invio-bassa - Storia Storie Pordenone