SUSSIDI
Marellianum
61
ANNO XV
GENNAIO –MARZO
2007
Atti del Corso per i nuovi Provinciali e Delegati
Roma, 16 -21 novembre 2006
&
Incontro degli Animatori Vocazionali e
dei Formatori dei Seminari Minori
India, 15 – 27 gennaio 2007
A Cura
del Centro Internazionale Giuseppino –Marelliano
degli Oblati di San Giuseppe
Via Boccea 364 - 00167 Roma.
1
PRESENTAZIONE
Presentiamo in questo numero speciale di “Marellianum” 61(XV) Gennaio – Marzo 2007,
gli atti di due incontri internazionali che abbiamo avuto in novembre 2006 a Roma e in gennaio
2007 in India: “Corso per i nuovi Provinciali e Delegati” (16 - 21 novembre 2006, presso la Casa
Generalizia – Roma) e “Incontro degli Animatori Vocazionali e dei Formatori dei Seminari Minori”
(15-27 gennaio 2007, presso Ashirbhavan, Kochi, Kerala –India). Nella prima parte offriamo gli
interventi principali per il “Corso per i nuovi Provinciali e Delegati”, nella seconda parte
presentiamo il messaggio dei partecipanti ai confratelli e quello del Padre Superiore Generale ai
partecipanti, le varie conferenze, le Relazioni dalle Province e Delegazioni sulla “Pastorale
Vocazionale” e sulla “Formazione nei Seminari Minori”. Speriamo che questi Atti aiuteranno non
soltanto i Provinciali e Delegati, Animatori Vocazionali e Formatori, ma tutti i nostri confratelli
come sussidi per la formazione permanente!
2
SOMMARIO
PRIMA PARTE : CORSO PER I NUOVI PROVINCIALI E DELEGATI
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
Partecipanti e programma
Introduzione ( P. Piscopo Michele)
La Preghiera in Congregazione (P. Severino Dalmaso)
L’esercizio dell’autorità nella Congregazione (P. Severino Dalmaso)
Omelia (P. Severino Dalmaso)
Segreteria Generale (P. Bronzini Giocondo)
Pastorale Vocazionale (P. Brian Crawford)
Formazione Iniziale e Permanente ( P. Sebastian Jacobi)
Pastorale Giovanile (P. Brian Crawford)
I Figli Spirituali del Marello… ( P. Gabriel Kamus)
Marketing ( P. Guido Miglietta)
pag. 4 -5
Pag. 6-10
Pag. 11-15
Pag. 16-20
Pag. 21-22
Pag. 23
Pag. 24-28
Pag. 29-35
Pag. 36-42
Pag. 43-44
Pag. 45- 51
SECONDA PARTE : INCONTRO DEGLI ANIMATORI VOCAZIONALI E DEI FORMATORI DEI
SEMINARI MINORI
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Partecipanti e programma
Messaggio del Padre Superiore Generale
Lettera dei Partecipanti
Famiglia, Scuola , Movimenti Ecclesiali …. (P. Brian Crawford)
Accompagnamento Vocazionale … (P. Brian Crawford)
Pastorale Vocazionale : le Sfide Pastorali (Prof. George Manalel)
Comunità di Accoglienza..
(P. Mario Guinzoni)
Progetto Formativo per l’Aspirantato .. (P. Sebastian Jacobi)
Pag. 53-54
Pag. 55 -56
Pag. 57
Pag. 58-72
Pag. 73-86
Pag. 87-90
Pag. 91-104
Pag. 105 - 121
RELAZIONI SULLA PASTORALE VOCAZIONALE
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Provincia “S. G. Marello” – Italia
Provincia “S. Famiglia ” – Italia
Provincia “St. Joseph” – Filippine
Provincia “N.S. Do Rocio” – Brasile
Provincia “Guardian of the Redeemer” – California
Provincia “Santo Toribio” – Perù
Provincia “Divina Misericordia” – Polonia
Provincia “St. Thomas” – India
Delegazione della Nigeria
Pag. 122-123
Pag. 124-125
Pag. 126-128
Pag. 129-134
Pag. 135-136
Pag. 137-139
Pag. 140-141
Pag. 142-144
Pag. 145-146
RELAZIONI SUI SEMINARI MINORI
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
Provincia “S. G. Marello” – Italia
Provincia “S. Famiglia ” – Italia
Provincia “St. Joseph” – Filippine
Provincia “N.S. Do Rocio” – Brasile
Provincia “Guardian of the Redeemer” – California
Provincia “Santo Toribio” – Perù
Provincia “N.S. De Guadalupe” - Messico
Provincia “St. Thomas” – India
Delegazione della Nigeria
Pag. 147
Pag. 148 -149
Pag.150-153
Pag. 154-156
Pag. 157-159
Pag. 160-162
Pag. 163-165
Pag. 166-168
Pag. 169 - 71
3
PRIMA PARTE
CORSO PER I NUOVI PROVINCIALI E DELEGATI
16–21 novembre 2006, Casa Generalizia – Roma.
Partecipanti
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
P. Luigi Marsero (Provincia “San Giuseppe Marello”, Italia)
P. Ferdinando Pentrella (Provincia “Santa Famiglia”, Italia)
P. Antonio Ramos de Moura Neto (Provincia “N.S. do Rocio”, Brasile)
P. John Warburton (Provincia “Guardian of the Redeemer”, California)
P. Enrique Luis Barragán Pérez (Provincia “N.S. de Guadalupe”, Messico)
P. Stanisław Kozik (Provincia “Divina Misericordia”, Polonia)
P. Dory Tubesa (Delegazione della Nigeria).
PROGRAMMA
Mercoledì 15 novembre 2006: Arrivo dei Provinciali/Delegati, prima di Cena.
Giovedì 16 novembre 2006 – Ritiro spirituale (Tutta la giornata)
Temi: Autorità come servizio (Cost. articoli 125, 128, 151, ecc.); Docilità alla volontà di Dio
(Cost. articoli 128,134,152,153, ecc); Ufficio di Insegnare, Santificare e Governare (Cost.
articolo 130) e Servire nello spirito del Fondatore San Giuseppe Marello.
Predicatore: P. Dalmaso Severino, OSJ
Ore 20.30: Condivisione spirituale
Venerdì 17 novembre 2006:
Ore 9.00 – 12.00 : Visita Canonica (Cost. 182) e Relazione Annuale al Superiore Generale
(Cost. 182) – P. Michele Piscopo, OSJ
Ore 16.00-19.00 : Doveri dei Provinciali/ Delegati (Reg. Gen. Art.115) – P. Giocondo Bronzini,
OSJ
Ore 20.45: Incontro di tutta la comunità della Casa Generalizia con i due Provinciali dell’Italia.
Sabato 18 novembre 2006:
Ore 9.00 – 12.00 : Delibere Capitolari (ultime) e Programma della Congregazione per il
Sessennio.
- Aggregati, Laici Giuseppini Marelliani : P. Gabriel Kamus,OSJ;
- Pastorale sociale e Comunicazione sociale: P. Guido Miglietta, OSJ
Ore 16.00-19.00: Delibere Capitolari (ultime) e Programma della Congregazione per il
Sessennio.
- Animazione Vocazionale (Cost.1, 16, 86, 87, 88, 89, 91, 92, 95, 105; Reg.31, 52, 53, 54,
56, 82, 85) e Pastorale Giovanile : P. Brian Crawford,OSJ
- Formazione Iniziale e Permanente : P. Sebastian Jacobi, OSJ
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Ore 20.45: Incontro di tutta la comunità della Casa Generalizia con i Provinciali di California,
Polonia e Nigeria.
Domenica 19 novembre 2006: Giornata libera
Lunedì 20 novembre 2006: Ore 9.00 -12.00 & 16.00-19.00
Segreteria, Documentazione e Archivio della Provincia/Delegazione – P. Bronzini Giocondo,
OSJ & P. Gabriel Kamus, OSJ
Ore 20.45: Incontro di tutta la comunità della Casa Generalizia con i Provinciali di Brasile e
Mexico.
Martedì 21 novembre 2006:
Ore 09.00-12.00: Economia (P. Sabu Meleth, OSJ) e Postulazione (P. Mario Pasetti, OSJ).
Ore 16.00-18.00: Centro Internazionale Giuseppino –Marelliano (Storia - P. Bronzini; Attualità
- P. Sebastian Jacobi,OSJ; Movimento Giuseppino P. Tarcisio Stramare, OSJ)
Ore 18.30 : Santa Messa conclusiva e festa finale.
5
I.
INTRODUZIONE
(P. Michele Piscopo, OSJ - Padre Superiore Generale)
Cari confratelli Provinciali e Delegato,
grazie per essere venuti fin qui. Sono molto contento di vedervi e vi accolgo con paternità e
stima. Stavo desiderando molto questo nostro incontro. In questi giorni vivremo una esperienza di
“fraterna vita comune” come le nostre Regole ci chiedono: insieme pregheremo, mediteremo,
dialogheremo, affronteremo varie problematiche. Tutti noi siamo stati “scelti” per svolgere una
missione tra i nostri confratelli: servirli in tutto. Sì, siamo dei servi. E il primo servizio che
dobbiamo dare ai nostri confratelli è quello del buon esempio. Per primi dobbiamo vivere con
coerenza la nostra vita consacrata; per primi dobbiamo dimostrare, in tutto ciò che facciamo e
diciamo, la nostra identità giuseppino-marelliana. Servire vuol dire anche accompagnare i nostri
confratelli, con paternità e decisione, nel cammino verso la santità; vuol dire evitare il pericolo del
frazionamento della nostra famiglia religiosa; vuol dire dimostrare a tutti che Provinciali/Delegati e
Superiore Generale siamo uno e che viviamo in comunione e collaborazione piena.
Benvenuti, quindi, a questa “scuola”, dove tutti, io e voi, impareremo meglio a servire, con
gioia e chissà con qualche sofferenza, i confratelli.
Il Diritto Canonico, le nostre Regole, le Delibere del Capitolo e vari Documenti ecclesiali
presentano quali siano i vostri doveri e i vostri diritti. In questi giorni, questi diritti/doveri vi
saranno presentati e spiegati dai membri del Consiglio Generalizio e della Curia. Qui io voglio solo
sottolineare alcuni aspetti che mi sembrano importanti.
1. Siamo una sola Famiglia e dobbiamo evitare, con tutte le nostre forze, il pericolo del
frazionamento.
L’unico Fondatore, l’unico Carisma e Spiritualità, le uniche Regole fanno sì che tutti noi
siamo membri di una unica famiglia Religiosa. Ma unità non vuol dire uniformità e
uguaglianza in tutto. E’ importante che il nostro Carisma e la nostra Spiritualità siano
inculturate nelle distinte realtà dove siamo chiamati a vivere la nostra vita consacrata e
apostolica. Non possiamo prescindere dalla storia del nostro popolo, dalla sua cultura, dalla
sua mentalità e dalla sua idiosincrasia. E’ vero che dobbiamo evangelizzare tutte le culture,
ma è anche vero che senza l’incarnazione nella vita del popolo e nel territorio saremmo
come degli extraterrestri. Penso che nessuno possa discordare dal fatto che il nostro Carisma
e la nostra Spiritualità debbano essere vissuti e tradotti in pratica in forma differente, a
secondo dei tempi e dei luoghi.
E’ molto bello e positivo vedere come il Marello e la sua Congregazione oggi si siano
“incarnati e inculturati” nei distinti paesi dove viviamo. Questa è una ricchezza. Ma
potrebbe esserci un pericolo: non conoscerci più e, frazionandoci, vivere in modo parallelo e
del tutto indipendente, uno dall’altro. Come evitare questo pericolo? Dobbiamo conoscerci
di più, senza chiuderci nel mondo limitato delle nostre Prov/Del. La Congregazione è molto
più grande delle nostre singole realtà. In un mondo globalizzato, dove si sa tutto di tutti in
un tempo reale, non possiamo vivere come se non ci conoscessimo. Coraggio: spalancate le
porte e le finestre delle vostre realtà giuridiche, fate circolare l’aria di famiglia e le grazie
che Dio elargisce con generosità ad ogni confratello. Il Capitolo Generale ha affrontato
questa problematica, prima presentandoci il “patrimonio spirituale, apostolico, carismatico
e di tradizione oblata” che ci unisce in una sola Famiglia Religiosa; e poi ci ha aperto delle
piste da percorrere per non cadere nella frammentazione. Ecco dove potete trovare queste
strade da percorrere e che in questi giorni vi saranno spiegate: nell’introduzione alla
Delibera sull’Apostolato; nella delibera 8 sulla Pastorale Giovanile; nella Delibera 10 sulla
Formazione Iniziale; nella Delibera 12 sulla Formazione Permanente; nella delibera 13 sulla
6
Formazione al servizio evangelico dell’autorità; nella Delibera 14 sul rafforzamento delle
attuali Province in difficoltà numerica; nella Delibera 15 sulla collaborazione tra Province e
Delegazioni; nella Delibera 16 sull’interscambio del personale religioso; nella delibera 17
sulle aperture di comunità religiose fuori della propria nazione; nella Delibera 22 sui Laici
giuseppini marelliani.
Non dobbiamo mai dimenticarlo: siamo una sola famiglia che incarna il suo “patrimonio” in
modo diverso e che fa circolare le grazie che Dio ci da. Dobbiamo rimanere uniti e vivere
uno “spirito missionario” all’interno delle nostre diverse Prov/Del. No alla frammentazione,
al vivere parallelamente, e a non interessarci di realtà bisognose di aiuto. Tutto questo è
dovere del Superiore Generale e del suo Consiglio, ed anche dei Provinciali e Delegati e dei
loro Consigli.
2. Ci sia piena e costante comunione tra Superiore Generale e Provinciali/Delegati; piena
e costante comunione dei Prov/ Del tra loro.
Le nostre Regole ci dicono come deve essere questa comunione e come realizzarla. Ma
anche il Capitolo Generale ha trattato questo tema. Prima di tutto ci deve essere più
comunicazione tra di noi. L’internet è un mezzo provvidenziale, oggi, per stare in contatto
tra noi in tempo reale e con poca spesa. Dobbiamo usarla di più. Non lasciatemi molto
tempo senza avere vostre notizie e notizie dei confratelli. Io amo tutti voi e le vostre realtà,
per questo ho bisogno di sapere e di conoscere, per stare più vicino a voi. Non voglio che vi
sentiate soli ad affrontare i problemi o a gioire delle belle realizzazioni. Ci tengo molto a
questa comunicazione. E’ anche importante la comunicazione tra di voi; l’informazione di
quello che si sta realizzando o dei progetti che state elaborando. Vi ricordate quella famosa
frase del nostro Fondatore? “Gran bella cosa è la posta. Essa ci congiunge in spirito con le
persone più care; ci fa passare ore divine; ci dà il modo di parlare a nostro bell’agio le
dolci e soavi parole dell’amicizia; ci somministra i mezzi di trasmissione di tutti i
sentimenti, di tutti i palpiti del nostro cuore. Oh serviamocene di questa divina messaggera,
che è la posta. Serviamocene per comunicarci reciprocamente le gioie e i dolori, per ridere
e piangere insieme, per mettere in comune le nostre speranze e i nostri timori, per
confermarci, con vicendevole incoraggiamento, nell’arduo sentiero della virtù” (L 33).
Quello che succede in una Prov./Del. a me interessa e deve interessare anche agli altri
Prov./Del. perché siamo una sola famiglia. Vorrei dirvi un’altra cosa: è compito dei
Prov./Del. far sì che tutta la documentazione ufficiale della Congregazione (Certosini ed
Apostoli, Marellianum, Lettere del Superiore Generale e del suo Consiglio…) arrivi nelle
mani di tutti i confratelli. Molto spesso si sentono lamentele di confratelli, magari che non
usano internet, che dicono di non ricevere più questi documenti e che quindi sono al margine
di tanti avvenimenti della Congregazione. Per favore, fate di tutto perchè in questa epoca
della comunicazione, tutti i confratelli conoscano ciò che succede nelle nostra famiglia. Noi
della Curia ci sforzeremo di mandare la documentazione in tre lingue (italiano, spagnolo e
inglese) in modo che sia facilitata la lettura e la comprensione. Ma voi impegnatevi perché
tutti, dico: tutti i confratelli abbiano tra le loro mani una copia dei documenti.
Uno degli impegni che ci siamo presi i n questo sessennio è quello di organizzare
meglio ed agilizzare il sito web della Congregazione. L’incaricato vi spiegherà meglio il suo
funzionamento e le sue varie parti. Questo è il nostro dovere: stare in piena comunione tra
noi, tra voi e tra tutti i confratelli. E la comunicazione costante può facilitare molto questa
comunione.
3. Vedere la Visita Canonica come una esperienza di vita spirituale e comunitaria.
“Il Superiore Generale ha il dovere di visitare personalmente o, se legittimamente impedito,
per mezzo di un suo Visitatore, tutte le Province e Delegazioni ogni tre anni e anche più
spesso, se la necessità lo richiedesse” (Cost. 155). Voglio definire la Visita Canonica come
“Pellegrinaggio tra le comunità dei Figli del Marello” sparsi nel mondo. Vari sono gli
scopi che mi prefiggo con questo mio pellegrinaggio.
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A. Conoscere uno per uno tutti i confratelli e ascoltarli con molto rispetto. Mi
piacerebbe sapere chi sono e conoscere qualcosa della loro famiglia di origine; come
vivono, cosa fanno, che sogni alimentano nel loro cuore; se si sentono realizzati e
contenti a livello umano, spirituale ed apostolico. In questo Pellegrinaggio desidero
convivere con i confratelli almeno per qualche giorni; conoscere le varie comunità
religiose e la qualità di vita spirituale, fraterna e apostolica che hanno; capire le
conquiste, le lotte e le sfide che la comunità deve affrontare tutti i giorni. Vorrei
conoscere un poco la storia civile e religiosa dei paesi in cui operano i confratelli; la
cultura e modi di vivere del popolo. Insomma vorrei, durante questo Pellegrinaggio,
conoscere dove i confratelli vivono la loro consacrazione personale e comunitaria
(Certosini in Casa) e dove costruiscono il Regno di Dio con stile giuseppino
marelliano (Apostoli fuori Casa), in modo che alla fine possa dire con convinzione e
paterno affetto: “vi voglio bene a tutti”.
B. Ravvivare tra i confratelli la fedeltà alla Vita Consacrata, che ognuno ha scelto
come proprio stile di vita, in risposta alla chiamata di Dio. Vorrei far riflettere tutti, e
anch’io con voi, sull’essenziale della “scelta” che Gesù ha fatto su di noi.
Desidererei che le parole delle nostre Costituzioni “ L’apostolato dei religiosi
consiste in primo luogo nella testimonianza della loro vita consacrata, che essi sono
tenuti ad alimentare con l’orazione e la penitenza” (art. 59), siano una bella e
trasparente realtà nella vita di ciascuno di noi. E’ sempre opportuno ricordare a tutti
che siamo stati scelti da Gesù “per stare con Lui” e poi per andare a evangelizzare
(cfr. Mc 3,14). Dobbiamo essere prima Certosini e poi Apostoli. Vorrei anche
ricordare che abbiamo il dovere di trasformare le nostre comunità in altrettante
“Case di Nazareth”, dove si prega e si vive alla presenza del Signore; dove si
condivide tutto, come fratelli e amici; dove ci si vuole bene; e da dove si parte e si
ritorna per la missione tra il Popolo di Dio.
C. Aumentare al massimo la gioiosa appartenenza, da parte di tutti i confratelli, a
questa bella anche se piccola, Famiglia Religiosa. Vorrei vedere tutti felici di essere
Oblati di San Giuseppe. Nessuno può chiudersi nei recinti geografici della sua
Provincia e Delegazione. La Congregazione è unica. Quello che succede in una
realtà giuridica deve avere ripercussione nelle altre. Lo spirito missionario, la
sussidiarietà, la collaborazione e l’aiuto mutuo devono essere normali tra di noi. E
vorrei che la gioia di essere figli del Marello fosse trasmessa dai confratelli anche ai
laici che collaborano nelle scuole e parrocchie o opere sociali. I nostri collaboratori e
fedeli ci vogliono sempre più sentire e vedere felici, soddisfatti di essere membri
degli Oblati di San Giuseppe. Conoscere ed approfondire di più il Carisma e la
Spiritualità per poi poterli vivere con radicalità: questo è il mezzo per aumentare il
senso di appartenenza.
D. Vedere e capire come si sta incarnando il Carisma e la Spiritualità, che lo Spirito
Santo ha suscitato nella Chiesa per mezzo di San Giuseppe Marello. Attraverso la
storia, la vita della Chiesa Locale, le esperienze e la cultura dei popoli tra cui vivete,
senza dubbio avete creato un “volto inculturato” dell’essere Oblati di San Giuseppe.
Ed è questo volto che voglio conoscere per poterlo apprezzare e rispettare. Ma questa
inculturazione deve continuare sempre, perché sempre la Divina Provvidenza ci
guida a “nuovi areopaghi” dove predicare il vangelo. Per questo è necessario
approfondire e purificare il nostro spirito oblato, perché ognuno di noi sia davvero
permeato del Carisma marelliano e lo manifesti nelle sue azioni, nei suoi pensieri e
nelle sue parole. Dobbiamo spesso chiederci: cosa farebbe oggi il Marello qui in
questo paese? Come realizzerebbe l’essere “Certosini in casa e Apostoli fuori casa”
in questa cultura e nel grande lavoro apostolico che realizziamo? Come
presenterebbe alla popolazioni tra cui mi trovo la figura di San Giuseppe, modello da
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imitare per essere veri discepoli di Gesù? Cosa farebbe di concreto e attuale per la
“povera gioventù” di questa parte del mondo?
Nel Programma del sessennio del Consiglio Generalizio voi trovate le norme della Visita
Canonica. Qui le riassumo:
1. PREPARAZIONE. Il Rettore dovrà fare una relazione sulla sua comunità,
che sia come una fotografia vera e reale della vita religiosa e apostolica. Per
facilitare questo lavoro ho preparato una serie di domande: non sarà
necessario rispondere a tutte, ma nella relazione devono essere affrontati tutti
i temi proposti da quelle domande. La relazione potrà essere preparata in
comunità o per lo meno letta in comunità.
Nello stesso modo il Provinciale o Delegato preparerà un’altra relazione sulla
attività del suo Consiglio e sulle attività degli incaricati di Provincia e di
Delegazione e presenterà le problematiche e gli esiti della sua giurisdizione.
2. REALIZZAZIONE. Prima di tutto vorrò incontrarmi con ognuno di voi e
poi con i vostri Consigli. La Visita alle varie comunità durerà tre giorni o più
(se necessario). Una mattinata sarà dedicata al Ritiro Spirituale. Un incontro
solo, preferibilmente sotto forma di solenne Celebrazione Eucaristica, potrà
realizzarsi con la gente della parrocchia o della scuola. Oltre che con il
Vescovo locale, desidero, in tutti i modi, incontrarmi con i membri della
Pastorale Giovanile e con i Laici giuseppini marelliani, essendo queste due
Pastorali prioritarie nella nostra Congregazione.
Al termine della Visita ad ogni comunità, lascerò un messaggio ai confratelli
della casa, facendo risaltare le cose belle incontrate ed alcuni consigli per
migliorare la qualità della vita religiosa ed apostolica.
Se fosse possibile mi piacerebbe incontrarmi al finale con tutti i confratelli
riuniti in Assemblea. In tutti i modi la Visita terminerà con un ulteriore
incontro con il Prov./Del. e poi con il suo Consiglio. Un messaggio riflessione generale per tutti chiuderà questa seconda fase della Visita
canonica.
E’ mia intenzione, poi, informare tutta la Congregazione sulle cose belle ed
edificanti che troverò in ogni Provincia e Delegazione, in modo che tutti
possano rinnovare il loro entusiasmo nella vita consacrata e nella vita
apostolica, in questa cara nostra Famiglia Religiosa.
3. VERIFICA. Perché la Visita Canonica non rimanga un “bel ricordo”, ma
produca frutti spirituali e apostolici, sia a livello personale che comunitario,
sei mesi dopo il Rettore, insieme alla sua comunità, verificherà se i consigli e
le osservazioni lasciate dal Superiore Generale nel messaggio alla comunità
sono stati messi in pratica.
Allo stesso modo faranno i Prov./Del. insieme ai loro Consigli. Copie di
queste verifiche dovranno essere inviate al Superiore.
Cari Provinciali e Delegato presenti, è mio desiderio mettermi al vostro servizio per aiutarvi
a far sì che la qualità della vita religiosa dei nostri confratelli migliori sempre più e che la nostra
identità giuseppina marelliana sia sempre più chiara e produca santità. Conosco, anche se in parte, il
sudore, il lavoro, le energie, le speranze, le delusioni, le lotte, le realizzazioni, insomma l’amore con
cui i nostri confratelli e voi state costruendo il Regno di Dio. Voglio dirvi questo: non vi
scoraggiate, non sentitevi soli. Anche se ora, nel vostro servizio ai confratelli, dovete “seminare
nelle lacrime”, verranno i giorni in cui o voi o altri “mieteranno nella gioia”.
Padre Luigi Marsero, P. Ferdinando Pentrella, P. Antonio Ramos de Moura Neto, P. John
Warburton, P. Enrique Luis Barragan Perez, P. Stanislaw Kozik, P. Dory Tebesa: chiedo a Maria
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Addolorata, Madre delle nostre Vocazioni, che voi portiate Gesù, sempre, nel vostro cuore, per
poterlo donare ai confratelli; chiedo al nostro Protettore San Giuseppe di accogliervi sotto il suo
paterno manto, perché possiate essere ai confratelli sempio di vita vissuta in intimità con Gesù;
chiedo al nostro caro Fondatore, San Giuseppe Marello, ti prendervi per mano e di condurvi per i
sentieri dove realizzare gli interessi di Gesù.
Io e il mio Consiglio vi staremo vicini con la nostra preghiera e la nostra stima. Pregate
anche voi per noi. Mi metto ancora una volta al vostro servizio e al vostro fianco. E vi dico con tutta
la sincerità del mio cuore: sono orgoglioso di voi, cari confratelli Provinciali e Delegato, e con voi
di essere Oblato di san Giuseppe.
P. Michele Piscopo osj
Padre Generale
10
2.
LA PREGHIERA IN CONGREGAZIONE
(P. Dalmaso Severino, OSJ – Conferenza per il ritiro spirituale ai Provinciali e Delegati)
1- In questi ultimi anni, sono stati fatti molti studi e pubblicati vari articoli e conferenze sopra il
Carisma Giuseppino-Marelliano, chiarendo tanti punti per riportarlo al suo significato biblico e
teologico, come lo visse e lo presentò San Giuseppe Marello.
Alcuni di questi studi meriterebbero di essere raccolti e pubblicati in forma sistematica per averli
sempre sotto gli occhi. Intanto è stato adottato un breve testo sul nostro Carisma da usare nei
Noviziati della Congregazione, e lì già sono contenuti gli elementi essenziali sia per la spiritualità
come per il carisma apostolico nostro proprio.
Per quanto mi consta, però, non è stata fatta ancora una adeguata ricerca sul modo di pregare
proprio degli Oblati di San Giuseppe, conseguente alla riscoperta della nostra spiritualità. Si tratta di
un modo di pregare che tenga conto della nostra spiritualità e la riviva nell’incontro con Dio prima
che nella pratica della vita.
Da qui, alcune domande incalzanti, che aspettano una risposta da tutti noi, e in primo luogo dai
superiori e dai formatori: quale tipo di preghiera inculchiamo noi nei nostri Noviziati e Studentati?
Quale è la maniera di pregare più confacente al nostro spirito nella vita di ogni Religioso Oblato,
non solo nei periodi di formazione, ma in tutta la nostra vita? In parole povere: la Congregazione ha
un suo modo di pregare, come lo hanno i Benedettini, i Gesuiti, i Francescani, i Carmelitani, ecc.?
Esiste di fatto una spiritualità liturgica propria dei Benedettini, una spiritualità ignaziana con un
metodo rigoroso per la meditazione e le varie pratiche di pietà, senza contare i grandi maestri
carmelitani, Santa Teresa e San Giovanni della Croce.
Non si tratta, dunque, soltanto di avere un elenco ben articolato di pratiche di pietà da compiere
ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, ogni anno, come prescrivono le Costituzioni all’articolo 50.
Si tratta di interrogarci su come e perché, nella nostra vita di Oblati, esiste un elenco così dettagliato
di “preghiere da farsi” per i singoli tempi dell’anno. Si tratta di superare un certo schematismo, che
può introdurre l’idea di “doveri da compiere” più che di “necessità del nostro spirito” di avere un
rapporto con Dio, che alimenti al meglio la nostra vita cristiana-religiosa-giuseppina.
Rispondere a queste domande non è agevole e può sembrare, da parte mia, presuntuoso, per cui
affido alla vostra pazienza quello che sto per dire di seguito.
2- Una prima risposta ce la può dare l’art. 23 del Regolamento Generale, che cito per intero: “Per
assicurare una piena efficacia alla preghiera liturgica, comunitaria e personale in uso presso gli
Oblati, è necessario che essi vi si accostino con raccoglimento e cooperino alla Grazia divina per
non riceverla invano. Come aiuto per la preghiera abbiano familiarità con la S. Scrittura, con gli
scritti dei Padri e di provati autori ascetici e perseguano un continuo aggiornamento negli studi
teologici e pastorali”.
L’articolo è un invito a trasformare la preghiera in un incontro vero con Dio in tutte le espressioni
della nostra pietà, dalla liturgia alle preghiere comunitarie e alla preghiera personale, ed è anche un
invito a penetrare la Parola di Dio attraverso lo studio e “un continuo aggiornamento”, teologico e
pastorale.
Ma cosa vi è di proprio in queste raccomandazioni, che non sia comune a tanti altri? Sì, qualcosa
c’è, e cercheremo insieme di scoprirlo per farne un punto di partenza alla scoperta del nostro stile o
metodo di preghiera. La ricerca non può non cominciare dal Fondatore San Giuseppe Marello, che
fu uomo di grande unione con Dio, per proseguire nella storia (meglio detto, nelle tradizioni) della
Congregazione, alla scuola dei grandi maestri di preghiera che abbiamo avuto fino ad oggi.
3- Per le Congregazioni sorte nell’800, come la nostra, non ci si preoccupava tanto di “inventare”
nuovi metodi di preghiera, quanto di “riscoprire” i metodi preesistenti, che erano caduti in disuso in
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seguito alla ondata giansenista, che aveva raffreddato la pietà nei cuori dei fedeli, riducendola a
meccanismi di rispetto e di timore verso Dio, con prescrizioni assurde nel campo liturgico e
devozionale.
Si riscoprono la devozione all’Eucarestia, sotto la spinta delle apparizioni del Sacro Cuore a Santa
Margherita Maria Alacoque, si riscopre la devozione alla Madonna, con la predicazione di
Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e con il ritrovamento del “Trattato della vera devozione” di San
Grignon Maria de Monfort, si riscopre la devozione a San Giuseppe con l’esempio del Beato Pio
IX, che ne era devotissimo.
Dal punto di vista pratico, San’Alfonso diventa il maestro impareggiabile della vita ascetica e della
morale cristiana, nonché della pietà popolare con i suoi libri di ascetica cristiana, e Sant’Ignazio
diventa il grande maestro della preghiera, con i suoi Esercizi Spirituali. E’ appena il caso di
accennare che, assieme al risorgere di questa pietà popolare, risorgono anche le opere di carità verso
i poveri e verso la gioventù abbandonata, e si risveglia l’attività missionaria con la fondazione dei
moderni Istituti Missionari. Giuseppe Marello, in questo, è figlio del suo tempo e precursore, nel
senso migliore, dei tempi nuovi. Pensiamo alla sua devozione all’Eucarestia, di cui si fa diffusore e
apostolo nella chiesa del Gesù in Asti. Pensiamo alla sua devozione a Maria SS. e a San Giuseppe,
nel cui nome fonda la Congregazione proponendolo come modello e padre.
Ho sotto gli occhi uno schema di predicazione di Esercizi Spirituali, che egli tenne alle Monache
dell’Istituto Milliavacca, nell’anno 1881. Lo schema è quello ignaziano, con l’invito iniziale a
“scavare dentro il cuore”, a “scrutare tutte le pieghe e i nascondigli” per “trovare miserie e
imperfezioni”, per “ricercare i propri difetti ed emendarli” (S 240). (E’ il classico schema ignaziano
del discernimento degli spiriti). Le meditazioni che seguono hanno per argomento “il fine
dell’uomo”, “il dono della libertà”, “mezzi per conseguire il fine”, “il peccato”, “la morte”, “il
giudizio”, “la misericordia di Dio”, “la imitazione di Cristo”, “la preghiera”, “la pratica della
carità”, “la Passione del Signore”, “Cristo Risorto” (S 240-251). Tutto questo in perfetto stile
ignaziano, seguendo lo schema tradizionale della via purgativa (prima parte) per arrivare alla via
illuminativa (seconda parte) e terminare con la via unitiva: “Chi segue Gesù al Calvario insieme a
Maria SS, a S. Giovanni e alla Maddalena, meriterà di seguirlo anche nella gloria” (terza parte).
Metodo ignaziano, dunque, ma temperato dagli esempi dei Santi, come quando parla del peccato:
“Dobbiamo applicare la passione dell’amore ad amare Iddio, come fece S. Francesco di Sales, in
particolare, e come fecero tutti gli altri Santi; dobbiamo applicare il nostro odio ad aborrire il
peccato e tutto ciò che è contrario a Dio, rinnegando noi stessi in ogni cosa” (S 241). Parlando della
morte, si commuove al pensiero di mons. Carlo Savio, al cui servizio era stato fino a quell’anno:
“Ma egli era preparato, era un santo: destava ammirazione il vederlo così rassegnato e paziente, così
staccato dalla terra, tutto abbandonato alla volontà del Signore” (S 243). Molto più profondo risulta,
dalle trascrizioni di suor Albertina, quando parla dello spirito di preghiera: “Immensi sono i
vantaggi che si traggono dall’unione con Dio nel santo raccoglimento. Guardate Gesù, Maria e
Giuseppe, i tre più grandi personaggi che siano vissuti sui questa terra. Che cosa facevano essi in
Nazareth? Nulla di grande e di straordinario in apparenza; non attendevano che ad occupazioni
umili ed ordinarie, proprie di una povera famiglia operaia. Ma essendo essi animati dallo spirito di
orazione e di unione con Dio, tutte le loro azioni assumevano un valore ed uno splendore immenso
agli occhi del cielo. Non si tratta dunque di fare azioni grandi e straordinarie, ma di fare in ogni
cosa la volontà di Dio. Siano piccoli o grandi gli uffici che ci vengono affidati; basta che li
facciamo per ubbidienza alla volontà di Dio e acquisteremo in essi grandi meriti” ( 247). Preghiera
e azione qui sono compenetrati da uno straordinario modo di unione con Dio, a imitazione della
Sacra Famiglia, e il Marello ci insegna qui un vero metodo di orazione. Un metodo come guida e
una spiritualità come sostanza: ecco come appare il pensiero del Fondatore sul suo modo di pregare.
4- Il metodo ignaziano fu, in effetti, quello praticato dalla Congregazione fino al Concilio Vaticano
II. Chi ha avuto la fortuna di avere come Maestro di Noviziato il P. Lorenzo Franco, figlio
prediletto del Fondatore, ricorda quegli insegnamenti sul metodo di Sant’Ignazio nel fare la
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meditazione quotidiana: la preparazione alla sera precedente, i preludi o composizione di luogo, i
tre punti centrali della meditazione, gli affetti o preghiera, il proposito per la giornata. Era un
insegnamento pratico molto efficace, che veniva accompagnato con la lettura di opere dei grandi
Gesuiti come il Padre Rodriguez, il P. Lallemant, il P. Grou. Con quel metodo si facevano l’esame
di coscienza, i Ritiri mensili, gli Esercizi Spirituali. E’ chiaro che, detto così, appariva come qualche
cosa di meccanico, che, forse, presso di noi non ha avuto continuazione per mancanza di un
approfondimento culturale sull’argomento degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, come lo ha
avuto presso i Gesuiti, che sono ancora oggi buoni maestri di preghiera e di direzione spirituale. Di
conseguenza sono andate in crisi sia la preghiera che la direzione spirituale, che la deve sostenere.
Non parlo qui di sola spiritualità ignaziana, perché tutto l’insegnamento sulla preghiera veniva
declinato in salsa giuseppina e marelliana, secondo la nostra spiritualità. Ma tant’è. Il metodo
presso di noi è praticamente sparito, almeno a livello generale, e siamo alla ricerca di nuovi modelli
di preghiera che rispondano alle esigenze della nostra spiritualità e siano veramente efficaci sul
piano pratico.
5- Metodo ignaziano o no, c’è un altro filone che risale al Fondatore e che è stato praticato sempre
con molto frutto: parlo della preghiera liturgica, che risplendette sempre anche esteriormente nella
Chiesa di Santa Chiara (poi Santuario di San Giuseppe), come qualche cosa di unico in tutta la città
di Asti, e che fu esportata dai Confratelli nelle varie case che si aprirono nei primi decenni della
Congregazione. Scrive P. Luigi Mori: “Fin dal principio, il can. Marello e i nostri ebbero molto a
cuore la buona riuscita delle funzioni, sia ordinarie che straordinarie, che si svolgevano nella chiesa
di Santa Chiara. [...] La Santa Messa in particolare era celebrata da tutti i nostri con molta
devozione, diventata quasi proverbiale; tanto che, quando la gente vedeva, in qualche chiesa, un
sacerdote sconosciuto che celebrava devotamente, diceva: ‘Dev’essere un prete di Santa Chiara’.
Più tardi, mons. Fioroni, vescovo di Pontremoli, parlando di noi al S. Padre Pio X, poteva dire: I
sacerdoti della Congregazione celebrano bene la Messa. [...] In Congregazione fu sempre ben curato
il canto sacro e profano, specialmente quello liturgico”.
Le Costituzioni si fanno eco di questa tradizione con l’art. 46: “Gli Oblati di San Giuseppe sono
tanto più degni di questo nome quanto più, secondo gli insegnamenti del Fondatore e le
caratteristiche dei primi Confratelli, coltivano la preghiera liturgica, comunitaria e personale,
alimentata dalla Parola di Dio e dalla meditazione personale”.
E’ qui dove dobbiamo fermarci a porre tutta la nostra attenzione, perché si tratta di qualche cosa di
caratteristico, che va fortemente riconsiderato e riproposto in Congregazione. Non sto a descrivere
qual è la pratica liturgica e della preghiera in generale nella nostra Congregazione oggi: è sotto i
nostri occhi. Un certo calo di attenzione alla liturgia e al canto sacro va comunque rimarcato, poiché
siamo anche noi vittime degli esperimenti, forse non ancora conclusi, del dopo Concilio. Ora è
proprio il Concilio Vaticano II che ci dà le indicazioni più opportune per poter riprendere in
Congregazione le nostre tradizioni primitive e attualizzarle anche come caratteristica nostra propria.
6- I due documenti conciliari sulla Liturgia e sulla Parola di Dio sono la strada maestra che
dobbiamo tenere presente per avviare un discorso serio, capace di rilanciare il nostro modo di
pregare in Congregazione. Le Costituzioni ce ne parlano in più articoli, a cominciare dalla
formazione nel Noviziato (art. 96) e poi negli art. 47, 48, 49 sulla vita di preghiera.
Mettendo assieme le indicazioni sull’importanza della Parola di Dio nella nostra vita e sulla pietà
liturgica, noi dovremmo darci da fare a ripristinare nella Congregazione uno specifico punto del
carisma, ossia, un nostro modo di pregare, di celebrare, di curare le cerimonie e il canto sacro.
I documenti della Chiesa si moltiplicano in questi anni.
Parlando della Lectio Divina, il Papa Giovanni Paolo II scriveva: “L’ascolto della Parola di Dio
diventi un incontro vitale, nell’antica e sempre valida tradizione della Lectio Divina, che fa cogliere
nel testo biblico la parola viva che interpella, orienta e plasma l’esistenza” (NMI, 39) .
La pratica della Lectio Divina ha almeno due conseguenze pratiche nella nostra vita: la prima è una
conoscenza approfondita della Sacra Scrittura, facendo sì che essa penetri la nostra esistenza, come
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dice il Papa. La seconda è “l’attenzione al ‘discernimento degli spiriti’ (e non semplicemente al
‘discernimento’ in generale, come si usa dire oggi, dimenticando il contesto in cui è nata
l’espressione, secondo Sant’Ignazio). Discernimento degli spiriti è l’abitudine, acquisita per grazia,
a riconoscere facilmente, tra le varie mozioni che continuamente si suscitano nel cuore di chi vive
una seria vita interiore, quelle che vengono dallo spirito buono e che sono secondo il Vangelo da
quelle che vengono da uno spirito non buono, cioè che tendono a imbrogliare, a confondere, a far
perdere tempo, a far dimenticare le priorità del Vangelo imboccando magari la via facile delle
lamentele e della nostalgia di un tempo passato, che non è più né mai più ritorna. Il discernimento
degli spiriti suppone che Dio abbia un piano e una missione per ciascuno di noi, come parte del suo
grande disegno divinizzatore, e ci conduca verso il compito a noi assegnato nella realizzazione di
questo piano. Lo fa toccandoci interiormente, in un contatto immediato che suscita quel dinamismo
nella Chiesa, il quale è alla radice di una creatività che va al di là dei comandamenti e dei precetti e
opera nel campo della novità e della gratuità evangelica” (Card. C. Martini, in Civiltà Cattolica, 15
luglio 2006, n. 3746, p. 108).
Con queste parole, il gesuita card. Martini sa unire insieme il metodo della Lectio Divina con il
nucleo sostanziale della Meditazione Ignaziana, che è la conoscenza di se stessi per un servizio
totale a Dio e alla Chiesa, secondo la propria vocazione.
7- San Giuseppe Marello raccomandava molto, fin da chierico, la conoscenza della Bibbia: “Leggi
la Bibbia che è fonte inesauribile di verità” (L 5). Egli aveva scoperto la Parola di Dio come
alimento quotidiano della sua vita spirituale. Da chierico, aveva fatto il proposito: “lettura delle
lettere di San Paolo o dei Proverbi e Libri Sapienziali nei ritagli di tempo” (15 nov. 1866) e
concludeva una regola di vita con queste parole: “L’interpretazione di questa regola si cercherà
nella meditazione quotidiana della vita di Gesù Cristo, che è il Maestro di tutti e specialmente di noi
suoi discepoli” (12 gennaio 1867).
Da sacerdote, dava questo suggerimento: “I libri sacri dobbiamo considerarli come lettere che
vengono dal paradiso e leggerli con grande attenzione e venerazione” e raccomandava in modo
speciale la meditazione del vangelo, pregando il Signore “perché ci faccia capaci di leggere
chiaramente in quel suo gran libro dalla prima all’ ultima pagina per apprenderne tutte le sante
lezioni che Egli ci ha lasciate”.
Il nostro Fondatore era soprattutto maestro e guida nell’applicazione alla meditazione assidua della
Parola di Dio. “Il vero fine della meditazione, diceva, è di eccitarci a sentimenti di amore a Dio; le
considerazioni non ne sono che il mezzo”. In questo ripeteva l’insegnamento di Santa Teresa:
“L’essenziale non è già nel molto pensare, ma nel molto amare”. Di conseguenza, Giuseppe
Marello concludeva: “Medita e non peccherai, perché meditando ti accenderai del divino amore”.
La migliore meditazione per lui era quella sulla Parola di Dio: “Noi dobbiamo meditare spesso la
santa legge di Dio, che ci esprime la sua volontà a nostro riguardo. Santa Tersa diceva che peccato e
meditazione non possono stare insieme: se dunque noi commettiamo ancora dei peccati, vuol dire
che non meditiamo abbastanza o non meditiamo bene”.
Ne consegue che noi, forti di questo insegnamento, dobbiamo inculcare sempre più nei Confratelli
la pratica della meditazione quotidiana, come sostegno alla loro vita spirituale e antidoto contro le
ricadute e le crisi, a cui siamo esposti in mezzo ai pericoli del mondo..
Ancora un pensiero del Fondatore, che ci potrà illuminare su questo punto così importante della
nostra pietà: “Riguardo all’orazione sarà bene non voler parlare troppo al Signore, ma presentarci a
Lui come fanciulli, che stanno con la bocca chiusa ed ascoltano. Perciò, dopo la lettura del punto di
meditazione, si lascia che parli il Signore; e se si presta ascolto, oh! quante cose ci vengono dette da
Lui assai migliori, opportune ed efficaci, ben più che non siano quelle del libro!”. Presentarci a Lui
come fanciulli! Basterebbe questa indicazione per indirizzare la nostra preghiera verso una buona
spiritualità giuseppina, che è imitazione di San Giuseppe, l’uomo dell’ascolto e del servizio
operoso. Chiamiamola orazione di semplicità, orazione di abbandono alla volontà di Dio, “come
fanciulli svezzati in braccio alla madre”.
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8- La Parola di Dio comprende poi gran parte della preghiera liturgica, sia durante la Messa
(prima parte), sia nella Liturgia delle Ore. La Chiesa sta riflettendo molto su questo argomento, e
noi dovremmo fare un esame di coscienza come si celebra la Messa nelle nostre case e nelle chiese
a noi affidate. Siamo in attesa del documento sinodale sulla Eucarestia, ma abbiamo già fra mano
alcuni documenti del papa Giovanni Paolo II su questo argomento, oltre alle indicazioni chiare dei
libri liturgici.
Dovremmo anche esaminarci come si celebra la Liturgia delle Ore dai Confratelli, per dare alla
nostra vita religiosa e sacerdotale un alimento forte : “fonte di pietà e nutrimento della preghiera
personale”, come dicono le Costituzioni (49).
Ci mancano oggi i grandi maestri di liturgia, come è stato p. Luigi Garberoglio per i teologi che si
preparavano in Asti alle ordinazioni; ci mancano i grandi maestri di musica, come P. Nicolao
Praglia a Roma o P. Gregorio Gambino a Trecate. Erano tempi nei quali non si apriva un oratorio
giovanile o una parrocchia, se non c’era fra i confratelli un esperto di musica sacra per promuovere
il canto sacro e dare splendore alle funzioni di chiesa, oppure semplicemente come elemento
educativo per la gioventù.
Ma, anche senza i grandi maestri, che restano testimoni della nostra grande tradizione liturgica, tutti
noi possiamo fare qualche cosa nelle nostre realtà locali, come dare decoro alle funzioni liturgiche
con la preparazione delle liturgie domenicali, coltivando i chierichetti e preparando i lettori della
Parola, insomma creando un’atmosfera di preghiera e di partecipazione del popolo di Dio a ciò che
celebriamo.
9- Un terzo filone da coltivare può essere quello della preghiera personale e comunitaria,
sorgente di unione con Dio, secondo il nostro spirito.
Se mettiamo attenzione alla spiritualità di Giuseppe Marello, impariamo a pregare come lui
pregava, e il metodo allora si fa semplice e chiaro. Un metodo che imita la vita della Famiglia di
Nazaret, come dice il Fondatore: “Incalcolabili sono i vantaggi che si traggono dall’unione con Dio
nel santo raccoglimento. Guardate Gesù, Maria e Giuseppe, i tre più grandi personaggi che siano
vissuti su questa terra. Che cosa facevano essi a Nazaret? Nulla di grande e di straordinario in
apparenza; non attendevano che ad occupazioni umili e comuni, proprie di una povera famiglia
operaia. Ma essendo essi animati da un profondo spirito di raccoglimento e di unione con Dio, tutte
le loro azioni assumevano un valore ed uno splendore immenso agli occhi del cielo”.
Pregare così diventa anche testimonianza e attrae le persone desiderose di vedere dei modelli e di
avere un aiuto spirituale. Pregare così vuol dire diventare maestri e guide spirituali, maestri di
preghiera e guide nella vita. Vuol dire suscitare vocazioni per la Chiesa e per la Congregazione,
poiché i giovani soprattutto guardano ai grandi modelli per imitarli. La perdita del senso della
preghiera, al contrario, fa di noi degli alberi secchi, incapaci di portare frutti di bene.
10- La conclusione è proprio questa: diventare maestri di spirito e di preghiera, come lo era il
sacerdote Giuseppe Marello, che per tutti gli anni trascorsi ad Asti da sacerdote era diventato il
confessore più ricercato in tutta la città di Asti, da parte dei seminaristi, dei sacerdoti, delle religiose
e del popolo, soprattutto dal 1872, quando iniziò l’ora di adorazione settimanale nella chiesa del
Michelerio, a cui accorreva molta gente.
Maestri di preghiera e di direzione spirituale erano molti sacerdoti della prima ora, che io ho
conosciuto ed ne tralascio i nomi, perché sarebbero tanti.
Maestri di preghiera dobbiamo essere anche noi, come ci esorta il Papa Giovanni Paolo II nella
NMI: “Le nostre comunità cristiane devono diventare autentiche scuole di preghiera, dove
l’incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazione di aiuto, ma anche in rendimento di
grazie, lode, adorazione, contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino a un vero ‘invaghimento’
del cuore” (33). E se questo ci fa paura, perché sembra distoglierci dal lavoro pastorale, il Papa
aggiungeva: “ Una preghiera intensa non distoglie dall’impegno nella storia: aprendo il cuore
all’amore di Dio, lo apre anche all’amore dei fratelli, e rende capaci di costruire la storia secondo il
disegno di Dio”.
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3.
L’ESERCIZIO DELL’AUTORITA’ IN CONGREGAZIONE
(P. Dalmaso Severino, OSJ – Conferenza per il ritiro spirituale ai Provinciali e Delegati)
“Allora (dopo l’Ascensione del Signore) ritornarono a Gerusalemme dal monte degli Ulivi che è
vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato. Entrati in città, salirono al piano
superiore dove abitavano. C’erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso,
Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo Zelota e Giuda di Giacomo. Tutti questi erano
assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i
fratelli di lui” (Atti, 1,12-14).
Come gli Apostoli insieme a Maria “salirono al piano superiore” e lì “erano assidui e concordi nella
preghiera”, così anche voi vi siete riuniti qui a Roma, che è per noi oggi il piano superiore, dove
Maria e Giuseppe sono in mezzo a noi. Oggi sono loro a guidare la nostra meditazione. Essi ci
insegnano a pregare. Essi ci indicano come aprire le nostre menti e i nostri cuori alla potenza dello
Spirito Santo, che viene a noi per essere da noi portato al mondo intero (Parafrasi del discorso del
Papa ai Superiori Religiosi, Czestokowa, 26 maggio 2006).
1- L’argomento dell’esercizio dell’autorità in Congregazione è trattato in un testo del Documento
“Ripartire da Cristo” della Congregazione dei Religiosi (n.14): “Nel ritrovare il senso e la qualità
della vita consacrata, un compito fondamentale è quello dei superiori, ai quali è stato affidato il
servizio dell’autorità, compito esigente e talvolta contrastato. Esso richiede una presenza costante,
capace di animare e di proporre, di ricordare la ragion d’essere della vita consacrata, di aiutare le
persone affidate per una fedeltà sempre rinnovata alla chiamata dello Spirito. Nessun Superiore può
rinunciare alla sua missione di animazione, di aiuto fraterno, di proposta, di ascolto, di dialogo. Solo
così l’intiera comunità potrà ritrovarsi unita nella piena fraternità e nel servizio apostolico e
ministeriale. Rimangono di grande attualità le indicazioni offerte dal documento della
Congregazione (dei Religiosi) ‘La vita fraterna in comunità’, quando, parlando degli aspetti
dell’autorità che oggi occorre valorizzare, richiama il compito di autorità spirituale, di autorità
operatrice di unità che sa prendere la decisione finale e ne assicura l’esecuzione.
Ad ognuno dei suoi membri è richiesta una partecipazione convinta e personale alla vita e alla
missione della propria comunità. Anche se in ultima istanza, e secondo il diritto proprio, appartiene
all’autorità prendere le decisioni e fare le scelte, il quotidiano cammino della vita fraterna in
comunità richiede una partecipazione che consente l’esercizio del dialogo e del discernimento.
Ognuno e tutta la comunità possono, così, confrontare la propria vita con il progetto di Dio, facendo
insieme la sua volontà. La corresponsabilità e la partecipazione sono esercitate anche nei diversi tipi
di consigli ai vari livelli, luoghi nei quali deve regnare innanzitutto la piena comunione, così da
avere costantemente la presenza del Signore che illumina e guida”.
Il lungo testo è molto ricco e riassume le indicazioni di altri testi della Chiesa, compresi i canoni
618 e 619 del diritto canonico, che sono di carattere totalmente pastorale. Il can. 618 dice: “I
superiori esercitino in spirito di servizio la loro potestà ricevuta da Dio per il ministero della Chiesa.
Docili dunque nell’espletare l’ufficio alla volontà di Dio, essi governino i soggetti quali figli di Dio,
e promuovendo con riverenza alla persona umana la loro volontaria obbedienza, li ascoltino
volentieri, nonché favoriscano il loro concorso al bene dell’Istituto e della Chiesa, ferma tuttavia la
loro autorità di decidere e di ordinare quanto va eseguito”.
Il can. 619 è ancora più dettagliato: “I Superiori si dedichino attivamente al loro ufficio, ed insieme
con i membri ad essi affidati cerchino di edificare una fraterna comunità in Cristo, nella quale Dio
prima di tutto sia cercato ed amato. Essi quindi nutrano i soci con l’alimento frequente della Parola
di Dio, e li guidino alla celebrazione della sacra liturgia. Ed essi siano di esempio nel coltivare le
virtù e nell’osservanza delle leggi e tradizioni del proprio Istituto; sovvengano convenientemente
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alle loro necessità personali, curino e visitino sollecitamente i malati, redarguiscano gli inquieti,
consolino i pusillanimi, siano pazienti”.
Noi ora cercheremo di raccogliere gli elementi che vengono segnalati in questi documenti (e in altri
che citerò), per applicarli alla nostra situazione di Congregazione.
2- Abbiamo nelle Costituzioni l’art. 130, che ricalca il documento Mutuae Relationes e me ne
servirò per dividere in tre punti le varie osservazioni dei documenti ecclesiali. L’articolo delle
Costituzioni applica ai Superiori i tre munera propri dei ministri sacri nella Chiesa: santificare,
insegnare, governare.
I Superiori “sono anzitutto maestri di spirito e guide nella missione della Congregazione”.
Sottolineare “anzitutto”, poiché viene messo al primo posto il dovere di essere guide spirituali per i
Confratelli e per la vita della Congregazione. Quindi i superiori non sono semplici amministratori
tecnici, occupati prevalentemente negli affari; devono essere persone spirituali, uomini di preghiera
e maestri di spirito. Devono dare molta importanza alla vita spirituale dei Confratelli, vigilando
sulle Comunità perché vi siano orari rispettati di preghiera comunitaria, perché sia osservata la
Liturgia in genere e l’obbligo dell’Ufficio Divino anche personale, animando, se occorre, essi stessi
la preghiera e precedendo tutti nella vita di pietà.
Il Papa Benedetto XVI diceva recentemente ai sacerdoti in Germania: “Preti, siete uomini di Dio
non organizzatori di campagne promozionali”. La stessa cosa si deve dire ai Superiori Religiosi, il
cui “compito prioritario sarà l’animazione spirituale, comunitaria ed apostolica della comunità”
(Vita fraterna in comunità, n.49).
L’animazione della comunità si pratica attraverso il discernimento, tenendo conto di quanto dicono
le Costituzioni all’art. 129: “I Superiori siano docili alla volontà di Dio, reggano i loro sudditi come
figli di Dio, procurino il dialogo e la collaborazione per il bene dell’Istituto e della Chiesa, ferma
restando l’autorità loro propria di decidere e di comandare ciò che va fatto”. Va ricordato che c’è un
discernimento comunitario e c’è un discernimento personale o “discernimento degli spiriti”, come
lo chiama Sant’Ignazio negli Esercizi Spirituali. Oggi è molto importante anche il dialogo con i
singoli Confratelli, per conoscerli, sostenerli, incoraggiarli, guidarli, secondo i loro bisogni.
I Superiori si devono sentire responsabili davanti a Dio dei Confratelli loro affidati e del bene della
Congregazione.
L’art. 125 delle Costituzioni recita: “L’autorità nella vita religiosa degli Oblati è fondamentalmente
un dono di servizio, sull’esempio dell’autorità di Cristo il quale ‘venne non per essere servito, ma
per servire’. E’ un servizio a Dio per mezzo di una fedele adesione alla sua Chiesa e al carisma del
Fondatore autenticamente riconosciuto dalla Chiesa. E’ un servizio pastorale ai Confratelli, ai quali
offre una guida religiosa e spirituale, che serva come fulcro di unità”.
3- I Superiori sono “animatori della carità e della formazione, sia iniziale che permanente”.
Animatori della carità: “Un’autorità operatrice di unità è quella che si preoccupa di creare il clima
favorevole per la condivisione e la corresponsabilità, che suscita l’apporto di tutti alle cose di tutti,
che incoraggia i fratelli ad assumersi le responsabilità e le sa rispettare, che suscita l’obbedienza dei
religiosi, nel rispetto della persona umana, che li ascolta volentieri, promuovendo la loro concorde
collaborazione per il bene dell’Istituto e della Chiesa, che pratica il dialogo e offre opportuni
momenti di incontro, che sa infondere coraggio e speranza nei momenti difficili, che sa guardare
avanti per indicare nuovi orizzonti alla missione. E ancora: un’autorità che cerca di mantenere
l’equilibrio dei diversi aspetti della vita comunitaria. Equilibrio tra preghiera e lavoro, tra apostolato
e formazione, tra impegni e riposo” (FVC, 50b)..
E’ un problema oggi molto vivo quello di avere delle buone comunità, in cui i confratelli non si
disperdano fuori casa, sia pure per motivi di apostolato, ma abbiano una adeguata vita comunitaria e
di preghiera, con un equilibrio fra consacrazione e missione, in altre parole con il sostegno della
comunità. Questo problema riguarda in modo speciale le piccole comunità apostoliche, composte da
pochi confratelli, che sono la maggior parte in tutte le Province. Il Padre Carlos Ferrero, missionario
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in Brasile, si lamentava con me che i confratelli erano sempre in giro sulle loro automobili (in
spagnolo e brasiliano carros) e mi citava il Salmo: hi in curribus et isti in equis. Nos autem stabimus
e firmi erimus, illi autem perierunt”. C’è proprio il pericolo di perdersi nello stress fuori casa e nel
vagare continuamente senza il controllo della comunità. Papa Benedetto XVI si domandava, nel
discorso tenuto ai sacerdoti a Chestokowa: “Come conservare l’unità interiore nell’attivismo a volte
logorante del ministero?”. E rispondeva: “L’approccio alla soluzione di questo problema sta
nell’intima comunione con Cristo, il cui cibo era fare la volontà del Padre”. Per noi religiosi vi è
una seconda risposta: stare nell’intima unione con la Comunità di appartenenza, senza fughe e senza
scuse. Qui il compito del Provinciale lo vedo più come preventivo che come correttivo dopo le
eventuali fughe o dispersioni di singoli Confratelli.
Animatori della formazione (sia iniziale che permanente). Noto anzitutto che nel Regolamento
della Congregazione, quando si nominano le facoltà del Provinciale, da solo o con il voto del
Consiglio (art. 115), si elencano 49 facoltà in tutto, di cui ben 23 riguardano le ammissioni e in
genere la formazione dei candidati alla vita religiosa e al sacerdozio. Particolare importanza ha l’art.
113 delle Costituzioni, dove si dà al Provinciale il compito di nominare l’Incaricato provinciale
della formazione e i vari formatori, un compito che richiede la massima attenzione da parte dei
Provinciali, che devono anche vigilare perché la formazione nella Provincia sia impartita secondo
criteri validi e secondo una buona continuità di personale e di metodi. La formazione dovrebbe
essere una delle prime cure del Provinciale, in unione coi vari formatori.
4- “Promuovere la vita religiosa governando le Province, secondo il diritto universale e la
legislazione propria della Congregazione”.
Promuovere la vita religiosa.
Il Papa Benedetto XVI ai Superiori: “Il servizio d’autorità richiede una presenza costante, capace di
animare e di proporre, di ricordare la ragion d’essere della vita consacrata, di aiutare le persone a
voi affidate a corrispondere con una fedeltà sempre rinnovata alla chiamata dello Spirito. Questo
vostro compito è spesso accompagnato dalla Croce e a volte anche da una solitudine che richiede un
senso profondo di responsabilità, una generosità che non conosce smarrimenti e un costante oblio di
voi stessi. Siete chiamati a sostenere e a guidare i vostri fratelli e le vostre sorelle in un’epoca non
facile, segnata da molteplici insidie. I consacrati e le consacrate oggi hanno il compito di essere
testimoni della trasfigurante presenza di Dio in un mondo sempre più disorientato e confuso, un
mondo in cui le sfumature hanno sostituito i colori ben netti e caratterizzati. Essere capaci di
guardare questo nostro tempo con lo sguardo della fede significa essere in grado di guardare
l’uomo, il mondo e la storia alla luce del Cristo crocifisso e risorto” (Dal discorso ai Superiori
Religiosi, 22 maggio 2006).
Questo modo di vedere il compito dei superiori oggi è molto impegnativo. Il Papa spiega che “la
cultura secolarizzata è penetrata nella mente e nel cuore di non pochi consacrati, che la intendono
come una forma di accesso alla modernità e una modalità di approccio al mondo contemporaneo. La
conseguenza è che accanto ad un indubbio slancio generoso, capace di testimonianza e di donazione
totale, la vita consacrata conosce oggi l’insidia della mediocrità, dell’imborghesimento e della
mentalità consumistica. [...] Il Signore vuole uomini e donne liberi, non vincolati, capaci di
abbandonare tutto per seguirLo e trovare solo in Lui il proprio tutto. C’è bisogno di scelte
coraggiose, a livello personale e comunitario, che imprimano una nuova disciplina alla vita delle
persone consacrate e le portino a riscoprire la dimensione totalizzante della sequela Christi” (ivi).
Su questo argomento, il Capitolo Generale di gennaio 2006 ha riflettuto molto ed ha notato che
“nella nostra Congregazione c’è una ricchezza spirituale e apostolica, ma ci sono anche difficoltà di
vita comunitaria e nel vivere i voti. Per questo è urgente rafforzare la qualità della vita religiosa e
l’identità giuseppino-marelliana” (Del. 1). La delibera propone di “ripartire dalla grazia delle origini
e dagli insegnamenti fondamentali del Fondatore San Giuseppe Marello” e in concreto propone “un
tempo settimanale di incontro e confronto comunitario in ascolto di Dio e della vita di tutti i giorni”
per esaminarci “come stiamo vivendo lo spirito giuseppino, la fedeltà ai voti, la vita fraterna, la
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testimonianza gioiosa della Fede, le virtù particolari” nostre, terminando l’incontro “con un tempo
di preghiera comunitaria possibilmente davanti al SS.mo Sacramento”. Sono le “scelte coraggiose a
livello personale e comunitario”, che, se ben recepite e attuate nelle nostre comunità, non
mancheranno di portare frutti di vita religiosa e comunitaria e di prevenire crisi e fughe dolorose.
Penso che questa delibera vada presa molto sul serio, prima di tutto da parte dei Provinciali per le
Comunità della propria Provincia.
Governare la Provincia.
E’ l’ultimo punto, quello che forse noi ritenevamo il primo e il più importante. Dopo quello che si è
detto sui doveri spirituali di animazione della Provincia, delle Comunità e dei Confratelli, anche il
dovere di governare ha la sua importanza. I Superiori non hanno solo una funzione di
coordinamento; essi hanno una responsabilità, che chiede loro di assumere il compito di dirigere e
governare la Provincia, secondo le Costituzioni. Pertanto:
Governare vuol dire saper fare le scelte più adatte, coi mezzi a disposizione, per promuovere il bene
della Congregazione e il servizio alla Chiesa, tenendo conto della persona dei singoli Confratelli e il
carisma proprio della Congregazione.
Governare vuol dire avere la capacità di assumere le proprie responsabilità, di intervenire
decisamente dove la necessità lo richiede, non solo nel dire l’ultima parola per l’obbedienza, ma
anche nel seguire i Confratelli nella esecuzione dei loro uffici, perché non si sentano soli e il lavoro
proceda in uno stile comunitario e non personalistico. Non si tratta di intromettersi nell’ufficio
altrui. Quello che le Costituzioni dicono per il Superiore Generale: “Coordina e stimola le varie
iniziative, pur rispettando diritti e mansioni propri dei Provinciali, Delegati e Rettori di Casa”
(art.153), vale anche per i Provinciali nei riguardi dei loro sudditi e delle singole Comunità.
Ecco allora che il governare va unito al dovere di coordinare e stimolare, con un’azione congiunta
di comando e di animazione, sempre esercitando la prudenza e la giustizia, la carità e il servizio.
Quante crisi si potrebbero evitare se i Superiori si sentissero sempre vicini ai Confratelli e alle
singole Comunità, pur senza sostituirsi ai rettori e agli altri confratelli nei loro uffici! Ritorna il
discorso della animazione più che del comando, dell’amicizia più che della distanza, del servizio
più che della superiorità. Questo è il vero modo di essere autorevoli, precedendo tutti con l’esempio
e con la bontà, ma anche con la vigilanza e, se necessario, con la correzione fraterna.
5- Per concludere con qualche osservazione pratica, in linea con quanto affermato finora, mi sembra
utile segnalare alcuni aspetti della nostra vita religiosa in cui è bene esercitare il servizio della
vigilanza e della correzione fraterna, anche con l’esercizio dell’autorità quando occorre.
- Come si tratta l’Eucarestia, osservando le prescrizioni liturgiche, ed evitando abusi e sciatterie
- Se viene celebrata la Liturgia quotidiana delle Ore
- Se si fa la Meditazione
- Se vi è un confessore per la Comunità e/o per i singoli
- Se vi sono assenze ingiustificate e frequenti dalla Comunità, così che i Confratelli ne rimangano
scandalizzati
- Se si danno casi di omosessualità, di pedofilia, di relazioni pericolose: non intervenire
significherebbe rendersi corresponsabili (cf. Discorso del Papa ai Vescovi d’Irlanda)
- Infine se vi sono Comunità difficili, in cui la mancanza di unione può essere di scandalo anche ai
fedeli.
In questi casi, la vigilanza va unita alla prudenza, secondo il detto di San Tommaso: si sanctus est,
sanctificet nos, si prudens est regat nos. La prudenza è necessaria ai Superiori in ogni caso, ma
essa non esime dall’intervenire quando il dovere lo richiede. Si studieranno i modi più adatti, più
caritatevoli, quindi senza precipitazione e senza perdere la calma, ma il non intervenire sarebbe
segno di debolezza e mancanza al proprio dovere.
Credo che valga prima di tutto per i Provinciali quello che il Regolamento Generale dice per il
Rettore di casa: “Preceda i Confratelli con l’esempio, promuova un sereno e leale dialogo e la
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concordia fraterna, stimoli tutti all’attività nelle mansioni a ciascuno affidate. Sorregga nelle
difficoltà e incoraggi tutti alla realizzazione del programma concordato antecedentemente. Si
prenda cura della salute fisica dei Confratelli e sia sollecito nel procurare loro gli aiuti spirituali”
(art. 128).
20
4.
OMELIA
(P. Dalmaso Severino, OSJ – durante il ritiro spirituale ai Provinciali e Delegati)
“Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: eccolo qui, eccolo là,
perché il regno di Dio è in mezzo a voi”.
Comprendiamo quello che voleva dire Gesù: il suo regno sulla terra non è qualcosa di trionfalistico
e di spettacolare; noi lo possiamo incontrare già su questa terra solo vivendo nella fede, in attesa di
poterlo vivere nella gloria.
In questo senso San Paolo scriveva: “la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio” (Col 3,3).
Sappiamo che mons. Marello ripeteva spesso ai suoi Figli questo pensiero e lo metteva in relazione
alla vita nascosta di San Giuseppe in Nazaret. Vediamo di approfondirlo un poco. La frase è
l’equivalente biblico, e perciò più ricca spiritualmente, dell’altra: “Siate Certosini in casa e Apostoli
fuori casa”, frase comune nell’800 a vari santi del tempo, che nella mente del Marello era sempre
in riferimento agli esempi della casa di Nazaret.
La Parola di Dio oggi ci aiuta a comprendere bene anche la nostra spiritualità.
“Il regno di Dio è in mezzo a voi”, ma non nella gloria dei regni della terra, perché “è necessario
che Gesù soffra molto e venga ripudiato da questa generazione”.
Per comprendere tutta la portata della nostra “vita nascosta con Cristo in Dio” dobbiamo leggerla
alla luce di questo testo, come anche la esprimeva anche San Paolo nella Lettera ai Colossesi: “Se
dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio;
pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai
nascosta con Cristo in Dio. Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete
manifestati con lui nella gloria” (3,1-4).
Parlare di spiritualità giuseppino marelliana senza tenere presenti questi testi, sarebbe una
superficialità da parte nostra. Gesù dice: “è necessario che Cristo soffra molto”; San Paolo
aggiunge che anche noi “siamo morti” con Lui. La necessaria premessa alla nostra risurrezione è
dunque di morire con Gesù per poter risorgere con Lui.
San Giuseppe Marello conosceva molto bene le lettere di San Paolo, che meditava fin da quando era
chierico. Quando egli ripeteva l’esortazione alla vita nascosta con Cristo in Dio, intendeva
presentare un punto saliente della nostra spiritualità, confermandola con la vita nascosta di San
Giuseppe a Nazaret, che diventava così per noi il Modello della più perfetta imitazione di Cristo.
San Giuseppe viveva una vita nascosta e umile con Maria e Gesù; non solo, Egli aveva la missione
di tenere nascosto il mistero del Figlio di Dio fino alla sua manifestazione pubblica. Quando Gesù
dà inizio alla sua vita pubblica, San Giuseppe ha terminato la sua missione e scompare dalla scena,
poiché la sua missione era finita. La sua missione era veramente nascosta al mondo, piena di
silenzio e di lavoro, di sofferenze e di gioie intime ineffabili.
La spiritualità giuseppino-marelliana attinge qui le sue sorgenti, nella intimità della casa di Nazaret,
ma si alimenta nel medesimo tempo alla vita, passione e morte di Gesù, per poter partecipare alla
sua risurrezione. La nostra vita consiste dunque nella partecipazione al mistero pasquale, e mistero
pasquale di morte e risurrezione fu anche la vita di Gesù nel periodo della sua kenosi umana nella
casa di Nazaret. Dovremo abituarci a vedere i Dolori e le Allegrezze di San Giuseppe in questa luce
di morte e risurrezione, per capire la spiritualità pasquale e il “mistero cristiano”, di cui parlano le
Costituzioni all’art. 3.
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San Giuseppe e il mistero di Cristo: a questo mistero San Giuseppe partecipò come “ministro della
salvezza” (ministrum voluit esse salutis), come canta un inno della Liturgia. Gli Oblati di San
Giuseppe vivono il mistero di Cristo in unione con San Giuseppe, dicono le Costituzioni all’art.3:
qui sta l’aspetto più carismatico della nostra Congregazione. Da San Giuseppe impariamo a vivere
gioie e dolori della vita in unione col mistero pasquale, che è mistero di morte e di vita, di dolori e
di gioia.
La vita dei primi Oblati di San Giuseppe fu tracciata così dal Fondatore Marello: “In questo mondo
sempre si avvicendano il gaudio e la pena: e la vita di San Giuseppe non fu anch’essa un’alternativa
di consolazioni e di timori? Dunque in Santa Chiara (oggi diremmo: in Congregazione), come nella
Casa di San Giuseppe, in mezzo ai dubbi e alle ansietà, siano gli animi sempre fiduciosi e sicuri e si
ripeta da tutti con San Paolo: ‘mi diletto nelle angustie per Cristo”.
E’ facile vedere in queste parole la perfetta imitazione dei dolori e allegrezze di San Giuseppe,
come è facile vedere la perfetta adesione a Cristo sofferente e risorto, in un cammino di fede e di
totale abbandono alla volontà di Dio. Su queste caratteristiche San Giuseppe Marello fondò la
Congregazione e ci disse: “Bisogna prendere le proprie ispirazioni da San Giuseppe, che fu il primo
sulla terra a curare gli interessi di Gesù: Lui che lo custodì fanciullo e gli fu in luogo di padre nei
primi trent’anni della sua vita qui in terra”.
“In questo mondo sempre si avvicendano il gaudio e la pena”. Se in queste parole si ravvisa un
poco la vostra situazione di superiori, presi da tante difficoltà, San Giuseppe Marello ci indica il
modo di superare ogni timore affidandoci alla fede nel mistero pasquale, nel mistero di Gesù, che ci
sostiene e sa ricavare frutti di bene dal vostro difficile compito di superiori della Congregazione.
Più angustiati del Marello non saremo, quando, nel 1895, davanti al pericolo di vedere morire la
Congregazione, ebbe la forza di scrivere ai suoi Oblati nell’ultima lettera a don Cortona: “State
tutti di buon animo sotto il paterno manto di San Giuseppe, luogo di sicurissimo rifugio in
tribulationibus et angustiis: nelle tribolazioni e nelle angustie”. Qui il mistero pasquale raggiunse
per mons. Marello il culmine della sua adesione a Cristo, a imitazione di San Giuseppe.
Con fiducia, oggi la liturgia ci invita a guardare avanti in ogni evenienza della nostra vita, poiché “il
regno di Dio è in mezzo a voi” .
22
5.
SEGRETERIA GENERALE
(Sintesi dell’intervento di P. Giocondo A. Bronzini – Segretario Generale)
Cari Confratelli,
in questo nostro incontro ci serviremo del “Sussidio pratico” che vi è stato distribuito e che vedo
nelle vostre mani. Permettetemi di leggere con voi la Presentazione alla prima edizione, che risale al
mese di agosto del 1998. Da allora, il testo è cresciuto, incorporando di volta in volta quelle
istruzioni che l’uso pratico veniva suggerendo.
Come potete vedere dall’Indice posto all’inizio del libretto, si va dalla semplice riunione del
Consiglio provinciale (come prepararla e come condurla, con gli atti giuridici che ne garantiscano la
validità), alle situazioni più rare e più difficili da gestire (assenze, esclaustrazioni, dimissioni
dall’Istituto, ecc.).
A volte il Sussidio riporta, tali e quali, intere pagine del Regolamento Generale, per mettere sotto
mano al Provinciale e ai suoi Consiglieri le competenze del Superiore Generale (e quindi i casi in
cui chiedere le dovute autorizzazioni) o le competenze dello stesso Provinciale (con o senza il suo
Consiglio), per ricordare – in questo caso – come muoversi in maniera giuridicamente esatta.
Poiché da più parti giunge ogni tanto la richiesta di norme e suggerimenti per prepararsi alla visita
canonica del Superiore Generale o programmare quella del Provinciale, ricorderò ai distratti che già
da tempo è stato aggiunto al “Sussidio” un capitolo interamente dedicato all’argomento, con ampia
materia per ben preparare, condurre e far fruttificare la vista stessa.
Nel contesto della visita canonica ho voluto inserire, ultimamente, un richiamo a due particolari
doveri dei Provinciali, che non dovrebbero essere sottovalutati:
(a) Il dovere di vigilare attentamente sulle intenzioni di messe, educandoci (superiori e sudditi) a
non farne troppo “una questione di pecunia”, “un modo per arrotondare le entrate”... Che anche
questi aspetti abbiamo la loro rilevanza, nessuno vuole negarlo o metterlo in discussione: ciò che si
vuole ricordare è che non si devono moltiplicare le celebrazioni per accumulare offerte...
(b) Il dovere di comunicare tempestivamente alle comunità della propria Provincia l’annuncio di
morte di un confratello, ricordando a ogni comunità il dovere di mettere in atto i suffragi stabiliti dal
nostro Regolamento Generale.
Detto ciò a modo di premessa, passiamo senz’altro alla lettura (almeno per sommi capi) del
Sussidio. In qualsiasi momento potete intervenire per chiedere spiegazioni o suggerire riflessioni
sull’argomento.
23
6.
PASTORALE VOCAZIONALE
(P. Brian Crawford,OSJ - Incaricato Generale della Pastorale Vocazionale)
Introduzione
XV Capitolo Generale:
:ha voluto la PV prioritaria per tutta la Congregazione
:ha chiesto di coinvolgere ogni confratello e ogni comunità
:ha voluto un Animatore con Equipe
:ha chiesto che la PV riguardi ogni vocazione: fratello, sacerdote, suora, aggregato
:ha stabilito che si facciano preghiere davanti al Santissimo: Ora Santa
:ha unito la PV alla Pastorale Giovanile
Programma del Sessennio:
:sussidi per l’ora santa
:messaggio
:calendario
:sito web
:Incontro in India
:2007 Anno della PV
In ogni Provincia:
:verificare che ci sia Animatore, Equipe, programma
:utilizzare sussidi dal Centro
:diffondere il messaggio e calendario (o assicurare che l’animatore lo faccia)
:animare i confratelli di rivolgere l’invito, particolarmente ai giovani
:insistire sul legame fra PV e PG (infatti, è un’unica pastorale!)
:dare enfasi speciale all’anno 2007: incontri, ritiri, programmi pastorali e provinciali,
anniversari di apertura delle missioni, ecc.
In ogni Casa:
:comunità accogliente (?)
:referente vocazionale
:iniziative vocazionali svolte e verificate
:parte della visita canonica, particolarmente nel 2007
:testimonianza gioiosa e di speranza
:appoggio delle famiglie che hanno giovani nella formazione
:collaborazione con la chiesa locale ed altri istituti religiosi (più ampio e vero campo)
:nelle nostre parrochie e scuole, un programma vocazionale, particolarmente per l’anno 2007
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Trenta anni fa, Dio mi chiamò ad essere Oblato di San Giuseppe, ma io allora non lo sapevo. Si
servì di un sacerdote dell'Arcidiocesi di St. Louis per dare inizio alla chiamata, con una semplice
domanda: Vuoi diventare sacerdote?
Quella domanda mi ha fatto pensare alla possibilità di diventarlo, ed io sono qui, oggi, perché quel
prete ebbe il coraggio e l'interesse di domandarmelo.
Noi possiamo avere lo stesso impatto sui giovani d’oggi, ma dobbiamo avere lo stesso coraggio,
interessarci al problema e così far nascere la possibilità di una vita di consacrazione. Questo è il
primo passo necessario di ogni PV. Gesù avviò ogni suo contatto con le persone alla stessa maniera:
“Vieni e seguimi”. Ora vuole servirsi di noi per fare la proposta a quelli che incontriamo, in
particolare ai giovani. Questo è il motivo per cui possiamo dire con fiducia che ogni pastorale è
pastorale vocazionale: ad ogni istante, Dio chiama tutti e ciascuno ad avvicinarsi a lui. Questo,
chiaramente, include anche noi.
Perciò, quando nel Programma del Sessennio si dice che la PV è priorità, non stiamo dicendo nulla
di nuovo. È sempre stata e deve continuare ad essere priorità. Forse, stiamo riconoscendo che non
abbiamo messo abbastanza enfasi su questo punto, in questi anni passati, e adesso invece dobbiamo
farlo. Il motivo vero per farlo non è perché in alcune parti della Congregazione il numero del nostro
personale religioso è basso, anche se è probabile che Dio si voglia servire di questo per richiamare
la nostra attenzione; il motivo vero è che noi siamo chiamati a proclamare il regno di Dio prima di
ogni altra cosa, e ciò equivale a riconoscere che ogni nostra attività è per sua natura vocazionale. In
altre parole: Dio sta chiamando ognuno a far parte del suo regno e noi siamo gli strumenti che Egli
usa per far conoscere questa chiamata. È importante ricordarlo, poiché la nostra PV non diventi solo
reclutamento, ma sia quello che veramente deve essere: aiutare specialmente i giovani a sentire la
chiamata di Dio e a seguirlo, qualunque sia la Sua chiamata.
Quando mi fu affidata la PV della Provincia della California, fu molto chiaro per me che se il mio
obiettivo principale fosse quello di "trovare" gente da arruolare per la Provincia in scarsità di
personale religioso, il mio ministero sarebbe stato un fallimento, anche se in realtà qualcuno sono
riuscito a trovarlo. Perché? Perché sarebbero stati dei “numeri” e non dei “chiamati” da Dio, o
perlomeno io non avrei potuto essere sicuro del coinvolgimento di Dio. C'era senz’altro un
programma vocazionale, ma non era stato fatto per attirare i giovani alla Congregazione, ma a Dio.
In fin dei conti, se davvero sono attratti da Dio, Dio stesso li dirigirà verso la Congregazione o la
Chiesa locale. È Dio che chiama, non siamo noi: noi siamo gli strumenti. Se la nostra PV nasce con
questo spirito, non può che dare risultati, perché Dio non fallisce mai!
Condivido questo con voi, come Provinciali e Delegati, perché l’articolo 89 delle nostre
Costituzioni specificamente dice: "I Superiori coordinano le varie attività vocazionali e affidano ad
alcuni Confratelli compiti particolari di animazione, promozione ed orientamento." La mia speranza
è che questi confratelli possano condividere questa idea e questo tipo di PV nelle attività delle
vostre Provincie e Delegazioni.
In questo spirito possiamo analizzare cosa ci viene proposto per la nostra PV dei prossimi sei anni e
come meglio possiamo svilupparla nelle Provincie/Delegazioni e nelle singole comunità.
Cominciamo considerando la Delibera #9 del XV Capitolo Generale, sulla PV. Come detto sopra, é
prioritaria nella Congregazione intera: anche in quelle parti del mondo, dove la Congregazione sta
crescendo e dove ci sono vocazioni abbondanti, c'è bisogno di discernere bene l'autenticità di queste
vocazioni. Di nuovo, possiamo vedere, come non si tratti di numeri, ma di chi Dio sta chiamando ad
associarsi alla nostra comunità, per vivere il nostro carisma e il nostro spirito. Se Dio non li sta
chiamando, allora associarli alle nostre comunità non è solo spreco di tempo e di energie, ma è
anche un pericolo per il bene della Congregazione e della Chiesa. Questo pericolo esiste anche dove
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il numero dei vocazionati è basso. Perciò, dobbiamo assicurarci che la PV da noi promossa e alla
quale diamo priorità sia quella descritto sopra. Credo che l’articolo 52 del nostro Regolamento
Generale lo affermi molto bene: "Le vocazioni di speciale consacrazione sono un prezioso dono di
Dio che sceglie, chiama e manda operai a costruire il suo Regno." Chiaro: l'iniziativa viene da Dio.
Affinché non abbiamo a pensare che questo significhi mettersi seduti, con le mani in mano, in attesa
che Dio ci mandi dei candidati, l'articolo continua: "ma dipendono anche, come tutta l'economia
della salvezza, dalla libera, appropriata e generosa collaborazione degli uomini. La animazione
vocazionale è il momento centrale di ogni catechesi che mira al pieno sviluppo della vocazione
battesimale." Noi siamo, dunque, coinvolti nella chiamata di quelli che Dio ha scelto per la nostra
Congregazione, e quindi dobbiamo attivarci con uno specifico "programma vocazionale" (articolo
54 del Regolamento Generale) e dare a tutti gli altri nostri programmi, particolarmente ma non
esclusivamente per i giovani, una precisa tendenza vocazionale.
Specificamente, poi, la Delibera #9 dice che la PV è fondamentale al nostro apostolate (c.f. articolo
86 delle Costituzioni). Dobbiamo considerarla come parte della nostra vocazione e non come un
qualcosa che ci è stato dato da fare. In questa maniera, gli animatori vocazionali sono chiamati a un
ruolo essenziale, richiesto dalle nostre Costituzioni (art. 89) e dal Regolamento Generale (art. 54, il
quale parla anche di un centro vocazionale), e non devono essere considerati figure isolate che
fanno tutta la PV della Provincia/Delegazione. Al contrario, sono quelli che hanno il compito di
dirigere, sotto la vostra guida, le attività vocazionali della Provincia/elegazione con la
collaborazione di tutti i confratelli, specialmente di quelli "che lavorano a contatto diretto con i
giovani nelle varie Opere della Congregazione."
Ci viene ricordato, in questa delibera, anche che la PV non può essere ridotta “a una serie di
iniziative" ma dev’essere prima di tutto "accompagnamento, direzione spirituale ed attenzione a
quanti esprimono il desiderio di consacrarsi al Signore." Dobbiamo essere presenti ai nostri giovani:
ascoltarli, guidarli, aiutarli a discernere. E, credo che questo sia molto importante, i giovani devono
sapere che il nostro interesse è unicamente il loro bene e la loro salvezza, e non la sopravvivenza o
la crescita della Congregazione. Perciò, anche dover aver capito, insieme con loro, che non sono
chiamati alla nostra Congregazione, non dobbiamo perdere l’interesse per loro: dobbiamo
continuare ad assisterli in tutto quello di cui hanno bisogno per continuare il discernimento della
loro chiamata. Mentre ero animatore vocazionale in California, ho avuto l'opportunità di fare questo
con un giovane che si stava interrogando sulla sua chiamata alla Diocesi di Sacramento, dopo avere
assistito un ritiro vocazionale nel nostro seminario minore. Mi aveva chiesto di assisterlo nel
discernere la sua chiamata e io ho accettato, nonostante fosse chiaro che non si sentiva chiamato ad
essere Oblato. Per quel che mi consta, quel giovane è ancor oggi impegnato nel cammino verso il
sacerdozio in quella diocesi.
La Delibera #9 chiede che la nostra PV presenti anche la vocazione a Fratello e che si includa un
Fratello nell’equipe vocazionale, sempre che sia possibile. È un richiamo all’impegno di includere
nella PV tutte le vocazioni possibili degli Oblati: vocazione di Fratello, di Sacerdote ed anche di
Suora e di Aggregato, specialmente nel caso che queste ultime due non siano presenti nella nostra
Provincia/Delegazione. I nostri sforzi devono mirare a che queste vocazioni siano presentate
(particolarmente nella nostra pubblicità vocazionale) e rappresentate nelle nostre equipe
vocazionali, quando possibile. La Delibera presuppone l'esistenza di un’equipe vocazionale, ma
bisogna verificare che ci sia davvero in ognuna delle nostre Province/Delegazioni.
Finalmente, e credo che questo sia l’elemento più importante della Delibera #9, ogni confratello
nella Congregazione é chiamato a passare un'ora settimanale di fronte al Santissimo Sacramento, in
preghiera per le vocazioni. Nei prossimi mesi provvederò a inviare preghiere e riflessioni
specificamente nostre, mentre chiedo a voi ed ai vostri confratelli di aiutarmi con qualche sussidio
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che probabilmente già state usando nella vostra lingue e realtà. Spero di avere pronto un primo
sussidio per l’Incontro di Formatori in India, questo prossimo gennaio. Comunque, quello che é piu
importante per ognuno di voi è convincere i confratelli dell’importanza di rimanere fedeli a questa
delibera. Passare un’ora in preghiera, è un promemoria potente di quello che abbiamo detto
all'inizio di questa presentazione: è Dio che chiama, e perciò è Dio che noi dobbiamo conoscere e
far conoscere ai nostri giovani. Non c’é miglior modo per conoscere Dio, di passare un tempo in
preghiera alla sua presenza, particolarmente di fronte al grande dono di vita e di amore che é il
Santissimo Sacramento.
Il nostro Programma del Sessennio fa eco alle richieste di questa delibera e chiede di metterli in
pratica. Chiede, come già abbiamo visto, di promuovere la figura del Fratello e di preparare sussidi
per l’Ora Santa; chiede anche di avere un’equipe internazionale per aiutare nello scambio di idee ed
esperienze dalle Province e Delegazioni, specialmente attraverso il sito web OSJ. Mentre il sito web
viene allestito, sto preparando e mandando agli animatori vocazionali (e incaricati della PG) un
calendario delle varie attività che si stanno eseguendo nelle Province e Delegazioni, in modo che
ognuno sia consapevole di quello che si sta facendo e ci si possa appoggiare l'un l'altro in queste
attività, particolarmente nella preghiera. Insieme a questo calendario, ogni volta invio un messaggio
che ci aiuti a continuare nella riflessione sulla nostra PV (e PG) alla luce della nostra Regola di
Vita, delle nostre Delibere Capitolari, del nostro Programma del Sessennio ed, anche molto
importante, della nostra esperienza attuale nel mondo e nella Chiesa. Anche voi riceverete una copia
di questo messaggio e del calendario ogni mese. Attualmente è spedito solo via e-mail. Per favore
fatemi sapere se per voi è meglio riceverlo per fax o per posta normale. So che non tutti gli
animatori vocazionle (e giovanili) hanno una e-mail (o perlomeno non ho l’indirizzo di tutti).
Incoraggiate anche i vostri animatori a diffondere il calendario e i contenuti del messaggio, se
merita!, tra i confratelli, anche perché nella PV e nella PG tutti dobbiamo essere coinvolti.
Senza dubbio avete notato che in questa ultima parte, ogni volta che ho nominato gli animatori
vocazionali ho accennato anche agli incaricati della PG. Questo collegamento intimo tra gioventù e
pastorale vocazionale è richiesto dalle nostre Costituzioni (art. 86) e dal Regolamento Generale
(articoli 31 & 52), ed è confermato nelle Delibere #8, I b, e #9, come già abbiamo visto, così come
anche nel documento finale del Secondo Congresso di Pastorale Giovanile Giuseppino-Marelliano,
Passo dopo Passo, n. 13, dove si dice: "Ogni pastorale giovanile è “nativamente” vocazionale in
senso ampio." Incoraggiate, dunque, tutti i confratelli a tener presente questo collegamento nelle
loro attività giovanili, in modo che la gioventù possa avere un'esperienza veramente utile del Dio
vivente.
Infine, come richiesto dal programma, c’e l’Incontro di Formatori programmato per il prossimo
gennaio in India: in esso si esaminerà il collegamento tra PV e la prima esperienza della
formazione, aspirancy o seminario minore , come pure l'anno di Pastorale Vocazionale per 2007.
L’incontro in India è già stato preparato e ognuno degli animatori vocazionali delle
Provincie/Delegazioni e i direttori di formazione sono stati richiesti di preparare una relazione sui
programmi e sulle esperienze nelle loro varie realtà. Le relazioni devono essere preparate e
presentate a noi entro la prima metà di dicembre di quest’anno, così che possiamo portarle tradotte
all’Incontro. Grazie per la buona volontà che dimostrate permettendo ai vostri confratelli di
partecipare a questo incontro e, per favore, incoraggiateli a presentare le loro relazioni a noi in
tempo! Come sempre, speriamo che l'esperienza sia formativa e di appoggio.
Per quanto riguarda il tema della PV per il prossimo anno, il Centro di Spiritualità GiuseppinoMarelliana sta preparando temi mensili, che potranno essere usati, a livello personale, di comunità e
di provincia. Per favore, assicuratevi questi sussidi arrivino a tutte le vostre comunità. Stiamo
tentando di averli in almeno tre lingue: italiano, inglese e spagnolo.
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Un altro modo di trarre vantaggio da questo tema per il 2007 è mettere enfasi speciale sulle date di
fondazione delle nostre Provincie e Delegazioni: le date sono ricordate nel nostro calendario
liturgico, proprio come opportunità di pregare per le vocazioni di ogni nostra realtà.
Forse si potrebbe chiedere in ogni comunità un tempo di preghiera speciale, o almeno ricordare una
particolare missione nelle intercessioni della Messa e/o della Liturgia delle Ore. Sebbene già ci sia
chiesto di farlo sempre, un impegno speciale di farlo durante quest’anno potrebbe portare come
frutto una pratica più costante e stabile in tutta la Congregazione. Come anche si può fare
aggiungendo preghiere per le vocazioni al momento delle Lodi e del Vespro).
Altre iniziative: programmi vocazionali speciali nelle nostre scuole e parrocchie durante questo
anno; servirsi, a livello di comunità, degli sforzi nel ministero della vocazione come parte della
visita canonica alla Provincia/Delegazione e poi valutare se nella nostra Provincia prevediamo di
creare una comunità di accoglienza, come detto nell’articolo 53 del nostro Regolamento Generale; e
se non sia il caso di stabilire in ogni comunità un confratello come riferente vocazionale.
Quello che resta da dire é forse la cosa più importante. Non c'è sforzo vocazionale più grande di
quello di chi dà una testimonianza gioiosa e piena di speranza! In altre parole, sorridi! Spesso una
cosa così piccola produce grandi risultati. L’articolo 86 delle nostre Costituzioni, fra i mezzi assunti
dagli animatori vocazionale, nomina “soprattutto la testimonianza di vita”. La Delibera #9 ci
ricorda: "Consapevoli che non c'è un metodo risolutivo circa la pastorale vocazionale e che i tempi
dello Spirito sono diversi dai nostri, viviamo la certezza che a preoccupare non è prima di tutto la
penuria di vocazioni, ma un atteggiamento rinunciatario di fronte alle inevitabili difficoltà."
In altre parole: non ci abbandoniamo allo scoraggiamento, solo perché le cose sono difficili. Dio sta
chiamando giovani alla nostra Congregazione. Dobbiamo stare tra loro, particolarmente con la
nostra testimonianza gioiosa. Abbiamo bisogno di programmi e attività. Dobbiamo lavorare insieme
con altre comunità religiose e negli sforzi della Diocesi locale, per quanto possibile. Dobbiamo
valutare i nostri sforzi a livello Provinciale e di Delegazione, di comunità e di singole persone.
Voi potete essere molto utili in questo, chiedendo alla Provincia/Delegazione, a ogni comunità e ad
ogni confratello come pensano di contribuire concretamente alla PV della Provincia/Delegazione.
E il primo nostro contributo dev’essere la nostra testimonianza gioiosa e la nostra preghiera.
Nostro tema per quest’anno 2006 é stato la Vita Communitaria. Bene: non saremo né capaci né
disposti a essere concreti nel campo della PV, se non avremo l'appoggio, l’aiuto e la testimonianza
della nostra comunità accanto a noi. Se siamo convinti di questo, è perché sappiamo che Dio ci sta
chiamando a vivere così la nostra vita; e Dio non ci chiama mai ad essere miserabili. I nostri
giovani hanno bisogno di sapere questa verità, e noi possiamo aiutarli vivendo la nostra chiamata
nella gioia e nella speranza. Grazie.
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7.
FORMAZIONE OSJ INIZIALE E PERMANENTE
(P. Sebastian Jacobi, OSJ - Incaricato Generale della Formazione)
Introduzione
Il rinnovamento e il futuro di ogni Istituto religioso dipendono principalmente dalla
formazione dei loro membri. La vita religiosa raduna discepoli di Cristo che vanno aiutati ad
accogliere «quel dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore e che essa conserva
mediante la grazia» (Ref. LG 43). La formazione dei candidati, che ha per fine immediato quello di
iniziare la vita religiosa e di far prendere loro coscienza della specificità della vita religiosa nella
Chiesa, deve dunque mirare soprattutto, attraverso l'armonica fusione dei suoi elementi, spirituale,
apostolico, dottrinale e pratico, ad aiutare i religiosi a realizzare la loro unità in Cristo per mezzo
dello Spirito. (Ref. PC 18,3; Direttive sulla Formazione negli Istituti Religiosi, 1). Per noi, Oblati di
San Giuseppe, essa si identifica con l’ideale del Fondatore: la sequela del Divin Maestro e la
dedizione agli interessi di Gesù, nell’imitazione di San Giuseppe (Ref. Cost. Art.81).
Il Capitolo Generale per ogni istituto è un momento di grazia e di rinnovamento formativo,
apostolico, spirituale e religioso. Tutte le Delibere Capitolare ci portano ad un rinnovamento
dell’Istituto. Anche nel XV° Capitolo Generale si è discusso sulla formazione iniziale e permanente
nella nostra Congregazione, ed abbiamo formulato 4 Delibere Capitolari su questo argomento (Cfr.
Delibere 10,11,12 e 13). Prima del Capitolo Generale, nell’Incontro dei Formatori in Perù,
nell’anno 2003, si è verificata la Ratio Formationis della Congregazione. Il XV° Capitolo Generale
dà il mandato al Superiore Generale e al suo Consiglio di aggiornare la Ratio Formationis secondo i
suggerimenti scaturiti dall’Incontro dei Formatori in Perù (Cfr. Del. 10b). Questa richiesta è stata
adempiuta dal Consiglio Generalizio nell’agosto 2006, e il testo aggiornato è stato inviato ai
Provinciali e Delegati. La Ratio Formationis della Congregazione è sufficiente a garantire una
buona formazione dei nostri candidati alla Vita Religiosa, secondo lo Spirito e il Carisma
dell’Istituto. Tocca ai Provinciali e Delegati applicare questo testo nelle proprie Province e
Delegazioni. Alcune Province hanno già la propria Ratio Formationis particolare, basata sulla Ratio
Formationis di tutta la Congregazione.
Inoltre, nell’incontro dei Formatori del 2003 in Perù, i formatori hanno espresso l’urgenza di
preparare un “Progetto Formativo” per le tappe precedenti al noviziato, che comprende il periodo
fino al postulantato. Il testo preparato è stato approvato dal Consiglio Generalizio nel gennaio 2004.
Perciò abbiamo i documenti necessari per la formazione dei nostri candidati alla vita
religiosa nella Congregazione. Però, esiste il pericolo di ignorare l’esistenza di questi documenti
nella Congregazione e di dare, da parte dei formatori, una formazione in modo personale e
individuale. Come conseguenza, i candidati alla vita religiosa non vengono formati bene nella
Congregazione. In questo caso, come abbiamo trattato tante volte negli incontri internazionali dei
Formatori e dei Superiori, la formazione dei formatori e la loro perseveranza nelle case di
formazione sono molto importanti e necessari per una formazione seria ed esigente secondo la Ratio
Formationis della Congregazione. Più che sulla qualificazione tecnica o professionale occorre
puntare sui valori spirituali e religiosi. Soltanto coloro che sono illuminati e saggi infatti possono
formare i saggi. Il formatore presuppone, inoltre, delle attitudini umane non comuni, e un insieme di
qualità spirituali che mettono in grado di “costruire in Cristo una comunità fraterna, nella quale si
cerchi Dio e lo si ami sopra ogni cosa” (Canone 619). Perciò, è importante curare attentamente la
scelta e la preparazione dei formatori. La missione che devono esercitare infatti è particolarmente
delicata. Esige rispetto per le persone, attenzione, fermezza e una comprensione illuminata. Tante
29
volte e per vari motivi, improvvisiamo la scelta dei formatori. Una buona formazione dipende dai
buoni formatori.
1. La Formazione Iniziale:
La formazione non si compie tutta in una volta. Il cammino dalla prima risposta a quella
finale si suddivide principalmente in due fasi: formazione iniziale e formazione permanente. La
formazione iniziale comprende tre tappe: il prenoviziato durante il quale, per quanto è possibile, si
cerca di identificare l’autenticità della chiamata; il noviziato, che introduce in una nuova forma di
vita; la prima professione e il periodo di approfondimento che precede la professione perpetua
(cfr. Cost..90). La fase della formazione permanente comprende la professione perpetua e la
formazione successiva e continua degli anni maturi (Cost. 111 & 112; Reg. 83 & 84).
Il prenoviziato comprende praticamente l’aspirantato e postulantato. Secondo il nostro
Progetto Formativo, “anteriore al postulantato, l’aspirantato coincide, secondo i vari programmi
formativi delle singole Province e Delegazione degli Oblati di San Giuseppe, con: Scuola
Apostolica e Propedeutica, Seminario Minore, Universitario, High School e Corso Filosofico.
Dura da uno a sette anni (…). È una fase privilegiata per l’accoglienza, il discernimento,
l’accompagnamento, la formazione delle vocazione alla vita religiosa e sacerdotale tra noi Oblati.
Normalmente, l’ultimo anno di questa tappa coincide con il postulantato”. (Cfr. Progetto Formativo
per l’Aspirantato degli OSJ, Art.1).
Il Diritto Canonico richiede un’adeguata preparazione al Noviziato (can 597,2). Le nostre
Costituzioni (Cost. 92-94) e il Regolamento Generale (RG 60-63) danno a questa tappa formativa il
nome di Postulantato, stabiliscono che essa sia “Obbligatoria” (c.93) e abbia una durata minima di 6
mesi e massima di 2 anni (C93). La sua obbligatorietà è giustificata soprattutto dalla diagnosi
sempre attuale della “Renovationis Causam”: “La maggior parte delle difficoltà incontrate ai nostri
giorni nella formazione dei novizi derivano dal fatto che essi, al momento della loro ammissione al
Noviziato, non avevano la sufficiente maturità” (cfr. Rc 4c; Art. 1, Ratio Formationis degli OSJ).
Il XV° Capitolo Generale, con la Delibera 10° ha voluto sottolineare la centralità del
noviziato, seconda tappa della formazione iniziale, nella situazione attuale della nostra
Congregazione: “Il Noviziato deve esser stabile sia come casa che come Maestro, secondo le
norme del Regolamento Generale e della “Ratio Formationis”. Per facilitare questo si promuova
la collaborazione tra le Province/Delegazione”.
Secondo questa Delibera:
a. la Casa di Noviziato deve essere stabile. Nell’articolo 9 della Ratio Formationis si legge:
“Nella scelta della sede del Noviziato si tengano presenti questi requisiti:
- un ambiente che favorisca il raccoglimento, l’orazione e la vita comunitaria;
- spazi e locali per attività formative e per il lavoro manuale;
- una biblioteca di libri spirituali tenuti in buon ordine;
- la possibilità di opportuni contatti con opere nostre per la conoscenza e l’esperienza della
vita di Congregazione;
- una comunità responsabilizzata alla formazione dei novizi, nel rispetto delle competenze di
ciascuno.
È sconsigliabile che il Noviziato sia trascorso in un luogo estraneo alla cultura e alla lingua
d’origine dei Novizi (DFIR 47).
Nella nostra Congregazione abbiamo attualmente 6 Noviziati:
1. St. Joseph’s Novitiate House, Victoria Homes Subd., Muntinlupa City - Provincia delle
Filippine.
2. Noviciado Pe. Josè Calvi, Cascavel (PR) – Provincia del Brasile.
30
3. St. Joseph Novitiate, Loomis – Provincia della California (Noviziato inter-provinciale del
Messico, California, anche per la Pennsylvania).
4. Noviciado “San Josè Marello”, Chosica – Lima – Provincia del Perù (Noviziato interprovinciale del Perù e della Bolivia).
5. Noviziato “Maria Giri”, Kulathupuzha, Kerala – Provincia dell’India.
6. Casa di Noviziato, Abeokuta , Lagos – Delegazione della Nigeria.
Le prime 5 Case di Noviziato sono stabili da tanti anni. La Delegazione della Nigeria
ha già costruito la casa di Noviziato ad Abeokuta e dal 2007 farà il proprio noviziato in questa sede.
La Provincia della Polonia aveva una casa stabile del Noviziato a Rusocin; ma in questi anni passati
non hanno avuto noviziato nella Provincia.
L’Italia ha avuto una lunga storia nel campo della formazione dei tanti confratelli Oblati, a
livello di Congregazione. L’inizio del primo noviziato canonico risale al 21 ottobre 1899, con il
Maestro P. Luigi Garberoglio, e come sede del Noviziato il Castello di Frinco. Nel 1901 a P.
Garberoglio succedette nel ruolo di Maestro Don G. B. Franco (Don Lorenzo), che rimase come
Maestro fino al 1946, salvo il periodo dalla primavera del 1903 all’ottobre 1905, quando fu
sostituito da Don Medico, a causa di una grave malattia polmonare. Dal 1904 al 1919 la sede del
noviziato fu in Santa Chiara ad Asti; poi il noviziato fu trasferito ad Alba fino al 1946. Dal 1946 al
1965 la sede del noviziato fu ad Armeno, col Maestro P. Ferdinando Bringnano. Poi, un periodo di
sei anni (1965-1971) la sede fu a Castelnuovo Calcea, e fu P. Pietro Rigon, sostituito poi da P.
Mario Pasetti. Dopo l’esperienza di Castelnuovo Calcea, il Noviziato fu trasferito a Roma (19721977), continuando come Maestro P. Mario Pasetti.
Si può dire che fino al centenario della Congregazione (1978), c’è stata una buona stabilità
del Noviziato in Italia, con lunghi periodi di durata dei anni e con maestri fissi. Però, negli ultimi 30
anni, in Italia si sono succedute varie sedi di Noviziato, di breve durata: Pontremoli (1977-1981),
Este (1982-1989), Montagnaga di Pinè (1989-1991), Solofra e Roma (1991-1992), Barletta (19931996), Roma (1998-2000), Asti (2001-2003) e Paestum (2005-2006), con differenti Maestri: P.
Giovanni Mesina, P. Raymundo Tabon, P. Gennaro Citera, P. Severino Dalmaso, P. Fiorenzo
Cavallaro e P. Vito Accettura); e nessuna casa ha avuto una stabilità come sede di Noviziato.1
Con la Delibera N° 10°, il Capitolo Generale ha voluto dare stabilità sia alla sede del
Noviziato, sia ai Maestri, per migliorare la formazione dei novizi nella Congregazione. In questo
campo si chiede anche una collaborazione inter-provinciale. Un noviziato stabile e comune sarebbe
ideale per le tre Province europee, con un maestro fisso.
2. Formazione alla Vita Comune
“Nate "non da volontà della carne o del sangue", non da simpatie personali o da motivi
umani, ma "da Dio" (Gv 1,13), da una divina vocazione e da una divina attrazione, le comunità
religiose sono un segno vivente del primato dell'Amore di Dio che opera le sue meraviglie, e
dell'amore verso Dio e verso i fratelli, come è stato manifestato e praticato da Gesù Cristo. Data la
loro rilevanza per la vita e per la santità della Chiesa, è importante prendere in esame la vita delle
comunità religiose concrete …” (Cfr. Vita Fraterna in Comunità, 1).
Con la Delibera N° 11 il XV Capitolo Generale mette in evidenza l’importanza della vita
fraterna in comunità, come parte integrante della chiamata alla vita religiosa. Durante la formazione
iniziale bisogna dare un’attenzione particolare alla crescita di virtù necessarie per una vita fraterna.
Il documento “Vita Fraterna in Comunità” è un valido sussidio per la crescita nella vita fraterna.
1
 Per approfondire questo tema, vedi : “Il Noviziato nella storia della Congregazione degli Oblati di San Giuseppe” nel
Marellianum 47(Anno XII) luglio-settembre 2003, pp 48-86.
31
Il Documento dice: “Le comunità riprendono quotidianamente il cammino, sorrette
dall'insegnamento degli Apostoli: "amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello
stimarvi a vicenda" (Rm 12,10); "abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri" (Rm 12,16);
"accoglietevi perciò gli uni gli altri come Cristo accolse voi" (Rm 15,7); "correggetevi l'un l'altro"
(Rm 15,14); "aspettatevi gli uni gli altri" (1 Cor 11,33); "mediante la carità siate a servizio gli uni
degli altri" (Gal 5,13); "confortatevi a vicenda" (1 Tess 5,11); "sopportandovi a vicenda con amore"
(Ef 4,2); "siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda" (Ef
4,32); "siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo" (Ef 5,21); "pregate gli uni per gli altri"
(Gc 5,16); "rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri" (1 Pt 5,5); "siamo in comunione gli uni
con gli altri" (1 Gv 1,7); "non stanchiamoci di fare il bene a tutti, soprattutto ai nostri fratelli nella
fede" (Gal 6,9-10)” (cfr. Vita Fraterna in Comunità, n.26).
“Per favorire la comunione degli spiriti e dei cuori di coloro che sono chiamati a vivere
assieme in una comunità sembra utile richiamare la necessità di coltivare le qualità richieste in tutte
le relazioni umane: educazione, gentilezza, sincerità, controllo di sé, delicatezza, senso
dell'umorismo e spirito di condivisione. I documenti del Magistero di questi anni sono ricchi di
suggerimenti e segnalazioni utili alla convivenza comunitaria, quali: la lieta semplicità, la chiarezza
e la fiducia reciproca, la capacità di dialogo, l'adesione sincera ad una benefica disciplina
comunitaria” (Cfr. Vita Fraterna in Comunità, n.27).
“La vita fraterna in comunità, dice la Delibera 11, è la vera nostra “Nazareth Giuseppina”.
Le Costituzioni (Art, 37-45) e il Regolamento (Art.18-21) della Congregazione ci garantiscono
una vita veramente fraterna nella comunità. Condivisione di preghiera, lavoro, pasti e tempi di
riposo, “spirito di gruppo, rapporto di amicizia, collaborazione in un medesimo apostolato, sostegno
vicendevole in una comunanza di vita, scelta per un migliore servizio del Cristo, sono altrettanti
coefficienti preziosi di questo cammino quotidiano” (Cfr. ET 39). Però, le nostre esperienze in ogni
Provincia e Delegazione ci dicono che in tante comunità la vita fraterna diventa molto difficile a
causa di individualismo, protagonismo ed orgoglio di certi confratelli. Questi vizi sono veri
ostacoli alla vita comunitaria. La Delibera n° 11 invita tutti i superiori e formatori a non
promuovere alla Professione Perpetua i candidati che non abbiano superato queste tendenze che
distruggono la vita fraterna in comunità.
Inoltre, la Delibera sottolinea l’importanza della struttura della casa religiosa come un
elemento che aiuta a coltivare una vera vita fraterna nella comunità. La comunità religiosa deve
abitare in una casa legittimamente costituita, sotto di un superiore designato a norma del diritto
(can. 608; Cost. 39, 195). Detta casa sarà strutturata in modo da rispondere convenientemente alle
esigenze dei membri (Can.610.2; Cost. 41), consentendo alla vita comunitaria dei espandersi ed
evolversi con la comprensione e la cordialità che generano fiducia (Cfr. EE III,10). Le singole case
devono avere almeno un oratorio, in cui si celebri e si conservi l’Eucaristia, in modo che sia
veramente il centro della comunità (Can 608; Cost. 48). In ogni casa religiosa, conformemente
all’Indole e alla missione dell’istituto, deve avere una parte riservata esclusivamente ai religiosi
(can 667,1; Cost. 39). Questa espressione di separazione dal mondo conforme alla finalità
dell’istituto fa parte della testimonianza pubblica che i religiosi sono tenuti a rendere a Cristo e alla
chiesa (Can 607, 3). La separazione si rende necessaria anche per osservare il silenzio e il
raccoglimento che favoriscono la preghiera. (EE III,11; Cost. 39; Rg 47). Nella nostra
Congregazione certe strutture comunitarie non favoriscono una vita fraterna nella comunità. In certe
comunità mancano i locali necessari: cappella, parlatorio, luoghi di raccoglimento, ecc.
3. Formazione Permanente
32
“La formazione continua è motivata anzitutto dalla chiamata di Dio, il quale chiama
ciascuno dei suoi in ogni momento ed in nuove circostanze. Il carisma della vita religiosa in un
determinato istituto è una grazia vivente che richiede di essere ricevuta e vissuta in condizioni di
esistenza spesso inedite. «Il carisma dei fondatori (ET 11) si rivela come un'esperienza dello
Spirito, trasmessa ai propri discepoli per essere da questi vissuta, custodita, approfondita e
costantemente sviluppata in sintonia con il Corpo di Cristo in perenne crescita (...). La nota
caratteristica propria di qualsiasi istituto esige, sia nel fondatore che nei suoi discepoli, una continua
verifica della fedeltà verso il Signore, della docilità verso il suo Spirito, dell'attenzione intelligente
alle circostanze e della visione cautamente rivolta ai segni dei tempi, della volontà d'inserimento
nella Chiesa, della disponibilità di subordinazione alla gerarchia, dell'ardimento nelle iniziative,
della costanza nel donarsi, dell'umiltà nel sopportare i contrattempi (...). Il nostro tempo in modo
particolare esige dai religiosi quella stessa genuinità carismatica, vivace e ingegnosa nelle sue
inventive, che spiccatamente eccelle nei fondatori...»2
La nostra Ratio Formationis evidenzia otto “Dimensioni” nel campo della Formazione
Permanente, di cui le prime 4 sono fortemente raccomandate anche nella formazione sacerdotale3, e
le altre quattro riguardano specificamente la vita consacrata e la spiritualità giuseppino marelliana:
1. Dimensione Umana (nn. 193 & 194)
2. Dimensione Spirituale (nn. 195 - 198),
3. Dimensione Intellettuale e Culturale (nn. 199 - 201),
4. Dimensione Pastorale (nn. 202- 204),
5. Dimensione Consacrata (nn. 205-212),
6. Dimensione Comunitaria (nn. 213 - 214)
7. Dimensione Giuseppina (nn. 215 - 216) e
8. Dimensione Marelliana (nn. 217 - 218).
In particolare il XV Capitolo Generale sottolinea alcuni elementi importanti per la
formazione permanente nella Delibera 12:
a) Meditazione quotidiana
La Delibera dice: Si dia grande risalto alla meditazione quotidiana, fatta in cappella o in
chiesa, stabilendo che essa trovi un posto privilegiato nell’orario giornaliero.
Questa Delibera, praticamente, è la riconferma della Delibera 2 (304) del XIV Capitolo
Generale. Si nota una grande carenza in questa pratica. Le nostre Costituzioni e il Regolamento
Generale danno molto importanza alla meditazione nella vita religiosa degli Oblati. Ogni oblato
deve dedicare ogni giorno almeno mezz’ora alla meditazione personale (c 50); i novizi vengono
formati alla meditazione nel noviziato (c.96, Reg. 70, 76); la meditazione, la contemplazione dei
misteri di Cristo, è uno dei mezzi sopranaturali per salvaguardare la castità consacrata per il Regno
di Dio(C.20). L’ascolto e la meditazione della Parola di Dio sono il quotidiano incontro con “la
sovreminenze scienza di Gesù Cristo”(PC 6). Il Concilio “esorta con ardore e insistenza tutti i
fedeli, soprattutto i religiosi, ad apprendere questa sublime scienza” (DV 25). Ma, in realtà, per vari
motivi, i nostri confratelli trascurano la meditazione quotidiana. Cosa da fare?
Con questo richiamo alla meditazione si può aggiungere anche la proposta della Delibera 2
del XV° Capitolo Generale, nella quale si invita ogni comunità ad un incontro comunitario e
settimanale con la Parola di Dio: “… Proponiamo che ogni comunità trovi un tempo settimanale di
incontro e confronto comunitario in ascolto di Dio e della vita di tutti i giorni. In ascolto della
2
Cfr. Direttive sulle formazione negli Istituti Religiosi e Mutuae Relationes (1978), 11b.12b.23f; cf. nota 8
Introduzione
3
Giovanni Paolo II, Pastores Dabo Vobis, Esortazione apostolica postsinodale, La formazione dei sacerdoti nelle
circostanze attuali, 1992, nn.71-72; Giovanni Paolo II, Vita Consacrata, 1994,71.
33
Parola di Dio, ci esaminiamo come stiamo vivendo lo spirito Giuseppino (imitazione di San
Giuseppe nella vita nascosta e abbandono alla Divina Provvidenza), la fedeltà ai Voti, la vita
fraterna, la testimonianza gioiosa della fede, la virtù particolare dell’umiltà, della fedeltà, del
silenzio, della laboriosità e della dedizione agli interessi di Gesù. L’incontro termini con un tempo
di preghiera comunitaria possibilmente davanti al SS.mo Sacramento”.
b). Commentario alle Costituzioni e al Regolamento:
Il Capitolo Generale dà mandato al Superiore Generale e al suo Consiglio di preparare un
commentario alle nostre Costituzioni e al Regolamento, affinché i confratelli possano crescere nella
vera conoscenza della Congregazione. “Il Centro Internazionale Giuseppino Marelliano” sta
intraprendendo questo servizio. Ciò contribuirà alla formazione permanente dei confratelli.
c). Formazione dei Fratelli:
Il XV Capitolo Generale, con la Delibera 12c, sottolinea l’importanza della
Permanente dei Fratelli nella Congregazione; chiede all’Incaricato dei Fratelli di
almeno un incontro internazionale dei fratelli in questo sessennio. A livello di ogni
Delegazione si incoraggino i nostri Fratelli a partecipare ai Convegni di carattere
regionale.
Formazione
organizzare
Provincia e
nazionale e
d). Lo studentato Internazionale di Roma:
Il XV Capitolo Generale con la Delibera 12d mette in evidenza il ruolo dello Studentato
Internazionale a Roma per la formazione permanente dei confratelli (Fratelli e Sacerdoti), lasciando
al Superiore Generale e al suo Consiglio di valutare la possibilità di accogliere anche studenti e
professi di voti temporanei.
Lo Studentato Internazionale a Roma è un luogo importante per promuovere formazione
unitaria Giuseppino – Marelliana, perfezionamento degli studi teologici e aggiornamento culturale
e pastorale. Negli anni passati è stato praticamente il luogo della formazione iniziale a livello
internazionale. Oggi la situazione è molto cambiata. Ogni Provincia e Delegazione ha le sue sedi
per la formazione iniziale e i Provinciali e Delegati (non italiani) non vogliono inviare i candidati a
Roma per la formazione iniziale. Questa situazione porterebbe a creare in futuro una mancanza di
conoscenza e comunicazione reciproca fra i confratelli nella Congregazione. Perciò, il Capitolo
Generale incoraggia, con la Delibera 12d, i Provinciali e Delegati a inviare i professi perpetui
(Sacerdoti e Fratelli) allo Studentato Internazionale di Roma. Lo Studentato favorisce un’autentica
crescita umana, spirituale e intellettuale con un programma proprio e con un responsabile diretto.
Secondo la Delibera Capitolare, abbiamo nominato P. Brian Crawford responsabile degli
studenti sacerdoti nello Studentato Internazionale di Roma, preparando un programma proprio.
Quest’anno, nello Studentato ci sono 7 sacerdoti oblati che frequentano le università di Roma:
Urbaniana, Teresianum, Angelicum, Claretianum e Santa Croce; e provengono da: Perù (2), Brasile
(1), Nigeria (1), Filippine (1), Messico (1) e India (1).
Quest’anno c’è anche un gruppo di 8 chierici dalle due Province italiane: 7 studenti
della Provincia Santa Famiglia e 1 daela Provincia San Giuseppe Marello. Tutti frequentano
l’Università Urbaniana.
e). Vari incontri di Formazione Permanente
Come parte della formazione permanente il Capitolo Generale esorta ad organizzare incontri
di Formazione Permanente a livello di Congregazione. Il programma del Consiglio Generalizio per
il prossimo sessennio ha fissato i seguenti incontri nel campo della formazione permanente:
- Corso di formazione per nuovi Provinciali e Delegati (Roma, Novembre 2006)
- Incontro degli Animatori vocazionali e Formatori dei seminari minori (India, gennaio 2007)
- Corso di Spiritualità Giuseppino-Marelliano (Asti, settembre 2007 & 2009)
34
-
Incontro degli Incaricati e Animatori della Pastorale giovanile (Prima del Corso di
spiritualità del 2007)
Incontro degli Economi di Provincia/Delegazione (Dopo il Corso di Spiritualità del 2007)
Incontro dei Fratelli (Asti, prima del Corso di Spiritualità del 2009)
Incontro dei Sacerdoti giovani ( Asti, dopo il Corso di Spiritualità del 2009)
Conclusione
Vorrei concludere questa presentazione con le parole del Santo Padre Benedetto XVI,
durante l’ udienza ai vescovi partecipanti al corso di aggiornamento promosso dalla Congregazione
per l’evangelizzazione dei popoli, il 23 settembre 2006 :
“E’ importante che vi preoccupiate di una seria formazione dei seminaristi e di un
permanente aggiornamento dei sacerdoti e dei catechisti. Mantenere l’unità della fede nella diversità
delle sue espressioni culturali è un altro prezioso servizio che vi è richiesto. E’ motivo di gioia e di
consolazione costatare che in molte vostre Chiese si assiste ad una costante fioritura di vocazioni al
sacerdozio e alla vita religiosa, dono meraviglioso di Dio da accogliere e promuovere con
gratitudine e zelo. Sia vostra preoccupazione dotare i seminari di un numero sufficiente di
formatori, scelti e preparati con cura, i quali siano anzitutto esempi e modelli per i seminaristi. Il
seminario, voi lo sapete bene, è il cuore della Diocesi e proprio per questo il Vescovo lo segue
personalmente. Dalla preparazione dei futuri sacerdoti e di tutti gli altri operatori della pastorale, in
particolare dei catechisti, dipende l'avvenire delle vostre Comunità e quello della Chiesa
universale.”
Queste parole possiamo applicare esattamente ad ogni nostra Provincia e Delegazione, e ad
ogni Provinciale e Delegato.
Roma, 18 novembre 2006
35
8.
PASTORALE GIOVANILE
(P. Brian Crawford,OSJ - Incaricato Generale della Pastorale Giovanile)
Introduzione
XV Capitolo Generale:
:ha voluto la PG prioritaria per tutta la Congregazione
:ha accetatto “Passo dopo Passo” come documento fondamentale
:ha voluto un Animatore con Equipe
:ha unito la PG Pastorale Vocazionale
Programma del Sessenio:
:messaggio
:calendario
:sito web
:Incontro in Italia 2007
:2008 Anno della Pastorale Giovanile/GMG Sydney, Australia: inno e logo
Ogni Provincia:
:verificare che ci sia Incaricato, Equipe e Programma fondato su “Passo dopo Passo”
:utilizzare sussidi dal Centro adattati per i giovani (?)
:confratelli specializati nella PG
:fondo economico per la PG
:diffondere il messaggio e il calendario (o assicurarsi che lo faccia l’Animatore)
:iniziativa per la povera gioventù
:insistire sul legame fra pastorale vocazionale e PG
:mettere enfasi speciale per il 2008: incontri, ritiri, programmi pastorali e provinciali, GMG
Ogni Casa:
:iniziative giovanili svolte e verificate
:parte della visita canonica, particolarmente in 2008
:testimonianza gioiosa e di speranza
:collaborazione con la chiesa locale ed altri istituti religiosi
:nelle nostre parrochie e scuole, un programma giovanile speciale per il 2008
36
Permettetemi di cominciare con l’introduzione alla Delibera #8 del Capitolo Generale, che dice:
Il XV Capitolo Generale conferma come una priorità del nostro apostolato la cura dei giovani (cfr.
C. 65), a imitazione di San Giuseppe, secondo l’intuizione carismatica del nostro Fondatore e in
continuità con la tradizione della nostra Congregazione.
Perciò il Capitolo Generale accetta in tutte le sue parti il Documento “Passo dopo passo”,
conclusivo del II Congresso di Pastorale Giovanile Marelliana, e ne condivide la scelta
preferenziale per la “povera gioventù”, ponendo un’attenzione particolare ad alcune “indicazioni”
formative, strutturali e operative.
Perciò, quando parliamo della Pastorale Giovanile [PG] nella nostra Congregazione, secondo quello
che è detto qui dobbiamo considerare come fondamentale il documento “Passo dopo Passo”.
Questo propone la domanda: Conosciamo davvero il documento? Crediamo in quello che dice a
riguardo della gioventù, del nostro carisma e del fatto che le due realtà devono camminare insieme?
Solamente dopo aver studiato e accettato il contenuto del documento saremo in grado di mettere in
pratica ciò che il Capitolo ci chiede e di dire se la PG è veramente una "priorità" del nostro
apostolato. Per questo ho pensato che sarebbe una buona idea rileggere brevemente quello il
documento ci presenta. Spero que tutti abbiate ricevuto la traduzione in inglese, spagnolo o
portoghese, che sono state messe a disposizione. Altrimenti, fatemelo sapere!
Il primo elemento che troviamo nel documento è la lettera di chi all’epoca era Incaricato Generale
della PG e che attualmente è il Superiore Generale degli OSJ, P. Michele Piscopo. Ricordate: la
delibera capitolare dice che dobbiamo accettare questo documento in "tutte" le sue parti, includendo
questa lettera e la lettera scritta dai giovani ai delegati al Capitolo. Credo che sia importante non
considerare queste lettere come qualcosa di "supplementare", tanto per dare inizio e fine al
documento. Esse contengono alcune verità importanti, che meritano di essere conosciute e
considerate. Per esempio, nella sua lettera P. Michele dice ai giovani:
Noi Oblati di San Giuseppe vi amiamo e vi stimiamo, crediamo in voi, e insieme a voi vogliamo
costruire un mondo più umano e più degno. Vogliamo sognare con voi, vivere assieme a voi.
Se questo veramente è ciò che sentiamo, allora esigerà da noi molto tempo, lavoro e sforzo! I
giovani d’oggi da un lato hanno sete di tale attenzione, e dall’altro fanno resistenza, soprattutto se
l’attenzione è loro rivolta da "persone religiose". Vogliono che ci interssiamo della loro vita, lo
dichiarano apertamente nella lettera ai delegati capitolari, mettendo tanta enfasi su ciò che a loro è
particolarmente piaciuto nell’esperienza del Congresso di Asti: stare e lavorare "insieme" con gli
OSJ per la "nostra" Congregazione. Vogliono sentirsi parte della nostra Famiglia e di quello che
siamo nel mondo e nella Chiesa. Siamo pronti a farli entrare? Siamo pronti a sacrificarci, affinché
essi si sentano parte viva di questo movimento dello Spirito nella Chiesa, che sono gli Oblati? Ciò
richiederà sacrificio e sforzo, statene certi, perché è molto di più che fare un progetto di PG e
metterlo in pratica. La delibera #8 prende come sua prima indicazione formale questa affermazione:
Il cammino di fede dei giovani, già dal primo annuncio: si rispettino i tempi di crescita e di
impegno propri dell’età giovanile, particolarmente attraverso la direzione spirituale.
Noi siamo chiamati ad accompagnarli nel loro cammino di fede e a dirigerli ma non da lontano,
distanti e staccati dalla loro vita e realtà. Infatti, la lettera di P. Michele aggiunge:
Insieme vogliamo essere “veri discepoli di Gesù Cristo” e far sì che altri si sentano intimamente
coinvolti con noi, non con gesti straordinari, bensì nella quotidianità.
37
E il #5 del documento dice:
Un buon punto di partenza, in un cammino di pastorale che voglia educare i giovani alla fede, è la
vita e la situazione della giovantù intesa come "luogo teologico" per eccellenza, dove Dio si
"mostra" e ci parla. In altre parole, non si tratta di pensare ed interpretare la parola di Dio o di
organizzare dottrine da comunicare per aiutare i giovani a vivere: al contrario, è proprio nel
contatto diretto con loro che dobbiamo scoprire le speranze e le frustrazioni, i loro desideri e le
loro aspirazioni, le loro contraddizioni, ecc: ed è da lì che si dever (ri)pensare come annunziare la
salvezza, il Vangelo o le buone notizie che vengono da Dio. Questo modo di procedere lo
chiamiamo UMANIZZAZIONE.
Questo è stato fatto nel Congresso, e i giovani presenti hanno manifestato alcune delle loro
speranze, frustrazioni, desideri e aspirazioni..., dandoci indicazioni preziose, la prima delle quali è
di trovare confratelli che veramente vogliono e sono capaci di stare con loro.
Siamo, ora, disposti ad ascoltarli e a mettere queste cose in pratica? Queste sono le sfide che
dobbiamo affrontare (e siamo soltanto all’inizio...)!
La prima parte di “Passo dopo Passo” parla della situazione dei giovani d’oggi.
Si potrebbe dire che abbia una tendenza "occidentale", mentre noi abbiamo bisogno di essere
sempre consapevoli delle differenze culturali e sociali esistenti. Ma è anche vero che la
"globalizzazione" della società di oggi, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e i “mass media”,
ha reso più o meno uguali molte delle situazioni problematiche dei giovani d’oggi.
Questa prima parte nomina alcuni di questi problemi, specialmente l'esaltazione dell'individuo e
della libertà, e dice come i giovani oggi li affrontano. In linea di massima, i giovani non
sperimentano un vero collegamento con il mondo degli adulti, con la Chiesa e con la tradizione. È
probabile che questo fenomeno non sia nuovo, ma il dinamismo della società moderna rende ancor
più difficile stabilire questo collegamento e fortificarlo. L’idea di uscire da sé per fare una
connessione con gli altri, in generale non è particolarmente sentito, anche se i giovani sperimentano
il bisogno di essere accolti, accettati e considerati come necessari e importanti. Il collegamento
dev’essere fatto, quindi, come affermato sopra, “incarnando” la pastorale, andando a incontrare i
giovani là dove si trovano e facendo loro sperimentare lo "Spirito di Gesù”, l’unico in grado di
restituire ai giovani vita e speranza. Faranno questa esperienza solo se noi gli porteremo la nostra
esperienza dello Spirito, con il nostro insegnamento e ancor più con il nostro esempio e la nostra
presenza. Siamo chiamati ad aiutarli a scoprire che Dio li ama e vuole che siano felici: un compito
reso difficile dalla mancanza di comunicazione adeguata e significativa.
La prima parte del Documento conclude, incoraggiandoci a trovare nell'esperienza dei giovani
d’oggi varie risorse e sfide: generosità, ricerca di Dio, desiderio di relazioni autentiche e di
sentimenti veri, protagonismo, ricerca di senso, libertà...
Dopo questa analisi della gioventù nel mondo attuale, il Documento passa alla Seconda Parte e alla
necessità di vedere la nostra PG realizzarsi “con” e “nella Chiesa”. Dobbiamo lavorare nella chiesa
locale e insieme ad essa, lì dove ci troviamo, e non duplicare gli sforzi, o peggio ancora fare PG da
soli. Nel 2009 celebreremo il nostro centenario come Congregazione di diritto pontificio e
rifletteremo sulla chiamata, come Congregazione, a vivere la nostra vita e il nostro ministero nella e
con la Chiesa, universale e locale. Questo è previsto nelle nostre Costituzioni agli articoli 57-64, che
parlano del nostro apostolato in questi termini. L’art. 61 parla della PG a questo riguardo.
Proseguendo, la Seconda Parte di Passo dopo Passo ci chiede attenzione perché la nostra PG si
svolga in sintonia con le linee traciate dall chiese locali sulla famiglia, gli animatori giovanili, la
pastorale vocazionale e il cammino di fede. Siamo incoraggiati a promuovere una PG che sia
esistenziale, pedagogica, comune e aperta alla pastorale sociale, secondo le direttive dei vescovi,
delle conferenze episcopali, del programma pastorale diocesano, ecc.
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Nella Terza Parte di Passo dopo Passo si parla, finalmente, di quello che è specifico degli Oblati
nella nostra Pastorale. Questa, a parer mio, è da considerare come la chiave del Documento, ma
sempre alla luce di quanto viene prima. Cioé, possiamo essere utili ai giovani, come Oblati, solo
nella realtà di questo mondo, di questa società e di questa Chiesa, perché i giovani non esistono in
astratto! Siamo convinti, come Oblati, di avere qualcosa di importante e di significativo da proporre
ai nostri giovani d’oggi: lo spirito e l’esempio di San Giuseppe e di San Giuseppe Marello.
Questa Parte Terza è divisa in tre sezioni: scelta carismatica, traccia marelliana e spiritualità
giuseppina. Ogni sezione ci dice come il nostro Patrono e il nostro Fondatore ci chiamano ad agire
tra i giovani e quello che dobbiamo offrirgli perché nella loro "povertà" possano trarre profitto dalla
nostra offerta. Dobbiamo essere per loro un punto di riferimento e un richiamo, in un mondo in cui
essi sono, spesso, “abbandonati e negletti." In questo, noi seguiamo l'esempio di San Giuseppe
Marello che fu un padre spirituale per i giovani del suo tempo, guidandoli con fermezza e dolcezza
a far parte della famiglia della Chiesa, come la Santa Famiglia di Nazareth, istruendoli
principalmente nella fede con il suo esempio di carità e di servizio, dimostrato specialmente col
trasmettere loro la sua fede e la sua fiducia. Qual è lo spirito con cui noi facciamo questa Pastorale?
La Sezione Finale ci invita a portare avanti la PG come faceva San Giuseppe nel "servire gli
interessi di Gesù": con operosità, responsabilità, silenzio, umanità e unione intima con Cristo. Su
quest’ultimo punto il documento dice che
...potrebbe intendersi anche l'obiettivo ultimo di ogni pastorale giovanile. La "grandezza" di San
Giuseppe sta proprio nella sua relazione speciale con Gesù. Da San Giuseppe ogni operatore di
pastorale giovanile deve imparare ad avere per sé un rapporto specialissimo con Gesù, da
proporre, successivamente, ai giovani all’interno di un cammino di educazione alla fede. (n.34)
Arriviamo così alla parte più pratica del documento, quella ricordata in modo particolare sia dalla
Delibera capitolare #8, sia dal Programma del Sessenio. Tuttavia dobbiamo stare attenti a non
separare questi suggerimenti strutturali e pratici dal resto del Documento, affinché non divengano
solo un lavoro in più da fare e altre strutture da creare sul posto, senza un vero beneficio ai giovani,
alla Chiesa e alla Congregazione.
Abbiamo:
a) ELEMENTI STRUTTURALI
1. L’incaricato generale della PG sia coadiuvato da un’équipe internazionale di persone
preparate e disponibili (religiosi e laici) per coordinare e curare che le pastorali
giovanili locali siano in armonia con le linee generali di questo congresso.
2. Si operi una suddivisione per aree geografiche (Europa, Asia-Africa, America nord,
America sud), in modo da facilitare il confronto, lo scambio e l’applicazione delle
linee generali secondo i contesti culturali locali.
b) INDICAZIONI OPERATIVE
1) Si proponga e si renda possibile lo studio specialistico in PG a religiosi e laici
(almeno 2 o 3 per ogni Provincia/Delegazione).
2) In ogni Provincia/Delegazione venga istituito un fondo economico per la PG, utile
per gli investimenti a carattere formativo e organizzativo.
3) Ci siano delle verifiche periodiche delle attività in ambito di PG, meglio se a
scadenza annuale.
4) Si organizzino per i responsabili della PG convegni di confronto, formazione e
programmazione, possibilmente con la seguente scadenza:
- A livello nazionale: ogni anno
- A livello continentale: ogni 2 anni
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- A livello mondiale: ogni 4 anni.
5) Ci si adoperi, in tempi brevi, per la creazione di un sito web per la PG, così da
agevolare la comunicazione e lo scambio di informazioni. Così pure si proceda al più
presto alla definizione di un unico logo e inno della PG Giuseppino-Marelliana,
come segno di identità e unità fra le diverse PG della Congregazione.
Di queste indicazioni, la prima sta prendendo forma. “L’equipe internazionale" (richiesta anche dal
Capitolo Generale e dal Programma del Sessenio) è costituita fondamentalmente da tutti gli
Incaricati Provinciali della PG Oblata e dalle loro Equipe, anche se a livello pratico si compone dei
due Incaricati Generali e delle Equipe delle Province italiane, a cui sono grato per la buona volontà
dimostrata di lavorare con me. Dobbiamo incontrarci ancora, ma spero di organizzare qualche cosa
prima della fine dell'anno 2006, avendo di mira la progettazione dell’Incontro Internazionale degli
Incaricati di PG Oblata, previsto per il mese di settembre del 2007. In quell'Incontro, voluto dalla
Delibera #8, analizzeremo quanto il Documento ci abbia aiutato nella nostra PG in tutto il mondo.
Sarà essenziale che ogni Provincia/Delegazione abbia fatto la sua propria verifica prima di questo
Incontro e poi speriamo di farla ogni anno, come suggerito da B 3 e specificamente affermato nella
Delibera #8 e nel Programma del Sessenio:
b) Nella Provincia/Delegazione ci sia, a scadenza annuale, una verifica svolta dal
Provinciale/Delegato con l’Incaricato e la sua Equipe.
[L’Incaricato Generale] darà importanza alle verifiche annuali (effettuate dai Provinciali e dai
Delegati, insieme agli Incaricati della Pastorale Giovanile e alle loro equipe), sulla realizzazione
dei contenuti del Documento “Passo dopo Passo.
Come parte di questo Incontro:
e) L’Incaricato Generale con la sua Equipe organizzi nel prossimo sessennio un Congresso
Mondiale dei nostri giovani.
Questo, che sarà il Terzo Congresso Internazionale dei Giovani Oblati, avrà luogo durante la
Giornata Mondiale dei Giovani [GMG] a Sydney, in Australia, nel luglio 2008.
Per le attività della GMG, a ogni Provincia sarà chiesto di inserirsi nell’organizzazione della propria
Diocesi, o di fare da soli. Ci riuniremo, invece, come Giovani Oblati uno dei giorni prima
dell'arrivo del Papa a Sydney. Dovremo organizzare bene l’Incontro, ma spero che tutti voi
incoraggerete i vostri Incaricati Provinciali a cominciare subito a progettare le cose a livello
provinciale, se già non hanno cominciato a farlo, in modo da riuscire a stabilire la data del nostro
Incontro, in tempo per assicurare che tutti possano partecipare.
In tale sede e circostanza, dovrà essere definito il logo e l’inno della Pastorale Giovanile
Giuseppina di tutta la Congregazione.
Questo risponderà alla domanda dei nostri giovani ad Asti ed anche alla Delibera #8 III f.
La stessa Delibera chiede anche la creazione del sito web, voluto dai giovani e progettato nel
Programma del Sessenio. Fr. Guido vi ha già parlato di questo. Nel frattempo, come detto nella
relazione sulla Pastorale Vocazionale, sto mandando una volta al mese un calendario delle attività
giovanili per venire incontro al desiderio espresso di animare lo scambio di informazioni; e sto
chiedendo a tutti i nostri Incaricati Provinciali di spedirmi i loro programmi e le loro attività, man
mano che li hanno a disposizione, cosicché io possa trasmettere queste informazioni ad ognuna
delle nostre realtà.
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L'invito ad incontrarsi per aree geografiche non è stato preso in considerazione dalla Delibera del
Capitolo Generale #8 e neppure dal Programma del Sessennio; ma ciò non vuole dire che non sia
necessario farlo. Se voi come Provinciali e Delegati lo ritenete utile, sarò felice di assistervi in tutto
ciò che riguarda la pianificazione e la realizzazione.
Gli Incontri a livello di Provincia/Delegazione, invece, si stanno già svolgendo in quasi tutte le
nostre Province e Delegazioni. Metto a disposizione i miei servizi anche per questi eventi, non solo
con la preghiera, ma anche con qualche iniziativa di stimolo e di animazione, come una lettera di
appoggio (cosa che mi è stata chiesta già da due Province), o anche la partecipazione all'evento
(come ho già fatto qui in Italia).
Due altre richieste dei nostri gioveni sono state accolte sia nella Delibera #8 che nel Programma del
Sessennio: confratelli incamminati a studi specializzati in PG e creazione di un fondo economico
per la PG:
a) Ogni Provincia/Delegazione prenda a cuore lo studio specialistico della pastorale giovanile da
parte di alcuni Confratelli e Laici. Istituisca, inoltre, un fondo economico per la pastorale
giovanile.
Incoraggeremo i Confratelli perché si preparino, con uno studio specialistico, non solo a
organizzare le varie attività formative dei gruppi giovanili, ma soprattutto ad essere “esperti” nella
formazione giovanile personalizzata, attraverso una concreta e sicura “direzione spirituale”... &
(l’Economo Generale) Studierà come poter creare ed alimentare i vari fondi che le Delibere
richiedono (parte 4, C).
Per favore, vedete le possibilità delle vostre Provincie e Delegazioni di mettere in atto questi due
nobili progetti.
Inoltre, la Delibera del Capitolo Generale richiede di aprirci alla:
c) Missionarietà: ogni pastorale giovanile deve prospettare ai giovani uno sguardo ampio sul
mondo e una dimensione di servizio che passa attraverso il volontariato e l’impegno sociale.
E nel Programma del Sessennio si dice: Gli Oblati devono accompagnare i giovani nel loro
cammino di fede e nella ricerca della vocazione a cui Dio li chiama, aprendo i loro cuori a
prospettive missionarie, in un mondo assetato di Dio e di giustizia.
Ciò si incontra nella Seconda Parte di Passo dopo Passo, ed è un mezzo molto utile per aiutare i
giovani a superare l’egocentrismo della cultura e della società che li circondano. È stato provato che
è anche un mezzo molto utile per aiutarli a scoprire e a seguire la loro vocazione! Ecco un
suggerimento pratico, che può essere valutato nel nostro programma attuale di PG: magari non sarà
così facile, ma da aggiungiure ad esso quando manca.
In fine, troviamo in tutte e tre le nostre fonti, l’accenno alla "povera gioventù", che Passo dopo
Passo chiaramente dice di non dover riferire solamente alla povertà economica, pur senza
escluderla:
g) Si invita ogni Provincia/Delegazione a creare, secondo le proprie possibilità, un’opera profetica
che dimostri concretamente la scelta preferenziale per la “povera gioventù”.
Il Superiore Generale e il suo Consiglio faranno il possibile per dare realizzazione anche a ciò che
la Delibera 8 dice al paragrafo g: “Si invita ogni Provincia e Delegazione a creare, secondo le
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proprie possibilità, un’opera profetica che dimostri concretamente la scelta preferenziale per la
“povera gioventù”. In alcune nostre realtà questo è già stato realizzato; in altre manca e dovrà
essere fatto.
Se la vostra Provincia/Delegazione è tra quelle che lo stanno già facendo, buon lavoro! Altrimenti,
entreremo subito in contatto con voi! Parlando seriamente, ci sono varie possibilità di realizzare
questa delibera ed è un certamente il miglior modo di mostrare il nostro spirito missionario e di
servizio, come anche di presentarlo ai nostri giovani come impegno concreto.
Il 2008 sarà l'anno della PG nella nostra Congregazione: è la grande opportunità di portare avanti
quello che ci è chiesto dal documento Passo dopo Passo. Come Provinciali/Delegati, dovete
approfittarne non solo per verificare il programma della PG della Provincia/Delegazione e delle
Case, ma anche verificare, come richiesto nella Delibera #8, che:
c) Tutte le nostre Opere (parrocchie, oratori, scuole, opere sociali, ecc…) si sentano responsabili,
anche attraverso momenti di verifica, della pastorale giovanile.
Questo potrebbe essere fatto durante la visita canonica, specialmente in quell’anno. Quanto
abbiamo detto parlando dell'anno della Pastorale Vocazionale (di usare le risorse del Centro di
Spiritualità Giuseppina-Marelliana) resta valido anche qui.
Permettetemi di ricordavi il richiamo dei nostri giovani ai capitolari:
... vi chiediamo di non lasciare cadere nel vuoto gli sforzi da noi fatti in questi giorni e le
conclusioni a cui siamo giunti.
Se vogliamo rispondere a questo appello, quindi, dobbiamo trasformare quello che è stato detto fin
qui in realtà. Ma sopratutto, credo, dobbiamo far nostro con tutto il cuore quello che P. Michele ha
detto ai giovani nella sua lettera:
Insieme vogliamo essere “veri discepoli di Gesù Cristo” e far sì che altri si sentano intimamente
coinvolti, non con gesti straordinari, bensì nella quotidianità.
Ragazzi, piedi per terra e sogni nel cuore, e passo dopo passo dietro a Gesù.
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9.
I FIGLI SPIRITUALI DEL MARELLO:
COLLABORAZIONE VERSO LA COMUNIONE
(P. Gabriel Kamus, OSJ, Incaricato Generale dei Laici Giuseppino-Marelliani)
Il 19 novembre 1921 fu approvato il Decreto di erezione della Pia Unione Cooperatori Laici
Giuseppini. Da allora, noi Oblati di San Giuseppe, siamo cresciuti dal questo punto di vista della
testimonianza e della collaborazione ecclesiale, fino a maturare gli articoli 76-79 delle nostre
Costituzioni, in cui si chiarisce che vivere il nostro Carisma insieme ai ‘nostri’ Collaboratori laici,
agli ex-Allievi e agli Aggregati, in tutte le parti della Congregazione, anche se poi si chiamano con
nomi diversi. Ancor più che nell’apostolato, essi sono chiamati a far parte della famiglia giuseppina
e marelliana nella condivisione della spiritualità. Sono “nostri”, non solo a motivo delle opere che
fanno con noi, ma prima di tutto per la scelta di appartenere alla famiglia di San Giuseppe Marello.
Uno dei documenti più recenti del Magistero (“Ripartire da Cristo: un rinnovato impegno
nella Vita Consacrata nel terzo millennio”) sottolinea una ecclesiologia integrale della Chiesa,
aperta alla comunione e alla partecipazione di tutti i membri del popolo di Dio. Si dichiara che in
questa linea possiamo constatare che si sta instaurando un nuovo tipo di comunione e di
collaborazione all’interno delle diverse vocazioni e stati di vita, soprattutto tra i consacrati e i
laici. […] Gli istituti impegnati sul versante dell’apostolato possono coinvolgerli in forme di
collaborazione pastorale. I membri degli Istituti secolari, laici o chierici, entrano in rapporto con
gli altri fedeli nelle forme ordinarie della vita quotidiana ( n. 31); e si prende atto con piacere che il
fenomeno è generale: “... novità di questi anni è soprattutto la domanda da parte di alcuni laici di
partecipare agli ideali carismatici degli Istituti.”
Questo impegno non è motivato dalla domanda “che cosa i nostri laici possono fare con noi
e contribuire alle nostre opere”, ma dalla presa di coscienza della loro identità di figli spirituali di
Marello, sparsi nella Chiesa e nel mondo. Questo è di grande vantaggio per la comunione nella
nostra congregazione e nella Chiesa:
“Se in altri tempi sono stati soprattutto i religiosi e le religiose a creare, nutrire
spiritualmente e dirigere forme aggregative di laici, oggi, grazie ad una sempre maggiore
formazione del laicato, ci può essere un aiuto che favorisce la compressione della
specificità e della bellezza di ciascun stato di vita. La comunione e la reciprocità nella
Chiesa non sono mai a senso unico. In questo nuovo clima di comunione ecclesiale i
sacerdoti, i religiosi e i laici dall’ignorarsi vicendevolmente e dall’organizzarsi soltanto in
vista di attività comuni, possono ritrovare il giusto rapporto di comunione e una rinnovata
esperienza di fraternità evangelica e di vicendevole emulazione carismatica, in una
complementarietà sempre rispettosa della diversità”.
Anche il Documento Fnale del II° Congresso Internazionale dei Laici Giuseppino-Marelliani
(Barletta, 30 settembre 2001, sul tema: “Figli spirituali di san Giuseppe Marello, in un’unica
famiglia marelliana”) proclama l’impegno dei Laici giuseppini marelliani di voler condividere con
gli Oblati un cammino comune di spiritualità, che si può sintetizzare in questi punti: essere parte
integrante della Chiesa, formare una sola famiglia marelliana, essere corresponsabili nell’unica
famiglia (pur nella diversità delle posizioni), essere tutti ugualmente “missionari”, organizzare la
formazione e dare una struttura anche giuridica al gruppo dei Laici. È un segno concreto della
volontà di arrivare ad essere tutti Oblati, sia pur in modi diversi: sacerdoti, fratelli, suore, aggregati
e laici.
La Delibera no. 22 del XV° Capitolo Generale “recepisce e fa proprio quanto indicato nel
Documento Finale del II° Congresso Internazionale dei nostri Laici. Riconosce che essi sono figli
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di Marello e, insieme a noi Oblati e alle Oblate, costituiscono spiritualmente la Famiglia
Giuseppina Marelliana.”
Infine, nel Programma del Consiglio Generalizio per il Sessennio 2006-2012 si riprende
questo argomento e si chiede che, acanto all’Incaricato Generale, ci sia un responsabile dei Laici in
ogni Provincia e Delegazione.
A livello di Chiesa universale, esiste il Pontificio Consiglio per i Laici, che ha pubblicato un
“Repertorio delle Associazioni Internazionali di Fedeli”, “ai quali [il volume] si offre come
strumento da cui attingere informazioni utili per una prima conoscenza delle diverse aggregazioni
laicali, come pratico sussidio…, e come stimolo a una più approfondita conoscenza reciproca in
spirito di comunione eclesiale, [...]
Sotto la guida dello Spirito Santo, come vento che soffia dove vuole, questo aspetto della
nostra famiglia giuseppina marelliana ci unisce per l’amore di Dio ricevuto dalla grazia di santità di
Giuseppe Marello, e ci porta verso la vera comunione e collaborazione.
In questa crescita della nostra famiglia, la casa di San Giuseppe, secondo la definizione del
nostro Fondatore, è il luogo dove ogni figlio spirituale del Marello può raccogliersi “nascostamente
e silenziosamente operoso, nell’imitazione di quel grande Modello di vita povera ed oscura, avrà
modo di farsi vero discepolo di Gesù Cristo.” (Lett. 76)
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INTRODUZIONE ALLA PASTORALE SOCIALE
MARKETING – LOGO - DESIGN
(p. Guido Miglietta osj)
INTRODUZIONE ALLA PASTORALE SOCIALE
Il benessere, inteso quale realizzazione comune dei beni umani fondamentali delle persone, è
obiettivo della dottrina sociale della Chiesa. Una delle esigenze del benessere comune è la
produzione di una sufficiente quantità di beni e servizi, in modo tale che tutte le persone siano
incluse, ne possano usufruire. Vi sono beni e servizi basilari ossia assolutamente necessari per
rispondere ai bisogni umani delle persone per la realizzazione dei beni umani fondamentali. Non
dimentichiamo che i beni spirituali sono beni umani fondamentali delle persone. I beni umani
fondamentali sono, infatti, la vita e la salute, le varie attività e il lavoro, la cultura e la libertà,
l’armonia con se stessi, col prossimo, con Dio, la comunione di vita.
I settori istituzionali dell’economia e titolari di flussi di fondi
Se noi prendiamo in considerazione la cosiddetta “contabilità sociale” con la descrizione degli
scambi, i flussi economici e finanziari che si verificano in una data società, possiamo arrivare a
riconoscere, identificare proprio i settori istituzionali dell’economia e della finanza, ossia quelli a
cui fanno riferimento i conti reali e finanziari, e sono quindi quei settori “titolari” di flussi di fondi
su un dato territorio. I settori istituzionali sono: A. le famiglie; B. le imprese (quelle non
finanziarie); C. le amministrazioni pubbliche; D. il settore delle istituzioni sociali private; E.
l’estero. F. le istituzioni finanziarie (le banche, le assicurazioni, i fondi etc.);
Questi sei settori istituzionali sono quell’ambiente dove si deve realizzare il benessere
nell’economia del mercato, distribuendosi le attività economiche e finanziarie secondo uno scambio
continuo volto alla produzione e al consumo di beni e servizi. Che tipi di scambi effettuano, i vari
settori istituzionali singolarmente presi?
A.
Sul fronte reale, le famiglie offrono servizi produttivi e domandano beni e servizi finali.
B.
Le imprese domandano servizi produttivi e beni d'investimento e offrono beni e servizi finali
«privati».
C.
Le amministrazioni pubbliche domandano ancora servizi produttivi e beni d'investimento e
offrono beni e servizi finali «pubblici».
D. Il settore delle istituzioni sociali private domandano egualmente servizi produttivi e beni
d’investimento, e offrono beni e servizi finali tra pubblico e privato
E.
L'estero domanda beni e servizi che sono «sue» importazioni e «nostre» esportazioni,
mentre offre beni e servizi che sono «sue» esportazioni e «nostre» importazioni.
F.
Quanto al settore finanziario, le transazioni reali, che crescono con la crescita dell'economia,
hanno bisogno, affinché vengano effettuate in modi sempre più efficienti e soddisfacenti, di
ammontari crescenti, proprio di quei mezzi d'intermediazione che sono gli strumenti finanziari in
genere e in particolare di moneta.
Il ruolo della pastorale sociale è di illuminare e sostenere secondo vari modi, metodi, una
“modalità” complessiva qualificata degno della vita cristiana e umana, includente tutti e motivante,
questo continuo scambio fondato sulla reciprocità, per una realizzazione “alta” della nostra umanità
attraverso una società unita, attenta agli aspetti critici che possono minacciare le persone: i più
piccoli, i soggetti deboli, i poveri, le persone nei loro beni umani fondamentali: per promuovere,
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invece, il loro bene quindi il bene comune in quanto bene delle persone e della comunità cristiana;
tenendo presenti tutti, anche i “lontani” dalla fede o dalla pratica cristiana. La nostra
evangelizzazione, la pastorale parrocchiale, l’insegnamento e l’educazione dei giovani, la stessa
devozione a san Giuseppe nei suoi aspetti pratici, l’aiuto ai poveri nell’emergenza ma anche nei
progetti di promozione umana e cristiana, così come lo spirito e la pratica degli stessi voti religiosi,
i servizi di aiuto diretto alle persone, hanno di mira proprio questi obiettivi di vita comune animati e
illuminati dalla grazia divina.
MARKETING – LOGO – DESIGN
IL MARKETING
1. Definizioni -. 2. Un po’ di storia -. 3. Il ruolo del marketing -. 4. I programmi di marketing
1. Definizioni
Il marketing è il ramo della scienza economica che studia sia il mercato dandone la descrizione, sia
come, rispettivamente, interagiscono sul mercato gli utilizzatori –i clienti- e l'impresa. La parola
marketing viene dall'inglese market – mercato- a ci si aggiunge la desinenza -ing del gerundio per
indicare la partecipazione attiva dell’impresa, il suo dinamismo di attività, sul mercato.
Philip Kotler, riconosciuto come padre della materia, definisce il “marketing”: un processo
sociale e manageriale che, per soddisfare bisogni ed esigenze, stabilisce dei processi di creazione e
di scambio di prodotti e di valori. È un’arte ed una scienza, capace di individuare, creare e fornire
valore, per soddisfare le esigenze del mercato a cui fa riferimento, realizzando un profitto: consiste,
quindi, nel consegnare soddisfazione in cambio di un prezzo.
Il Marketing management è proprio l’attività di promozione del marketing, e consiste
nell'analizzare, programmare, realizzare e controllare progetti volti all'attuazione di scambi su dei
mercati-presi-come-obiettivo per realizzare degli obiettivi aziendali. Esso punta soprattutto ad
adeguare l'offerta di prodotti o servizi, ai bisogni e alle esigenze dei mercati-presi-come-obiettivo e
ad usare efficacemente le tecniche di determinazione del prezzo, della comunicazione e della
distribuzione per informare, motivare e servire il mercato.
Aggiungiamo delle precisazioni sul maketing per vederlo da due altre prospettive, o modi di
vedere il marketing: marketing per incidere sul cliente, allora il marketing è l'insieme delle attività
che mirano a influenzare una scelta del consumatore o cliente (Winer); oppure, nella prospettiva
dell’impresa il marketing: per l’impresa, è essenziale perché il marketing è la scienza che consente
all’'impresa di produrre, quello che - qualunque cosa sia, bene o servizio - può trovare un mercato
e che quindi può vendersi, e che consente quindi all’impresa di vendere quello che ha prodotto
realizzando un profitto .
2. Un po’ di storia
Nella storia economica recente, ci sono state quattro modi generali di accostarsi al mercato da
parte dell'impresa.
La prima maniera, dalla rivoluzione industriale fino alla metà del Novecento, è stata
l’orientamento a produrre, dove più si produce più il mercato “tira”, ossia domanda dei prodotti.
Unica preoccupazione dell'imprenditore è ridurre i costi di produzione, un’azione giustificata
soprattutto nei mercati dove prevalgono beni che migliorano le condizioni di vita, e quindi si può
vincere la concorrenza facendo i prezzi più bassi.
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Poi c’è stato l’orientamento al prodotto dove l'impresa si concentra sulla tecnologia del prodotto
invece che sul consumatore, rischiando però di fare dei prodotti che non incontrano mercato Il
rischio di questa strategia è non accorgersi che un mercato è inesistente, rendendo quindi vani gli
sforzi per piazzare un prodotto, essendo stati ciechi rispetto al mercato.
Un terzo orientamento è stato l’orientamento a spingere le vendite, ossia forzare a vendere ciò
che si produce, dal di dentro buttando fuori i prodotti: questo lo si fa soprattutto a breve termine
lanciando fuori prodotti/servizi o che sono poco visibili o, in caso, se n’è fatta una
sovrapproduzione o, ancora, quando un mercato è pieno, saturo e va conquistato con forza
spingendo le vendite. Con un sistema così si hanno anche qui degli evidenti errori.
L’orientamento migliore, vincente, attuale, è l’orientamento al marketing, il che vuol dire: capire
prima i bisogni del cliente per produrre i beni che gli servono quindi soddisfarli. È una prospettiva
del tipo: leggere la realtà del cliente e adeguarsi, o si dice anche “tirare avanti adeguandosi al
mercato” invece che “fare pressione sul mercato”.
Insomma, l’impresa deve fare le sue proposte leggendo i bisogni dei clienti e rispondendo a
questi bisogni: deve coinvolgersi nei bisogni dei clienti fino al punto di dire: “A questo cliente serve
questo e noi glielo produciamo”, e farlo una maniera convinta. In altre parole, l'impresa deve fare le
sue proposte confrontandosi con i bisogni dei clienti sul mercato.
3. Il ruolo del marketing
Le attività di marketing puntano a realizzare gli affari, o con i consumatori direttamente, oppure
con le imprese – un’impresa che serve altre imprese -, oppure sostenendo i servizi (compagnie
aeree, catene alberghiere...) oppure sostenendo le istituzioni perché anche le istituzioni svolgono il
loro marketing.
Il marketing è la funzione aziendale completamente rivolta all’esterno, accanto alla sezione
commerciale. Questa attività è l’ "interfaccia" ossia la faccia di contatto tra l'impresa e il mondo
esterno: l’impresa osserva il comportamento del mondo esterno: controlla, per quanto può, i flussi
informativi che escono dall'impresa – voluti o no -, mentre incamera le conoscenze provenienti
dall'esterno: tra queste conoscenze sono importanti anche i deboli segnali che consentono di capire,
possibilmente in tempo utile, le modifiche al mercato che sono in corso di realizzazione in un futuro
prossimo. Perciò l’analisi della posizione competitiva è molto importante e comune per gestire
un’impresa, ed è proprio il marketing che svolge un tale studio. Ci sono delle procedure apposta per
fare dettagliatamente, precisamente questi studi, e le ricerche ed indagini di mercato e gli studi sui
segmenti di mercato, etc..
Inotre, il marketing è importante per creare il valore del prodotto per il cliente, ad esempio
creando il posizionamento della marca (brand) – o logo - nella mente del consumatore attraverso
delle tecniche particolari di gestione del logo o della marca (brand management). Le ultime
tendenze sono volte allo studio del marketing esperienziale, che abbraccia la visione del consumo
come esperienza, in cui il processo di acquisto si fonde addirittura con gli stimoli percettivi,
sensoriali ed emozionali. Pensiamo ai cristalli Swaroski, dove anche la confezione - azzurra con il
cigno e uguale in tutti i paesi del mondo - indica qualità, sia nel prodotto – i cristalli – sia nella
presentazione. Vogliamo immaginarci un marketing esperienziale, scegliendoci invece che il cigno,
un bel San Giuseppe su delle nostre confezioni?
4. Come fare dei programmi di marketing
Un programma di marketing è la pianificazione della strategia a livello di gruppi aziendali /o di
un’azienda, diviso nelle seguenti due tappe:
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Prima tappa: la definizione della missione. Essa si compone di:
- i bisogni di mercato che devono essere serviti;
- gli elementi di distintività dell'impresa;
- l’identificazione dell'Area Strategica di Affari nella quale si andrà a operare;
- l’identificazione delle strategie di sviluppo per ciascuna attività.
Seconda tappa Il progetto di marketing vero e proprio, che è un documento scritto formato dai
seguenti contenuti:
- il riassunto: è il sommario dell'intero progetto di marketing;
- gli obiettivi: sono i risultati desiderati che portano alle vendite e ai profitti. Devono essere
dettagliati, realistici, quantificabili (definiti in termini economici di utile netto o fatturato) e posti in
ordine gerarchico di importanza;
- l’analisi dello scenario competitivo: del mercato, della concorrenza, dei consumatori;
- l’analisi FODR, ossia l’identificazione dei punti di FORZA al presente con la valutazione delle
OPPORTUNITÀ nel futuro per l’azienda sul mercato, e l’identificazione dei punti di DEBOLEZZA
al presente con la valutazione dei RISCHI in futuro sul mercato per l'azienda;
- le strategie, ossia il complesso di azioni per raggiungere gli obiettivi;
- il piano di azione: questa è proprio l’elaborazione delle strategie, che specifica cosa sarà fatto, chi
lo farà, quando sarà fatto, come sarà fatto e quanto costerà;
- il budget, ossia le risorse finanziarie da metter in campo, previste, tra cui le proiezioni dei
costi/ricavi previsti;
- il controllo indica le modalità di monitoraggio dell'attività;
- i piani di emergenza , ossia le alternative da attuare in caso sorgano, si incontrino i problemi.
Possiamo immaginarci, ad esempio, un buon progetto di marketing per una nostra casa di esercizi
spirituali, di accoglienza, etc.
2. IL LOGO
1. Definizione -. 2. Il logo nella storia -. 3. Il logo nell'era attuale -.
1. Definizione
Un logo, o logotipo, è una rappresentazione grafica atta a rappresentare, in genere, un prodotto o un
marchio di fabbrica. Più precisamente per logotipo s'intende il carattere (il font) con cui un'azienda
si differenzia da un'altra.
2. Il logo nella storia
La storia del logo affonda le sue radici nella storia greca e romana, la parola logo significa nome,
simbolo o marchio di fabbrica disegnato in modo che sia facilmente riconoscibile. Il logo nasce e si
sviluppa sulla base della combinazione di lettere che compongono il nome della società, le iniziali
del nome e cognome del o dei titolari. I primi disegni che si possono riportare alla parola logo
consistevano nella semplice combinazione di singole lettere. Più tardi il disegno di un logo era la
combinazione di due o più lettere. Molte monete greche e romane riportavano i monogrammi o i
marchi dei signori delle città. Il più famoso di questi marchi iniziali è il monogramma sacro, che è
costituito dalla congiunzione delle prime due lettere greche di XR, S, T, O ed S; (Christ),
solitamente con A (alfa) e la O (omega) della apocalisse da ogni lato della moneta.
Nel Medioevo erano estremamente prolifici ad inventare le cifre per uso ecclesiastico, artistico e
commerciale. Re e imperatori firmavano spesso i documenti con un "monogramma" che è
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chiaramente l'antenato del "logo". Famoso, per esempio, quello che Carlo Magno apponeva come a
sigillo dei documenti ufficiali. Nel XIII secolo il disegno del logo si è evoluto dalle semplici lettere
a disegni più complessi e commerciali: le sigle degli incisori, i contrassegni degli orafi, le filigrane
del produttore della carta e filigrane per la nobiltà. Altri utilizzi riguardanti il logo sono i colophons
che sono utilizzati per l'identificazione degli editori e dei tipografi.
3. I logo nell'era moderna
La nascita dell'Era dell'Informazione ha cambiato il volto del logo. Oggi il grande pubblico è
sempre più interessato al significato dei simboli visivi, in particolar modo di quelli usati come logo.
Caratteristiche fondamentali di un buon logo sono la leggibilità ed il buon riconoscimento della
marca. A causa della diversità dei prodotti e dei servizi venduti oggi, l'esigenza di nuovi logo unici
è ancora più forte, poiché i logo sono il fondamento dell'immagine visiva dell'azienda. Un marchio
professionalmente progettato è il fondamento per qualunque azienda commerciale o un prodotto che
si desidera promuovere attraverso tutti i media. I logo si sono trasformati nel volto commerciale
dell'azienda, ne stabiliscono l’identità come di una catena produttrice.
Sapendo tutto questo, possiamo fare una ricerca seria per chiarire il logo che identifica la nostra
congregazione in modo permanente – immagine di san Giuseppe Marello, sigla, logo della
congregazione, della provincia, della nostra stampa, della nostra scuola, parrocchia, etc.; così come
ci identifica in riferimento ad avvenimenti celebrativi significativi ma temporaneo: un anno, una
stagione, una celebrazione, un congresso, un convegno, una giornata, etc.
3. IL DESIGN
1. I significati del termine -. 2. Note storiche -. 3. I campi del design -. 4. Design e Internet
1. I significati del termine
Con design (industrial design) si indica l'insieme delle attività di ricerca, ideazione e progettazione,
finalizzate alla realizzazione di un qualsiasi prodotto, sia materiale (una sedia, un'automobile), che
immateriale (software, artefatti comunicativi, prodotti audiovisivi, e così via). La parola,
solitamente utilizzata come abbreviazione del termine anglosassone Industrial Design (disegno
industriale), può essere tradotta più correttamente con l'espressione "progettazione per la
produzione industriale".
La parola inglese design significa progettazione - e non disegno - e indica un insieme comninato
di conoscenze, azioni, metodologie e strumenti finalizzati al raggiungimento di uno scopo, che
rappresenta l'aspetto fondamentale di ogni attività di progettazione per l'industria. Si tratta di un
processo completo e articolato che parte dalle primissime fasi di esplorazione e generazione di
un'idea (nota come concept design) e si svolge fino alla definizione finale di un prodotto e la sua
collocazione sul mercato.
Nel corso del tempo il concetto, l'approccio e gli strumenti dell'industrial design si sono
articolati nei vari settori industriali e produttivi in cui ha trovato applicazione: nel mondo della
comunicazione visiva e della grafica si parla di graphic design e più di recente di communication
design (il design della comunicazione), nel mondo dell'automobile di parla di car design, nel mondo
dell'abbigliamento si parla di fashion design (il design della moda), nel mondo dell'arredamento di
furniture design ( il design dell'arredo), nel mondo dell'illuminazione di lighting design ( il design
della luce) nel mondo degli allestimenti di exhibition design, nel mondo del colore il color design,
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fino d arrivare al mondo del web dove si parla di web design. Attualmente esistono molti campi
applicativi in cui il design si è affermato, declinato a partire dalla radice primaria di industrial
design.
2. Note storiche
La storia della progettazione industriale è molto lunga e articolata, quasi quanto la storia stessa
della produzione industriale. Uno dei punti più discussi è proprio la nascita di questa disciplina, per
cui esistono diversi approcci.
Il principale fa risalire l'origine al movimento artistico cosiddetto Arts and Crafts, nato in
Inghilterra nel XIX secolo, attraverso il quale si assiste allo sviluppo delle arti applicate. Per queste
il processo artistico-creativo non è fine a sé stesso, ma ha come campo di applicazione
fondamentale la concezione e realizzazione di oggetti d'uso comune; tale intento riceveva un
impulso e si sviluppava nel suo innovativo rapporto con i moderni sistemi di produzione ed il
progresso nell'utilizzo dei materiali: ciò significava l'uscita da ristretti ambiti artigianali a favore di
una produzione allargata che consentiva di allargare enormemente il pubblico destinatario degli
oggetti stessi. La questione della produzione in serie è centrale nella storia del design.
Altri autori collocano la nascita del design come professione e campo di intervento più definito a
inizio '900 con l'attività dell'architetto tedesco Peter Beherens per la AEG, per cui progetterà quasi
tutto, dalle fabbriche, ai prodotti industriali fino alla comunicazione dell'azienda. Behrens definiva
questa attività "riorganizzazione del visibile".
In realtà il termine "industrial design" nasce un po' più casualmente negli Stati Uniti negli anni
'40, a quanto pare citato in un documento di un ufficio brevetti.
La storia del design prosegue in tutto il XX secolo, laddove i mezzi per la producibilità in
serie si intrecciano con le filosofie progettuali moderne, che vedono nell'oggetto costruito un
unicum che tiene conto contemporaneamente delle valenze estetiche, funzionali d'uso e costruttive,
tutte controllate in una logica che è tipicamente moderna e razionalistica; a padroneggiarla deve
essere il designer, che assurge a figura di creativo-controllore di tutto il processo a beneficio di una
fruizione il più possibile allargata, asettica e quindi per così dire democratica di quanto viene
prodotto per poter assolvere ad un determinato scopo. Un contributo fondamentale è stato dato dalla
scuola di arti applicate del Bauhaus, in Germania dal 1918 al 1933, che voleva unificare arte,
artigianato e tecnologia, una vera e propria fucina di idee guida ed allo stesso tempo custode di una
sorta di ortodossia dell'agire del designer nella società. Alcuni eccezionali artisti dell'epoca, come
Kandinsky, Klee e altri, furono insegnanti in questa scuola.
Nel secondo dopoguerra le tendenze razionalistiche della progettazione si evolvono ma lo
svilupparsi del mondo produttivo continua a trainare l'idea di una progettazione per il consumo
sempre più allargato. Si sono succedute e esistono numerose scuole di design, che si differenziano
soprattutto in base all'approccio o alla metodologia progettuale.
3. I campi del design
Alcuni campi di applicazione del termine design:
- Architettura architecture design
- Architettura dell'informazione information architecture
- Basic design
- Color design
- Fashion design
- Grafica graphic design
- Type design (progettazione di caratteri tipografici)
- Web design
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- Lighting design
- Design strategico (strategic design)
- Automotive design
- Interior design (arredo e allestimento)
- Communication Design
- Media design
- Business design
- Food design
4. Design e Internet
Il mondo del design industriale ha, specialmente negli ultimi anni, avuto da Internet un vero e
proprio punto di forza per l'aggiornamento continuo tra progettista ed aziende. Attraverso la rete il
designer ha potuto trovare una banca dati che sino a poco prima sembrava inimmaginabile, le
conoscenze hanno portato ad un livello di specializzazione della professione sempre più forte sino a
portare una miriade di campi specializzanti come il l'Urban Design, il Game Design, l'Interface
Design o Interaction Design, il Packaging Design. ecc. Un link molto interessante per saperne di
più è il Design Dictionary o dizionario enciclopedia di design, www.designdictionary.co.uk/
Chi impara un po’ di design non è perduto in questa società del design a tutti i livelli, dai siti web
alle programmazioni, ai games, alle giornate, celebrazioni, liturgie, ai media: video, stampa, etc.
L’invito è ad approfondire questi temi insieme, usufruendo delle possibilità che la rete a livello
mondiale della congregazione ci offre, collegandoci con i diversi servizi di design presenti sui nostri
territori, tenendo presente che il gusto degli utenti è molto più fine oggi. Rimango a disposizione sul
tema.
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SECONDA PARTE
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Incontro degli Animatori Vocazionali e
dei Formatori dei Seminari Minori
India, 15 – 27 gennaio 2007
PARTECIPANTI
1. P. Sebastian Jacobi, Incaricato Generale della Formazione(Curia Generalizia),
2. P. Brian Crawford, Incaricato Generale della Pastorale Vocazionale (Curia Generalizia)
3. P. Mario Guinzoni, Animatore Vocazionale(Italia, S. G. Marello)
4. P. Fiorenzo Cavallaro, Incaricato della Formazione(Italia, S. G. Marello)
5. P. Antonello Barbaro, Animatore Vocazionale e Formatore (Italia, S. Famiglia)
6. P. Rolan C. Indicio, Animatore Vocazionale (Filippine)
7. P. Edwin V. Tolentino, Formatore (Filippine)
8. P. Fr. Randy Dela Rosa., Formatore (Filippine)
9.
Deacono Bennelson, Animatore Vocazionale e Formatore (Brasile)
10. P. Baptistute Fernando ( Brasile,)
11. P. Jackson Pinhiero, (Pennsylvania)
12. P. Massetti Philip, Animatore Vocazionale e Formatore (California)
13. P . Percy Nuñez López, Animatore Vocazionale e Formatore (Perù)
14. P. Luis Alberto Mondragon Mujica, Formatore (Messico)
15. P. Stanisław Józef Kozik, Incaricato della Formazione ( Polonia)
16. P. Verghese Mettekkattu, Provinciale (India)
17. P. John Attulli, Incaricato della Formazione ( India )
18. P. Josline Choothamparambil, Formatore ( India )
19. P. Xavier Thypadath, Formatore ( India )
20. P. Antony Kochikattu, Formatore ( India )
21. P. Vincent Valiyaparmbil, Formatore (India)
22. P. Baiju Thareparmbil, Animatore Vocazionale e Formatore (India)
23. P. Peter Anumba, Formatore ( Nigeria)
24. P. Michael Odubela, Animatore Vocazionale ( Nigeria)
PROGRAMMA
Lunedì 15 gennaio 2007:
11.30 : Inaugurazione dell’Incontro durante la Santa Messa concelebrata presieduta dal Mons. Joseph
Karikkassery, Ausiliare dell’Arcidiocesi di Verapoly, con la presenza di tutti i sacerdoti, studenti religiosi
e seminaristi della Provincia “St. Thomas” in India
15.15 – 18.30: Relazioni e discussioni
Martedì 16 gennaio 2007 :
09.00 -12. 00 : Conferenze (Conference) - P. Brian Crawford, OSJ
1. Famiglia, scuola, movimenti ecclesiali e parrocchia nella pastorale vocazione
2. Accompagnamento Vocazionale, Direzione Spirituale e Discernimento Vocazionale
15.15- 18.30 : Gruppi di Studio e Assemblea Generale
Mercoledì 17 gennaio 2007:
09.00 -12. 00 : Conferenze - Dr. George Manalel VC, Professor, Pontifical Seminary - Aluva.
“Pastorale vocazionale : le Sfide Pastorali”
15.15- 18.30: Gruppi di Studio e Assemblea Generale
Giovedì 18 gennaio 2007:
09.00 -12. 00 : Conferenze -P. Guinzoni Mario, OSJ
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“Comunità di Accoglienza e Cammino verso il Seminario”
15.15- 18.30: Gruppi di Studio e Assemblea Generale .
Venerdì 19 gennaio 2007:
09.00 -12. 00 : Conferenze– P. Sebastian Jacobi, OSJ)
“Progetto Formativo per l’Aspirantato della Congregazione e vantaggio di un programma stabile per i PreNovizi” .
15.15- 18.30: Gruppi di Studio e Assemblea Generale .
Sabato 20 gennaio 2007:
Ore 09.00 -12. 00 : Valutazioni finali.
15.30 : Conclusione a Kodungallur con la Santa Messa concelebrata presieduta dal Mons. Francis
Kallarackal, Vescovo della diocesi di Kottapuram, e le ordinazioni sacerdotali e diaconali .
2. Visita in Kerala: 21 –27 gennaio 2007
Domenica 21 gennaio (Sunday, January 21) 2007:
Colazione ad Ashirbhavan, visita storica a
Ernakulam e Kochi, Santa Messa a Manjanakadu, Cena nella comunità di Perumpilly, pernottamento ad
Ashirbhavan.
Lunedì 22 gennaio 2007: Santa Messa e colazione a “Marello Home” - Seminario Maggiore OSJ – Aluva,
Visita alle cascate di Athirappilly e Vazhachal, Cena ad Aluva, pernottamento ad Ashirbhavan.
Martedì 23 gennaio 2007: Giorno libero, acquisti a Ernakulam, pernottamento ad Ashirbhavan .
Mercoledì 24 gennaio 2007 : Santa Messa e colazione ad Ashirbhavan, Visita a Kottayam e Kumarakam
(viaggio in barca), cena e pernottamento a Kottayam.
Giovedì 25 gennaio 2007: Santa Messa a Kultahupuzha (Casa di Noviziato –OSJ, Boys’ Home e
parrocchia), visita a Palaruvi,
Tenmala e Varkala (Scuola e Parrocchia), cena e pernottamento a
Kulathupuzha.
Venerdì 26 gennaio 2007: Partecipazione alla Prima Messa di P. Biju Xavier, Visiting Vithura (Casa di
Postulantato, Parrocchia e Scuola Tecnica ) e Kovalam
Sabato 27 gennaio 2007: Santa Messa e colazione a Kulathupuzaha, visita a Trivandrum (capitale di
Kerala) e Shankumukam .
Domenica 28 gennaio 2007: Partenza dall’India .
54
1.
MESSAGGIO DEL PADRE SUPERIORE GENERALE
Cari Confratelli,
a Voi, riuniti a Ashirbhavan per l’Incontro degli Animatori Vocazionali e dei Formatori dei
Seminari Minori, vada il mio saluto affettuoso e la mia stima.
Vi ringrazio, a nome di tutta la Congregazione, per il delicato apostolato che state
svolgendo nelle vostre Province e Delegazioni, per il bene della Chiesa e della nostra Famiglia
Religiosa. Avrei tanto desiderato stare anch’io con voi e partecipare attivamente a questa vostra
Assemblea, ma la progettata Visita Canonica alla nostra Delegazione di Bolivia me lo impedisce.
Ma sto in mezzo a voi spiritualmente e con la mia stima per ognuno di Voi.
Voi siete coscienti che questo incontro è molto importante per noi Oblati di San Giuseppe.
Si tratta di progettare il nostro futuro, scoprendo oggi il modo migliore di accompagnare i giovani
nel discernimento della loro vocazione e poi di accoglierli nei nostri seminari, affinché verifichino,
insieme ai loro formatori, se davvero Dio li chiama a una vita di consacrazione totale e perpetua. La
Vocazione alla vita religiosa e sacerdotale è un dono di Dio, ma questo dono ce lo dobbiamo
meritare.
La Delibera n. 9 del XV Capitolo Generale, affermando che la Pastorale Vocazionale è
fondamentale nel nostro apostolato, sottolinea che quello che ci deve preoccupare oggi è la “crisi di
mediazione”. Su questo problema vorrei richiamare la vostra attenzione, perché nel dialogo e nella
condivisione delle esperienze possiate offrire alla Congregazione idee chiare e suggerire azioni
decisive, perché ogni Oblato senta di essere un “efficace mediatore” nel discernimento vocazionale
dei giovani. È vero, Dio si può servire di persone, di circostanze, di avvenimenti per far capire a un
ragazzo o una ragazza di essere chiamato. Ma tra i mezzi privilegiati che Dio usa per “sedurre” i
giovani e le giovani alla sua sequela c’è la Comunità Religiosa. Penso che la comunità, non tanto il
singolo religioso, è chiamata a svolgere questo ministero nella Chiesa. Come?
ƒ Vivendo con coerenza la vita consacrata, testimoniando sempre la centralità e il primato di
Dio, l’intimità con Gesù, per mezzo della riflessione della Parola di Dio.
ƒ Vivendo una vita comunitaria familiare, semplice, serena, e dando testimonianza
dell’amore mutuo che sa ascoltare, perdonare e vivere in pace; e così arrivare al cuore dei
giovani.
ƒ Vivendo con gioia l’appartenenza alla Congregazione, con una identità chiara e
realizzando nel quotidiano il Carisma e la Spiritualità iuseppino- marelliana, in modo da
attrarre i giovani alla nostra famiglia Religiosa.
ƒ Creando nelle comunità un clima di accoglienza vocazionale, in modo che i giovani
vengano a contatto con religiosi realizzati e soddisfatti della loro scelta, e possano
condividere momenti di vita comunitaria, in clima di fede, di famiglia e di crescita umana e
spirituale.
ƒ Creando una “cultura vocazionale” nelle parrocchie, nelle scuole e in tutti i luoghi dove
lavoriamo alla costruzione del Regno, in modo che diventino tutti luoghi di crescita
vocazionale; e in forma più specifica, impostando la Pastorale Giovanile in modo da aiutare
i giovani a capire che la loro vita è un progetto di Dio. Una vera Pastorale Giovanile è
sempre Pastorale Vocazionale.
ƒ Dando molta importanza alla Pastorale della Famiglia (che è il primo luogo dove nasce e
cresce il seme vocazionale), visitando le famiglie dei candidati, accompagnando i genitori i
cui figli stanno facendo un cammino di fede e di discernimento vocazionale.
L’Animatore Vocazionale, senza dubbio, è chiamato a essere il mediatore specifico nel campo
vocazionale. Il suo è un ruolo determinante, ma non può rimanere solo. Deve essere sempre
55
affiancato dalla comunità religiosa e cristiana, che si deve coinvolgere di più nel suo lavoro,
standogli vicino con la preghiera, il calore umano, l’apprezzamento, incoraggiandolo in tutti i modi.
L’Animatore Vocazionale:
ƒ Deve essere uomo di Dio: un religioso che fa gustare la presenza del Signore ai giovani e li
porta ad essere intimi con Gesù.
ƒ Deve essere uomo carismatico, in modo che con la sua vita consacrata, visibile e
trasparente, possa proporre ai giovani un cammino di crescita vocazionale, perché questi
giovani si sentano “sedotti” da Gesù e dal suo Vangelo.
ƒ Non può ridurre la Pastorale Vocazionale a iniziative varie, ma deve dare molto tempo
all’accompagnamento personalizzato dei candidati mediante la Direzione Spirituale, il
dialogo, la corrispondenza… motivando i ragazzi a servire e a donarsi a Cristo e alla Chiesa;
presentando loro un progetto di vita ben definito e che dia senso alla vita e li faccia crescere
vocazionalmente; presentando il Carisma, la Spiritualità della Congregazione, le figure e gli
esempi di San Giuseppe e del nostro Fondatore, come guide sicure per arrivare a Gesù.
Quello che ho detto dell’Animatore Vocazionale si può dire anche dei Formatori dei
Seminaristi minori, che hanno la missione di continuare l’azione intrapresa e portarla a
maturazione. A loro voglio ricordare di essere rigorosi nella selezione dei candidati alla vita
religiosa. Il XV Capitolo Generale, parlando della formazione alla vita comune (che deve iniziare
già dai primi anni di seminario), si è espresso in questo senso: “Un criterio irrinunciabile ai fini di
una buona valutazione dei candidati alla vita religiosa in vista della professione perpetua, consiste
nel superamento dell’orgoglio e dell’individualismo, ostacoli per una vita fraterna” (Delibera 11).
Conoscendo le difficoltà del vostro compito, vorrei dire ad ognuno di voi: coraggio e avanti
con molta speranza, anche se a volte potete trovare nelle comunità o nei singoli confratelli scarsa
attenzione e sensibilità per il problema vocazionale e per il seminario: sono atteggiamenti dovuti a
un momento di indebolimento della fede o alla stanchezza e allo scoraggiamento che nascono dalle
difficoltà odierne della pastorale. Non possiamo né giudicarli né emarginarli, ma è dovere di tutti
noi risvegliare in questi confratelli l’entusiasmo (visibile, gioioso ed attraente) della prima ora della
Chiamata del Signore, rinvigorendo il senso di appartenenza alla Chiesa e alla nostra
Congregazione.
Per tutti noi resta chiaro l’impegno, sia nell’animazione vocazionale che nella formazione dei
seminaristi, di testimoniare la Vocazione Oblata nella sua duplice e complementare forma
sacerdotale e laicale. Noi Oblati di San Giuseppe, fratelli o sacerdoti, siamo ugualmente membri di
una unica famiglia, che seguendo gli esempi del “Custode del Redentore”, secondo lo stile
trasmessoci dal nostro caro Fondatore San Giuseppe Marello, andiamo sempre ed ovunque
cercando di fare gli interessi di Gesù. Facendolo nella Chiesa e con la Chiesa, costruiamo il Regno
di Dio.
Affido ognuno di Voi e il vostro difficile e vitale apostolato alla Madre di tutte le Vocazioni,
Maria Santissima. Sia Lei l’Animatrice e Formatrice Vocazionale della nostra Congregazione, come
lo fu degli Apostoli riuniti nel Cenacolo. I nostri due San Giuseppe vi prendano per mano, e protetti
da loro, possiate continuare a servire Gesù e la sua Chiesa: “Facendo le opere di Dio in silenzio,
senza confidare negli uomini e neppure in noi stessi, ma pieni di speranza negli aiuti
soprannaturali, tutto camminerà per il meglio” (San Giuseppe Marello, L 95).
Quest’anno 2007 lo abbiamo dedicato alla riflessione e alla preghiera per la Pastorale
Vocazionale. Speriamo di poter stimolare tutti i nostri confratelli, perché si sentano responsabili in
prima persona, insieme alle loro comunità, di essere efficaci e credibili mediatori di Dio davanti ai
giovani.
Prego per Voi. Pregate per me. Vi abbraccio con affetto e vi rinnovo la mia stima.
La Paz, 15 gennaio 2007, “ANNO DELLA PASTORALE VOCAZIONALE”
P. Michele Piscopo osj
Padre Generale
56
2.
LETTERA DEI PARTECIPANTI
Cari Confratelli,
“Vivendo con gioia l’appartenenza alla Congregazione, con una identità chiara e realizzando nel
quotidiano il Carisma e la Spiritualità Giuseppino- marelliana, in modo da attrarre i giovani alla
nostra famiglia Religiosa” (Dalla Lettera del Superiore Generale ai Formatori e Animatori
Vocazionali), noi, Formatori e Animatori Vocazionali, riuniti in Ashirbhavan “Casa di
Benedizione” (Kochi, Kerala, India), inviamo a tutti i confratelli un saluto cordiale.
Siamo grati per aver ricevuto la lettera del Superiore Generale, che ci ha ispirato assai nel nostro
incontro, nella discussione e nel discernimento sulla situazione attuale della pastorale e
dell’animazione vocazionale nella nostra Congregazione.
La Delibera del XV Capitolo Generale sulla pastorale e sull’animazione vocazionale ci chiede di
fare un “passo avanti” e di dare un nuovo slancio alla promozione e all’animazione della vocazione
e dello stile di vita, come religiosi e come Oblati.
Questo spirito ha ispirato la Curia Generalizia a scegliere il Kerala come luogo dell’incontro. Ora
pensiamo che sia responsabilità di ogni Oblato aiutare la gente, e in modo particolare i giovani, a
discernere la volontà di Dio, nelle parrocchie e nelle diverse associazioni parrocchiali, come anche
nelle scuole e nelle famiglie. Siamo chiamati a svolgere questo compito nella Chiesa di oggi.
Come una sola famiglia, e come figli di san Giuseppe Marello, prendiamo nelle nostre mani la
responsabilità di far crescere la nostra Congregazione, la famiglia degli Oblati di San Giuseppe.
Con braccia aperte e spirito animato, diamo il benvenuto nella nostra famiglia ai giovani che
vogliono vivere la spiritualità e la vita Giuseppino-Marelliana. Ci mettiamo accanto a loro per
guidarli nel cammino di discernimento. Incoraggiamo ogni singolo confratello a essere un Oblato
accogliente verso coloro che vogliono entrare nella Casa di San Giuseppe. Crediamo che il modo
migliore per attirare le vocazioni sia vivere e testimoniare il nostro carisma e la nostra spiritualità
con gioia; e che essere religiosi autentici sia il modo migliore per promuovere e attirare vocazioni
alla vita religiosa e sacerdotale. Non dobbiamo dimenticare che accompagnare i giovani aspiranti
alla vita religiosa favorisce la nostra crescita personale vocazionale. Camminiamo insieme nella
gioia di essere fedeli alla nostra chiamata.
Spiritualmente uniti nel dedicare questo anno 2007 alla pastorale vocazionale della vita religiosa e
sacerdotale, preghiamo perché, per l’intercessione di San Giuseppe, nostro patrono, e di San
Giuseppe Marello, nostro fondatore, ci siano più vocazioni alla vita religiosa.
Coltiviamo il seme vocazionale seminato nei cuori dei giovani. Coraggio, e sempre avanti, fiduciosi
nell’aiuto di san Giuseppe e di san Giuseppe Marello.
I Formatori e gli Animatori Vocazionali.
27 gennaio 2007,
Ashirbhavan, Kerala, India.
57
3.
Famiglia, Scuola, Movimenti Ecclesiali e Parrocchia
nella Pastorale Vocazionale
(P. Brian Crawford, OSJ)
INTRODUZIONE
Le nostre Costituzioni, agli articoli 1-3, ci inseriscono pienamente nella missione e nella vita della
Chiesa:
Art. 1: “…Gesù Cristo, il quale istituisce la Chiesa, perchè sia come un sacramento
dell’intima unione con Dio e dell’unita di tutto il genere umano. Lo Spirito Santo
edifica la Chiesa… con il dono...dei Consigli evangelici …”
Art. 2: “San. Giuseppe Marello…fondò la Congregazione degli Oblati di San Giuseppe.
Inserita nella Chiesa come Congregazione di diritto pontificio…”
Art. 3: “[Gli Oblati di San Giuseppe] si dedicano al servizio della Chiesa nelle forme di
apostolato ministeriale che di “giorno in giorno la Provvidenza addita”.
La Chiesa, lo sappiamo dalla costituzione dogmatica Lumen Gentium (LG) del Concilio Vaticano
II, “…è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell'intima unione
con Dio e dell'unità di tutto il genere umano” (al n. 1); il che è ripreso nell’art.1 delle nostre
costituzioni. Il documento LG, al numero 8, continua dicendo:
Cristo, unico mediatore, ha costituito sulla terra e incessantemente sostenta la sua Chiesa
santa, comunità di fede, di speranza e di carità, quale organismo visibile, attraverso il quale
diffonde per tutti la verità e la grazia. Ma la società costituita di organi gerarchici e il corpo
mistico di Cristo, l'assemblea visibile e la comunità spirituale, la Chiesa terrestre e la
Chiesa arricchita di beni celesti, non si devono considerare come due cose diverse; esse
formano piuttosto una sola complessa realtà risultante di un duplice elemento, umano e
divino. Per una analogia che non è senza valore, quindi, è paragonata al mistero del Verbo
incarnato. Infatti, come la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza,
a lui indissolubilmente unito, così in modo non dissimile l'organismo sociale della Chiesa
serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo (cfr. Ef 4,16).
Pertanto, non possiamo parlare della Chiesa senza riconoscere la natura essenziale delle sue
strutture visibili e dei suoi organismi. Il Codice di Diritto Canonico parla del Popolo di Dio nel libro
II, in tre parti: i fedeli cristiani (la famiglia, i movimenti ecclesiali); la costituzione gerarchica della
Chiesa (la parrocchia, le scuole) e gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Sono
queste, dunque, le strutture visibili e gli organismi della Chiesa, Popolo di Dio.
Bisogna osservare che gli Istituti di vita consacrata sono compresi tra queste strutture visibili ed
organismi. Come già abbiamo visto – art. 2 delle nostre costituzioni – la nostra congregazione è uno
di questi organismi. Perciò, se noi come Oblati di san Giuseppe vogliamo portare avanti la nostra
vita e missione, dobbiamo farlo all’interno della Chiesa, come aggiunge lo stesso art. 2: “I suoi
membri vivono la propria consacrazione e la propria missione nella Chiesa, in fraterna vita comune
e con l’osservanza delle presenti Costituzioni”.
Compresi in questa espressione: “presenti Costituzioni”, quale parte del nostro servizio, (anche se
inserita nella Parte terza sotto la Formazione), si trovano l’orientamento e la direzione vocazionale.
L’art. 86 afferma:
Nel piano di Dio, ogni persona deve ricercare e vivere la sua vocazione, aiutata e sorretta
dalla Comunità cristiana. Questa è responsabile di tutte le vocazioni, con particolare
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premura e impegno per quelle di speciale consacrazione Consapevoli di ciò, gli Oblati si
adoperino nelle loro attività apostoliche a promuovere vocazioni religiose e sacerdotali...
Tutto questo ci porta a concludere che il tema che stiamo svolgendo in questa presentazione, il
servizio vocazionale nella famiglia, nella scuola nei movimenti ecclesiali e nelle parrocchie, è la
conseguenza naturale e necessaria dell’azione di Dio nel mondo e nella Chiesa. Noi cerchiamo di
adempiere questo servizio nei suddetti ambiti, perché è come Dio lo ha stabilito. Dal momento che
il servizio vocazionale è fondamentalmente un “aiuto e sostegno” alla persona che è alla ricerca del
disegno di Dio nella sua vita, è logico adempierlo dove Dio ci chiede di adempierlo: nella sua
Chiesa, tra il suo Popolo.
I DOCUMENTI POSTSINODALI
Come fonti per illustrare il servizio vocazionale nella famiglia, nella scuola, nei movimenti
ecclesiali e nella vita parrocchiale, ricorreremo ai documenti post-sinodali sulla vita della Chiesa nei
continenti dove noi attualmente stiamo servendo come congregazione: Ecclesia in Africa (EinAf)
del 1995; Ecclesia in America (EinAm) del 1999; Ecclesia in Asia (EinAs) del 1999; Ecclesia in
Europa (EinEu) del 2003. Questi documenti ci permetteranno di comprendere la prospettiva
ecclesiale e le sfide che ognuna di queste realtà sta affrontando, come pure alcune maniere possibili
di affrontarle. Ne ricaveremo alcune linee di percorso, riguardo al modo di svolgere il servizio
vocazionale nelle rispettive regioni del mondo.
LA FAMIGLIA
Lo stesso documento del Vaticano II sulla Chiesa (LG) parla della famiglia come “Chiesa
domestica” nella quale “i genitori devono essere per i loro figli i primi maestri della fede” (n. 11).
Riprendendo quest’espressione, il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) dice: “Ai nostri giorni,
in un mondo spesso estraneo e persino ostile alla fede, le famiglie credenti sono di fondamentale
importanza, come focolari di fede viva e irradiante”. Prosegue dunque, richiamando la LG 11, a
specificare uno dei vari compiti dei genitori nei confronti dei loro figli: “devono…secondare la
vocazione propria di ognuno, e quella sacra in modo speciale” (CCC n. 1656). La famiglia è
chiaramente il primo e privilegiato ambito del ministero vocazionale. Nella delibera del nostro
ultimo Capitolo Generale, nell’introduzione alla sezione sull’Apostolato, si dichiara: “In forza della
nostra spiritualità e per i forti attacchi che la famiglia subisce al giorno d’oggi, questa è luogo
privilegiato della nostra azione pastorale”. Poiché uno dei principali compiti della famiglia è il
discernimento vocazionale, noi prestiamo un servizio qualificato quando aiutiamo e incoraggiamo
tanto i figli come i genitori a svolgere questo compito.
L’esortazione apostolica del papa Giovanni Paolo II Familiaris consortio (1981) lo dichiara
palesemente:
La famiglia deve formare i figli alla vita, in modo che ciascuno adempia in pienezza il suo
compito secondo la vocazione ricevuta da Dio. Infatti, la famiglia che è aperta ai valori
trascendenti, che serve i fratelli nella gioia, che adempie con generosa fedeltà i suoi compiti
ed è consapevole della sua quotidiana partecipazione al mistero della Croce gloriosa di
Cristo, diventa il primo e il miglior seminario della vocazione alla vita di consacrazione al
Regno di Dio. (n. 53)
Questo “miglior seminario della vocazione”, ha, d’altronde, bisogno di una grande assistenza
perché la vita della famiglia è in crisi oggi in tutto il mondo. Tutti e quattro i nostri documenti
postsinodali registrano una tale crisi e le difficoltà che si devono affrontare:
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- Molte sono le insidie che minacciano la solidità dell'istituzione familiare nella maggior parte dei
Paesi dell'America, e costituiscono altrettante sfide per i cristiani. Vanno menzionate, tra le altre,
l'aumento dei divorzi, la diffusione dell'aborto, dell'infanticidio e della mentalità contraccettiva.
(EinAm, 46)
- Senza negare che i mezzi di comunicazione sociale possono essere una gran risorsa per il bene,
non possiamo non considerare l'impatto negativo che spesso essi hanno. Gli effetti benefici possono
talvolta essere vanificati dal modo con cui tali mezzi sono controllati ed usati da parte di quanti
nutrono discutibili interessi politici, economici e ideologici. Conseguenza di ciò è che gli aspetti
negativi delle industrie dei media e dell'intrattenimento minacciano i valori tradizionali, in
particolare la sacralità del matrimonio e la stabilità della famiglia. L'effetto delle immagini di
violenza, di edonismo, di sfrenato individualismo e materialismo “colpisce al cuore le culture
asiatiche, il carattere religioso delle persone, delle famiglie e di intere società “ (7). Molti Paesi
asiatici non sono in grado di inserirsi in un’economia globale di mercato. Forse anche più
significativo è poi l'aspetto di una globalizzazione culturale, resa possibile dai moderni mezzi di
comunicazione: essa sta rapidamente attirando le società asiatiche in una cultura consumistica
globale, secolarizzata e materialistica. Ne risulta l'erosione della famiglia tradizionale e dei valori
sociali che fino ad ora hanno sostenuto popoli e società (EinAs, 39).
- ...l'odierna situazione europea conosce il grave fenomeno delle crisi familiari e del venir
meno della stessa concezione di famiglia(8). Non pochi fattori culturali, sociali e politici
concorrono, infatti, a provocare una crisi sempre più evidente della famiglia. Essi
compromettono in diversa misura la verità e la dignità della persona umana e mettono in
discussione, svisandola, l'idea stessa di famiglia. Il valore dell'indissolubilità matrimoniale
viene sempre più misconosciuto; si chiedono forme di riconoscimento legale delle convivenze
di fatto, equiparandole ai matrimoni legittimi; non mancano tentativi di accettare modelli di
coppia dove la differenza sessuale non risulta essenziale (EinEu, 90).
-Una sfida importante, rilevata quasi unanimemente dalle Conferenze episcopali d'Africa nelle
risposte ai Lineamenta, concerne il Matrimonio cristiano e la vita familiare. La posta in gioco è
altissima: infatti “il futuro del mondo e della Chiesa passa attraverso la famiglia (EinAf, 50).
Questi riferimenti dimostrano che la crisi che intacca la vita della famiglia oggi è generalizzata.
Anche dove i valori della famiglia tradizionale sono ancora sorretti dalla cultura predominante
(come in Asia e in Africa), gli effetti che ruotano attorno alla globalizzazione ed altri fattori di
corruzione sono avvertiti minacciare questi valori. La sfida è certamente grande e le famiglie hanno
bisogno d’aiuto. Può darsi che molti genitori non siano nemmeno consapevoli di essere i primi
responsabili che devono indirizzare i lori figli dentro il piano che Dio ha pensato per la vita di
ciascuno di loro.
In una tale situazione, il primo compito del ministero vocazionale è quello di rendere tanto i genitori
come i figli coscienti del modo cristiano di intendere la famiglia, come su indicato nei documenti
della Chiesa. La famiglia non è semplicemente quel posto protetto dove i nostri bisogni trovano
risposta, né, quando è peggio, non è neppure questo. La famiglia è il luogo d’incontro con il Dio
vivente che ci chiama a vivere di Lui. Questa citazione di EinAf lo esprime bene per le famiglie
d’ogni continente:
Il Sinodo ha lanciato un esplicito appello affinché ciascuna famiglia cristiana divenga “un
luogo privilegiato di testimonianza evangelica “, una vera “chiesa domestica”, una
comunità che crede ed evangelizza, una comunità in dialogo con Dio e generosamente
aperta al servizio dell'uomo. “ È in seno alla famiglia che i genitori devono essere per i loro
figli, con la parola e con l'esempio, i primi annunciatori della fede”. “È qui che si esercita
in maniera privilegiata il sacerdozio battesimale del padre di famiglia, della madre, dei
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figli, di tutti i membri della famiglia, ‘con la partecipazione ai sacramenti, con la preghiera
e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l'abnegazione e l'operosa
carità’. Il focolare è così la prima scuola di vita cristiana e ‘una scuola di umanità più
ricca’” (180).
I genitori si prenderanno cura dell'educazione cristiana dei figli. Con l'aiuto concreto di
famiglie cristiane salde, serene ed impegnate, le diocesi programmeranno l'apostolato
familiare nel quadro della pastorale d'insieme. In quanto “chiesa domestica”, costruita
sulle solide basi culturali e sui ricchi valori della tradizione familiare africana, la famiglia
cristiana è chiamata ad essere una valida cellula di testimonianza cristiana nella società
segnata da mutamenti rapidi e profondi. Il Sinodo ha sentito quest'appello con particolare
urgenza nel contesto dell'Anno della Famiglia, che la Chiesa stava allora celebrando
insieme a tutta la comunità internazionale.
Questo messaggio andrebbe diffuso dal pulpito, nelle riunioni con le famiglie, nella catechesi, nelle
visite alle case, nei gruppi di studio della Bibbia, e così via. Se si convincono di questa realtà e della
loro responsabilità, i genitori e i figli saranno più disponibili ad ascoltarsi e ad aiutarsi gli uni gli
altri ad ascoltare la chiamata di Dio. Una volta che questo avvenga, essi saranno aperti alle altre
proposte come:
- un tempo di preghiera nella famiglia, sottolineando le vocazioni (il “programma
vocazionale incrociato”);
- per quanto possibile, partecipare insieme all’Eucaristia e ad altri momenti di preghiera;
- trattare d’ogni possibile vocazione con i figli, eventualmente con mezzi preparati da noi;
- tutta la famiglia far visita al seminario, al convento, alla casa religiosa, etc.;
- ricevere in casa un sacerdote un religioso, per un tranquillo momento d’incontro;
- tutta la famiglia svolgere insieme un lavoro di volontariato.
Questo appello alle famiglie non è soltanto per il bene loro e per la loro salvezza. Poiché:
Essa (la famiglia) non è semplicemente l'oggetto della cura pastorale della Chiesa, ma ne è
anche uno degli agenti d’evangelizzazione più efficaci. Le famiglie cristiane sono oggi
chiamate a testimoniare il Vangelo in tempi e circostanze difficili, quando la famiglia stessa
è minacciata da un coacervo di forze. Per essere agente d’evangelizzazione in simili
circostanze, la famiglia cristiana ha bisogno di essere in modo genuino “la Chiesa
domestica”, vivendo con umile amorevolezza la vocazione cristiana (EinAs, 46).
Esortando le famiglie cristiane ad essere quello che devono essere, Dio sta continuando a costruire
il suo Regno d’amore. Ricordiamoci quanto il Superiore Generale ci invitava a fare nella sua lettera
alla nostra assemblea: “Dando molta importanza alla Pastorale della Famiglia (che è il primo
luogo dove nasce e cresce il seme vocazionale), visitando le famiglie dei candidati, accompagnando
i genitori i cui figli stanno facendo un cammino di fede e di discernimento vocazionale”.
Aiutando queste famiglie ad ascoltare la Sua chiamata e a rispondere, noi stiamo aiutando Dio nella
sua opera, mentre contemporaneamente diffondiamo il nostro carisma e la nostra spiritualità
rendendoli più accettabili agli altri, specialmente i giovani in tali famiglie, perché essi ascoltino la
chiamata di Dio in “un cammino di fede e di discernimento vocazionale” ad essere parte della
nostra famiglia religiosa.
LA PARROCCHIA
Preferisco prendere in considerazione subito il servizio vocazionale nella vita della parrocchia,
anche se questo punto non segue immediatamente nel titolo della mia presentazione perché, dopo la
famiglia, la parrocchia si suppone sia il luogo dove l’esperienza della Chiesa è più profondamente
avvertita (anche se, purtroppo, le cose non sono sempre così!). Stando alla presentazione del
61
Canone 515, 1, “La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene costituita
stabilmente nell’ambito di una Chiesa particolare, e la cui cura pastorale e affidata, sotto
l’autorità del Vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore”. La sottolineatura qui è
sull’aspetto principale che è di essere “stabilmente” e “determinata”. La parrocchia rimane tale,
anche le varie persone che la compongono se n’andassero via o scomparissero, ma è costituita
proprio dagli individui in quanto tali, poiché è una “comunità di fedeli cristiani”. Posto ciò che
abbiamo visto riguardo alla vita della famiglia in precedenza, possiamo noi descrivere la parrocchia
come una “famiglia” di famiglie cristiane, le quali si riuniscono insieme in virtù della chiamata del
Signore ad essere “uno come il Padre e io siamo uno”. La parrocchia è il luogo dove sperimentare
gli uffici di “insegnare, santificare e governare” propri della Chiesa(cf. Canone 519) nel modo più
diretto e concreto possibile. Il catechismo dichiara: “La parrocchia inizia il popolo cristiano
all'espressione ordinaria della vita liturgica, lo raduna in questa celebrazione (l’Eucaristia);
insegna la dottrina salvifica di Cristo; pratica la carità del Signore in opere buone e fraterne” (n.
2179). La nostra esperienza della Chiesa oltrepassa quella della parrocchia (come vedremo
soprattutto nei movimenti ecclesiali), ma non può essere tale senza di essa o a qualcosa che le sia
assimilabile, vale a dire, una comunità determinata e stabile di fedeli cristiani. Siamo chiamati a
vivere la nostra fede sempre in quanto Chiesa e la parrocchia è il luogo dove il più delle volte se ne
fa l’esperienza.
La parrocchia è “affidata, sotto l’autorità del vescovo diocesano, ad un parroco quale suo pastore”.
Per la nostra congregazione, l’affidamento della parrocchia è a tutta intera la comunità, come
indicato nel Canone 520, e nel nostro Regolamento Generale all’art. 35: “L’Oblato…lavora in
Parrocchia a nome e in rappresentanza della Congregazione”. Anche se vi sono dei confratelli che
sono stati presentati al vescovo per lavorare specificamente nella parrocchia come parroci o
viceparroci e fratelli laici, la parrocchia per sé è data alla congregazione per il bene della Chiesa, la
costruzione del regno ed il bene della congregazione stessa. L’art. 68 delle nostre Costituzioni
afferma: “L’invito dei Vescovi ad assumere la direzione di Parrocchie nostre fu veduto come
richiamo della Divina Provvidenza, alla quale il Fondatore teneva che gli Oblati fossero
docilmente sottomessi”. Il che vale a dire che Dio ci vuole presenti nella vita e nel ministero
parrocchiale. L’art. 70 evidenzia alcune necessarie caratteristiche che deve avere questa vita
parrocchiale per noi: “Nell’accettazione delle Parrocchie, siano chiaramente assicurate le dovute
convenzioni con gli Ordinari, la possibilità di una vera vita comunitaria, la speranza di un fattivo
lavoro pastorale e vocazionale”. La parrocchia deve essere di sostegno alla nostra vita e al nostro
ministero come Oblati di San Giuseppe, favorendo la nostra vita comunitaria, il nostro lavoro
pastorale e, per il nostro intento, la cosa più importante, il nostro servizio vocazionale. Un altro
modo di esprimerlo potrebbe essere il seguente: se riceviamo le parrocchie dai vescovi secondo
questi criteri, riceveremo vocazioni da Dio nella misura in cui siamo fedeli al nostro ministero.
Questa fedeltà al ministero nelle parrocchie è messa alla prova oggi da alcuni fattori, come
possiamo osservare riprendendo in mano I documenti postsinodali della Chiesa nei vari continenti.
- L'evangelizzazione promuove molti di quei valori essenziali che tanto mancano al nostro
continente: speranza, pace, gioia, armonia, amore e unità … Una situazione comune è, senza
dubbio, il fatto che l'Africa sia piena di problemi: in quasi tutte le nostre nazioni c'è una miseria
spaventosa, cattiva amministrazione delle scarse risorse disponibili, instabilità politica e
disorientamento sociale. Il risultato è sotto i nostri occhi: squallore, guerre, disperazione. In un
mondo controllato dalle nazioni ricche e potenti, l'Africa è praticamente divenuta un'appendice
senza importanza, spesso dimenticata e trascurata da tutti … L'Africa è un continente in cui
innumerevoli esseri umani — uomini e donne, bambini e giovani — sono distesi, in qualche modo,
sul bordo della strada, malati, feriti, impotenti, emarginati e abbandonati. Essi hanno un bisogno
estremo di buoni Samaritani che vengano loro in aiuto. Da parte mia, auspico che la Chiesa continui
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pazientemente ed instancabilmente la sua opera di buon Samaritano. In effetti per un lungo periodo
regimi, oggi scomparsi, hanno posto a dura prova gli Africani ed hanno indebolito la loro capacità
di reazione: l'uomo ferito deve ritrovare tutte le risorse della propria umanità. I figli e le figlie
dell'Africa hanno bisogno di presenza comprensiva e di sollecitudine pastorale. Occorre aiutarli a
raccogliere le proprie energie, per porle al servizio del bene comune (EinAf, 40-41).
- Oggi, in America come altrove nel mondo, la parrocchia attraversa talora alcune difficoltà nello
svolgimento della propria missione. Essa ha bisogno di un rinnovamento continuo partendo dal
principio fondamentale che “la parrocchia deve continuare ad essere primariamente comunità
eucaristica”… Una speciale attenzione meritano, per le loro problematiche specifiche, le parrocchie
nei grandi agglomerati urbani, dove le difficoltà sono così grandi che le normali strutture pastorali
risultano inadeguate e le possibilità di azione apostolica notevolmente ridotte. (41). Il fenomeno
dell'urbanizzazione presenta poi grandi sfide per l'azione pastorale della Chiesa, che deve far fronte
allo sradicamento culturale, alla perdita di consuetudini familiari, al distacco dalle proprie tradizioni
religiose, con la conseguenza non infrequente del naufragio della fede, privata di quelle
manifestazioni che contribuivano a sostenerla (21) (EinAm).
-I Padri sinodali hanno parlato dei rapidi cambiamenti che stanno avvenendo all'interno delle
società asiatiche e degli aspetti positivi e negativi di tali cambiamenti. Tra questi vi sono il
fenomeno dell'urbanesimo ed il formarsi di enormi città, spesso con larghe aree depresse dove
prosperano il crimine organizzato, il terrorismo, la prostituzione e lo sfruttamento dei settori più
deboli della società. Un altro dei più vistosi fenomeni sociali è l'emigrazione, che espone milioni di
persone a situazioni economicamente, culturalmente e moralmente difficili …La realtà del turismo
abbisogna poi di speciale attenzione. Pur trattandosi di un'industria legittima con propri valori
culturali ed educativi, il turismo ha in alcuni casi un'influenza devastante sulla fisionomia morale e
fisica di numerosi Paesi asiatici, che si manifesta sotto forma di degradazione di giovani donne ed
anche di bambini mediante la prostituzione. La cura pastorale degli emigranti e dei turisti è difficile
e complessa in modo speciale in Asia, dove mancano adeguate strutture per tale scopo. La
pianificazione pastorale a tutti i livelli ha bisogno di prendere in considerazione queste realtà …
Diversi Paesi dell'Asia si trovano ad affrontare difficoltà connesse con la crescita della popolazione,
che “non è un semplice problema demografico o economico, bensì soprattutto un problema
morale”(7)… “Con l'inculturazione la Chiesa diventa segno più comprensibile di ciò che è e
strumento più atto della missione”. Questo coinvolgimento con le culture è sempre stato parte del
pellegrinaggio della Chiesa nella storia, ma ha una speciale urgenza oggi, nella situazione
multietnica, multireligiosa e multiculturale dell'Asia, dove il cristianesimo è troppo spesso visto
come straniero (21) (EinAs).
- Tra i tanti aspetti, ampiamente richiamati anche in occasione del Sinodo, vorrei ricordare lo
smarrimento della memoria e dell'eredità cristiane, accompagnato da una sorta d’agnosticismo
pratico e d’indifferentismo religioso, per cui molti europei danno l'impressione di vivere senza
retroterra spirituale e come degli eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla
storia. Non meravigliano più di tanto, perciò, i tentativi di dare un volto all'Europa escludendone
l’eredità religiosa e, in particolare, la profonda anima cristiana, fondando i diritti dei popoli che la
compongono senza innestarli nel tronco irrorato dalla linfa vitale del cristianesimo (7)… Connesso
con il diffondersi dell'individualismo, si nota un crescente affievolirsi della solidarietà interpersonale: mentre le istituzioni d’assistenza svolgono un lavoro lodevole, si osserva un venir meno
del senso della solidarietà, di modo che, anche se non mancano del necessario materiale, molte
persone si sentono più sole, lasciate in balia di se stesse, senza reti di sostegno affettivo (8) (EinEu).
Le sfide alla vita parrocchiale non sono poche, ma manteniamo la speranza:
Ancora oggi in Europa, nei Paesi post-comunisti come in Occidente, la parrocchia, pur
bisognosa di costante rinnovamento, continua a conservare e ad esercitare una sua missione
63
indispensabile e di grande attualità in ambito pastorale ed ecclesiale. Essa rimane in grado
di offrire ai fedeli lo spazio per un reale esercizio della vita cristiana, come pure di essere
luogo di autentica umanizzazione e socializzazione sia in un contesto di dispersione e
anonimato proprio delle grandi città moderne, sia in zone rurali con poca popolazione.
(EinEu, 15).
E’ apprezzabile quanto si dice nel documento Ecclesia in Asia, riguardo alla parrocchia e ritengo che
fornisca delle buone indicazioni al bisogno essenziale, basilare che abbiamo di avvertire questo
ministero nell’ambito nel nostro servizio vocazionale:
In ogni Diocesi, la parrocchia rimane il luogo ordinario dove i fedeli si riuniscono per
crescere nella fede, per vivere il mistero della comunione ecclesiale e per prendere parte alla
missione della Chiesa. Pertanto, i Padri del Sinodo hanno caldamente invitato i Parroci ad
approntare nuovi ed efficaci modi di guidare pastoralmente i fedeli, così che ciascuno,
specialmente il povero, si senta realmente parte della parrocchia e dell'intero Popolo di
Dio. La programmazione pastorale con i laici dovrebbe essere una prassi normale di tutte le
parrocchie. 130 Il Sinodo, poi, ha individuato in particolare i giovani come coloro per i quali
« la parrocchia dovrebbe offrire maggiori opportunità d’amicizia e di comunione attraverso
attività d’apostolato giovanile organizzato e di associazioni di giovani ». 131 Nessuno a priori
dovrebbe essere escluso dal condividere pienamente la vita e la missione della parrocchia in
ragione della condizione sociale, economica, politica, culturale o educativa e come ogni
seguace di Cristo ha un dono da offrire alla comunità, così la comunità dovrebbe mostrare
disponibilità a ricevere il dono di ognuno e beneficiarne (25).
Specialmente l’ultima affermazione riassume l’importanza del servizio alle vocazioni per la vita
della parrocchia, che vuol dire la vita della Congregazione rispetto a quelle parrocchie nelle quali
siamo chiamati a servire (sia quelle a noi affidate sia quelle in cui noi siamo chiamati ad esercitare
in aiuto, cf. Cost. art. 69). Ogni membro della parrocchia ha qualcosa con cui contribuire alla vita e
alla missione della parrocchia, della Chiesa, ed è un dovere dei parroci (per noi, un dovere della
Congregazione) aiutare i membri della parrocchia a scoprire quale sia il loro contributo e a metterlo
a servizio della comunità. Evidentemente, qui si tratta di un servizio alle vocazioni, che consiste
nell’aiutare coloro che da Dio sono chiamati ad ascoltare questa chiamata e a corrispondervi. Una
tale visione del ministero parrocchiale come servizio fondamentalmente vocazionale, ritengo sia un
elemento troppo spesso trascurato nel nostro lavoro quotidiano. E così, spesso vi sono conflitti in
parrocchia, a causa di chi, uomo o donna che sia, spinge avanti le sue attività in agenda, senza
cercare di mettere in pratica la volontà di Dio. A volte, è proprio il parroco a comportarsi così. Se
noi presentiamo ogni attività di servizio in parrocchia come un dono ed una chiamata di Dio che sta
cercando di costruire l’unità del Corpo di Cristo – localmente così come a livello universale – ed il
Regno di Dio, le pressioni suddette saranno più facilmente evitate e la gente sarà più facilmente
disposta a rinunciare ad un certo tipo di servizio, una volta trascorso un dato periodo, senza vederlo
come il “suo personale” servizio o a ritenere la propria presenza indispensabile (ancora una volta,
questo si applica allo stesso tempo a noi stessi!). La parrocchia, quindi, diventa realmente quello
che è chiamata ad essere, e noi creeremo un clima più favorevole alle vocazioni per la nostra
congregazione. Quanto la gente è disponibile ad ascoltare Dio, allora è più aperta e disponibile ad
essere e a fare ciò che Dio sta chiedendo, e Dio sta nel modo più assoluto chiamando qualcuno alla
nostra congregazione, e specialmente dalle nostre parrocchie e tra i nostri giovani. Possiamo esserne
certi, perché la natura propria del nostro servizio alle parrocchie lo richiede, come visto or ora: noi
accettiamo le parrocchie, tra l’altro, per degli intenti vocazionali, e questo proviene da Dio!
Come possiamo creare questo clima vocazionale? Stiamo pur certi che tutto quello che noi
facciamo, ogni genere di servizio, ha il suo inizio dalla chiamata di Dio. Domandiamo a coloro che
partecipano della preghiera a Dio per essere guidati nel loro ministero, di vederlo come un dono e
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una chiamata proveniente da Dio. Ritiri, preparazione di liturgie, incontri di programmazione cui
tutti noi siamo chiamati a partecipare, sono proprio quei mezzi semplici per cominciare a creare una
tale atmosfera. Una parte del ministero parrocchiale dove l’aspetto vocazionale è addirittura più
rilevante (o, al meno può diventarlo) è il servizio ai giovani. Il Capitolo generale ed il programma
per il sessennio del Consiglio generale ci richiamano a considerare ogni servizio alla gioventù come
un ministero vocazionale e buona parte del nostro servizio alla gioventù si radica nelle parrocchie.
La catechesi, i gruppi giovanili, i ritiri, i progetti di volontariato, e così via, devono tutti
comprendere l’aspetto della chiamata di Dio e la nostra risposta (evidentemente c’è anche la
necessità d’attività vocazionali più specifiche, come i ritiri e i temi vocazionali, le presentazioni e il
dialogo sulle vocazioni, la preghiera per le vocazioni, etc.). Non dobbiamo avere paura di lanciare
la sfida ai nostri giovani, e a tutti i nostri parrocchiani, perché si pongano in una posizione d’ascolto
e d’abbandono alla volontà di Dio. La nostra spiritualità e il nostro carisma ci richiamano ad agire
così, e la natura della nostra vita e del nostro servizio ci domandano anche di offrire questo alla
nostra gente.
Questa citazione, tratta da Nuove vocazioni per una nuova Europa, chiarisce bene come dobbiamo
vedere il servizio alle vocazioni in generale e particolarmente nel ministero parrocchiale:
Una volta evidenziata la dimensione vocazionale della Chiesa, si comprende come la
pastorale vocazionale non sia elemento accessorio o secondario, finalizzato semplicemente
al reclutamento d’operatori pastorali, né momento isolato o settoriale, determinato da una
situazione ecclesiale d’emergenza, quanto piuttosto un'attività legata all'essere della Chiesa
e dunque anche intimamente inserita nella pastorale generale di ogni Chiesa ( 25).
LA SCUOLA
Quando nominiamo questo tema, è molto facile che il nostro pensiero vada immediatamente a
quelle scuole che noi particolarmente curiamo, o direttamente o attraverso le parrocchie. In verità,
l’art. 67 delle Costituzioni, nel capitolo dell’Apostolato giovanile, stabilisce: “La scuola entra nelle
finalità della Congregazione, che deve incrementarla sempre più”. Dobbiamo pertanto essere aperti
all’eventualità di incaricarci d’altre scuole, anche scuole amministrate dallo stato, se e quando ce
n’offrono l’opportunità. In ogni caso, teniamo presente quanto dice ancora l’art. 67: “L’Oblato nel
suo magistero persegue i fini culturali della scuola e, mentre attende all’umana formazione dei suoi
alunni, li educa ad una visione degli uomini e delle cose illuminate dalla fede”.
In questo consiste il segreto del servizio alle vocazioni in un ambiente di scuola, ed è un’assoluta
necessità se le finalità dell’educazione nella scuola devono trovare compimento.
Prendiamo in considerazione due altri articoli delle nostre regole, questa volta del Regolamento
Generale:
Art. 30: È impegno apostolico di ogni Oblato sviluppare armonicamente nei giovani le
facoltà fisiche, morali ed intellettuali, cercando di far maturare in loro il senso della libertà, della
responsabilità nel contesto comunitario, attraverso un’educazione integrale. Questa opera ha
possibilità di riuscita solo se l’educazione alla fede e alla vita di grazia porta i giovani
all’autentica testimonianza cristiana e diventa gradualmente la sorgente del loro fine di vita.(Le
sottolineature vocazionali presenti nell’articolo sono molto forti! L’articolo successivo ne parla
espressamente)
Art. 31: È impegno dell’Oblato non solo aiutare i giovani ad ascoltare la volontà di Dio a
loro riguardo e a discernere la sua chiamata, ma anche scoprire, curare, seguire il sorgere
e l’affermarsi di nuove vocazioni alla vita religiosa e sacerdotale.
Occorre rilevare che in questo articolo noi siamo chiamati ad aiutare i giovani nel prestare ascolto a
Dio, qualunque sia la sua volontà su di loro, ma ad avere una dedizione speciale per scoprire coloro
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che sono chiamati alla vocazione alla consacrata e/o al sacerdozio, tra l’altro, specialmente nella
nostra comunità. Vale a dire che noi siamo fedeli al nostro impegno educativo, quando presentiamo
la nostra vocazione ai giovani come una possibile chiamata a loro rivolta. Invece di forzarli o
imporre loro qualcosa, noi stiamo prestando loro un gran servizio perché, dal momento che essi
sono in contatto con noi, è realmente possibile che Dio li stia chiamando a far parte della nostra
comunità. Questo è quello che vogliamo dire, e non altro, quando diciamo di fidarci della divina
Provvidenza. Per i più vari motivi, Dio ci ha messi – noi Oblati di San Giuseppe ed i giovani –
insieme, ed una delle possibili ragioni è perché essi possano ascoltare la chiamata a vivere il nostro
carisma e spiritualità nella nostra comunità. Questa è parte integrale della loro educazione e
dobbiamo esserne convinti, altrimenti stiamo procurando loro un servizio sbagliato.
Le scuole, tra l’altro, e tutti i luoghi educativi stanno confrontandosi con grandi sfide nel mondo
d’oggi e noi siamo parte di questa realtà.
- In realtà, molti sono i giovani americani in cerca d'un significato vero da dare alla vita ed assetati
di Dio, ma molto spesso mancano le condizioni adatte per mettere a frutto le loro capacità e
realizzare le loro aspirazioni. Purtroppo, la carenza di lavoro e di prospettive di futuro li conduce a
volte all'emarginazione ed alla violenza. La sensazione di frustrazione, che sperimentano a causa di
tutto ciò, non di rado li conduce ad abbandonare la ricerca di Dio... L'azione pastorale della Chiesa
raggiunge molti di questi adolescenti e giovani mediante l'animazione cristiana della famiglia, la
catechesi, le istituzioni educative cattoliche e la vita comunitaria nella parrocchia. Ma ve ne sono
molti altri, specialmente tra quanti soffrono varie forme di povertà, che rimangono fuori del raggio
di attività ecclesiale... A ragione i Padri sinodali lamentano e condannano la condizione dolorosa di
molti bambini in tutta l'America, privati della dignità, dell'innocenza e persino della vita. “Questa
condizione include la violenza, la povertà, la carenza di casa, la mancanza di adeguata assistenza
sanitaria e di educazione, i danni delle droghe e dell'alcool, e altri stati di abbandono e di abuso”
(EinAm, 47-48).
- Nessuno può rimanere indifferente di fronte alle sofferenze di innumerevoli bambini in Asia,
vittime di intollerabile sfruttamento e violenza, non semplicemente come risultato del male
perpetrato da individui, ma spesso come conseguenza diretta di strutture sociali corrotte. I Padri
sinodali hanno identificato il lavoro minorile, la pedofilia e il fenomeno della droga come mali
sociali che direttamente colpiscono i bambini ed hanno chiaramente individuato il fatto che si
combinano con altri mali, come la povertà e i mal concepiti programmi di sviluppo nazionale
(EinAs, 34).
- Alla radice dello smarrimento della speranza sta il tentativo di far prevalere un'antropologia senza
Dio e senza Cristo. Questo tipo di pensiero ha portato a considerare l'uomo come “il centro assoluto
della realtà, facendogli così artificiosamente occupare il posto di Dio e dimenticando che non è
l'uomo che fa Dio ma Dio che fa l'uomo. L'aver dimenticato Dio ha portato ad abbandonare l'uomo”,
per cui “non c'è da stupirsi se in questo contesto si è aperto un vastissimo spazio per il libero
sviluppo del nichilismo in campo filosofico, del relativismo in campo gnoseologico e morale, del
pragmatismo e finanche dell'edonismo cinico nella configurazione della vita quotidiana”. La cultura
europea dà l'impressione di una “apostasia silenziosa” da parte dell'uomo sazio che vive come se Dio
non esistesse. In tale orizzonte, prendono corpo i tentativi, anche ultimamente ricorrenti, di
presentare la cultura europea a prescindere dall'apporto del cristianesimo che ha segnato il suo
sviluppo storico e la sua diffusione universale. Siamo di fronte all'emergere di una nuova cultura, in
larga parte influenzata dai mass media, dalle caratteristiche e dai contenuti spesso in contrasto con il
Vangelo e con la dignità della persona umana. Di tale cultura fa parte anche un sempre più diffuso
agnosticismo religioso, connesso con un più profondo relativismo morale e giuridico, che affonda le
sue radici nello smarrimento della verità dell'uomo come fondamento dei diritti inalienabili di
ciascuno. I segni del venir meno della speranza talvolta si manifestano attraverso forme preoccupanti
di ciò che si può chiamare una “cultura di morte” (EinEu, 9).
66
- Bisogna dunque aiutare i giovani a superare gli ostacoli che frenano il loro sviluppo:
l'analfabetismo, l'oziosità, la fame, la droga. Per far fronte a queste sfide, si dovranno chiamare i
giovani ad essere evangelizzatori del loro ambiente. Nessuno può esserlo meglio di loro (93). La
situazione economica di povertà ha un impatto particolarmente negativo sui giovani. Essi entrano
nella vita degli adulti con scarso entusiasmo a causa di un presente segnato da non poche
frustrazioni, e guardano con ancor minore speranza all'avvenire, che appare ai loro occhi triste ed
oscuro. Per questo tendono a fuggire dalle zone rurali trascurate e si raggruppano nelle città, che, in
fondo, non hanno da offrire loro molto di meglio. Non pochi di loro vanno all'estero come in esilio,
e lì vivono un'esistenza precaria di rifugiati economici (115) (EinAf).
Dobbiamo convincerci che i nostri sforzi nella scuola e nell’educazione possono contribuire a
risolvere questi problemi. Tutti i documenti postsinodali mostrano una tale convinzione:
- “Le scuole cattoliche sono contemporaneamente luoghi di evangelizzazione, di educazione
integrale, d’inculturazione e di apprendimento di un dialogo vitale tra giovani di religioni e
ambienti sociali differenti”. La Chiesa in Africa e in Madagascar offrirà pertanto il proprio
contributo alla promozione della “scuola per tutti” nel quadro della scuola cattolica, senza trascurare
“l'educazione cristiana degli alunni delle scuole non cattoliche. Agli universitari sarà fornito un
programma di formazione religiosa corrispondente al loro livello di studio” (EinAf, 102).
-Nel cammino dell'evangelizzazione della cultura si inserisce l'importante servizio svolto dalle
scuole cattoliche. Occorrerà operare perché venga riconosciuta un'effettiva libertà di educazione e
la parità giuridica tra le scuole statali e quelle non statali. Queste ultime sono talvolta l'unico mezzo
per proporre la tradizione cristiana a quanti ne sono lontani. Esorto i fedeli impegnati nel mondo
della scuola a perseverare nella loro missione, portando la luce di Cristo Salvatore nelle loro
specifiche attività educative, scientifiche ed accademiche (EinEu, 59).
-Le scuole della Chiesa spesso forniscono le uniche opportunità educative per bambine, per
minoranze tribali, per i poveri delle campagne e per i bambini meno privilegiati. I Padri sinodali si
sono dimostrati convinti della necessità di espandere e di sviluppare l'apostolato dell'educazione in
Asia, avendo uno sguardo particolare per gli svantaggiati, così da aiutarli a prendere il posto a cui
hanno diritto come cittadini a pieno titolo nella società (EinAs, 37).
- Tra i fattori che favoriscono l'influsso della Chiesa sulla formazione cristiana degli americani va
segnalata la sua vasta presenza nel campo dell'educazione e, specialmente, nel mondo universitario.
Le numerose Università cattoliche disseminate nel Continente costituiscono un tratto caratteristico
della vita ecclesiale in America. Così pure nell'ambito dell'insegnamento primario e secondario,
l'alto numero di scuole cattoliche offre la possibilità di un'azione evangelizzatrice di portata molto
ampia, sempre che sia accompagnata da una decisa volontà di impartire una educazione veramente
cristiana (18). Qualcosa di simile si deve dire anche a proposito delle scuole cattoliche, in
particolare per quanto concerne l'insegnamento secondario: “Occorre fare uno sforzo speciale per
rafforzare l'identità cattolica delle scuole, che fondano la loro natura specifica in un progetto
educativo che ha la sua origine nella persona di Cristo e la sua radice nella dottrina del Vangelo. Le
scuole cattoliche devono cercare non soltanto di impartire un'educazione qualificata dal punto di
vista tecnico e professionale, ma anche e soprattutto di curare la formazione integrale della persona
umana”. Data l'importanza del compito che svolgono gli educatori cattolici, mi unisco ai Padri
sinodali nell'incoraggiare con animo riconoscente tutti coloro che si dedicano all'insegnamento nelle
scuole cattoliche: sacerdoti, uomini e donne consacrati, e laici impegnati, “perché perseverino nella
loro missione così importante”. Occorre far sì che l'influsso di questi centri d'insegnamento arrivi a
tutti i settori della società, senza distinzioni né esclusivismi (71) (EinAm).
In tutte queste citazioni, la scuola è vista come il luogo per una formazione integrale della persona
umana, soprattutto i giovani, ma unicamente in ragione del suo riferimento a Dio nel Signore Gesù
Cristo. Se una persona è desiderosa di essere veramente educate e formata nella pienezza della sua
umanità di uomo o donna, quella persona dunque ha bisogno di conoscere Gesù, la verità… e la
67
buona novella è che Gesù la sta chiamando a questa conoscenza. Il nostro dovere come educatori è
di aiutare questa persona (insieme con i genitori, e la Chiesa sempre insiste che sono essi I primi
educatori dei loro figli: vedi il CCC al n. 1653) ad impiegare tutte le sue capacità naturali e
soprannaturali, così da potere “crescere e rafforzarsi, piena di sapienza e della benedizione di Dio”,
in modo che permanga sulla persona nella sua ricerca di realizzare il piano di Dio sulla propria vita
(cf. Lc 2,40). E le persone avranno successo in tutto ciò se giungeranno a conoscere, amare e servire
il Signore Gesù, l’obiettivo primario di tutta l’educazione.
Quanto è detto nel documento EinAs per la gente di quel continente vale in realtà per tutti:
Nel contemplarne la natura umana, i popoli dell'Asia trovano risposta alle proprie domande
più profonde e compimento alle proprie speranze; essi trovano la loro dignità innalzata e
vinta la loro disperazione. Gesù è la Buona Novella per gli uomini e le donne di ogni tempo e
luogo, i quali cercano il significato dell'esistenza e la verità della loro stessa umanità (14).
Perciò, qualunque cosa facciamo, nel campo dell’educazione, deve puntare a mettere la persona in
contatto con Dio in Gesù. Pertanto, tutti i nostri sforzi devono avere questo fondamento vocazionale.
Altrimenti saremmo manchevoli se non parlassimo specificamente delle varie vocazioni della vita
che si presentano loro davanti, in particolare il matrimonio, la vita da non sposati, il sacerdozio, il
diaconato permanente e la vita consacrata. Tutti i documenti postsinodali fanno riferimento a tali
attività riguardanti le cosiddette“vocazioni ecclesiali”, sia nelle parrocchie come nelle scuole o in
altri ambiti. La scuola, però, è un luogo particolarmente privilegiato per una tale presentazione, dato
il suo naturale fine di ricercare la verità. La ricerca della verità è fondamentale ed è insita nel cuore e
nella mente d’ogni persona, come abbiamo visto. Scoprendo la verità, scoprendo Gesù, la persona
scopre anche la sua ragione di vita: chi essa è e cosa si trova a fare. Soprattutto nei giovani, questa
visione dell’educazione è spesso minacciata da altri influssi e tentazioni. Invece della visione
dell’educazione come perseguimento della verità, e così ricerca di Dio, l’educazione è intesa come
un modo per progredire nella società, una maniera di procurarsi il benessere, una via al potere, etc.
Queste finalità, anche se rivestono un certo ruolo nell’educazione, non possono essere le uniche
finalità altrimenti escludono il vero e proprio ruolo dell’educazione e pertanto, in ogni caso non
soddisfano l’ardente desiderio dell’anima. Prima riusciamo a convincere i giovani di questo, e prima
essi rivolgeranno la loro attenzione dove veramente c’è bisogno che stia, in Dio mediante il Signore
Gesù Cristo attraverso l’azione dello Spirito Santo.
Alcune attività vocazionali specifiche nelle scuole:
- le visite alle classi da parte di religiosi, preti, ed eventualmente laici sposati o non sposati;
- il contatto personale con i giovani, programmato regolarmente;
- una serie di temi vocazionali da usarsi nella catechesi;
- i ritiri vocazionali, settimane e giornate vocazionali;
- la letteratura vocazionale, specialmente nostra (comprese le immagini religiose);
- la celebrazione delle nostre feste.
I MOVIMENTI ECCLESIALI
...più volte egli (Giovanni Paolo II) ha definito "provvidenziali" le vostre associazioni e
comunità soprattutto perché lo Spirito santificatore si serve di esse per risvegliare la fede nei
cuori di tanti cristiani e far loro riscoprire la vocazione ricevuta con il Battesimo, aiutandoli
ad essere testimoni di speranza, ripieni di quel fuoco di amore che è dono appunto dello
Spirito Santo (Omelia del papa per la veglia di preghiera con i Movimenti Ecclesiali, 3
giugno, 2006).
68
I documenti post-sinodali vanno di pari passo con questa affermazione del papa Benedetto XVI che
riferisce il pensiero del suo predecessore, Giovanni Paolo II sui movimenti ecclesiali nella Chiesa.
- L'unione fraterna per una testimonianza vivente del Vangelo sarà anche la finalità dei movimenti
apostolici e delle associazioni a carattere religioso. I fedeli laici vi trovano, in effetti, un'occasione
privilegiata per essere lievito nella pasta (cf. Mt 13, 33), specialmente per quanto riguarda la gestione
delle cose temporali secondo Dio e la lotta per la promozione della dignità umana, della giustizia e
della pace (EinAf, 101).
- A nessuno sfugge l'urgenza di una tempestiva azione evangelizzatrice nei confronti di quei settori
del Popolo di Dio che risultano più esposti al proselitismo delle sette: le fasce degli immigrati, i
quartieri periferici delle città o i paesi della campagna privi di una sistematica presenza del sacerdote
e perciò segnati da diffusa ignoranza religiosa, le famiglie di persone semplici provate da difficoltà
materiali di vario genere. Di grande utilità si rivelano, anche da questo punto di vista, le comunità di
base, i movimenti, i gruppi di famiglie ed altre forme associative in cui è più facile coltivare
relazioni interpersonali di reciproco sostegno spirituale ed anche economico (EinAm, 73).
- In tale contesto e riferendosi alla propria esperienza pastorale, i Padri sinodali hanno sottolineato il
valore delle comunità ecclesiali di base come un modo efficace per promuovere la comunione e la
partecipazione nelle parrocchie e nelle Diocesi, ed anche una genuina forza per
l'evangelizzazione…Il Sinodo ha riconosciuto pure il ruolo dei movimenti di rinnovamento nella
edificazione della comunione, quando offrono opportunità per un'esperienza di Dio più interiore
attraverso la fede, i sacramenti e la promozione della conversione di vita (EinAs, 25).
- Nello stesso tempo, con i Padri sinodali, mentre esprimo la mia grande stima per la presenza e
l'azione delle diverse associazioni e organizzazioni apostoliche e, in particolare, dell'Azione
Cattolica, desidero rilevare il contributo proprio che, in comunione con le altre realtà ecclesiali, e
mai in via isolata, possono offrire i nuovi movimenti e le nuove comunità ecclesiali. Questi ultimi,
infatti, “aiutano i cristiani a vivere più radicalmente secondo il Vangelo; sono culla di diverse
vocazioni e generano nuove forme di consacrazione; promuovono soprattutto la vocazione dei laici e
la portano ad esprimersi nei diversi ambiti della vita; favoriscono la santità del popolo; possono
essere annuncio ed esortazione per coloro che diversamente non incontrano la Chiesa; spesso
sostengono il cammino ecumenico ed aprono vie per il dialogo interreligioso; sono di antidoto contro
la diffusione delle sette; sono di grande aiuto nel diffondere vivacità e gioia nella Chiesa (EinEu,
16).
Quest’ultima citazione riporta specificamente il beneficio ecclesiale di questi movimenti: essi
favoriscono la santità della gente. Santità significa vivere per Dio, il che si verifica solo se noi siamo
in comunione, in dialogo con Dio. Questa è vocazione. Se nel nostro servizio vocazionale noi
decidiamo di ignorare questi movimenti che operano per “risvegliare la fede nei cuori di tanti
cristiani e far loro riscoprire la vocazione ricevuta con il Battesimo”, faremmo un serio errore ed un
errore che non è consono con la nostra fiducia nella Divina Provvidenza: Giovanni Paolo II di fatto
chiama questo fenomeno “provvidenziale”!
Questi movimenti (Neocatecumenali, Focolarini, Comunione e Liberazione, Arche, Rinnovamento
dello Spirito, per indicarne alcuni tra i più diffusi, vanno oltre i confini nazionali, diocesani e
parrocchiali pertanto offrono l’opportunità di fare una vera esperienza della natura “cattolica”, ossia
“universale” della Chiesa. In quanto movimenti dello Spirito, essi incoraggiano una maggiore vita di
fede nella disponibilità a Dio che agisce nel mondo. Questo è quanto Giovanni Paolo II ebbe a dire
nel suo messaggio al Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità nel 1998:
Che cosa s'intende, oggi, per «Movimento»? Il termine viene spesso riferito a realtà diverse
fra loro, a volte, persino per configurazione canonica. Se, da un lato, essa non può
certamente esaurire né fissare la ricchezza delle forme suscitate dalla creatività vivificante
dello Spirito di Cristo, dall'altro sta però ad indicare una concreta realtà ecclesiale a
69
partecipazione in prevalenza laicale, un itinerario di fede e di testimonianza cristiana che
fonda il proprio metodo pedagogico su un carisma preciso donato alla persona del
fondatore in circostanze e modi determinati.
L'originalità propria del carisma che dà vita ad un Movimento non pretende, né lo
potrebbe, di aggiungere alcunché alla ricchezza del depositum fidei, custodito dalla Chiesa
con appassionata fedeltà. Essa, però, costituisce un sostegno potente, un richiamo
suggestivo e convincente a vivere appieno, con intelligenza e creatività, l'esperienza
cristiana. Sta in ciò il presupposto per trovare risposte adeguate alle sfide e alle urgenze dei
tempi e delle circostanze storiche sempre diverse.
In tale luce, i carismi riconosciuti dalla Chiesa rappresentano delle vie per approfondire la
conoscenza di Cristo e per donarsi più generosamente a Lui, radicandosi nel contempo
sempre più nella comunione con tutto il popolo cristiano. Essi meritano, per questo,
attenzione da parte di ogni membro della Comunità ecclesiale, a cominciare dai Pastori, ai
quali è affidata la cura delle Chiese particolari, in comunione con il Vicario di Cristo. I
Movimenti possono così offrire un contributo prezioso alla dinamica vitale dell'unica
Chiesa, fondata su Pietro, nelle diverse situazioni locali, soprattutto in quelle regioni dove
la implantatio Ecclesiae è ancora agli inizi o sottoposta a non poche difficoltà..
Questi movimenti sono degli itinerari ispirati per vivere pienamente e generosamente la vita cristiana
in ambito ecclesiale – poiché sono riconosciuti dalla Chiesa – pertanto non sono in contrasto con la
missione e la vita della Chiesa. In realtà essi sono visti come una “boccata d’aria fresca” per la
Chiesa che può portare una vitalità nuova alla Chiesa. E’ questo, in realtà, che si sta verificando,
specialmente con i giovani. Tutto ciò esprime un’apertura al movimento dello Spirito di Dio nel
mondo, e questo è sostanzialmente vocazionale. E’ come affermare che i movimenti ecclesiali sono
per loro natura vocazionali, naturalmente rivolti ad ascoltare la chiamata di Dio. Se casomai avete
fatto un cammino di discernimento con qualcuno che è impegnato in uno di questi movimenti, voi
già lo sapete. Questi già sono disposti a ricevere un tale aiuto, voi solo lo dovete offrire. Se essi non
interrompono l’esperienza con la loro comunità, voi siete stati per lo meno d’aiuto alla Chiesa nella
sua globalità essendo loro d’incoraggiamento in questo sforzo. Sarebbe uno sbaglio, ritengo,
insistere perché essi pongano fine al loro impegno nel loro particolare movimento, mentre sono in
discernimento. Il movimento è una parte necessaria di un tale discernimento. Se essi decidono che
Dio li sta chiamando alla nostra congregazione, da loro stessi sanno se e come potrà essere
necessario che essi si levino dal movimento o, per lo meno, diminuiscano la loro partecipazione
attiva.
Così come in tutte le attività umane, c’è anche il pericolo d’esagerazioni e abusi. Giovanni Paolo III
lo rilevava nel messaggio ai partecipanti al seminario sui movimenti ecclesiali e le nuove comunità
del 1999:
Sono ben cosciente che i movimenti e le nuove comunità, come ogni opera che, pur sotto la
spinta divina, si sviluppa all'interno della storia umana, non hanno destato in questi anni
solo considerazioni positive.."la loro novità inattesa...non ha mancato di suscitare
interrogativi, disagi e tensioni; talora ha comportato presunzioni ed intemperanze da un
lato, e non pochi pregiudizi e riserve dall'altro" (ibid., 6). Ma...vedo il sopraggiungere di
una "tappa nuova: quella della maturità ecclesiale", seppur nella piena consapevolezza che
"ciò non vuol dire che tutti i problemi siano stati risolti", giacché questa maturità "è
piuttosto una sfida. Una via da percorrere" [che] esige da parte dei movimenti una sempre
più salda comunione con i Pastori che Dio ha scelto e consacrato per radunare e santificare
il suo popolo nel fulgore della fede, della speranza e della carità, perché "nessun carisma
dispensa dal riferimento e dalla sottomissione ai Pastori della Chiesa" (Christifideles laici,
24). Impegno dei movimenti, pertanto, è di condividere, nell'ambito della comunione e
missione delle Chiese locali, le loro ricchezze carismatiche in modo umile e generoso.
70
In questo ultimo passaggio, il papa stava ripetendo quando stabilito già nel messaggio a questi
movimenti riuniti in Roma nel 1998, in particolare:
La vostra stessa esistenza è un inno all'unità nella pluriformità voluta dallo Spirito e ad essa
rende testimonianza. Infatti, nel mistero di comunione del Corpo di Cristo, l'unità non è mai
piatta omogeneità, negazione della diversità, come la pluriformità non deve diventare mai
particolarismo o dispersione. Ecco perché ognuna delle vostre realtà merita di essere
valorizzata per il peculiare contributo che apporta alla vita della Chiesa (3)… Più volte ho
avuto modo di sottolineare come nella Chiesa non ci sia contrasto o contrapposizione tra la
dimensione istituzionale e la dimensione carismatica, di cui i Movimenti sono
un'espressione significativa. Ambedue sono co-essenziali alla costituzione divina della
Chiesa fondata da Gesù, perché concorrono insieme a rendere presente il mistero di Cristo e
la sua opera salvifica nel mondo (5).
Questi movimenti e nuove comunità, dunque, contribuiscono all’edificazione della Chiesa e noi
come Oblati siamo parte di questa Chiesa nella sua vita e nella sua missione. Anche noi siamo
chiamati a “rendere presente il mistero di Cristo e la sua opera salvifica nel mondo”. Non esiste,
pertanto, alcun conflitto tra la finalità della nostra congregazione e questi movimenti, ma solo una
differenza nel come questa finalità è raggiunta, nel carisma che si vive. Se una persona è ispirata a
realizzare la sua vita in Cristo attraverso l’azione dello Spirito in uno di questi movimenti, diamo
lode al Signore! Può avvenire che queste persone siano ulteriormente spinte dallo stesso Spirito a
vivere pienamente la loro vita in Cristo attraverso una consacrazione radicale di povertà, castità e
obbedienza e a fare questo nell’imitazione di San Giuseppe, che a sua volta era mosso dallo Spirito a
dedicare la sua vita al servizio del mistero di Cristo e della Chiesa. Noi dobbiamo essere presenti per
queste persone che sono state chiamate in questa maniera.
Possiamo fare tutto questo nelle nostre parrocchie, favorendo la presenza di questi movimenti e
lavorando in stretto collegamento con loro, secondo lo spirito in precedenza indicato da Giovanni
Paolo II. Possiamo fare questo assistendo alle riunioni di questi movimenti e condividendo il nostro
carisma e la nostra vita con i loro membri, secondo quello stesso spirito di contribuire alla vita della
Chiesa. Possiamo realizzare questo riconoscendo che la nostra congregazione, e persino noi stessi a
livello personale, possiamo beneficiare di questi movimenti facendo l’esperienza del movimento
dello Spirito in essi e prendendo da loro quello che può esserci di sostegno nella nostra vita e nella
nostra missione (essi, vale a dire, hanno qualcosa da offrirci, poiché essi sono parte della Chiesa e
sono chiamati a contribuire alla vita della Chiesa di per sé). Infine, possiamo realizzare questo
permettendo, a chiunque venga da noi da uno di questi gruppi, di condividere con noi la sua
esperienza di fede partendo dal suo inserimento nel movimento e valutandone l’esperienza.
Soprattutto, dobbiamo far sapere a questi che noi siamo disposti ad aiutarli per un successivo
discernimento di quest’esperienza, in modo da vedere dove lo Spirito li sta indirizzando per vivere la
loro vocazione specifica nella Chiesa e se questo è nella nostra comunità. Questo è vero per ciascuno
che noi abbiamo con noi in discernimento vocazionale, ma la sottolineatura qui è sul fatto di essere
in grado di apprezzare la loro esperienza in quel particolare movimento ecclesiale, e di vederlo come
facente parte della loro specifica vocazione.
CONCLUSIONE
Vorrei condividere con voi quello che ho condiviso con i provinciali e i delegati che sono venuti a
Roma a novembre per il corso dei nuovi superiori, a conclusione, poiché credo che è una vera e
propria riflessione sullo spirito con cui noi svolgiamo il nostro servizio alle vocazioni qualunque ne
sia il contesto: la famiglia, la scuola, il movimento ecclesiale o la parrocchia:
Quando mi fu affidata la Pastorale Vocazionale della Provincia della California, fu molto chiaro
per me che se il mio obiettivo principale fosse quello di "trovare" gente da arruolare per la
71
Provincia in scarsità di personale religioso, il mio ministero sarebbe stato un fallimento, anche se
in realtà qualcuno sono riuscito a trovarlo. Perché? Perché sarebbero stati dei “numeri” e non dei
“chiamati” da Dio, o perlomeno io non avrei potuto essere sicuro del coinvolgimento di Dio. C'era
senz’altro un programma vocazionale, ma non era stato fatto per attirare i giovani alla
Congregazione, ma a Dio. In fin dei conti, se davvero sono attratti da Dio, Dio stesso li indirizzerà
verso la Congregazione o la Chiesa locale. È Dio che chiama, non siamo noi: noi siamo gli
strumenti. Se la nostra Pastorale Vocazionale nasce con questo spirito, non può che dare risultati,
perché Dio non fallisce mai!
Se veramente crediamo a questo, allora, nonostante le difficoltà che incontreremo in questo
ministero nelle famiglie, nelle scuole, nei movimenti e nelle parrocchie, noi saremo degli strumenti
efficaci nelle mani di Dio e Dio ci benedirà con vere e sante vocazioni… e la nostra congregazione
continuerà a crescere e proseguirà la sua vita e missione nella vita e nella missione della Chiesa.
72
4.
L’accompagnamento vocazionale, la direzione spirituale e il
discernimento vocazionale
(P. Crawford Brian, OSJ)
INTRODUZIONE
Stavo leggendo di recente un’intervista su un giornale per ministranti riguardo ai giovani e alle
dinamiche familiari, soprattutto con riferimento a ciò che i genitori possono fare a sostegno dei loro
figli per vivere in pienezza e realizzare la loro vita. Un passaggio particolare dell’intervista ha
attratto la mia attenzione e, così ritengo, era proprio indicata al nostro tema d’oggi, in special modo
all’accompagnamento vocazionale. L’intervistato, Riccardo Prandi, rispondendo alla domanda su
che cosa occorra trasmettere ai giovani d’oggi per dare loro una capacità rinnovata di vivere una
vita che li possa portare ad un futuro migliore nelle loro famiglie, diceva fra l’altro:
Per saper educare, anche in famiglia e alla famiglia, occorre da un lato essere così fiduciosi
di se stessi da presentarsi come “esempi viventi” di un percorso di vita “riuscito” o almeno
come persone che in tutta sincerità ci hanno provato. E questo non è facile da trovare…per
educare bisogna...“amare massimamente la libertà dell’altro” e la sua differenza dal
sé…Questa “gioia” nel vedere l’altro crescere non è così semplice da trovare nel mondo
degli adulti …Proprio perché la promessa è quella di una completa realizzazione del sé
multiforme e sconfinato, senza limiti, del “Life is now”, del “ti costa zero”, e proprio
perché questa promessa è basata su un meccanismo paradossale di scelta non decisive
(quindi privi di reale significato, omologante) e perché I luoghi d’espressione del sé (scuola,
lavoro, associazionismo, tempo libero, ecc.) lo permettono sempre meno, allora gli adulti
cominciano a “recriminare” su ciò che non hanno potuto/saputo realizzare nella loro vita.
Viviamo in mezzo a adulti molto insoddisfatti della loro vita, e questo non è il miglior
esempio da dare ai figli.
Il XV Capitolo Generale della nostra Congregazione, quando nella delibera 9 sul ministero
vocazionale afferma: “Oggi a preoccupare non è soltanto la crisi di vocazioni, ma anche quella
di mediazione”, credo che intendesse dire che questa “crisi d’identità”, rilevata nelle famiglie, si
rileva anche nella nostra congregazione. Subito dopo, infatti, la delibera continua:
La pastorale vocazionale non può ridursi ad una serie d’iniziative: essa è soprattutto
accompagnamento, direzione spirituale, attenzione a quanti esprimono il desiderio di
consacrarsi al Signore.
Perché c’è crisi di mediazione, perché mancano persone che sappiano e vogliano accompagnare e
guidare i giovani nel discernimento della propria vocazione? Ciò è dovuto in qualche misura al fatto
che in congregazione noi assistiamo ad un fenomeno di disaffezione alla scelta di vita che abbiamo
fatto? Siamo forse caduti nella mentalità della cultura dominante, almeno in Occidente – ma, a
causa della globalizzazione, esportata in gran parte del mondo – che afferma la necessità di avere
una “molteplice e sciolta” esperienza di vita e che perciò noi stiamo “perdendo” qualcosa di grosso,
quando compiamo una scelta limitante rispetto alle mostre possibilità? Siamo noi, di fatto, così
contenti e realizzati nella nostra scelta di vita come Oblati di San Giuseppe, da essere in grado di
aiutare i giovani e di offrire loro una tale possibilità? E se non lo siamo, perché non lo siamo? Non
siamo soddisfatti di noi stessi? della congregazione? o della Chiesa? Se non siamo capaci di
scoprire la causa alla radice di una tale “crisi” di mediazione nel ministero vocazionale, non saremo
73
in grado di superare la cosiddetta “crisi vocazionale” della congregazione e della chiesa d’oggi4. Pur
ammettendo che i giovani passano un periodo più difficile del nostro nel discernimento e nella
risposta alla chiamata, data la cultura dominante, non possiamo però mettere dei dubbi sul fatto che
Dio li stia chiamando ad un tale genere di vita. La crisi non si trova, dunque, nella chiamata ma
nella risposta … e nell’accompagnamento alla risposta. E’ questo il nostro tema d’oggi.
LA FORMAZIONE PERSONALE
Chiaramente, dunque, prima che noi possiamo dire di accompagnare qualcuno in un percorso
vocazionale, dobbiamo essere soddisfatti del nostro stesso percorso e compierlo. Detto in altro
modo, se non sappiamo come scoprire e vivere la nostra stessa vocazione nella gioia e nella pace,
come possiamo sperare di realizzare questo per qualcun altro? Il primo passo, dunque,
dell’accompagnamento vocazionale è aver cura della nostra stessa vocazione. Come potremo
constatare, questo ci renderà non solamente più decisi ad accompagnarli, ma anche più capaci di
aiutare gli altri nel loro percorso vocazionale.
L’art. 84 delle nostre costituzioni dice:
Ognuno è responsabile della sua formazione e contribuisce alla crescita della Comunità.
Valorizzi perciò i doni ricevuti da Dio e i mezzi di perfezione naturali e soprannaturali.
Coltivi la vita spirituale e liturgica e una sincera devozione all’Eucaristia, alla Madonna, e
a San Giuseppe. Accetti con serenità le rinunzie e le difficoltà inerenti alla vita consacrata.
L’art. 83 parla dei confratelli nelle comunità di formazione (ma possiamo applicarlo con estrema
facilità a tutti i confratelli!):
I formatori sentono la responsabilità del loro compito. Sorretti dall’intera Comunità, vivono
fra loro in stretta unità d’azione e formano con i giovani loro affidati una famiglia che viva
e testimoni la gioia della vocazione.
Qui, in questi due articoli, abbiamo racchiuso tutto quello che occorre vivere e sviluppare a livello
personale, per essere strumenti efficiaci nell’accompagnamento vocazionale, nella direzione
spirituale e nel discernimento vocazionale.
La vita di preghiera deve avere la priorità e dev’essere approfondita ogni giorno. Se teniamo conto
che Gesù stesso (e chi potrebbe essere più occupato di lui!) faceva sicuramente in modo da trovare
tempo per la preghiera e la meditazione, anche se questo significava alzarsi prima e appartarsi il
tempo necessario dagli altri, dobbiamo convincerci che non possiamo fare altrimenti. Nel ministero
vocazionale, questo dovere e questa necessità sono ancor maggiori, perché ci è richiesto di assistere
ed accompagnare altre persone a entrare in contatto con Dio e ad ascoltare la sua chiamata. Non
possiamo farlo per gli altri, se siamo incapaci o maldisposti a farlo per noi stessi. Particolarmente
importanti in questo impegno per una vita di preghiera sono: l’Eucaristia e la devozione alla
Madonna e a San Giuseppe. Il capitolo generale ci ha chiamati a trascorrere un’ora, ogni settimana,
davanti al SS.mo, in preghiera per le vocazioni. Ci auguriamo, come incaricati delle vocazioni, che
abbiamo abbracciato quest’appello a livello personale e che stiamo incoraggiando i nostri confratelli
a realizzarlo allo stesso modo. L’opportunità di svolgere quest’esperienza insieme come comunità è
un modo potente per proclamare la nostra convinzione che è “Dio che sceglie, chiama e manda
operai a costruire il suo Regno” (Dir. Gen. Art. 52), e noi con questa ora ci sforziamo di implorare
4
I dati statistici, di fatto, sembrerebbero non convalidare la tesi secondo cui sarebbe presente una crisi vocazionale tra i
giovani al giorno d’oggi. In un Congresso degli Incaricati vocazionali svoltosi di recente a Roma ad opera del “Centro
Nazionale Vocazioni” della Conferenza Episcopale Italiana, i dati statistici raccolti di recente tra i giovani in Italia
mostrano che un buon 30% di giovani ha preso in considerazione la vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata…e lo
ha fatto per un buon numero di anni. Tuttavia, questo stesso gruppo di giovani riferiva di avere avuto insufficienti
“punti di riferimento” e di sostegno e di incoraggiamento da parte di altri, in modo particolare da parte dei ministri della
Chiesa. Le statistiche sono sovrapponibili a quelle dell’esperienza della Chiesa negli Stati Uniti.
74
Dio perché mandi questi operai, attraverso la nostra e il nostro servizio, perché aiuti coloro che sono
stati mandati ad ascoltare la sua chiamata, ed aiuti noi ad essere loro di sostegno in questo. Il rosario
giornaliero e le devozioni al nostro patrono san Giuseppe sono ulteriori opportunità che ci sono date
perché volgiamo la nostra attenzione a riflettere sulla nostra stessa chiamata e su come noi stiamo
rispondendole. Il che a sua volta ci aiuterà ad essere più disponibili e desiderosi di aiutare ed
accompagnare gli altri nella loro chiamata.
Prendendo in considerazione gli altri aspetti di questa formazione personale al servizio vocazionale
trovati in questi articoli, li possiamo così elencare:
• sviluppare i propri doni;
• impiegare i mezzi naturali: studio, riposo, esercizio, ricreazione, alimentazione appropriata,
etc.; e quelli soprannaturali: preghiera, confessione regolare, mortificazione, etc.;
• accettare con serenità i sacrifici e le difficoltà della vita;
• approfondire la coscienza delle responsabilità personali e comunitarie;
• essere sostenuti dalla comunità e dare sostegno alla comunità;
• fare famiglia;
• vivere e testimoniare la gioia della nostra chiamata.
Per evidenziare un po’ qualche aspetto:
• I nostri doni e talenti, qui presi in considerazione, dobbiamo capire che hanno significato
non semplicemente per il nostro bene e la nostra salvezza individuali, ma nello stesso tempo
per il bene e per la salvezza degli altri. Proprio perché sono stato chiamato a svolgere un
servizio vocazionale da Dio stesso e della mia comunità, questo significa che sono in
possesso di doni che aiutino coloro che stanno discernendo la loro chiamata, specialmente la
chiamata alla nostra comunità, e in modo tale che possano farlo con successo. Veramente
• Dobbiamo prendere cura di noi stessi, se vogliamo arrivare a prenderci cura degli altri!
• L’accettazione tranquilla dei sacrifici e delle difficoltà aiuta a reagire alla convinzione
culturale che il sacrificio è contrario alla felicità e alla realizzazione personali … e questo
veramente affascina i giovani!
• Dobbiamo sentire la responsabilità di lavorare in questo servizio e non vederlo come un
optional o come qualcosa che facciamo “quando abbiamo tempo”. Questo è un buon motivo
per spiegare perché è preferibile, potendolo, avere dei confratelli dediti al servizio
vocazionale a tempo pieno. Così essi sono in grado non solo di assumere più facilmente le
proprie responsabilità e di disporre di un tempo e d’energie maggiori da dedicare al loro
servizio, ma potranno testimoniare ai loro confratelli l’importanza e la serietà di un tale
servizio.
• La necessità del sostegno da parte della comunità riecheggia anche nella delibera capitolare:
La figura dell’animatore vocazionale, oltre ad essere indispensabile, non può rimanere
isolata nello svolgimento del suo lavoro. E’ necessaria una stretta e costante collaborazione
con i Confratelli che lavorano a diretto contatto con i giovani nelle varie Opere della
Congregazione. Chi è incaricato del servizio vocazionale deve essere allo stesso tempo
consapevole di una tale collaborazione ed accettarla e non cercare di essere un “eroe
solitario”!
La cosa più importante: vivere e testimoniare attraverso la propria vita la GIOIA della nostra
chiamata. Dobbiamo essere fedeli alla nostra chiamata personale non soltanto per la nostra
salvezza ma come dei testimoni, così che anche altri desidereranno essere di risposta alla
loro chiamata ed esservi fedeli, in modo da poter trovare essi stessi quella speciale GIOIA.
Perciò, sorridiamo!
Si potrebbero dire tante cose in questo campo, ma lasciamo le parole conclusive al nostro fondatore:
Se abbiamo ricevuto grazie di luce per capire la vocazione religiosa, dobbiamo farne un
gran conto (Scritti, p. 313).
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Il che significa, per quanto ci riguarda, che, avendo ricevuto una grande grazia da parte di Dio
quando abbiamo scoperto la nostra chiamata, dobbiamo ora essere disposti e pronti a condividere
questa grazia con gli altri.
L’ACCOMPAGNAMENTO VOCAZIONALE E LA DIREZIONE SPIRITUALE
Il nostro fondatore è, di fatto, il primo a darci l’esempio nel fare proprio questo, offrendo tanto
l’accompagnamento vocazionale come la direzione spirituale. Sappiamo che egli ha vissuto la sua
vocazione fedelmente e con gioia: è stato ufficialmente proclamato come esempio in questo dalla
chiesa essendo canonizzato. Inoltre, noi sappiamo che egli ha trasmesso questo in altri attraverso
l’accompagnamento vocazionale e la direzione spirituale, Lo ha fatto attraverso le sue lettere da
giovane sacerdote nei confronti dei suoi compagni che erano stati ordinati con lui. Quanto piene
sono d’incoraggiamenti molte di queste, e di consigli per loro riguardo al rimanere fedeli alla loro
chiamata al sacerdozio e alla maniera per esserlo?5 In più, era direttore spirituale e confessore nel
seminario d’Asti per molti anni, prima di diventare vescovo di Acqui. Questo chiaramente
implicava allo stesso tempo l’accompagnamento vocazionale, poiché si trattava di giovani che
cercavano di conoscere se Dio li chiamasse al sacerdozio. Era anche direttore spirituale delle suore
dell’Istituto Milliavacca in Asti e, in modo particolare, di una di queste suore, Suor Albertina
Fasolis che gradiva tanto la sua direzione, da mettere per iscritto le note di molti consigli personali
che le dava e della sua predicazione alla comunità delle suore (la citazione sopra è ricavata dagli
appunti presi durante una delle sue omelie presso l’Istituto, il 12 febbraio 1888). Più in particolare
riguardo all’accompagnamento vocazionale, - quindi al discernimento, come vedremo), egli fu
d’aiuto a Bice Graglia di Asti nel prendere la decisione di farsi religiosa. In un consiglio a lei
rivolto, il 20 giugno 1889, diceva:
Quanto alla vocazione aspetti ancora, perché c’è tempo; le circostanze di famigli invece di
farsi più difficili si semplificheranno sempre più. Stia tranquilla. A me pare che non abbia
ancora fatto nulla per demeritarsi la vocazione. Due cose sono necessarie: essere
totalmente distaccata dal mondo ed avere un vivo desiderio di consacrarsi a Dio ed al suo
santo servizio (Scritti, p. 239).
Questo consiglio da sé solo dimostra che egli era ben consapevole del suo dovere di aiutare gli altri
a rispondere alla chiamata da parte di Dio, avendo egli già fatto lo stesso da parte sua. Allo stesso
tempo questo ci fa comprendere come anche noi dobbiamo offrire questo servizio ai giovani oggi.
L’accompagnamento vocazionale distinto dalla direzione spirituale
Prima di procedere interroghiamoci su di una questione opportuna: quale sarebbe la differenza,
sempre che vi sia, tra l’accompagnamento vocazionale e la direzione spirituale, per fare uso dei
due termini? L’esempio del fondatore ci mostra che essi possono esistere insieme e svolgersi
contemporaneamente. E’, tuttavia, presente una distinzione? Credo che possiamo e dobbiamo fare
una tale distinzione se procediamo nella capacità di aiutare veramente e di accompagnare le persone
a discernere la propria vocazione.
La direzione spirituale è una necessità che dura tutta la vita. Nella direzione spirituale noi stiamo
riconoscendo che nel nostro viaggio con Dio e verso Dio abbiamo bisogno dell’aiuto e
dell’intelligenza di un altro. Poiché questo viaggio si estende a tutta quanta la nostra vita, un tale
5
Un esempio nella Lettera 26, a Don Stefano Delaude: “Coraggio, Corragio mio caro Collega il tempo incalza. Guai a
noi se ci troveremo sprovisti il dì della battaglia. Armiamoci ed armiamoci presto; la preghiera, il distacco dalle cose
che passano, lo zelo per la gloria del Signore, la fame e la sete della giustizia, l’operosità per il riscatto delle anime, lo
spirito di sacrifizio di mortificazione di penitenza ecco le armi che dobbiamo affilare tenendoci tutti stretti alla stessa
bandiera, pronti allo stesso appello, esercito permanente della Chiesa la quale ci ha chiamati a sua difesa contro i nemici
potenti e numerosi.”
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aiuto è perciò uguale in estensione. Possiamo noi cambiare la persona che ci aiuta in questo modo
particolare, e la frequenza con cui ci avvantaggiamo di questo aiuto, ma questo farà sempre parte
del nostro percorso spirituale. La direzione spirituale è necessaria per le più diverse ragioni, e la
principale di queste è per verificare e confermare che quello che stiamo sperimentando è veramente
la presenza e l’azione di Dio e non una nostra creazione o un’autosuggestione.
Certamente uno potrebbe dire: ma questo sa d’accompagnamento vocazionale! E corrisponderebbe
al vero. La distinzione è che l’accompagnamento vocazionale non deve durare tutta una vita!
Specificamente, abbiamo bisogno di discernere la nostra chiamata e dei rispondervi. La risposta
richiede una vita, ed ecco perché subentra la direzione spirituale. Il discernimento della chiamata (il
terzo ambito del nostro tema) è l’obiettivo dell’accompagnamento vocazionale e, anche se la
quantità di tempo che serve per condurlo a termine varia da una persona all’altra, se si conclude
nello spazio di una vita, non ha raggiunto il suo obbiettivo.
Questa è un’importante distinzione, da farsi specialmente nel nostro mondo d’oggi, dove le
decisioni sulla vita sono rimandate a molto dopo nella vita rispetto al passato. Questo rimandare la
scelta vocazionale non è un problema (persino il fondatore lo consigliava a Bice Graglia,
osservando che “c’è tempo” per una tale decisione) purché non sia rimandarla indefinitamente. Per
vivere la nostra vocazione, la chiamata di Dio, abbiamo bisogno di sapere che tipo di chiamata è …
quindi abbiamo bisogno di viverla!
Tenendo presente questa distinzione, possiamo, dunque, prendere entrambe – il discernimento
vocazionale e la direzione spirituale – come un’unica realtà, tanto riguardo alla nostra disposizione
ad offrire questo servizio e al modo di offrirlo, in particolare ai giovani.
L’accompagnamento vocazionale e la direzione spirituale: la persona che fa da accompagnatore
Abbiamo già parlato dell’importanza di custodire ed accrescere la nostra vocazione, sviluppando la
nostra relazione con Dio e gli altri. E’ questa la prima cosa che possiamo e dobbiamo fare se stiamo
aiutando gli altri nel loro itinerario vocazionale e spirituale. Ora, che cosa possiamo offrire d’altro e
come dobbiamo procedere nell’offrirlo?
Prendiamo in considerazione il secondo punto innanzi tutto, che riguarda la nostra disponibilità
verso chi ci chiede aiuto nel discernere e seguire la propria chiamata. L’art. 87 delle Costituzioni
stabilisce:
Ogni comunità degli Oblati si senta impegnata nell’opera d’animazione e orientamento
vocazionale, favorendo e sostenendo, in un clima di fraternità e testimonianza, quanti
vorranno sperimentare da vicino la vita religiosa giuseppina…
Le parole-chiave qui per il nostro tema sono: favorendo, sostenendo, fraternità, testimonianza, da
vicino. Il nostro atteggiamento deve essere quindi positivo, aperto e invitante. Dobbiamo essere
pronti a dedicarci tempo ed energie e a farlo volentieri per il bene della persona che stiamo
accompagnando. Dobbiamo dare loro spazio nella nostra vita e nel nostro servizio. Certamente
dobbiamo stabilire dei limiti, ma questi limiti devono andare anche a vantaggio delle persone stesse
che sono da noi seguite, in modo che le persone scelgano di stare con Dio e non con noi stessi.
Dobbiamo tenere una relazione fraterna con loro, ma non troppo “familiare” così da farle diventare
dei nostri amici. Noi siamo chiamati ad essere non degli amici ma dei compagni del loro itinerario
vocazionale e spirituale. Se diventiamo troppo “amici” possiamo perdere la nostra obiettività e
concentrarci sul fatto di sviluppare la nostra amicizia con loro a nostro vicendevole vantaggio,
invece che avere di mira il loro vantaggio spirituale e vocazionale. Certamente noi beneficiamo
d’ogni relazione che abbiamo nella nostra vita, ma la relazione d’accompagnamento vocazionale e
direzione spirituale è ad immediato beneficio della persona che riceve questo servizio, e solo
indirettamente a beneficio della persona che dà questo servizio.
Un tale atteggiamento spirituale è importante anche nella prospettiva della Congregazione. Nel testo
inglese delle nostre Costituzioni e Regolamento generale, la parola italiana “animazione” è tradotta
77
con il termine “recruitment”. Si tratta di una tradizione infelice – e verosimilmente sbagliata -. La
parola migliore potrebbe essere “ministry”. Perché? La parola inglese “recruitment” riecheggia una
promozione proprio aggressiva della cosa. Quando si sta cercando di reclutare, si cerca di
convincere qualcuno ad entrare nel nostro gruppo o a mettersi dalla nostra parte. Uno pur essendo
convinto che questo andrà a vantaggio della persona, questo non è il suo primo obiettivo ma la vita
del gruppo. Questo modo di procedere potrebbe andare bene per certi tipi di gruppi, ma non può
essere la stessa cosa per la nostra Congregazione, perché non siamo noi quelli che decidono chi
sono i chiamati. Ricordiamoci che cosa era detto poco prima nel nostro Regolamento Generale: “Le
vocazioni di speciale consacrazione sono un prezioso dono di Dio che sceglie, chiama e manda
operai a costruire il suo Regno”. E’ Dio che sta chiamando perciò è Dio quello che deve fare opera
di promozione della persona che è accompagnata all’idea di unirsi alla congregazione. Lo stesso
articolo prosegue affermando che le vocazioni dipendono anche dalla “libera, appropriata e
generosa collaborazione degli uomini”, perciò noi dobbiamo fare la nostra parte. Dobbiamo proprio
prestare attenzione a non convincere nessuno ad entrare nella nostra congregazione, in modo
contrario alla volontà di Dio. Questo non succederà, se noi ci ricordiamo di mettere la persona al
primo posto e la congregazione al secondo. In definitive, questo farà più del bene alla
congregazione, del fatto di prendere una gran quantità di persone che non sono chiamate alla vita
comunitaria e finiscono per essere degli scontenti e dei falliti, il che serve solo ad indebolire
l’efficacia della nostra testimonianza e la vita comunitaria. La parola “ministry” contribuisce meglio
a questo significato di offrire un servizio al prossimo, uomini o donne che siano, cercando il loro
bene e ci asseconda ad essere più disposti a cercare questo bene innanzi tutto e al di sopra di tutto.
Cercare il bene della persona che è accompagnata, innanzitutto e al di sopra di tutto, è fondamentale
per un autentico ed efficace accompagnamento vocazionale così come la direzione spirituale.
Nell’articolo prima citato, c’è quest’ulteriore affermazione di Riccardo Prandini riguardo
all’atteggiamento della società verso i giovani e il loro intenso desiderio d’autorealizzazione:
Tutti cercano i giovani per fare loro delle proposte, ma – vorrei dire – a vantaggio
dell’istituzione; per il bene della famiglia, della parrocchia, della classe, del lavoro,
dell’associazione, del partito, ecc. Pochissimi sono i luoghi dove davvero si cerchi di
educare i giovani, di lasciare loro il tempo-spazio per la riflessione, per la crescita, per
imparare a prendere in mano la loro vita (per quanto sia possibile) Troppi interessi non
“vedono” i giovani e la loro crescita come finalità da realizzare. Qui è il mondo degli adulti
ad essere del tutto in ritardo.6
I giovani che si rivolgono a noi per l’accompagnamento devono sapere che noi siamo interessati a
loro e alla loro crescita nella comprensione e nell’adempimento della volontà di Dio. Da una parte è
vero che noi vogliamo continuare la nostra vita e missione nel mondo e nella chiesa come
congregazione e abbiamo bisogno di avere uomini – e donne per le suore ! – che siamo desiderosi di
portar avanti questa vita e missione unendosi alla comunità, ma dobbiamo fare sì che questo non
diventi lo scopo primario del nostro servizio ed accompagnamento vocazionale. La volontà di Dio
ci dà le vocazioni di cui abbiamo bisogno e noi dobbiamo restare disponibili ad aiutare coloro che
Egli sta chiamando, ma dobbiamo permettergli che sia Lui a fare le chiamate, e ai giovani che siano
loro stessi a rispondere. Noi siamo presenti per aiutare ed accompagnare, perché vogliamo che ogni
persona singola possa conoscere, amare e servire Dio nel modo che Dio ha predisposto, e siamo
sicuri che alcune di queste persone sono chiamate a questo tra le nostre file. Questa fiducia non ci
porterà a smettere di presentare la nostra vita e il nostro servizio come una forma pienamente valida
e felice di servire Dio e la sua Chiesa.
Un’altra dimensione del nostro atteggiamento nell’accompagnamento vocazionale e nella direzione
spirituale si dispone secondo queste stesse linee ed è paragonabile all’esperienza di San Giuseppe di
fronte al mistero della gravidanza di Maria, di riverente ossequio. Proprio come Giuseppe era
6 Prandini, pag. 19
78
interessato a non aver paura del piano di Dio prendendo quindi la decisione di restare nel suo
matrimonio con Maria, data la gravidanza di lei per la potenza dello Spirito Santo, così noi
dobbiamo rimanere in ossequio di fronte al mistero della chiamata di Dio alla persona che ci sta di
fronte nel nostro servizio vocazionale. Questo ossequio ci aiuterà e restare umili e permetterà a Dio
di continuare ad animare i giovani, anche attraverso di noi. Ci aiuterà anche a rimanere interessati e
implicati nella vita delle persone, poiché riconosciamo in ciascuna di esse la presenza e l’azione
dello Spirito Santo, Perché tutto questo sia possibile noi, evidentemente, ad imitazione di San
Giuseppe dobbiamo essere fedeli alla nostra chiamata e rispondere pienamente quando Dio ci fa
conoscere la sua chiamata.
In tutto ciò si trova il punto conclusivo a cui vorrei arrivare sulla disposizione di uno che fa da
accompagnatore: quella di lasciare libera di decidere la persona che si accompagna e in
discernimento. La decisione è sua propria. Mi capitò uno, ad un certo momento, quando ero
incaricato del servizio vocazionale e d’accompagnamento in California, un giovane che mi disse:
“Proprio mi dica, padre, quello che devo fare”. Se il giovane era particolarmente dotato o io ero
convinto che quella persona, uomo o donna che fosse, avesse una vocazione ad un particolare
genere di vita, specialmente per la nostra comunità, la tentazione di fare proprio questo era presente.
Tuttavia era più presente ancora alla mia coscienza la verità che se io dico alla persona che cosa
deve fare, io quindi diventerei responsabile di questo, giusto o sbagliato che sia, ed io ero proprio
nella posizione di non prendermi una tale responsabilità! Tutto considerato, come posso io
conoscere che cosa Dio sta dicendo alla persona? Io posso essere uno strumento per quello che Dio
sta dicendo – v. l’ultima parte della nostra trattazione – ma è soltanto quella particolare persona che
può conoscere la specifica chiamata che Dio gli o le rivolge, e rispondervi adeguatamente. Poiché
questo è vero, quindi noi dobbiamo lasciare alle persone di discernere la libertà, il tempo e lo spazio
con cui rispondere così come ritengono opportuno fare, anche nel caso in cui pensiamo che la
risposta è chiara. La risposta da dare non è compito nostro!
Per terminare le nostre considerazioni: che cosa noi possiamo offrire in più a coloro che stiamo
accompagnando, oltre al fatto di vivere noi fedelmente la nostra stessa vocazione? Ancora una
volta, torniamo alle Costituzioni:
…gli Oblati si adoperino nelle loro attività apostoliche a promuovere vocazioni religiose e
sacerdotali, valorizzando l’opera dell’animatore e del promotore e i mezzi indicati dal
Magistero, quali la preghiera, la direzione spirituale, la catechesi, e sopratutto la
testimonianza di vita. (Art. 86)
Qui pure, abbiamo alcune parole-chiave: le attività apostoliche l’opera dell’animatore e del
promotore, il Magistero, la preghiera, la direzione spirituale, la catechesi e la testimonianza di vita.
Poiché quest’ultima è vista come quella che ingloba nel suo significato tutto il resto, possiamo
prenderla in considerazione per prima.
Quanto era prima dichiarato riguardo alla formazione personale del servizio alle vocazioni trova qui
applicazione. Noi siamo incaricati delle attività qui descritte per custodire la nostra stessa vocazione
ma anche per offrire un esempio vivo di come andare avanti nel discernimento e nella risposta alla
chiamata di Dio. E’ questo il miglio servizio alle vocazioni e la migliore maniera possibile di offrire
l’accompagnamento vocazionale. Come dice il proverbio: “I fatti contano più delle parole”. Se
andiamo dicendo a dei giovani tutte le verità possibili riguardo alla vocazione e alla vita spirituale,
ma essi non vedono in noi delle persone che le mettono in pratica e che danno loro importanza, non
soltanto noi non li stiamo aiutando e neppure accompagnando, ma li stiamo conducendo a
rinunciare tanto alla ricerca che al discernimento allo stesso tempo. Al di là di tutto, stiamo dando
loro veramente un buon esempio!
Nota bene che una delle parole-chiave è “attività apostoliche”. Questo mostra che non è vera
l’affermazione che noi incaricati del servizio vocazionale sentiamo dire a volte da coloro che sono
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incaricati d’altri aspetti: Non ho tempo di fare questo. Al contrario, noi stiamo domandando che
s’inserisca un significato “vocazionale” a tutte le nostre attività, come parte di cosa possiamo offrire
a coloro che sono alla ricerca della loro chiamata. Lo facciamo soprattutto riconoscendo che queste
stesse attività fanno parte della chiamata di dio a noi rivolta a realizzare la nostra vocazione.
L’attività pastorale svolta nelle parrocchie, ad esempio, la si svolge come un modo di vivere la
vocazione ad essere sacerdoti e, nel nostro caso, Oblati di san Giuseppe. Noi abbiamo risposto alla
nostra chiamata, e ora la dobbiamo vivere fedelmente. L’attività apostolica fa parte del vivere in
fedeltà alla chiamata. Non dobbiamo avere paura di dichiararlo in tutta franchezza alle persone che
stiamo servendo, soprattutto ai giovani. Stiamo con loro innanzitutto non perché ci piacciono (pur
facendolo con ottimismo!) o perché vogliamo qualcosa da loro o magari vogliamo dare loro
qualcosa, ma specialmente perché Dio i ha chiamati a stare lì e noi vogliamo essere fedeli ad una
tale chiamata. Se possiamo essere d’aiuto a tutti i nostri confratelli a vivere la loro attività
apostolica in questo spirito, allora andremo veramente avanti nel creare un “clima” vocazionale
nelle nostre province, delegazioni e comunità.
Il riferimento al Magistero ci sta dando l’opportunità di affermare che noi stiamo anche offrendo un
collegamento alla Chiesa nel nostro accompagnamento. Chi viene da noi si rivolge anche alla
Chiesa. Questo è vero non soltanto perché noi siamo uffficialmente riconosciuti ed approvati come
congregazione religiosa nella Chiesa, ma perché noi siamo parte della vita e della missione di
questa Chiesa. Ed in questo noi stiamo riconoscendo che stiamo realizzano un servizio per la chiesa
intera, quando aiutiamo uno dei suoi membri a scoprire e seguire la sua stessa chiamata ad essere
parte di questa Chiesa, quella parte che solo la persona in sé, uomo o donna che sia, può vivere e
realizzare. In ogni caso, dobbiamo essere sempre più attenti e prudenti nell’accompagnare ogni
giovane nel proprio itinerario vocazionale e dobbiamo incoraggiarli a fare lo stesso a loro volta.
Infine, possiamo anche mettere a disposizione un programma di discernimento vocazionale I cui
elementi principali sono articolati nelle alter parole-chiave di questo articolo e che ci conducono
all’argomento conclusivo della nostra discussione. Prima di entrare nel discernimento vocazionale,
tuttavia, permettetemi di aggiungere qualche parola sulle disposizioni di chi è accompagnato.
Il discernimento vocazionale e la direzione spirituale: il destinatario dell’accompagnamento
La prima cosa da fare è quanto era stato detto più su riguardo alla risposta alla chiamata: il soggetto
deve essere lasciato libero di rispondere. Così davvero, tutto ciò che qui è detto può solo essere
offerto a chi è accompagnato, e può rendere più efficace e genuino l’accompagnamento vocazionale
e la direzione spirituale che le persone domandano.
Da parte nostra dobbiamo incoraggiarli innanzi tutto ad essere totalmente onesti ed aperti con noi
riguardo a ciò che pensano ed avvertono. Il nostro accompagnamento e la nostra direzione saranno
efficaci solamente tanto quanto la loro buona volontà di condividere con noi cosa sta capitando
dentro di loro e intorno a loro. In definitiva, è Dio che sta chiamando loro ed il punto centrale di
questa chiamata si trova nel loro cuore. Se noi li sosteniamo nel discernimento e nella risposta alla
chiamata, essi devono condividere con noi, nel modo migliore possibile, che cosa sta avvenendo nel
loro interno. Alcuni elementi di mistero rimarranno sempre e noi non saremo in grado di
comprendere pienamente che cosa sta avvenendo in loro; può farsi che sono loro stessi a non
intendere pienamente che cosa sta capitando in loro! Quello che, in ogni modo, è importante è di
invitarli a non cercare di convincerci della loro vocazione o a non nascondere delle cose a noi per il
fatto che noi reagiremmo male con loro. Devono invece sapere che più essi ci fanno partecipi delle
loro cose e sono con noi onesti, tanto meglio sarà, indipendentemente da cosa questo ci porterà a
dire o a pensare. Se essi sanno che noi abbiamo ben presente il loro bene, di conseguenza essi
probabilmente manterranno un atteggiamento d’onestà e fiducia nei nostri confronti.
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Essi devono anche essere incoraggiati ad avere chiaramente presente il nostro compito: stiamo
accompagnandoli, dando loro un aiuto. Noi non stiamo chiamandoli: è Dio che fa questo. Non non
stiamo rispondendo al loro posto: soltanto loro possono fare questo. Stando così le cose, quello che
noi diciamo o pensiamo è soltanto una parte dell’informazione che a loro serve per essere capaci di
conoscere e seguire la chiamata di Dio. Non è la parola finale! Perché, dobbiamo anche farglielo
sapere che noi possiamo anche sbagliarci a volte! Se diamo loro la poco felice impressione che
siamo infallibili e onniscienti, essi potrebbero di conseguenza restare indifferenti a qualunque cosa
che qualcun altro dica, o ad altri aspetti che stanno evidenziandosi nella loro vita, come senza
importanza ed irrilevanti e questo diventerebbe disastroso per il loro discernimento (come noi poi
vedremo). Il nostro apporto è importante ed essi lo sanno: tenere presente che essi ci hanno chiesto
di accompagnarli per una ragione ben precisa! Sarebbe preferibile che noi non dobbiamo
convincerli né di questo più che del suo contrario, vale a dire, che il nostro apporto non è l’unico
che essi devono prendere in considerazione.
Nella sua intervista, Riccardo Prandini espone un altro elemento di questa disposizione: l’apertura
al sacrificio. Egli dice:
…per poter educare occorre mostrare “oggettivamente”, senza alcuna captatio
benevolentiae, quali sono i valori in gioco e a quali conseguenze portano le decisioni.
Questo è fortemente fuggito dal mondo adulto che, narcisisticamente, vorrebbe presentarsi
agli occhi dei propri figli come chi è capace di aprire tutte le possibilità, tutti gli orizzonti,
senza che alcun “sacrificio” sia necessario. Ma ogni decisione è sacrificio d’ulteriori
possibilità, è la capacità di “lasciare il proprio padre e la propria madre” per formare una
nuova famiglia. Ecco allora che per rendere capaci i giovani di decidere, occorre mostrate
loro che non tutto è possibile.7
Ho trovato che quest’approfondimento è vero anche in California. Quando, ad esempio, chiedevo ai
giovani durante il ritiro spirituale di restare in silenzio per un breve periodo di tempo, come cinque
minuti, un sacrificio minimo, essi lo trovavano veramente difficile. Ma, inevitabilmente, quando
chiedevo loro di esprimere tra tutti quale parte del ritiro essi avevano apprezzato maggiormente,
molti di loro dicevano il periodo del silenzio! Nel loro cuore, essi sanno che il sacrificio è una cosa
buona e necessaria ma a loro è stato detto che non lo è da parte della società e spesso rimosso dai
loro genitori i quali non vogliono “irritare” o “scoraggiare” i loro bambini. Quante volte spesso i
bambini sentono dire dai genitori: “Puoi fare tutto quello che vuoi nella tua vita”, mentre quello che
realmente essi hanno bisogno di sentire e veramente vogliono sentire è: “Puoi fare qualcosa di
grande nella tua vita se lasci che sia Dio a guidarti e questo ti richiederà qualche sacrificio nei tuoi
desideri”. E’ proprio questa la realtà della vita e noi non siamo d’aiuto a chi viene da noi per
l’accompagnamento vocazionale e la direzione spirituale portandolo a pensare altrimenti. Prendere
delle decisioni significa sempre sacrificio e soprattutto quando la decisione è quella di seguire la
volontà di Dio. E’ Gesù stesso a chiederlo!
Riccardo Prandini, ancora:
I giovani vanno aiutati ad accedere alla condizione adulta; va loro fatto vedere, esperire,
che questa è l’età più “avventurosa” della vita, quella dove finalmente ci si gioca
interamente in prima persona, in tutte le sfere di vita. Questa per me è la sfida culturale.
Bisogna tornare a parlare di veri e propri “stili di vita”, intesi non come modi di vita
consumistici, bensì come capacità di riflettere su se stessi e di condurre una vita. Occorre
spiegare ai ragazzi che hanno una sola occasione per vivere e devono “giocarsela tutta”
senza cercare “divertimenti” assurdi, fughe della realtà, rifugi in mondi virtuali che non
esistono se non “appartati” dagli altri. La sfida educativa sta in questo. Va riscoperta la
bellezza del compiere scelte decisive, di prendersene le responsabilità, di “provarci”
7
Prandini, pg. 20
81
davvero. Solo in questo modo ci si sente davvero “persone” La capacità di riflettere su se
stessi, di giudicare cosa si è fatto durante la giornata, d’auto-correggersi, di meditare
profondamente su cosa si deve fare quotidianamente per diventare ciò che si vuole essere:
questa sorta di “esercizio dello spirito” teso a fare della propria vita un “progetto
esemplare”, questa mi pare la sfida da accettare.8
Questo ci conduce ad un aspetto conclusivo e molto importante ormai per la disposizione di coloro
che sono accompagnati, che è nell’attualità straordinariamente in linea con la nostra spiritualità.
Ricorrendo alle parole del fondatore:
In ogni momento può operarsi la nostra salute – Non disprezziamolo il momento! Oh il
valore di un momento! – in esso si consuma il peccato e si riacquista la grazia, in esso si
compie il giudizio della nostra eterna sorte. Oh Dio datemelo questo momento che sia il
primo anello di quella catena che mi deve condurre fina a Voi (Scritti, p. 19).
Abbiamo questo stesso spirito espresso nelle Costituzioni, che stabiliscono all’art. 3:
(Gli Oblati di San Giuseppe) si dedicano al servizio della Chiesa nelle forme d’apostolato
ministeriale che di “giorno in giorno la Provvidenza addita”.
Ecco cosa significa, che uno che è accompagnato deve essere incoraggiato a vedere ogni momento,
ogni evento, ogni persona, ogni circostanza, ogni cosa come un’opportunità per ascoltare la
chiamata di Dio, come un’informazione in più nel percorso del discernimento vocazionale. Questa
apertura a vedere Dio in ogni cosa era così presente in San Giuseppe che egli vedeva ed ascoltava la
chiamata di Dio persino nei suoi sogni! Questo aspetto chiave della nostra spiritualità è una parte
fondamentale ed essenziale del nostro discernimento vocazionale e, pertanto, deve essere qualcosa
che noi presentiamo come tale a coloro che sono accompagnati. Con questa comprensione,
possiamo ora passare all’aspetto conclusivo e più pratico della nostra trattazione che è il
discernimento vocazionale.
IL DISCERNIMENTO VOCAZIONALE
Consentitemi di richiamare le rimanenti parole-chiave dell’art. 86 delle nostre costituzioni: la
preghiera, la direzione spirituale, la catechesi. Queste possono essere viste come tre aree che hanno
bisogno di essere distinte da ogni processo di discernimento vocazionale. Accompagnare è un
esempio di un tale processo, torniamo ancora a San Giuseppe, questa volta durante il suo periodo in
seminario. Considerando a cosa si riferiscono i suoi scritti spirituali, troviamo il sentiero della sua
crescita spirituale e, poiché svolto mentre si trova in seminario, del suo discernimento vocazionale.
Noi possiamo proporre questi passi a coloro che si rivolgono a noi per un aiuto nel discernimento
vocazionale, come strumenti che potranno loro essere utili in un tale discernimento e, allo stesso
tempo, aiutarli a capire il nostro fondatore e ad entrare maggiormente nel suo spirito, quindi nella
spiritualità della congregazione.
La preghiera e il discernimento vocazionale
Abbiamo già parlato riguardo alla necessità della preghiera nello scoprire la nostra vocazione. Ora
dobbiamo procedere ad indicare le forme e i tipi di preghiera, così come quando e per quanto tempo
pregare.
Il seminarista Giuseppe Marello presenta vari tipi di preghiera nelle sue pratiche di pietà quotidiane.
Vi sono preghiere formali (i salmi, il rosario, le giaculatorie, etc.) e preghiere informali (la
meditazione, altri momenti di “renda lode e gloria a Dio”9) e, soprattutto, la liturgia (la celebrazione
9
Norma Agendorum, November 15, 1866, Scritti, pg. 24
82
eucaristica e la liturgia delle ore). Aggiunge anche le visite al Santissimo Sacramento come
opportunità e questo pensiero: “La preghiera è mezzo sicuro di perfezionamento. Essa dovrà
pertanto considerarsi come il substrato di tutte le nostre azioni”10 Si tratta di una disposizione alla
preghiera importantissima per uno in discernimento vocazionale perché indica che in tutto ciò che
io faccio l’unione con Dio è possibile e necessaria. Essere uniti a Dio significa, tra l’altro, ascoltare
la chiamata di Dio. Ogni cosa, pertanto, e ogni momento diventano un’occasione per la preghiera
(senza mettere da parte i tempi stabiliti per la preghiera).
Le nostre costituzioni lo stabiliscono in questo modo: “(Gli Oblati) coltivino con assiduità lo spirito
di preghiera e la preghiera stessa…” (art. 10).
Il pensiero conclusivo indica quando il seminarista Marello pensava fosse ottimo pregare: sempre!
Tuttavia, egli stabilisce anche alcuni tempi speciali per la preghiera, quali:
• Alla sveglia del mattino il primo pensiero dovrà darsi a Dio..
• Alla Messa non sarà mai che mi dimentichi di recitare il Miserere, il Laudate…
• Al pranzo, raccoglimento nella benedizione e attenzione alla lettura..
• In scuola poi domandiamo la grazia dello Spirito Santo e farà essa..
• Terminata la giornata, prima di entrare nel letto, Esame rigoroso di coscienza, Recita del
Salmo Penitenziale Miserere prostrato sulla nuda terra, Atto di proposito, Invocazione della
Vergine affinché ci ottenga la purità degli affetti, Invocazione degli Angeli e dei Santi,
Raccoglimento e riposo.
• Prima di addormentarmi Quattro versicoli del testamentino da ruminare. Ecco la giornata
Cristiana, la giornata del Chierico.11
Possiamo quindi indicare a coloro che sono in discernimento vocazionale di riservare dei tempi
particolari alla preghiera, in modo speciale la mattina, il mezzogiorno e la sera prima di
addormentarsi. Essi devono allo stesso tempo cercare di raggiungere lo “spirito di preghiera”,
poiché, come abbiamo ribadito, ciascun momento è un’opportunità per ascoltare la chiamata di Dio.
La direzione spirituale e il discernimento vocazionale
Abbiamo già osservato che la direzione spirituale, qualcuno che ci accompagna nel nostro itinerario
spirituale, è un qualcosa a cui ci dovremmo rendere disponibili per tutta la durata della nostra vita.
Evidentemente, un tale aiuto è necessario durante il discernimento vocazionale, anche perché aiuta
la persona in discernimento a vedere questo come una parte del suo itinerario spirituale e non come
un evento qualsiasi, separato, isolato da tutto il resto: la vita è un itinerario spirituale! Che la stessa
persona possa agire sia come direttore spirituale sia come aiuto vocazionale è interessante, ma non
vogliamo noi fissare quest’idea della direzione spirituale nel discernimento vocazionale, solamente
alla nozione limitata alla presenza di un’unica persona che offre il suo aiuto. Invece, siamo dell’idea
di incoraggiare coloro che sono in discernimento a cercare e trovare aiuto in ciascuna persona e
ciascuna cosa che essi incontrano durante il loro periodo di discernimento.
Uno dei modi più importanti di cercare aiuto all’esterno è di domandarlo. Ossia, coloro che sono in
discernimento vocazionale non dovrebbero opporsi al fatto di chiedere un tale aiuto alle persone
importanti della loro vita, soprattutto ai genitori, ai membri importanti della famiglia e ai parenti,
agli amici buoni e a noi vicini, così come ad altri che sono in discernimento (magari costituendo un
gruppo), interrogandoli sulla vocazione alla quale Dio può averli chiamati.
Riccardo Prandini assicura che questo sarà d’aiuto anche a loro stessi, ad evitare che stiano
eccessivamente isolati o egocentrici nel prendere la loro decisione:
10
11
Regola di Vita, near January 12, 1867, Scritti, pg. 25
From Norma Agendorum, Regola di Vita, and Confessions (January 21, 1868, Scritti, pg. 30)
83
Essere adulti vuol dire che ora sono “Io” a dover decidere (anche per altri) e che nessun
altro può farlo al posto mio. La difficoltà sta nel non confondere questa
responsabilizzazione con l’egocentrismo, l’isolamento e l’individualismo. È evidente che Io
sono quella persona, che prende proprio quelle decisioni, perché sono anche “figlio di”,
“marito/moglie di”, “genitore di”, “amico di”, collega di lavoro di”, ecc.; ma sono Io che
devo saperle prendere quelle decisioni.12
Perciò, essi devono ascoltare quello che gli altri pensano e sentono riguardo alla loro decisione
vocazionale e fare e passare quella parte d’informazione che Dio sta dando loro nel compiere questa
decisione. Sono essi a prendere la decisione su loro stessi, ma essi non possono prenderla senza
chiedere e ricevere questa particolare assistenza spirituale.
E’ presente un altro aspetto della direzione spirituale qui, che è la parte più rilevante dell’agenda
spirituale del seminarista Giuseppe Marello: l’esame di coscienza.
• …prima di mettermi a letto, riepilogo delle azioni fatte nella giornata collo scritto …
• Terminata la giornata, prima di entrare nel letto, Esame rigoroso di coscienza.
• In primo luogo mi è utile proporre un esercizio quotidiano col quale io annoti ogni mio
singolo peccato e lo emendi, affinché con l’andare del tempo io sia in grado di conoscere e
valutare I miei doveri e nutra una conveniente avversione verso tutti I peccati, giacché sono
ostacoli che si oppongono alla mia felicità. Amen.13
• Non lasciar rampollare un pensiero in mente che non sia passato sotto la revisione della
coscienza…
Un tal esame si svolgeva per lo più alla fine della giornata, e comprendeva anche ciò che noi oggi
chiamiamo la “riflessione sulla giornata”, ma doveva essere fatto anche in altri momenti del giorno.
Nella nostra congregazione abbiamo la tradizione di svolgere quest’esame la mattina, durante la
giornata e la sera. E’ bene che quest’esercizio si trasmetta a coloro che sono in discernimento
vocazionale, così che possano evidenziare come Dio sta agendo nella loro vita, anche in momenti di
debolezza o di peccato. Possiamo qui rilevare ancora quella “teologia del momento presente” più su
richiamata. Ho registrato questo anche come pratica per sviluppare un “cuore che ascolta” la
presenza di Dio. Perciò desideriamo noi descrivere tutto questo, e ciò che implica è d’essere
vigilanti su tutto ciò che sta succedendo intorno a me ed in me e di provare a discernere cosa Dio mi
sta dicendo attraverso questi avvenimenti: perchè, sicuramente egli mi sta dicendo qualcosa! In
definitiva, è lo Spirito Santo l’unico vero direttore spirituale, ma lo Spirito ricorre a molti modi
differenti per impartire la sua direzione.
Un’altra cosa da notare qui è il bisogno del silenzio. Se pensiamo di essere in grado di avvertire ed
ascoltare la voce di Dio, specialmente nei momenti d’esame di coscienza e di revisione di vita, il
silenzio è un dovere. Per il seminarista Marello, era proprio così: “Al fine di allontanare
possibilmente tutte le distrazioni delle preghiere entrando in Chiesa s’impone rigoroso silenzio alla
mente ed al cuore”14. C’è inclusa qui anche la mortificazione dei sensi e dei desideri. Una tale
disciplina è presentata attraverso tutti gli scritti ascetici e senza dubbio ha contribuito ad attribuire
loro un titolo di questo genere. Oggi nel nostro tempo è veramente importante imprimere tutto
questo su coloro che sono in discernimento, soprattutto perché la cultura che ci circonda incoraggia
proprio a fare il contrario come abbiamo più su osservato. Dobbiamo aiutare proprio loro a vedere
ciò che il Marello vedeva e a credervi:
12
Prandini, pg. 19
Nota di Coscienza, 22 Novembre 1867, Scritti, pp. 26-27; le restanti citazioni dale fonti già citate.
14
Regola di Vita, Scritti, p. 25
13
84
Oh qual grande vittoria se mi bastasse l’animo di combattere davvero le ridicule pretensioni
dell’amor proprio. E’ uno spettacolo degno degli uomini e degli Angeli l’uomo che in ogni
circostanza è padrone di se stesso (Confessioni, Scritti, p. 30).
La catechesi e il discernimento vocazionale
Quello che intendiamo qui per catechesi non è soltanto – né pur necessariamente - ricevere
l’istruzione formale riguardo alla fede e al discernimento. Questo è certamente possibile e può
essere necessario. Quanto stiamo qui indicando è lo studio della storia, della teologia e della realtà
attuale della chiamata di Dio. Disponiamo perciò di alcune fonti, la più importante delle quali è la
sacra Scrittura. Giuseppe Marello da seminarista, in un tempo in cui lo studio della Scrittura non era
nemmeno una parte specifica della formazione seminaristica, comprese l’importanza della
conoscenza e della familiarità con la parola di Dio:
• …lettura delle lettere di S. Paolo o dei proverbi e libri sapienzali nei ritagli di tempo....
• L’interpretazione di questa regola si cercherà nella meditazione quotidiana della vita di
G.C. che si è fatto Maestro di tutti e specialmente di noi suoi discepoli eletti.
• Prima di addormentarmi Quattro versicoli del testamentino da ruminare.15
Coloro che sono nel discernimento devono avere un incontro quotidiano con la parola di Dio,
certamente a Messa, ma anche nel tempo personale, in privato. I gruppi di studio biblici sono
raccomandabili ed i commentari biblici sono utili, ma quello che essi dovrebbero cercare di fare in
definitiva è di rimanere soli con la parola di Dio e che essa parli loro nell’ambito della loro
esperienza quotidiana. Essi dovrebbero familiarizzarsi tanto con la parola di Dio, che questa
cominci a venire fuori spontaneamente dalle loro labbra (pur anche senza il capitolo e il versetto!).
Non c’è guida più sicura che possa aiutarli a conoscere la volontà di Dio della parola di Dio stessa.
Essi, inoltre, incontreranno come altri hanno cercato di conoscere e seguire la chiamata di Dio,
studiando le storie dei patriarchi, dei profeti e del popolo d’Israele nell’Antico Testamento, e quelle
degli apostoli e dei discepoli della chiesa primitiva nel Nuovo Testamento. Soprattutto, in
particolare, essi devono imparare a conoscere e seguire l’esempio “della vita di G.C. che si è fatto
Maestro di tutti e specialmente di noi suoi discepoli eletti”.
Lo studio della fede e della vocazione comprende anche altri tipi di letture, e non limitate ai mezzi
specificamente spirituali e vocazionali. Lo ripetiamo, ogni cosa ed ogni momento è un’opportunità
per conoscere la volontà di Dio. Se qualcuno offre un libro da leggere, lo si legga: Dio ti sta
offrendo questo, almeno come possibilità. Se ti si presenta un libro come qualcosa d’improvviso e
inaspettato, leggilo: è più facile che ti sia dato da Dio. Questo riconoscimento, dell’importanza della
lettura spirituale, è presente negli scritti di Giuseppe Marello da seminarista e comprende gli studi
scolastici in seminario:
• Lettura libera prima di prender sonno …perseveranza nella lettura, modo nella
distribuzione dei libri, regolarità nello studio della Teologia Diritto Canonico ed eloquenza.
• Impiegar regolarmente lo studio nel disimpegno dei doveri scolastici e trar partito rigoroso
dei briccioli di tempo…
• In ricreazione possibilmente appartato o con qualche libro in cui si possa ricavar
qualcosa.16
Per completare quanto indicato, possiamo aggiungere i gruppi di lavoro, le conferenze, i vari corsi –
brevi o lunghi che siano -, i gruppi di studio, i gruppi di discernimento vocazionale – che abbiamo
anche preso in considerazione sotto la direzione spirituale – ed ogni genere d'esperienza che porti
con sé qualche elemento d’istruzione – e specialmente quelle esperienze che avessero un tema
15
16
Ibid, Norma Agendorum, Regola di Vita e Confessioni.
Ibid.
85
vocazionale particolare. Un tale aspetto catechetico sarà d’aiuto a coloro che sono nel
discernimento, a rendersi conto che loro non sono I primi e nemmeno gli unici ad essere chiamati
ma che sono parte di una lunga tradizione e di un intero popolo chiamato a conoscere, amare e
servire Dio attraverso la costruzione del suo Regno.
CONCLUSIONE
Si potrebbero certamente aggiungere altre cose ancora a quelle da me condivise con voi qui, ma qui
noi abbiamo soltanto questo tempo a disposizione… e, tra l’altro, sarebbe bello ascoltare quel che
tutti voi pensate al riguardo! Voglio terminare con due altri pensieri di San Giuseppe Marello: uno
dalle sue “Confessioni” del 1868, e un altro, già ricordato dai sui consigli a Bice Graglia, quella
giovane che era in discernimento riguardo ad una sua chiamata alla vita religiosa. Credo che queste
citazioni riassumono bene quanto stiamo offrendo e presentando come una sfida a tutti quei giovani
che si rivolgono a noi per un accompagnamento vocazionale, la direzione spirituale e un
discernimento vocazionale.
Ecco dunque I due perni del pensiero: uno negativo che consiste nella repulsione di tutto ciò
che è pericoloso, l’altro positivo che è quello di dar continuo impulso alla volontà affinché
metta in moto a sua volta le potenze attive. Tutto accenna ad una sublime economia che
dovrà avere il suo sviluppo finale in cielo; non smarriamo[ci] adunque delle difficoltà che ci
attraversino il cammino. Il più è muover il primo passo; dopo la gamba andrà avanti per se
stessa. Riepiloghiamo. Vigilanza continua del pensiero se le nostre azioni sono conformi
alla regola che ci siamo imposta, sforzo continuo onde poter ridurre la nostra volontà al
suo ufficio. Iddio che è via, verità e vita sarà esso al principio del nostro cammino, ci
insegnerà il modo di batterlo e ci accompagnerà al cielo – via veritas et vita. Amen. 17
Due cose sono necessarie: essere totalmente distaccata dal mondo ed avere un vivo
desiderio di consacrarsi a Dio ed al suo santo servizio.
In un tale spirito, questo è il pensiero conclusivo: il discernimento vocazionale è semplice. Il che
non significa che sia facile! Semplice significa, che è proprio al centro del nostro essere che Dio ci
sta chiamando e così sta facendo da sempre. Significa rendersi conto che la chiamata fa, dunque,
veramente parte della nostra natura, è qualcosa con cui noi stessi siamo nati e abbiamo soltanto da
rendercene conto. Non ci serve portare la minima cosa dal nostro esterno a questo punto né
inventare nulla al proposito. Dio ci ha dato tutto ciò che ci occorre. A noi serve solamente renderci
conto di questo e farne un corretto uso. Ora, tutto ciò può essere difficile da mettere in atto ma non
complicato, solamente audace. Così, come San Giuseppe Marello suggeriva alla Signora Graglia,
noi stessi facciamo un gran servizio a coloro che sono in discernimento vocazionale, quando
ripetiamo loro: “Calma”! Dio ti sta rivelando la tua volontà e continuerà così. Continua solo a
restare aperto e vigilante, attento e fiducioso, e Dio te lo farà sapere secondo i suoi tempi, che sono
sempre in ogni modo i tempi migliori di tutti; ed Egli ti accompagnerà in ogni modo, ed è Lui ad
essere sempre il migliore tuo compagno.
17
Scritti, p. 31
86
5.
Pastorale vocazionale: Sfide pastorali
(Dott. Giorgio Manalel V.C. Prof. Seminario Pontificio St. Joseph, Mangalapuzha, Alwaye)
La pastorale vocazionale è emersa nei recenti anni come una pastorale valida ed accettata nella
Chiesa, dovuto anche a una nuova maniera di intenderla, che ha il suo fondamento nel modello
dell’invito offerto da Gesù nel Vangelo. Basta leggere i Vangeli per vedere che Gesù non aveva
difficoltà a invitare persone a seguirlo. I suoi inviti sono chiari e concisi:
1. Seguitemi, vi farò pescatori di uomini (Mt.4, 19).
2. Seguimi (Mt. 9,9).
3. Venite e vedrete (Gv. 1,39).
Inoltre Gesù fa conoscere chiaramente ai suoi discepoli quello che si aspetta dai suoi seguaci:
"Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Chi vorrà
salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà" (Lc 9, 23-24).
"Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, tu va’ e annunzia il Regno di Dio" (Lc 9,60).
Che tipo di risposta incontrava l'invito di Gesù? I Vangeli ci fanno vedere risposte diverse: Pietro ed
Andrea abbandonarono le loro reti e divennero i Suoi seguaci, come fecero anche Giacomo e
Giovanni (Mt. 4,20-22); il giovane ricco andò via triste a causa dei molti beni posseduti (Mt. 10,22).
Le risposte all’invito di Gesù sono diverse, perchè Egli sempre permise all'individuo di rispondere
liberamente. Quello che è evidente è che Gesù non lasciò mai occasione di fare l’invito, nonostante
le risposte negative ricevute. Per Gesù, quello che è importante è che ognuno sia invitato a seguirlo
per proclamare il Regno. Risposte negative, anche se momentaneamente scoraggianti, non devono
farci smettere di annunciare la chiamata, perché tutti meritano l'opportunità di essere chiamati e di
poter rispondere. Ciò è di somma importanza per ogni cristiano.
Pastorale vocazionale: Continuando l'invito di Gesù
Cosa significa per noi religiosi l'invito perenne di Gesù? Come uomini e donne che abbiamo
fatto scelte di vita per il Regno, e che abbiamo condiviso la vita del Regno? Gesù predicò che anche
noi dobbiamo invitare altri ad accogliere il Regno. Come uomini e donne che hanno sperimentato
Gioia e Pace e Vita in queste scelte, pur insieme a fatica e dolore, possiamo fare l’invito con la
stessa fiducia di Gesù, perché anche noi conosciamo il carico e i doni del Regno. In un mondo nel
quale le persone, specialmente i giovani, cercano significato per la loro vita, dove molti vivano nella
confusione causata da crisi di ogni genere, noi che abbiamo ricevuto la promessa della vita eterna
del Regno abbiamo la responsabilità di condividere questo dono con gli uomini e le donne di questo
mondo. Nel nostro servizio alla vocazione sacerdotale e al suo sviluppo, cioè, alla sua nascita, al
discernimento e alla cura di ogni vocazione, possiamo trovare un modello in Andrea, uno dei primi
discepoli di Gesù. Andrea condivise con il fratello Pietro quello che era accaduto in lui: "Abbiamo
trovato il Messia" e porta Pietro a Gesù (Gv. 1, 42). In un certo senso, questo è il cuore di tutto il
lavoro pastorale della Chiesa in favore delle vocazioni (Pastores Dabo Vobis, 38).
Purtroppo, questo modo di fare pastorale vocazionale non è capito da molti religiosi, e di
conseguenza li trattiene dal sostenere gli sforzi vocazionali delle loro comunità, e più importante,
dal sentirsi coinvolti in questi sforzi. Una delle ragioni per questo atteggiamento negativo è che
molti religiosi identificano la pastorale vocazionale come 'reclutamento' e, di fatto, la persona che fa
questo lavoro qualche volta è chiamata 'reclutatore'. Il suo lavoro è scoprire ed elencare persone che
sembrano adatte per la sua comunità religiosa. Questo concetto non va d’accordo con la condotta di
Gesù nei Vangeli, quando invita persone a seguirlo. Il termine più adeguato è “pastorale
vocazionale”. Così questo compito non è più primariamente un servizio alle necessità della
Congregazione, ma servizio alle necessità delle persone con le quali l’animatore vocazionale entra
in contatto, con le persone che egli aiuta a scoprire come, dove e con chi Dio le chiama a costruire il
87
Regno. Il fine della pastorale vocazionale è assicurare che le persone scoprano a che cosa Dio le sta
chiamando. Il programma del lavoro vocazionale non é più diretto alla Congregazione, ma a Dio.
La pastorale vocazionale è responsabilità di ogni religioso: essa non proviene dalla
preoccupazione per il futuro della vita religiosa, ma piuttosto dal fatto che ognuno di noi nella vita
religiosa ha ricevuto un grande e meraviglioso dono, che dev’essere condiviso con gli altri. L’invito
alla vita religiosa ci è dato nel contesto del Regno, perché abbiamo conosciuto il Regno nella nostra
vita e nel nostro ministero; ora invitiamo altri a a fare la stessa esperienza. La pastorale vocazionale
non è mossa da necessità di reclutamento per una particolare Congregazione; altro non è che un
invito a far parte del Regno di Dio, realtà di cui noi, come religiosi, dobbiamo preoccuparci.
La filosofia della pastorale vocazionale
La pastorale vocazionale non è semplicemente questione di quante persone entrano ogni anno in
una Congregazione religiosa. Si tratta piuttosto del significato della nostra stessa vocazione – come
viviamo la nostra chiamata individuale e quanto è grande il nostro desiderio di corrispondervi. È
questo che, a tempo opportuno, determina la nostra abilità di attirare o invitare altri ad associarsi a
noi nella nostra missione.
1. Se da un lato ha un suo scopo, una propria direzione e una forma sua particolare, dall’altra la
pastorale vocazione si connette con ogni aspetto della vita di una Congregazione religiosa. Prendere
parte alla pastorale vocazionale è essenzialmente stabilire e nutrire relazioni. Vocazioni ad una
Congregazione religiosa non nascono nel vuoto. Si sviluppano attraverso il contatto personale con i
membri individui, con le comunità locali e con le parrocchie. La fedeltà nel mantenere relazioni con
ex-alunni, con i colleghi e con le persone che incontriamo nel nostro ministero, è la chiave per
suscitare vocazioni. Questo esige apertura e disponibilità – la buona volontà di condividere la nostra
vita, la nostra casa e la nostra preghiera con gli altri.
Gli effetti degli sforzi vocazionale vanno ben oltre una particolare Congregazione. La pastorale
vocazionale affetta tutto il popolo di Dio. Perciò, tutti ci si devono impegnare, investendo tempo,
personale e soldi, necessari per il nostro futuro collettivo. Preghiera personale e comunitaria,
discernimento e apertura ai segni dei tempi sono componenti essenziali di qualsiasi programma di
pastorale vocazionale.
La pastorale vocazionale sarà credibile, nella misura in cui pratichiamo quello che predichiamo.
Il nostro stile di vita, la speranza e la gioia della nostra vita avranno un effetto profondo nei nostri
sforzi pastorali. Se i giovani sono invitati a venire e a vedere la nostra vita, ci deve essere una
correlazione evidente tra la vita a cui sono attratti e la vita che noi stiamo vivendo e proponiamo
come esempio. I nostri comportamenti in fatto di ospitalità, così come la capacità di accettazione di
persone ed esperienze diverse dalle nostre, dicono chi siamo e lo dicono più forte qualsiasi
pubblicità.
Infine, se invitiamo qualcuno perché possa "venire e vedere", dobbiamo poi essere visibili; non
solo lo stile di vita che facciamo, ma anche l’ambiente in cui viviamo ha un impatto sugli altri e
stabilisce il grado della nostra abilità di sviluppare relazioni con persone potenzialmente attirate alla
vita religiosa. Oggi, religiosi e religiose non sono visibili; come possiamo diventare più visibili e
più accessibili è una domanda degna della nostra riflessione.
2. La pastorale vocazionale deve essere relazionata continuamente con la Chiesa e il Mondo, e
questo richiede che si apprezzino e si conoscano queste realtà nella loro attualità.
Ci sono tre punti da considerare, nello sforzo di capire il mondo contemporaneo. Sono:
o Le realtà del mondo nel quale i candidati sono cresciuti.
o Le realtà del mondo da cui attualmente provengono.
o Le differenze esistenti tra queste realtà e quelle della generazione di chi è già
all'interno della Congregazione.
A. In che mondo-ambiente è vissuta la persona nei suoi anni formativi?
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Tecnologia, materialismo, stress, ..., hanno creato nell’individuo un ethos che le
generazioni precedenti non conoscevano. L'impatto di questi e di molti altri fattori storici
non può essere dimenticato, mentre uno fa pastorale vocazionale con questa generazione.
B. Come è il mondo di oggi da cui vengono i candidati alla vita religiosa?
L’attuale disgregazione presente nella vita famigliare, l'abuso di droghe e l'influenza
molto estesa dei movimenti femministi e di liberazione “gay” sono alcune delle difficoltà
presente oggi nella vita dei giovani. Devono essere tenuti presenti, quando vorremo
esplorare le motivazioni e gli ostacoli che fanno parte della scelta vocazionale di oggi...
C. Per una pastorale vocazionale effettiva in India, mi permetto di aggiungere qui alcuni
fattori socio-culturali, che ritengo importanti:
Varie indagini scientifiche condotte in India tra i laici sull'immagine dei preti presentano
il fatto di una seria crisi di credibilità per un numero enorme di preti oggi. Molte persone
non considerano i preti come autentici uomini di Dio ed esempi di integrità. Il consumismo e
il materialismo sembrano avere fatto incursione nel loro modo di vivere e nei loro valori. Il
ministero sacerdotale è ridotto a una carriera o a un mero lavoro sociale, quando nel
sacerdote manca una visione di fede o un senso missionario.
Individualismo, mediocrità, mancanza di preparazione intellettuale e di qualità di
servizio sono altre malattie, che stanno effettando il clero. L’autorità esercitata dai preti
tende ad essere, più che altro, funzionale e manageriale. La necessità attuale è che essi
tornino ad essere modelli di buona condotta di vita cristiana e che possano animare la
comunità cristiana, per rispondere creativamente e profeticamente alle richieste del Vangelo
nel mondo di oggi.
I Cambiamenti sociali fra i Candidati in India, oggi
1. Le famiglie cristiane in India ancora sono permeate di fede e di valori evangelici. Ci sono
vocazioni anche dalle famiglie con pochi figli.
2. I candidati di oggi sono amichevoli e socievoli, spontanei ed estroversi.
3. Sono influenzati moltissimo dalla cultura dei media, audio-visuale ed elettronica.
4. In grande maggioranza provengono dai ceti economicamente più deboli della società, da
famiglie medie e grandi, di tipo rurale, dove il sacerdozio gode ancora di posizione sociale.
5. Pochi, tra i giovani che riescono bene negli studi, sono attirati al sacerdozio.
6. La motivazione per la scelta vocazionale del sacerdozio è molt varia e ambigua.
7. Per la gioventù moderna silenzio, ritiro, studio, preghiera, lettura, ecc., sono realtà poco
piacevoli: nel rumore e nell'attivismo si sentono a casa loro.
8. I candidati moderni mancano di forza interna a livello psicologico e spirituale per affrontare
critiche, opposizioni, fallimenti, stress emotivo e psicologico; e perciò facilmente cadono nel
malumore e nello scoraggiamento. Sembrano avere un complesso di autorità, inferiorità,
paura ed aggressione passiva.
9. Alcuni dei candidati sono cercano una buona istruzione e il dominio della lingua inglese, per
migliorare più tardi le loro prospettive di lavoro.
10. I candidati che vengono dalle famiglie più piccole spesso sono stati troppo protetti dai loro
genitori. Trovano, quindi, difficoltà con la disciplina, con il lavoro duro, con lo spirito di
sacrificio, con la necessità di perseveranza nelle prove e nelle fatiche.
11. Molti di loro hanno già avuto esperienze sessuali: abusi e condotta sessuale disordinata
portano con sé complessi di colpa a livello morale e psicologico.
12. Molti di loro vengono da famiglie con gravi problemi di dipendenza (alcolismo) e di salute
mentale.
89
13. Crollano facilmente sotto le pressioni del gruppo sociale di appartenenza; di conseguenza
non sono capaci di difendere convinzioni e valori personali.
14. Spesso, l’ambiente delle case di formazione sembra perpetuare fra i seminaristi
un'adolescenza prolungata e loro l'esercizio responsabile della libertà.
15. La formazione, come è impartita attualmente, sembra rivolgersi alla crescita accademica e
non aiuta realmente la crescita emotiva dei candidati. Di conseguenza, molti sacerdoti,
nell’esercizio del ministero, rivelano seri problemi emotivi e di personalità.
16. Non sempre hanno trovato nei sacerdoti e formatori conosciuti dei veri modelli di sano
comportamento. Ciò che spesso provoca in loro molte disillusioni.
17. I formatori moderni sono di certo meglio qualificati dal punto di vista accademico, ma
sembrano mancare di competenza e di abilità nell’accompagnare i formandi nel loro
cammino interiore.
Tenendo conto di questi cambiamenti fra coloro che si presentano come candidati al sacerdozio
e alla vita religiosa, c'è senza dubbio bisogno di avere un approccio più professionale nella loro
selezione.
Qualche suggerimento
1. Per una pastorale vocazionale effettiva bisogna essere preparati, prima di farla. Qualsiasi
genere di pastorale presuppone una certa abilità fondamentale e dei doni nel ministro: abilità
nel relazionarsi bene con una grande varietà di persone; e poi doni di comunicazione, di
discernimento e di autorità. Entrando nel discernimento dei candidati, particolarmente
attraverso interviste profonde, chi ha queste doti dovrebbe essere favorito. Una fondazione
basica in materie come psicologia dello sviluppo, dinamica psico-sessuale e discernimento
spirituale dovrebbe essere considerata essenziale per questo ministero.
2. Lo sviluppo della pastorale vocazionale nella vita di una Congregazione, Provincia o
Comunità è un lungo cammino. Richiede pazienza e coraggio morale. L'assenza di risultati
immediati, nei candidati o nell'atteggiamento di appartenenza, può essere scoraggiante.
3. L’educazione dei confratelli alla responsabilità per le vocazioni è di prima importanza in
qualsiasi progetto di pastorale vocazionale. Questo può essere realizzato attraverso vari
mezzi, dipendenti dalle possibilità. Scrivere lettere alle comunità per chiedere aiuto, inviare
bollettini che riportano attività ed informazioni vocazionali: tutto può essere utile. Ma anche
uno schema di preghiera per le vocazioni, spedita a ogni confratello, può essere un modo
effettivo per dare ad ognuno qualche cosa da fare per le vocazioni.
4. L’animatore vocazionale deve sempre trovare nuovi modi per favorire l'aiuto degli altri. È
probabile che l’animatore scelga un referente in diverse aree geografiche o in ogni comunità.
Un’equipe vocazionale, per aiutare nella progettazione e nell’organizzazione delle attività,
così come ripartire le responsabilità per l’esecuzione delle stesse, può essere un altro modo
per far partecipare più membri a questa pastorale.
5. La pastorale vocazionale può stancare ed esaurire molto presto le persone coinvolte. Per
questo l’attenzione alla salute fisica, spirituale e psicologica della persona che intraprende
questo ministero deve essere una priorità alta per tutti.
90
6.
Comunità di accoglienza: cammino per il Seminario
(P. Mario Guinzoni, OSJ)
“Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galileia, alla loro
città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra
di lui” (Lc 2,39-40).
INDICE
1)
2)
3)
4)
5)
6)
Presentazione
Dalla comunità ecclesiale - parrocchiale alla comunità di accoglienza
Caratteristiche di una comunità di accoglienza vocazionale.
Casa di accoglienza giuseppina.
Cammino verso il seminario.
Conclusione.
Bibliografia.
Presentazione
I disegni di Dio mi hanno riportato in Italia, per tre anni, dopo 35 vissuti in Brasile. Alba è la
comunità giuseppina che oggi mi accoglie, e anche se continuo ad appartenere giuridicamente alla
Provincia Nossa Senhora do Rocio del Brasile, è ad Alba che Dio mi vuole, in questo momento
speciale della vita.
Alba è la terra dei vini prelibati: Dolcetto, Barolo, Nebbiolo, Barbaresco, Barbera…Assaporarli
è senza dubbio gustoso al palato. Questo mi ha aiutato a capire meglio come abbordare il tema di
oggi: “le comunità di accoglienza vocazionale, cammino per il seminario”. Ho capito che devo far
“assaggiare” a tutti noi, “un vino buono”, speciale, forse ancora poco conosciuto. Dobbiamo
assaggiarlo noi, prima, convincerci che è buono, e solo allora potremo far assaggiare ai giovani
l’esperienza comunitaria giuseppina e dire loro quello che Gesù disse ai suoi primi apostoli: “Venite
e vedrete” ( Gv 1,39).
La Chiesa Cattolica, non solo in Italia, sembra lavorare nella pastorale vocazionale, a livello di
giovani e a livello di adolescenti, come anni fa, innovando poco. Però ci sono intorno a noi grandi
cambiamenti: l'età media della popolazione si è notevolmente innalzata, il tasso di natalità tende a
ridursi, anche al di fuori della cerchia Europa-USA, sia pur in proporzioni differenti in relazione a
certi Paesi dell’America Latina. La società post-moderna cambia, anzi potremmo dire che è una
società in continuo cambiamento e lo stile di vita di pochi decenni or sono sembra risalire a un
passato remoto. Nel mondo occidentale diminuiscono fortemente i giovani, e le famiglie con
almeno due figli sono quasi una rarità. Senza contare che nascono altri tipi di unioni coniugali,
come la convivenza, e addirittura l’unione “part time”. I figli, poi, vengono su viziati, hanno tutto.
In questo mondo, l’idea che un ragazzo di 16-20 anni possa entrare in seminario è, oggi, un evento
straordinario. Il giovane rimane incapace di “consegnarsi”, di fidarsi di Dio, di giocare una partita
con alcuni rischi propri della fede, anche per causa di un’adolescenza interminabile, che rimanda le
scelte a lungo negli anni. Poi, anche nei paesi in cui le vocazioni sono ancora prevalentemente
rurali, bisogna fare attenzione: anche in ambiente rurale, l’urbanizzazione e la globalizzazione
91
camminano alla velocità della luce. C’è da dire poi che la vera crisi forse non è tanto, né solo
vocazionale, quanto anche di vera animazione (soprattutto in alcuni paesi): quella che spesso
vediamo è dettata da timori, da una paura velata, o da sfiducia dichiarata, con troppe titubanze e
reticenze. Bisognerebbe in un certo senso “chiamare” prima quelli che hanno il compito di
chiamare! Ecco perché è vero quello che Amedeo Cencini afferma nel suo libro “Chiamò a sé quelli
che volle” (Paoline 2003): “Sembra scattare un triplice meccanismo riduttivo:
9 tutti sono chiamati, ma non a tutti abbiamo il coraggio di rivolgere l’invito (prima
riduzione);
9 di questo gruppo già ridotto, solo pochi sono aiutati a confrontarsi seriamente con la
chiamata (seconda riduzione);
9 di questi, di fatto, solo pochissimi rispondono (terza riduzione).
Questa è la fotografia in bianco e nero, non dell’attuale crisi vocazionale, ma della crisi
dell’animazione vocazionale”.
Il Documento del Congresso Europeo sulle vocazioni al n. 35 parla, sulla stessa linea, di
“aborti vocazionali”. Ossia: vocazioni ci sono, siamo noi operatori vocazionali a non osare:
“facciamo diventare il diavolo più brutto di quello che è” (proverbio brasiliano, per dire che
aumentiamo le difficoltà in forma smisurata!) e non osiamo di più. E vale ancora ricordare quello
che la CEI già nel 1999 diceva nel documento: Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita
consacrata nella comunità cristiana:“Pregate, testimoniate, evangelizzate, chiamate!”
Appare evidente quanto sia necessario dare risposte più soddisfacenti ai giovani che sono
all'autentica ricerca di Dio. Una di queste risposte è la “comunità di accoglienza vocazionale”.
Esistono esperienze in corso, sulle case di accoglienza, già “descritte” e la mia ricerca ha
approdato a qualche risultato. Ci sono altre però in andamento, non ancora trascritte in forma
organizzata, in libri e riviste. Stiamo parlando di un sentiero nuovo, o quasi, per lo meno per noi
Oblati. Per chi ne ha l’esperienza, aprire un sentiero nella foresta non è sempre facile: ci vuole un
pizzico di avventura; è faticoso, richiede tempo, coraggio e molto sudore, se si vogliono superare
davvero gli ostacoli e affrontarne i pericoli. Ma, diceva Ghandi: “la gioia è nello sforzo, nel tentare,
nella sofferenza per riuscire nell’intento, non nella vittoria propriamente detta”.
Questo nostro tema è cosa da avventurieri dello spirito, ma credo che questa assemblea sia
formata di tipi così, avventurieri, testimoni vocazionali credibili, perché credere nelle vocazioni, a
tutte le latitudini e longitudini, esige una buona dose di fede, di coraggio e di speranza. Ancora
Amedeo Cencini, in un altro suo libro dal titolo “Liberare la speranza”, ci sprona a essere, come
animatori vocazionali, uomini di speranza: “Chi non ce l’ha, per favore si metta da parte. Sarebbe
una controtestimonianza, e lo farebbe capire in mille modi…Potranno mancare altre realtà, ma non
la speranza” (Paoline 2006). Proviamoci a crederci per il bene della Congregazione, della Chiesa e
del mondo stesso, e realizzare un'animazione vocazionale all'interno delle nostre stesse comunità
per superare la mentalità di delega (“C’è l’ incaricato!”), favorendo la corresponsabilità di tutti. Alla
fine questa è la vera frontiera da attraversare, la barriera da abbattere, e sta dentro di noi: il peso
degli anni, della storia, il venir meno del coraggio, una buona dose di pigrizia e di inerzia, che non
ci aiutano più a sentire il profumo dei fiori. Bisogna tentare!
“Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galileia, alla loro
città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra
di lui” (Lc 2,39-40).
“Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: ‘Chi cercate?’ Gli risposero: ‘Rabbi, dove
abiti?’ .Disse loro: “Venite e vedrete” (Gv. 1,38-39).
“Giunsero a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro:” Di che cosa stavate discutendo lungo la
via?”…(Mc 9,33)
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1) Dalla comunità ecclesiale- parrocchiale, alla comunità di accoglienza
Oggi viviamo una crisi "vocazionale", non solo di vocazioni al sacerdozio e alla vita
consacrata, ma anche di vocazioni al matrimonio, alla maternità e alla paternità, all'impegno
ministeriale laico nella Chiesa. Dio oggi è spesso messo in angolo dalla cultura dominante: la
secolarizzazione ha tolto e continua a togliere Dio dall'orizzonte dell'uomo e della storia e, tolto Dio
dall'orizzonte, ovviamente non ci può essere una chiamata da parte di lui. C’ è un clima
antivocazionale, nel senso che si vive in un mondo di ateismo pragmatico e fatto di cristiani
paganizzati e paganizzanti. Si può aver fede in Dio, ma non ci si fida di Dio. Ogni idea e possibilità
di vocazione è rifiutata come un non senso: ognuno si progetta secondo il proprio modo di vedere e
di sentire. Un’ autentica pastorale vocazionale ha bisogno di un generoso impegno di tutta la
comunità attraverso una collaborazione paziente e serena tra sacerdoti, religiosi, ministeri, e
famiglie. La comunità ecclesiale, e specialmente la comunità parrocchiale è il terreno fertile per far
sviluppare il battesimo, che è la vocazione cristiana fondamentale, fonte di tutte le altre vocazioni.
Quando la comunità parrocchiale, vive la vocazione cristiana e diventa ministeriale, fa fiorire, come
conseguenza, le vocazioni specifiche. La vera teologia della vocazione, nasce allora, da un’
autentica teologia del Battesimo. È in questo senso, che la Pastorale vocazionale diventa “la
vocazione di tutta la pastorale” oggi, e che è possibile “vocazionalizzare” tutta la pastorale, per
usare espressioni del documento “Nuove vocazioni per una Nuova Europa”. Prima di parlare di
vocazioni specifiche, bisognerà sempre parlare di vita cristiana e di battesimo, che è un invito
rivolto a tutti alla santità.(LG 40) Questa è la vera mentalità vocazionale indispensabile, basica, il
clima propizio per il sorgere delle vocazioni in ogni parrocchia. Senza questo punto di partenza la
PV diventa insipida, senza senso e sapore. Su questo tema esiste una letteratura molto vasta. Qui
appena vogliamo solo ricordare alcune linee importanti, ricordando che nello stesso nome di
Chiesa, “Ecclesia”, è indicata la sua fisionomia vocazionale, un popolo convocato dalla Trinità al
servizio della vita, una vera assemblea di chiamati, di convocati. Poi l’etimologia della parola
“parrocchia” è già, una proposta chiara: “intorno alla casa”, pertanto indica tutta una vita cristiana
che gira intorno a una comunità che si conosce, che si ama. “In nuce” possiamo così identificare il
vero senso della parrocchia, e come deve vivere e esprimersi. La parrocchia, molto discussa in certe
parti del mondo, sia per le sue dimensioni, sia per le complessità del mondo urbano e globalizzato,
ha ancora senso, se riesce a mantenere questo stile, a misura di persona e di rapporti umani, anche
se necessita di una profonda inculturazione. In una comunità così, la pastorale ordinaria, è
vocazionale in tutte le sue dimensioni, e la PV non sarà dunque un "qualcosa in più da fare", un
elemento secondario, accessorio, isolato, una semplice parte, ma diventa la sua anima, l’ impronta
naturale, il midollo che gli dà un senso profondo. La comunità parrocchiale diventa mediatrice di
vocazioni. (Rm 6,1-11; 1Cor 12,4-31), o il “grembo” di ogni vocazione, l’ambiente naturale dove
cresce la vocazione specifica.
Vediamo alcuni aspetti della vita parrocchiale che favoriscono questo clima, per illustrare
brevemente,(riallacciandoci così ai temi anteriori) per “dare spazio a tutti i doni dello Spirito” (NMI
46).
a) Una “comunità parrocchiale famiglia” che prega, perché la preghiera è per Gesù, il
mezzo essenziale, quasi come la metodologia di PV voluta da Lui. “Le vocazioni sono risposta di
Dio a una comunità orante”.(Documento di Puebla CELAM) La preghiera è necessaria (Mt 9,3738), perché alimenta la mistica, ma deve essere un gesto di fiducia nel Signore, di abbandono “allo
Spirito autore e ispiratore dei carismi” (VC 64), ma anche deve essere un ascolto della volontà di
Dio e suppone una chiesa viva e profetica.
b)"Pastorale giovanile e pastorale vocazionale sono complementari. La pastorale specifica
delle vocazioni trova nella pastorale giovanile il suo spazio vitale. “La pastorale giovanile diventa
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completa ed efficace quando si apre alla dimensione vocazionale" (Cura pastorale delle vocazioni,
n. 41).La parrocchia in questo senso deve essere aperta a strade nuove, "profetiche" d'impegno, per
cogliere le istanze dei giovani e per esempio,sarà possibile realizzare scuole di preghiera, gruppi
vocazionali, e soprattutto, una maggior disponibilità al colloquio, all'ascolto dei giovani, sarà di
grande importanza sempre, ma specialmente nei confronti di quei giovani che, vivendo la fase tra
"percezione" e "decisione", non possono e non vogliono fare a meno dell'aiuto del presbitero o della
persona consacrata.
c) Una Catechesi che sia un itinerario vocazionale. Anche qui, il tema vocazione deve
emergere dall’ insieme della catechesi, facendo un uso intelligente della stessa, e dando ai
catechisti (e) il senso del ministero che realizzano. In fondo, Catechesi, Pastorale Giovanile e
Vocazionale devono interagire fra loro, e pur nel rispetto dei propri ambiti, possono aiutare l’
adolescente e il giovane a discernere in profondità nella sua vita.
d) La stessa liturgia ha un’ orientazione vocazionale, già che essa è, nella famosa
definizione del Vaticano II: “'culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, fonte da cui
promana tutta la sua virtù (SC 10). La liturgia celebra il “sì” di Cristo, di Maria, Giuseppe, dei
santi, celebra i momenti vocazionali forti: Avvento, Quaresima, Pasqua, Pentecoste, nell’
Eucaristia, (ma anche negli altri sacramenti) presenza viva del Cristo che “chi-ama” e ama allo
stesso tempo.
e) La vita caritativa della parrocchia è luogo vocazionale, che viene incontro sopratutto alla
sensibilità dei giovani. Mt 25, 31-46, resta il paradigma evangelico, in questo campo, che potrà
ricevere uno stile proprio in “loco”. Il servizio agli ultimi, è sempre “vocazionale”. C’ è un invito a
interpretare sempre più il servizio della carità in prospettiva vocazionale. Si avverte sempre di più
l’esigenza di una approfondita riflessione sulle diverse forme e figure del servizio di carità. La sfida
oggi che investe le stesse esperienze di servizio, di volontariato,di missione è proprio quella di
accompagnarle non solo come parentesi generosa da fare nella vita, ma come pagina fruttuosa di
storia della propria vocazione definitiva: nella vita consacrata, nel celibato sacerdotale, e anche
nella vocazione coniugale e familiare.
f) La dimensione missionaria della chiesa, ossia la sua missionarietà, quando è valorizzata
nella comunità, è fonte di vocazioni. Ogni vocazione è sempre in vista di una missione, un servizio
e questo, allo stesso tempo, produce un entusiasmo e rafforza la fede del chiamato. Ogni parrocchia
sa per esperienza che sempre ci sono “vuoti pastorali” da colmare. Non parliamo solo di
missionarietà “ad gentes” (anche se è auspicabile e necessaria) ma di quella di casa, che è davanti
agli occhi, perché molti non partecipano, perchè esiste una vita giovanile e famigliare cristiana
fragile, perchè ci sono mondi in cui bisogna entrare più a fondo, come la comunicazione, la
politica, l’ emarginazione ecc. Questa è la nuova missionarietà invocata dalla NMI 40. Per cui, l’
annuncio, la profezia, la testimonianza,la valorizzazione dei ministeri laici, il presentare la
misericordia e la bontà di Dio, il visitare quelli che non sono ancora “in casa” con noi, andarli
cercare, il dialogo… sono tutte forme che richiedono disponibilità e ministerialità. La parrocchia è
chiamata a “prendere il largo” (Lc 5,4), a osare, a vivere l’ itineranza, lasciare le acque tranquille
della pastorale di manutenzione, (che rimane necessaria) aprirsi al nuovo e alle sorprese dello
Spirito, che sono tutte fonti di vocazioni.
2) Caratteristiche di una comunità di accoglienza vocazionale.
2.1) La casa o comunità di accoglienza.
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È una struttura intermedia tra la vita cristiana parrocchiale, e l’ entrata nel seminario, capace
di impartire un inizio di formazione a adolescenti e giovani chiamati alla vita consacrata e
sacerdotale. Un ponte, o se vogliamo, un gradino, fra parrocchia e un tipo di seminario minore,
soprattutto là dove questo non c’ è. Serve per approfondire e completare il discernimento
vocazionale e di preparazione allo stesso seminario minore, nelle sue varie modalità. La proposta
delle Case di accoglienza va in questa direzione. Vediamo una rassegna di alcuni documenti che
illustrano questo concetto. Questa rassegna deve essere completata nelle varie esperienze nazionali
e Conferenze episcopali.
“Nella Chiesa locale assumono particolare rilevanza le comunità vocazionali, caratterizzate
da un notevole impegno di vita comune e dalla presenza continuata di un animatore vocazionale. In
esse vivono giovani che per varie ragioni non possono o non intendono entrare nelle comunità
seminaristiche. Queste comunità appaiono sempre più numerose e varie per modalità e
denominazione: la loro efficacia formativa è ordinariamente determinata dalla preparazione e dalle
capacità educative degli animatori” (Primo piano pastorale per le vocazioni in Italia N 58. 1973)
“Accanto all'azione educativa della famiglia e della parrocchia si colloca l'intervento
specifico di una comunità vocazionale, inserita nel tessuto della comunità ecclesiale e del mondo, e
insieme capace di alimentare e verificare quei valori che costituiscono una vocazione. Per tutto
l'arco di età quando i germi di vocazione presbiterale sono sufficientemente riconosciuti dal
soggetto e dagli educatori, lo strumento normale per la verifica e la formazione è il seminario
minore. Accanto a esso, e non in alternativa, quanto piuttosto in funzione di esso, potranno essere
previste altre forme di gruppi vocazionali per ragazzi e adolescenti, mentre iniziative specifiche
dovranno essere costituite per i chiamati giovani e adulti. La verifica ecclesiale e la progressiva
iniziazione ai valori e agli atteggiamenti propri del ministero esigono per i candidati condizioni e
strumenti formativi che non sono normalmente presenti e possibili nelle comunità cristiane. Di qui
la necessità che coloro i quali considerano seriamente l'ipotesi del presbiterato si inseriscano in una
comunità caratterizzata da una forte esperienza di fede e dall'esplicita finalità vocazionale. La scelta
di dar vita a queste comunità è provocata anche dalle suggestioni di un mondo secolarizzato, che
rende difficile ogni scelta di tipo religioso.”. (Formazione dei presbiteri nella chiesa Italiana. 1980
n. 37-38-39. Passi scelti)A CHIESA
“Sono comunità in senso proprio, animate da sacerdoti o religiosi, religiose, in relazione con
la Chiesa particolare, con tensione esplicita alla consacrazione totale della vita per il Regno di Dio.
Hanno dunque carattere di autentiche comunità di orientamento vocazionale ai ministeri ordinati e
alle altre forme di vita consacrata. Queste comunità si propongono di aiutare i giovani e le giovani
nella maturazione della loro scelta vocazionale e si impegnano perché l’orientamento vocazionale
sia un itinerario educativo, mediante una forte esperienza di fede e di apostolato. A tale fine, le
comunità offrono persone, ambienti e mezzi adeguati. I giovani e le giovani, che vivono in questi
ambienti, sperimentano come fare comunità, come pregare, come servire la Chiesa. Così sono
aiutati a seguire Cristo secondo la loro personale specifica vocazione. Al giusto momento saranno
pronti per entrare nei Seminari, nei Noviziati, in altri Istituti di formazione alla vita consacrata”
(Sviluppi della cura pastorale delle vocazioni nelle chiese particolari. Documento conclusivo del
Congresso del 1981 n 52) .
“Negli ultimi anni la Chiesa ha visto nascere queste comunità di orientamento vocazionale
all'insegna della comunione ecclesiale e dell'accoglienza, dove i giovani hanno la possibilità di
itinerari di fede e vocazionali più continui, collegati ad una esperienza di vita globalmente e
liberamente condivisa. E' opportuno che queste comunità, permettano ai giovani una vera
esperienza di chiesa, condizione indispensabile per una scelta di vita al suo servizio.” (Vocazioni
nella Chiesa in Italia CEI 1985 n 50)
“Le comunità vocazionali esterne e i seminari in famiglia : ragazzi e giovani che non
possono entrare in seminario vengono seguiti esternamente. Entrano in seminario solo quando le
condizioni personali, familiari o ambientali lo permettono. Le residenze vocazionali : in alcune
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diocesi esistono centri di orientamento nei quali vivono possibili candidati. Questi cercano di
discernere la loro vocazione mentre continuano gli studi nei centri universitari o in altre scuole. E'
un'esperienza positiva, giacché ha dato molte vocazioni al seminario maggiore e alla vita religiosa.
Sono simili i centri di informazione messi a disposizione dei candidati per illustrare loro le
prospettive e le scelte vocazionali. Le comunità di accoglienza vocazionale. Si tratta di comunità
animate da sacerdoti, o religiosi o religiose, in relazione con la chiesa particolare, con tensione
esplicita alla consacrazione totale della vita per il regno di Dio. Date le caratteristiche della vita
religiosa e le esigenze dei giovani d'oggi, queste forme di accompagnamento vocazionale vengono
preferite dalle famiglie religiose. Al momento giusto i giovani entrano nei seminari o in altri istituti
di vita consacrata. I giovani danno risposte positive quando incontrano comunità che vivono il
Vangelo, che pregano, che esprimono la loro felicità, che servono i poveri, che sono fedeli al
carisma dell'istituto. Queste comunità sono nate e si vanno diffondendo perché costituiscono una
risposta concreta alla domanda di molti giovani d'oggi. Le statistiche riportate da alcune conferenze
evidenziano risultati molto soddisfacenti circa il discernimento e la perseveranza dei candidati che
provengono dalle comunità d'accoglienza. (Pontificia opera per le vocazioni ecclesiastiche
Pastorale delle vocazioni 1992 n 86-87. Passi scelti)
“Si tratta di una comunità di orientamento e discernimento vocazionale offerta dalla diocesi
in vista del seminario maggiore, con la presenza stabile di sacerdoti a ciò preparati, che propongono
una “regola di vita” scandita da momenti precisi: preghiera comunitaria, celebrazione eucaristica,
vita fraterna, meditazione, studio personale, revisione di vita, direzione spirituale. Comunità simili
sono offerte anche dagli istituti di vita consacrata maschili e femminili, che si propongono di attuare
l’invito di Gesù: «Vieni e vedi» (Gv 1,46).” (Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita
consacrata nella comunità cristiana” n 29 d CEI 1999). ORIENTAMI E NORME
2.2) La casa - comunità si destina a:
ragazzi, giovani, o anche adulti, (pensiamo per esempio alla possibilità di universitari e già laureati)
che nell’ ambito della PV si presentano più orientati alla vita religiosa. Criteri di ammissione
potrebbero essere:
a) che vengano presentati dai parroci e animatori vocazionali.. Essi potranno essere accolti nella
casa di Accoglienza Vocazionale, per verificare ancora di più la motivazione vocazionale. Alcuni
possono avere più chiarezza, altri avranno bisogno di aiuto più in profondità, per completare un
discernimento già iniziato nella PV parrocchiale o locale che rimane sempre indispensabile. Ci sono
ancora i giovani che stanchi di navigare sotto costa, hanno una grande voglia di prendere il largo.
É per questi giovani che noi prestiamo la nostra opera di discernimento e di sostegno. Bisognerà
allora definire la rotta e dotarsi degli strumenti più adatti per affrontare il mare. “Una nave nel
porto è al sicuro, ma le navi non sono fatte per questo » (John A. Shedd).
b)Devono allora, essere giovani che già partecipano della vita parrocchiale, e siano già
accompagnati vocazionalmente e selezionati quanto ai valori umani basici: rettitudine, lavoro,
servizio ecc.
c)Dimostrino una sufficiente maturità relazionata alla loro età, e siano decisi a percorrere un serio
cammino di formazione alla scoperta di sé e del progetto di Dio sulla loro vita, in un dialogo
costante con un formatore, che deve orientare a fare una scelta concreta, prima di tutto nella Chiesa,
e per la Chiesa, e poi presentando con chiarezza, gli aspetti caratteristici della vocazione Oblata,
come un carisma di santità della Chiesa stessa, voluto dallo Spirito nella persona di S. Giuseppe
Marello.
2.3)Come organizzare questa casa o comunità.
Due modalità:
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a) una casa propria, aperta a esperienze vocazionali con alcuni confratelli che la gestiscono e in
questo caso sarebbe quasi un preseminario;
b) una casa comunità, per piccoli gruppi, (ma senza perdere lo stile di “casa”), che possa offrire
davvero una vita famigliare, e allora, l’ ideale sarebbe una comunità religiosa, (anche annessa a una
parrocchia), che con la presenza di alcuni confratelli possa mostrare concretamente lo stile di vita
Giuseppino,anche se il responsabile diretto è specificamente uno dei membri della stessa comunità.
Quando parliamo di casa, sempre si sottende anche una comunità religiosa. In questa casa comunità si deve praticare la spiritualità dell’ accoglienza evangelica, offrendo opportunità le più
svariate di accoglienza, con una buona dose di flessibilità sia da parte del giovane come dei
formatori:
un fine settimana;
alcuni giorni;
potrebbe essere anche un periodo estivo speciale di convivenza, o campo scuola
vocazionale, non necessariamente nella stessa “casa fisica”
approfittare certi momenti forti anche liturgici..
per alcuni questa casa potrà essere un’ esperienza più prolungata, anche di mesi o un anno,
per approfondire la vocazione Giuseppina, assimilare meglio lo stile proprio nostro.
con programmi specifici, conforme i tempi di permanenza.
OSS: Una cosa è certa: bisogna venire incontro alle esigenze ai ritmi dei giovani, adattandoci a
loro, e poi anche se dobbiamo mettere certe regole, deve rimanere una casa-comunità che lascia la
piena libertà di scelta al candidato.
3) Casa di accoglienza Giuseppina
3.1) L’ insegnamento del Fondatore.
È molto conosciuta l’ espressione marelliana: “la Casa di S. Giuseppe”. (L 95), forse però, mai
vissuta fino in fondo, come si deve. Vediamo i vari aspetti che il Fondatore presenta in questa frase,
per essere una vera casa di S. Giuseppe:
a) luogo di ritiro (luogo speciale di preparazione, formazione di ascolto di
b) silenzio;
c) nascondimento;
d) imitazione di S. Giuseppe;
e) discepoli di Gesù.
Dio);
Il Fondatore usa anche altre espressioni dove possiamo incontrare oltre che il suo pensiero, il suo
sentimento e la sua tenerezza. Vediamone alcune. Nelle sue Regole del 1892, dice che i postulanti
devono comprendere bene “lo spirito della casa”(S 136); parla di S. Giuseppe nella “casetta di
Nazareth” (S 192);chiama S. Giuseppe “il nostro Padrone di Casa”(L 164); della vita dei primi
confratelli nella casa come “le delizie della casa di S. Giuseppe”(L 219); “famiglia di S.
Giuseppe”(L 216 e 246); chiama i suoi come “Fratelli di S. Giuseppe” (L 146); descrive la vita
nella casa di Nazareth, come i “tre i più grandi personaggi che siano vissuti su questa terra” fatta
di cose umili e semplici e ordinarie (S 247); e desidera che nella casa di S. Chiara “le fatiche
intellettuali e quelle manuali siano insieme contemperate come due mezzi che conducono ad un solo
fine: il servizio di Dio nell’ imitazione di San Giuseppe” (L 207).
3.2) La testimonianza dei primi Oblati.
Questa impronta del Fondatore la incontriamo nei primi Oblati. Su tutti, tra le voci più autorevoli,
riportiamo come esempio, la testimonianza di P. Cortona. Dopo aver descritto la vita semplice di
97
tutti i giorni nella casa e stanzetta del Michelerio, P. Cortona dice: “Piccolezze, dirà taluno che
giudica le cose di Dio alla leggera, ma che pure fatte con semplicità servivano mirabilmente a
mantenere in loro il pensiero della presenza di Dio, mezzo da Dio preordinato per l’ acquisto della
perfezione religiosa”.(VI Conferenza 1921 in Marellianum n 8). E nelle “Brevi memorie” pagina 26
incontriamo questa testimonianza: “Il punto della vita di San Giuseppe dove intratteneva (Marello)
di più i suoi diletti figli era la vita nascosta di questo grande Patriarca col suo amatissimo Gesù. Egli
è ciò che Dio lo propone per modello di tutta la chiesa, ma più alle anime devote, di cui lo stabilì
patrono e padre, e inoltrandosi sempre più nella vita nascosta, faceva vedere S. Giuseppe, con Gesù
e Maria soli nella stalla di Betlemme…” E commenta P. Dalmaso nella sua monumentale opera:
“Questa pagina ci permette di stabilire che la piattaforma della spiritualità marelliana è posta nell’
imitazione di S. Giuseppe” (Biografia del Beato Giuseppe Marello. Volume Primo pagina 683).
3.3) Regole e Costituzioni degli Oblati.
Prima di tutto dobbiamo tener presente che nella nostra esperienza di vita, ogni seminario, è
sempre stato di per sé una casa- comunità di accoglienza. Ciò tuttavia non toglie la necessità di
avere case specifiche in questo senso,che del resto sono previste nel Regolamento Generale e nelle
Costituzioni.
Due testi sono fondamentali e debbono essere visti da vicino.
Art 87. Costituzioni: “Ogni comunità degli Oblati si senta impegnata nell’ opera di animazione e
orientamento vocazionale, favorendo e sostentando, in un clima di fraternità e testimonianza,
quanti vorranno sperimentare da vicino la vita religiosa Giuseppina, nelle sue espressioni di
Fratelli e Sacerdoti.”
Questo numero delle Costituzioni, fa parte del Capitolo II “Animazione e orientamento
vocazionale” della III parte dedicata alla formazione. Dopo aver detto che la comunità cristiana è
responsabile di tutte le vocazioni e che gli Oblati si devono adoperare per promuovere le vocazioni,
valorizzando i mezzi indicati dal Magistero, quali la preghiera, la catechesi la testimonianza di vita,
(art 86), le Costituzioni puntano a qualcosa di più impegnativo che coinvolge tutti.
Cerchiamo di capire bene il significato delle parole.
“Ogni comunità degli Oblati si senta impegnata nell’ opera di animazione e orientazione
vocazionale”:
ossia il servizio vocazionale, vale per tutti gli Oblati, e per tutte le comunità. Tutti sono coinvolti
senza eccezione. La responsabilità è di tutti. Come?
“Favorendo e sostenendo”:
questo esige mistica, spendere tempo, dare attenzione ai giovani che devono essere coltivati con
pazienza.
“In un clima di fraternità e testimonianza”:
i giovani devono “vedere” questa fraternità, toccare questa testimonianza, perché loro capiscono
subito che “aria tira” nella comunità religiosa!
“Quanti vorranno sperimentare da vicino la vita religiosa Giuseppina”:
da vicino, vuol dire non solo stare vicino al giovane ma anche dare spazio di convivenza, aprire le
porte, per lo meno in certi momenti, della comunità. Solo così si comprende il clima di fraternità e
testimonianza. In questo senso ogni comunità potrebbe, o meglio dovrebbe essere, una “piccola”
casa di accoglienza vocazionale in “loco”, senza sostituire le case speciali di accoglienza e di
formazione, ma come appoggio e primo approccio. Mi pare questo sia molto serio e importante e
debba essere ricordato prima di passare alla proposta del Regolamento Generale.
Art 53 Regolamento Generale: “Si creino, in determinate zone, specifiche comunità giuseppine
di accoglienza alle quali si possano indirizzare i giovani che vogliono sperimentare da vicino, per
determinati periodi, la vita degli Oblati.
98
Questo testo fa parte della parte III del Capitolo II della Animazione e orientamento vocazionale.
Anche qui cerchiamo di comprendere meglio il testo e vedere le varie possibilità.
Si creino: quando non ci sono, devono essere create
In determinate zone.
Vediamo alcuni casi possibili.
a) Soprattutto dove non c’ è un “tipo” di seminario minore, la casa di accoglienza è ancora più
urgente;
b) dove si sente la necessità di accompagnare meglio alcuni giovani per alcun tempo anche
prima del Propedeutico;
c) una casa così, potrebbe funzionare come esperienza vocazionale in determinati periodi dell’
anno per gruppi che già sono accompagnati nella parrocchia. In questo caso il Centro
Vocazionale di una Provincia che realizza questi incontri, lungo l’ anno, per dare possibilità
di tempi prolungati di esperienze sarebbe pure quello, una casa di accoglienza;
d) altre situazioni e necessità possono emergere in loco.
Quindi le forme nella nostra Congregazione possono essere differenti conforme le realtà locali e le
necessità delle Province, il tipo di studi ecc, le soluzioni possono essere creative, ma questo spazio è
necessario in ogni Provincia anche dove già esiste il Seminario minore o il propedeutico, ma
soprattutto dove questo, non c’ è ancora.
Specifiche comunità giuseppine di accoglienza.
Dopo quello che abbiamo visto nel Fondatore e nei primi Oblati (anche se in forma molto succinta)
possiamo comprendere bene quale sia lo stile nostro di una casa di accoglienza. La casa degli Oblati
di accoglienza vocazionale, deve avere le caratteristiche della casa di S. Giuseppe, e deve portare
a imitare S. Giuseppe, (nel senso di vivere oggi il suo stile), quindi deve riunire: familiarità,
semplicità, silenzio, preghiera, per ogni giovane che bussa (si ritira) alla sua porta, per aiutarlo a
scoprire e a percorrere la propria strada, per intuire una chiamata particolare, per diventare
discepolo di Gesù, che esige un attento discernimento. Quel che conta è proprio questo senso di
trovarsi a casa propria anche se nel rispetto altrui. Sentirsi a casa significa "sentirsi bene", in
equilibrio con se stessi e con le persone che abitano con noi. Una comunità come questa, allora, non
è un condominio ma la casa di chi si avvicina a Dio e lo cerca umilmente,nel nascondimento. Il
giovane, sia che venga per pochi giorni, o per un tempo più lungo, deve incontrare una scelta di
fede, perché si tratta di consacrazione a Gesù e di servizio ai fratelli, si tratta di Vangelo, nel nostro
stile di vita Giuseppino Marelliano. Il tema vocazionale va vissuto nella testimonianza, e anche nel
servizio pastorale, nel dialogo e orientazione spirituale e psicologica, (quindi è bene, sapersi
circondare di persone di capacità professionale in questo campo, ma anche vicine a noi), nelle
proposte chiare, umili, coraggiose, rispettose, ma anche senza ambiguità e forzature. Importante è
quindi la vita comunitaria cordiale, ma senza facili entusiasmi, rispettando la grazia di Dio, la
conversione interiore, la libertà personale. Il mistero dell’ Infanzia di Gesù, nella vita nascosta nella
casa di Nazareth rimane per noi il paradigma più grande che riassume tutto quello che è: casa,
accoglienza, Giuseppina.(Soprattutto Lc 2,39-40).Sono pagine ammirevoli “avvolte nel silenzio,in
un clima di profonda contemplazione” (RC 25). Nazareth è certamente un luogo geografico, ma è
soprattutto un mistero nella vita di Cristo…“La casa di Nazareth è la scuola dove si capisce la vita
di Cristo, è la scuola del Vangelo”. (Paolo VI).Per giovani che vogliono sperimentare da vicino:
sperimentare vuol dire che devono avere la possibilità, dopo un periodo, di poter dire: ho capito
come un Oblato vive, ossia prega, lavora, pensa e vive in comunità. Ovviamente non sarà uguale
per tutti, perché dipenderà dal tempo prolungato o meno, ma per lo meno devono “assaporare”
qualcosa di Giuseppino e della nostra vita di Oblati! Devono capire che non siamo diocesani o non
siamo di un’ altra Congregazione o Ordine, ma che siamo quello che Iddio volle che fossimo
quando lo Spirito Santo ispirò il Fondatore S. Giuseppe Marello. Se alcuni di loro un giorno
entrano in Seminario devono avere questo pensiero chiaro nel cuore: voglio essere come loro!
99
4) Cammino verso il seminario
Anzitutto bisogna avere un progetto ben definito con obiettivi e mete chiare, e alcuni punti
pedagogici fermi. Se vivere è amare, questo sia la base fondamentale della formazione nella casacomunità di accoglienza. Non si tratta solo di programmare, organizzare, ma, nella generosità,
nell'apertura agli altri, mostrare che Qualcuno chiama per primo, e che è necessario discernere bene
questa voce e rispondere con generosità.
4.1)La formazione.
La formazione deve dare continuità allo slancio iniziale della PV e fornire motivazioni più
profonde aiutando il giovane a realizzare un vero progetto di vita. Progetto di vita e vocazioni sono
due aspetti di una stessa realtà che devono essere in continua relazione: il cammino di realizzazione
scoperto e realizzato dalla persona e la chiamata di Dio nella fede. In questo cammino, il giovane
deve essere aiutato a lui stesso scoprire e assumere le sue decisioni facendosi a sé stesso e anche a
Gesù delle domande: “che devo fare per vivere in pienezza, e perchè la mia vita abbia un senso
profondo?”( Mc 10,17) E se la formazione lo porta a sentire lo sguardo di amore di Cristo su di lui,
potrà formulare anche l’ altra domanda: “Che cosa devo ancora fare di più?”. (Mc 10,20). Questo
accompagnamento può essere personale o comunitario. Il formatore deve essere “compagno” ossia
mangiare lo stesso pane della fede e esperienza di Dio col giovane, soprattutto deve mettere a sua
disposizione la sua stessa esperienza vocazionale, avere tempo per “stare” con lui, con molta
pazienza, non di forma superficiale.“L'accompagnamento personale è spazio di discernimento,
tempo dedicato all'ascolto della persona e della proposta di Cristo, offerta del servizio prezioso dell’
orientazione spirituale, momento di sintesi del cammino di crescita globale verso la maturità di
fede e verso la decisione vocazionale. L'accompagnamento comunitario o di gruppo, risponde al
bisogno caratteristico dei giovani di comunicare le loro esperienze, di impegnarsi e confrontarsi con
gli altri per una comune ricerca o in un programma di vita, di esercitare la loro creatività, di
sperimentare la concretezza della comunione, di trafficare i loro talenti. E' bene che i loro
programmi di vita, diano il dovuto spazio alla preghiera, alla meditazione, al silenzio, al lavoro
manuale, al servizio di carità, alla conoscenza delle varie vocazioni, ai rapporti con i seminari.”
(Vocazioni nella Chiesa Italiana CEI 1985 Capitolo III 48).
La formazione potrebbe tenere presente queste linee:
LA VOCAZIONE
Discernimento e
scoperta della
vocazione in
profondità.
LA COMUNITÀ
Approfondimento
della vita personale
e comunitaria.
CRISTO
Riscoperta di
Cristo, della fede,
dell’ impegno.
RISPOSTA
Progetto chiaro di
vita e risposta alla
chiamata, come
Oblato.
(Lo schema formativo che qui presentiamo come semplice proposta e esempio, è
estratto da quello della provincia del Brasile, in uso nel Centro Vocazionale, e nelle convivenze
vocazionali, a suo tempo preparato da P. Fernando, approvato dal Consiglio Provinciale).
a)Formazione umana.
• Obbiettivo
- Mettere nel cuore del giovane la certezza che chi lo chi-ama è il Dio della
vita;
- Offrire possibilità di iniziare un processo di auto conoscenza; Riconoscere i
doni personali e metterli al servizio degli altri;
- Ampia conoscenza della famiglia.
• Temi:
- Il senso della vita;
- Elementi tecnici per conoscere a sé stesso;
100
-
Lettura della storia personale e famigliare.
Relazioni umane;
Valori umani;
Sguardo globalizzante e dialogo sui grandi problemi del giovani
oggi:chiesa,famiglia,amicizia,solidarietà,Chiesa, emarginazione, droga…
- Temi caratteristici propri di ogni età.
• Attività.
- Incontri vocazionali;
- Attività ricreative;
- Contatti con la famiglia, comunità locale, seminario, scuola;
- Dinamiche di integrazione;
- Condivisione della storia personale e famigliare;
- Convivenza, dialoghi, schede vocazionali.
b)Formazione Cristiana.
• Obbiettivo
- Perfezionare il processo di vivenza cristiana.
- Accendere nel giovane l’ amore di Cristo per seguirlo.
- Aiutare il giovane a discernere il progetto di Dio a suo rispetto.
• Temi
- Fondamenti basici della vita cristiana per mezzo della vita liturgica e
sacramentale;
- Conoscenza della persona e del progetto di Cristo;
- Valori Evangelici;
- Cammino di preghiera;
- Vocazioni e Ministeri;
- Fede e affettività.
• Attività:
- Sussidi formativi come letture, video, conferenze, dialoghi, ecc;
- Ritiri
- Preghiera personale e comunitaria;
- Pratiche religiose della famiglia e della comunità e Congregazione.
c)Formazione Religiosa e Giuseppina
• Obbiettivo
- Nozioni generali sulla Vita religiosa;
- Conoscenza della nostra Congregazione.
• Temi:
- La vocazione nella Bibbia e nella Chiesa;
- La Vita Religiosa nelle varie Congregazioni e Carismi.
- Fondatore: vita, proposta e carisma della Congregazione.
• Attività:
- Letture della vita e di alcuni testi del Fondatore.
- Testimonianze di confratelli.
- Partecipazioni a altri incontri vocazionali (Diocesani ecc.)
- Servizi pastorali;
- Vita sacramentale: celebrazioni eucaristiche, sacramento della Penitenza;
- Inizio di un cammino di orientazione spirituale.
4.2)La vita comunitaria e di gruppo.
La vita comunitaria deve creare un ambiente educativo familiare nel quale il giovane, sperimenti
che cosa significhi impostare l'esistenza secondo il piano di Dio. Il programma fatto di preghiera,
101
studio, lavoro, formazione, dovrà ritmare il corso della giornata e si rivela mezzo indispensabile
per aumentare la conoscenza di Cristo e della vita di consacrazione,per valutare le attitudini di
ognuno. Si tratta di un processo integrale, graduale, progressivo, non solo razionale, ma anche
spirituale e affettivo, con mete e itinerari pedagogici verificabili. Non si deve dare tutto pronto e
evitare l’ imborghesimento. Importante per questo il lavoro; sia il manuale interno (manutenzione e
gestione della casa) e anche esterno(un lavoro, una professione…prevedere anche queste
possibilità), come pure, un servizio ministeriale nella comunità locale, va sempre inteso come
testimonianza evangelica e manifestazione concreta della Spiritualità Giuseppina.
4.3)La presenza di una guida spirituale matura e di modelli credibili e efficaci di vocazioni
realizzate.
Alla guida di una casa di accoglienza, si richiedono qualità umane quali: rispetto della crescita
personale, dialogo, ascolto, disponibilità, attenzione al linguaggio e ai valori giovanili e spirituali:
amore alla preghiera e alla contemplazione, capacità di discernimento, sapienza di vita. Queste
qualità, vanno integrate da una solida preparazione culturale e specifica, anche in corsi specializzati
in questo campo. Deve essere una persona tranquilla, matura dal punto di vista umano e spirituale,
affettivamente stabile, capace di condurre i giovani a un cammino di discernimento, e felice della
sua vocazione capace di donarsi e servire, che ami la Chiesa e la Congregazione. La guida spirituale
deve tenere presente le attitudini di Gesù: a)avvicinarsi; b) camminare insieme; c) domandare; d)
ascoltare; e) insegnare; f) celebrare; g) inviare in missione, per questo deve preoccuparsi di
conoscere bene il giovane, la sua famiglia, la sua storia personale, le sue gioie e angustie, lavorando
in profondità nella sua personalità, realizzando questo ministero in alcune tappe: avvicinamento,
catechesi vocazionale, approfondimento, missionaria.
5) Conclusione
“Se vuoi arrivare primo, corri da solo, se vuoi camminare lontano, cammina insieme”.(Proverbio
del Kenia).
Vogliamo camminare insieme nella Congregazione, pur rispettando alcune scelte dettate dalle
differenti esperienze. La vita è movimento è strada, e gli stessi giovani che chiedono di imparare, di
capire quello che Dio vuole da loro ci insegnano a crescere a cambiare, a innovare. Camminare
insieme è il nostro punto di forza e essere venuti fin qua in India significa che vogliamo fare
qualcosa di nuovo, e questa è la forza della strada: recupero del nostro essere, della nostra identità,
della nostra meta. Abbiamo come compagni di viaggio lo stesso Gesù che ha detto: “io sono la
strada” (Gv 14,6) e il nostro Fondatore che chiede a S. Giuseppe: “Tu o Giuseppe, ci segni la via, ci
sorreggi in ogni passo, ci conduci dove la Divina Provvidenza vuole che arriviamo. Sia lungo o
breve il cammino, paino o malagevole, si vegga o non si vegga per vista umana la meta, o in fretta
o adagio,con Te o Giuseppe, noi siamo sicuri di andare bene” (L 208).Ma quale la strada sicura?
Dice una musica: “pellegrino tu lo sai che non c’è un cammino, passo a passo poco a poco e il
cammino si fa!”
Solo mi permetto di presentare alcuni punti come possibili “percorsi” da battere, come proposte, e
poi, altre potranno aggiungersi.
a)Credo che ogni provincia debba pensare in una casa specifica (o comunità) di accoglienza, se
ancora non ce l’ ha, magari approfittando (come già avviene) lo stesso Centro Vocazionale. E
questo, questo prima del Seminario “minore” nelle sue varie modalità: scuole superiori,
propedeutico, filosofia ecc. Soprattutto le province che non hanno un seminario minore o non hanno
addirittura seminari, devono fare questo passo e capire che è necessaria e urgente una comunità
di accoglienza, per poi pensare in un seminario.
102
b)Bisogna fare un “lungo” cammino perché si arrivi a concretizzare quello che dicono le
Costituzioni 87,cioè che ogni casa degli Oblati e ogni Oblato sia impegnato in questo campo.
c) Si può arrivare ad un iter formativo comune, pur lasciando molta libertà nelle province e libertà
anche di gestire la casa, adattandosi, come abbiamo detto, alla disponibilità dei giovani.
Dice la Bibbia parlando di Abramo, che si fidò di Dio e “partì come gli aveva ordinato” (Gen
12,4).Un filosofo ebreo Emmanuel Levinas fece una differenza tra Abramo e il mitologico Ulisse,
eroe dell’ Odissea di Omero, tutti e due famosi viaggiatori. Ma mentre Abramo va verso un nuovo
orizzonte che Dio gli offre,si affida a Lui, Ulisse è mosso solo dalla nostalgia di tornare nella sua
Itaca, alla sua casa, ritornare su se stesso. A noi spetta decidere se camminare verso nuovi
orizzonti,fidandoci di Dio, o rimanere chiusi in noi stessi, nelle trincee della paura o della comodità,
senza fare scelte nuove e coraggiose. Il viaggio può essere faticoso ma vale la pena. Ci sono
giovani che aspettano e “ci” aspettano. Allora col coraggio della fede, con umiltà, con la speranza
anche “contro ogni speranza” (Rom 4,18) e l’ amore di avventurieri dello spirito, imbuchiamo
questo sentiero, se vogliamo, come Abramo, essere “padri” di molti popoli. Chi cammina non è
arrivato alla meta, ma cammina per arrivarci! Sono sicuro che camminando poco a poco cresce
anche l’ amore per la strada. Facciamo il cammino insieme, perché la Congregazione sia sempre "in
stato di vocazione e di missione” e ci auguriamo che questa descrizione del profeta Zaccaria possa
applicarsi agli Oblati oggi o in un domani prossimo, anche nelle Province con meno o “nessuna”
vocazione:
“In quei giorni, dieci uomini di tutte le lingue delle genti, afferreranno un Giudeo per il lembo del
mantello e gli diranno: Vogliamo venire con voi, perché abbiamo compreso che Dio è con voi” (Zc
8,23).
6) Bibliografia
LIBRI
1) IL CUORE DEL MONDO
Cencini Amedeo. Paoline, Milano 2006
2) CHIAMÒ A SÉ QUELLI CHE VOLLE
Cencini Amedeo , Paoline, Milano, 2003
3)LIBERARE LA SPERANZA
Cencini Amedeo,Paoline, Milano 2006.
4) LA VOCAZIONE PERSONALE
Herbert Alphonso sj,Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma, 2002
5) NON MANCARE LA VITA
Sapienza Leonardo ,Editrice Rogate Roma 2006
6) DISCERNIMENTO 1 e 2
Rupnik Marko Ivan ,Lipa Edizioni 2000 Roma
7) SU QUESTA STRADA
Redaelli Stefano,Città Nuova, Roma, 2006
8)VOCAZIONE E RADICALITÀ.
Maggiolini Sandro,Piemme, Casale Monferrato, 1992
9)VOCAZIONE E VOCAZIONI
Masseroni Enrico,Piemme, Casale Monferrato 1985
10) PASTORAL VOCACIONAL E CULTURA URBANA
Lisboa Moreira de Oliveira José,Loyola 2000- São Paulo
11)ANIMAÇÃO VOCACIONAL MISSÃO DE TODOS
Barth Adalíbio,Loyola 1999- São Paulo
12) TODOS SOMOS CHAMADOS
Guinzoni Mario, Curitiba 1987
13)O CAMINHO DE JOSÉ MARELLO
103
.Guinzoni Mario. Curitiba- (Manoscritto) 2005.
(OSS:Nella Bibliografia non sono inseriti, ma sono sottintesi, gli scritti del Fondatore, e le varie
“vite” del Marello)
DOCUMENTI
1)NUOVE VOCAZIONI PER UNA NUOVA EUROPA
Roma -1997
2)VOCAZIONI NELLA CHIESA ITALIANA
CEI 1985
3)LA PREPARAZIONE AL SACERDOZIO MINISTERIALE - ORIENTAMENTI E NORME
4)PASTORALE DELLE VOCAZIONI
Pontificia opera per le vocazioni ecclesiastiche,Roma 1992
5)IDE TAMBÉM VÓS PARA A MINHA VINHA
Estudos CNBB n.90, Paulus, Sâo Paulo 2005
6)GUIA PEDAGÓGICO DA PASTORAL VOCACIONAL
Paulus, Sâo Paulo,1983.
7)IGREJA, POVO DE DEUS A SERVIÇO DA VIDA
Texto Base do 2 Congresso de PV,2004
8)BATISMO, FONTE DE TODAS AS VOCAÇOES
Brasília,Ano vocacional 2003.
9)VITA CONSECRATA
Sâo Paulo, Loyola, 1992
10) RIPARTIRE DA CRISTO
Roma- 2002
(OSS: non sono inseriti nella Bibliografia i documenti vocazionali della Congregazione)
104
7.
Progetto Formativo per l’Aspirantato della Congregazione e
vantaggio di un programma stabile per i Prenovizi
(P. Sebastian Jacobi, OSJ)
1. Introduzione
“A chi per qualsiasi ragione, (età inoltrata, difetto di studio etc.) non possa aspirare allo stato
Ecclesiastico o Religioso, e tuttavia desideri di seguire dappresso il divin maestro coll’osservanza
dei Consigli Evangelici, è aperta la Casa di S. Giuseppe, dove, ritirandosi col proposito di
permanervi, nascostamente e silenziosamente operoso, nell’imitazione di quel grande Modello di
vita povera ed oscura, avrà modo di farsi vero discepolo di Gesù Cristo”.18 Questa ispirazione del
sacerdote Giuseppe Marello è realizzata con la fondazione della Congregazione degli Oblati di san
Giuseppe il 14 marzo 1878. In questi 129 anni della storia della Congregazione, essa ha avuto un
grande sviluppo a livello di Chiesa Universale. Oggi la Congregazione conta 516 professi religiosi
(374 professi perpetui e 142 professi temporanei), in 94 case religiose, sparsi in 13 entità
giuridiche.19 Quest’anno la congregazione è benedetta con 22 novizi, una quarantina di postulanti e
quasi 350 seminaristi minori.
Il futuro della Congregazione, in un senso, dipende dall’incremento delle vocazioni e dalla
formazione dei seminaristi e studenti religiosi. In alcune Province/Delegazioni abbiamo una
fioritura di vocazioni e nelle altre un calo vocazionale forte. Per questo motivo ci siamo radunati in
questo luogo per riflettere, in modo particolare, sulla Pastorale Vocazionale e sulla Formazione dei
nostri seminaristi minori nella Congregazione. È motivo di gioia per tutti noi stare insieme con
tanti Animatori Vocazionali e Formatori dei Seminari Minori di tutta la Congregazione. In modo
particolare sono presenti in questa assemblea 6 ex-Maestri di Novizi (P. Guinzoni Mario, P.
Cavallaio Fiorenzo, P. Masetti Phil, P. Attulli John, P. Crawford Brian e P. Choothamparambil
Josline) e un attuale Maestro dei Novizi (P. Valiyaparambil Vincent). La loro esperienza nei
noviziati, senz’altro, ci illuminerà molto nella elaborazione del Progetto Formativo dei nostri
Prenovizi, per dare una preparazione migliore ai nostri candidati all’iniziazione della vita religiosa
nella Congregazione.
“Pare ai nostri giorni che un’autentica formazione alla vita religiosa debba essere più grande ed
estendersi a una più lunga durata. Essa deve insieme abbracciare il periodo del noviziato e gli anni
successivi ai primi vincoli temporanei. In questo ciclo di formazione, il noviziato deve conservare la
sua funzione insostituibile e privilegiata di prima iniziazione alla vita religiosa. Questa finalità non
si potrà però raggiungere, se il futuro noviziato non possiede per lo meno una qualche preparazione
umana e spirituale, che è conveniente non solo provare, bensì anche sovente completare.
Infatti il noviziato si deve compiere nel periodo di tempo in cui ogni candidato, avendo preso
coscienza della chiamata da parte di Dio, è giunto a tale grado di maturità umana e spirituale che gli
permetta di rispondere a questa chiamata con sufficiente scelta libera e responsabile. Non si deve
invece entrare nella vita religiosa senza che una tale scelta sia stata fatta liberamente, con
l’accettazione delle rotture che essa comporta rispetto alle persone e alle cose. Questa prima
risoluzione tuttavia non esige necessariamente che il candidato sia in condizione di soddisfare
immediatamente tutte le esigenze della vita religiosa e delle opere apostoliche dell’istituto; egli però
deve essere ritenuto capace di giungervi progressivamente. La maggior parte delle difficoltà
18
 Cfr. GIUSEPPE MARELLO, Lettera n.95 in “Lettere del Venerabile Giuseppe marello”, a cura di P. Mario Pasetti,
Asti, 1979, p.197.
19
Cfr. Annuario della Congregazione degli Oblati di San Giuseppe, Edizione ufficiale, Roma, dicembre 2006, p.93.
105
incontrate ai nostri giorni nella formazione dei novizi derivano appunto dal fatto che questi, al
momento della loro ammissione al noviziato, non possedevano la sufficiente maturità.”20
Per questo motivo, la Chiesa e la nostra Congregazione sottolineano l’importanza e la serietà di una
adeguata preparazione nel periodo di prenoviziato, che comprende il postulato, per un
miglioramento della formazione religiosa21. Allo stesso tempo la Congregazione prevede una tappa
complementare, la Scuola Apostolica.22 La Congregazione ha avuto sempre questo periodo di
formazione anteriore al postulato: i candidati di questo periodo si chiamavano “Probandi”,
“Carissimi”, o “Aspiranti”.23 La Congregazione tiene ancora questo periodo di formazione in tante
Province e Delegazioni. Secondo il nostro “Progetto Formativo per l’Aspirantato”, "Anteriore al
postulato, l'aspirantato coincide, secondo i vari programmi formativi delle singole Province e
Delegazioni degli Oblati di San Giuseppe, con la scuola apostolica e propedeutica, il seminario
minore, il corso universitario, l’high school o il corso filosofico. Esso dura da uno a sette anni e
offre ai candidati un ambiente profondamente cristiano, idoneo non solo per una verifica seria della
volontà di Dio su ciascuno, ma anche per individuare germi di chiamata alla vita religiosa e
sacerdotale nella Congregazione degli Oblati di San Giuseppe (Cost. 91; Rg. 57).
E' una fase privilegiata per l'accoglienza, il discernimento, l'accompagnamento, la formazione delle
vocazioni alla vita religiosa e sacerdotale di noi Oblati. Normalmente l'ultimo anno di questa tappa
coincide con il postulato.”24
La Chiesa, sia nella formazione degli aspiranti alla Vita Religiosa che nella formazione dei
candidati nei seminari minori nel cammino al sacerdozio, sottolinea la serietà di questa tappa della
formazione. Can. 234 - §1: “Si mantengano, dove esistono, e si favoriscano i seminari minori o altri
istituti simili; in essi, allo scopo di incrementare le vocazioni, si provveda a dare una particolare
formazione religiosa insieme con una preparazione umanistica e scientifica; anzi, se lo ritiene
opportuno, il Vescovo diocesano provveda all'erezione del seminario minore o di un istituto
analogo”. Il Concilio Vaticano II ha dato il suo giudizio sulla preparazione al seminario maggiore,
che è l’istituzione immediatamente ordinata e necessaria per il sacerdozio, riferendosi alla
istituzione finora comune, chiamata seminario minore. Il Concilio ha certamente stabilito che essa
deve essere completamente rinnovata, ma ha anche dichiarato che essa è ancora valida per i nostri
tempi e adatta per coltivare i germi della vocazione. Ha anche dato alcune norme, poche invero ma
adattissime, perché il seminario minore risulti più atto a conseguire il suo scopo di grande
importanza anche nelle presenti circostanze; perché abbia una struttura specifica, consona alla sua
natura e alla sua finalità e perché non sia un seminario maggiore in miniatura, nel quale non si possa
opportunamente provvedere né alla cura, né alla libertà delle vocazioni. Il Concilio, inoltre, mentre
lo raccomanda, non nega che si possano almeno sperimentare, nel contempo, altri metodi adatti per
favorire le vocazioni sacerdotali, purché la istituzione del seminario minore non ne soffra danno, e
questi nuovi esperimenti siano prudentemente ordinati allo scopo e non ne nascondano la pura
rinuncia. La Chiesa, infatti, pensa, come consta dalla sua dottrina, esperienza e pratica, che si
possono distinguere, già dalla fanciullezza, alcuni segni della chiamata divina che postulano solerte
e conveniente cura.25 “Nei seminari minori eretti allo scopo di coltivare i germi della vocazione, gli
Cfr. Istruzione Renovationis causam della Congregazione per i religiosi e gli istituti secolari sull’aggiornamento
della formazione alla vita religiosa, 6 gennaio 1969, n.4.
20
21
Cfr. Can. 597; Congregazione per gli istitutivi Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, istruzione,
Potissimum Institutionis, Direttive sulla Formazione negli Istituti Religiosi (2 febbraio 1990), n. 42; Costituzioni degli
Oblati di San Giuseppe (= Cost.), Art. 90, 92-94; Regolamento Generale degli Oblati di San Giuseppe (= Reg.), 60-63,
Ratio Formationis degli Oblati di San Giuseppe, nn. 1-5.
22
Cost. Art. 90, 91; Reg. Art. 55−59.
Cfr. Regole della Congregazione di S. Giuseppe, 1892, Capo II.
24
Cfr. Progetto Formativo per l’aspirantato degli Oblati di San Giuseppe, approvato dal Superiore Generale e del suo
Consiglio il 02 gennaio 2004, Art. 1.
25
Cfr. Vaticano II, Decreto sulla formazione sacerdotale Optatum totius, n.5
23
106
alunni, per mezzo di una speciale formazione religiosa e soprattutto di un'appropriata direzione
spirituale, si preparino a seguire Cristo redentore con animo generoso e cuore puro. Sotto la guida
paterna dei superiori, coadiuvati opportunamente dai genitori, conducano un tenore di vita
conveniente all'età, alla mentalità e allo sviluppo degli adolescenti, e in piena armonia con le norme
di una sana psicologia, senza trascurare una congrua esperienza delle cose umane e i rapporti
normali con la propria famiglia. Inoltre si adattino anche al seminario minore, per quanto lo
consentono le sue finalità e la sua natura, le norme che seguono, relative ai seminari maggiori.”26
Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica postsinodale “Pastores Dabo Vobis” sottolinea
l’importanza del Seminario Minore: “Come attesta una larga esperienza, la vocazione sacerdotale
ha un suo primo momento di manifestazione spesso negli anni della preadolescenza o nei
primissimi anni della gioventù. Ed anche in soggetti che arrivano a decidere l'ingresso in seminario
più avanti nel tempo non è raro costatare la presenza della chiamata di Dio in periodi molto
precedenti. La storia della Chiesa è una testimonianza continua di chiamate che il Signore rivolge
anche in tenera età. San Tommaso, ad esempio, spiega la predilezione di Gesù verso l'apostolo
Giovanni « per la sua tenera età » e ne trae la seguente conclusione: « Questo ci fa capire come Dio
ami in modo speciale coloro che si danno al suo servizio fin dalla prima giovinezza ».
La Chiesa si prende cura di questi germi di vocazione seminati nei cuori dei fanciulli, curandone,
attraverso l'istituzione dei Seminari Minori, un premuroso, benché iniziale, discernimento e
accompagnamento. In varie parti del mondo, questi seminari continuano a svolgere una preziosa
opera educativa, finalizzata a custodire e a far sviluppare i germi della vocazione sacerdotale,
affinché gli alunni la possano più facilmente riconoscere e siano resi più capaci di corrispondervi.
La loro proposta educativa tende a favorire in modo tempestivo e graduale quella formazione
umana, culturale e spirituale che condurrà il giovane a intraprendere il cammino nel Seminario
Maggiore con una base adeguata e solida. (…).
Il Seminario Minore potrà essere nella Diocesi anche un punto di riferimento della pastorale
vocazionale, con opportune forme di accoglienza e offerta di occasioni informative per quegli
adolescenti che sono alla ricerca della vocazione o che, già determinati a seguirla, sono costretti a
procrastinare l'ingresso in seminario per diverse circostanze, familiari o scolastiche.”27 Perciò, la
formazione nei seminari minori ha un ruolo molto importante per la formazione dei futuri sacerdoti
e religiosi nella Congregazione e nella Chiesa.
2. Ammissione dei Aspiranti:
Il Progetto Formativo per l’Aspirantato della nostra Congregazione richiede alcuni criteri per
l’ammissione dei candidati ai seminari minori ( all’aspirantato), nel Art. 3 :
a) richiede:
“- La partecipazione dell'equipe formativa al processo di ammissione dei candidati
all'aspirantato (Seminario Minore, Scuola Apostolica,ecc.)
- Che i giovani provengano da famiglie cristiane ben formate; inoltre che siano in buona
salute e che pratichino la vita cristiana (Messa e Confessione frequente).
- Un livello culturale soddisfacente, così com'è richiesto dal paese di provenienza.
- La raccomandazione del parroco.
- La verifica dei certificati di battesimo e di cresima del candidato.
- La cooperazione e l'interessamento della famiglia nel campo spirituale, economico e
morale.
b) Inoltre, per i casi particolari è opportuno:
26
Cfr. Ibid., n.3.
Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Pastores dabo vobis, Esortazione apostolica postsinodale, La formazione dei sacerdoti
nelle circostanze attuali, 25 marzo 1992. n. 63.
27
107
- Cautela nel riammettere un ragazzo o un giovane uscito dall'aspirantato .
- non accogliere normalmente ragazzi e giovani provenienti da un seminario diocesano o
altra Congregazione.
- Non si ammettono giovani senza previo accompagnamento e discernimento vocazionale.
- non ammettere i casi di omosessualità”
2.1. Equipe Formativa
Qui, vorrei sottolineare alcuni elementi importanti dei criteri di ammissione all’aspirantato.
La prima richiesta è la partecipazione dell’equipe formativa al processo di ammissione dei candidati
all’aspirantato. Le nostre Costituzioni, il Regolamento e la Ratio Formationis non specificano niente
sull’equipe formativa. Qui dobbiamo dipendere dalle “Direttive sulla Formazione negli Istituti
Religiosi” della Congregazione per la Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica. Il documento
nel numero 32, dice: “Se, sotto la responsabilità personale del responsabile di formazione, esiste
un'equipe formativa, i membri devono agire d'accordo, vivamente coscienti della loro comune
responsabilità. «Sotto la guida del superiore siano in strettissima unità di spirito e di azione e
formino una famiglia unita fra loro e con quelli che devono formare». Non meno necessarie sono la
coesione e la collaborazione continua tra i responsabili delle diverse tappe della formazione.
L’intera opera di formazione è il frutto della collaborazione tra i responsabili di formazione e i loro
discepoli. Se è vero che il discepolo ne è il primo responsabile umano, questa responsabilità non si
può esercitarla che all'interno di una tradizione specifica, quella dell'istituto, di cui i responsabili di
formazione sono i testimoni e gli attori immediati.”28
2.1.1.Convenienza dell’equipe formativa:
Anche se l’Istruzione non esige l’esistenza dell’equipe, sono varie le ragioni che lo possono
consigliare. La formazione alla vita religiosa e sacerdotale è una realtà molto complessa. Abbraccia
la formazione umana, teologica, spirituale, apostolica. Richiede l’attenzione al gruppo e al ritmo
personale. Deve affrontare crisi personali e questioni di fondo sui principi e modelli di formazione.
In un’epoca di cambiamenti come la nostra, sorgono questioni che devono essere studiate, tensioni
che devono essere superate. Inoltre, l’unità dell’obiettivo finale a cui tende la formazione, esige che
ogni tappa, nei suoi metodi, contenuti e obiettivi, s’orienti verso l’obiettivo finale. Il processo non
può essere diviso in tappe incomunicabili. Questo compito, difficilmente potrà esser svolto da un
solo formatore o da formatori isolati. La formazione esige dedizione di corpo e anima, una
dedicazione del tempo e della persona ed una implicazione affettiva molto forte. Non si tratta di una
relazione con oggetti, ma con persone, e una relazione continuata e profonda. Il formatore necessità
appoggio, comprensione, aiuto mutuo di altri formatori.
2.1.2. Natura dell’equipe
L’Istruzione intende l’equipe formativa come un gruppo di formatori con funzioni diverse,
lavorando in cooperazione e interdipendenza, vivamente cosciente della loro responsabilità comune,
in stretta comunione di spirito, sotto la responsabilità di un responsabile (superiore, rettore…). Non
è sufficiente un gruppo di persone nello stesso lavoro funzionando individualmente, anche se
vivono nella stessa casa. Ci sarebbe un destinatario comune dell’azione, ma non corresponsabilità
né cooperazione. Né basta gruppo amorfo in quanto a responsabilità e competenze, come se tutto
fosse compito di tutti. Tale impostazione porta facilmente al disorientamento dei formandi e
all’inibizione e intromissione dei formatori. Si può parlare di circoli concentrici a cui applicare con
più o meno rigore il concetto di èquipe di formatori. Il primo circolo è il gruppo di coloro che
compiono la funzione di portare avanti l’andamento generale della comunità formativa e la totalità
28
Cfr. Potissimum Institutionis, n. 32.
108
della formazione. Il secondo circolo comprende anche coloro che, senza questa implicazione di
totalità, hanno responsabilità su alcune delle aree della formazione, come lo studio, l’apostolato,
ecc. Un terzo circolo è il gruppo composto da tutti i formatori della Provincia più direttamente
implicati nella formazione. Anche se questi formatori si trovino in luoghi diversi, è importante il
dialogo, gli incontri, per dare unità al processo formativo e aiutarsi mutuamente.29
La presenza dell’èquipe formativa a livello della Provincia/ Delegazione è necessaria al momento
dell’ammissione dei aspiranti per evitare in futuro grossi problemi nella vita religiosa. Sarebbe un
grande errore se il Provinciale o il Delegato ammettesse i candidati all’aspirantato senza consultare
l’equipe formativa, e senza mantenere i criteri stabiliti dalla Congregazione. Bisogna evitare questi
tipi di atteggiamenti da parte di superiori maggiori.
2. 2. Che i giovani provengano da famiglie cristiane ben formate; inoltre che siano in
buona salute e che pratichino la vita cristiana.
“Le famiglie sono chiamate a svolgere un ruolo decisivo per il futuro delle vocazioni nella Chiesa.
La santità dell’amore coniugale, l’armonia della vita familiare, lo spirito di fede con cui vengono
affrontati i problemi della vita di ogni giorno, l’apertura verso gli altri, specialmente verso i più
poveri e la partecipazione nella vita della comunità cristiana, formano l’ambiente propizio che
permette ai figli di ascoltare la chiamata divina e di dare una risposta generosa”.30 Allo stesso
tempo, in tante parti del mondo notiamo che “la vita della famiglia è segnata da un alto indice di
divorzi, da instabilità sociale ed economica, dalla perdita di contatto con i nonni e gli altri membri
della famiglia dovuto a lacerazioni familiari e a distanze generazionali, dalla ridotta importanza
della pratica religiosa e delle devozioni come esperienza familiare condivisa, dall’impatto di una
società che dà molto più importanza alla realizzazione personale e al guadagno che ad un vita dedita
a un impegno permanente, al dono di sé”.31 Perciò, al momento dell’ammissione al Seminario,
l’equipe formativo deve conoscere meglio l’ambiente familiare del candidato.
La Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis della Congregazione per l’educazione Cattolica
ribadisce: “Siccome la vocazione al sacerdozio (e alla vita religiosa), quantunque sia un dono
soprannaturale e del tutto gratuito, si appoggia necessariamente su doti naturali − così che, se ne
manca qualcuna, giustamente si deve dubitare che non esista vera vocazione − gli alunni vengano
esaminati accuratamente circa le loro famiglie, le loro qualità fisiche, psichiche, morali ed
intellettuali, per poter avere tempestivamente elementi certi per farsi un giudizio sulla loro
idoneità.”32 Da qui la raccomandazione del proprio parroco, la verifica dei certificati di battesimo,
di cresima e di studi, ecc.: elementi che ci aiutano per un discernimento migliore del candidato.
2.3. Non ammettere i casi di omosessualità
La Congregazione per l’Educazione Cattolica nella sua Istruzione circa i criteri di discernimento
vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al
Seminario e agli Ordini sacri (4 novembre 2005) ribadisce fortemente la necessità che i Vescovi, i
Superiori Maggiori e tutti i responsabili interessati compiano un attento discernimento circa
l'idoneità dei candidati agli Ordini sacri, dall’ammissione nel Seminario fino all’Ordinazione.
29
Cfr. JOSU M. ALDAY, C.M.F.,Il Formatore, Identità e Missione, Roma, 2001, pp. 26−27.
Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per la 39° Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, 8 settembre
2001, n.3.
31
Cfr. Conversione Discernimento Missione per una cultura vocazionale in Nord America, Documento finale del Terzo
Congresso continentale sulle vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata in Nord America, 2002, Editrice
Rogate, p.59.
32
Cfr. La Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis della Congregazione per l’educazione Cattolica (March 19,
1985), n.11.
30
109
Questo discernimento deve essere fatto alla luce di una concezione del sacerdozio ministeriale in
concordanza con l’insegnamento della Chiesa. I Vescovi, le Conferenze Episcopali e i Superiori
Maggiori vigilino perché le norme di questa Istruzione siano osservate fedelmente per il bene dei
candidati stessi e per garantire sempre alla Chiesa dei sacerdoti idonei, veri pastori secondo il cuore
di Cristo. Questa istruzione è valida non solo per i candidati al Sacerdozio, ma anche per i candidati
alla vita religiosa.
“Dal Concilio Vaticano II ad oggi, diversi documenti del Magistero – e specialmente il Catechismo
della Chiesa Cattolica – hanno confermato l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità. Il
Catechismo distingue fra gli atti omosessuali e le tendenze omosessuali. Riguardo agli atti, insegna
che, nella Sacra Scrittura, essi vengono presentati come peccati gravi. La Tradizione li ha
costantemente considerati come intrinsecamente immorali e contrari alla legge naturale. Essi, di
conseguenza, non possono essere approvati in nessun caso. Per quanto concerne le tendenze
omosessuali profondamente radicate, che si riscontrano in un certo numero di uomini e donne, sono
anch'esse oggettivamente disordinate e sovente costituiscono, anche per loro, una prova. Tali
persone devono essere accolte con rispetto e delicatezza; a loro riguardo si eviterà ogni marchio di
ingiusta discriminazione. Esse sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita e a unire
al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare.
Alla luce di tale insegnamento, il Dicastero dell’Educazione Cattolica, d'intesa con la
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ritiene necessario affermare
chiaramente che la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può
ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l'omosessualità, presentano
tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette
persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con
uomini e donne. Non sono affatto da trascurare le conseguenze negative che possono derivare
dall'Ordinazione di persone con tendenze omosessuali profondamente radicate.”33
3. La Comunità Formativa:
Il progetto Formativo dell’aspirantato vede i seminari minori come prima comunità educativa
vocazionale (Ref. Art. n.4) e richiede una presenza di formatori, ben preparati, a tempo pieno. Qui i
formatori sono: il Rettore, il Prefetto, l’Orientatore vocazionale, il Padre Spirituale e l’Assistente.
Ognuno ha i suoi impegni specifici da svolgere in questo cammino formativo dei nostri futuri
confratelli (cfr. Art. 8-12):
“Il Rettore:
Come primo responsabile della comunità ha il compito di:
- coordinare e animare tutta l'azione educativa, nel pieno rispetto delle mansioni del prefetto
e di ogni singolo educatore;
- approvare, d'intesa con il prefetto e la comunità, tutto ciò che riguarda la programmazione,
l'andamento e la vita del seminario e della casa (cfr. PFA n.8)
Il Prefetto:
E' il diretto responsabile e superiore degli aspiranti ha il compito di:
- curare non solo gli aspetti disciplinari, ma soprattutto formativi e organizzativi;
- tenere relazioni con le famiglie, i parroci degli aspiranti e con quanti hanno legami con
questi ultimi.
33
Cfr. Istruzione della Congregazione per l'Educazione Cattolica circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo
alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri, 4 novembre
2005.
110
- inoltre tiene aggiornati: i documenti anagrafici, i registri di accettazione, l'iter scolastico, le
valutazioni e le relazioni, la scheda medica psico-diagnostica, le rette e i contributi, il
registro degli ex-allievi e dei benefattori (Cfr. PFA, n.9).
L'Orientatore Vocazionale:
E' una figura importantissima con un compito indispensabile all'interno e all'esterno della comunità
formativa dell'aspirantato.
Ai fini di una buona formazione e di un proficuo orientamento vocazionale, quest'incarico sia
preferibilmente disgiunto da quello di prefetto. Pur nella distinzione dei compiti, il prefetto e
l'orientatore vocazionale operino e collaborino insieme, essendo comune l'obiettivo da raggiungere
(Cfr. PFA, n.9).
Il Padre Spirituale:
Guida gli aspiranti che a lui si rivolgono per una illuminata direzione spirituale. Normalmente funge
anche da confessore ordinario. A discrezione del prefetto può essere aiutato, nel foro sacramentale,
da altri confessori idonei (Cfr. PFA, n.10)
L'Assistente:
Se la necessità lo richiede e le possibilità lo consentono, l'assistente, studente professo, coadiuva
direttamente il prefetto negli aspetti disciplinari e organizzativi. La sua presenza diventi
testimonianza, richiamo a quegli ideali e stili di vita verso i quali gli aspiranti sono indirizzati.”
(Cfr. PFA, n.11).
3.1. Formazione dei Formatori
Qui è opportuno accennare l’importanza della formazione e aggiornamento dei nostri formatori
nelle Case di Formazioni (Ref. PFA 13- 20). A volte noi improvvisiamo le scelte e le nomine dei
formatori. Il Decreto del Vaticano II sulla formazione sacerdotale “Optatum totius”, parlando della
scelta dei Superiori e del corpo insegnante, scrive: “Poiché l’educazione degli alunni dipende e
dalla sapienza delle leggi e soprattutto dalla idoneità degli educatori, i Superiori e i professori dei
Seminari devono essere scelti fra gli elementi migliori e diligentemente preparati con un corredo di
soda dottrina, di conveniente esperienza pastorale e di una speciale formazione spirituale e
pedagogica.”34
I formatori hanno un grande compito nella formazione dei futuri religiosi e sacerdoti. “Lo Spirito di
Gesù risuscitato si fa presente ed operante attraverso un insieme di mediazioni ecclesiali. Tutta la
tradizione religiosa della Chiesa attesta il carattere decisivo del ruolo degli educatori per la riuscita
dell'opera di formazione. Loro compito è di discernere l'autenticità della chiamata alla vita
religiosa nella fase iniziale di formazione e di aiutare i religiosi a ben condurre il loro dialogo
personale con Dio, scoprendo nello stesso tempo le vie nelle quali sembra che Dio voglia farli
progredire. Spetta anche a loro di accompagnare il candidato sulle strade del Signore attraverso un
dialogo diretto e regolare, nel rispetto della competenza del confessore e del direttore spirituale
propriamente detto”.35
“Oltre ad una buona conoscenza della dottrina cattolica riguardo la fede e il costume, «l'esigenza di
qualità adeguate risulta dunque evidente per coloro che assumono responsabilità di formazione:
– capacità umane d'intuito e di accoglienza;
– esperienza sviluppata di Dio e della preghiera;
– sapienza derivante dall'attento, prolungato ascolto della parola di Dio;
– amore della liturgia e comprensione del suo ruolo nell'educazione spirituale ed ecclesiale;
– competenza culturale necessaria;
34
35
Cfr. Vaticano II, Decreto sulla formazione sacerdotale Optatum totius, n.5
Cfr. Potissimum Institutionis, n. 30.
111
– disponibilità di tempo e buona volontà per dedicarsi alla cura personale dei singoli
candidati e non soltanto del gruppo».
Questo compito dunque richiede serenità interiore, disponibilità, pazienza, comprensione ed un vero
affetto per coloro che sono stati affidati alla responsabilità pastorale dell'educatore.”36
Per i formatori comporta lo sforzo constante di conoscere la realtà giovanile, insieme con la
capacità pedagogica e spirituale di accompagnare e guidare i giovani. Il loro servizio è una
mediazione qualificata da un preciso riferimento trinitario: “La formazione è dunque partecipazione
all'azione del Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore dei giovani i sentimenti del Figlio. I
formatori devono perciò essere persone esperte nel cammino della ricerca di Dio, per essere in
grado di accompagnare anche altri in questo itinerario. (…) Ai lumi della sapienza spirituale
uniranno quelli offerti dagli strumenti umani, che possano essere d'aiuto sia nel discernimento
vocazionale, sia nella formazione dell'uomo nuovo, perché divenga autenticamente libero”.37
Il compito esige pertanto una seria e solida preparazione dei formatori, e una generosa e totale
dedizione da parte loro nell’impegno di essere imitatori di Cristo nel servizio ai fratelli.
4. Progetto Educativo
Il nostro PFA sottolinea gli aspetti del progetto educativo nei nn. 21-31. Esso, presso noi Oblati,
deve modellarsi sull’esempio della famiglia di Nazareth, sul modello di Gesù adolescente che
cresceva in età, sapienza e grazia sotto l’attenta custodia di Giuseppe e Maria (Cfr. n.22), creando
un’ambiente familiare (n. 25), sereno ed esigente, in grado di educare alla generosità, all’impegno
senza riserve, alla capacità di essere responsabile per arrivare a una scelta libera e matura della
vocazione (Cfr. n. 24). In questo periodo la collaborazione con la famiglia degli aspiranti, con le
parrocchie ecc. (nn 26-27) è un valido aiuto per la loro crescita.
La ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis della Congregazione per l’Educazione Cattolica
dice: “Vengano conservati, da parte degli alunni, convenienti ed anche necessari rapporti con le
proprie famiglie e con i loro coetanei, avendo bisogno di tali rapporti per un sano sviluppo
psicologico, specialmente per quanto riguarda la vita affettiva. Si aiutino le famiglie con opportuna
assistenza spirituale, perché siano capaci di collaborare sempre più con il seminario per la cura delle
vocazioni.”38
In questo progetto educativo “gli alunni nel seminario conducano una vita consona alla loro età ed
al loro sviluppo, e conforme alle sane norme della psicologia e della pedagogia; si eviti
diligentemente tutto ciò che in qualunque modo possa diminuire la libera scelta dello stato, avendo
sempre presente che tra gli alunni vi sono quelli che apertamente accettano l’idea di diventare
sacerdoti, altri che l’ammettono come possibile, altri, poi, che manifestano esitazioni e dubbi circa
la vocazione, ma, essendo dotati di buone qualità, non perdono tutta la speranza di poter un giorno
arrivare al sacerdozio. Tutto ciò esige che nel seminario minore vi sia confidenza familiare con i
superiori e fraterna amicizia fra gli alunni, così che tutti, stretti in una sola famiglia, possano
abbastanza facilmente coltivare la propria indole in modo conveniente e adatto, secondo i disegni
della divina Provvidenza.39
5. Formazione affettiva e sessuale (PFA nn. 40-46)
36
Cfr. Ibid. n. 31.
Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Vita Consacrata, Esortazione apostolica postsinodale sulla vita consacrata e la sua
missione nella Chiesa e nel mondo, 1996, n.66.
38
Cfr. La Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis , n.12; cfr. anche CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n. 3;
Dichiar. Gravissimum educationis, n. 3; cfr. PIO XII, Esort. Apost. Menti Nostrae, 23 sett. 1950: A.A.S. 42 (1950), p.
685; Giovanni Paolo II, Esort. Apost. Familiaris consortio, 22 novembre 1981: A.A.S. 74 (1982), pp. 145 ss.; nn. 53,
54 .
37
39
Cfr. CONC. VAT.II. decr. Optatam totius, n.5; La Ratio Fundamentalis Institutionis sacerdotalis, n.13.
112
“ Lo sviluppo della persona umana comporta la formazione di una maturità affettiva, di cui la
sessualità è parte integrante. Una positiva, graduale, prudente educazione sessuale, da inserire
nell’ambito del progetto educativo dell’aspirantato, non si limita alla mera informazione, ma mira a
valorizzare questa dimensione profonda dell’uomo in una prospettiva di donazione totale di sé, sia
nella vita matrimoniale, che nella vita consacrata “ (PFA 40). Per aiutare gli aspiranti ad arrivare a
una maturità affettiva e sessuale il Progetto Formativo propone di utilizzare i mezzi naturali e
sopranaturali per il conseguimento dell’equilibrio affettivo, della padronanza dei sentimenti e degli
istinti (n. 41), con una verifica in questo campo soprattutto a conclusione delle varie tappe
formative (n. 42), alla conclusione del periodo estivo delle vacanze in famiglia (n.43), indirizzando
ad altre scelte di vita coloro che non sono idonei alla vita celibataria (n.44), e con un retto uso
dell’attività sportiva (n.45), ricreazione interna, le gite e escursione (n.46).
Dall’inizio dell’aspirantato i formatori devono dare ai candidati un idea molto chiara sulla chiamata
alla verginità nella vita religiosa e sacerdotale, e formarli ad accettare il dono della verginità
consacrata con gioia e libertà. La maturità affettiva è un elemento molto importante nella
formazione religiosa e sacerdotale. Per chiarire questo argomento accennerei alcuni pensieri del P.
Amedeo Cencini40: “Potrà sembrare superfluo a qualcuno, ma forse è il caso di ribadire cosa
significhi essere vergini per il Regno, ed esserlo alla luce del dono che abbiamo ricevuto dallo
Spirito. Se vogliamo capire il “come” (come vivere da persone mature e libere nel cuore), dobbiamo
prima chiarire il “cosa” (cosa significa maturità e libertà affettiva). Ben ricordando che a chi sceglie
di consacrarsi nella castità perfetta è richiesta non una maturità affettiva qualsiasi, ma quella tipica
di chi ha ricevuto in dono il carisma della verginità per il Regno, per la Chiesa e nel mondo, ed è
chiamato a viverlo secondo la vocazione particolare del suo istituto d’appartenenza, o in quanto
presbitero d’una chiesa locale. In tal senso una maturità affettiva di base è, da una parte, condizione
fondamentale, come una terra buona, per accogliere un tale carisma; dall’altra ne è conseguenza,
come un frutto.
5.1. Significato fondamentale:
Esser vergini per il Regno in quanto consacrati vuol dire: amare Dio al di sopra di tutte le creature
(= con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze), per amare con il cuore e la libertà di Dio
ogni creatura, senza legarsi a qualcuna né escludere alcuna (= senza procedere con i criteri elettivoselettivi dell’amore umano), anzi, amando in particolare chi è più tentato di non sentirsi amabile o
di fatto non è amato.
5.1.1.Sostanza : l’amore
La sostanza dell’opzione verginale, il suo “cuore” o parte vitale, è l’amore. La scelta verginale
consiste essenzialmente nell’amore, inizia e si compie nell’amare, nasce dalla scoperta
contemplativo-esperienziale dell’amore e mira all’aumento della capacità di voler bene: non
consiste primariamente nella rinuncia a istinti e tentazioni, tanto meno nel dir di no, consciamente o
inconsciamente, all’esperienza dell’amore e dell’essere amati. Non c’è nemmeno una pretesa
soggettiva di perfezione alla sua origine, o un’esigenza cultuale; tanto meno un’imposizione,
esterna (come può essere una legge) o interna ( un condizionamento psichico quale, ad esempio, la
paura dell’altro sesso). La verginità è “fatta” di amore, ed è possibile solo come scelta dettata
dall’amore.
5.1. 2. Oggetto : Dio e il povero d’amore
L’oggetto dell’amore verginale è Dio, con tutto ciò che questo significa sul piano della centralità
dell’esperienza spirituale; ma non soltanto Dio è oggetto dell’amore vergine, bensì anche le
40
Cfr. AMEDEO CENCINI, Verginità e Celibato Oggi, per una sessualità pasquale, EDB, Bologna, 2006, pp.17-21.
113
creature, ogni creatura, e in particolare i destinatari dello specifico apostolato d’istituto, e in genere
chi è più povero particolarmente nell’amore, o più tentato di non sentirsi amabile perché non è di
fatto amato. Non c’è rivalità o fattura, in tal senso, fra amore divino e umano, semmai c’è
progressione a partire dall’amore di Dio, come un movimento concentrico che s’espande e
raggiunge ogni essere che avviciniamo. Fino a raggiungere quelli che potrebbero essere i più lontani
da Dio e dalla speranza d’essere da lui amati.
5.1.3 Modalità: la totalità
La modalità generale dell’amore verginale (= condizioni in positivo) è la totalità, indicata dalle
caratteristiche dei due amori (per Dio e per l’uomo): Dio è amato, infatti, con tutto il cuore , con
tutta la mente e con tutta la volontà; la creatura è benvoluta con il cuore e la libertà di Dio, che è la
pienezza e totalità dell’amore. Ma la cosa interessante è che si tratta d’una totalità incrociata in
riferimento all’oggetto, nel senso che quello divino, Dio, è amato con cuore e da un cuore
totalmente umano, mentre la creatura umana è benvoluta con benevolenza divina, ovvero sempre da
un cuore di carne ma educato dalla libertà di Dio ad amare con la sua larghezza, altezza, intensità…
ovvia la relazione tra i due amori: l’uno influisce sull’altro inevitabilmente .
Per questo l’amore del vergine è un amore pieno, per l’oggetto amato e per la modalità amante,
totalmente umano e pure divino, come totalmente umano e totalmente divino è il Cristo sofferente
in croce, culmine estremo dell’amore vergine e della totalità di tale amore: per il Padre, amato al di
sopra di tutto, e per l’uomo, lontano da Dio con il peccato, dunque non amabile e tentato dalla
tentazione di non sentirsi amato.
5.1. 4. Condizione: la rinuncia
Qualsiasi scelta implica una rinuncia, come una condizione (=condizione in negativo) direttamente
connessa a quella scelta. La rinuncia intenzionale del vergine è quella di rinunciare a legami
definitivi ed esclusivi, con carattere totalizzante, come sarebbero, ad esempio, il matrimonio o una
relazione troppo invadente e possessiva, esclusiva ed escludente. Ma non solo questo, anzi: questo è
risaputo e un po’scontato, mentre non si sottolinea sufficientemente l’altro versante della scelta. Il
vergine sceglie anche di non escludere nessuno; in sostanza rinuncia ad amare con i criteri della
benevolenza o simpatia soltanto umana, che preferisce qualcuno o esclude un altro in base al
semplice istinto o alla spontanea attrazione o all’interesse personale più che a quello altrui.
Mettendo assieme le ultime due sottolineature (le condizioni in positivo e in negativo) diciamo che
il consacrato vergine deve vivere molte relazioni, ma con un stile particolare, che rifletta in termini
chiari la sua verginità, e dica al tempo stesso la centralità della sua relazione con Dio e la passione
per ogni fratello e sorella. Al di là di ogni atteggiamento unilaterale ed estremo: né orso né
farfallina, né chiuso in se stesso né alla ricerca perpetua di puntelli e compensi vari, né
supermoralista da veder male dappertutto ma nemmeno così ingenuo ( o furbo?) da permettersi tutto
o quasi”.
6. Formazione Spirituale (PFA nn. 47 – 64)
Il nostro Progetto Formativo per gli Aspiranti propone i mezzi completi nel campo della formazione
spirituale: contatto quotidiano con la Parola di Dio, specialmente nel campo della catechesi o
istruzione religiosa, della meditazione e del raccoglimento (n. 49); formazione liturgica (n. 50-51);
partecipazione quotidiana alla Santa Eucaristia, coltivando la vera devozione all’Eucaristia
mediante l’adorazione e la visita al Santissimo Sacramento (nn 52-54); celebrazione delle Liturgie
delle Ore in particolari circostanze (n.55). Si da una giusta importanza agli esercizi spirituali,
specialmente all’inizio dell’anno accademico (n.56), e al sacramento della penitenza, almeno
quindicinale, con una preparazione catechetica (n. 57). I seminaristi devono essere educati e formati
114
anche nella vita ascetica, specialmente coltivando la fedeltà all’orario, obbedienza, impegno
scolastico, vita comunitaria, ecc (n. 58). La Direzione Spirituale ha un posto privilegiato durante
questo periodo della formazione (n. 59). Fin dall’inizio della formazione gli aspiranti devono
coltivare la vera conoscenza e devozione alla Beata Vergine Maria, a San Giuseppe, patrono della
Congregazione, a San Giuseppe Marello, fondatore della Congregazione e a santo Stanislao Kostka,
patrono degli aspiranti (nn60-64).
La Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis ribadisce che “nella formazione spirituale dei
singoli, gli alunni vengano aiutati con una guida capace, perché coltivino armonicamente tutte le
loro qualità fisiche, morali, intellettuali ed affettive, e vengano sempre più ispirati dal senso della
giustizia, della sincerità, dell’amicizia fraterna, della verità, della giusta libertà e della coscienza del
dovere, così che, con tutti gli elementi, anche naturali, debitamente coltivati41, possano più
facilmente disporsi con animo generoso e puro a seguire Cristo Redentore e a servirlo nella vita
apostolica.42 Elemento principale e necessario di questa formazione spirituale è la vita liturgica,
alla quale i seminaristi dovranno prendere parte con sempre più viva consapevolezza, secondo il
progredire dell’età, unitamente agli altri esercizi di pietà quotidiana o periodica.43
7. Formazione Intellettuale (PFA nn. 65 – 72)
La formazione intellettuale dei aspiranti è una parte integrale del Progetto Formativo. Lo Studio e
la scuola rappresentano i due mezzi fondamentali per acquisire una completa formazione
intellettuale e una solida preparazione culturale (n.66). Normalmente si scelgono gli studi
umanistici e filosofici, che li faciliteranno in futuro gli studi teologici (n. 67). Ratio Fundamentalis
Institutionis Sacerdotalis della Congregazione per l’educazione Cattolica raccomandano che “gli
alunni compiano il corso di studi richiesto nella propria nazione per accedere agli studi accademici,
e, per quanto è permesso dal programma degli studi, coltivino pure le discipline che sono necessarie
o utili ai candidati al sacerdozio. Inoltre, cerchino, in linea di principio, di conseguire il titolo civile
di studio, per essere pari ai loro coetanei e per godere della libertà e della possibilità di scegliere un
altro stato di vita, qualora non vengano ritenuti chiamati al sacerdozio. Questi studi siano compiuti
nelle scuole proprie del seminario; possono anche essere seguiti presso scuole cattoliche esterne, o
presso altre scuole, se i vescovi ( e i superiori), per le particolari circostanze di luogo, giudicheranno
ciò cosa migliore ed attuabile con prudenza”.44 Durante questo periodo della formazione
intellettuale si può valutare anche il loro interesse e amore verso la Vita Religiosa, alla
Congregazione e alla Chiesa (PFA,n.69). Perché alcuni potrebbero rimanere nei seminari solamente
per acquisto dei studi accademici. Perciò, “la valutazione scolastica, da comunicare
tempestivamente alle rispettive famiglie, non si limita al solo risultato finale, ma comprende pure
altri criteri, quali: il desiderio manifesto di apprendere, l’impegno personale nello studio, la
possibilità di una maggiore maturazione intellettiva, la capacità di dialogo e di ascolto, l’apertura e
la comprensione dei valori comunitari” (PFA, n.70).
Come parte della formazione intellettuale si dà anche un giusto posto per i mezzi di
comunicazione nei seminari (n. 71), con prudenza e cautela (n.72). “Occorre una vasta opera
formativa per far sì che i media siano conosciuti e usati in modo consapevole e appropriato. I nuovi
linguaggi da loro introdotti modificano i processi di apprendimento e la qualità delle relazioni
umane, per cui senza un'adeguata formazione si corre il rischio che essi, anziché essere al servizio
delle persone, giungano a strumentalizzarle e condizionarle pesantemente. Questo vale, in modo
speciale, per i giovani che manifestano una naturale propensione alle innovazioni tecnologiche, ed
41
42
43
44
Cfr. CONC.VAT.II, Dichiar. Gravissimum Educationis, n.1..
Cfr. Conc. Vat. II, Decr. Optatam totius, n. 3.
Cfr. La Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis , n. 14.
Cfr. La Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis , νν. 16,17.
115
anche per questo hanno ancor più bisogno di essere educati all'utilizzo responsabile e critico dei
media.”45
8. Formazione alla vita religiosa (PFA n. 73)
Durante il periodo formativo degli aspiranti, i formatori devono trasmettere loro una conoscenza
elementare della vita religiosa, della vita comunitaria e dei consigli evangelici:
* La Povertà: per ciò che concerne l'uso dei mezzi di comunicazione, dei soldi, la capacità
di saper condividere , il rispetto dei beni della comunità.
* La Castità: educare alla virtù della castità, alla purezza del cuore, all'amicizia sincera.
* L' Obbedienza: educare all'obbedienza e al rispetto ai superiori, all' accettazione di
eventuali correzioni.
Così, gradualmente gli aspiranti arriveranno a una conoscenza che i “voti con cui i consacrati si
impegnano a vivere i consigli evangelici, conferiscono tutta la loro radicalità alla risposta d'amore.
La verginità dilata il cuore sulla misura del cuore di Cristo e rende capaci di amare come lui ha
amato. La povertà rende liberi dalla schiavitù delle cose e dei bisogni artificiali a cui spinge la
società dei consumi, e fa riscoprire Cristo, l'unico tesoro per il quale valga la pena di vivere
veramente. L'obbedienza pone la vita interamente nelle sue mani perché egli la realizzi secondo il
disegno di Dio e ne faccia un capolavoro. Occorre il coraggio di una sequela generosa e gioiosa.”46
9. Formazione Pastorale (PFA n. 74)
Sin dall'inizio è opportuno preparare gradualmente i nostri aspiranti all'apostolato, perché l'opera
educativa deve tendere a formare autentici pastori d'anime sull'esempio di nostro Signore Gesù
Cristo, Maestro, Sacerdote e Pastore. E' opportuno preparare i nostri candidati per ciò che concerne
la formazione pastorale, tenendo presenti i seguenti elementi:
- Fedeltà a Dio: cercare sempre e dovunque la volontà di Dio.
- Fedeltà alla Chiesa: Madre e Maestra; guidata e illuminata dallo Spirito Santo. 1 suoi
insegnamenti sono verità infallibili in materia di fede e tradizione.
- Fedeltà all’Uomo: l'annuncio del messaggio di salvezza trasforma l'uomo e lo conduce al
pieno sviluppo in Cristo; è necessaria l' inculturazione del Vangelo nelle varie situazioni.
- Fedeltà al Carisma degli Oblati: Siamo servi di Dio e della Chiesa mediante l'attuazione
della nostra spiritualità; è opportuno dare al nostro carisma l'importanza che merita nella
nostra pastorale, nella vita liturgica, sacramentale, nei canti sacri, ma soprattutto
nell'azione in favore dei giovani e dei più bisognosi.
10. Vantaggio di un programma stabile per i Pre-Novizi
Normalmente l’ultimo anno del periodo formativo dell’aspirantato coincide con il postulato (pre
noviziato), una preparazione immediata al noviziato con il proprio programma della Congregazione
(Cfr. Ratio Formationis OSJ, nn 1-5). Ha una durata di minima di sei mesi e massima di 2 anni.
Praticamente abbiamo un programma di un anno per i postulanti; solo la Provincia dell’India ha
una casa separata per il postulato.
È ammesso al Postulato il giovane che ha raggiunto progressivamente gli obiettivi del periodo di
verifica e di orientamento. In esso approfondisce il senso della consacrazione battesimale, nella
quale si radica la consacrazione religiosa. Viene iniziato alla vita comunitaria e apostolica nello
spirito della Congregazione e procura di raggiungere il grado di maturazione necessario per poter
45
Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Il Rapido Sviluppo, Lettera Apostolica ai Responsabili delle Comunicazioni Sociali, 24
gennaio 2005, n.11.
46
cfr. Ripartire da Cristo, Congregazione per gli istituti di Vita Consacrata e le società di Vita Apostolica, 19 maggio
2002, n. .22.
116
operare liberamente e responsabilmente la propria scelta vocazionale. In particolare il giovane
dovrebbe dimostrare di avere concretamente verificato il suo progetto vocazionale e di possedere le
qualità richieste dalla vita e missione della Congregazione.
10.1. Maturazione umana
A livello di maturazione umana sarà opportuno verificare se il candidato (abbia raggiunto una
conoscenza realistica di sé ed un’accettazione serena del proprio vissuto, tenendo presente
soprattutto i seguenti aspetti:
– rapporto sereno con il proprio corpo e accettazione della propria sessualità differenziata
– cammino di chiarezza e lealtà con se stesso
– rilettura e graduale accettazione della propria storia personale e familiare
– rapporto positivo con la propria cultura;
• capacità di stabilire relazioni interpersonali serene, dimostrando di aver raggiunto una
certa:
– capacità di relazione e di comunicazione
– capacità di vivere e di lavorare insieme
– disposizione e apertura al dono di sé
– capacità di perdono;
• manifesti una sufficiente autonomia/responsabilità, soprattutto in ordine alla
maturazione di una certa capacità decisionale:
– capacità di assumere in prima persona gli impegni e le esigenze del cammino formativo
– capacità di organizzare il proprio tempo con responsabilità.
10.2 Maturazione cristiana
A livello di maturazione cristiana è importante fare attenzione ai seguenti indicatori:
• rapporto semplice e filiale con Dio, espresso nella
– preghiera personale
– partecipazione attiva alla preghiera comunitaria
– valorizzazione dell’Eucaristia e del sacramento della Riconciliazione
– iniziale capacità di leggere alla luce della Parola gli eventi della vita quotidiana
– capacità di confrontare il proprio progetto di vita con il disegno di Dio
• atteggiamento abituale di sincerità di fronte a se stesso, agli altri, a Dio
• rapporto fiducioso con Maria come donna e discepola di Cristo
• devozione a san Giuseppe, che il postulante deve imparare a conoscere, imitare e invocare
• una conoscenza almeno generale del Fondatore e della Congregazione
• sensibilità ai bisogni e alle sollecitazioni della Chiesa anche attraverso l’impegno di
servizio apostolico.
È opportuno, inoltre, verificare se il giovane abbia raggiunto una sufficiente e adeguata conoscenza
dei contenuti fondamentali della fede e la capacità di rapportare ad essi le proprie esperienze
quotidiane.
10.3 Attitudine alla vocazione carismatica specifica
A livello di attitudine a vivere la vita carismatica specifica è indispensabile verificare se il candidato
• abbia fatto un cammino di
– chiarificazione delle motivazioni vocazionale nel confronto con se stesso, con il
formatore-guida e la comunità
– apertura e disponibilità al cammino formativo;
– possegga almeno in forma iniziale la capacità di sintonizzare con la vita e missione
dell’Istituto.
117
11. Discernimento vocazionale e l’ammissione al Noviziato
Uno dei vantaggi del programma formativo del periodo prenoviziato è che i formatori possono fare
un discernimento vocazionale dei candidati. La fase formativa del prenoviziato raggiunge i sui
obiettivi quando:
– il prenoviziato conclude la sua ricerca vocazionale e con l’aiuto dei formatori giunge alla
convinzione che il Signore lo chiama alla vita Giuseppina-marelliana, è pronto ad
abbracciarla e chiede di essere ammesso al noviziato; oppure, alternativamente, arriva
alla conclusione di non essere chiamato alla nostra vita della Congregazione;
– la Congregazione, attraverso la comunità formativa e provinciale (e di delegazione), fa il
suo processo di discernimento e arriva alla certezza che il prenovizio mostra segni
autentici di vocazione Giuseppino-marelliana e presenta i requisiti di base per iniziare il
noviziato.
Il discernimento vocazionale è un discernimento spirituale della vocazione. Si chiama vocazionale
perché oggetto del discernimento è la chiamata, l’appello di Dio. Esso può essere fatto con la
competenza della fede e delle scienze umane che possono fornire al discernimento spirituale della
vocazione un corretto presupposto sotto il profilo degli aspetti umani e psicologici implicati nella
complessità della vocazione (identità, libertà, consistenza, equilibrio, ecc). Si tratta cioè di
individuare se la persona chiamata può assumere quel determinato genere di vita, se possiede le
attitudini e le disposizioni richieste. Si tratta in altri termini di vedere se c’è una vera compatibilità
tra le aspirazioni di una persona e il genere di vita a cui si sente chiamata e che desidera
abbracciare.
Il discernimento è sempre dato dall’interazione di due parti, entrambe implicate: la persona che si
orienta verso una specifica forma di vita consacrata e la comunità o l’istituto che la accetta. Il
discernimento vocazionale dunque viene fatto da due soggetti: la persona e le sue motivazioni,
l’istituto e il suo carisma. Il dialogo sereno e responsabile tra il giovane e l’istituto, mediante le
persone a questo deputate, è una delle prime condizioni perché si possa realizzare con obiettività ed
efficacia. Questo duplice discernimento, l’uno interno e l’altro esterno, mira alla valutazione
dell’idoneità di base (attitudini e disposizioni secondo l’identità carismatica) e della “retta
intenzione” (discernimento delle motivazioni).
11.1. Natura e finalità
Il discernimento vocazionale, come è implicito nell’etimologia della parola (valutare, vagliare,
percepire con acutezza) può essere descritto come quel processo di conoscenza teso a valutare gli
aspetti della realtà personale attraverso cui si comprende se il giovane è davvero chiamato a quella
vocazione specifica. È un processo che consente di individuare se la persona possiede, oltre
all’interesse e all’inclinazione per quel determinato tipo di vocazione, anche le attitudini e le virtù
richieste per viverla e in particolare la retta intenzione, cioè la volontà manifesta, decisa e provata
di donarsi interamente al Signore per motivi di fede.47
Non si tratta dunque di un giudizio morale, né di una diagnosi psicologica, neppure si tratta di
vedere la presenza/assenza di controindicazioni, ma di un lavoro di comprensione della realtà
globale della persona alla luce del disegno di Dio. Si tratta cioè di scoprire nel contesto globale
della vita di quella persona i segni della volontà di Dio. Da qui la responsabilità e l’impegno da
parte dell’istituto di discernere e promuovere la vocazione di quanti sono chiamati a farne parte,
scoprendo e valorizzando i doni di ciascuno in modo da farli convergere nel compimento della
comune missione.
Il discernimento vocazionale non è esclusivo del tempo della formazione iniziale, ma è un
atteggiamento costante di tutto l’itinerario formativo. Va inteso come una lenta e progressiva
educazione a vedere la vita in profondità. Esso tocca in profondità il cammino formativo della
47
cfr. Paolo VI, Summi Dei Verbum, Lettera apostolica sulla formazione dei seminaristi, 17.
118
persona. Si impone come una costante nella vita e segna il passaggio da un “si” iniziale e non
ancora del tutto consapevole, ad un “si” maturo e cosciente.
C’è quindi un discernimento vocazionale costante e presente in tutto l’arco formativo, che riguarda
sia la persona, sia la comunità, sia la guida. È tutta la formazione che va realizzata in atteggiamento
di continuo discernimento, anche se ci sono tempi in cui è particolarmente richiesto, come ad
esempio nei momenti decisionali quali: il passaggio da una fase all’altra, le ammissioni,
specialmente il periodo che precede la professione perpetua, intesa come scelta definitiva di Dio
nell’istituto.
11.2. Responsabilità del discernimento
Il discernimento vocazionale si attua attraverso il coinvolgimento e la collaborazione di una vasta
cerchia di persone, a livelli diversi:
– il giovane che deve comprendere il disegno di Dio nella propria vita di essere aiutato a
verificare il proprio progetto vocazionale;
– le persone che accompagnano il cammino formativo del giovane (provinciale, rettore,
prefetto, maestro dei novizi, collaboratori, insegnanti, confessori, direttori spirituali, …),
ognuna secondo la specificità del proprio ruolo;
– la comunità che riveste una particolare importanza quale luogo di discernimento e di
accompagnamento vocazionale soprattutto nel momento delicato della decisione, sia
attraverso la collaborazione e la corresponsabilità con i formatori, sia con la
testimonianza e il sostegno della preghiera, sia infine con l’apporto di elementi di
conoscenza del giovane colti nel ritmo della vita quotidiana.
– eventuali specialisti (medici, psicologi e psicoterapeuti…) alla cui professionalità è
possibile ricorrere per un discernimento più accurato della situazione globale della
persona, specialmente in presenza di controindicazioni o comunque di elementi
problematici.
11.3. Condizioni per un discernimento vocazionale
La realizzazione di un adeguato discernimento vocazionale comporta la presenza di alcune
condizioni indispensabili, sia da parte del candidato, sia da parte dei formatori e della comunità. Ma
esige anche l’impegno di un’accurata conoscenza del candidato, l’attenzione all’inculturazione della
formazione e un accompagnamento personalizzato.
11. 3.1 Da parte dei candidati
L’adesione umana alla chiamata di Dio esige soprattutto un clima di libertà e di autenticità che si
costruisce lentamente nella persona mediante un cammino di maturazione. Gli atteggiamenti
interiori che più di tutti facilitano il discernimento da parte del candidato sono i seguenti:
– apertura di mente e di cuore, tipica di una personalità che non si nasconde dietro difese
e paure;
– fiducia e confidenza in sé e negli altri, soprattutto nei confronti di colui che fa da guida
spirituale;
– chiarezza e autenticità di fronte a se stesso e alla propria storia;
– disponibilità al cambiamento, per essere capace di verifica e di autocritica, flessibile e
pronta ad accettare qualsiasi cambiamento o ristrutturazione di sé;
– atteggiamento di fede e di preghiera per aprirsi a Colui che chiama ed invocare lo
Spirito al fine di accogliere il disegno di Dio sulla propria vita;
– conoscenza di sé e dell’istituto per raggiungere una maggiore consapevolezza dei doni di
Dio nel confronto con il carisma dell’istituto e per accertare la propria idoneità ad
abbracciare questo tipo di vita.
119
11. 3.2 Da parte dei formatori
Anche i formatori, che in modo diretto e indiretto sono chiamate a discernere l’autenticità della
chiamata alla vita consacrata nella fase iniziale di formazione e ad accompagnare il candidato sulle
strade del Signore48, devono possedere le condizioni che li rendano atte a svolgere questo delicato
servizio ai candidati, come ad esempio49:
– qualità adeguate al compito formativo;
– conoscenza diretta del candidato e della sua storia, il che implica una capacità di
accogliere e di prestare attenzione e ascolto alla persona;
– capacità di facilitare il racconto della propria storia con interventi e atteggiamenti che
aiutino ad esplorare se stessi;
– capacità di aiutare il candidato a conoscersi, accettarsi e possedersi;
– capacità di attesa nel rispetto dei ritmi di maturazione propri di ogni persona;
– capacità di responsabilizzare il candidato ad assumere in prima persona il proprio
cammino di formazione;
– camminare insieme nella ricerca della volontà di Dio, perché il candidato si misuri sul
progetto di Dio e lo realizzi a poco a poco.
11. 3.3 Da parte della comunità
La comunità ha sempre avuto un ruolo di particolare importanza in vista del cammino formativo: è
il luogo in cui, nella fede e nella reciprocità, cresce e giunge a compimento la vocazione personale e
comunitaria. La comunità costituisce la sede e l’ambiente naturale del processo di crescita di ogni
persona; il luogo ove, giorno per giorno, ci si aiuta a rispondere da persone consacrate, portatrici di
un comune carisma50, alle sfide dei tempi nuovi. In un clima esigente, ma libero, la formazione
iniziale è chiamata a preparare fin dall’inizio dei costruttori e non solo dei consumatori di comunità;
a rendere tutti corresponsabili della crescita di ciascuno, aperti e disponibili a ricevere l’uno il dono
dell’altro, capaci di aiutare e di essere aiutati.51
Per questo la comunità, quale luogo privilegiato di discernimento, è chiamata a:
1. divenire sempre più consapevole delle ragioni d’essere e degli obiettivi fondamentali del
cammino formativo e del proprio ruolo nel delicato compito di discernimento e
accompagnamento dei candidati;
2. conoscere il candidato, mentre condivide la vita ordinaria;
3. creare quel clima di libertà che consente a ciascuno di essere e di agire con spontaneità;
4. accompagnare con discrezione i candidati nel momento delicato della scelta definitiva;
5. favorire l’unità e la collaborazione nella consapevolezza che la formazione è il risultato
del lavoro concorde di tutti;
6. dimostrare un fattivo amore all’istituto, capace di comunicare i valori della vocazione
consacrata specifica;
7. promuovere la maturazione vocazionale del candidato.
Il discernimento come atteggiamento costante dell’itinerario formativo da parte del candidato, dei
formatori e della comunità, non è qualcosa di scontato né di abitudine, ma si costruisce attraverso
un cammino di formazione e di auto-formazione che consente di sviluppare l’attitudine di fondo
48
Cfr. Potissimum Institutionis, n. 30.
Cfr. RENDINA S.,Criteri di discernimento spirituale nell’ammissione e nella formazione delle vocazioni alla vita
religiosa, in “Rassegna di Teologia” 4(1997)501-522; JOSU M. ALDAY, Criterio di Discernimento Vocazionale e di
Ammissione alla vita consacrata, Claretianum- Roma, 2006.
50
Cfr. Congregazione per gli istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, istruzione, La Vita fraterna in
comunità “Congregavit nos in unum Christi amor” (2 febbraio 1994), 43.
51
Cfr. Ibid., n. 24.
49
120
all’apertura e alla disponibilità, la capacità di sapersi mettere in discussione, di lasciarsi interpellare
e provocare da situazioni, eventi, persone e soprattutto dalla Parola di Dio.
11. 3.4 Altre condizioni
Per impostare adeguatamente il discernimento vocazionale è necessario porre altre condizioni che
sembrano indispensabili, specialmente la conoscenza del candidato e del suo ambiente di origine.
Il discernimento vocazionale non si può realizzare senza una reale e diretta conoscenza del
candidato relativamente alla storia personale, all’ambiente familiare e alla maturazione spirituale.
Tale conoscenza, da parte di chi è proposto al compito di accompagnare il giovane, avviene
solitamente attraverso:
– il colloquio personale con il candidato interessato e con le persone che in modi diversi lo
conoscono;
– i contatti diretti con l’ambiente di provenienza o di attività;
– la partecipazione del candidato a momenti o attività particolari della comunità locale e
provinciale.
Si auspica, dunque, che il compito di conoscere a fondo la realtà personale e familiare del candidato
sia svolto con serietà e completezza al fine di raggiungere una conoscenza il più possibile obiettiva.
Tutto ciò non può essere realizzato in tempi brevi, né senza un adeguato accompagnamento
personale.
È opportuno avvalersi di tutti i mezzi che possono facilitare e approfondire la conoscenza della
persona, purché siano usati con discrezione e prudenza, nel rispetto del diritto di ciascuno a
preservare la propria intimità.52
12. Conclusione
Una seria formazione degli aspiranti e prenovizi ci garantisce una buona scelta dei candidati al
noviziato. Quando i candidati vengono preparati bene durante il prenoviziato, la formazione nel
noviziato sarà più facile e fruttuosa. Così, “ i novizi possano prendere meglio conoscenza della
vocazione divina, quale è proprio della Congregazione, sperimentarne lo stile di vita, formarsi
mente e cuore secondo il suo spirito; e al tempo stesso siano verificate le loro intenzioni e la loro
idoneità” (Can 646; Cost. Art.95; Ratio Formationis – OSJ, n.7). E saranno pronti, fedeli al carisma
del Fondatore, a riprodurre nella propria vita e nell’apostolato il mistero cristiano come lo visse san
Giuseppe nell’unione con Dio, nell’umiltà, nel nascondimento, nella laboriosità, nella dedizione
agli interessi di Gesù”.(Cfr. Cost. Art. 3).
52
Cfr. Can 220; Potissimum Institutionis, n. 43.
121
RELAZIONI SULLA PASTORALE VOCAZIONALE
1.
BOZZE DI PROGETTO DI PASTORALE VOCAZIONALE
(Provincia San Giuseppe Marello- Italia)
Titolo
“Prendi il largo”(Lc 5,4).“Liberare la speranza”
Obiettivo generale
Dare un nuovo impulso alla Pastorale Vocazionale, (SAV: Servizio di animazione vocazionale)
nella Provincia San Giuseppe Marello). Tutti i Sacerdoti e Fratelli Oblati devono ritenere
fondamentale la PV, e sono tenuti a realizzarla in ogni opera della Congregazione. La dimensione
vocazionale è priorità provinciale, per cui, facendo tesoro di esperienze già fatte, organizzare su
basi concrete e possibili:
1. un centro vocazionale, che possa essere anche comunità vocazionale o casa de
accoglienza,(che comunque presuppone sempre una comunità) coi mezzi necessari: cappella,
stanze, biblioteca, computer ecc.
2. settori vocazionali
3. formazione di animatori laici giovanili degli oratori e di giovani, religiosi(e)
4. incontri, ritiri.
5. settimane vocazionali per creare il clima vocazionale in tutti i gruppi pastorali della
parrocchia.
6. incontri di ministranti.
7. accompagnamento vocazionale per universitari.
8. giornate missionarie anche con tema vocazionale.
9. altre attività che possano sorgere…
Destinatari
Il progetto si destina a tutta la Provincia San Giuseppe Marello: alle nostre parrocchie e attività
confratelli, laici, religiosi (e), giovani, in uno spirito di Chiesa e in collaborazione con la PV delle
diocesi dove lavoriamo e in unione con la Provincia del sud Italia e con P. Brian del Consiglio
Generale, responsabile nella Congregazione della PV e giovanile e con le Suore Oblate.
Responsabilità Pastorali.
Ci proponiamo di avere:
¾ Un responsabile a livello di provincia, affiancato da altri confratelli:
A) uno per ogni settore, o gruppo di case religiose vicine (Nord, Toscana, Roma,
Sardegna..) per una equipe provinciale;
B) e gli Oblati, che sono responsabili degli oratori nella Provincia, e altre persone di
riferimento nelle parrocchie sia giovani che adulti.
¾ Sono previsti incontri con questi responsabili per formazione e organizzazione.
¾ Necessario coinvolgere i chierici di Roma, per lo meno in certi momenti speciali.
¾ Partecipare a incontri, corsi realizzati su questo tema.
¾ Sintonia con la Pastorale Giovanile, Missionaria e dei Laici Giuseppini nella Provincia.
Fasi del progetto.
122
Non è possibile stabilire quante fasi saranno necessarie per realizzare questo progetto. Si potrebbe
camminare contemporaneamente nella fase di organizzazione e esecuzione. Non preoccuparsi in
principio con la quantità ma la qualità del progetto.
Tenere presente che il 2007 è l’anno vocazionale nella Congregazione.
Fare ogni anno una verifica del progetto.
Tempo e durata
Sono tre anni (2006 -2009) per organizzare e realizzare questo progetto della PV nella Provincia,
dopo di che dovrà essere possibile continuare e approfondire il cammino fatto.
Luoghi
La base del progetto è Alba, parrocchia della Moretta, per scelta del Consiglio provinciale. Ma si
devono individuare altre case di riferimento ricordando che ogni casa deve fare la sua
parte.(Regolamento Generale n 53\Costituzioni n 87). Si potrebbe usare anche la casa di Fruttidoro,
per incontri o brevi convivenze didiscernimento vocazionali.
Punto di partenza
Si parte dalla parrocchia di Alba, dove si deve organizzare una sede, una casa- comunità di
accoglienza vocazionale, con sussidi vocazionali vari; si parte pure con un responsabile con la
possibilità di realizzare attività vocazionali nelle parrocchie (incontri, ritiri, settimane vocazionali,
formazione di agenti vocazionali anche laici), accompagnare alcuni giovani,formare un equipe
vocazionale provinciale. Punto di partenza è pure un senso di sconforto e poco coinvolgimento e
mancanza di convinzione dei confratelli, e anche tutta la cultura moderna: il “light”, la fragilità
giovanile, l’ individualismo, il “fai da te”, l’ “amore liquido”..
Divulgazione
Usare i siti WEB che già esistono e iniziare uno specifico della PV Giuseppina, con temi ben
elaborati, sia dal punto di vista del contenuto, sia tecnicamente.
Manuale vocazionale per la Provincia.
Propaganda vocazionale.
Bollettini parrocchiali.
Preghiere vocazionali,
Corrispondenza elettronica.
Punto di arrivo
Nuove vocazioni;
lavorare insieme fra Pastorale Vocazionale, Giovanile, Missionaria;
alcuni confratelli impegnati direttamente in questo campo;
coinvolgimento anche di laici.
“Tenete presente che chi semina poco raccoglierà poco; chi invece semina molto raccoglierà
molto.”( 2 Cor 9,6)
“Ecco dunque la nostra missione: far conoscere, far amare, far praticare la dottrina di Gesù
Cristo”.(L. 25)
123
2.
RELAZIONE SULLA FORMAZIONE DELLA PROVINCIA
“ SANTA FAMIGLIA”- ITALIA
Pastorale Vocazionale
Nonostante le inevitabili difficoltà, nella nostra Provincia si registra una buona attività
vocazionale. Da parte dei nostri Provinciali, sia nell’attuale programmazione che nelle
precedenti, l’attenzione al problema vocazionale è sempre stata una costante. La presenza dei
due Seminari, l’uno a Barletta, l’altro a Parete, testimoniano un impegno che vede coinvolte
anche altre realtà appartenenti alla nostra provincia religiosa.
Come opportunamente è stato sottolineato nell’ultima programmazione triennale, sappiamo
che “il nostro Istituto è stato fondato per servire da vicino le necessità della Chiesa locale e della
società che ci circonda. Nella graduatoria delle emergenze ecclesiali, S. Giuseppe Marello ha
individuato l’aiuto e la formazione in favore dei giovani.
In linea con quanto contemplato dalle delibere dell’ultimo Capitolo Generale e con gli
orientamenti pastorali proposti dalla Conferenza Episcopale Italiana, per la pastorale
vocazionale si è voluto proporre un percorso di qualità che investa sulla centralità e coralità.
Centralità, perché la pastorale vocazionale cessi di essere elitaria e riservata a pochi.
Coralità, perché superando ogni tentativo di delega la pastorale vocazionale coinvolga
tutti nella comunità”.
L’immagine biblica del “Buon Seminatore” ci ha suggerito l’itinerario da percorrere per una
efficace proposta vocazionale. Abbiamo diviso la nostra azione in tre fasi:
1) MOMENTO DI PARTENZA: Si tratta di inserire in tutti i percorsi educativi e di
evangelizzazione, prospettive, elementi e motivazioni di carattere vocazionale. E’ il momento
della semina.
Per i fanciulli e gli adolescenti è rappresentata dal catechismo, dai momenti forti in
preparazione ai sacramenti della comunione e della cresima. Particolare attenzione va data al
gruppo dei ministranti.
Per i giovani dagli incontri formativi e dai ritiri in preparazione ai tempi forti dell’anno
liturgico, dai campeggi estivi.
Per l’intera Parrocchia dalla giornata di preghiera per le vocazioni, dalle settimane
vocazionali e dalla festa dei ministranti.
2) MOMENTO CENTRALE: E’ la fase in cui l’esperienza interpella e contribuisce a
sviluppare atteggiamenti vocazionali. E’ il momento della crescita.
Per gli adolescenti e i giovani, essa consiste nell’offrire possibilità, anche se limitate nel
tempo, di vivere esperienze nelle nostre comunità formative, secondo la logica evangelica del
“vieni e vedi”. Gli esercizi spirituali, i tempi forti di preghiera sono alcune delle possibilità
praticabili.
Per i ministranti, da iniziative, previamente concordate, che prevedano giornate de
trascorrere nei nostri Seminari.
3) MOMENTO CONCLUSIVO: E’ la fase della domanda esplicita, della proposta
vocazionale. Esso consiste per quanti intendono fare il passo decisivo, nell’entrata in
seminario. E’ il tempo della raccolta.
Particolare attenzione merita l’iniziativa di preghiera chiamata il “Monastero Invisibile”.
Coinvolge essenzialmente laici che, oltre a partecipare alle adorazioni eucaristiche parrocchiali
in favore delle vocazioni, si impegnano a pregare personalmente, anche a casa, aiutati da uno
schema mensile puntualmente proposto dal seminario. Attualmente a questa iniziativa ha aderito
un buon numero di persone.
124
E’ utile sottolineare come nell’equipe vocazionale fanno parte Laici e Religiose presenti sul
territorio. A Parete, ad esempio, l’equipe è formata da due suore della Congregazione delle
Oblate dei Sacri Cuori e da tre laici. Essi hanno il compito insieme al responsabile del
Seminario di animare gli incontri settimanali e mensili dei ministranti; di garantire la loro
presenza nelle classi del catechismo.
Sempre a Parete inoltre, merita attenzione la buona ed efficace collaborazione con il CDV.
Da quest’anno i due Seminari hanno creato due siti Web, www.osjparete. com, e
www.osjsterpeto.com.
Nello specifico l’azione vocazionale prevede alcuni momenti chiave. Sia sul versante
tirrenico (Parete, Solfora, Riccia), sia su quello adriatico (Barletta, Ceglie, Margherita), oltre
agli incontri settimanali parrocchiali, nei nostri seminari per i ministranti, viene svolto un
incontro ogni mese. Sono previsti momenti di preghiera, di formazione e di ricreazione. Sono
opportunità dove, tra chi vive già l’esperienza della chiamata, i nostri seminaristi, e chi vive la
fase del discernimento, si istaura un dialogo e scambio di esperienze proficuo.
La collaborazione tra pastorale giovanile e vocazionale, all’interno della nostra provincia,
negli ultimi anni si è sempre più incrementata. Più volte, ad esempio, gli animatori del
seminario sono stati chiamati a predicare dei ritiri a gruppi di giovani presenti nelle nostre
parrocchie. Non meno importante è stata la scelta del seminario dello Sterpeto, come luogo per
il prossimo convegno di pastorale giovanile.
Le ultime vocazioni, attualmente presenti nello studentato di Roma, sono il frutto di
un’intesa tra i sacerdoti che lavorano in parrocchia e gli educatori del seminario. In ultimo l’
idea del “ Laboratorio Marelliano”, ambito in cui i giovani, in modo attivo, sono invitati ad
approfondire la figura di S. Giuseppe Marello, rappresenta una ghiotta occasione per una
conoscenza approfondita della nostra spiritualità.
Non dobbiamo dimenticare che l’accompagnamento personale, come la direzione spirituale,
rimane lo strumento più efficace per un buon discernimento vocazionale. Molto rimane da fare,
ma per noi questo è un buon punto di partenza.
Il nostro “Tallone d’Achille”, è rappresentato da una situazione strutturale non sempre
favorevole. Per una incisiva azione vocazionale, l’ideale è che nelle nostre comunità formative
ci siano più incaricati diretti della formazione. Ciò permette all’incaricato di girare per le nostre
case con tranquillità, sapendo di non lasciare incustoditi i ragazzi. L’esiguità di personale è nota
a tutti. Per il futuro si prevede, con le nuove ordinazioni, di far fronte a questa emergenza.
Nonostante questo problema, ci sembra doveroso ringraziare il Signore per la presenza di alcuni
seminaristi ormai prossimi al Sacerdozio. Una boccata di ossigeno che ci permette di guardare
avanti con più serenità.
Quanto ai criteri di ammissione nei nostri seminari, oltre alle indicazioni presenti nei
documenti del magistero e nella nostra ratio, si cerca di tenere in grande considerazione il
parere dei parroci.
125
3.
RELAZIONE SUL PASTORALE VOCAZIONALE
(St. Joseph’s Province - FILIPPINE)
I. Confratelli nel pastorale vocazionale:
1. Incaricato provinciale della pastorale giovanile e vocazionale: Rev. Fr. Rolan
Indicio, OSJ
2. Asst. dell’Animatore vocazionale: Rev. Fr. Renato Calampinay, OSJ
3. Asst. dell’Incaricato della pastorale giovanile: Bro Giuseppe Pasia, OSJ
4. Tutti i Confratelli nelle Parrocchie e Scuole degli OSJ sono considerati come
Animatori e Promotori Vocazionali (OSJ Cost. II, Art. 87)
II. Comunità di accoglienza vocazionale:
III.Programmi e progetti:
Primo semestre dell'anno scolastico (giugno - ottobre)
¾ Discorsi e Campagne Vocazionali nelle nostre Scuole OSJ, altre Scuole
cattoliche e Scuole statale scelte (Luzon, Visayas e Regioni di Mindanao).
¾ Weekend Ricerca: per quelli che rispondono all'invito di entrare nella Vita
Religiosa e che provengono dalla Regione di Luzon.
Secondo semestre dell'anno scolastico (novembre - marzo)
¾ Incontro Vocazionale: include: verifiche, dialogo, esami ed accertamenti
della personalità, e visita della casa per la conferma finale degli aspiranti.
¾ Generale Ricerca: Questo prende tutto il giorno e riunise tutti gli aspiranti
dalla Regione di Luzon:
-Matricula
-Programma e attività di conoscenza orientazione
-Discorso vocazionale: Vita religiosa come una chiamata
-San Giuseppe Marello Santo: Nostro fondatore e modello
-Celebrazione Eucaristica
¾ Assemblea Generale: un raduno di tutti i possibili aspiranti delle Regioni di
Visayas e Mindanao, che si svolge nelle nostre parrocchie in ILOILO e
DAVAO.
IV. La collaborazione con la chiesa locale e altre congregazioni religiose: L’Animatore
Vocazionale e il suo assistente sono membri ufficiali dell'Associazione degli Animatori
Vocazionali delle Filippine. Per mezzo di questa organizzazione, siamo ben informati delle
attività della Campagna Vocazionale delle diverse Arcidiocesi e Diocesi delle Filippine così
come il programma per il CONVEGNO NAZIONALE degli Animatori Vocazionali. La
Provincia collabora attivamente anche con il programma vocazionale di altre Congregazioni per
mezzo di mostre e conferenze vocazionali.
V. Coinvolgimento dei laici nella pastorale vocazionale: Ogni Parrocchia degli Oblati nella
Provincia ha il suo Comitato Vocazionale, dipendente dal Consiglio Pastorale Parrocchiale
(PPC). La Federazione dei Cooperatori OSJ assiste in questo campo.
VI. Preghiere vocazionali:
-Livello parrocchiale: Preghiera mattutina per Vocazioni e Ora Santa ogni settimana
126
-Case di formazione: Dopo i Vespri, ogni giorno, Seminaristi e Formatori fanno la Preghiera
per le Vocazioni e c'è un’Ora Santa settimanale per le Vocazioni Sacerdotali e Religiose.
VII.Luoghi per la pastorale vocazionale
¾ Le Scuole e Parrocchie OSJ contribuiscono molto nel darci aspiranti alla
Provincia per la vita Religiosa.
¾ I confratelli ispirano i giovani a considerare la vita religiosa come una delle
loro scelte di vita.
¾ Tutte le Scuole cattoliche, Private e Statali sono anche fonti di vocazioni per
noi tramite la generosità di quelle Congregazioni femminali che c'invitano a
promuovere vocazioni nelle loro scuole.
¾ Amici dei nostri Confratelli aiutano molto nel promuovere la vita religiosa
VIII-XII. Pastorale Giovanile come luogo favorito per pastorale vocazionale/ Spiritualità
Giuseppina-Marelliana e promozione della vocazione Oblata
¾ I Programmi (Marello Cup e Campo Scuola per i giovani nell'estate) della
pastorale giovanile sono stati un ponte per nutrire vocazioni religiose ed
interessare i giovani ad entrare nello stato religioso.
¾ I Marellian Università “Peers” nelle Sette Scuole OSJ sono stati utili nella
promozione vocazionale
¾ Il Ritiro Annuale (Esercizi Spirituali) dei nostri studenti è anch’esso molto
utile per ispirare altri a promuovere la nostra Congregazione ed incoraggiare i
giovani ad entrare nel seminario.
¾ C’è una Campagna Vocazionale Annuale in ogni Scuola Oblata come parte
del programma Pastorale della scuola.
¾ Settimana Marello: evento annuale in ogni Scuola Oblata per promuovere la
devozione al Fondatore ed anche far nascere vocazioni fra gli studenti.
¾ Materiale vocazionale: Manifesti, pubblicazioni, e fogli sono stati stampati
per assicurare la propagazione della Congregazione.
XIII. Accompagnamento individuale: Ammessi gli aspiranti, l’Animatore Vocazionale anche
esamina ed aiuta nel discernere la sincerità e motivazione dell'aspirante per entrare il Seminario.
XIV. Criteri per ammissione al programma formativo
¾ ETÀ - da 16/17 anni laureati di HS; e 25 anni per giovani professionali.
¾ SALUTE: Ogni aspirante Oblato deve presentare il certificato medico che
dichiari che é fisicamente e mentalmente adatto.
¾ ECONOMIA: Nel modulo di iscrizione, si chiede se possono pagare il costo
del seminario. Se non possono, l’attitudine dell'aspirante è messo en
considerazione, e se risulta meritatevole, i formatori cerchanno benefattori
generosi per sostenerlo. L’Animatore Vocazionale attesterà la situazione
economica precaria dell'aspirante.
¾ EDUCAZIONE: la maggior parte dei nostri aspiranti al Seminario
Universitario sono laureati del Liceo con un certo requisito medio. Il
Seminario Universitario ha cominciato a pensare in un Programma per
Vocazioni Adulte.
¾ STORIA PERSONALE E DI FAMIGLIA: A ogni aspirante viene chiesto
di scrivere e presentare la sua biografia, la storia della sua chiamata e
quella della sua famiglia. La visita alla famiglia, dall’Animatore
Vocazionale, consente di determinare la situazione economica familiare.
127
XV.
Relazione tra pastorale vocazionale e seminario minore: L’Animatore Vocazionale
coordina coi Formatori la vita degli aspiranti - celebrazione Eucaristica mensile coi
Seminaristi Minori; condivisone evangelica sulla chiamata; Partecipazione nel
Programma del Comitato Vocazionale dei Seminaristi.
128
4.
PASTORALE VOCAZIONALE
(Provincia “N.S.Do. Rocio”- Brasile)
1. Confratelli nella pastorale vocazionale: animatore, equipe, ecc.
Attuale animatore della pastorale giovanile e vocazionale è P. Iziquel Antonio Radvanskei;
dal mese di agosto 2007 assumerà l’incarico il diacono Bennelson da Silva Barbosa.
Dell’equipe provinciale fanno parte i nostri formatori: P. Mauro Negro, P. Hilton Carlos
Soares, P. Paulo Siebeneichler, P. Alberto Antonio Santiago, il diac. Bennelson da Silva Barbosa;
una suora Oblata, Sr. Silmara; un fratello oblato, fr. Dirlei Aparecido; un laico, signora Vera
Spolador; e il Provinciale, P. Antonio Ramos de Moura Neto.
2. Comunità di accoglienza: quanti ci sono, come sono formati e come funzionano
Sono comunità di accoglienza vocazionale tutti i nostri seminari. Abbiamo anche una casa di
accoglienza a Tre Barras do Parana, dove prima era il preseminario. Comunque, in ognuno dei
cinque settori della provincia c’è un seminario e un animatore settoriale (formatore del seminario),
aiutato da una equipe composta di laici e religiosi che rappresentano le opere gioseppine del settore.
In questi posti realizziamo incontri di convivenza e accompagnamento vocazionale
d’accordo con una programmazione fatta della equipe vocazionale settoriale e locale. Di solito ci
sono incontri nei finale di settimana di ogni mese.
3. Progetto di Pastorale vocazionale a livello di Provincia
Il nostro progetto vuole essere uno strumento in vista di vocazionalizzare tutta la provincia,
coinvolgendo tutti i confratelli, preparando così l’anno vocazionale del 2007. Occorre una
ristrutturazione della pastorale vocazionale della provincia, che coinvolga le nostre case (collegi,
opere sociali, parrocchie, seminari…); e che collabori a formare nuovi agenti moltiplicatore.
Occorre anche responsabilizzare ogni confratello e tutta la provincia nell’interesse per le vocazioni
e per l’integrazione tra pastorale giovanile e pastorale vocazionale.
a) Risvegliare e responsabilizzare tutta la provincia Madonna del Rocio con la pastorale
vocazionale;
b) Formare agenti e attualizzare quelli esistenti nel servizio della pastorale vocazionale;
c) Coinvolgere confratelli nei diversi livelli e fasi;
d) Preparare l’anno vocazionale provinciale di 2007.
________________________________________________________________________________
DESTINATARI: sono tutti: sacerdoti, fratelli, seminaristi e altri agenti pastorali laici che lavorano
insieme a noi
________________________________________________________________________________
AGENTI
Tre equipe:
129
1- Equipe provinciale
2- Equipe settoriale
3- Equipe locale
________________________________________________________________________________
1- Una equipe provinciale: Discernere
Suo compito è coordinare il lavoro vocazionale della provincia, preparando i temi per gli
incontri, che devono essere sempre di carattere ecclesiale, giovanile e giuseppino.
L’animatore, basandosi sulle proposte criteri della provincia, deve discernere il processo
selettivo finale, e con aiuto delle equipe settoriali deve avviare l’entrata nei nostri seminari, dopo
avere assessorato alcune esperienze vocazionali di più lunga durata durante l’anno.
a- Animatore giovanile vocazionale provinciale è P. Iziquel Antonio Radvanskei.
b- L’equipe di cordinazione provinciale è così composta: provinciale, animatore giovanile e
vocazionale provinciale, incaricato della formazione, un rappresentante dei collegi, un
religioso fratello e alcuni laici scelti; i loro nomi: P. Neto, P. Iziquel, P. Hilton, Fr.
Dirlei, Gilson Laranjeiras e Vera Spolador.
2. Una equipe Settoriale: Accompagnare
Il formatore e la sua equipe devono organizzare i lavori nelle parrocchie e nelle scuole che
fanno parte del settore. Durante l’anno deve cercare di coinvolgere e responsabilizzare tutti i
confratelli. Il formatore e la sua equipe devono collaborare nelle settimane vocazionali, negli
incontri mensili, nei ritiri, nei momenti di preghiera, nell’accompagnamento dei giovani, ecc.
Compito di questa equipe è accompagnare le vocazioni durante l’anno e individuare i
ragazzi che sono pronti per partecipare agli incontri generali dell’anno, in vista di una selezione
finale.
C’è un formatore per ogni settore: P. Paulo Siebeneichler, il diac. Bennelson, P. Mauro
Negro, P. Hilton, P. Gerolomo. E poi: i seminaristi, i laici che fanno parte della equipe vocazionale,
altri laici gioseppini, altri religiosi. Ogni seminario deve considerarsi centro vocazionale e di
accoglienza per le sue vocazioni.
3. Una equipe locale: Svegliare
Un confratello in ogni opera della nostra provincia. Nelle parrocchie e nei collegi, parroco e
preside devono preoccuparsi e svegliare le loro comunità in vista della creazione di un clima
vocazionale nei movimenti, nelle associazioni e nelle pastorali, approfittando tutte le opportunità:
catechesi, gruppi giovanili, cresime, insegnamento religioso, tempi forti, famiglie, ecc. Ogni
parrocchia e ogni collegio deve avere il suo rappresentante vocazionale, che funzioni da anello di
congiunzione con la equipe settoriale.
Piano di azione
PUNTO DI PARTENZA: Una sede, un mezzo di locomozione, mezzi e sussidi vocazionali.
L’animatore vocazionale è liberato da altri impegni, per realizzare lavori vocazionali locali,
settoriali e provinciali: incontri vocazionali, formazione di agenti di pastorale vocazionale, ecc…;
perl’attività di ricerca vocazionale fuori provincia, deve avere una segreteria che aiuti
l’accompagnamento dei vocazionandi per lettera, con corsi e altre attività vocazionali, coordinando
le attività del centro vocazionale. C’è ancora tra noi una certa disarticolazione della equipe pastorale
130
vocazionale provinciale con le equipe parrocchiali. Manca anche il coinvolgimento di tutti i
confratelli nella questione vocazionale.
TAPPE – MODULI – FASI
1a. Fase
a. Presentazione del progetto: ritiro spirituale di gennaio di 2006 – Curitiba
b. Elaborazione di un progetto settoriale e locale - 13 di marzo
c. Incontro con i formatori (averiguação) e valutazione dei progetti settoriale e localle – 13 e
14 marzo 2006.
d. Formazione di agenti vocazionale nei settori
e. Appuntamenti con l’equipe settoriale
f. Valutar l’andamento del progetto nella Assemblea provinciale – 3 a 9 luglio 2006
(Ourinhos)
g. Sussidio per le parrocchie/collegi/opere – progetto settoriale – locale
h. Relazioni economica – previsione economica del centro vocazionale provinciale
i. Logo da PJ/PV proncial
j. Video vocazionale – Associazione Signore Gesù (Clip vocazionale)
2a. Fase
a.
b.
c.
d.
Secondo semestre dell’anno 2006
Progetto dell’anno vocazionale 2007
Continuità della formazione delle equipe vocazionali settoriali e locali
Elaborazione di sussidi (banner, calendario e preghiera vocazionale)
3a. Fase
a. Anno vocazionale 2007 – 25 e 26 novembre 2006: apertura nelle comunità del Brasile
b. Consolidare le equipe vocazionali settoriali e locali
________________________________________________________________________________
DIVULGAZIONE
12345678-
Siti esistenti
Folder
Posters
Bollettini parrocchiali
Lettere
Settoriale
Targa indicativa della sede e dell’attività, nelle nostre opere
Logo della pastorale giovanile vocazionale provinciale
Riunione della equipe giovanile vocazionale provinciale:
Incontri vocazionale provinciale:
Esperienze vocazionale:
________________________________________________________________________________
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PUNTO DI ARRIVO
Un confratello libero per la PV e PJ, aiutato da una equipe provinciale di religiosi e laici
animatori nella provincia, dove tutti siano responsabili delle vocazioni e della formazione giovanile.
Una segreteria funzionale. Lavoro organizzato in processo nei settori e in ogni opera della
provincia. La crescita di vocazioni religiose, sacerdotali e laiche, nelle opere e nella provincia.
Vocazioni che provengono dalle nostre opere giuseppine. L’integrazione della PV e PJ nella
provincia. Un fondo economico pastorale di base, per tutti i progetti vocazionali.
RISORSE
Materiale vocazionale
Riforma e manutenzione del centro pastorale
Viaggi
4. Collaborazione con la chiesa locale (diocesi) e altre congregazioni religiose
Il Servizio di animazione vocazionale della provincia cammina sotto l’orientazione del
Servizio di animazione vocazionale diocesana e della Conferenza nazionale dei vescovi. Gli
animatori vocazionali sono invitati al coinvolgimento nelle equipe diocesana e intercongregazionale
in vista di un lavoro di comunione e cooperazione. Nostri laici e oblati partecipano agli incontri di
formazione diocesani e nazionali. In occasione della preparazione di alcuni eventi vocazionali
(ordinazioni, professioni religiose, festa del patrono, missioni…), come risposta la equipe di
animazione vocazionale lavora insieme ad altre congregazioni religiose e alla diocesi.
5. Coinvolgimento dei laici nella pastorale vocazionale
Una bella cosa degli ultimi anni nel nostro servizio vocazionale è stata la presenza e la
partecipazione dei laici. Il loro contributo è di grande valore: sono presenti a tutti i livelli
(animazione, accompagnamento e discernimento vocazionale), come anche nelle attività di
formazione, preghiera, coscientizzazione e aiuto materiale per le vocazioni. I laici portano avanti i
servizi di animazione vocazionale nelle parrocchie, nei collegi e nelle altre opere gioseppine.
6. Preghiere per le vocazioni: adorazione eucaristica, programmi speciali per le case di
formazione, per le parrocchie, ecc.
Nel documento di Puebla troviamo l’affermazione: “La vocazione è la risposta di Dio a una
comunità che prega”. Da tempo c’è nelle nostre parrocchie l’abitudine di fare la preghiera
vocazionale nella Messa, dopo la distribuzione della comunione. Il primo giovedì del mese è
sempre dedicato alla preghiera per le vocazioni, tanto nei nostri seminari come nelle nostre
parrocchie, con la realizzazione dell’Ora santa, la recita del Rosario, ecc.
7. Luoghi di pastorale vocazionale
Nella nostra esperienza, sono: le scuole pubbliche, i gruppi di adolescenti e di giovani, i
corsi di catechesi crismale e gli incontri comunitari in generale.
8. Pastorale giovanile come ambito favorito per la Pastorale vocazionale
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Da tempo ormai sviluppiamo un lavoro insieme tra la PJ e la PV. Nell’ultimo triennio, nella
convinzione che esiste un rapporto profondo tra le due pastorali, abbiamo voluto fare la prova di
avere un unico confratello come incaricato di tutte e due.
La nostra provincia ha il suo centro vocazionale a Londrina (PR), per mezzo del quale aiuta i
giovani a diventare leaders nella Chiesa e nella società, scoprendo e assumendo la loro vocazione
umana e cristiana con responsabilità.
9. Spiritualità Giuseppino-Marelliana nella Pastorale Vocazionale
In vista di realizzare un lavoro vocazionale più giuseppino-marelliano, è stato elaborato il
sussidio “Sendas Vocacionais” (Sentieri Vocazionali), che è una specie di regolamento per
l’accompagnamento vocazionale con identità giuseppina.
10. Promozione di tutte le vocazioni di Oblati: fratello, sacerdote, suora, aggregato
Nella misura del possibile lavoriamo per promuovere tutti i tipi di vocazione. Abbiamo in
Brasile l’esperienza dei laici giuseppini e degli aggregati, che sono accompagnati da un sacerdote
responsabile dell’animazione, organizzazione e direzione spirituale. I laici giuseppini sono presenti
in tutte le nostre opere: collegi, centri sociali, parrocchie. Nelle parrocchie sono riuniti in gruppi
chiamati “fraternità” (“irmandades) di San Giuseppe; sviluppano la nostra spiritualità giuseppina e
aiutano i nostri seminari, con risorse materiali e spirituali.
Nel nostro lavoro di animazione vocazionale le suore oblate partecipano con impegno e
creatività, allo stesso modo delle altre congregazioni femminili.
11. Materiale vocazionale, promozione, pubblicità, sito Web
Nella busta che viene distribuita mostriamo alcuni materiali da noi usati per fare pubblicità
vocazionale: maglietta, posters, preghiere…
Secondo le possibilità finanziarie del momento, ogni tanto mettiamo una pagina vocazionale
nei giornali e nei bollettini parrocchiali. Tempo fa abbiamo partecipato al progetto “Profeta do
Reino”, partecipando alledizione di un libro che contiene le informazioni vocazionali delle varie
congregazioni religiose del Brasile.
Periodicamente inviamo articoli vocazionali a varie riviste, per promuovere le vocazioni
della congregazione.
Abbiamo ottenuto di esporre un nostro quadro vocazionale nel Santuario nazionale di
Aparecida do Norte.
Partecipiamo a programmi-radio, per promuovere il nome della congregazione.
L’anno scorso abbiamo partecipato a un’intervista alla TV (TV secolo XXI) sulla
Congregazione e vocazione.
Nostro sito: www.osj.org.br e [email protected]
12. Attività vocazionale: ritiri, gruppi di discernimento, giorni vocazionali, ecc
Sono tante le attività vocazionali realizzate dall’equipe di animazione locale: incontri,
giornate, ritiri, ginkane, promozioni, convivenze, feste, ore sante, adorazioni, rosari, corsi…)
133
L’accompagnamento vocazionale si fa nei settori, promuovendo il discernimento e
favorendo la convivenza, con incontri di fine-settimana.
A metà anno facciamo incontri di discernimento vocazionale, con esperienza vocazionale
nelle case di formazione.
13. Accompagnamento personale
L’accompagnamento è fatto dal formatore settoriale con incontri, dialogo, interviste, scheda
vocazionale, ecc. A ogni giovane viene chiesto, prima di entrare in seminario, di avere un
inserimento progressivo nella pastorale della sua parrocchia, con una vita sacramentale più intensa.
14. Criteri per l’ammissione al Programma di formazione (Seminario Minore)
- Età: minima 13 anni (ottava serie) e massima 18 anni (terzo anno del liceo)
- Aver completato (o completarla durante l’anno) la scuola dell’obbligo;
- Avere fatto da sei mesi a un anno di accompagnamento vocazionale;
- Riempire la scheda vocazionale (con dati anagrafici e storia vocazionale);
- Lettera di presentazione del parroco;
- Autorizzazione dei genitori.
15. Rapporto fra Pastorale vocazionale e Seminario Minore (Aspirantato)
Le equipe vocazionali locali non finiscono il loro lavoro quando un ragazzo entra in
seminario. L’equipe continua a mantenere un collegamento, fatto di interessamento personale,
preghiera, collaborazione economica, ecc.
Proprio per non perdere il legame equipe-seminaristi, alcune riunioni dell’equipe stessa sono
fatte nel seminario.
134
5.
Provincia Custode del Redentore - California
Relazioni sulla pastorale vocazionale 2004-2006
Ogni tipo di vocazione – fratelli religiosi, sacerdoti, suore e aggregati laici... – è coltivato attraverso
relazioni personali con i candidati. Nessun programma di reclutamento organizzato, con grandi
materiali audio-visuali, stampati, ecc. ... può sostituire questo contatto personale. Lo sviluppo delle
vocazioni è uno sforzo comunitario che deve includere tutti i membri della Provincia. Noi, nella
Provincia di California, nonostante la mancanza di personale vediamo l'importanza di avere
qualcuno in particolare per dirigere questo sforzo: P. Philip Massetti ha chiesto di dedicare il suo
tempo e le sue energie a questo lavoro; il chierico John Shearer lo aiuta nella pastorale.
Progetto Pastorale Vocazionale a livello Provinciale:
Il progetto attuale richiede all’Animatore Vocazionale di visitare ogni parrocchia e ogni casa
degli Oblati due volte all’anno. Durante queste visite, i giovani che hanno mostrato un certo
interesse vocazionale sono invitati a conoscere meglio gli Oblati, attraverso una mezza giornata
di vita insieme con la comunità locale, durante la quale i confratelli hanno l'opportunità di
pregare con i giovani, dare la loro testimonianza vocazionale e condividere l'amicizia. Dopo
questo incontro, se il giovane è disposto, è invitato a visitare Mt. St. Joseph Seminary in Loomis,
o St. Joseph Marello House of Studies in Oxnard, per un’esperienza del tipo "vieni e vedi"
durante un fine-settimana e sperimentare la vita del seminarista. In seguito, se si tratta di un
adolescente, è incoraggiato ad associarsi al Programma Home Seminary (Seminario a Casa).
Il Programma Home Seminary include il contatto regolare con l’animatore vocazionale e
istruzioni su San Giuseppe, San Giuseppe Marello e gli Oblati. Il cammino di discernimento è
fatto sempre con la direzione spirituale di un sacerdote Oblato.
Le nostre Parrocchie sono incoraggiate a far risaltare il tema Vocazionale nelle loro scuole e
nell'istruzione religiosa, specialmente durante la Settimana Vocazionale Nazionale, la Giornata
della Vita Consacrata e quella Mondiale di Preghiera per le Vocazioni.
Collaborazione con la chiesa locale (diocesi) e le altre congregazioni religiose:
"Tutto il popolo di Dio, laici, religiosi e clero, è chiamato a partecipare nella missione di
Gesù (Lumen Gentium)." Dati molti elementi comuni della nostro pastorale, troviamo modo
di sostenere, aiutare ed incoraggiare i nostri colleghi religiosi e il clero diocesano delle
diocesi di Sacramento, Fresno, Los Angeles e Monterey.
A livello nazionale, il Direttore Vocazionale è un membro della Conferenza Nazionale degli
Animatori Vocazionale Religiosi. Partecipa regolarmente alle riunioni e conferenze
regionali.
Coinvolgimento dei laici nella pastorale vocazionale:
Famiglia di San Giuseppe
Uno degli scopi principali della Famiglia di San Giuseppe è la promozione delle vocazioni
di sacerdote e di fratello tra gli Oblati. A questo gruppo di collaboratori laici chiediamo di
pregare per le vocazioni, aiutare a trovare giovani qualificati e inviarli ai ritiri vocazionali
degli Oblati. Hanno un buon concetto della nostra Congregazione e sono disposti a
presentarla come preziosa e necessaria nella Chiesa di oggi.
Preghiere per le vocazioni:
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Ogni confratello è individualmente impegnato con un'ora Santa settimanale di Adorazione
Eucaristica per le vocazioni.
C'è una Massa comunitaria per le vocazioni ogni primo sabato del mese nel Santuario di San
Giuseppe, Custode del Redentore.
Preghiere per le vocazioni sono incluse nella visita al Santissimo, che si fa in ogni casa.
Nelle parrocchie degli Oblati, ogni domenica, in tutte le Messe, una famiglia porta la Croce
Vocazionale a casa propria, come ricordo dell’impegno di pregare per le vocazioni.
Luoghi della pastorale vocazionale:
Oltre i giorni di riflessione/preghiera e visite a tutte le nostre parrocchie, l’Animatore
Vocazionale partecipa ai ritiri vocazionali nei Licei e all’Università, mettendosi a
disposizione per la direzione spirituale e la confessione sacramentale.
Tutti i ritiri fatti a Mt. St. Joseph in Loomis dagli Oblati danno opportunità per parlare della
vocazione. Anzi, una delle ragioni primarie per cui abbiamo costruito il Centro di Ritiri
Giovanili Marello è proprio quella di incoraggiare i giovani a interrogarsi sulla vocazione al
sacerdozio e alla vita religiosa. Anche i gruppi giovanili delle nostre parrocchie offrono
l'opportunità ai giovani di ascoltare la chiamata di Dio e di mettersi a suo servizio come
religiosi.
La spiritualità Giuseppino-Marelliana nella pastorale vocazionale:
San Giuseppe, l'Uomo più Vicino a Cristo, un video che parla anche degli Oblati di San
Giuseppe, è lo strumento che usiamo per illustrare sia l'esempio di San Giuseppe, sia il carisma
degli Oblati. Lo scopo che si prefigge è di prendere a modello l’esempio della vita semplice e
obbediente di San Giuseppe, attraverso lo spirito di San Giuseppe Marello che si riassume nel
suo motto "essere straordinari nelle cose ordinarie". Gli interessati alla vocazione di Oblato di
San Giuseppe vedono, attraverso le loro visite alle nostre case, che stiamo tentando di vivere
questa vita come esemplificata dal nostro fondatore.
Promozione di tutte le Vocazioni Oblate:
Diamo informazioni sulla vocazione come sacerdote, fratello laico, suora ed aggregato,
attraverso depliant, materiale audio/video, immagini religiose con le preghiere vocazionali e con
la rivista Guardian of the Redeemer. Il nostro sito web, http://www.osjoseph.org ha un
collegamento diretto, [email protected] con l’animatore vocazionale, così da poter
ricevere qualsiasi informazione sulle vocazioni tra gli Oblati.
Relazione tra Animatore Vocazionale e Seminario Minore:
Noi non abbiamo attualmente, per nostra sfortuna, seminaristi minori. C'è, comunque, un
collegamento vitale tra la pastorale vocazionale, la pastorale giovanile e il seminario minore. Il
nostro sforzo è di continuare a incoraggiare i giovani e gli adolescenti a prendere in
considerazione la vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata, per mantenere desto, in tal
modo, il programma del nostro seminario minore.
In conclusione, credo quello che ha detto sempre Madre Teresa: che i giovani oggi vogliono
sapere come noi, Oblati di San Giuseppe, permettiamo a Dio di amarci. Come apprezziamo il
fatto che Egli ci ama. Vogliono sapere come preghiamo e come mettiamo in azione l’amore.
Come consacrati, ci viene chiesto di svolgere una missione: vivere la nostra vita attuale in
preparazione a quella futura del cielo. Questa vita non può essere vissuta al completo senza una
forte vita di preghiera. Quindi, in tutto il nostro lavoro per promuovere vocazioni non dobbiamo
dimenticare di accentuare questo fatto: che la preghiera personale è essenziale alla vita di una
persona, se vuole scoprire la volontà di Dio nella sua vita.
136
6.
INFORME DE LA PROVINCIA DEL PERU
“SANTO TORIBIO DE MOGROVEJO”
SOBRE LA PASTORAL VOCACIONAL 2007
1. HERMANOS EN LA PASTORAL VOCACIONAL: ANIMADORES, EQUIPOS, ETC.
Encargado General de la Pastoral Vocacional es el P. Pablo Loarte Mauricio ayudado por el Hno.
Cristian Pantoja Asencios. Le apoyan en diversas zonas los siguientes padres: P. Elmer Guzmán
Ciriaco, OSJ (Zona Lima); P. Víctor León Ángulo (Zona Cajamarca); P. Dante Ángel Alvarado,
hasta setiembre de 2006 (Zona Ancash).
2.- COMUNIDAD DE ACOGIDA: CUÁNTAS SON, CÓMO ESTÁN FORMADAS Y
CÓMO
FUNCIONAN
Las comunidades de acogida ayudan en esta labor a los jóvenes que tienen interés vocacional,
prestándoles el servicio de la dirección espiritual, confesión y el acompañamiento que ellos
necesitan para poder seguir al Señor. En nuestra Provincia son son 4:
La comunidad de acogida de Cajabamba-Cajamarca: el encargado de esa comunidad es el P.
Víctor León, junto con él, también colabora el P. Alfredo Luna.
La Comunidad de acogida de Pomabamba: el encargado de esta comunidad es el P. Manuel
Manrique, ayudado por el P. Marcos Trujillo.
Comunidades de acogida de Apolo - Lima: el encargado de esta comunidad es el P. Manuel
Montes, junto con el P. Elmer Guzmán.
Comunidad de Acogida Barranco - Lima: El encargado de esta comunidad es el P. Christian
Torres.
3.- PROYECTO DE PASTORAL VOCACIONAL A NIVEL DE PROVINCIA
En nuestra Provincia hay un proyecto vocacional que se inicia con los Encuentros de Vida
Cristiana, Los Encuentros Vocacionales, el Pre-seminario y el Programas Anual del Encargado
General de la Pastoral Vocacional.
4.- COLABORACIÓN
CONGREGACIONES
CON
LA
IGLESIA LOCAL (DIÓCESIS) Y OTRAS
RELIGIOSAS
La pastoral vocacional, en las diócesis, está ampliamente coordinada con los Obispos y
colaboramos con ellos en los retiros, encuentros, confesiones, etc. Hacemos la pastoral vocacional
en los colegios o parroquias de acuerdo al lugar, en el cual nos encontramos. En los lugares donde
no trabajamos, las religiosas nos ayudan en el acompañamiento de los jóvenes que tienen la
intención de ingresar a nuestra familia y también nosotros le enviamos vocaciones.
5.- COLABORACIÓN DE LOS LAICOS EN LA PASTORAL VOCACIONAL
Los laicos son pieza clave de la pastoral vocacional, sobre todo en los lugares de la sierra y de la
selva, donde por la lejanía del lugar los promotores no pueden estar continuamente. En la sierra y en
la selva son los catequistas y en la costa son los profesores de religión que colaboran en la pastoral
vocacional.
137
6.- ORACIÓN POR LAS VOCACIONES: ADORACIÓN EUCARÍSTICA, PROGRAMAS EN
LAS CASAS DE FORMACIÓN Y PARROQUIAS
En las casas de formación los días jueves y domingo se realiza la adoración al Santísimo
Sacramento por el aumento y la perseverancia de las vocaciones en nuestra Congregación.
También en nuestras parroquias se fomenta mucho la adoración por la vocaciones y se tiene un
programa preparado para este fin.
7. LUGARES
DE LA PASTORAL VOCACIONAL: PARROQUIAS, COLEGIOS,
UNIVERSIDAD,
FAMILIA, OTROS
La pastoral vocacional en las parroquias, es sobre todo llevado por el párroco en coordinación con
el promotor vocacional. En los colegios se organizan jornadas, charlas, retiros, buscando incentivar
en el joven el deseo de seguir a Jesucristo en la familia de los Oblatos de San José. Estos eventos
van dirigidos a los jóvenes de 3º, 4º y 5º año de secundaria y también a los jóvenes universitarios
con inquietud vocacional; del mismo modo se trabaja con las familias porque también salen buenas
vocaciones.
8.- PASTORAL JUVENIL COMO ÁMBITO FAVORITO PARA LA PASTORAL
VOCACIONAL
Los jóvenes que participan dentro del círculo de la pastoral juvenil, son formados sobre todo en la
plena vivencia de la vida cristiana, introduciéndoles en el conocimiento de la vida de nuestro Padre
Fundador y de nuestra Congregación y ayudándoles a los que tienen inquietud vocacional a
descubrir si el Señor les llama.
9.- ESPIRITUALIDAD JOSEFINA-MARELLIANA EN LA PASTORAL VOCACIONAL
Toda nuestra Pastoral Vocacional está marcada por nuestra espiritualidad Josefino-marelliana. En el
Perú nos conocen porque nuestros jóvenes se identifican con nuestra Congregación y aman a San
José Marello.
10.- PROMOCIÓN DE TODAS LAS VOCACIONES: HERMANO, SACERDOTE,
HERMANA, AGREGADO.
Con lo que respecta a la promoción vocacional en nuestra provincia se promueve claramente la
vocación a la vida religiosa de Hermano y/o sacerdote. También se invita a las jóvenes a formar
parte de la Hermanas Oblatas de San José; respecto a los agregados tenemos dos sacerdotes
diocesanos que están muy ligados a nosotros y desean formar parte de nuestra provincia.
11.- MATERIA VOCACIONAL, PROMOCIÓN, PUBLICIDAD, SITIO WEB
Tenemos libros en español sobre nuestro fundador, san José y la congregación; también tenemos
afiches, trípticos vocacionales, folletos y hay
una página web que es la siguiente:
www.oblatosperú.org.
12.- ACTIVIDADES VOCACIONALES: RETIROS, GRUPOS DE DISCERNIMIENTO,
DIAS VOCACIONALES, ETC.
Los retiros con los jóvenes de los colegios están programados sobre todo los fines de semana; es
aquí donde ellos van dando a conocer su inquietud vocacional y se le va dando seguimiento. A nivel
de Provincia tenemos programados la Experiencia de Vida Cristiana para los jóvenes de 3ro. y 4to.
en Huaraz y en Cajamarca (2 veces al año: en enero-febrero y en julio-agosto) y la Experiencia
vocacional en Lima (2 veces al año: en enero-febrero y en julio-agosto).
13.- ACOMPAÑAMIENTO PERSONAL
138
El acompañamiento a cada uno de los jóvenes que muestra interés vocacional, es personalizado,
ellos mismos llenan una ficha en la cual ponen todos sus datos, de esta manera el promotor
vocacional puede tener un mayor contacto con ellos, y a la vez puede conocer a su familia y ver el
ambiente del cual proviene el candidato.
14.- CRITERIOS
PARA
LA
ADMISIÓN
AL
PROGRAMA
DE
FORMACIÓN (SEMINARIO MENOR)
• Se evite traer a jóvenes de “última hora”, es decir, que no han tenido un seguimiento o se sabe
muy poco de ellos.
• Deben ser jóvenes con regular vida cristiana, no se acepten a los que no han tenido práctica
cristiana. En el tiempo de seguimiento se les debe dar una guía de vida cristiana, una hoja donde
consten las exigencias de la vida sacramental.
• Deben ser jóvenes de buena presencia, sin defectos físicos o demasiadas excentricidades o
complicaciones en su modo de ser o vivir.
• Los jóvenes que están decididos pueden ingresar si lo solicitan expresamente. El encuentro de
Vida Cristiana es un requisito para ingresar a la Escuela Apostólica.
• Para la admisión a la Escuela Apostólica habrá un Consejo de Admisión en el que participarán
el Encargado de la Formación, un sacerdote designado por el consejo de formación, el
Animador Vocacional y el formador de la Escuela Apostólica.
• Las edades son las siguientes: para los de 4º año de 14 a 17 años de edad; par los de 5º año de
15 a 18 años de edad.
• Es necesario que tengan todos los cursos de secundaria aprobados.
No se admiten:
• A aquellos que hacen las veces de jefes de familia.
• A los que provienen de familias arruinadas, destrozadas.
• A los que no gozan de buena fama en su localidad.
• A los adictos a bebidas alcohólicas u otros vicios.
• A los que han tenido repetidas experiencias sexuales.
¾ El orientador vocacional debe aplicar estos criterios prudentemente, con una actitud de
equilibrio, evaluando en los jóvenes aspectos como: bondad natural, sencillez, vida limpia,
ambiente familiar.
15.- RELACIÓN
ENTRE
PASTORAL
VOCACIONAL
Y
SEMINARIO
MENOR (ASPIRANTADO)
La relación que existe entre ambos campos es de mutua colaboración, ya que sin la entrega y el
sacrificio de los promotores vocacionales, el seminario no contaría con tantos seminaristas
dispuestos a entregarse al seguimiento del Señor. Del mismo modo, el seminario con el
ofrecimiento de sus oraciones y sacrificios acompaña a los promotores vocacionales en sus trabajos
diarios. Los jóvenes que han ingresado al seminario se sienten identificados con la pastoral
vocacional, ya que en su mayoría los seminaristas provienen de esta, sembrando en ellos un gran
agradecimiento por haberlos acercado a la llamada del Señor.
16.- VARIOS
Encuentro de Vida Cristiana. Experiencias Vocacionales.
P. Celestinopercy Núñez López, osj
FORMADOR
139
7.
Relazione sul pastorale vocazionale
Provincia “Divina Misericordia” - Polonia
1. Situazione di oggi. Attività, svolgimento.
2. Cosa ci proponiamo per il futuro?
Ad. 1) In Polonia fino a qualche mese fa c’era soltanto una persona responsabile della pastorale
vocazionale. Negli ultimi 5 anni questo ufficio è stato portato avanti da P. Staniałw Kozik. Non si
può parlare di equipe per vari motivi:
- non è mai stata ufficialmente costituita
- dato il dei (pochi) confratelli, una collaborazione sistematica era quasi impossibile.
Cosa importante che devo accennare è questa: in Polonia non c’è crisi vocazionale. Esiste
invece una crisi di identità giuseppino-marelliana. I molti confratelli usciti di Congregazione non
soltanto l’hanno indebolita, ma hanno anche fatto nascere la convinzione che la pastorale
vocazionale non è la cosa più importante: più urgente è migliorare la qualità della vita religiosa, la
spiritualità giuseppino-marelliana, la vita fraterna. La vita di un religioso oblato di san Giuseppe
dovrebbe essere così buona e bella, dal punto di vista spirituale, che un giovane, al vederla,
dovrebbe dire: “Sì, anch’io voglio vivere così. È giusto perdere la vita per Gesù in questa
Congregazione, perché i suoi membri sono perfetti” (e questa mi pare che sia la preoccupazione non
soltanto della Polonia, ma di noi tutti)...
In Polonia continuiamo a fare pastorale vocazionale in questo modo:
- Pubblicità: facciamo pubblicità della nostra Congregazione nei vari periodici cattolici
giovanili, dando solamente un’informazione generale della Congregazione. È un buon
metodo, perché sempre ci arrivano lettere di ragazzi interessati, che fanno domande e
cercano informazioni sulla storia, sulla spiritualità e sulle attività degli Oblati di San
Giuseppe. Io stesso ho conosciuto la congregazione proprio in questo modo. L’unica
difficoltà è che queste pubblicazioni sono care e noi non riusciamo a inserire le nostre
informazioni con frequenza e in maniera sistematica.
- Ritiro vocazionale. Una o due volte all’anno organizziamo ritiri spirituali per ragazzi
che vogliono scegliere la vita religiosa e/o sacerdotale: un aiuto vocazionale per la loro
scelta. I partecipanti non sono molti: 5 o 6 persone per volta. Da quando io mi occupo di
questi ritiri, due partecipanti sono entrati nella nostra Congregazione: uno è ancora tra
noi; l’altro se n’è andato dopo qualche mese. Di solito sono tre giorni di ritiro, nei quali i
ragazzi fanno l’esperienza di vivere tutti i momenti della giornata con la comunità; in più
ci sono conferenze, incontri con i chierici, testimonianze di quelli che hanno già fatto la
scelta.
- Sito Web: da un anno funziona una pagina del Sito Web della Provincia: non è ancor
pronta, ma abbiamo cominciato. C’è anche un indirizzo vocazionale e- mail. I ragazzi
scrivono, fanno domande... Anche le nostre parrocchie hanno la loro pagina Sito Web,
che serve alla parrocchia e anche alla Congregazione.
- Inserirsi nella pastorale giovanile degli altri istituti. Da tre anni i nostri chierici
collaborano nella pastorale vocazionale con un istituto laicale femminile. Svolgono
questo tipo di lavoro pastorale durante tutto l’anno. Aiutiamo anche nella preparazione e
nell’assistenza spirituale durante le vacanze. Questa esperienza si è dimostrata molto
buona, perché ci dà la possibilità di far sapere che ci siamo anche noi Oblati. Da due
anni ormai, ogni mese mi incontro con i volontari e gli educatori, per una conferenza.
140
-
Abbiamo preparato anche una piccola mostra della Congregazione nell’università
“Card. Wyszyński”, a Varsavia: un’occasione che abbiamo sfruttato.
Questi sono i mezzi umani che abbiamo a disposizione per farci conoscere e proporre la nostra
Congregazione. Quanto ai laici coinvolti nella pastorale vocazionale, non ne abbiamo.
Comunità di accoglienza: è in Varsavia, dove, se uno vuole fare un’esperienza lo invitiamo.
Adorazione eucaristica: da anni (e non solo dall’ultimo capitolo) nella casa di formazione a
Varsavia abbiamo l’Ora santa – ogni giovedì – e preghiamo proprio per le vocazioni. Da anni nelle
nostre parrocchie ogni primo giovedì del mese è dedicato alla preghiera per le vocazioni. Adesso
nelle nostre comunità parrocchiali vogliamo inserire - secondo la Delibera Capitolare – anche
l’adorazione settimanale.
Ad 2). Cosa ci proponiamo in futuro.
Come ho già accennato, il mio desiderio - non soltanto come responsabile della pastorale
vocazionale, ma anche come provinciale – è di migliorare la vita religiosa in noi e rafforzare la
nostra identità giuseppino-marelliana. Poi potremo proporre questa stessa vita e spiritualità agli
altri. Naturalemtne si può e si deve nello stesso tempo lavorare in un campo e nell’altro: curare la
nostra vita spirituale, senza trascurare la pastorale vocazionale. Sono certo che questo è un buon
principio.
Altre cose:
- ho proposto ad alcuni confratelli di organizzare le cosiddette Domeniche Vocazionali: si
tratta di andare nelle varie parrocchie e per tutta la domenica predicare, dare
testimonianze e far conoscere la Congregazione, lasciando un sussidio. Questo lavoro
possono farlo quasi tutti confratelli. Lo si può organizzare anche in equipe: un sacerdote,
un chierico, un fratello: anche questo è un modo di compiere e far conosere il servizio
specifico del sacerdote e del fratello religioso. Per ora è soltanto un progetto.
- Abbiamo già stabilito con i chierici e i postulanti di cominciare un piccolo periodico, con
la finalità di far conoscere che il nostro seminario c’è ed è vivo. Speriamo che tutto vada
bene e non finisca come progetto soltanto sulla carta...
L’esperienza personale mi ha insegnato che bisogna fare uno progetto per volta, e farlo bene.
Quando se ne fanno tanti, di solito, dopo un po’ muoiono tutti.
Un saluto a tutti. P. Stanisław Kozik Osj
141
8.
Relazione sul Pastorale Vocazionale
Provincia “St.Thomas”- India
La pastorale vocazionale è una delle aree più importanti nella vita degli Oblati, perché
comprende molte promesse e speranze per il futuro della Congregazione. Per questo, la Provinica
St. Thomas dell’India cerca di dare ampio spazio a questa pastorale.
I padri Baiju Thareparambil e Rajesh Kunnuthara sono gli animatori vocazionali della
provincia indiana. Due chierici del seminario maggiore aiutano gli animatori nella coordinazione
dei programmi vocazionali. Tutti i seminaristi maggiori fanno pastorale vocazionale quando la
domenica danno il loro aiuto nella parrocchia.
I nostri seminari minori e maggiori funzionano come "comunità di accoglienza". I seminari
minori a Kodungallur e Perumpilly e il seminario maggiore ad Aluva sono i centri dove abbiamo
programmi vocazionali. I giovani che dimostrano interesse per la vita religiosa e sacerdotale sono
contattati e invitati a partecipare ai nostri programmi vocazionali.
A livello di provincia, quest’anno stiamo tentando di formare un programma vocazionale
ancor più organizzato. Gli animatori vocazionali e i loro collaboratori visitano parrocchie, scuole ed
ostelli. Ma parlare con i giovani solo nelle aule di scuola, durante le lezioni, può disturbare il loro
orario e lasciare alcuni ragazzi non liberi di esprimere il loro desiderio per la vita religiosa. Per
questo noi tentiamo di riunire i ragazzi del liceo fuori dai tempi di lezione e parlare con loro in
maniera più personale. Questo metodo sembra essere più efficace.
Gli animatori vocazionali hanno spiegato a tutti i confratelli e ai seminaristi la necessità di
promuovere insieme le vocazioni. Quando tutti i confratelli capiscono che la promozione
vocazionale è responsabilità speciale di tutti e un modo per testimoniare la propria gratitudine alla
congregazione, allora dà sicuramente più profitto. Stiamo progettando di inviare lettere personali ad
ogni confratello per ottenere da tutti questo appoggio e questo tipo di collaborazione.
Quest’anno, l’animatore vocazionale della provincia ha preparato una pubblicazione
vocazionale chiamata “Vazhivillaku” (Luce sulla strada). La pubblicazione è pronta. Abbiamo in
progetto di distribuire questo libretto ai ragazzi del liceo attraverso le classi del catechismo. Questo
libro presenta la Congregazione ai giovani, ha articoli su vocazione in generale, sulla nostra
Congregazione, sul Fondatore, su San Giuseppe, ecc. Nel libro c'è un questionario, che i ragazzi
motivati possono riempire e spedire a noi. Speriamo con questo mezzo di attirare l'attenzione di
molti giovani alla nostra Congregazione.
Collaboriamo con la Diocesi e con le altre Congregazioni Religiose; partecipiamo a
programmi di pastorale vocazionale, mostre, incontri, ecc. Abbiamo una relazione molto
amichevole con il clero Diocesano e la maggior parte di loro è disposta ad aiutarci. Alcuni hanno
grande stima del nostro lavoro e mandano i candidati direttamente a noi.
Non abbiamo una forma organizzata di coinvolgimento dei laici nella promozione
vocazionale, ma quando visitiamo le parrocchie cerchiamo di parlare con i laici e abbiamo trovato
un appoggio meraviglioso da parte loro, soprattutto da parte dei genitori dei nostri seminaristi.
142
Nelle nostre comunità l'Adorazione Eucaristica e altre speciali preghiere a favore delle
vocazioni si fanno specialmente nelle case di formazione, ma si fanno anche nelle parrocchie che
guidiamo e nelle nostre case di studi.
Lavoriamo soprattutto in parrocchie, scuole ed ostelli. Qualche volta anche una visita
informale ad una famiglia, o ad una parrocchia per celebrare una Messa, diventa un’opportunità per
fare pastorale vocazionale. Molte volte le nostre relazioni con una famiglia o con una parrocchia
hanno ispirato altri a contattarci e ci ha fatto incontrare in modo inaspettato altri candidati...
La pastorale giovanile è certamente un luogo favorito per la pastorale vocazionale, perché
aiuta ad interagire con i giovani e a cercare di scoprire semi di vocazione oblata dentro di loro.
Inoltre la pastorale giovanile aiuta i giovani a scoprire la storia e la missione della nostra
Congregazione nella Chiesa e nel mondo. Molti giovani oggi apprezzano il fascino giovanile della
nostra Congregazione e si sentono attratti alla vita consacrata come suoi membri.
Nella nostra pastorale tentiamo sempre di presentare la spiritualità giuseppino-marelliana.
La devozione ai santi Giuseppe di Nazaret e Giuseppe Marello diventa veicolo per trasmettere e per
ammirare la loro spiritualità. Nel nostro programma vocazionale, diamo lezioni sulla spiritualità
giuseppino-marelliana. Una pastorale vocazionale che non desse ai giovani una conoscenza almeno
elementare della spiritualità di San Giuseppe e del Santo Marello finirebbe per essere soltanto un
programma giovanile come già ne esistono tanti.
Risorse vocazionali
- La disponibilità entusiastica per la pastorale da parte di tutti i nostri confratelli
- Il libretto 'Vazhivilakku'
- Pubblicità nei periodici religiosi
Attività vocazionali
Incontri per i ragazzi che mostrano interesse per la vita religiosa.
Campi per i giovani.
Seminari e conferenze per studenti di catechismo e loro genitori.
“Come and See” (Vieni e Vedi): programmi che permettono ai ragazzi che hanno attitudine alla
vita religiosa, di venire e stare nelle comunità nostre per avere un assaggio della nostra vita
religiosa e comunitaria. Questo metodo è più efficace dei campi vocazionali.
- Ritiri per i ragazzi della parrocchia e per gli studenti di catechismo.
L'accompagnamento individuale
è molto importante perché attraverso di esso possiamo avere un contatto più personale coi ragazzi.
Per questo cerchiamo di accompagnare i ragazzi dal tempo dell’ High School (Scuola Superiore) in
poi. Ci mettiamo in contatto con loro attraverso lettere e telefonate. Intessiamo relazioni con i loro
genitori e incontriamo i loro parroci. Invitiamo i ragazzi agli eventi vocazionali, come: Ordinazioni,
Professioni, ecc.
Criteri per l'ammissione
Età: Tra 14 e 21 anni. Secondo il programma di formazione locale della nostra provincia i
candidati che sono oltre l’età di 21 anni non sono ammessi.
Salute: non devono esserci difetti fisici gravi e malattie incurabili o che comunque
impediscono la vita e la pastorale religiosa. È necessario un certificato di idoneità fisica.
Base economica, sociale e culturale della famiglia.
Storia personale e familiare: personalità e carattere del candidato, idoneità fisica, capacità
intellettuale e sociale, relazione con genitori ed altri, preoccupazione per i bisognosi e poveri,
143
pratica delle virtù umane e soprannaturali. Unità della famiglia, pratica della vita cristiana in tutti i
suoi aspetti, atteggiamento verso i valori morali, apprezzamento della vita religiosa e buon rapporto
con parenti e vicini di casa...
Altri aspetti:
Aspetti religiosi e spirituali del candidato: atteggiamento di fede, preghiera personale e
devozione, amore per la parola di Dio, apprezzamento dei valori evangelici, partecipazione attiva
alle attività parrocchiali e alle organizzazioni pie...
Aspetti emotivi, affettivi, sessuali della personalità del candidato: equilibrio emotivo,
accettazione della propria sessualità, capacità di relazioni sane, stabilità mentale e sessuale...
Pastorale vocazionale e seminario minore: i nostri seminari minori funzionano come
centro vocazionale della provincia. Per ragioni pratiche, il Prefetto del seminario minore di solito è
uno degli animatori vocazionali principali. La maggior parte degli eventi vocazionali si svolgono
nei seminari minori. Quando i ragazzi vengono e vedono la vita dei seminaristi, sentono una certa
attrattiva: è così che i seminari minori diventano un buon terreno per nuove vocazioni!
144
9.
Delegazione della Nigeria
LA RELAZIONE SULLA PASTORALE VOCAZIONALE.
1. I CONFRATELLI NELLA PASTORALE VOCAZIONALE: La nostra pastorale
vocazionale comprende l’incaricato della pastorale vocazionale, il vice incaricato della
pastorale vocazionale e un’equipe vocazionale fatto di sei (6) confratelli e assitito da tutti i
gli confratelli.
2. COMMUNITÀ DI ACCOGLIENZA: Le case di formazione e le parrocchie sono aperte
ad accogliere e sostenere il nostro programma per la promozione e il discernimento delle
vocazioni. Invitiamo i confratelli a fare le lezioni ai candidati ed anche ad aiutare nel
processo di discernimento i nostri seminaristi.
3. LE INIZIATIVE VOCAZIONALI: Attualmente, la nostra pastorale vocazionale has
stabilito un legame con il Nord della Nigeria per cercare più vocazioni. Questo gesto è per
far sì che le vocazioni Giuseppine provengano da tutte le regioni del paese. Inoltre, la
pastorale vocazionale continua a pubblicare dei volantini, distribuire le foto ed i santini di
San Giuseppe e San Giuseppe Marello per l’animazione delle vocazioni. In fine, la pastorale
desidera aumentare il numero dei candidati accolti annualmente.
4. COLLABORAZIONE: Insieme con le altre congregazioni ed ordini religiosi, l’animazione
vocazionale si fa per via delle riviste ed i calendari pubblicati annualmente, ad esempio –
The Ambassador Calendar and Magazine. L’associazione delle Persone consacrate
nell’arcidiocese di Ibadan si discutono tra di lorp per tale iniziativa. Inoltre, la Domenica del
Buon Pastore in tutto il paese è celebrata quale giornata delle vocazioni. Il recente legame
stabilito con l’incaricato della pastorale vocazionale dell’arcidiocese di Kaduna nel Nord
della Nigeria.
5. IL RUOLO DEI LAICI: I laici non sono coinvolti direttamente nella pastorale
vocazionale, riceviamo il loro sostegno spirituale e economico.
6. PREGHIERE PER LE VOCAZIONI: L’adorazione Eucaristia settimanale nelle
parrocchie e nelle case di formazione sono dedicate alle preghiere per le vocazioni, come
pure i ritiri mensili. Le preghiere per le vocazioni sono nel libro delle preghiere della
Delegazione.
7. I LUOGHI DELLA PASTORALE VOCAZIONE: Attualmente, I luoghi che esploriamo
per la pastorale vocazionale sono le parrocchie, le scuole ( Il Seminario Minore), le famiglie
ecc.
8. LA PASTORALE GIOVANILE: La pastorale giovanile è indubbiamente un luogo
privilegiato per la pastorale vocazionale siccome è proprio tra I giovani che sorgono le
vocazioni. La pastorale vocazionale così serve come luogo per far crescere le vocazioni. La
testimonianza fedele e la guida giusta dei giovani è la via migliore per fare la pastorale
giovanile.
145
9. LA SPIRITUALITÀ GIUSEPPINA-MARELLIANA: La spiritualità GiuseppinaMarelliana deve fare di più nei confronti della pastorale giovanile. L’apostolato GiuseppinoMarelliano ha in piano la pubblicazione del bollettino Giuseppino-Marelliano per questa
ragione. Inoltre, sta andando avanti la pubblicazione dei materiali su San Giuseppe e San
Giuseppe Marello.
10. LA PROMOZIONE/ANIMAZIONE DELLE VOCAZIONI: Tutte le vocazioni Oblate
sono considerate nei momenti dell’animazione vocazionale. Si deve dare più spazio alla
vocazione laicale e già I laici Giuseppini stanno mettendo le cose in mozione a questo
riguardo.
11. I MATERIALI VOCAZIONALI: La pastorale vocazionale nella nostra Delegazione è
ancora al livello della stampa, non c’è ancora nessuno piano per il sito web.
12. LE ATTIVITÀ VOCAZIONALE: Annualmente, organizziamo le attività vocazionali che
comprendono; il campo vocazionale, I ritiri, le interviste, le conferenze ecc. Anche durante
la giornata delle vocazioni e la feasta del fondatore si organizza le attività vocazionali.
13. L’ACCOMPAGNAMENTO INDIVIDUALE: A parte dei nostri candidati, cerchiamo di
aiutare tanti altri ragazzi che vogliono abbracciare la vita religiosa e sacerdotale a
discernere. Troviamo I giusti mezzi per loro per questo motivo anche dal di fuori e li
aspettiamo di condividere la loro esperienza con l’incaricati della pastorale giovanile o
rimangono con noi nelle nostre communità parrocchiali per un certo periodo di tempo.
14. I CRITETI PER L’AMMISSIONE:
a) ETÀ: L’età minima per essere accolto è 17 anni mentre quella massima è 22 anni.
b) LA SALUTE: La salute fisica e l’esame medico sono richiesti prima
dell’ammissione.
c) LA SITUAZIONE ECONOMICO: La precedenza è data ai ragazzi proveniente dalle
famiglie benestante e le famiglie media perché la Delegazione ha la possibilità di
scegliere 10 candidati dalle abbondanti circa 300 domande che ci arrivano
annualmente.
d) LA QUALIFICAZIONE: I candidati dopo aver completato la scuola secondaria e
superato bene gli esami finali.
e) L’AMBIENTE FAMILIARE E LA VITA PERSONALE: Cerchiamo di conoscere
l’ambiente familiare e la vita personale del candidato perché fanno una parte integra
nel processo di discernimento.
ALTRI: Lo stato matrimoniale dei genitori del candidato, il loro coinvolgimento
nell’attività parrocchiali e la vita sacramentale del candidato sono considerati.
15. IL LEGAME TRA LA PASTORALE VOCAZIONALE E IL SEMINARIO MINORE:
La pastorale vocazionale e il seminario minore hanno lo stesso scopo. Nella Delegazione
un’unico confratello è l’incaricato sia della pastorale vocazionale che da prefetto del
seminario minore. Ecco il bisogno di separare I due incarichi.
146
RELAZIONI SUI SEMINARI MINORI
10.
Provincia San Giuseppe Marello - Italia
In questi ultimi venti anni la Provincia San G. Marello ha vissuto e continua, in parte, a vivere il
grave problema della scarsità di vocazioni.
Fino a qualche anno fa la casa di Este (PD) era sede del seminario minore. Per diversi anni ha visto
un piccolo gruppo di seminaristi che purtroppo, per svariati motivi, hanno abbandonato la loro
vocazione. In quel periodo il seminario aveva la sua comunità educativa formata da Rettore,
Prefetto, Economo e Assistente. Gli spazi erano sufficienti e idonei per i momenti formativi e
ricreativi. La scuola era statale, ma seria ed esigente nelle discipline scolastiche.
Attualmente la Provincia “San G. Marello” ha deciso la chiusura del seminario di Este, in quanto
era rimasto un solo seminarista che, rientrato in famiglia, viene seguito settimanalmente da un
confratello che svolge il suo ministero nella casa religiosa di Alba. La famiglia di questo giovane
seminarista risiede nella nostra parrocchia di Alba e di conseguenza è facile incontrarlo per la
formazione. Con il sacerdote che lo segue, infatti, ha momenti formativi settimanali ed è bene
inserito nella attività giovanile della parrocchia.
Dal mese di ottobre 2006, in casa madre, Asti, il P. Rettore segue due giovani che intendono fare un
cammino di discernimento vocazionale. L’ambiente di casa madre ha tutte le prerogative per essere
serio e adeguato.
Per il seminarista che risiede ad Alba e i due giovani che si trovano in Casa Madre ad Asti sono
previsti incontri mensili con l’animatore vocazionale della nostra Provincia.
PASTORALE VOCAZIONALE
Vista la carenza di vocazioni, il Consiglio della Provincia “San Giuseppe Marello” in questi tre anni
del suo mandato intende dare priorità assoluta al problema vocazionale.
La Provincia del Brasile ha “donato” per tre anni il confratello P. Mario Guinzoni, il cui impegno
primario sarà quello di dare un nuovo impulso alle pastorale vocazionale nelle comunità della
Provincia. [Allego il progetto elaborato da P. Mario Guinzoni, esaminato e approvato dal Consiglio
di Provincia]. Sarà ora impegno di tutti i Confratelli attuare questo progetto di pastorale
vocazionale.
P. Fiorenzo Cavallaro osj.
147
11.
Seminario minore
“PROVINCIA SANTA FAMIGLIA” - ITALIA
Nella Provincia “Santa Famiglia” abbiamo due Seminari Minori: Barletta e Parete, che
accolgono rispettivamente ragazzi delle scuole medie e delle superiori.
Come per la pastorale vocazionale, anche per l’iter formativo dei nostri seminari vanno tenuti in
considerazione alcuni cambiamenti culturali che ci riguardano da vicino. Tra questi merita
particolare attenzione l’allungamento dei tempi di permanenza dei nostri ragazzi in famiglia. Per
questo, a partire da quest’anno, i due seminari Minori sono stati resi indipendenti.
In passato l’iter formativo prevedeva, una volta concluso il triennio scolastico delle Medie allo
Sterpeto, il passaggio a Parete per le scuole Medie Superiori. Oggi questa soluzione non è più
praticabile. Le due nostre case di formazione, pur collaborando tra loro sul piano delle iniziative,
sono state rese autonome per quanto riguarda i seminaristi. Inoltre, se a Parete l’idea di un
seminario minore per le scuole Medie Superiori è un’esperienza ormai collaudata da tempo, grazie
anche alla presenza del seminario diocesano di Aversa, dove i nostri ragazzi si recano a scuola, a
Barletta/Sterpeto tutto questo merita qualche considerazione a parte. Se per accogliere ragazzi dai
quattordici anni in su bisogna pensare, oltre a una comunità formativa, anche alla sede dove
svolgere gli studi (scuola statale?), per i ragazzi delle medie dagli undici ai tredici anni va
riformulata l’idea di seminario. Per il motivo culturale sopra citato, sarebbe opportuno parlare, per
questa fascia di età, di pre/seminario. La presenza di una sezione staccata all’interno della nostra
casa di Barletta, della scuola media “Renato Moro”, potrebbe rappresentare una buona occasione.
Quanto alle strutture, esse sono abbastanza accoglienti, anche se, Barletta/Sterpeto in
particolare, necessitano di qualche modifica. Ambedue sono munite di ampi spazi per le attività
ludico-formative.
E’ assodato che “il fardello della formazione” non può ricadere sulle sole spalle dell’incaricato
di turno. La presenza di una comunità formativa è necessaria e fondamentale. Questo
sostanzialmente c’è. Forse bisognerebbe pensare a più confratelli che abbiano un incarico diretto
nella formazione. Non basta inserire i seminaristi in una comunità di sacerdoti; sarebbe meglio che
più sacerdoti, oltre al prefetto, si incaricassero personalmente della formazione dei nostri giovani.
L’esiguità di numero non ci permette, per il momento, di soddisfare tale esigenza. La direzione
spirituale e la confessione quindicinale sono garantite. Sostanzialmente vengono assicurati momenti
di preghiera e di formazione umana, intellettuale, affettiva, spirituale. Grande risalto viene dato alle
devozioni legate alla tradizione della nostra Congregazione.
Ci si sforza di incrementare lo spirito di famiglia. Gli ambienti, la vita fraterna, la partecipazione
ad alcuni momenti che vedono la presenza di sacerdoti e seminaristi, oltre a sviluppare il senso di
appartenenza alla Congregazione, mirano a creare condizioni perché la presenza dell’altro, con le
proprie caratteristiche e diversità, venga recepita come opportunità di confronto e di crescita.
Nella formazione dei nostri ragazzi è richiesta la presenza della famiglia. Essa viene non solo
informata sull’andamento scolastico dei nostri aspiranti, ma viene coinvolta per ciò che concerne il
loro cammino verso la vita religiosa e sacerdotale. La festa dei genitori, le visite previamente
programmate ai nostri ragazzi, sono occasioni di informazione e confronto con le famiglie.
L’obiettivo da centrare è quello di rendere i ragazzi sempre più attivi e protagonisti della loro
formazione. Ci collochiamo come educatori che cercano, o perlomeno si sforzano, di incidere senza
mai influenzare, di educare senza mai imporre. Per questo la partecipazione attiva dei nostri ragazzi
ai vari momenti di preghiera contemplati dall’orario comunitario, i laboratori, le iniziative interne
ed esterne al seminario, non sono paragonabili a riempitivi, utili solo a rompere la monotonia delle
nostre giornate; ma sono da ritenersi esperienze in grado di aiutare a prendere coscienza del dono
ricevuto da Dio.
Crediamo che l’unico suggerimento da dare ai fini di una buona formazione, oltre all’utilizzo
delle indicazioni contenute nei documenti del magistero e della nostra ratio formationis e oltre al
148
sempre desiderabile potenziamento delle nostre comunità formative, sia quello di dare “ragione
della speranza che è in noi”, nonostante le inevitabili difficoltà.
149
12.
FORMAZIONE NEL SEMINARIO MINORE
PROVINCIA “ST. JOSEPH” - FILIPPINE
REV. P. EDWIN V. TOLENTINO, OSJ
A. LA FORMAZIONE ALLA VOLONTÀ
FORMAZIONE
• un processo di sviluppo per tutta la vita, graduale e coordinato, un'attività di crescita verso la
realizzazione di una persona completa nell'immagine e somiglianza di Gesù Cristo
• centrata su cinque aspetti
ƒ Fisico
ƒ Intelletuale
ƒ Emozionale
ƒ Sociale
ƒ Spirituale
• guidata da:
ƒ Costituzioni e Regolamento Generale degli OSJ
ƒ Ratio Formationis
ƒ Programma di Formazione (Provincia Filippina)
B. CASE DI FORMAZIONE
1.OBLATES OF SAINT JOSEPH MINOR SEMINARY
San Jose, Batangas
• aperto nel 1951
• è stata l’unica casa di formazione per gli aspiranti Filippini fino a 1978
• riconosciuto dal governo filippino come scuola secondaria nel 1987
2.OBLATES OF SAINT JOSEPH COLLEGE SEMINARY
Lipa City, Batangas
• aperto nel 1978
• casa per gli Orientandi, aspiranti dal primo al terzo anno dell’università e i Postulanti
• riconosciuto dal governo filippino come scuola superiore nel 1998
3. ST. JOSEPH MARELLO NOVITIATE HOUSE
Muntinlupa City
• aperta nel 1989
• casa per i novizi della Provincia Filippina
4.OBLATES OF SAINT JOSEPH THEOLOGATE – BIÑAN
Biñan, Laguna
• aperto nel 1984
• casa per i chierici nel terzo e quarto anni di studi teologici al Don Bosco Center of Studies,
Parañaque City
5.OBLATES OF SAINT JOSEPH THEOLOGATE - TAGAYTAY
Tagaytay City, Cavite
150
•
•
la Casa di Esercizi Spirituali Marello serve come residenza temporanea per i chierici nel
primo e secondo anni di studi teologici al Society of Divine Word Seminary, Tagaytay City.
si sta costruendo adesso una nuova casa di teologia
C. FORMAZIONE NEL SEMINARIO MINORE
Il Seminario Minore è la prima tappa della formazione degli OSJ nelle Filippine. È dove i
semi della vocazione Oblata alla vita religiosa e sacerdozio son coltivati. Consiste in due reparti:
1. HIGH SCHOOL
• presente nel OSJ Minor Seminary, San Jose, Batangas
• programma formativo di quattro anni (dal primo al quarto anno di Educazione Secondaria)
• accetta quelli che vengono dalla scuola elementare e quelli che hanno finito il primo anno di
istruzione secondaria in altre scuole
• più concentrato sulla formazione UMANA
•
•
•
•
2. UNIVERSITÁ
presente nel OSJ College Seminary, Lipa City, Batangas
programma formativo di quattro anni (dall’anno di “Orientation” al 3° anno di università)
accetta quelli che provengono dall’ “high school” seminario o dagli altre “high school”
più concentrato sulla formazione UMANA e CRISTIANA
D. STRUTTURA
1. CONSIGLIO DI FORMATORI
• i due reparti hanno la stessa composizione per il consiglio di formatori:
ƒ Rettore
ƒ Prefetto di Disciplina
ƒ Direttore Spirituale
ƒ Economo
• Altri uffici sono il Vice-Rettore nel reparto High School e il Decano degli Studi e Assistente
al Prefetto di Disciplina nel reparto Universitario
a. Rettore
• responsabile della direzione, facilitazione e coordinazione delle attività per lo sviluppo
spirituale, apostolico e economico della communità
b. Vice-Rettore
• assiste ed aiuta il Rettore nell’amministrazione e nello svolgimento della vita OSJ nel
seminario; assente il Rettore, ne assume l’incarico e i compiti
c. Prefetto di Disciplina
• direttamente incaricato della educazione e formazione dei seminaristi
• anima, progetta, organizza, coordina, supervisiona, verifica e valuta la messa in atto degli
indirizzi, delle direttive e dei programmi di formazione
d. Assistente del Prefetto di Disciplina
• assiste ed aiuta il Prefetto di Disciplina nella educazione e formazione dei seminaristi
• assente il Prefetto di Disciplina, assume l’incarico e i compiti dell’uffico
e. Direttore Spirituale
• si preoccupa del progresso e della direzione spirituale dei seminaristi, particolarmente nella
formazione e celebrazione liturgica nelle case di formazione
f. Economo
• incarciato dello sviluppo, dell’amministrazione e della gestione dei beni del Seminario
g. Decano degli Studi
• incaricato della crescita e dell’educazione intellettuale ed accademica dei seminaristi
151
2. COLLABORATORI LAICI
a. Membri della Facoltà
• aiutano nella promozione ed animazione dell’eccellenza accademica dei seminaristi
• insegnano le materie loro affidate
• dirigono, progettano, organizzano, coordinano, supervisionano, verificano e valutano le
attività accademiche dei seminaristi
b. Impiegati di utilità
• provvedono ai servizi professionali e materiali del seminario
3. SEMINARISTI
a. Reparto High School
• Attualmente ci sono 89 seminaristi:
• Primo anno: 24 seminaristi
• Secondo anno: 30 seminaristi
• Terzo anno: 21 seminaristi
• Quarto anno: 14 seminaristi
b. Reparto Universitario
• Attualmente ci sono 53 seminaristi:
• “Orientation”: 10 seminaristi
• Primo anno: 12 seminaristi
• Secondo anno: 11 seminaristi
• Terzo anno: 10 seminaristi
• Postulanti: 15 seminaristi
E. AREE DI FORMAZIONE
1. FORMAZIONE FISICA
• realizzazione di se per mezzo del corpo
• con l’interazione fisica con altri, un seminarista potrebbe scoprire, essere cosciente, e
godere della propria esistenza
• formato per diventare competente ed autonomo
• programmata con attività fisiche e lavoro manuale
2. FORMAZIONE INTELLETUALE
• realizzazione di se per mezzo delle facoltà cognitive e volitive
• sviluppa la capacità del seminarista di organizzare le sue sperienze, percezioni e pensieri
personali verso una organizzazione cosciente, significativa, razionale delle sue attività
• formato per ottenere una migliore conoscenza e controllo di se, che viene da esperienze,
valori e convizioni che mantengono e aumentano la sua particolarità e il senso di identità
• programmata con gli studi scolastici ed altre attività formative
3. FORMAZIONE EMOZIONALE
• realizzazione di se per mezzo di sentirsi sicuro, libero della paura, ansietà, caos ed allo
stesso tempo capace di participare in attività e relazioni soddisfacenti alle emozioni che
aumentano il senso di sicurezza e stabilità
• concentrate nell’auto-controllo delle emozioni
4. FORMAZIONE SOCIALE
• realizzazione di se per mezzo della interrelazione significativa e responsabile con altre
persone
• formato per crescere nella amicizia, intimità, autorità, amore, vocazione, e pastorale di
servizio
152
•
realizzata per mezzo delle presentazioni socio-culturale e la pastorale
5. FORMAZIONE SPIRITUALE
• realizzazione di ser per mezzo dell’unione con Dio
• diretta ad approfondire la relazione personale con Dio, che poi ispira e sviluppa le proprie
relazioni con gli altri
• realizzata nelle attività spirituali, liturgiche e devozionali
F. VERIFICHE
• Ci sono verifiche periodoche con i seminaristi: mensile, trimestrale, semestrale e annuale
• C’e una serie di dialoghi e sessioni di direzione spirituale per rendere ogni seminarista
cosciente della sua crescita, sviluppo e stato nel seminario
153
13.
SEMINARIO MINORE (PROVINCIA DEL BRASILE)
1. Breve presentazione delle Case di Formazione nella Provincia
Le case di formazioni della Provincia Madonna del Rocio sono:
→ Seminario Madonna di Guadalupe – Ourinhos SP: Aspirantato – Scuola Media.
→ Seminario Giuseppe Marello – Curitiba PR: Aspirantato, Postulantato e Juniorato –
Filosofia.
→ Noviziato Giuseppe Calvi – Cascavel PR: Noviziato.
→ Seminario Pietro Magnone – São Paulo SP: Teologia.
2. Struttura e ambiente del Seminario Minore
La casa di Ourinhos è a tre piani. Al primo piano abbiamo: garage, refettorio, cucina, sala da
gioco e lavanderia. Al secondo piano: cappella, sale (di visita, di studio, tv e video, di riunione,
biblioteca, camera e ufficio del formatore. Al terzo piano: camere da letto.
Tutti i reparti del seminario sono occupati in modo razionale, in modo che si vede che si
tratta di una casa di formazione, abbastanza funzionale, con ampio spazio esterno costituito da zone
di divertimento (due campi da calcio, due polisportive, giardino, orta, …).
Con tutta questa infrastruttura e per essere di facile accesso, il Seminario Madonna di
Guadalupe è un punto di riferimento importante per tutta la Provincia, che lo usa per i suoi incontri,
e ritiri spirituali.
3. La comunità formativa
La comunità formativa è composta dal formatore e dall’assistente che risiedono nel
seminario, e dai confratelli che lavorano in parrocchia e abitano nella residenza parrocchiale.
Rettore: P. Antonio Luis
Prefetto: Diácono Bennelson
Direttore spirituale: P. Giovanni (diocesano)
Confessori: sacerdoti agostiniani
Assistente: ch. Luciano
Come collaboratori della comunità formativa ci sono: tre funzionarie che lavorano in cucina e
lavanderia. Periodicamente alcuni laici fanno servizi volontari come ripasso scolastico, musica,
accompagnamento psicologico, scuola di computer e teatro.
4. Dimensioni della formazione
4.1. Formazione umana
Obiettivi: Individuare le line della futura personalità e del carattere dell’adolescente per
l’auto-conoscimento e l’auto-accettazione, e iniziare l’esperienza di vita comunitaria.
Contenuti: Studio delle virtù umane, dialogo, valori, esperienza di convivenza e di
disciplina, uso della libertà e creatività. Come aiuto per la comprensione della vita insieme si
impara a vivere in rapporto interpersonale con gli altri: formazione del carattere, temperamento,
sessualità e buoni costumi.
Strategie: Intervista di crescita vocazionale, corsi, letture spirituale, attività culturali,
revisione di vita, prove, lezioni di formazione umana, psicologica e sessuale, club di vita, contatto
con esterni e con la famiglia. Sussidi: studio di documenti ecclesiali e religiosi, manuale di
educazione sessuale, video, corsi, giornali e riviste.
154
4.2. Formazione spirituale
Obiettivi: iniziare e accompagnare gli adolescenti alla pratica della preghiera personale,
comunitaria, liturgica e sacramentale, per lo sviluppo della fede e un miglior discernimento
vocazionale.
Contenuti: Mettere in pratica le virtù teologali e morali, praticare la preghiera personale e
comunitaria, i sacramenti e la vita liturgica. Studio della dottrina cristiana, iniziazione alle pratiche
di pietà secondo la tradizione della Congregazione.
Strategie e sussidi: pratiche di preghiera, santa messa, meditazione, lettur spirituale,
preghiera giuseppina, rosario, preghiera personale, adorazione al SS.mo Sacramento, confessione
periodica, ritiro mensile (all’inizio dell’anno, con la durata di tre giorni), feste religiose (San
Giuseppe, San Giuseppe Marello, Madonna Aparecida, Madonna di Lourdes, Immacolata, Santo
Stanislao Kostka...) che sono proprie della Congregazione e del Seminario, e la tradizione del
grande silenzio. Sussidi: Libro di preghiera degli Oblati e altri.
4.3. Formazione Giuseppina marelliana
Obiettivi: Portare gli adolescenti alla conoscenza della Congregazione e del suo carisma,
presentando la vita e le virtù di San Giuseppe e di San Giuseppe Marello, con una educazione nello
stile giuseppino-marelliano.
Contenuti: Studio della vita e delle virtù di San Giuseppe e del Fondatore. Presentazione del
carisma e della storia della Congregazione e della Provincia brasiliana.
Strategie e sussidi: lezioni di formazione, letture spirituali, preghiera giuseppina, novena e
festa di san Giuseppe e di San Giuseppe Marello, date marelliane importanti, Allegrezze e dolori di
San Giuseppe ogni mercoledì. Sussidi: Lettere della gioventù, libro di preghiera degli oblati,
necrologio, calendario della provincia, libro “Mons. Giuseppe Marello: un santo per la gioventù;
Una perla di Vescovo; Giuseppe di Nazareth; Breve Storia della Congregazione e della Provincia
brasiliana; Mons Giuseppe Marello, lo conosci? Era un santo; Giuseppe Marello esempio di amore
e crescita...
4.4. Formazione intellettuale
Obiettivi: favorire lo studio dell’insegnamento medio e il ricupero progressivo delle
debolezze della prima serie, incentivo alla lettura, analisi e interpretazione dei testi, fondamenti di
cultura generale e di metodologia di studio (i seminaristi studiano in una scuola statale).
Contenuti: curriculum ufficiale dell’insegnamento medio; dattilografia, informatica, musica,
comunicazione ed espressione, rinforzo scolastico e lettura guidata.
Strategie e sussidi: lezioni, libri, manuali, teatri, corsi, concorsi, chiacchierate formative. Il
seminario offre lezioni di rinforzo per le discipline principali.
4.5. Formazione alla vita consacrata
Obiettivi: condurre il candidato a vivere il suo compromesso battesimale-cresimale,
coltivando le virtù umane; formare un ambiente di fraternità, disponibilità, abnegazione e
accoglienza agli altri.
Contenuti: presentazione della dottrina cristiana; incentivo alla commemorazione di feste
significative del calendario; ambiente del seminario da valorizzare; impegno nel lavoro; conoscenza
della sessualità in ottica cristiana.
Strategie e sussidi: commemorazione di date importanti della congregazione; ambientazione
e zelo per la casa; revisione di vita; visione cristiana della sessualità; lezioni di dottrina cristiana.
4.6. Formazione pastorale
155
Obiettivi: incentivare la creatività per lo sviluppo dei talenti personali e svegliare l’interesse
e il gusto per le pastorali proprie della congregazione.
Contenuti: assimilazione di tecniche di comunicazione e dinamiche di gruppo; lezioni di
musica e strumentazione musicale; corsi di psicologia e pedagogia del lavoro pastorale con gli
adolescenti; presentazione delle pastorali proprie degli Oblati; iniziazione alla metodologia
pastorale; elementi di metodologia della pastorale della gioventù e suo cammino di formazione.
Strategie e sussidi: officine di teatro, scenette, jogral; ginkane; festività musicali e concorsi
di poesia; partecipazione a corsi per imparare le tecniche; partecipazione e aiuto ai gruppi di
chierichetti, adolescenti e giovani. Sussidi: libri di pastorale della gioventù e manuale dei
chierichetti.
5. Come funziona l’equipe formativo nella vostra Provincia/delegazione
Ogni due mesi l’equipe di formazione provinciale si raduna insieme per accompagnare,
valutare e programmare la camminata formativa provinciale sotto la guida dell’incaricato della
formazione e con la presenza del provinciale. Questo appuntamento, oltre che creare spirito di unità
e partecipazione dei formatori, favorisce l’accompagnamento personalizzato di ogni seminarista
durante tutto il corso formativo. C’è spazio per lo studio e per il dibattito dei documenti della
congregazione e della chiesa, così come di temi di attualità di carattere formativo.
6. Collaborazione dai confratelli della Provincia/Delegazione
L’interesse dei confratelli si manifesta con l’invio di vocazionati, l’aiuto economico alle
vocazioni e con la presenza nei seminari per celebrazioni, corsi, ritiri...
7. I vari problemi che si incontrano nel seminario
I ragazzi con cui lavoriamo vivono l’influenza dei tempi odierni, provengono da ambienti e
famiglie de-strutturate, da una scuola dove l’insegnamento è precario, da una religiosità
superficiale. La grande sfida è formare i nostri seminaristi in modo che possano rispondere alla
chiamata di Cristo e agli inviti più urgenti della chiesa e della nostra gente. Ecco alcune delle nostre
difficoltà:
bisogno di formatori: mancano confratelli disponibili e preparati al servizio in questa fase
formativa del seminario minore; la mancanza di una equipe formativa porta molte volte il formatore
a agire da solo; la mancanza di direttori spirituali preparati e disponibili; mancanza di interesse per
la formazione, da parte di qualche confratello.
carenza dei nostri vocazionati: instabilità e insicurezza dei seminaristi; arrivano al
seminario in condizioni precarie per problemi familiari, bassa qualità dell’insegnamento pubblico
fondamentale, esperienze affettive sessuali precoci, religiosità superficiale e a volte una grande
ignoranza religiosa...
ambiente fisico del seminario: molto grande per pochi seminaristi, ciò che non favorisce
l’esperienza di comunità e di vita in famiglia; mentalità di consumismo, edonismo, individualismo,
materialismo e neoliberalismo presente nell’ambiente esterno.
8. Suggerimenti per migliorare la formazione dei candidati alla vita religiosa
o Una equipe formativa integrata e attuante (rettore, formatore, direttore spirituale,
psicologo, confratelli della comunità, una presenza laica)
o Rivedere la nostra storia formativa e definire alcune linee comuni di pedagogia
applicabili nelle varie fasi formative (e poi pubblicarle)
o Abilitare i formatori attuali e quelli che verranno
o Incontri periodici dei formatori per programmare, valutare e studiare temi importanti.
o Definire con chiarezza il progetto formativo per i fratelli laici.
156
14.
RELAZIONE SUL PROGRAMMA PRE-POSTULANTATO
DELLA CALIFORNIA
Il Seminario Minore (“High School”, età 14 -18 anni) nella Provincia di California cominciò nel
1930 in Santa Cruz. Nel 1962 era arrivato alla sua iscrizione più alta con 50 seminaristi. Poi da
allora si è avuto un progressivo ribasso di studenti. Nel 1978, con soli 8 seminaristi, il Seminario
Minore fu trasferito a Mt St. Joseph, la Casa di Noviziato in Loomis, con la grande speranza che i
più giovani entrassero. Poco dopo questo cambiamento, Brian Crawford, un giovane aspirante si
associò al seminario minore e rimane l'unico Oblato della California che abbia completato tutte le
tappe del programma di formazione dal 1981 ad oggi. Dopo avere lottato per lasciare aperto il
seminario minore per i ragazzi dell’“high school”, in funzione per quasi trenta anni, ma non
ricevendo un numero di studenti che perseverassero, nel 2005 abbiamo deciso di chiudere il
Programma del Seminario Minore. Con questo in mente, comincio la mia relazione.
Gli Oblati di San Giuseppe, per la gloria di Dio e in servizio alla Chiesa, sempre cercano di
aumentare il loro numero nelle varie province e delegazioni dove fanno pastorale. Ci sforziamo di
trovare e formare uomini che credono nella chiamata di Dio a “servirlo nell'imitazione di San
Giuseppe." Per avere struttura e consistenza in quella formazione i vari programmi sono sviluppati a
diversi livelli di formazione. Uno di questi è il pre-postulantato.
Pre-postulantato, come suggerisce il suo stesso nome, è il livello di formazione che precede il
periodo di postulantato, che a sua volta è la preparazione immediata al noviziato. Lo scopo del prepostulantato è per la Congregazione di conoscere il candidato e per il candidato di conoscere la
Congregazione. Il candidato vivrà in una casa di formazione, o Mt. St. Joseph in Loomis, o a St.
Joseph Marello House in Oxnard, sotto la guida di un direttore. L'età del candidato in questo
programma può variare molto, ma la meta è la stessa: discernere se Dio lo chiama a essere un
Oblato di San Giuseppe oppure no; e, di conseguenza, se debba fare il postulantato o no. Alcuni
orientamenti sono stati stabiliti per assisterlo in questo discernimento, e sono i seguenti:
Età
A. Adolescenti: anche se abbiamo chiuso il Seminario Minore, i candidati adolescenti si
accetteranno se hanno completato i loro studi di “high school”.
B. Adulti: non c'è limite di età per quelli che desiderano entrare nel programma di prepostulantato, ma a queste condizioni:
1. Essere adattabile e flessibile sia nel comportamento che negli atteggiamenti,
specialmente a riguardo di come vivere in comunità ed accettare i valori della nostra
Congregazione, e come essere un testimone positivo.
2. Imparare ad accettare anche la formazione da un direttore più giovane.
3. Essere disposto e capace a prendere un ruolo attivo nella nostra pastorale e non
cercando solamente un posto di sicurezza in vista della pensione.
4. Essere di relativa buona salute, fisica ed emotiva.
5. Aver dato prova di stabilità nella vita precedente, specialmente nel lavoro.
6. Essere libero da debiti e da responsabilità familiari.
7. Essere disposto e capace a liberarsi dei propri beni materiali.
8. Essere libero da qualsiasi legame matrimoniale e responsabilità paterna.
Educazione
157
Università: i candidati che hanno completato il liceo devono completare gli studi universitari; i
candidati al sacerdozio studieranno per un Bachelors in filosofia, se possibile; i candidati a
fratelli laici frequenteranno corsi di studi religiosi e altri campi di studio che potranno essere
utili per il loro lavoro futuro nella pastorale (e.g. insegnante, computer, contabilità, abilità
tecniche, ecc). Tutti devono studiare e imparare lo spagnolo, ognuno secondo la sua capacità.
Spiritualità
I pre-postulanti devono cominciare a sviluppare una spiritualità consona alla vita religiosa degli
Oblati di San Giuseppe, in comune e da soli, marcata dal carisma giuseppino-marelliano: e cioè,
umile, nascosto, semplice, grato e fedele agli insegnamenti della chiesa cattolica.
1. Preghiere comunitarie: sono obligatti a frequentare e a partecipare a tutte le preghiere
comunitarie in maniera rispettosa e attenta. Queste preghiere comunitarie sono:
1. Messa
2. Lodi, Vespri e Compieta della Liturgia delle Ore
3. Visita al Santissimo
4. Devozione a San Giuseppe, ogni mercoledì
5. Adorazione Eucaristica
6. Rosario
2. Preghiera personale: ci si aspetta da loro che passino anche un tempo conveniente in
preghiera personale, specialmente nella cappella, davanti al Santissimo Sacramento.
La preghiera personale deve avere la priorità sul divertimento e sugli hobby, perché è
uno dei modi principali per discernere la vocazione. Così cominceranno a sviluppare
una disciplina e a voler passare del tempo con Dio in preghiera.
Collaudo psicologico e medico
Tutti i candidati al programma pre-postulantato che hanno superato i 18 anni al momento della
domanda di ammissione devono portare i risultati della visita psicologica e medica fatta
appositamente per entrare in seminario. Questa visita include anche un esame dentario e una
prova di HIV. I risultati saranno conosciuti solamente dall’equipe formativa, dal provinciale e
dal suo consiglio. Le stesse prove sono richieste anche per l’ingresso nel Seminario di St. John a
Camarillo.
Terapia consigliata
Se, dopo questo collaudo o durante il programma pre-postulantato, diviene chiaro che un
candidato ha bisogno di terapia o di consulenza, spetta a lui cercare quell’aiuto e tentare di
risolvere il problema prima del Postulantato e del Noviziato. Normalmente, spetta al candidato
pagare il costo di questa terapia.
Patrimonio
I pre-postulanti possono utilizzare i loro beni personali, col permesso, per esempio: macchine e
computer, se li hanno quando entrano nel programma. Possono continuare ad usarli anche
durante il Postulantato, ma devono nominare qualcuno come amministratore dei loro beni
patrimoniali prima della loro entrata nel Noviziato. Se il candidato ha molti beni, non può
presumere che la comunità li immagazzinerà, e può diventare necessario per lui trovare altre
sistemazioni per i suoi depositi.
Educazione e altre Spese
I pre-postulanti saranno invitati a pagare una tassa nominale per vitto e alloggio nel seminario e
spetta a loro pagare i libri e la scuola. Sono anche responsabili delle loro spese sanitarie.
Studenti meritevoli ma bisognosi possono ricevere un aiuto economico dagli Oblati per le tasse
158
di seminario e possono cercare aiuto per la scuola attraverso concessioni e prestiti. Spetta a loro
rimborsare questi eventuali prestiti ottenuti a titolo personale, fino a che non diventano professi.
Codice del vestire
Ai pre-postulanti, per cominciare a testimoniare pubblicamente il loro desiderio di impegnarsi
per Cristo nella vita religiosa, viene chiesto di osservare un “codice del vestire”. Ognuno riceve
la medaglia con l'immagine del Fondatore, San Giuseppe Marello, che deve sempre portare con
sé. Inoltre, ogni qualvolta che vanno in cappella e durante i pasti della mattina e della sera,
devono portare pantaloni scuri e cravatta blu come loro uniforme. In generale, devono vestire
sempre modestamente e semplicemente, evitando ogni abbigliamento smodato od ostensivo.
Divertimento
1 Cinema: I pre-postulanti devono seguire i consigli che a questo riguardo sono offerti
dalla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti.
2 Televisione: Devono essere moderati nell’uso della televisione, sia per quanto
riguarda il tempo speso, sia per i programmi da scegliere. Non possono vedere
televisione dopo Compieta.
3 Tabacco e droga: È vietato fumare o usare droghe illegali.
4 Alcol: Quelli che sono in età di poter bere alcol possono farlo ogni tanto, e sempre
con moderazione, mai in privato. Non si beve alcol nelle stanze private.
5 Internet: Possono usare l'internet con permesso, a durate programmate, in un luogo
comune della casa.
Pasti e dieta
I pre-postulanti devono essere presenti ai pasti comuni e accettare il cibo che è servito (a meno
che abbiano necessità dietetiche speciali): e questo per motivi di disciplina e di mortificazione.
Per mantenere una dieta sana, devono evitare di mangiare fuori pasto e fare regolarmente
esercizio fisico.
Conclusione
Questa prima esperienza per il candidato in una casa degli Oblati è un tempo in cui il prepostulante cammina insieme con l’Oblato suo direttore e con la comunità. Vorremmo avere più
sacerdoti e fratelli Oblati coinvolti nel programma di formazione, ma ci manca il personale.
A causa di questa scarsità, i confratelli devono assumere più di un ruolo, e questo può generare
confusione nel candidato. Vivendo molto da vicino con religiosi in una piccola comunità, il
candidato può sperimentare il buono e il cattivo della vita in comunità: la condivisione e
premura e qualche volta anche la futilità e l'egoismo. Sotto la guida del superiore, questo può
essere il tempo di ascoltare Dio nella fede, aprendo il cuore a una risposta generosa e gioiosa
alla Sua chiamata, qualunque essa sia.
159
15.
INFORME DE LA PROVINCIA DEL PERU
“SANTO TORIBIO DE MOGROVEJO”
SOBRE EL SEMINARIO MENOR 2007
1. LAS CASAS DE FORMACIÓN
a. El Seminario Menor o Escuela Apostólica “San José Marello”-Huaraz.
El Seminario Menor o Escuela Apostólica, se inició en el 1998. Los jóvenes que ingresan al
Seminario Menor, provienen de la experiencia de “Vida Cristiana”, que dura 2 meses en la cual
ellos aprenden los principios básicos de la formación cristiana, humana e intelectual. Los
interesados en permanecer, manifiestan libremente este deseo, el cual es evaluado por un Consejo
de Admisión de nuestra Provincia.
b. El Seminario “San José Marello” y Estudiantado Filosófico Teológico “MarellianumChosica.
Es el nuevo seminario de filosofía, tiene capacidad para 200 jóvenes, se terminó de construir en
marzo de 2006. Los jóvenes vienen de dos fuentes: del Seminario Menor, y del Pre-seminario. El
año 2006 se ha iniciado el estudiantado “Marellianum” con la filosofía interna, dándole un alto
nivel intelectual con la ayuda varios profesores que enseñan en la misma Facultad de Teología.
Estudian tres años de filosofía; al concluir el segundo año de formación y dan comienzo al
Postulantado, etapa que los prepara al Noviciado.
c. El Noviciado “San José Marello”- Chosica.
En esta etapa formativa se introduce al formando en el estudio de la vida religiosa, a un
conocimiento más específico de la Congregación, de la vida de nuestro Padre Fundador, de las
Constituciones y del Reglamento de la Congregación, de tal manera que cuando el novicio haga sus
primeros votos conozca nuestra familia religiosa y la ame profundamente.
d. El Seminario Mayor “Casa de San José”- Lima.
Aquí se encuentran los hermanos profesos que cursan los estudios teológicos, en la Facultad de
Teología Pontificia y Civil de Lima. Ellos se forman tres o cuatro años. Se enfatiza en la
formación espiritual, humana, intelectual y pastoral de los profesos, con la lectura de textos sobre
teología de la vida religiosa y sobre la espiritualidad josefino-marelliana buscando que el candidato
se prepare con debida madurez y altura al estado de vida religiosa y sacerdotal que exige
actualmente la Iglesia y nuestra Congregacion.
2.- ESTRUCTURA Y AMBIENTES DEL SEMINARIO MENOR
Los ambientes se encuentran dentro de la Parroquia de Huaraz pero tienen total independencia. La
casa está bien organizada y cuenta con los ambientes necesarios para las actividades de los
jóvenes: Capilla, aulas de estudio, sala de recreo, comedor y otros espacios necesarios para el sano
esparcimiento.
3.- LA COMUNIDAD FORMATIVA
La comunidad formativa está constituida de la siguiente manera:
• Rector de la Comunidad: P. PATRICK ASENCIOS VELASQUEZ, OSJ
• Prefecto: P. MANUEL VILLANUEVA DE LA CRUZ, OSJ
• Asistente: Hno. MIGUEL DEL RÍO SIFUENTES, OSJ
• Seminaristas: 24 Carísimos.
4.- FORMADORES
Rector de la Comunidad: P. PATRICK ASENCIOS VELASQUEZ, OSJ
160
Prefecto: P. MANUEL BENIGNO VILLANUEVA DE LA CRUZ, OSJ
Director Espiritual: P. ELMER GUZMAN CIRIACO, OSJ
Confesor: P. JUAN MOYA SANTOYO, OFM
Asistente: Hno. MIGUEL DEL RÍO SIFUENTES, OSJ
5.- FORMACIÓN HUMANA
La formación humana es fundamental; por eso se busca que los jóvenes desarrollen su personalidad
a través del crecimiento de las virtudes. De manera especial: Sinceridad, Honradez, Lealtad,
Prudencia, Fidelidad a la palabra dada, Responsabilidad, Justicia, Gratitud, Urbanidad, Fortaleza,
Amor al Trabajo, Sacrificio, Orden, Aseo, etc.
6.- FORMACIÓN AFECTIVA SEXUAL
La formación en este campo consiste en brindarles una progresiva, positiva y prudente educación en
la afectividad, en el amor y en la sexualidad (Cf. RG 46). También se insiste en que el amor es don,
renuncia y entrega de sí mismo como nos enseña Jesucristo con su vida. Además se les enseña el
uso prudente de los medios de comunicación (períodico, TV, etc.) como el trato prudente con las
demás personas para vivir coherentemente la castidad.
7. FORMACIÓN ESPIRITUAL Y LAS DEVOCIONES
La formación espiritual es uno de los aspectos más importantes y el formador tiene que ir
cultivando en ellos este aspecto (oración personal y meditación). Dentro de las devociones está la
Solemnidad a nuestro padre san José, el 19 de marzo; en el mes de Mayo la devoción a nuestra
Madre, Santa María y en este mismo mes celebramos la Solemnidad de nuestro Padre Fundador,
San José Marello; también ocupa un lugar especial la devoción a la Virgen Dolorosa y a la
Inmaculada Concepción, del mismo modo tiene su importancia la Devoción al Sagrado Corazón de
Jesús y la Fiesta a San Estanislao Kostka.
8.- FORMACIÓN INTELECTUAL
Los seminaristas estudian en el colegio interno “San José Marello” (reconocido por el Estado), de
esta manera se busca dar un mayor seguimiento, y a la vez enfatizar las materias que ellos más
necesitan. Comienzan sus clases a las 7: 45 a.m. y finalizan a la 1: 15 p.m. Con respecto a los
profesores se ha buscado a los más capacitados para el dictado de las materias, la mayoría de ellos
enseñan en nuestro Instituto “San José Marello.
9.- FORMACIÓN A LA VIDA RELIGIOSA
En lo que se refiere a la formación a la vida religiosa, se busca que los jóvenes se confronten con la
Palabra de Dios para vivir el carisma de nuestra Congregación imitando a San José en la vivencias
de los consejos evangélicos de castidad, pobreza y obediencia. Esta formación se va impartiendo a
través de la Lectura Espiritual, la apertura y el diálogo frecuente con el formador, la Dirección
Espiritual, la Confesión y la vida Comunitaria.
10.- FORMACIÓN PASTORAL
Sobre la formación pastoral que tienen los seminaristas es la frecuente visita de los sacerdotes que
trabajan en las parroquias de la zona, quines comparten su experiencia y contagian su espíritu
misionero siendo un reto para que ellos se preparen bien para el mañana. La catequesis no lo hacen
porque ellos todavía necesitan formarse.
11.- FUNCIONAMIENTO DEL EQUIPO FORMATIVO EN LA PROVINCIA
El equipo de formación está constituido por el Provincial y el Encargado de la formación y por
todos los formadores. El equipo formativo trabaja en plena coordinación con el Encargado de la
161
Formación, realizando reuniones periódicas (cada 2 meses) para planificar, verificar y evaluar los
avances que se realizan en las distintas casas de formación.
12.- COLABORACIÓN DE LOS COHERMANOS DE LA PROVINCIA
La colaboración que dan los cohermanos es sobre todo la animación a los jóvenes de su parroquia,
acompañándoles en el discernimiento de su vocación y con su oración; también colaboran de modo
material enviando cereales y carne.
13.- PROBLEMAS QUE SE ENCUENTRAN EN EL SEMINARIO
Algunos jóvenes tienen poca formación cristiana. Pero sobre todo es la parte económica que nuestra
Provincia afronta a duras penas. Los jóvenes que ingresan al seminario menor vienen de familias
con bajos recursos, es por eso que se busca la ayuda de personas generosas que nos den una mano
en la formación.
14.- SUGERENCIAS PARA MEJORAR LA FORMACIÓN DE LOS CANDIDATOS A LA
VIDA RELIGIOSA.
Mejorar la instrucción religiosa de los jóvenes para que conozcan lo fundamental de nuestra fe.
También debe trabajarse para que los candidatos tengan un mayor sentido de pertenencia a la
Congregación. Debe incentivarse el estudio de los idiomas, para que de esta manera los jóvenes
tengan una mayor cultura y puedan trabajar en el campo que les fuese asignado. Los formadores
deben dedicarse a tiempo completo a esta tarea.
15.- VARIOS
Tener un Plan Formativo. Tener un Programa Anual.
P. Celestinopercy Núñez López, osj
FORMADOR
162
16.
Relación de las situación actual en el Seminario Menor y de la
pPastoral Vocacional en la Provincia de
Nuestra Señora de Guadalupe, México
La congregación de los Oblatos de San José llego a México en el año 1951 provenientes de
California, desde entonces hasta ahora se han ido formando sacerdotes mexicanos en un modo de
acompañamiento permanente como una familia. Los primeros seminaristas fueron invitados por
los padres Oblatos en misión, en su mayoría italianos que con su ejemplo de vida y su empeño en
el trabajo físico y sacramental inspiraron la vida de los primeros oblatos mexicanos.
Estos primeros cohermanos eran acólitos en algunas iglesias de México, estudiantes y
trabajadores que dejándolo todo quisieron seguir el llamado del Señor.
El primer seminario se construyó a 30 Km. al norte de la Ciudad de México en un poblado
llamado Tepalcapa en el naciente municipio de Cuautitlán Izcalli, Diócesis de Tlanepantla y
después Diócesis de Cuautitlán en el Estado de México en el año 1968, fundado por los padres
Oblatos Rev.P. Juan Stramare O.S.J. y Angello d’Gano en un espacio total de casi 2 hectáreas (1.5
acres) teniendo la posibilidad de fundar un colegio para los seminaristas de educación media y
media superior (gimnasio y High School)
Siempre concientes de la necesidad de las personas se abrio el colegio para recibir a
estudiantes externos de un modo mixto llamando al colegio “Centro cultural Fray Bartolomé de las
Casas” A.C. A partir de ese momento hasta ahora cada año se reciben estudiantes y a su vez
seminaristas que estudian en esa escuela.
Casas de formación en la Provincia de México
Tenemos 3 casas de formación, la primera es el Seminario Menor en la que tenemos 10
seminaristas entre los 14 y 23 años de edad, la segunda en San Nicolás de los Garza, Nuevo León
con 3 seminaristas y El Seminario Mayor ubicado en la Cd. Villa de Juárez N.L. con 6 postulantes
que actualmente estudian la filosofía y 5 hermanos de votos temporales que estudian la Teología en
el seminario arquidiocesano de Monterrey N.L.
En el Seminario Menor de “San José” estudian el Bachillerato y la introducción en su etapa de
aspirantado, a la vida religiosa además de las ciencias humanas y formación afectiva y humana. En
el Seminario propedéutico “San José Marello” estudian la introducción al griego al latín y a la
filosofía. En el Seminario Mayor “Nuestra Señora de Guadalupe” tienen los estudios filosóficos y
teológicos, en la etapa de Noviciado los seminaristas son enviados a Loomis CA, E.U.A junto con
la provincia de la California en donde también comparen el curso con los postulantes de aquella
provincia.
Comunidad Formativa de los Seminarios.
En el seminario menor esta el Rector: El P. Florencio Rodríguez Blanco O.S.J.
Prefecto: P.Luis Alberto Mondragón Mugica O.S.J
Asistente: Hno. Enrique Mercado Mercado O.S.J
Director espiritual: P. Luis Manuel López Ramos O.S.J y el P. Epifanio Moreno Lemus O.S.J
En el seminario Propedéutico y Casa provincial esta:
El P. Enrique Barragán Peréz O.S.J.
Y en el Seminario Mayor esta:
El P. Luis Cruz Salomón O.S.J como rector
El Hno. Raúl Macias Lugo O.S.J como asistente
Formación Humana.
163
Los seminaristas tienen sus clases de ciencias humanas y de vida cívica, también se les
dan cursos de Valores humanos y Valores Religiosos, se trata de que los jóvenes maduren en las
relaciones interpersonales y en la responsabilidades humanas como lo es el Orden, el trabajo
Manual, la honestidad y sobre todo en la responsabilidad comunitaria para un optimo desempeño
en la socialización entre las personas. Además de actividades laborales, tenemos actividades
deportivas que favorecen su crecimiento físico y humano
Formación afectiva y Sexual.
En las clases y en la convivencia comunitaria se desarrolla su capacidad afectiva enfocada a
no privilegiar a ciertas personas y se les enfoca en la tolerancia hacia aquellos que piensan
distintamente, se evita las preferencias y los favoritismos individuales enseñando el buen trato con
los demás y la disponibilidad de todo buen pastor. En el área sexual se les hace un examen
psicosométrico y tienen consultas semestrales con un psicólogo en la escuela que, junto con los
formadores, va dando las pautas en el comportamiento emocional, como la escuela preparatoria es
Mixta los jóvenes se correlacionan con sus compañeras a las cuales se les pide el trato respetuoso
y abierto en un sentido de castidad evangélico sin llegar a los extremos que puedan distorsionar la
imagen del sexo o del matrimonio. Los seminaristas son canalizados si presentan algún tipo de
desviación sexual a la que nunca se le encubre y si se llega a descubrir se le trata de indicar un
camino fuera del seminario, para su desarrollo fuera de la comunidad sin evitar ningún caso.
Formación Espiritual.
Cada mes los seminaristas tienen un retiro en el cual se enriquecen en el campo vocacional
y de les interpela para tomar un proyecto de vida según las constituciones y reglamento de la
Congregación Oblatos de San José, cada 22 días acuden a la confesión en una parroquia vecina y
cada mes se entrevistan con su director espiritual. A su vez, se les enseña las devociones propias
de su etapa, primeramente a San José, San José Marello, a San Stanislow Kostka y devociones
marianas, tan ricas en numero y calidad en nuestro país. Se subrayan las devociones propias de
todo Cristiano, el rezo del rosario diario, la hora santa semanal, la preparación litúrgica, el Via
cruxis y la Semana Santa.
A Maria Santísima: El rosario diario, las novenas a Madre de los Dolores, a Santa María de
Guadalupe. Inmaculada Concepción.
A San José: Los Miércoles a los dolores y Gozos, el rezo de un rosario Josefino, el trabajo manual
se encomienda a el. Todos los miércoles y los días 19 de cada mes la misa en memoria a San
José.
A San José Marello: Cada martes se dice la misa votiva, se invoca después de cada momento de
oración con sus oraciones, en Laudes, Vísperas y completas. El bricole d’ oro todos los días y
exposiciones marellianas para sus compañeros de clases.
A San Stanislaw Kostka: se invoca todos los días se lee su vida en las horas de comida una vez por
semana, la misa se celebra con gran solemnidad y se hacen eventos deportivos y familiares en su
fiesta.
Formación Intelectual.
En el Centro Cultural Fray Bartolomé de las Casas los alumnos desarrollan sus capacidades
intelectuales con un acompañamiento especial ya que los profesores contemplan siempre el
sistema pedagógico Marellaino y se les exige un promedio minimo del 80% para que puedan
seguir estudiando.
Formación Pastoral.
El primer año se les da un curso de catequesis que deben aprender para que el año siguinte
comiencen a dar catequesis y doctrina a los niños y a los jóvenes en colaboración con las
parroquias Oblatas, se les instruye en la Vida del Fundador para que sean promotores de su vida y
164
de sus enseñanzas. Cada Año asisten la misión de semana Santa en la que coordinan l liturgia de las
capellanías a las que se asiste en ese tiempo.
Estructura del equipo de Formación.
El padre Provincial esta en la coordinación de los seminarios junto con su consejo de los 4
padres. Cada casa de formación tiene sus prefectos y asistentes según corresponda. El equipo
completo de formadores nos reunimos 2 veces por año para establecer metas y cambios en cada
lugar según se requieran.
Colaboración de los Cohermnos de la provincia.
Las parroquias aportan la mayor parte de los gastos en las parroquias y para los retiros de
los seminarios son los mismos cohermanos que dan las predicas así como su constante apoyo
como directores espirituales de los seminarios y en algunos casos confesores del seminario.
Todos se empeñan por dar un buen testimonio y son en nuestras parroquias donde los seminaristas
tienen la oportunidad de desarrollen sus aptitudes apostólicas con la supervisión constante de los
párrocos.
Problemas encontrados en los seminarios.
- Todos los seminaristas son de bajos recursos y a veces declinan por ayudar sus familias.
- La situación de México en las vocaciones en ocasiones se ve mellada por el secularismo que
ofrece muchas carreras para ganar dinero.
- El campo académico a veces limita el entusiasmo apostólico por las excesivas tareas y
obligaciones académicas.
- Los problemas familiares económicos son el principal motivo de abandonar el seminario.
Criterios de aceptación en el seminario
La edad debe ser mayor de 14 años y menor de 25 pues la mentalidad y los problemas varia
antes y después de esa edad.
Se pide que su familia se en su mayoría católica ya que hay muchas sectas en México que
impiden o limitan al aspirante.
Presentar como mínimo los estudios básicos y aprobados.
No tener problemas legales o económicos en la familia para optimizar el desarrollo de esa
vocación.
Promoción Vocacional.
En cada parroquia se pide que haya un promotor vocacional laico que se encargue de
invitar y dar a conocer a los aspirantes al seminario.
- Cada 2 meses se hacen jornadas vocacionales con la Diócesis para apoyar la búsqueda de
vocaciones.
- Cada año los seminaristas hacen una misión vocacional durante el verano a fin de invitar a
hombres y mujeres a la vida consagrada.
- Se hacen postres, layers y material informativo de nuestra congregación.
- Se ha creado una pagina Web para información y se actualiza cada año
(oblatosmarello.com.mx)
- Cada semana santa se reparte esta publicidad en los pueblos que se visitan, se ponen anuncios
en el Periódico local para atraer e invitar a retiros y a preseminarios.
- Cada año se hace un preseminario grande de una semana durante las vacaciones un alguna
parroquia y el seminario.
- Cada 3er fin de semana de cada Mes se organizan encuentros de Home seminarian en donde
los jóvenes que aspiran entrar al seminario viven con los seminaristas y participan de sus
labores y distracciones.
165
17.
RELAZIONE SUL SEMINARIO MINORE
ST. THOMAS PROVINCE, INDIA.
Il Seminario Minore è la culla della formazione religiosa dove un candidato comincia a
seguire il suo bel sogno. È come un asilo dove uno studente trova la conoscenza elementare ed
esperimenta la vita Religiosa. "Il programma della Scuola Apostolica prepara i candidati al
Postulato per mezzo di una formazione umana e cristiana che li disponga a seguire Cristo con animo
generoso e cuore puro.” (Costituzioni art. 91)
LA FORMAZIONE (in numeri) NELLA PROVINCIA INDIANA
Ci sono 40 seminaristi minori, 6 postulanti, 5 novizi e 38 seminaristi maggiori. Abbiamo 3
Seminari Minori, 1 Casa di Postulantato, 1 Casa di Noviziato e 2 Seminari Maggiori.
I SEMINARI MINORI
Abbiamo 40 seminaristi minori che stanno facendo la loro formazione in tre case diverse; fin
ad oggi, possiamo dire che ci sono tre seminari minori nella Provincia: Kodungallur, Perumpilly ed
Alwaye. Sono calcolati come alunni del seminario minore: quelli che stanno facendo l’anno di
iniziazione, chi frequenta i due anni di studi secondari maggiori e gli studenti dei tre anni di laurea.
Il Seminario Minore a Kodungallur
Questo seminario minore è legato alla nostra casa principale (casa-madre della Provincia
indiana), che include anche la residenza Provinciale, la “Boys Home” e la chiesa parrocchiale.
Ci sono 22 seminaristi: 14 sono studenti dell’anno di iniziazione, 8 sono “plus-two” studenti
(secondo anno di studi secondari maggiori) che hanno preso Scienze umane come loro materia
principale. I seminaristi nell'iniziazione ricevono una formazione seminaristica di base e studiano
lingue (inglese, malayalam e latino) e altre materie di formazione umana e cristiana.
Seminario Minore a Perumpilly
Ci sono 13 seminaristi, di cui 4 sono studenti secondari maggiori del secondo anno. Questi 4
hanno preso 'il commercio' come loro materia principale e gli altri 'la scienza'.
Gli altri 9 seminaristi frequentano il primo anno di studi secondari maggiori con scienze
umane come materia principale. Ricevono una formazione umana e cristiana di base.
Seminario Minore ad Aluva
Dopo gli studi secondari maggiori alcuni dei seminaristi sono mandati per gli studi di laurea.
Abitano nella piccola casa recentemente cominciata ad Alwaye, vicino al nostro seminario Casa
Marello. Ci sono adesso 5 studenti di Laurea, che sono entrati in seminario dopo gli studi secondari
maggiori oppure perché hanno trovato difficoltà negli studi dei primi anni di formazione
seminaristica. Dei cinque studenti di Alwaye uno è al terzo anno, uno al secondo anno, gli altri tre
nell’anno della laurea.
LA COMUNITÀ NELLE CASE DI FORMAZIONE
Kodungallur: il Superiore provinciale risiede qui. Questo seminario minore è parte della casa
madre della Provincia. Accoglie i confratelli che fanno servizio nella Parrocchia St Tommaso e
nella St. Joseph Boys Home:
P. Varghese Mettekkat - superiore provinciale
P. John Chakkalakal - rettore della casa e parroco
P. Baiju Thareparambil - prefetto dei seminaristi minori ed economo della comunità
P. Sebastian Kanichukunnath - direttore della St. Joseph Boys Home
Fr. Joyson Choothamparambil - assistente del prefetto
Fr. Anoop Kalathithara - assistente del Direttore della Boys Home
P. Giuseppe Thattakath - prete diocesano, direttore spirituale e confessore dei seminaristi.
Perumpilly:
166
P. Paul Thottathussery - rettore della comunità, parroco della chiesa San Francesco in
Manjanakkadu, direttore dell'Università Marello
P. Antony Kochikkattu - prefetto dei seminaristi minori ed economo della comunità
P. Giuseppe Kalathiparambil – vicario parrocchiale
P. Rajesh Kunnuthara - assistente del direttore dell'università Marello
Diac. Prince Pazhampilly - assistente del prefetto
P. Rockey Thengappurakkal - prete diocesano, confessore e direttore spirituale dei seminaristi.
Alwaye:
Questo seminario è situato vicino al seminario Casa Marello, ma funziona come casa separata.
P. John Attullil – rettore
Diac. Roby Chakkalakal - prefetto dei seminaristi minori
P. Raimondo Pallan - direttore spirituale e confessore dei seminaristi.
FORMAZIONE UMANA
I seminaristi frequentano scuole che rispettano e insegnano i valori umani. Il seminario offre
opportunità di praticare i valori umani e i seminaristi sono incoraggiati a condividere carità fraterna
e atteggiamenti amichevoli. La vita comunitaria è un buon terreno al fine di produrre frutti di vita
religiosa nel futuro. Momenti di relax e divertimento (riunioni mensili ed incontri periodici) li
aiutano a crescere nell'affettività e nell’amicizia. Pulizia dei locali e lavori manuali quotidiani, da un
lato; e dall’altro il gioco e lo sport li fanno crescere umani, sani e felici. I loro genitori e familiari
contribuiscano molto alla formazione umana dei propri figli seminaristi.
FORMAZIONE AFFETTIVA E SESSUALE
Studi, seminari e programmi specifici per i seminaristi li aiutano a maturare dal punto di
vista umano e sessuale. Ad essi è richiesto di tessere relazioni di amicizia fraterna e di rispetto
reciproco con tutti i loro colleghi. Alcuni studiano in scuole miste ed hanno anche insegnanti
femminili: ciò che li aiuta a coltivare relazioni ed atteggiamenti sani con l’altro sesso.
FORMAZIONE SPIRITUALE
Il giorno comincia con le Lodi e la meditazione secondo metodi diversi: meditazione
guidata, meditazione di Bhajan, meditazione condivisa e meditazione privata. Ogni giorno la
celebrazione eucaristica è il centro della loro vita, che li rifornisce della forza spirituale di cui hanno
bisogno. Fanno una visita personale al Santissimo, prima di cominciare le lezioni. Hanno la visita
comunitaria al Santissimo, a mezzogiorno. Fanno lettura quotidiana del vangelo e lettura spirituale.
La giornata finisce con la preghiera di Compieta; dopo, inizia l'osservanza del "grande silenzio."
Ogni mese hanno il ritiro mensile guidato da un sacerdote e si confessano regolarmente.
Fanno gli Esercizi Spirituali di cinque giorni predicati da un sacerdote. Tutti i seminaristi minori li
fanno insieme. Gli studenti di Laurea a Alwaye recitano ogni giorno la liturgia delle Ore.
DEVOZIONI
Beat vergine Maria: Il Santo Rosario è parte della vita di ogni giorno dei seminaristi. Si celebrano
tridui per ogni festa principale della Madonna; si ricordano le memorie speciali e ogni sabato si
fanno preghiere alla Madonna. Abbiamo preghiere mariane proprie per ottobre, mese del rosario.
San Giuseppe: ogni mercoledì facciamo la novena a San Giuseppe, il rosario di San Giuseppe e i
sette dolori e le sette allegrezze di San Giuseppe. Celebriamo il mese in preparazione alla festa di
San Giuseppe. La novena legata alla festa del 19 marzo è celebrata in un modo particolare con 9
giorni di devozioni speciali.
San Giuseppe Marello: Preghiere di invocazioni a San Marello sono recitate mattina e sera, ogni
giorno. Ogni giorno si legge un pensiero del Fondatore. Celebriamo il triduo preparatorio alle date
più importanti. Una volta alla settimana si celebra la Messa votiva di San Giuseppe Marello.
167
Santo Stanislao Kostka: L’invocazione del Santo è inclusa nelle preghiere di ogni giorno.
Preghiere speciali di intercessioni si fanno a conclusione di ogni preghiera. Si celebra la memoria
settimanale del Santo, durante la Messa. Il 13 novembre, la festa è celebrata in maniera solenne.
Questo giorno è celebrato anche come giorno del seminario e giorno dei genitori dei seminaristi.
FORMAZIONE INTELLETTUALE
A Kodungallur, i seminaristi studiano in casa e i professori vengano da fuori, mentre a
Perumpilly studiano all'Università Marello e quelli di Alwaye studiano alla Università Madre
Regina.
VITA RELIGIOSA
Ogni seminario è legato alla propria comunità religiosa, cosicché i seminaristi partecipano ai
momenti comunitari e trovano opportunità di affiatarsi con i membri della comunità. È in questo
modo che prendono le prime lezioni di vita religiosa nei seminari minori. Una cura speciale è data
alla vita comunitaria, centro della vita degli Oblati. Per esempio: imparano a chiedere il permesso
del Prefetto o dell’Assistente, prima di uscire (o almeno dopo, se non lo trovano prima).
FORMAZIONE PASTORALE
Essendo all’inizio della loro formazione, non hanno molte attività pastorali. Ma partecipano
alle celebrazioni Eucaristiche nella parrocchia, animandole, conducendo il coro e qualche volta
servendo all'altare.
STRUTTURA DELL’EQUIPE FORMATIVA
Incaricato Provinciale della Formazione – P. John Attulli
Membri – i Prefetti di tutte le case di formazione (7)
Segretario – P. Baiju Thareparambil.
L’equipe formativa lavora sotto la guida del Superiore Provinciale. Si incontra una volta ogni tre
mesi e discute, verifica e fa progetti, sempre partendo dai programmi formativi della Provincia.
COLLABORAZIONE CON I CONFRATELLI DELLA PROVINCIA
Tra i Seminari e le altre Case della Provincia sono molto unione. Così collaboriamo e
contribuiamo l’uno con l’altro. I nostri confratelli aiutano dando lezioni, prestandosi per la
celebrazione di alcuni momenti importanti; e noi invitiamo i confratelli per gli eventi principali dei
seminari.
PROBLEMI INCONTRATI NEI SEMINARI
1. Differenze culturali e di base dei seminaristi. Noi accogliamo seminaristi da varie parti del
Kerala...
2. Il livello intellettuale della maggior parte degli studenti è solo medio, per cui sorgono
difficoltà durante gli studi...
3. A volte, certi studenti provenienti da ambienti economici e sociali poveri, dimostrano poca
responsabilità...
4. Quando c’è troppo varietà di età fra gli studenti, questo diventa un problema.
5. Difficoltà di conciliare l’orario del seminario e quello dell’università.
6. Più istituzioni nello stesso luogo servono a distrarre i seminaristi.
7. Mancanza di maturità emotiva nei seminaristi: sono molto giovani e lottano per affrontare le
difficoltà.
8. Il modo di vivere dei nostri confratelli può a volte turbare i seminaristi.
9. L'influenza attraente dei media e lo stilo di vita che cambia velocemente nella società.
P. Baiju Thareparambil OSJ, (Segretario)
168
18.
Delegazione in Nigeria
LA RELAZIONE SUL SEMINARIO MINORE NELLA DELEGAZIONE DELLA
NIGERIA
(REV. FR. PETER ANUMBA, OSJ)
Preambolo:
La congregazione degli Oblati di San Giuseppe aprì la sua missione in Nigeria (Africa) nel
1990. Lo scopo primario dei superiori allora era l’ammissione e la formazione dei giovani indigeni
che erano interessati nel farsi religiosi generalmente e Oblati in particolare.
Per realizzare questo sogno e aspirazione, una casa fu presto in affitto per servire come una
casa di formazione. Si trova questa casa nella zona di Bodija, nell’arcidiocese di Ibadan, a SudOvest della Nigeria. Più tardi, un gran pezzo di terreno fu acqiustato dalla congregazione nella zona
di Opere, sempre a Ibadan per costruire una casa di formazione per accogliere più studenti siccome
la casa affittata a Bodija non poteva accogliere più di 9 seminaristi. La ragione per la scelta di
Ibadan per la costruzione della casa di formazione è perché si trova lì un grande Seminario
chiamato SS. Peter and Paul Major Seminary in cui esistono le facoltà di Filosofia e di Teologia.
Ora abbiamo trè (3) case di formazione nella nostra Delegazione. Due sono nell’arcidiocese
di Ibadan. In quella permanente che si trova ad Opere Village, abitano sette (7) chierici e venti (20)
seminaristi non-professi, mentre la casa affittata a Bodija ne ha cinque (5) postulanti. La terza casa
si colloca ad Obada-Oko Village nella diocese di Abeokuta, sempre a Sud-Ovest della Nigeria.
Questa casa è originalmente costruista da Noviziato. A causa dell’assenza dei novizi per due (2)
anni, il noviziato è occupato da sette (7) aspiranti (orientandi) adesso.
I FORMATORI/PERSONALI NELLA FORMAZIONE/PROGRAMMA DI FORMAZIONE
I seguenti sono i formatori and loro incarichi nelle trè case di formazione.
1)
a)
b)
c)
d)
OBLATES OF ST. JOSEPH FORMATION HOUSE (OSJFH) OPERE;
Rectore – P. Eugenio Sares, osj
Prefetto – P. Michael Odubela, osj
Assistente dei Chierici – Ch. Vitalis Odo, osj
Assistente dei Seminaristi minori – Ch. Bonaventure Ashibi, osj
2) St. Joseph Marello Formation House - Bodija Community
a)
Pro-Rectore – P. Cyril Nwamu, osj
b)
Vice prefetto – Ch. Leo Ukwuani, osj
3) Oblates of St. Joseph House – Abeokuta Community:
a)
Pro-Rectore – P. Peter Anumba, osj
b)
Vice Prefetto – Ch. Joseph Osho, osj
♦La vita Spirituale: Per agevolare il benessere spirituale dei seminaristi, la Delegazione ha
incaricato dei confratelli come Direttori Spirituali e Confessori per le trè case di formazione.
a) OSJFH – OPERE, IBADANP. Joshy Konath, osj
b)
St. Joseph Marello Formation House – Bodija, IbadanP. Sunil Kallarakal, osj
169
c)
OSJH – Obada-Oko, AbeokutaP. Danilo Nobis, osj.
♦ GLI ALTRI ASPETTI DEL PROGRAMMA DI FORMAZIONE:
Il programme di formazione è formulato per realizzare lo sviluppo umano, fisico, spirituale,
emozionale, sociale ed intellettuale dei candidati
I nostri studenti frequentano il Seminario Arcidiocesano di SS. Peter and Paul per gli studi
Filosofici e teologici. Mentre gli aspiranti/Orientandi frequentano le lezioni fate dai nostri
confratelli in casa.
A parte della formazione fondamentale che stiamo dando ai nostri seminaristi, li diamo pure
l’opportunità di frequentare diversi istituiti tecnici durante le vacanze estive per acquistare le
conoscenze pratiche riguardando la falegnameria, auto-meccanico, fattoria, allevamento del
bestiame, elettricità, infermeria ecc.
♦ Le Devozioni: Come membri e aspiranti alla vita religiosa nella congregazione, l’attenzione
speciale è data alla propagazione delle devozioni a San Giuseppe, San Giuseppe Marello e alla
Beata Vergine Maria. Ogni Mercoledì, si celebra una messa votiva in onore di S. Giuseppe e si
recita le sette (7) allegrezze e dolori di S. Giuseppe. Ogni Sabato, la messa votiva in onore della
Beata Vergine Maria è celebrata.
♦La Formazione Pastorale: Questa fa parte integra del programme di Formazione. I nostri
seminaristi sono anche mandati alle diverse diocese per fare l’esperienza pastorale durante le
vacanze estive. Egualmente, vanno nelle nostre parrocchie, sotto la guida dei nostri confratelli che
lavorano in queste parrocchie.
♦La struttura e il compito dell’Equipe dei formatori nella nostra Delegazione: Il superiore delegato
è l’incaricato generale della formazione nella delegazione. Gli altri membri dell’equipe sono i
rettori e i pro-rettori delle case di formazione. Tra altre cose, quest’equipe lavora in collaborazione
per la formulazione ed implementazione dei programmi di formazione della delegazione come pure
gli orari delle communit à. L’equipe periodicalmente esamina il programma di formazione in linea
con la Constituzione, il Regolamento Generale, la Ratio formationis e le resoluzioni del capitolo
generale della congregazione.
♦Collaborazione con i confratelli della Delegazione: Tutti i confratelli nella delegazione sono
incoraggiati a considerarsi quali agenti per agevolare la formazione nella delegazione. Lavorano
insieme nello Spirito di disponibilità e co-responsibilità.
♦Diversi problemi incontratti nel seminario della delegazione: Guardando la situazione attuale, si
può dire che l’Africa in generale e la Nigeria in particolare è beata perché ce l’ha un bel numero di
giovani che vogliono abbracciare la vita religiosa e il sacerdotale. Ma questo pone un grande
problema specialmente nei processi di selezione ed ammissione. Ogni anno, potevamo accogliere
un bel numero dei bravissimi candidati se non fosse per la mancanza di spazio nella casa di
formazaione. Dobbiamo costruire una casa per i chierici per poter accogliere più aspiranti ogni
anno. I confratelli per la formazione devono fare delle specializzazioni. Le resorse economiche
della delegazione vanno stabilite e megliorate per il meglioramento del programma di formazione
nella delegazione.
♦Il problema della Sistemazione: Questo problema come appena detto è sperimentato dalla
delegazione attualmente. Ci costringe di accogliere meno candidati ogni anno. Quest’anno,
dobbiamo cominciare la costruzione di una casa per i chierici per poter accogliere al meno dieci
(10) aspiranti quest’anno e poi quindici (15) negli anni prossimi.
170
♦ La Finanza: La delegazione è nella sua infanzia e così ha bisogno del sostegno economico della
Curia Generalizia e delle provincie economicalmente forte per sostenere dei suoi progetti.
♦ I Suggerimenti per megliorare la formazione dei candidati alla Vita Religiosa:
i)
Incoraggiare le provincie economicalmente forte dove si sperimenta il declino nelle
vocazione per stendere la mano in aiuto delle provincie o delegazioni meno forte economicalmente
ma dove le vocazioni sorgono in abbondanza, affinché queste provincie e delegazioni possano a
loro volta nel futuro, collaborare nello spirito dell’evangelizzazione.
ii)
I candidati dovrebbero essere accompagnati e guidati per ricevere la formazione nella sua
totalità, cioè umano, cristiano, religioso ecc. Siano aiutati a scoprire e sviluppare i propi doti per poi
usufruire per il bene comune delle communità.
iii)
Il programma di formazione debba considerare o riflettere le realtà socio-culturali e
politiche dei diversi paesi. Ci sia lo spirito di apertezza e rispetto reciproco nei confronti
delle culture di ciascun candidato, senza i pregiudizi. In altre parole, che ci sia un tipo di
mistura o un caminare insieme del carismo/spiritualità della congregazione con le realtà
socio-culturali e politiche dei diversi paesi dove la congregazione è presente. Questo
aiuterà il candidato adattarsi facilmente.
171
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