IL CLUB Anno XIV n.82/83 (maggio/agosto 2006) Bimestrale di informazione per i soci del Club Plein Air BdS Pubblicazione periodica a circolazione interna inviata anche ad altre associazioni di campeggio e alla stampa Responsabile editoriale Maurizio Karra Redazione Mimma Ferrante, Giangiacomo Sideli e Alfio Triolo Associazione dei camperisti e degli amanti del plein air del Aderente a Collaboratori Agostino Alaimo, Francesco Bonsangue, Anna Maria Carabillò, Paolo Carabillò, Luigi Fiscella, Ninni Fiorentino, Patrizia La China Guarneri, Franco Li Vigni, Enza Messina, Giuseppe Eduardo Spadoni, Giulia Stock ed Enzo Triolo In questo numero: Editoriale pag. 3 A.I.T.R. Vita del Club Vacanze romane I ravioli di Montalbano Tra sacro e profano Mare forza ottobre Bollettino per i ...naviganti Gemellato con Tecnica e Mercato Camping Car Club Provence-Cote d’Azur Parliamo di tecnica Tanto spazio ed eleganza Valide alternative Calabria Camper Club Sila Sede sociale Via Rosolino Pilo n.33 - 90139 Palermo - Tel. 091.608.5152 Fax 091.608.5517 Internet: www.pleinairbds.it E-mail: [email protected] Comitato di Coordinamento Maurizio Karra (Presidente); Giangiacomo Sideli (Vice Presidente); Francesco Bonsangue, Adele Crivello, Patrizia La China, Massimiliano Magno ed Elio Rea (Consiglieri); Maurizio Carabillò, Mimma Ferrante, Vittorio Parrino e Alfio Triolo (Collaboratori) Collegio sindacale Silvana Caruso La Rosa (Presidente); Luigi Fiscella e Franco Gulotta (Componenti) Collegio dei Probiviri Pippo Campo (Presidente); Giuseppe Carollo e Pietro Inzerillo (Componenti) 4 9 14 17 19 21 24 27 Viaggi e Turismo Douce France I castelli della Val d’Aosta 29 36 Terra di Sicilia La terra calpestata Pedara, lontano dal caos Il fidanzamento? Anche con la serenata 39 40 41 Rubriche Terza pagina Vita di camper L’angolo della poesia Viaggiare in modo responsabile Internet, che passione Riflessioni Cucina da camper News, notizie in breve L’ultima parola 42 44 45 46 48 52 52 53 56 In copertina Particolare della “Mannara”, una delle più famose location della fiction del commissario Montalbano (foto di Francesco Bonsangue) Questo numero è anche on line sul nostro sito Internet www.pleinairbds.it IL CLUB n. 82/83 – pag. 2 Editoriale C irca due mesi fa, anche in previsione dell’estate ormai alle porte, abbiamo proposto ai nostri soci un questionario per conoscerne le abitudini in viaggio e per poter così avere un quadro informativo utile per la migliore progettazione e organizzazione dei viaggi di gruppo e delle altre attività sociali. Ogni socio, ovviamente, era libero di cestinare il questionario o di rispondere alle varie domande e di restituirlo; e, come accaduto in precedenti casi, non sono stati in molti a fornire un feed-back, anche se la percentuale di chi ha risposto (poco meno del 25% di tutti i soci del Club) rappresenta comunque un campione significativo per poter trarre, seppur con la necessaria attenzione, delle conclusioni. Ebbene, oltre due terzi di chi ha risposto al questionario afferma che il proprio equipaggio, nell’ambito dei viaggi, è composto solo da persone adulte, e solo un terzo evidenzia la presenza anche di bambini e ragazzi a bordo. La stragrande maggioranza afferma inoltre che ama viaggiare in compagnia di uno/pochi altri equipaggi già comunque “sperimentati” o di altri nuclei familiari analoghi in ogni caso per composizione al proprio; sono pochi coloro che invece preferiscono viaggiare da soli; e pochi infine coloro che sono disponibili a effettuare un viaggio con tanti altri, anche “non sperimentati”, cercando in tal caso anche di fare in itinere nuove amicizie. Passando alla tipologia di destinazione, accanto a un gruppo pari a circa il 20% che predilige soprattutto città d’arte (quindi viaggi culturali), la maggior parte degli intervistati afferma di prediligere nei propri viaggi un mix di mare, monti, città d’arte, ecc.; mentre obiettivi del viaggio sono soprattutto visite culturali (il 48% dei soci), passeggiate naturalistiche (un ulteriore 20%), svago e divertimento (ancora il 18%) e solo per il 14% dei soci il relax. Passando all’estate 2006, il viaggio tipo per oltre tre quarti dei soci pare sarà di tre settimane; pochi si possono permettere, infatti, quattro o più settimane di ferie (in caso contrario si tratta sempre di pensionati!), mentre qualcuno, forse ancor più sfortunato, sa già di poter contare su non più di due settimane. Il periodo più agognato è comunque, un po’ per tutti, quello che va da metà luglio a metà agosto (quasi il 60% dei soci), mentre poco meno del 25% ha in programma viaggi entro metà di luglio e solo pochi attenderanno la conclusione delle festività di Ferragosto prima di poter partire. E le mete? Balza subito agli occhi che, presumibilmente per congiuntura internazionale, il sud del Mediterraneo non sarà toccato da nessuno (solo il nostro Michele è appena tornato da un mega viaggio in Marocco e Mauritania!); ma anche il nord Europa quest’anno non è tra le mete in programma (e d’altronde, con tre settimane in media, come si fa dalla Sicilia a raggiungerlo agevolmente?). I Paesi che saranno più battuti sono quindi anche i più vicini all’Italia: in particolare la Francia per circa il 28% dei soci, l’Austria e la Germania per un altro 25%, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Slovenia e la Croazia per poco più del 16%. Ma anche il Bel Paese sarà battuto, al sud come al centro-nord, da un altro 20% di soci del Club, ben più degli anni passati, segno anche questo che le vacanze estive si accorciano nei tempi disponibili ma forse anche ...nei budget. Se questa è la lettura quasi notarile dei dati derivanti dal questionario, credo utile aggiungere qualche ulteriore riflessione. Alla base delle scelte di ciascuno di noi percepisco sempre più la constatazione degli aumenti dei costi e, all’opposto, della riduzione delle disponibilità personali: quindi, se il IL CLUB n. 82/83 – pag. 3 budget si riduce anno dopo anno, aumentano al contrario gasolio e traghetti, ma anche ristoranti e campeggi (o aree attrezzate); tutto ciò contribuisce più o meno esplicitamente, e in modo sempre più marcato, nella scelta delle destinazioni: più un luogo è distante, più costerebbe raggiungerlo e quindi si scarta l’ipotesi di andarci; più quel Paese ha un costo della vita alto, anche più dell’Italia (dove già non si scherza), più si opta per mete ...alternative. Le nostre scelte, insomma, sono per tanti sempre più delle opzioni circoscritte: Scozia o Norvegia, tanto per citare due nazioni in passato molto “gettonate” dai nostri soci, diventano mete “lontane”, quasi del tutto irraggiungibili (tre settimane sono poche, ma comunque quanto costa un viaggio da quelle parti?), e si opta per Francia e Spagna o Austria e Germania, o i Paesi dell’Europa Centrale, luoghi insomma più vicini e comunque non eccessivamente cari (perché presentano possibilità di turismo anche a basso costo). A ciò aggiungiamo anche la diffidenza sempre più crescente da parte di tanti a toccare i Paesi dell’altra sponda del Mediterraneo, a noi pur così vicini. Se fino a pochi anni fa erano (meglio dire, eravamo) in tanti a programmare di tanto in tanto un viaggio in Tunisia, in Marocco o in Turchia, da qualche anno il mondo musulmano non affascina più come prima: all’esotico che faceva da prima molla per sognare l’altra sponda del Mare Nostrum si è sostituita la paura anche per gesti isolati di qualche fanatico che potrebbero intaccare la serenità del viaggio (purtroppo di episodi del genere ne capitano sempre più spesso...). Ed è un peccato davvero grande rinunziare a orizzonti diversi, attraverso i quali ricevere un grande arricchimento personale dal punto di vista umano e sociale. Fatto sta che anche la sicurezza diventa una componente essenziale nella valutazione della meta da raggiungere. E anche chi, come noi, si professa ambasciatore di pace deve tenerne conto, insieme alle altre componenti (budget tempo disponibili). Maurizio Karra Vacanze romane Cronaca semiseria del viaggio pasquale a Roma T utto è iniziato alle 19,00 del Lunedì 10 aprile, momento in cui ci siamo ritrovati tutti al porto di Palermo per imbarcarci sulla Motonave “Florio” della Tirrenia. La mia emozione era tanta ed il battito del cuore in qualche istante copriva il cicaleccio delle amiche ed amici del club che con enfasi si salutavano e chiacchieravano animatamente. Ad un tratto mi sono detta: forza, iniziamo questa avventura! Per me, neofita di viaggi itineranti, quella era senz’altro la prima grande esperienza e con al seguito uno stuolo di esperti e navigati camperisti era veramente un importante banco di prova. Comunque, evasi i preliminari di imbarco, ci ritrovammo a bordo del traghetto per dare inizio al nostro bel viaggio nella Capitale. La notte trascorre tranquilla e all’arrivo a Napoli siamo carichi e gioiosi. In un paio d’ore arriviamo a Roma e raggiungiamo abbastanza facilmente il parcheggio “L.G.P.”, consigliatoci a ragione dall’amico Michele Marascia: si tratta di un’area essenziale ma che non manca di nulla e con piacere sistemiamo i nostri mezzi su una grande spianata di erba verde e rigogliosa. Un pasto veloce e via; scappiamo in direzione di Piazza San Pietro per visitare la Basilica, Via della Conciliazione e ritirare i biglietti per l’Udienza del Santo Padre che si sarebbe svolta l’indomani mattina. La visita della Basilica si rivela molto piacevole ma il bello deve ancora arrivare; infatti di lì a poco ci cimentiamo in un giro sul battello lungo il Tevere (non dopo avere aspettato per circa un’ora l’arrivo della motonave “Agrippina” sotto le folate di un vento non freddo ma persistente). Alla fine della mini traversata ci ricompensiamo con un bel giro nel cuore di Trastevere e con una puntatina da “cavallette arraggiate”, come dice qualcuno di nostra conoscenza, su un’infinità di pizze a taglio variegate e multicolori che sono state preparate da una bionda e cortesissima signorina che gestisce un ”take away” in zona. Il ritorno in camper concilia immediatamente un meritato riposo anche in vista della levataccia che ci attende l’indomani, per l’Udienza del Papa. Ed infatti, come una banda di zombi, ci ritroviamo alle 6,45 del mercoledì alla fermata dell’autobus di Via Casilina, assonnati ma contenti per l’importante appuntamento al quale ci stiamo recando. L’attraversamento di Roma, nelle prime ore del mattino, non risulta caotico e quindi alle 8,00 ci ritroviamo già alla luce di Piazza San Pietro, piena zeppa di sedie e transenne preparate per l’occasione, ma con nostra immensa gioia e forte stupore, completamente vuota! Corriamo sicuri verso i primi posti a sedere, avendo anche il coraggio di stare lì a discutere su quali fossero quelli più o meno centrali per meglio assistere all’Udienza. Messi d’accordo finalmente I nostri soci in Udienza dal Papa IL CLUB n. 82/83 – pag. 4 di un fantomatico ristorante in “Via del Governo Vecchio”, strada sconosciuta a tutti i vigili urbani interpellati. Dopo un’affannosa e “fantozziana “ ricerca, scopriamo trattarsi di Via del Parlamento Vecchio e ci accomodiamo in quello che forse è il ristorante che ci è stato segnalato. Ma la faticosa ricerca è ricompensata da una “matriciana” veramente ottima e dai saltimbocca alla romana che quasi parlano. Foto ricordo con i corazzieri dell’antica Roma. In basso un profilo del Cupolone visto dal Tevere tutti, ci mettiamo a sedere e nel giro di poco tempo la Piazza si riempie a dismisura di persone, stendardi, cappellini multicolori e guardie svizzere che, imperturbabili, stanno agli angoli della piazza, incuranti del sole che comincia a battere deciso sulle nostre teste. Ben presto cominciano ad arrivare e prendere posto sugli spalti del sagrato le personalità più importanti, tra cui la Regina Fabiola del Belgio. Aspettiamo pazienti, al riparo sotto i nostri bei cappellini nuovi, personalizzati con il logo del nostro amato club, ed alle 10,30 in punto ecco arrivare il Pontefice a bordo della vecchia ma luccicante “campagnola bianca”, a bordo della quale Giovanni Paolo II venne ferito durante l’attentato per mano di Alì Agcha; emozionanti squilli di tromba accompagnano il suo giro attorno alle ali di folla che lo salutano con gioia, tra cui i nostri cappellini blu che si agitano dalla prima fila! Inizia quindi l’udienza e dopo aver ascoltato un testo sacro, che viene commentato via via in numerose lingue straniere, finalmente arriva il momento dei saluti ai partecipanti; ed ecco che, nel momento in cui viene menzionato il nostro “Gruppo di Campeggiatori del Banco di Sicilia di Palermo” un tripudio si alza dai nostri banchi. Distrutti, ma contenti, alla fine dell’Udienza ci trasciniamo per Via della Conciliazione, alla ricerca IL CLUB n. 82/83 – pag. 5 La tomba di Papa Giovanni XXIII Nel pomeriggio ci cimentiamo, non sempre correttamente per la verità, con un macro incolonnamento per accedere alle tombe papali. Dopo aver visitato la tomba di Giovanni Paolo II , seppellito ove per tanti anni ha riposato il “Papa buono” Giovanni XXIII, oggi salito alle glorie degli altari della Beatificazione ed esposto in Basilica, nonché le tombe di Bonifacio VIII e di tanti pontefici famosi nei secoli e di diversi nobili e personaggi noti, lasciamo Piazza San Pietro e ci incamminiamo sulla via del ritorno, ma prima noi signore ci concediamo un giretto tra le bancarelle di un multietnico e coloratissimo mercatino. La sera, al ritorno in camper, “Morfeo” ci accoglie vigorosamente tra le sue braccia, anche in previsione del megagiro per Roma previsto l’indomani. Il giovedì mattina infatti, ci fiondiamo verso il Colosseo (non senza tralasciare la foto canonica abbracciati con gli pseudo gladiatori romani) e quindi sui Fori Imperiali, all’altare della Patria e in Via Condotti per fermarci infine a pranzo in un gustoso fast food. Dopo pranzo ci deliziamo nella visita del Pantheon, di Piazza Navona, Fontana di Trevi, Piazza di Spagna, beandoci delle nostalgiche musiche suonate da diversi artisti di strada, disseminati un po’ ovunque per il centro di Roma, per riposarci quindi, gustando un buon gelato, seduti niente poco di meno che di fronte al Pantheon, all’ombra degli ombrelloni di Mac Donald’s. Un attimo di riposo sotto gli ombrelloni del Mac Donald’s. In basso la festa per i 60 anni di Fina Napoli La sera, tornati in campeggio, festeggiamo Fina Napoli che, armato velocemente un tavolino tra i camper, ci offre dolci e spumante per festeggiare i suoi 60 anni (in realtà l’età delle signore non si dovrebbe dire, ma Fina li porta talmente bene che il problema credo non sussista). Di lì a poco si uniscono a noi, al termine di un lungo viaggio non-stop da Siracusa, Emanuele e Larissa, che prontamente si sistemano accanto al glorioso camper di Ninni e Concetta. Ed eccoci arrivati finalmente al venerdì mattina, giornata destinata alla visita di Tivoli. Raggiungiamo abbastanza agevolmente la stazione Tiburtina e, a bordo di un moderno intercity arriviamo a Tivoli, attraversando la bella campagna laziale che già ci fa pregustare l’atmosfera di pace e verde che ci attende. A Tivoli ecco già ad attenderci troviamo Pippo ed Adriana con i loro bei bambini che hanno preferito giungervi a bordo del loro camper e adesso sono già bell’e posteggiati e tranquillamente in attesa davanti alla stazione. Prendiamo quindi la via del centro e presto raggiungiamo la splendida Villa Gregoriana, ove, messici d’accordo con i ragazzi dell’accoglienza che si prestano di accompagnarci durante il tortuoso percorso, iniziamo la visita avvolti dal verde lussureggiante ed abbagliati dalle numerose e fresche cascate che si susseguono scendendo fino alla valle. Pare incredibile, ma, forse un po’ storditi dalla magnificenza del paesaggio, quasi tutti riusciamo a percorrere fino in fondo il sentiero, arrampicandoci sulle impervie scalinate e passando tra gli stretti canyon di sabbia che si susseguono fino poi ad arrivare alla cima della collina, ove, dopo pochi passi tra le viuzze medievali del centro, arriviamo al grazioso ristorante “Il Ceppo”, la cui terrazza si sporge proprio sulla cascata principale di Villa Gregoriana. Qui il titolare ci fa accomodare attorno a due grandi tavoli sotto dei freschi ombrelloni , che faranno da cornice ad un gustoso pranzetto a base di prodotti tipici del luogo. Nel pomeriggio, sgranchite le gambe ed ammortizzato un tantino di vino in più pasteggiato durante il pranzo, saliamo una piccola collinetta che ci porta fino in cima alla cittadina per raggiungere Villa D’Este, splendida e magnifica sull’alto della sua collina, adornata da una miriade di fontane e cascatelle d’acqua che effondono tutto attorno nell’aria un etereo pulviscolo di goccioline che bagnano i nostri visi durante la piacevole passeggiata. Al termine, non senza qualche rimpianto, riprendiamo la via principale della cittadina e risaliamo sul treno che ci riporterà a Roma, mantenendo nel cuore le immagini delicate e bellissime che hanno illuminato i nostri occhi nel corso di tutta la giornata. L’indomani è giorno di par- Due immagini dei nostri soci a Tivoli IL CLUB n. 82/83 – pag. 6 tenza da Roma e, al nostro rientro al parcheggio, con un po’ di tristezza ci rechiamo a pagare il conto al gestore dell’Area, non senza aver fatto un attento giro all’interno dell’attrezzatissimo magazzino accessori, tanto che qualcuno di noi ne approfitta per comprare qualcosa che magari non era riuscito ancora a trovare a Palermo. Salutiamo con un bacio la Città eterna, dandole appuntamento alla prossima, e cominciamo ad avviarci verso Anagni dove, arrivati in poco tempo, ci troviamo quasi subito in mezzo ad una diatriba tra la Pro-loco, che al telefono mi indica un certo luogo per il posteggio, e dei solertissimi vigili urbani che, in maniera quasi coercitiva, ci invitano invece a posteggiare ad un passo dal cimitero cittadino: quando si dice un luogo di pace! Dopo aver visitato poi l’interessante Palazzo di Bonifacio VIII, ci imbattiamo in un profumino delizioso e quindi, a valanga, ci dirigiamo all’interno di un panificiogastronomia che prepara delizie gastronomiche per tutti i gusti. Dopo aver abbondantemente pranzato ed aver schiacciato anche un pisolino, Michelangelo insieme con il prezioso Pippo, armato del suo inseparabile navigatore tom-tom, pianificano l’itinerario che ci attende e ci rimettiamo in marcia per raggiungere la cittadina di Cassino. In poco tempo arriviamo e dopo aver preso posto nel grazioso e verdissimo campeggio Euro Parking (grazioso sì, ma con un proprietario - come si dice? - “ziccusu”), andiamo a farci una passeggiata nel centro di Cassino, approfittando anche per fare un pochino di shopping e soprattutto per comprare le costatine da cuocere alla griglia il lunedì di pasquetta (nuvole permettendo). Ritorniamo al campeggio canticchiando, spensierati, canzoni che ci riportano alla nostra fanciullezza e, dopo una cena leggera, trascorriamo una serata tranquilla. L’indomani, di buon’ora, dopo esserci scambiati affettuosamente gli auguri di Buona Pasqua, risaliamo sui nostri camper per raggiungere l’Abbazia di Montecassino, prima che il posteggio si riempia a dismisura di pullman di turisti. Riusciamo a posteggiare agevolmente e finalmente, con lo sguardo perso nel verde della vallata che la circonda, entriamo all’interno dell’Abbazia e veniamo quasi sconvolti dal fasto e dagli splendidi addobbi Pasquali che ci accolgono. Riusciamo a prendere posto nelle prime fila ed assistiamo ad una funzione Pasquale tra le più belle a cui ognuno di noi abbia mai assistito. Alla fine della S. Messa, incolonnati tra la folla in attesa di uscire, ammiriamo uno splendido e grande affresco raffigurante San Benedetto, Patrono dell’Ordine Benedettino, nell’atto di accogliere a sé una grande folla di fedeli, tra i quali spiccano le sembianze di molti personaggi famosi, tra i quali il Pontefice Paolo VI. Raggiunti quindi i nostri mezzi, ci indirizziamo velocemente verso il ristorante che abbiamo prenotato per il pranzo di pasqua, e che ci ha preparato un ricco e gustoso menu, frutto di “lunghe e tormentose” trattative da parte del nostro caro Presidente Maurizio. Il pranzo si svolge piacevolmente e gustosamente, arricchito anche dalla presenza di Daniela e Luca, rispettivamente figlia e genero dei nostri amici Mariolina e Piero, festeggiando anche il compleanno della giovane, che proprio in quella data compie gli anni; concludiamo quindi con diversi tipi di dolce offerti dalla casa, a cui si aggiunge la morbidissima pecorella di pasta reale che graziosamente Liliana ed Eduardo hanno portato con sé per l’occasione dalla Sicilia. Ed ecco arrivato il momento dei primi saluti, non senza un poco di commozione: noi ci dirigiamo verso Caserta, ultima meta del nostro viaggio, mentre Mariolina e Piero ci lasciano per risalire verso Roma e proseguire per un lungo giro in Spagna. Arriviamo a Caserta nel pomeriggio e, dopo aver parcheggiato in un mega posteggio sotterraneo, raggiungiamo la Reggia, purtroppo tardi per visitare anche il limitrofo giardino; poco male, ci rifacciano girando con più calma gli splendidi appartamenti reali, molti dei quali perfettamente restaurati e riportati agli antichi splendori. Al calare del sole ci rechiamo a Caserta Alta, un magnifico borghetto medievale che ci accoglie su un bellissimo prato, ove riposiamo serenamente per tutta la notte. Ma al mattino del giorno di pasquetta, all’alba ecco la sorpresa: gia alle 6,00 la strada è chiusa al traffico e sono già piazzate davanti il nostro parcheggio diverse macchine dei vigili urbani nonché un paio di ambulanze complete di medici ed infermieri, che alle nostre domande incuriosite rispondono: eh vedrete quello che ci sarà qui fra poco! Ed in effetti, con il passare delle ore, quello che la sera precedente si mostrava come un tranquillo ed ampio prato, si trasforma in un vero e proprio carnaio di napoletani alle prese con un barbecue selvaggio, con fuochi accesi dappertutto e sedili delle auto reclinati a formare tavole itineranti per tutte le età e le esigenze. Ben presto la situazione si L’agnellino di Liliana alla fine del pranzo di Pasqua IL CLUB n. 82/83 – pag. 7 Allo scalone d’onore della Reggia di Caserta fa insostenibile: la nostra necessità di mantenere un varco necessario per poter passare tra le ali di folla, al fine di poter partire presto per raggiungere il Porto di Napoli, si trasforma in una lotta corpo a corpo con ragazzini che giovano a palla con una violenza simile e forse superiore a quella del vecchio Diego Armando Maratona, giovincelli che, allietandoci con una assordante musica napoletana dai toni struggenti, posteggiano selvaggiamente le loro auto quasi a fare terra bruciata intorno ai nostri camper. Alla fine, dato che Pippo, per fare un corpo a corpo con i gitanti alle 15,00 non ha ancora pranzato, ed Eduardo, per mettersi di traverso con il camper per tenere sempre un piccolo varco aperto per il passaggio, è stato a fare marcia avanti-marcia indietro dalle 12,00 alle 15,00, decidiamo di gettare la spugna ed andare via prima del previsto per cercare a Caserta Bassa di trovare uno spiazzo per mangiare un dolce locale acquistato per salutarci “dolcemente” e brindare a quella che è stata una settimana davvero piacevole, so- Foto di gruppo dei nostri soci ...romani IL CLUB n. 82/83 – pag. 8 prattutto dal punto di vista dei rapporti umani e dell’approfondimento di amicizie e conoscenze che, fino a quel momento, ancora non si erano potute approfondire. Ci salutiamo quindi perché alcuni di noi (Liliana con Eduardo e Mimmo con Fina) proseguiranno via terra, mentre per noi (Ninni e Concetta, Maria, Rosaria, Maria e Giovanna e i piccoli Palazzolo con i genitori e la nonna materna, oltre a noi Guarneri) c’è già la nave della Tirrenia con la bocca aperta che ci attende fumante al Porto di Napoli. Questo bel viaggio è finito, il tempo che scorre inesorabile se l’è portato via, ed i preparativi, le mie letture specializzate fatte durante le ore di pranzo in ufficio, le consultazioni su internet, le prenotazioni, i dettagli da definire all’ultimo minuto sono andati via con lui. Vi ringrazio tutti cari amici, che con me e con i miei cari avete diviso queste belle giornate piene di sole e di monumenti, di autobus presi al volo e bellezze della natura, e se qualche cosa non dovesse essere andata per il verso giusto non me ne vogliate, ma sappiate che tutto è stato fatto con semplicità ma soprattutto con il cuore. Arrivederci alla prossima, Vi abbraccio con affetto. Patrizia La China Guarneri I ravioli di Montalbano Dagli atti del Commissariato di Vigata, la cronaca del raduno nel ragusano di fine aprile T utto principiò, un jornu cchiù o un jornu in meno, a metà aprile, quando Catarella aveva bloccato il commissario Montalbano appena l’aveva visto trasere, prima ancora che lui dicesse ‘na parola. Commissario, commissario... Successe ‘na cosa stramma. Ma Salvo, cioè il commissario, lo aveva subito zittito, com’è solito fare quando è incazzato (e si vede che quella mattina non era cosa): Catarella, ma che ci rompi i cabasisi di prima mattina? Che è suc- Santo subito! Ma chi? Montalbano, naturalmente… Faccio mia la battuta di Enrico, socio del Club, per cercare di definire al meglio l’assoluta relazione tra la zona del ragusano, visitata nel week-end del primo maggio, e il mitico personaggio letterario di Camilleri. Quella che viene da sempre universalmente conosciuta la provincia del miglior barocco siciliano, è adesso più nota come la provincia dei luoghi della fiction di Montalbano. Ed ecco che la piazza del Duomo di San Giorgio, a Ragusa Ibla, diventa la piazza di Vigata e che la fornace di Sampieri si trasforma nella “Mannara” di alcune oscure ambientazioni dello sceneggiato o, ancora, il castello di Donnafugata si scopre residenza di un anziano capomafia. Santo subito, perché per esempio forse in pochi conoscevano Punta Secca, ma tantissimi adesso sanno che è li che si trova “virtualmente” la casa di Montalbano. Un nuovo smalto, purtroppo sin troppo sintetico ma efficacemente valido, comunque, dal punto di vista turistico-commerciale, per una delle province più belle d’Italia che possiede un patrimonio architettonico, naturalistico e culturale tanto vasto da aver meritato dall’Unesco, per alcune componenti del proprio territorio, il riconoscimento di bene prezioso per l’intera umanità. Del resto, anche noi del Club abbiamo organizzato l’escursione intitolandola ai “luoghi del commissario Montalbano” e in effetti, forse, anche questo è stato uno dei motivi per il successo riscosso dal raduno. Numeri da record per un week-end prolungato dalla festività del primo maggio: quasi cento partecipanti che determinano un limite difficilmente raggiunto anche per le tradizionali e sempre affollate cene di fine anno. Quasi cento partecipanti per un tour perfettamente organizzato nei minimi particolari: un grande grazie va infatti rivolto a Francesco che, nuovo componente del direttivo alla sua prima opportunità, meglio non poteva esordire nella faticosa organizzazione di questo evento. Ma un altrettanto grande grazie deve essere rivolto anche a tutti i nostri soci. Grazie ai nuovi soci alla loro “prima volta” che hanno partecipato con entusiasmo nonostante la presenza di bimbi piccoli ad una delle più faticose passeggiate nella memoria del Club e a chi, non nuovo ma da tempo poco presente, ha partecipato manifestando sinceramente il proprio apprezzamento per il perfetto evolversi del raduno. Grazie ancora ad Alfio, che ha voluto in qualche modo condividere con il nostro Club la sua prima uscita in camper dopo un triste periodo e grazie infine a chi, sempre presente, rivitalizza silenziosamente chi si adopera per la riuscita di ogni occasione d’incontro. Montalbano santo subito, quindi, senza riserve! Giangiacomo Sideli IL CLUB n. 82/83 – pag. 9 cesso di così grave che manco mi fai arrivare? Catarella si era bloccato davanti alla sua porta zittennusi: Nenti, dutturi, nenti d’accussì grave. Ed era tornato indietro come un cani vastonatu. Ma il commissario, susennusi dalla poltrona dopo qualche minuto, lo aveva richiamato per spiargli il motivo della sua agitazione. Catarella, juntu che avia un foglio ‘n mano, aveva allora iniziato come sempre da facenne preistoriche, prendendola alla lontana; per poi catamiarsi a quagliare, allo sbrigativo cenno di mano di Salvo, fino ad arrivare alla parte finale del racconto. Insomma, come fu e come non fu, trovai su Internèt di questo gruppo di cameristi – no, dutturi, scusassi, cam-peri-sti, quelli che si muovono ni’ rulotti, insomma – che vonnu vinire a visitare vossignoria medesima qua proprio, “nei luoghi del Commissario Montalbano”, c’è scritto. Ecco, dutturi, ho stampato la loro circolare. Il commissario Montalbano in uno dei rari momenti in cui il suo sguardo si libera in un sorriso Salvo quella mattina era incazzato più del solito per colpa del cielo scuruso che prometteva tempesta; assittandosi, lesse quel foglio tutto d’un fiato e alla fine urlò: Faziooo! Un libro per seguire, catammaru catammaru, le avventure del commissario L’idea della gita nei luoghi televisivi del commissario Montalbano mi era venuta da un libro recentemente pubblicato da Sellerio, un libro che è quasi un atlante dell'universo geografico del commissario e dei personaggi sui quali si fondano i racconti di Camilleri. Il libro contribuisce così a dare uno stimolo ulteriore per seguire le inchieste del commissario più famoso d’Italia, entrando nell'atmosfera delle sue storie. Perché, per ciascun romanzo, tutti i movimenti del commissario sono ricostruiti un passo dopo l'altro, in un pedinamento che riesce perfettamente sovrapponibile all'andamento di ognuno dei suoi casi. Ed esercita un ulteriore stimolo a visitare quei luoghi che, fra romanzi e fiction tivù, hanno fatto da sfondo alle sue avventure. Vero è che i luoghi di Montalbano nascono dalle finzioni di Camilleri. Da Vigata a Montelusa, da Puntasecca a Marinella, dai bar ai ristoranti alle chiese, sono tutti luoghi di fantasia, nessuno esiste nella toponomastica reale e nessuno dovrebbe esistere nella topografia dei luoghi. Però con questa “guida” la finzione si sovrappone ai luoghi della geografia reale, tra Agrigento e Porto Empedocle, tra Siculiana e Palma di Montechiaro, dove Camilleri è nato e dove l’autore ha ambientato i romanzi, o Ragusa e Scicli, Donnalucata e Punta Secca, dove invece è stata girata la fiction televisiva. Un po’ come quello che noi abbiamo fatto a fine aprile. M. K. Ma Fazio quella mattina non c’era, aveva preso un giorno di permesso; e quando Catarella glielo ricordò, lui non si limitò solo a commentare Quando cerco qualichiduno non c’è mai, ma stava per mettersi a santiare, scomodando anche qualche santo del paradiso. Io, che ero come sempre nella stanza accanto, avevo sentito quasi tutto. Poteva significare tutto e nenti; ma, conoscendolo bene, mi precipitai da lui, addumandandogli: Salvo, che successe? Posso esserti utile io? Lui era stinnicchiato na su‘ poltrona, rosso in faccia. Pure posto rintra mi vengono a rompere i cabasisi, cominciò. Ora pure in roulotte... Insomma, leggiti ‘sta cosa e pensaci tu: in mezzo ai coglioni non voglio nessuno. Sono stato chiaro? Chiamali tu e levameli di dosso. Io avevo un paio di cose urgenti da fare quel giorno, ma gli giurai che lo avrei fatto subito. Ma in effetti, come andò la giornata, lo scordai. Tuttavia, al momento di salutarci, la sera, Salvo mi fermò e m’addumannò: Allora, hai risolto tutto? Gli hai telefonato? Sbiancai trattenendo il sciato perché l’avevo proprio dimenticato (e anzi speravo che lo avesse dimenticato anche lui). Ma il commissario fu irremovibile. Devo pensare a tutte cose io? E prese subito il telefono spiandomi il numero da fare: accussì nni livamu u pensiero. All’altro capo del telefono arrispunnì in perfetto ‘taliano un certo Bonsangue Francesco, che con fare molto signorile cercò di spiegargli che quei cristiani era un gruppo molto distinto di camperisti del Banco di Sicilia e che quell’idea di far visita ai luoghi televisivi che avevano fatto da sfondo alle riprese del telefilm sul commissario Montalbano l’aveva avuto il presidente del Club, tale Karra Maurizio di Palermo - persona sicuramente un po’ stravaganti, commentò subito ad alta voce Salvo – e che nessuno pensava di dare fastidio al Commissariato di Vigata, né al commissario prima di tutti. Concluse che quella gita, alla quale avevano aderito ormai tantissime persone, il gruppo la voleva proprio fare per visitare quei luoghi del barocco. Insomma, non ci sarebbero stati problemi, assicurò cercando di calmarlo, avendo capito il tipo. IL CLUB n. 82/83 – pag. 10 Salvo in effetti si rilassò un po’, salutò un po’ meno incazzato di quanto non avesse iniziato la telefonata e stette un attimo a pensare. Poi, tutti ‘nzemmula s’arrisbigliò, si susì da sedia e mi taliò: Ma tu alla calcagna ci devi stare, lo stesso, dall’inizio alla fine, con discrezione, come un’ombra. Alla fine voglio un rapporto, dettagliato. Non mi fido comunque. Abbiamo indagini troppo delicate tra le mani. Non si sa mai... E poi voglio comunque che stiano alla larga dai cabasisi. Tutti sapevamo che Salvo era un tipo un po’ paranoico, ma ogni tentativo di dissuaderlo da quella cosa fu inutile: alla fine gli dovetti promettere che mi sarei appiccicato al gruppo come lui voleva nei giorni in cui sarebbero stati a Vigata. Anche a Montelusa li devi seguire, aggiunse lui con la facci sdignata mentre io lo taliavo ‘ntordomuto. Anche a Montelusa, stai tranquillo, dovetti promettergli io, assecondando la so fuddria che stava di nuovo diventando furiosa. Poco dopo, mentre stavo per andarmene, improvvisamente lo vitti susiri da seggia e illuminarsi in volto: Già, vanno pure a Montelusa; e allora, appena sento il Signor Questore, gli preannunzio la visita di questo gruppo: lo sai com’è il dottor Bonetti Alderighi, ama fare le public relations... E sogghignò come sapeva fare solo lui. Facciamolo contento una volta, proseguì. Tanto lui ama queste cose; e poi telefoniamo al presidente di questo Club e gli diciamo dell’incontro. Ci facciamo pure una bella figura, che ne pensi, Mimì? Mi pare una trovata geniale, Salvo! gli risposi io, francamente rincuorato, anche perché lo vedevo finalmente meno incazzato. E così parve che il problema era stato risolto. Ma tu, scrivitelo da qualche parte: quel giorno gli andrai dietro lo stesso, concluse lui uscendo dalla stanza e lassandomi in tridici. Venne dunque il giorno di quella gita. Era il 29 aprile e la notte prima, come fu e come non fu, io non ero riuscito a chiudere occhio, perché il picciriddo aveva avuto una botta di mal di pancia. E poi, francamente, mi pareva una perdita di tempo, con tutte le cose che avevo tra le mani, mettermi a fare la balia a questi camperisti. Ma non avevo che fare. Questi erano stati gli ordini di Salvo, che me lo aveva ricordato anche la sera prima di andarsene: accammora, tu che hai l’orecchio fino, appìzzati dietro a ‘sti cristiani e non li perdere un attimo, mi raccomanno! L’appuntamento che si erano dati i camperisti del Banco di Sicilia era a ora di pranzo sul lungomare di Donnalucata, vicino a Vigata e vicino anche a Marinella, dove il commissario Montalbano aveva la sua casa; e io avevo dovuto mangiare a mezzogiorno, quel giorno, sgozzandomi per arrivare in tempo, i maccaruni che Beba mi aveva preparato come sa fare solo lei, con la salsa d’estratto e il maiale dentro. Non erano molti quei cristiani, ma io non sapevo che una parte erano già arrivati al campeggio La Spiaggetta di Punta Secca. E soprattutto non sapevo che Salvo aveva voluto vedere in modo riservato, a solo, il loro presidente, addirittura a casa sua, appunto Marinella, per conoscerlo meglio e capire le sue intenzioni, come poi mi spiegò. Lui, il Karra, evidentemente un tipo che si era fatto spiegare bene che tipo era Montalbano, si era presentato con le scacce caure caure dato che era prossima l’ora del pranzo; e questo aveva mandato di buon umore Salvo, sciogliendo subito il gelo fra i due. Il commissario lo aveva studiato per bene e ne aveva dedotto che forse si era preoccupato un po’ troppo: si trovava davanti un cinquantino gioviale, desideroso di conoscere lui e anche il suo paese. Ma a me toccava lo stesso stare dietro a quel gruppo come se fossero dei sospettati. Ma di che ancora oggi non l’ho capito. In quell’occasione, inoltre, Montalbano aveva parlato a Karra dell’incontro che aveva pensato di combinargli anche col Signor Questore, a Montelusa. Ma il dottore Bonetti Alderighi è per conto suo domani, quando sarete a Montelusa, e francamente mi dispiace, ci tenevo che lo incontraste, aveva concluso al termine dell’incontro. A quel punto, prendendo la palla al balzo, Karra aveva strappato a Salvo la promessa che si sarebbe fatto vedere allora lui, il commissario, da parte del gruppo nel corso dell’escursione (Karra non sapeva della mia missione) e lo aveva salutato abbracciandolo. Quindi si era unito agli altri camperisti a Donnalucata, ma senza dare pubblicità all’incontro, felice in cuor suo di aver strappato al commissario quella promessa dell’improvvisata del giorno dopo. Il Nutella-party in campeggio Per il resto, il pomeriggio era trascorso con l’arrivo degli ultimi, fino a sera tarda e con la passeggiata a piccoli gruppi a Samperi per la sagra del pomodoro che era stata organizzata, anche se di pomodori non se ne vedevano. In compenso a un certo punto li avevo visti organizzare zitto tu e zitto io un “nutella-party” (così lo aveva chiamato uno di loro, un certo Parrino Vittorio) per i picciriddi. Ma io avevo taliato che c’erano tutti, nichi e grandi, che si erano fatti fuori pane caldo e chili di cioccolata fino a ‘ngrasciarsi tutt’i manu: e se questa era la premessa... Solo dopo le 11 io avevo potuto fare ritorno da Beba, che ovviamente mi aveva chiamato un centinaio di volte al telefonino perché non credeva affatto a quella storia dei camperisti e pensava alle solite cose: i fimmini! Poi, voi lo sapete Beba quant’è gelosa... L’indomani alle 9, quando io ero arrivato, già c’erano tre pullman, fra grandi e cchiu nichi, che stavano imbarcando il gruppo (solo allora m’addunai che erano quasi cento cristiani!) per dare inizio all’escursione programmata, dapprima a Montelusa e poi a Vigata. A Montelusa ci arrivarono che erano le 10 e subito sciaminarono un po’ dappertutto con le loro due guide che gli andavano cuntannu di arte barocca e di set televisivi; stavano con l’occhi isati a taliare puttini e autre fisserie e in contemporanea spiavano notizie sul commissario, sulle sue indagini, sul signor questore, e così via. Fatto sta che a un certo punto io preferii telefonargli: Salvo, senti, ma perché non vieni pure tu qua e dai un’occhiata, che forse l’inzirtasti: questi sono troppo curiosi, continuano a spiare in continuazione cose su cose... IL CLUB n. 82/83 – pag. 11 Stavolta ero io che, in funnu in funnu, non ero accussì convinto, ma Salvo mi rincuorò subito: sto venendo, anche perché avevo detto a Karra che li avrei incontrati. Dopo qualche minuto, mentre il gruppo, dopo aver visitato tutta la parte storica di Montelusa, da San Giorgio alla Chiesa del Purgatorio passando per quella della Madonna dell’Itria e da tutte quelle che erano state costruite dopo il grande terremoto, era giunto al Giardino Ibleo, il commissario s’appresentò al solito suo. Mi spiegò, poco dopo, che era previsto che il gruppo pranzasse presso l'azienda agrituristica "Monsovile", vicino a Vigata, che poi era proprio quella dove noi del Commissariato festeggiavamo i nostri successi e le nostre (in vero poche) promozioni. E dove io portavo spesso anche Beba, perché i ravioli che fanno là fanno resuscitare anche i morti. E Salvo, quando è ora di queste cose, non se le perde mai: ve lo ricordate, a Natale di qualche anno fa, quando rinunziò ad andare a Parigi con Livia per mangiarsi gli arancini preparati dalla cammarera Adelina? Foto di gruppo davanti la chiesa di San Giovanni a Montelusa Taliai il rologio: era appunto ora di pensare a mangiare, anzi si stava facendo un po’ tardi e anche il mio stomaco me lo stava ricordato. Così, all’arrivo a Monsovile, Salvo non si tirò indietro ad assittarsi al tavolo di Karra, coinvolgendo anche me (e meno male...), mentre i cristiani del gruppo si trasformarono, zittu tu e zittu io, in Nella foto in alto il nostro presidente con Luigi Fiscella in un momento del pranzo all’azienda Monsovile. Accanto a Maurizio Karra si riconosce Andrea Camilleri, mentre il Commissario Montalbano è a destra, vicino Fiscella e a Paolo Carabillò, seminascosto. Alle spalle di Marcello La Barbera, invece, si trova in piedi Mimì Augello, vice commissario di Vigata e autore dell’articolo. In basso un’altra allegra tavolata di soci del Club a Monsovile. Montelusa perché volevo vedere Karra, Sideli e tutti gli altri, dopo quella gran mangiata (e bevuta) come avrebbero fatto a incontrarlo e fare ...rappresentanza! Ma, seppure mezzi stinnicchiati, dopo una fotografia di gruppo con il commissario (forse erano stati i ravioli a rabbonirlo), il gruppo a Vigata ci andò ugualmente, riprendendo i tre pullman, mentre io e Salvo levavamo l’incomodo salutando affettuosamente Karra che si era susuto per abbrazzarci. Pensavo che fosse finita a quel punto la mia missione; ma non era proprio così! Mi toccò andarci dietro ancora e credo che anche lì a Vigata abbiano visitato tutte le pietre antiche dei palazzi e delle chiese, senza perdersene una. Per fare rientro in campeggio, la sera, sfatti e silenziosi, che non ce la facevano più manco a spiare una parola. A Vigata l’incontro con Alfio Triolo una planata di cavallette facendo fuori una tonnellata almeno di antipasti tipici della zona (un’altra bontà indicibile). Ma il clou era come sempre rappresentato dai ravioli di ricotta immersi nel sugo di maiale, con quei bei tocchi di carne che riuscivano ad addolcire sempre anche l’umore di uno come il commissario. Un vassoio intero se ne fece portare e provò a gareggiare con Karra e con qualcun altro seduto vicino a loro a chi ne riusciva a mangiare di più (e ogni raviolo pisava mezzo chilo!): ricordo un certo Sideli, che credo fosse il vicepresidente del gruppo e che non si faceva pregare a mangiare, e uno pure piccolo e minuto, seduto davanti al Karra – Luigi lo chiamavano tutt’e due - che dove cacciava tutto quello che mangiava non si riusciva proprio a capire; e poi un altro vicino, un certo Paolo, che diceva di essere a dieta, ma spazzolava tutto quel bendidio senza bisogno di incoraggiamento. Ma credo che la situazione fosse la stessa a tutti i tavoli e che tutti quei cristiani sinni stavano a mangiari trattenendo pure il sciato. Ogni tanto si sentiva scruscio di brindisi e poi ancora avanti. A un certo punto portarono il vassoio degli arrosti e il vino scese giù peggio di prima. Meno male che il Signor Questore non era a IL CLUB n. 82/83 – pag. 12 Quando il giorno dopo fui costretto a ritornare là, a mare, dato che già mi conoscevano tutti, furono in tanti a currermi incontro a vrazza stisi: mi accolsero calorosamente come se fossi un amico di vecchia data offrendomi il caffè. E poi mi fecero fare una passeggiata fino alla Mannara con tutti loro. Avevo dovuto ricredermi anch’io su questo gruppo: erano cristiani davvero simpatici, distinti, con tanti picciriddi biondi che sembravano dipinti da Raffaello. E fu così che finii con l’andare a prendere pure Beba con il picciriddo a ora di pranzo per mangiare tutti ‘nzemula, portando anche un buon amico di famiglia, Andrea Camilleri, un ottantino con il ciriveddo che funziona ancora come un laser; peccato che il loro presidente era partito di buon mattino con il suo camper e che qualcuno lo aveva poi seguito nel corso della mattinata. Non erano tutti, ma erano ancora tanti! Sì, aveva ragione il commissario Montalbano, come sempre d’altro canto: erano cristiani Il gruppo di soci del Club a Montelusa. In alto a sinistra, vicino al presidente e ai soci Michelangelo Guarneri, Patrizia La China e Marcello Critelli, si riconoscono il dott. Andrea Camilleri e Mimì Augello, vice commissario di Vigata nonché autore dell’articolo. Il Commissario Montalbano, schivo com’è, si confonde invece in alto più a destra vicino al vicepresidente, fra i soci Elio Rea e Filippo Santonocito. curiosi, ma brava gente. Forse per questo, quando me ne andai, li salutai con un gran groppo in gola. Ci rivediamo, vero? mi chiesero in tanti. Ma certo, arrispunivi io, girandomi però dall’altro lato per l’occhi umidi. E spero sì di rivederli presto: è brava gente, allegra, di cuo- re. E magari anche Salvo adesso si è messo a spiarmi: ma li hai poi risentito quelli dei camper? E volete saperla fino in fondo? Quando entra ogni giorno in Commissariato, la prima cosa che fa è spiare a Catarella: telefonate per me? Nemmeno Karra ha più chiamato? Credo che ce li ricorderemo sempre con affetto, questi camperisti del Banco di Sicilia, tutt’e due, sia io che Salvo, il commissario. E forse anche loro ci ricordano con affetto. Anzi, ne sono sicuro. E l’altro giorno anche il mio amico Camilleri mi ha chiesto di loro, non so a che proposito. Ma cianciava di un nuovo libro… Mimì Augello Vice Commissario Commissariato di Vigata La passeggiata alla Mannara P.S. Il commissario Montalbano mi ha incaricato di invitarvi nuovamente a Vigata. Venite, perché vi aspettiamo! Grazie di cuore da parte di tutto il Club ad Andrea Camilleri e a suoi famosi personaggi “sbirreschi” IL CLUB n. 82/83 – pag. 13 Tra sacro e profano Il 13 e 14 maggio siamo andati in gita alla scoperta della cittadina di Marineo, dell’Eremo della Quisquina con la grotta di Santa Rosalia e dei magnifici piatti del ristorante “Filici” nei pressi di Cammarata I l piacere di stare insieme e di esplorare i numerosi scorci della nostra magnifica isola non ci abbandona mai, ma è indubbio che ,con l’arrivo della bella stagione, dei primi caldi e dell’allungarsi delle giornate, questo piacere si intensifica ulteriormente, rendendoci ansiosi di mettere in moto il camper e partire. La meta del primo raduno di maggio, a cavallo tra il 13 e il 14, è stato un mix di cultura, natura, fede e ottima cucina, rallegrata ancora di più dall’arrivo di due ospiti di riguardo… Ma andiamo per ordine. La carovana dei nostri camper si è messa in moto la mattina del sabato e ha raggiunto la vicina cittadina di Marineo, situata sotto un’imponente rupe, denominata la Rocca; dopo aver lasciato i nostri mezzi in un parcheggio che domina l’abitato, siamo andati alla sua esplorazione, con la guida del Responsabile dell’Ufficio Turismo e Beni Culturali del Comune che ci ha condotto a vedere prima di tutto la Chiesa Madre, risalente al ‘500, che ospita l’altare monumentale di San Ciro, patrono cittadino, e un tabernacolo del Gagini, e che subito dopo la nostra visita è stata rallegrata dal matrimonio di due giovani sposi del paese in mezzo a un nugolo di parenti e amici. Subito dopo ci siamo inoltrati nel borgo, fondato nel 1550 dal nobile Beccatelli Bologna, su licenza populandi dell’imperatore Carlo V che, dato il dislivello sul quale è stato costruito, vanta diverse stradine a scale che conducono fino al suo monumento principale, il castello risalente al 1560 circa; il maniero si erge su una rampa scoscesa e inaccessibile sul versante nord e, oltre ad ospitare magazzini e stalle, vanta al piano nobile numerose stanze adibite ai giorni nostri a sede museografica (Museo dell’Eleutero), con reperti archeologici rinvenuti nella vicina località chiamata Montagnola, nella quale sorgeva l’antica città di Makella. Quindi ci siamo diretti al convento della Madonna della Dayna, da cui si gode una vista magnifica sul paese, prima di dirigerci all’ultima tappa di scoperta cittadina: la macelleria Polizzotto della piazza dei Caduti, dove in virtù del nostro grande amore per la conoscenza abbiamo fatto incetta di salsiccia paesana (una vera delizia!), caciotte, salamini, vino e via mangiando. I gemelli Ivan e Davide nelle braccia di papà Salvo e mamma Nuziatella IL CLUB n. 82/83 – pag. 14 Alcuni soci davanti al Marineo castello di Subito dopo pranzo siamo stati raggiunti da alcuni soci che si erano mossi nel primo pomeriggio e con loro sono arrivati i due ospiti d’eccezione di cui parlavamo in apertura: due deliziosi cuccioli d’uomo tutti tenerezza, i gemelli Ivan e Davide di appena tre mesi, alla prima uscita con il Club, accompagnati da mamma Nunzia e da papà Salvo che, dopo una gravidanza davvero difficile e problematica, sono giustamente orgogliosi genitori di questi angioletti. Inutile dire che la gioia e le coccole si sono sprecate tra i presenti ed è stata una gara per prendere in braccio i piccoli e rimanere estasiati davanti ai loro occhi chiari, alla loro pelle rosea e profumata. E poi tutti insieme ci siamo diretti verso il ristorante Filici, situato a metà strada tra Santo Stefano Quisquina e Cammarata, circondato dalla Riserva di Monte Cammarata che nel periodo primaverile mette in mostra uno scenario montano degno della Svizzera o del Tirolo, con prati verdissimi disseminati da una fantasmagoria di coloratissimi fiori di campo, intervallati da laghetti e da suggestivi boschetti. Con gli occhi colmi di tanta bellezza e i polmoni decongestionati dall’onnipresente smog cittadino ci siamo così ritrovati in mezzo ad una sorta di paradiso terrestre e la sensazione di essere capitati in un eden è continuata anche dopo esserci fermati nell’ameno parcheggio del ristorante, in realtà una sorta di campeggio tra alberi fioriti e prati all’inglese, dove ci hanno raggiunto gli ultimi soci. Ma il meglio, almeno da un punto di vista gastronomico, doveva ancora venire: infatti appena le nostre cavallette si sono sedute a tavola ha avuto inizio un via vai di piatti che ha rasentato l’incredibile, grazie ad una decina di antipasti squisiti, dalla ricotta alla caponata, dal prosciutto al formaggio locale, dalla trippa all’insalata di carne; e poi un tris di primi goduriosi, con pasta fresca e lasagne, e un tris di carni, dall’agnello al castrato al maiale che si sono sciolti in bocca, oltre a vari tipi di frutta, ai cannoli con ricotta e alla mega-torta offerta da Nunzia e Salvo, in onore dei gemelli, con la distribuzione dei confetti ai partecipanti. Inutile ribadire che è stata una grande festa, in cui l’unico rammarico da parte dei presenti è stato quello di non riuscire a trangugiare proprio tutto per limiti fisiologici. Dopo una notte più tranquilla del previsto, soprattutto da parte dell’apparato digerente sotto stress, le nostre ineffabili cavallette si sono date da fare anche la mattina della domenica, sedendosi di nuovo al ristorante Filici per consumare una “modesta” colazione, a base di ricotta con il siero, cannoli e piatti di affettati che sono spariti in un attimo. E poi, dopo aver salutato alcuni soci storici come Pippocamper e Mister Five, richiamati da altri impegni, il resto della carovana si è rituffata nello scenario svizzero, respirando a pieni polmoni insieme ad una comitiva di ciclisti che si godeva al pari di noi una natura così assoluta, fino a raggiungere, vicino Santo Stefano Quisquina, il suggestivo Eremo di Santa Rosalia, incastonato in un bosco a oltre 1.000 metri di altitudine. In alto un momento di relax nel parcheggio di Filici In basso l’allegra tavolata al momento della cena IL CLUB n. 82/83 – pag. 15 La grotta con la statua di Santa Rosalia Ci siamo così ritrovati davanti al convento e alla chiesa costruiti a fine ‘600 attorno alla grotta dove attorno all’anno 1100 Santa Rosalia condusse vita eremitica. Tutti i palermitani venerano la Santuzza, vissuta nell’ultimo periodo della sua vita in una grotta di Monte Pellegrino, dove rimase il suo corpo fino a che nel 1624, in occasione della peste che stava decimando la città, non apparve in sogno agli abitanti chiedendo che le sue ossa fossero portate in processione, cosa che fu fatta permettendo la salvezza della città. Ma non tutti sanno, invece, che Rosalia, figlia di un nobile palermitano, era dapprima scappata di casa per sfuggire ad un matri- monio combinato dalla famiglia, rifugiandosi nel feudo di Monte Cammarata, di proprietà del padre, e vivendo per una dozzina di anni in una minuscola grotta, al cui ingresso vi è ancora l’iscrizione in latino, scritta dalla stessa santa, che ne attesta la presenza. Ai giorni nostri si può visitare il complesso del convento, che permette di rivivere la dura vita dei monaci, devoti a Santa Rosalia, dalla cantina dove veniva conservato il vino e l’olio, alla legnaia, trasformata oggi in un piccolo museo di civiltà contadina, fino alla grande cucina a legna e alle celle dei monaci, la più bella delle quali ospitava il nobile di turno quando si recava al convento. E’ pregevole Foto di gruppo alla Quisquina IL CLUB n. 82/83 – pag. 16 anche la piccola chiesetta dedicata alla santa, con vari dipinti e affreschi che la ritraggono nel suo eremitaggio, che ospita nella parte inferiore le catacombe dei monaci. Ma indubbiamente il luogo in cui la spiritualità si respira fino in fondo è sicuramente la grotta della santa, scavata nella roccia e raggiungibile attraverso uno stretto percorso che costringe a contorsioni non indifferenti i visitatori sostenuti dalla fede; e poi una volta raggiunta con sacrificio la grotta ci si trova davanti il minuscolo lettuccio di roccia su cui riposava la Santuzza, sopra al quale vi è una statua della Santa e tutt’attorno tanti fiori che animano le pareti. Dopo un tuffo in tale spiritualità siamo usciti alla luce del sole e ci siamo diretti sulle nostre casette con le ruote fino all’area attrezzata più vicina, per godere ancora un po’ di questo paradiso terrestre, sospesi tra i prati versi e l’azzurro del cielo. E qui, dopo un pranzo che avrebbe dovuto essere leggero dopo gli stravizi del weekend, ma che non lo è stato per tutti, e dopo una piacevole chiacchierata corale, ci siamo salutati, dandoci appuntamento alla prossima fuga dalla quotidianità. Testo di Mimma Ferrante Foto di Paolo Carabillò e di Maurizio Karra Mare forza otto Per il ponte del 2 giugno era prevista una mini-crociera alle isole Eolie, oltre alla visita di Tindari e di Milazzo; invece una bufera di vento e il mare forza otto hanno scombussolato tutti i nostri progetti… E rano mesi che il nostro Vittorio Parrino lavorava al programma di questo raduno, interessandosi al luogo per la sosta, alla tariffa più conveniente per la mini-crociera alle Eolie, alle isole dove approdare, così come alle guide per visitare Milazzo, con grande dispendio di tempo e di energia; ma come dice il proverbio l’uomo propone e …Dio dispone. Le previsioni, dopo tanto lavoro, erano rosee e il tempo per tutta la settimana era stato bello, con un clima perfino torrido a evidenziare un anticipo di estate di cui avremmo volentieri fatto a meno; ma giovedì 1° giugno, alla vigilia della partenza, il cielo si era rannuvolato e, quel che è peggio, le previsioni avevano stroncato le nostre aspettative di un finesettimana sull’acqua, anche se la speranza è sempre l’ultima a morire… Nonostante ciò, un pugno di intrepidi coraggiosi (assai più piccolo rispetto al numero di tutti quelli che avevano prenotato la loro presenza) la mattina del 2 giugno si sono dati comunque appuntamento nel parcheggio sotto il Santuario della Madonna di Tindari, mentre il cielo si velava minacciosamente e la temperatura iniziava a scendere a picco. Dopo un pranzo veloce, a bordo del bus navetta siamo saliti sulla rocca dove si innalza il Santuario della Madonna Nera, situato nel punto più elevato del promontorio ed edificato negli anni ’60 del XX secolo, dopo che il vecchio santuario era stato devastato nel corso del saccheggio del pirata Barbarossa del 1544. L’imponente edificio a croce latina, sulle cui pareti sono raccontati gli episodi della vita di Gesù, realizzati con la tecnica del mosaico, ospita nell’abside il trono della Madonna, contenente la statua lignea della Madonna Nera di stile bizantino; quest’ultima, secondo la tradizione, arrivò sulle rive del mare sottostante attorno al IX secolo, cominciando fin da subito ad effettuare prodigi e rendendo sempre più grande la devozione della gente di Sicilia e di Calabria, che hanno fatto della basilica una meta di pellegrinaggi da centinaia di anni. Dall’alto del promontorio si gode un magnifico panorama sui sottostanti laghetti di Marinello, con lingue di sabbia che si incuneano nel mare, e sulla sagoma delle isole Eolie, simili ad un incantesimo e capaci di scomparire con l’avanzare della nebbia che si stendeva sul mare. Dopo la visita al Santuario, eccoci ai vicini scavi archeologici di Tyndaris, una delle ultime colonie greche in Sicilia, fondata nel IV secolo a.C. da Dionisio I; dapprima con la visita del piccolo museo, che ospita alcuni reperti ritrovati in loco, e poi con una passeggiata per tutta l’area, a partire dalla suggestiva Basilica, eretta in età tardoimperiale, con un’ampia navata composta da 9 archi, per poi continuare con i resti di case dai pavimenti a mosaico, con le terme e infine col teatro, risalente al III secolo a.C.. I nostri soci davanti al Santuario della Madonna di Tindari In basso, foto di gruppo all’area archeologica IL CLUB n. 82/83 – pag. 17 Anche dall’alto dell’antica colonia greca il panorama sul mare sottostante era veramente magnifico anche se era guastato da raffiche di vento rabbioso che non hanno però disturbato gli “amatori” del finocchietto selvatico, che da queste parti cresce rigoglioso, che si sono prodigati prontamente a raccoglierlo a chili. Dopo il ritorno al parcheggio, dove siamo arrivati quasi congelati e sepolti sotto vari strati di felpe e maglioni, ci siamo mossi in direzione di Milazzo e qui, grazie all’aiuto di Vittorio Parrino e del suo amico Michele, ci siamo sistemati all’interno dei campi di calcetto della Parrocchia di San Papino, in pieno centro cittadino. Qui i componenti maschili del gruppo con grande senso sportivo (e forse anche per riscaldare le membra rese livide dal freddo) hanno dato vita ad una partitella in puro stile fantozziano, in cui si è ritrovato a giocare anche Joy, il canemascotte del gruppo, che si affannava a correre come un ...mastino per sottrarre la palla all’avversario, ma invece di mandarla in porta la …mordeva appassionatamente. Dopo un tale riscaldamento forzato ci siamo mossi all’esplorazione del centro di Milazzo, ritrovandoci a passeggiare lungo il suo pregevole lungomare orlato da palme, fino all’ora di cena, quando ci siamo rifugiati al Covo del pirata per mangiare una pizza tutti insieme, tra brindisi improvvisati e previsioni ottimistiche per la crociera del giorno dopo, dato che nel frattempo il vento era calato e il cielo si era riempito di stelle. Ma avevamo cantato vittoria troppo presto, dato che subito dopo essere tornati al nostro accampamento ed essere saliti sulle nostre mansarde, siamo stati investiti da una spaventosa tromba d’aria che ha fatto sussultare impietosamente i nostri camper, che sembravano quasi in procinto di volare via. Il vento si è accanito per tutta la notte, mentre il rumoreggiare del mare arrivava fino al nostro accampamento. La mattina dopo, piuttosto scoraggiati, abbiamo ricevuto la comunicazione ufficiale che a tutte le imbarcazioni era stato fatto divieto da parte della Capitaneria di Porto di prendere il mare; quindi, in ogni caso, l’annullamento della nostra mini-crociera a Panarea e Stromboli diveniva “ufficiale” perché il mare aveva raggiunto forza otto! E così, tra la pioggia che “picchiuliava” e il vento che ruggiva intorno a noi, abbiamo improvvisato una visita mattutina al duomo di Milazzo, fronteggiato dai resti di una necropoli tardoromana, e alla Pretura, una bellissima costruzione in stile liberty del 1930. All’interno il presidente ha subito un processo in piena regola, nel corso del quale si è dovuto difendere dall’accusa di mancata crociera mossagli dai soci, a quanto pare efficacemente; il presidente della corte, Pietro Inzerillo, l’ha infatti assolto, condannandolo però a rimettere in programma la crociera alla prima occasione. Quindi il gruppo si è lanciato ad alleggerire i negozi di alimentari degli immediati dintorni, compreso il caratteristico vicoletto della pescheria che si snoda nei pressi di Piazza Caio Duilio, salotto cittadino. E poi nel pomeriggio i Il nostro presidente ...a giudizio in Pretura IL CLUB n. 82/83 – pag. 18 partecipanti si sono divisi tra la visita alla magnifica cittadella fortificata della cittadina, con la visita del castello e dell’antico duomo, e lo svago tra le vie del centro, ricongiungendosi in serata in un ristorante nei dintorni della città, dove insieme alla cena vi è stata anche una sorta di gara da ballo, in particolare di liscio, tra grandi e piccini del luogo, mentre i nostri eroi si sono limitati solo a guardare le danze, a causa della loro totale incompetenza in materia. Il gruppo del Club davanti la Pretura di Milazzo La mattina della domenica, flagellata sempre dalla pioggia, siamo andati a visitare la vicina chiesa di San Papino, martire cristiano e patrono di Milazzo, che ospita al suo interno un magnifico Crocifisso di Frate Umile da Petralia; e qui abbiamo partecipato alle esternazioni filosofiche e religiose di Frate Vincenzo sull’identità del cristianesimo, che hanno dato vita ad un appassionato dibattito, da approfondire magari in una prossima occasione. A questo punto una parte del gruppo ha continuato a visitare le altre chiese cittadine, mentre qualcun altro ha cominciato alla spicciolata il rientro verso casa. A tutti è rimasto un interrogativo: quali altre tesori isolani ci attendono prima delle vacanze estive? E ognuno era consapevole che ci sarebbe stato ancora tanto altro da (ri)scoprire tutti insieme … Mimma Ferrante Bollettino per i ...naviganti Tante notizie utili prima di partire: dai programmi dei viaggi estivi organizzati dal Club all’elenco aggiornato delle convenzioni al vademecum sui punti sosta in Italia, che giunge quest’anno alla decima edizione I viaggi estivi del Club Sono sette i viaggi di gruppo che il Club organizza quest’estate, riguardanti vari Paesi europei. Eccoli uno per uno. L’Austria e la Mitteleuropa Organizzatore: Francesco Bonsangue Inizio viaggio e durata: 24 giugno – 23 giorni Itinerario: Il viaggio prevede l’at• traversamento dell’Italia con qualche breve sosta lungo la penisola e• nell’Alto Adige; dopo l’arrivo in Au• stria, la visita di Tirolo e Carinzia, quindi di Salisburgo e della Valle del Sale; via Monaco e la Baviera si raggiungerà infine Praga e si visteranno i castelli boemi vicini alla capitale ceca; quindi ritorno via Graz (circa 4.800 km.). Note: Obiettivo primario è la visita dei luoghi di Mozart per il 300mo anno mozartiano, nonché visite ed escursioni in città e località d’arte per vivere pienamente l’atmosfera dei luoghi della Mitteleuropa. Non saranno disdegnate passeggiate in • bici. La maggior parte delle soste avrà luogo in campeggio. Il tour potrebbe essere bissato, a cura di un altro capogruppo, con partenza dopo ferragosto. La Provenza e i suoi profumi Organizzatore: Filippo Santonocito (partenza 7 luglio); Giovanni Anello (partenza 18 luglio) Inizio viaggio e durata: 7 luglio e 18 luglio – 22 giorni Itinerario: Ambedue i due tour prevedono in linea di massima lo stesso itinerario, con la visita delle Gorges du Verdun, di Moustiers St.Maries, Valensol, Forcalquier, Sault-de-Vauclase, Roussillon, Gordse, Fointane-de-Vaucluse, Cairanne, Orange, Nimes, Aigues Mortes, Arles, il Parco della Camargue, Avignon, Les Baux de Provence, Saint Remy de Provence, Lourmarin, Pertuis, Luberon ed Aix en Provence, con tappe lungo la penisola (circa 3.200 km. oltre alla tratta in traghetto PalermoCivitavecchia). Note: Obiettivo del tour è la visita della Provence, meta ideale per chi voglia unire a una facile vacanza sportiva, cultura, storia, tradizioni, gastronomia ecc., in giro fra campi di lavanda, borghi arroccati e resti di città romane. I pernottamenti sono previsti soprattutto in campeggio e aree attrezzate. Il secondo tour sarà strutturato in relazione alla prevista presenza di bambini. Romantica Germania Organizzatore: Sergio Campagna Inizio viaggio e durata: 14 luglio – 23 giorni. Itinerario: Dopo l’attraversamento della penisola fino al Brennero, visita dei luoghi del celebre percorso della Romantische Strasse bavarese: Fussen, Schwangau, Landsberg, Augusta, Harburg, Nordlingen, Dinkesbuhl, Feuchtswangen, Rothenburg, Weikersheim, Bad Mergentheim, Wurzburg; quindi proseguimento per Colonia, Bonn, Magonza, Francoforte, Stoccarda e rientro in Italia (5.000 km. oltre alla tratta in traghetto Palermo - Civitavecchia). Note: Obiettivi principali del viaggio sono quelli culturali, con la visita di città grandi e soprattutto piccole della Germania, con centri storici e musei. I pernottamenti avranno luogo in campeggi e aree attrezzate. La Francia mediterranea, i Pirenei e la Catalogna Organizzatore: Ninni Fiorentino Inizio viaggio e durata: 25 luglio – 38 giorni Itinerario: Dopo l’attraversamento della penisola, in Francia soste a Nizza e, in Provenza, ad Aix en Provence, Avignone, Arles, Saint Maries de la Mer, Aigues Mortes e nella Riserva della Camargue; quindi, via Montpellier e Narbonne, spostamento sui Pirenei con visita di Carcassone, Foix, St. Liziers, Tarbes e Lourdes; via Pau attraversamento del confine con la Spagna e, dopo Huesca, visita di Zaragoza e Barcelona, con sosta di qualche giorno sul mare nella vicina El Masnou; riattraversamento del confine con la Francia e sosta a Collioure, Montpelleier, Nimes e, IL CLUB n. 82/83 – pag. 19 via Aix, a Brignole; rientro in Italia e, via Napoli, a Palermo (totali 5.500 km. oltre alle due tratte in traghetto PA-NA e NA-PA). Note: E’ un viaggio di tutto riposo, con soste in città d’arte e località romantiche del Mediterraneo e dei Pirenei oltre che al Santuario Mariano di Lourdes e alle città spagnole di Zaragoza e Barcelona. I pernottamenti sono previsti tutti in campeggio. Ungheria e Croazia Organizzatore: Giovanni Pitré Inizio viaggio e durata: 27 luglio – 22 giorni Itinerario: Dopo la visita del parco Minimundus a Klagenfurt (Austria), attraversamento del confine ungherese e visita di Sopron, Nagycenk, Fertod, Gyor, Pannohalma e arrivo a Budapest; quindi proseguimento per Estergom, Visegrad, Szenterdre, Eger, lago Balaton, Herend, Zalokaros; arrivo in Croazia e visita del Parco di Plitvice, quindi Zadar, Trogir, Spalato, Monstar e Dubrovnik con rientro in Italia via Bari (circa 3.600 km. oltre alle tratte in traghetto PalermoCivitavecchia e Dubrovnik-Bari). Note: E’ un viaggio fra arte e natura, con passeggiate fra centri storici e monumentali alternati anche a momenti di pieno relax in campeggio. Una volta in Crozia è prevista anche qualche sosta sul mare. L’Italia degli artisti Organizzatore: Luigi Fiscella Inizio viaggio e durata: 27 luglio - 20 giorni Itinerario: Traghetto PalermoGenova, quindi via Perpignan e la Languedoc arrivo in Spagna e visita di Barcelona, Tarragona, Valencia, Malaga, Gibilterra, Siviglia, Cordoba, Toledo, El Escorial, Salamanca, Burgos, Barcelona e ritorno via terra (circa 8.000 km. oltre alla tratta PA-GE). Note: Si tratta di un viaggio finalizzato, oltre che alla rivisitazione di alcune tra le principali città spagnole, anche alla conoscenza di un gruppo di piccole cittadine, nell’entroterra ispanico. Un giro tra cittadine medievali, borghi e bellissimi paesaggi di una delle più interessanti aree della penisola iberica; orientato quindi alla scoperta degli aspetti monumentali, architettonici e storici dei siti di cui sopra, non tralasciando momenti di relax, di divertimento, di shopping. Le soste saranno prevalentemente in aree attrezzate o in campeggio. Tour dei Paesi Bassi Organizzatore: Marcello La Barbera Inizio viaggio e durata: 29 luglio – 22 giorni Itinerario: Dall’Italia, attraversamento della Francia e arrivo in Lussemburgo con visita della capitale del Granducato, quindi in Belgio visite di Bruxelles, Gent e Brugge, in Olanda Maastricht, Arnhem, Kamen, Giotorn, Den Helder, le isole Frisoni, Enkuizen, Hoorn, Edam, Volendam, Marken, Amsterdam, Utrecht, Gouda e la regione dei mulini di Van Kinderdijik, Delft e rientro (circa 5.000 km. oltre alle tratte Palermo – Civitavecchia A/R). Note: Il viaggio si svolge all’insegna del pleinair a contatto con la natura; sono previste passeggiate naturalistiche, anche di intere giornate, a piedi e in bici. Non mancheranno le visite ad alcuen splendide città e a rinomate località turistiche. Per quanto riguarda l'adesione dei soci ai vari programmi, tutti coloro che fossero interessati a uno dei viaggi in programma dovranno contattare al più presto direttamente l’organizzatore del viaggio prescelto, concordando con lui le modalità di partecipazione. I vari organizzatori terranno informati via via la segreteria del Club. Iniziative collaterali Collateralmente all'organizzazione dei viaggi estivi, anche quest'anno avranno luogo alcuni concorsi riservati ai soci del Club. Concorso foto e calendario Tutti i soci del Club possono partecipare a un concorso fotografico, con esposizione delle fotografie in luogo e data che saranno successivamente comunicati. Il tema delle foto è libero (paesaggi, monumenti, persone, situazioni particolari, ecc.), anche se dovrà riguardare comunque momenti o episodi legati ai viaggi. Ogni concorrente potrà partecipare al con- corso inviando alla Segreteria del Club entro il 10 ottobre 2006 un numero di fotografie compreso fra 5 e 8, ciascuna di dimensione 20 x 30. Le foto dovranno essere presentate con una targhetta adesiva sul retro con il nome del concorrente e il titolo della stessa. La valutazione sarà effettuata nell'ambito della mostra fotografica o collateralmente ad essa, secondo modalità che saranno preventivamente comunicate; gli autori delle foto vincitrici riceveranno un simpatico premio. Tra le foto presentate alla mostra, quelle più significative e nel contempo tecnicamente migliori saranno inserite, come è ormai consuetudine, nel calendario dei soci per il nuovo anno (2007). La selezione sarà curata da una commissione interna al Club e nominata dal direttivo. Concorso giornalistico Tutti i soci del Club possono partecipare a un concorso giornalistico predisponendo uno o più articoli o reportage di viaggio, composti ciascuno da un minimo di 8.000 e un massimo di 30.000 battute. Gli articoli - che devono essere inediti - devono giungere alla redazione de "IL CLUB" stampati su carta e possibilmente registrati su dischetto in formato testo o Word, insieme a delle foto a corredo, entro il 20 ottobre 2006. Tutti gli articoli pervenuti saranno pubblicati sui vari numeri successivi del giornalino e i migliori tre autori, a giudizio insindacabile della redazione de "IL CLUB", saranno successivamente premiati. Sono esclusi dal concorso i componenti della redazione del giornalino. Convenzioni Allegata al presente numero del nostro bimestrale, tutti i soci del Club troveranno anche la circolare 15/2006, contenente l’elenco aggiornato di tutte le convenzioni stipulate dal Club Plein Air BdS con campeggi, villaggi turistici, aziende agrituristiche e aree attrezzate per veicoli ricreazionali, nonché con agenzie marittime e compagnie di navigazione, concessionari di veicoli ricreazionali e altre strutture commerciali e di servizi relative al pleinair e al tempo libero. Come sempre, si sottolinea che le facilitazioni e le agevolazioni dovranno essere richieste alle varie strutture preliminarmente all'acquisto di prodotti e/o servizi, pre- IL CLUB n. 82/83 – pag. 20 sentando la tessera nominativa di socio del “Club Plein Air BdS” in corso di validità. Per quanto riguarda i campeggi e le aree attrezzate per camper, oltre agli sconti derivanti da convenzione diretta col Club Plein Air BdS, si segnala la sempre più diffusa e valida (per il turismo itinerante) tariffa forfetaria "camper stop", applicata solo per la sosta dalle ore 18 del giorno d’arrivo alle ore 10 del giorno successivo, tranne che non vi siano specifiche indicazioni diverse. Nel precisare, al riguardo, che nell’ambito dell’elenco dei campeggi convenzionati sono inserite anche le strutture che praticano la tariffa suddetta, va altresì chiarito che la tariffa “camper stop” va richiesta al momento dell'arrivo in campeggio, dato che in alcuni casi esclude l'utilizzo di alcune strutture (campi da gioco, piscina, ecc.) o prevede la sosta in un'area specificatamente a ciò destinata del campeggio. Al settore delle convenzioni è sempre data la massima attenzione e a ogni convenzione corrisponde un contratto sottoscritto fra le parti; tuttavia, come accaduto in passato, potrebbero essere riscontrate difformità tra le condizioni realmente praticate e quelle previste in circolare; in tal caso i soci sono invitati a contestare immediatamente per iscritto le predette difformità alla direzione della struttura interessata e alla segreteria del Club, per i successivi interventi. Parking & Sleeping in Italy Giunge alla decima edizione questa pubblicazione del nostro Club, frutto di un lavoro certosino di pochi (pochissimi) soci: si tratta di un vademecum riservato ai soci del Club Plein Air BdS con l’elenco di oltre 2.750 aree attrezzate, camper service e punti sosta censiti in tutt’Italia, suddivisi per regione e, quindi, per provincia. Continuamente aggiornato, sia per esperienza diretta, sia per le indicazioni che ci pervengono dalle altre associazioni, sia attraverso le indicazioni presenti negli articoli delle riviste del settore, la parte riguardante la Sicilia è stata da tempo messa a disposizione di tutti i camperisti italiani sul nostro sito Internet, nella sezione relativa a “La Sicilia in camper”. Trattandosi di una pubblicazione di 54 pagine, è disponibile a richiesta dei soci, gratuitamente. Parliamo di tecnica Dalle sospensioni alle ruote al motore: continuano gli approfondimenti tecnici sui nostri camper Soffia troppo il vento Perché io possa riposare … C’è nel mio pensiero Qualcosa che si va a fermare… Soffia un vento eccessivo…. Ho paura di pensare… C osì scrive Pessoa, il grande scrittore portoghese, nel suo “Mensagem”. Ma niente paura! Sono sopra un telaio stabile e sicuro: le sospensioni coadiuvate dalle molle ad aria, gli ammortizzatori a doppio effetto rinforzati, il baricentro basso e centrato, le barre antirollio, mi rassicurano oltremodo! Però, con questo vento..! Sospensioni e ammortizzatori Intanto è logico ricordare la separazione delle due funzioni (ben vengano in questo caso, senza ulteriore accenno politico a quelle dei magistrati): sospensione e ammortizzazione. Una molla (balestra, barra di torsione, soffietto ad aria compressa, molla cilindrica tout court o elicoidale) sospende, isola, il carico sulle ruote; alla nascita di un evento (una buca, un dosso), modificandosi lo stato iniziale, essa si deforma elasticamente e accumula energia che restitui- sce con violenza inaudita (se è stata compressa da una tonnellata, restituirà una tonnellata!). L’ammortizzatore gradua la restituzione di questa energia: l’olio accumulato senza resistenza in una camera, durante la prima fase di compressione, passa attraverso una valvolina in una seconda camera; essendo frenato, riscalda (effetto che dissipa l’energia accumulata). I meno giovani ricordano gli ammortizzatori a frizione delle motociclette, primitivi, ben visibili, che agivano in entrambe le fasi e che dovevano essere regolati da una farfalla, manualmente, ad ogni tipo di carico o di strada.. Oggi il controllo è elettronico, almeno sulle auto sportive. Più pesante è il camper, maggiore sarà la forza che deve opporsi al carico; ciò si ottiene o con lamine di balestra aggiuntive, o aumentando la pressione di gonfiaggio dei soffietti; azioni che irrigidiscono però troppo la risposta su strada: ad ogni buca una risposta secca della sospensione e magari lo sconquasso interno; se i soffietti si vogliono quale ausilio, bisognerebbe montarli a mezzo nuovo, prima di scalibrare la curvatura delle balestre originali Un telaio a longheroni, tipo Ford o Iveco; ai lati si notano le balestre con gli ammortizzatori centrali; al centro l’albero di trasmissione e il differenziale a crociera IL CLUB n. 82/83 – pag.21 (centinatura), e possibilmente con due serbatoi suppletivi che ne attenuino la rigidità di risposta. Se l’ammortizzatore si “scaricasse”, ad ogni evento perturbatore si avrebbe una risposta del mezzo “oscillante”, con beccheggio elevato nei trasferimenti di carico (accelerazione o frenatura), e con rollio evidente nei cambi di direzione; la tenuta di strada sarebbe del tutto compromessa. Devo aggiungere che alle sospensioni anteriori del tipo Mc Pherson, come quelle montate sul Ducato, l’ammortizzatore, coassiale alla molla, cumula la terza funzione di sostegno superiore del mozzo. E il famoso baricentro (nessuna attinenza con il centro di Bari!)? La concentrazione della massa dovrebbe cadere staticamente nel centro geometrico della base d’appoggio delle quattro ruote, e su un piano pari all’altezza degli assi delle ruote! Rendendo il baricentro coincidente con il centro di rotazione istantaneo, si avrebbe la massima stabilità di guida, con la medesima risposta alle curve, sia destre che sinistre. Realizzare in pieno l’assunto è però impossibile, ma ci fa capire come il carico, ancorché ordinato in tal senso da parte nostra, dipenda dal posizionamento delle infrastrutture voluto dal costruttore e di sicuro il baricentro è già all’origine, a vuoto, più in alto di quanto auspicabile. Si pensi al trasferimento di 140 kg di acqua potabile, oltre a quella dei serbatoi addizionali (con orgoglio posizionati ovunque!), nei serbatoi delle acque grigie; alla posizione del frigo e dell’armadio, pieni o vuoti, montati dallo stesso lato; alla batteria ausiliaria e alle bombole del gas! Sono dinamicamente bilanciati? E quanto incidono sul comportamento su strada? I mezzi si guidano lo stesso, ma a prezzo di mini-correzioni, inavvertite per abitudine! E bisogna acquisire sensibilità di guida per stabilire la differenza tra questi sbilanciamenti in corsa e quelli similari che dipendono dalla pressione delle gomme e che si sommano come effetti. Le ruote A proposito di gomme: 215/75 R 16 C è la sigla stampigliata su un fianco degli pneumatici. Vediamo i singoli elementi. 215 è la larghezza in mm. del battistrada; 75 è l’altezza della spalla espressa in rapporto alla larghezza: il 75% di 215 mm dà una spalla di 161 mm di altezza; R, come radiale cioè tele trasversali tubeless, senza camera d’aria, con tenuta sul cerchio; C come trasporto leggero; 16 come diametro di calettamento del cerchio in pollici, che diventa: 16 X 25,399978 mm = 40,64 cm. In un ovale due numeri indicano gli indici di carico con gomma montata singola o in coppia: 105 significa carico massimo 925 Kg; 106, carico 950 Kg; 107/975; 108/1000; 109/1030; 110/1060; 111/1090; 112/1120; 113/1150 Kg. I due numeri sono seguiti da una lettera che indica la velocità massima: N fino a 140 Km/ora; P fino a 150; Q fino a 160 e così via. Il gonfiaggio massimo misurato a freddo (cold) è espresso in PSI; basta moltiplicare il dato per 0,07 ed avere la pressione in BAR (atm): 80 PSI diventano 5,6 atm. Un numero indica infine la data di costruzione della gomma: 1003 significa settimana 10 del 2003. A ogni giro la ruota sviluppa pigreco x diametro totale = 3,1415 x (161+161+406) = circa 2,28 m: ogni variazione di pressione fa variare il diametro e quindi la circonferenza di rotolamento, con impatto diretto sul consumo di carburante e sull’usura della stessa gomma. Se è troppo gonfia, l’usura è al centro del battistrada; ai bordi, se sgonfia. Se monto una misura inferiore, ad esempio una 205/75, diminuisce il rapporto di trasmissione nelle varie marce e l’indice di carico (e peggiora la sicurezza!); migliora la ripresa, ma il consumo aumenta; il contrario se monto una misura maggiore, cosa molto auspicabile. In ogni caso le misure montabili sono annotate sul libretto e dipendono dalle meccaniche. E a proposito di gomme, voglio qui spezzare una lancia a favore del mozzo, il piccolo schiavo, letteralmente, che sostiene il cerchio con la gomma e, quindi, tutte le sollecitazioni derivanti dalla strada percorsa, il giunto di trasmissione, il freno a disco, la so- spensione, l’ammortizzatore, la barra antirollio, le leve dello sterzo, i sensori dell’ABS e altro! All’interno della ruota si cela un mondo di meccanismi di fondamentale importanza per la trazione dei veicoli: semiassi, giunti omocinetici, dischi freni, supporti e ammortizzatori, ecc. Nel Ducato il porta mozzo supporta due semplici cuscinetti a sfere ermetici: se fanno rumore per gioco eccessivo, si sostituiscono (previo ricovero!). Nell’Iveco ci sono due cuscinetti a rulli conici registrabili e ingrassabili, capaci di lunga durata. Il tutto è scomponibile nei vari elementi. Nei Mercedes si sostituisce in blocco l’insieme con ben altri e alti costi. Il motore Riuscirò ora, a mantenere la mia media velocistica? A spostarmi agevolmente? Avrò scelto male la motorizzazione? Il mio Ducato sarà all’altezza? E il tuo Ford? E il suo Mercedes?! E allora guardiamo. Grazie alla ricerca, con un grande impulso tecnologico, i vecchi, asfittici motori Perkins sono andati in pensione: oserei dire …con il minimo! Una candeletta di accensione, resistenza elettrica resa incandescente per pochi secondi, innescava l’accensione (che poi si autoalimentava) del gasolio iniettato in una precamera. Un diesel di 2000 cc dava appena 40 CV! I nostri mezzi, quelli con qualche anno di vita, in procinto di lasciarci anche se hanno raggiunto la perfezione, hanno l’iniezione diretta nelle camere di scoppio: un pistoncino iniettore (una piccola siringa), sollevato dalla pressione del gasolio a 200 atmosfere, che vince pure la forza di una grossa molla, libera dei minuscoli fori attraverso i quali la stessa nafta è spolverizzata direttamente nel cilindro. Questo ciclo avviene fino a 1500 volte al secondo e produce il consueto forte ticchettio. IL CLUB n. 82/83 – pag.22 La pressione di iniezione è data da una pompa meccanica con camme rotanti (dipendente quindi dal numero di giri del motore), che sollevano dei pistoni di circa 1 cm di diametro; il gasolio iniettato brucia a contatto dell’aria che trova già calda perché compressa dai pistoni del motore; il calore è tale che la candeletta è abolita (almeno fino a –25°). La quantità di gasolio iniettata dipende dallo stato degli iniettori e da fini regolazioni meccaniche eseguite dal “pompista”. L’iniezione diretta, ha fatto aumentare la velocità di rotazione (e la risposta), ma la potenza è aumentata perché si è sfruttato il potenziale calorico dei gas combusti, altrimenti perso, nella turbina; essa è formata da due chiocciole, entro le quali ruota un asse, su un cuscinetto d’olio a pressione, alle cui estremità sono solidali due gruppi di palette; il primo gruppo è spinto dai gas di scarico e trasferisce l’energia al secondo che comprime, ruotando a oltre 100.000 giri, l’aria nel collettore di aspirazione, e da qui ai cilindri. Questa aria, essendo compressa, riscalda, ma viene raffreddata nell’intercooler (radiatore suppletivo aria-aria o aria-acqua, da 130° a 50° circa) per aumentarne la densità; è regolata nella pressione, dalla valvola Waste Gate (senza di essa si avrebbe un effetto moltiplicatore della potenza con disintegrazione del motore). In essi si è arrivati ad una potenza di 116 CV a 5500 giri, con notevole riserva di fuori giri. L’affidabilità meccanica era ed è grande. Ma oggi esiste il motore Common Rail, sempre turbo, iniezione diretta, che ha soppiantato gli altri. Il gasolio è compresso a 3000 atmosfere da una piccola pompa (molto delicata), che sfrutta complesse onde di fluttuazione nei tubi, verso tutti gli iniettori, comandati nell’apertura da un elettromagnete, per un tempo stabilito da una centralina elettronica, che apre pure la valvola di immissione della nafta, sganciando questi parametri dal numero di giri. Nei multijet l’iniezione avviene in più tempi, in modo da far bruciare con gradualità il gasolio, eliminando del tutto la ruvidità, e mantenendo costante il rapporto stechiometrico (una parte di gasolio e circa 15 di aria). Per avere un’idea, si pensi che a fronte dei 3000 cc di cilindrata sono iniettati In alto, un motore Fiat Ducato di ultima generazione. In basso un motore Sprinter Mercedes montato su un motorhome, di difficile accesso per gli interventi meccanici 4 gocce di nafta (una a cilindro) in 5 tempi (2 di pre, 1 principale e 2 di post-accensione!)! Il common rail ha una grande potenza (è adottato da tutte le case, meno che dalla Volkswagen che adotta un complesso sistema di pompa singola sull’iniettore), controllabile dalle varie centraline; è più silenzioso; lavora ad una temperatura più bassa; sciupa il 20% in meno; per contro, soffre dell’umidità nel gasolio e delle impurità solide; se si smonta un iniettore si devono sostituire tutte le finissime tubazioni, molto delicate per le violente pulsazioni della pressione (sono chiamate flauti!). La potenza massima è tagliata a 3600 giri, per cui non si hanno fuori giri; non gode del cosiddetto “freno motore”: ciò ne differenzia il tipo di guida e il mezzo deve contare solo sui freni. Ecco perché è consigliabile scegliere (tra i Ducato) il maxi 18, con freni a disco maggiorati. Ma si raggiungono con 3 litri di cilindrata anche i 184 Cv (Mercedes a 6 cilindri), in una corsa inesauribile alla potenza, ma ancora con uno sfruttamento del motore lontano dalle massime potenzialità possibili (siamo a 60 Cv per litro). Chiaro che ad ogni supplemento di potenza va irrobustito il motore strutturalmente; e se le case hanno lavorato correttamente, saremmo i primi a rallegrarcene, in quanto ad affidabilità e durata: i Perkins duravano 1 milione di Km, gli Iveco, 400 mila, i Commom Rail… Beh, aspettiamo... Nelle trazioni anteriori il motore è disposto trasversalmente occupando tutta la disponibilità di spazio: per operare sulla batteria, incassata in fondo, è prescritto il ricovero; i più semplici controlli sono impossibili, se non in officina. Tra i vantaggi del gruppo monolitico posto spesso su apposito te- IL CLUB n. 82/83 – pag.23 laietto che ne facilita le operazioni complesse, c’è da ricordare che con il cambio decentrato, sul lato sinistro, la relativa leva di azionamento è montata a cruscotto e lascia quindi libero il passaggio verso la cellula; nasce però la dovuta accortezza verso i 4 giunti omocinetici sui 2 alberi di trasmissione, dal cambio alle ruote; i due alberi hanno lunghezze diverse e per questo si usuravano le gomme anteriori, fin quando è stato aggiunto un albero intermedio. I giunti sono sensibili al grasso di lubrificazione e all’integrità delle cuffie di protezione, alla distribuzione del carico (gli assi scanalati possono fuoriuscire dall’incavo della sfera del giunto, come già accennato nel precedente articolo) e al modo di guidare: non bisogna sottoporli a sforzo nelle partenze; partire sempre a ruote dritte e ricordarsi del grande raggio di sterzo (più di 14 metri!). Nelle trazioni posteriori il motore è longitudinale montato sempre nella parte anteriore, tranne che nei Volksvagen della Westfalia e lascia ampio spazio laterale. La manutenzione è facilitata, ma nasce quella all’albero di trasmissione: sull’Iveco vanno lubrificati spesso i due giunti cardanici (inventati da Leonardo!) meno sofisticati degli omocinetici, con negli assi di snodo, ai quattro lati della croce, rullini di scorrimento; nei Ford, più “dozzinali”, al posto dei rullini ci sono delle sfere che non possono essere lubrificate, ma spesso si deve sostituire l’intero albero; nei Mercedes, l’albero è inserito in un cilindro che ne elimina le vibrazioni. E se il mezzo ha una conformazione a motorhome, il motore è veramente inaccessibile perché estremamente incassato: ciò ne aumenta i tempi e i costi di intervento, sempre più specialistico. Sempre Pessoa sembra concludere quando dice: Minacciò pioggia. E la nera Nube passò soltanto… Tutto l’essere mio si rallegra In uguali allegrie. Come dire: “speriamo che al mio camper vada bene”! Giuseppe Eduardo Spadoni Tanto spazio ed eleganza Un mansardato di classe, ampio e spazioso, con una motorizzazione potente come quella dell’IVECO di ultima generazione: è il Mobilvetta Huari 1102, uno splendido veicolo per famiglie anche numerose U n veicolo di classe: questo, in estrema sintesi, il giudizio che possiamo dare dello Huari 1102, uno degli ultimi nati in casa Mobilvetta, un mansardato dalle dimensioni generose che consente di coniugare comodità (anche per nuclei familiari di 4/5 persone) ed eleganza, con un rapporto qualità/prezzo davvero eccellente. Certo cinquantottomila e più euro non sono pochi, ma si pone subito al centro dell’attenzione la motorizzazione: stiamo parlando di un Iveco 3000 cc. da 170 cavalli a ruote gemellate, 6 marce, con tutte le dotazioni plus già comprese nel prezzo, dalla chiusura centralizzata con telecomando al climatizzatore cabina agli alzacristalli elettrici. Una sottolineatura: la versione standard viene realizzata con lo chassis Iveco alleggerito così da poter essere guidato anche con la patente B (in tal caso, per reintrare nei 3.500 chili, con solo 4 posti omologati); altrimenti, disponendo di patente C, il veicolo viene approntato sul telaio Iveco normale, con 6 posti omologati e peso a pieno carico dichiarato di 4.250 chili. Entrando all’interno della cellula abitativa, la prima cosa che balza poi agli occhi è lo spazio interno e la luminosità: la pianta a dinette contrapposte nella parte anteriore è sicuramente una delle più amate, soprattutto in Italia: offre, infatti, un comodo living e, la notte, altri tre posti letto, oltre a quelli già pronti, in caso di necessità. E parlando proprio di posti letto, la mansarda sulla cabina è una delle più spaziose della produzione italiana (ben 142 centimetri di larghezza), con due finestre laterali, ottima coibentazione e riscaldamento integrato. Alle spalle del living, dal lato porta, ecco il grande blocco cu- IL CLUB n. 82/83 – pag. 24 cina a elle con piano cottura a 4 fuochi con cappa aspirante, cui corrisponde dalla parte opposta un primo armadio e, accanto, il grande e comodo frigo trivalente da 150 litri con il forno a gas incassato sulla parte superiore e un vano portaoggetti. Un particolare dell’interno, dove si nota l’estrema accuratezza ed eleganza dei mobili In coda, di fronte la porta di accesso, sono posizionati i due letti a castello, anch’essi davvero comodi (sono larghi 80 cm.), non- ché un secondo armadio e il vano servizi, elegante e ben attrezzato, con la doccia separata e il WC con doppio serbatoio (nautico e cassetta). Due immagini degli interni dello Huari 1102 Il bagnetto del veicolo A destra la comoda cabina doccia Ovunque c’è spazio per riporre di tutto: pensili e gavoni, infatti, non mancano, sobriamente Mobilvetta Huari 1102 Tipologia: mansardato Lunghezza: m. 7,23 bombati e ben rifiniti nella migliore tradizione della casa, che - ricordiamo – vanta una storia e un know how pluridecennali proprio nel settore mobiliero prim’ancora che nella realizzazione dei veicoli ricreazionali. Larghezza: m. 2.32 Altezza: m. 3,07 Posti omologati: n. 6 Posti letto: n. 7 (2+2+1+1+1) Serbatoio acque chiare: l. 115 Serbatoio acque grigie: l. 115 WC: combi l. 40 + kasset l. 18 Riscaldamento: Webasto 3500 Frigorifero: trivalente l. 150 Oblò n. 4 (1 70x45 e 3 40x40) Chiusura centralizzata di serie Prezzo chiavi in mano: € 58.600 La coda del mansardato Anche all’esterno ci sono ampi vani di carico: oltre al grande gavone posteriore corrispondente al letto inferiore del castello, la cui dimensione raddoppia richiudendo il letto basso, questo modello pre- IL CLUB n. 82/83 – pag. 25 senta anche un gavone passante sotto pavimento, vicino le porte di accesso alla cabina, con apertura da ambo i lati, pratico per riporre sci, ombrelloni e bagagli lunghi. Insomma, davvero un veicolo che può mettere d’accordo esigenze varie e variegate, solido e ben realizzato, di quelli che, una volta acquistati, difficilmente si vogliono cambiare anche dopo anni, perché riesce a coniugare design ed eleganza, piacere di guida e grandi spai interni, comodità nell’utilizzo delle infrastrutture di bordo e particolari di grande utilità nella vita quotidiana, secondo una filosofia che Mobilvetta ha sposato fin dagli inizi e che non ha mai fortunatamente abbandonato, portandola in dote al Gruppo SEA di cui fa parte da qualche anno. Maurizio Karra Valide alternative Sono quelle del Dream 551, un mansardato con tante idee nuove tutto da scoprire I l Dream 551 è un mansardato di grande qualità, comodissimo e adatto alla famiglia più esigente, con una motorizzazione di qualità come quella del Ducato maxi e una scocca in vetroresina che consente di avere una struttura esterna compatta che assicura maggiore sicurezza e garantisce la migliore protezione contro le infiltrazioni d’acqua. Ma è all’interno che si scoprono tante idee innovative che ne invogliano l’acquisto. La porta di accesso introduce a destra nella zona living con una mezza dinette sul lato guidatore e un divanetto sul lato passeggero, cui si contrappongono i due sedili della cabina, rivestiti con gli stessi tessuti (che possono essere a loro volta scelti fra due set di colori), dotati di braccioli e girevoli; il bel salotto che così si realizza è reso ancor più confortevole dal sollevamento mediante staffe idrauliche del letto della mansarda; ma quel che più desta l’attenzione è il tavolo allungabile che si trasforma facilmente fino a poter o- spitare comodamente 6 persone per il pranzo. Alle spalle della semidinette troviamo un comodo angolo cucina sistemato a elle, con mobile basso che si apre sotto il lavello con vari scomparti, cassetti e cestelli anche estraibili, piano di appoggio angolare e quindi cucina a 4 fuochi con forno, cui corrisponde in alto la cappa aspirante sotto i pensili. Dalla parte opposta ecco il frigo trivalente da 150 litri e accanto ad esso l’armadio; e poi, contrapposti l’uno all’altro, accanto all’armadio la cabina doccia con porta scorrevole, oltre la cucina il vano servizi in cui sono presenti solo il wc e il lavabo. Quella dello sdoppiamento del tradizionale bagnetto in due unità diverse, con il vano doccia separato dal resto dei servizi, è per le linee di produzione italiane una soluzione abbastanza nuova e che forse non piacerà ad alcuni, ma è stata spesso adottata all’estero da grandi case costruttrici come per esempio la Hymer. Una tenda consente in ogni caso di chiudere alla IL CLUB n. 82/83 – pag. 27 vista la zona posteriore, facendo sì che chi utilizza la doccia possa entrare e uscire senza essere visto. Un particolare dell’interno Nella parte finale, infine, ecco i due letti a castello dalle dimensioni davvero enormi (la larghezza è ben 110 cm.), ciascuno dei quali può ospitare comodamente due bambini o, all’occorrenza, anche un po’ stretti due adulti. Il letto basso, a sua volta, può richiudersi del tutto trasformando il gavone sottostante in un ampio garage, capace di stivare ogni tipologia di derrate e di ospitare nel contempo anche le biciclette di tutta la famiglia. Due immagini degli interni. Tecnologia ed eleganza vanno sempre di pari passo nel progetto Dream: ritornando alla cellula abitativa, ci si accorge facilmente di come tutto l’insieme appaia di grande eleganza, ma anche realizzato con cura e con materiali di primaria qualità; di come gli arredi siano comodi e ben rifiniti ma anche con tante soluzioni originali per la sistemazione della cambusa di bordo e delle altre suppellettili (come evidenziano anche le immagini del servizio); di come proprio le soluzioni adottate brillino per originalità e insieme per utilità, come se fossero state dettate dall’esperienza di chi vive il pleinair da anni e proprio dal quotidiano trova come meglio sfruttare gli spazi o come meglio sistemare oggetti fragili, ecc. C’è solo un piccolo neo: il serbatoio dell’acqua potabile è un po’ piccolo per un mezzo di tal genere. Ma c’è spazio per ovviare al problema... Maurizio Karra Dream 551 Qui in basso il grande vano garage, con apertura da entrambi i lati, che si ottiene con l’abbattimento del letto basso del castello posteriore Tipologia: mansardato Lunghezza: m. 6,91 Larghezza: m. 2.32 Altezza: m. 3,15 Posti omologati: n. 6 Posti letto: n. 5 (2+2+1) Serbatoio acque chiare: l. 105 Serbatoio acque grigie: l. 100 WC: kasset l. 17 Riscaldamento: Webasto 3500 Frigorifero: trivalente l. 150 Oblò n. 2 (1 95x65 e 1 40x40) Chiusura centralizzata di serie Prezzo chiavi in mano: € 53.990 IL CLUB n. 82/83 – pag. 28 Douce France Un itinerario dal sud al nord della Francia tra arte, storia, natura in un paese dai mille volti e dallo straordinario patrimonio culturale, in ogni tempo protagonista delle vicende storiche dell’Europa e del mondo S olenne nella maestosa eleganza della sua capitale, raccolta e silenziosa nella quiete delle piccole città, brillante e mondana nei centri turistici di fama internazionale, serena e insieme selvaggia nella molteplicità dei suoi paesaggi, la Francia sempre attrae e conquista offrendo ad ogni visitatore un aspetto diverso della sua bellezza e della sua cultura. Culla di uomini che in ogni tempo furono tra i protagonisti della storia, patria di artisti tra i più significativi e famosi, oggi custodisce e valorizza i suoi tesori d’arte ed orgogliosamente conserva la memoria del suo passato. I nomi di Carlo Magno, Guglielmo il Conquistatore, Giovanna d’Arco, Napoleone rievocano i tempi in cui la Francia fu tra gli artefici del destino di tanti popoli; l’epoca d’oro dei raffinati Borbone, le conquiste della Rivoluzione hanno inciso nel costume e nella storia dell’Europa e del mondo. Un viaggio in Francia, dunque, è un’esperienza sempre nuova, un arricchimento di conoscenze e sensazioni, attraverso percorsi che conducono dalla solarità della Provenza la cui luce Van Gogh, Gauguin, Cézanne vollero fissare sulle loro tele, alla semplicità antica dei Calvari di Bretagna, alle coste della Normandia su cui si affacciano le eleganti stazioni balneari, alle regioni del centro dove si producono i vini famosi, alle storiche città d’arte dominate dalla mole ardita delle stupende cattedrali gotiche, alle vertiginose, splendide scogliere della Bretagna. feriore del lago di Serre-Ponçon, una lingua di smeraldo che è anche una delle maggiori centrali idroelettriche d’Europa. Verso sud, attraversata la graziosa cittadina di Digne-les-Bains, si percorre un tratto della N85, la Route Napoléon, così chiamata perché percorsa dall’Imperatore quando, nel 1815, fuggito dall’isola d’Elba e sbarcato a Golfe Juan, vicino Cannes, si diresse verso Grenoble. A Castellane ha inizio, lungo la D952, l’interessantissimo giro delle Gorges du Verdon. E’ un percorso straordinario, dagli scenari maestosi e impressionanti: la strada si snoda tra alte rocce calcaree, ora boscose ora assolutamente brulle, le cui ripidissime pareti a strapiombo formano il profondo canyon in fondo al quale scorre il Verdon, tra gole, voragini, burroni, alcuni raggiungibili a piedi attraverso difficili percorsi. A tratti si incontrano piccoli campi blu di lavanda, che viene venduta a mazzetti nei chioschi ai bordi della strada insieme a miele e prodotti tipici della Provenza. Al Point Sublime una breve passeggiata su un terreno pietroso porta ad un piccolo belvedere da cui si può ammirare lo strano paesaggio da inferno dantesco, la grande distesa di rocce selvagge, e, in fondo alla profonda valle, il sottile corso del Verdon. Alcuni chilometri più avanti le alture si interrompono, i rilievi diventano più dolci e ondulati, il fiume si getta nello specchio verde del lago di Ste-Croix. Sia lungo il fiume che sulle rive del lago piccole spiagge accolgono i bagnanti locali. Il percorso prosegue fino al grazioso borgo di Moustiers-SteMarie, incastonato tra le montagne, le cui stradine affollate di turisti traboccano di negozietti che espongono una grande varietà di articoli dell’artigianato e della gastronomia provenzale. A Moustiers-Ste-Marie, imboccando la D71, il giro continua sulla riva sinistra del fiume: anche da questa parte lo spettacolo è fantastico e indimenticabile: lo splendido cirque de Vaumale, un immenso anfiteatro naturale, la falaise des Cavaliers, impressionante roccia nuda che scende verticale a formare la stretta valle, il pont de l’Artuby, l’affluente del Verdon, un ponte ardito del 1947 che appoggia i suoi piloni sulla roccia e dal quale alcuni spericolati si fanno lanciare attaccati ad una fune elastica, giù fino al letto del fiume. Questo percorso è talmente bello da essere chiamato la Corniche Sublime. Nell’Haute-Provence L’itinerario che vi vogliamo proporre ha inizio dal Piemonte: la D900, attraverso il Colle della Maddalena (Col de Larche) a 1996 metri, immette nell’HauteProvence. La strada si snoda in un bel paesaggio montano, tra boschi, paesini lindi e fioriti, torrenti tumultuosi in cui molti sportivi praticano il kayak. Dall’alto si può ammirare il verdissimo braccio in- Gorges du Verdon IL CLUB n. 82/83 – pag. 29 A Camps-sur-Artuby, la D955 conduce all’autostrada, la E80. Superate Aix-en-Provence, l’antica capitale della contea di Provenza che diede i natali a Paul Cézanne, Nîmes, detta la “Roma francese” per i suoi monumenti di epoca romana perfettamente conservati, dopo Montpellier si trova un’altra zona di eccezionale interesse naturalistico, i grandi altopiani calcarei (i Causses) dai dirupi selvaggi e grotte sotterranee: da Montpellier la N109 conduce a Lodève da cui ha inizio un bel giro, il giro del Causse du Larzac, tra campi di grano, grandi estensioni di vigne e boschi. Una deviazione dalla D25 porta al grandioso cirque de Navacelles, un grande anfiteatro calcareo in fondo al quale scorre la Vis. Si discende rapidamente a valle dall’altezza di circa i 600 metri del cirque lungo una bella strada immersa nel verde lungo le ripide pareti del canyon. Ripresa la D25, dopo Ganges si trova la stupenda grotte des Demoiselles. Vi si accede attraverso una funicolare che penetra nella montagna, nel massiccio del Thaurac. E’ un insieme di vaste caverne, ricchissime di gigantesche stalattiti e stalagmiti, dalle forme più bizzarre che formano colonne imponenti e strane figure cui la fantasia ha attribuito nomi come “il mantello regale”, ”il pesce”, “le gambe di Marilyn”, “il Calvario bretone”, “l’uomo pensieroso”. Là dove il calcare è purissimo, uno strato anche spesso della pietra appare rosso e trasparente quando è illuminato posteriormente Si procede per stretti pas- saggi, si sbuca in sale dalle volte altissime, così profonde da dare le vertigini. La sala più grande e più bella è la “Cathédrale des abîmes”, la Cattedrale degli abissi, alta 52 metri, larga 80 e lunga fino a 120 metri! Un’immensa meraviglia in cui la natura nel corso di milioni di anni si è divertita a creare, goccia dopo goccia d’acqua, una straordinaria fantasia di forme. Proprio al centro della grandiosa sala una splendida stalagmite è la sorprendente effigie di una Vergine con Bambino che si erge su un piedistallo. Fino al 1999 in questa sala veniva celebrata la Messa la notte di Natale. Da Biarritz a Chartres Il giro prosegue verso sud lungo le gorges de l’Hérault, ancora in un paesaggio desolato e selvaggio. Si riprende l’autostrada che velocemente conduce verso ovest fino a Biarritz, l’elegante città balneare attrezzata di bar, ristoranti, casino, la cui estesissima spiaggia, la “Grande Plage”, si affaccia sull’Oceano Atlantico. Da Biarritz la N10 conduce verso nord a ridosso dell’oceano attraverso il dipartimento delle Landes, la piatta distesa sabbiosa costellata di numerosi “ètangs” che sono residui di zone paludose, e ricoperta da foreste di pini marittimi e querce da sughero. Il turismo è molto sviluppato, sia nei centri balneari sull’oceano che lungo le coste degli stagni. Superata Bordeaux, al centro della zona dove si producono i famosi vini, all’altezza di Angoulê- Le grotte des Demoiselles, nell’alta Provenza IL CLUB n. 82/83 – pag. 30 me una deviazione conduce a Cognac, nel cui territorio viene distillata la celebre acquavite di vini bianchi. La strada si snoda adesso attraverso fertili pianure coltivate a girasoli, mais, tra biondi campi di grano e filari di viti. Sempre più a nord: Poitiers, Tours, Châteaudun… Immancabile la visita a Chartres, l’antica città medievale bagnata dall’Eure, la cui stupenda Cathédrale de Notre-Dame si staglia netta all’orizzonte e dall’alto di un colle sovrasta i tetti aguzzi della città. La chiesa, una meraviglia del gotico francese, dichiarata dall’UNESCO patrimonio mondiale dell’Umanità, sorge là dove un tempo si trovava un tempio pagano e ha subito nei secoli incendi, ristrutturazioni, ampiamenti, fino alla ricostruzione gotica che, in seguito all’incendio del 1194, sostituì la precedente struttura romanica. Lunga 130 metri, a pianta cruciforme, la cattedrale è una splendida sintesi di maestà e armonia di proporzioni. Imponente e ricchissima sia sulla facciata che sulle fiancate, ha stupendi portali ornati di statue, colonne, guglie, balconate, bassorilievi. Superbo il triplice portail Royal dove sono scolpite le storie di Cristo con eccezionale precisione ed eleganza. L’interno dell’edificio non è meno straordinario. Massicci pilastri lo dividono in tre navate: bellissimi i grandi rosoni delle navate laterali e le vetrate del XIII secolo dai magnifici colori su cui domina il famoso blu ( la più bella, NotreDame-de-la-Belle-Verrière, è uno dei quattro antichi pannelli salvati dall’incendio del 1194 ). In fondo alla navata principale, l’abside è ornata da una fastosa “Annunciazione” del XVIII secolo. Il recinto del coro è un’opera preziosa e finissima, un intreccio di figure, piccole guglie, pinnacoli: un ricamo di pietra! Una Madonna con Bambino particolarmente venerata è la “Vergine del Pilastro”, mentre in una cappella è conservato, in un reliquiario del 1876, il”Velo della Vergine”, un lungo tessuto di seta che, secondo la tradizione, appartenne alla Madonna e che faceva già parte del Tesoro di Costantinopoli. Nell’876 fu donato alla cattedrale da Carlo il Calvo, nipote di Carlomagno. Al centro della navata centrale è il “Labirinto”, una complessa raffigurazione in pietra nera realizzata sul pavimento con una rete intricata di percorsi: divenuta nel medioevo meta di pellegrinaggio da ogni parte d’Europa, Chartres accoglieva i pellegrini che percorrevano in ginocchio il Labirinto (294 metri), a simbolizzare la ricerca della Gerusalemme celeste e come espiazione dei peccati. Nella vasta cripta romanica è venerata una Vergine nera, Notre-Dame– de-Sous-Terre, copia dell’antica statua in legno bruciata dai rivoluzionari nel 1793. La cattedrale di Chartres La Bretagna Da Chartres, la N23 conduce a nord-ovest, verso la Bretagna, una delle più affascinanti regioni francesi. Qui si potrebbero spendere giorni e giorni, girovagando nelle zone costiere e indugiando lungo le splendide scogliere battute dai venti dell’Atlantico, fino alla penisola di Cornovaglia che si protende nell’oceano con la sua punta più estrema, la selvaggia pointe du Raz; inoltrandosi nei graziosissimi paesini medievali dell’interno dalle tipiche case in granito o a graticcio, o seguendo l’itinerario degli “eclos paroissiaux”, i complessi parrocchiali recintati al cui interno si trovano il camposanto, l’ossario, la chiesa e il Calvario fittamente decorato di statue rappresentanti episodi della Passione di Cristo (St-Thégonnec, Plougastel e Guimiliau hanno i complessi parrocchiali più ricchi e meglio conservati); o visitando i famosi menhir di Carnac, il misterioso complesso di megaliti preistorici, la frastagliata costa del nord, la Côte d’Émeraude con le lunghe spiagge sabbiose e gli scogli di granito rosa, e Cancale regno di ostriche e cozze; e ancora assistendo allo spettacolo affascinante delle maree o partecipando alle feste religiose e folcloristiche in cui le donne indossano gli abiti tradizionali dall’alta elaborata cuffia di pizzo inamidato e ritornano i canti antichi nell’originaria lingua dei Celti. Tutto questo e altro ancora è la Bretagna, angolo incantevole e in parte ancora incontaminato, dove tuttora si possono scoprire spazi in cui la natura è intatta, luoghi appartati in cui la vita scorre lentamente e le antiche tradizioni vengono conservate in maniera autentica, ma dove nello stesso tempo si trova dinamismo e apertura al moderno. Dol-de-Bretagne è una graziosa e storica cittadina a due passi dal mare, all’interno della Baia del Mont-Saint-Michel. Le sue case sono costruite alla maniera tipica di queste zone, in blocchetti regolari di pietra viva che danno all’insieme un aspetto severo, ingentilito dai colori vivaci dei fiori disposti un po’ dappertutto. Importante centro religioso per tre secoli, dal IX al XII, Dol-de-Bretagne fu fondata nel VI secolo dal vescovo Saint-Samson, cui è dedicata l’imponente cattedrale gotica del XIII secolo. Dominata nella facciata da due imponenti torrioni, la chiesa ha un interno austero e maestoso, illuminato da una bella vetrata policroma che decora l’abside. Sull’altare maggiore, una Vergine in legno policromo del XIII secolo; pure in legno policromo le antiche statue di S.Samson e del “Cristo schernito”. Nel coro testine grottesche e il seggio episcopale del XVI secolo. A pochi chilometri da Dol, il Mont-Dol è un isolotto granitico un tempo circondato dal mare. Sulla spianata alla sommità del colle alto appena 65 metri, una torre ha sulla cima la bianca statua di NotreDame-de-l’Espérance del 1857. Vi si trova anche una piccola cappella dedicata a Sant’Anna; più in basso, un antico mulino e un Calvario, un’alta croce in pietra che domina tra gli alberi la campagna sottostante. Dalla sommità del colle si ha una bella vista sul mare e sul Mont-Saint-Michel. Sull’omonimo golfo, all’imbocco del profondo estuario della IL CLUB n. 82/83 – pag. 31 Rance, è situata Saint-Malo, l’antica “Città Corsara” che diede i natali a Chateaubriand, da cui partirono per le Indie, la Cina, l’Africa , le Americhe i mercanti ed i navigatori che nei secoli XVII e XVIII le diedero ricchezza e prosperità., nonché i corsari che fin dal secolo XIII depredavano le navi nemiche. Completamente ricostruita dopo i devastanti bombardamenti del 1944, Saint-Malo è oggi una delle principali attrattive della Bretagna grazie alla sua bella spiaggia, alle sue attrezzature, ai dintorni ricchi di storia e di bellezze naturali; ha un attivissimo porto turistico, è punto di partenza dei collegamenti con l’Inghilterra e le isole della Manica. Si accede alla città storica, la “intra muros” fortificata, attraverso la Porte Saint-Vincent che si apre nell’omonima piazza. Da qui può iniziare la piacevole passeggiata sui bastioni medievali da cui si gode una splendida vista sulla spiaggia e sul mare tra una miriade di gabbiani che per nulla intimoriti si tuffano tra i turisti attirati dall’offerta di qualche buon bocconcino. Gli isolotti fortificati antistanti la città l’hanno protetta nei secoli dalle incursioni provenienti dal mare: un forte fu costruito sullo scoglio del Petit-Bé; con la bassa marea si può raggiungere a piedi lo scoglio su cui nel XVII secolo l’ingegnere militare Sébastien Vauban costruì il Fort National. Pure raggiungibile a piedi con la bassa marea è il grande scoglio del Grand-Bé, l’isolotto roccioso sulla cui cima lo scrittore François-René de Chateaubriand scelse di essere sepolto per “udire soltanto la voce del vento e del mare”. La sua tomba sormontata da una croce sorge solitaria proprio di fronte al mare in una cornice estremamente suggestiva. Sotto le mura è ormai un susseguirsi ininterrotto di locali dove gustare crêpes,.ostriche, cozze, le grandi assiettes piene di frutti di mare di ogni tipo, il far breton, gustoso dolce a base di prugne, il konign amann, con farina, burro, olio, zucchero: il menu tipico della Bretagna. La Cattedrale, dedicata a Saint-Vincent, ha una facciata semplice e severa, con un’alta guglia di granito che svetta sul caratteristico panorama della città. Anche l’interno è austero, illuminato da belle vetrate moderne dall’insolita fattura. Contiene la tomba di Jacques Cartier, il navigatore di Saint-Malo che nel 1534 scoprì il Canada. Nella navata centrale una lapide sul pavimento segna il punto in cui l’esploratore si inginocchiò dinanzi al Vescovo prima di partire per la sua spedizione. Una statua della Vergine, salvata dai bombardamenti del 1944 e ricollocata nella cattedrale, è intesa come segno della città che rinasce anch’essa dalle ceneri. Nel sobborgo di SaintServan-sur-Mer, praticamente unito alla città da una bella passeggiata lungo la spiaggia, la Cité d’Alet è una piccola penisola rocciosa che fu il primo nucleo di Saint-Malo, fondato intorno al VI secolo dal monaco gallese Mac Low, divenuto poi il vescovo della città. La bellissima passeggiata lungo il mare, la Promenade de la Corniche d’Alet, offre uno splendido panorama con scorci magnifici sulla cinta di mura di Saint-Malo, gli isolotti che la fronteggiano, indietro fino a Saint-Servan e alla Tour Solidor, i tre massicci torrioni cilindrici che si ergono su uno scoglio a ridosso del mare. Il cielo azzurrissimo, il mare scintillante sotto il sole solcato da una miriade di vele, motoscafi, imbarcazioni di ogni tipo che entrano ed escono dal porto, i gabbiani bianchi che stridono e volteggiano con ardite evoluzioni rendono il paesaggio veramente incantevole. Grazie alla sua posizione strategica la penisola fu già dall’epoca romana utilizzata per la difesa del porto e dell’entroterra. Nel XVIII secolo vi fu costruito un vasto forte., riorganizzato e potenziato durante la seconda guerra mondiale. Occupata nel 1940 la zona di Saint-Malo, i tedeschi la fortificarono massicciamente con centinaia di campane blindate lungo la costa, costruzioni corazzate sulle isole del Grand-Bé e di Cézembre e soprattutto con la ristrutturazione del vecchio forte, costruito su tre livelli, con muri di cemento armato spessi fino a 2 metri, campane blindate, gallerie sotterranee, batterie di artiglieria. Dopo circa due anni di lavori durante i quali la penisola si trasformò in un gigantesco cantiere la cosiddetta “Fortezza di Saint-Malo” era un complesso militare praticamente imprendibile. Bloccati gli accessi alla roccaforte nell’agosto del Due vedute di Saint Malo 1944, solo dopo violenti bombardamenti e durissimi attacchi di artiglieria gli americani riuscirono finalmente ad impadronirsi del forte. Ma non si arrese ancora la guarnigione dell’isola di Cézembre se non dopo intensissimi bombardamenti, una settimana dopo la conquista di Parigi. Ancora oggi l’isola è inaccessibile se non sulla spiaggia perché all’interno è completamente minata. Nei locali dove erano alloggiate le batterie antiaeree, nel cortile del’antico forte, è stato creato il “Mémorial 39-45”, dove sono conservati documenti, foto, materiale dell’epoca. La visita guidata ai sotterranei blindati mostra i locali dove alloggiavano i 200 soldati della guarnigione, le porte corazzate, i sistemi di ventilazione, la centrale telefonica, gli affusti per le mitragliatrici. IL CLUB n. 82/83 – pag. 32 Da Saint-Malo la D155 e poi la 797 costeggiano la Baie du Mont-Saint-Michel. Vale la pena fare una piccola deviazione e, all’altezza di Cancale, arrivare fino alla Pointe du Grouin, la scogliera selvaggia fronteggiata dall’íle des Landes, l’isola dalla lunga sagoma che ricorda la forma di un caimano dove nidifica la più numerosa colonia di Bretagna dei grandi cormorani. Dall’alto della roccia scoscesa su cui si infrangono le onde che schiumano sugli scogli la vista spazia sul mare, indietro fino a Cap Fréhel, e, a destra, su tutta la baia. Sfumata nella nebbia, in fondo alla rada dove la marea è ancora bassa, si staglia la sagoma inconfondibile e quasi irreale del Mont-Saint-Michel. Dal Mont-Saint-Michel la D911 segue i contorni della costa fino a Granville, graziosa e anima- Il porticciolo di Honfleur. Sotto il castello di Guglielmo il Conquistatore a Falaise ta cittadina balneare costruita su uno sperone roccioso, dove nel 1905 nacque Christian Dior (la casa della sua infanzia è oggi un museo). Molto bello il panorama dalla Hauteville che ancora in parte conserva le sue mura settecentesche. Dalla punta estrema della piccola penisola su cui sorge Granville, la Pointe du Roc, è splendida la vista sul mare e sulla costa che la fronteggia al di là della baia. Anche qui i segni terribili della guerra: l’altopiano è tutto costellato di fortini, depositi di munizioni, cannoni, ancora segnati dai colpi sparati dal mare e dal cielo. Le coste della Normandia e i ricordi dello sbarco alleato La D971 conduce su verso la penisola di Cotentin e la BasseNormandie. Qui è ancora vivo, negli edifici e nei musei, il ricordo di quel 6 Giugno 1944 che con lo sbarco alleato sulle spiagge che fronteggiano la Manica diede inizio a mesi di distruzione e morte in giorni sfibranti di lotta sanguinosa per conquistare il terreno palmo a palmo, di bombardamenti aerei devastanti che lasciarono tantissime città quasi completamente distrutte. Lungo le spiagge dello sbarco sono ancora visibili i resti delle postazioni militari e delle opere di difesa lungo la costa, ogni cittadina dell’entroterra che fu teatro di quegli avvenimenti ha il suo Memoriale e il percorso storico nei luoghi dove si svolse la decisiva Battaglia di Normandia: SainteMère-Eglise, Arromanches, Bayeux, Caen sono alcuni dei nomi che rievocano quei tragici giorni. La Bassa Normandia è anche la terra di Guglielmo il Conquistatore, duca di Normandia e re d’Inghilterra. A Bayeux, in un mu- IL CLUB n. 82/83 – pag. 33 seo adiacente la splendida cattedrale gotica, è conservata la “Tapisserie de la Reine Mathilde”, il famoso arazzo che illustra le vicende che portarono Guglielmo, duca di Normandia, ad invadere l’Inghilterra nel 1066 e ad esserne incoronato re il giorno di Natale dello stesso anno nell’abbazia di Westminster. L’arazzo, una lunga striscia di lino alta 50 centimetri e lunga 70 metri, ricamata in 58 riquadri con fili di lana di otto diversi colori, che una tradizione non confermata attribuisce alla stessa regina Matilda, moglie del re, è un lavoro minuzioso, pregevolissimo dal punto vista artistico e di grande importanza storica per la conoscenza dell’impresa di Guglielmo,.dell’abbigliamento militare e della vita quotidiana nel medioevo. A Caen, capoluogo della Bassa Normandia e del dipartimento di Calvados, Guglielmo stabilì la sua residenza dopo la conquista dell’Inghilterra, facendo erigere un vasto e poderoso Castello cinto da mura. A lui si deve anche la costruzione dell’ austera e maestosa chiesa di St-Etienne, dove venne sepolto, e dell’Abbaye aux Hommes. Poco dopo la moglie Matilda fece costruire l’Abbaye aux Dames di cui faceva parte la bella chiesa della Trinité, dove una lastra di marmo nero ricorda il punto in cui fu sepolta la regina. Le due abbazie furono erette come atto di riparazione, poiché i due sovrani, uniti da legami di sangue, non avevano ottenuto la dispensa papale prima del matrimonio. Non lontano da Caen, si trova Falaise, dove Guglielmo nacque nel 1027 e dove visse fino alla spedizione in Inghilterra. L’antico castello dei duchi di Normandia, dove egli vide la luce, massiccio e imponente sovrasta l’abitato da un selvaggio sperone roccioso, circondato da una cerchia di mura. Il cortile interno è dominato dal possente dongione rettangolare, oggi sede di un museo, e dalla tour de Talbot del XIII secolo. La vicina piazza Guglielmo il Conquistatore ha al centro una maestosa statua equestre di Guglielmo risalente al diciannovesimo secolo. Nella stessa piazza si trova l’antica chiesa della Trinité la cui primitiva costruzione romanica, risalente al X secolo, fu successivamente sostituita dalla costruzione gotica giunta fino ai nostri giorni. Splendido il portico rinascimentale del 1500. Un particolare curioso: per accedere alla cappella absidale si percorre un deambulatorio sopraelevato rispetto al coro, così costruito per consentire il passaggio lungo una piccola strada sotto la chiesa. Un piccolo gioiello della Bassa Normandia è Honfleur, l’antico borgo sull’estuario della Senna che fu un’ importante città marittima dal XVI al XIX secolo, attivissima nei commerci con l’America e le Indie prima di essere soppiantata dalla vicina Le Havre. Il pittoresco porto originario, il Vieux Bassin, penetra fin dentro l’abitato, pieno di imbarcazioni di ogni tipo. Lungo le sue banchine si allineano fitte le antiche case dalle strette facciate di pietra, i cui pianterreni affollati di turisti sono oggi locali che servono ogni specie di frutti di mare, pietanze tipiche, birra e sidro. Allineata alle case, la trecentesca chiesa di St-Ètienne è il monumento più antico della città, oggi sede del Musée de la Marine, il museo della storia marittima locale. All’ingresso del porto la sagoma scura della Lieutenance, anticamente inserita nel ponte levatoio della città e dimora del governatore di , è oggi sede della Capitaneria. Poco lontano, nella pittoresca piazza omonima, sorge la caratteristica chiesa di Ste-Catherine costruita in legno nel XVI secolo dai locali carpentieri delle navi: le due grandi volte hanno la forma di carena rovesciata, i pilastri sono alti tronchi d’albero appena squadrati ricavati dal legno delle foreste vicine. Il campanile, pure in legno, è insolitamente staccato dalla chiesa, costruito sopra la casa del sagrestano al di là della piccola piazza. Il Musée Eugène Boudin conserva molte opere del pittore che qui nacque e, precorrendo l’Impressionismo, qui fondò la scuola di Honfleur di cui fece parte anche Monet. Nelle sue tele si ritrovano i colori del mare e la luce chiara del cielo di Normandia, l’atmosfera incantata di questi luoghi che attrassero nei secoli artisti e viaggiatori. Lontano dal centro affollato la stessa atmosfera si ritrova oggi nelle stradine quiete fiancheggiate dalle basse casette a graticcio e in angoli nascosti e suggestivi sia nella luce tersa del mattino che nell’incanto silenzioso della sera, quando il vocio dei turi- sti si fa più sommesso, le luci tenui colorano l’acqua di mille sfumature e il piccolo borgo ritrova il suo fascino antico. Da Honfleur il Pont de Normandie supera l’estuario della Senna e conduce nell’HauteNormandie. Oltrepassata la deviazione per Le Havre, la moderna città all’imboccatura della Senna il cui grande e attivissimo porto è il secondo della Francia dopo Marsiglia, la D925 e poi la D940 attraversando paesini quieti e fioriti conducono a Étretat, la cittadina balneare famosa per le sue splendide falaises, da cui sono stati affascinati scrittori ed artisti come Guy de Maupassant, Monet, Offenbach. Attraverso le piccole strade stracolme di ristoranti, bar, negozi in cui si vendono prodotti tipici della regione, oggetti e articoli di abbigliamento nel caratteristico stile marinaio a righe di ogni colore e dimensione, si giunge sulle terrazze che si affacciano sulla lunga spiaggia di ciottoli. Ai due lati, abbaglianti nella luce accecante del mattino, le bianchissime pareti rocciose a strapiombo fronteggiano imponenti il mare che nell’arco del- calcare arcate grandiose come la porte d’Aval di fronte alla quale svetta dal mare la sagoma aguzza dell’Aiguille d’Étretat, alta 70 metri, e la gigantesca Manneporte, alta 90 metri. Da Étretat si può riattraversare nuovamente la Senna al pont de Tancarville e seguire un piacevole percorso lungo la D982 costeggiando in parte il corso sinuoso del fiume fino a Rouen. La strada è chiamata la Route des Abbayes, ricca com’è dei resti più o meno ben conservati di antiche abbazie. A St-Wandrille si trovano i resti della settecentesca abbazia benedettina nel parco di quella odierna dove ancora vive una comunità di frati: isolati sul terreno dove ancora rimangono i segni dei grandi basamenti, si stagliano imponenti e suggestivi contro il cielo gli alti pilastri a fascio rimasti e i pochi archi che un tempo sorreggevano il soffitto. A Jumièges, il villaggio inserito in una profonda ansa della Senna nel parc naturel de Brotonne, centro importante del monachesimo nel periodo medievale, si trovano i resti dell’abbazia e di quella che era la bella e mae- Le falesie di Étretat la giornata si alza e si abbassa seguendo i ritmi della marea in un volteggiare frenetico di gabbiani. Con una bella arrampicata si può salire in alto e costeggiare le scogliere lungo i sentieri segnati godendo ad ogni angolo di spettacoli incantevoli sulle rocce maestose che si ergono come una superba candida barriera sulla spiaggia o sul mare scintillante solcato da vele multicolori. Nei secoli l’erosione marina ha creato nel IL CLUB n. 82/83 – pag. 34 stosa chiesa di Notre-Dame. Rouen è il capoluogo della Haute-Normandie e del dipartimento della Seine-Maritime. Importante centro commerciale e industriale sulla Senna, con quartieri moderni immersi nel verde, è una delle più belle città d’arte di Francia e conserva nel suo centro storico pregevolissime chiese gotiche e stradine antiche su cui si affacciano piccole case a graticcio ed edifici legati alla sua lunga storia. Per il suo notevolissimo patrimonio artistico è detta “Ville-Musée”. Situata nel cuore della città, domina la piazza omonima la splendida Cathédrale de NotreDame, dove elementi romanici sono affiancati da elementi gotici e gotico fiammeggianti. Chiudono i lati della facciata due torri, a sinistra la tour St-Romain costruita nei tre diversi stili, romanica nella parte inferiore, quindi gotica e gotico fiammeggiante, a destra la massiccia tour de Beurre, gotico fiammeggiante, così detta in quanto si pensava che i fedeli avessero contribuito alla sua costruzione perché fosse loro permesso di mangiare burro durante la Quaresima. I portali sono splendidamente scolpiti e decorati con statue, pinnacoli, balaustre. Stupendi i due portali del transetto: il portale della Calenda che si affaccia sulla piazza omonima e il portale dei Librai, preceduto dall’omonima corte, un cortile su cui si aprivano botteghe di librai e rilegatori, ornato da arcate gotiche. Si erge sulla cattedrale e sulla città l’altissima guglia in ghisa ricostruita nel 1800. L’interno è austero e solenne con massicce colonne a fascio che sostengono grandi arcate cui si appoggiano una finta galleria e dei finestroni. Interessanti una trecentesca statua dell’Ecce Homo e la bellissima Scala della Libreria in stile gotico fiammeggiante che conduceva agli archivi. Lungo il deambulatorio sono il sarcofago di Riccardo Cuor di Leone, che per sua volontà ne contiene il cuore, e il sarcofago di Rollon, primo duca di Normandia. Su ambedue i sarcofagi sono deposte le statue distese dei duchi. Nella parte opposta, il sarcofago di Guglielmo Lunga Spada, figlio di Rollon, ucciso per tradimento nel 942, e quello di Enrico il Giovane, fratello di Riccardo Cuor di Leone. Nella cappella absidale, la cappella della Vergine, si trova la tomba-capolavoro dei due cardinali d’Amboise arcivescovi di Rouen. Costeggia la cattedrale la stretta rue St-Romain fiancheggiata da belle case a graticcio e su cui si affaccia l’antico Arcivescovado: due lapidi ricordano che nel 1431 qui fu condannata per eresia Giovanna d’Arco, bruciata viva nella piazza del Vieux-Marché e riabilitata cinque anni dopo. La strada conduce alla piccola e quieta place St-Barthélemy, circondata da antiche case a gra- ticcio e dominata dalla convessa facciata della chiesa di St-Maclou ( il monaco gallese fondatore di Saint-Malo). La chiesa, molto danneggiata durante l’ultima guerra e ancora bisognosa di restauri, è in stile gotico fiammeggiante con una splendida facciata magnificamente decorata e un’alta guglia che svetta vicino a quella della cattedrale. L’interno ha una insolita struttura rotondeggiante: affianca l’organo una bellissima scala a spirale anch’essa in stile gotico fiammeggiante. Qualche passo più in là si incontra una struttura particolare, l’Aître St-Maclou, un vasto cortile rettangolare costruito come cimitero e ossario per i morti nell’epidemia di peste nera che nel 1348 uccise i tre quarti degli abitanti del quartiere. Oggi adibito a Scuola Regionale di Belle Arti, è circondato da pilastri in legno con fregi e motivi macabri come teschi e ossa. In una vetrina situata vicino all’ingresso è conservato un lugubre reperto, lo scheletro di un gatto rinvenuto all’interno di un muro. Dalla piazza della cattedrale si diparte la rue du GrosHorloge, la vivace strada pedonale che conserva le antiche case a graticcio, dove un grande orologio rinascimentale sovrasta un arco che reca rilievi raffiguranti il Buon Pastore. La strada conduce alla place du Vieux-Marché. Nella grande piazza si trova l’Hotel de la Couronne del 1345, il più antico di Francia, e la rovine della chiesa del Saint-Saveur, distrutta come tante altre durante la Rivoluzione. Ma soprattutto questo è il luogo dove è ancora vivo il ricordo di Giovanna d’Arco, la Pulzella che liberò Orléans dagli inglesi e, accusata di eresia, fu arsa viva proprio in questa piazza nel 1431. Proclamata santa nel 1920, è patrona di Francia. Sul luogo del suo martirio sorgono un’alta croce e una statua della giovane donna. Accanto alle Modernes Halles, che ospitano un movimentato mercato, sorge la moderna chiesa di Sainte-Jeanne-d’Arc, in cemento armato, il cui tetto in ardesia richiama l’idea della fiamma. L’interno, in chiaro pino di Scandinavia, ha il tetto a forma di scafo rovesciato ed un’unica navata sostenuta da un alto pilastro. La parete sinistra è interamente costituita da bellissime vetrate rinasci- IL CLUB n. 82/83 – pag. 35 mentali raffiguranti scene tratte dalla Bibbia. Le vetrate appartenevano all’antica chiesa di St-Vincent distrutta dai bombardamenti nel 1944, prudentemente asportate e poi qui ricollocate con un effetto molto suggestivo. Una statua in fondo alla navata raffigura la Santa come una fanciulla il cui abito ancora una volta ricorda la fiamma. Su un muro esterno sono incise le parole che André Malraux espresse rendendo omaggio all’eroismo di Giovanna: “O Giovanna senza sepolcro e senza ritratto, tu che sapevi che la tomba degli eroi è il cuore dei viventi”. Così egli poneva la Pulzella come simbolo della pace e della libertà per gli uomini di tutti i tempi. Ripercorrendo la rue du Gros-Horloge, superato lo splendido Palais de Justice, l’antico Parlamento di Normandia capolavoro del gotico fiammeggiante, al di là della cattedrale si trova la place du Général de Gaulle. Nella vastissima piazza si trovano il settecentesco Hotel de Ville, il monumento equestre a Napoleone il cui bronzo proviene dai cannoni presi ad Austerlitz, la bella facciata gotico fiammeggiante della chiesa di SaintOuen, l’antica chiesa abbaziale benedettina risalente al 1300. Si accede al transetto della chiesa attraverso il portale dei Marmousets, che reca sul timpano, sormontato da un rosone, bassorilievi rappresentanti l’Assunzione della Vergine e figurine grottesche. Il semplice interno, privo com’è di statue e decorazioni, è vasto e maestoso, con alti pilastri a fascio sormontati da gallerie, e grandi vetrate che lo rendono molto luminoso. Bellissime le cancellate in ferro battuto. Il grande organo è una delle ultime opere di Aristide Cavaillé-Coll, il famoso costruttore di organi del XIX secolo che fino alla sua morte, nel 1899, costruì centinaia di monumentali strumenti per le più grandi chiese di Francia e d’Europa. La cinquecentesca torre gotico fiammeggiante sul transetto ha una lanterna ottagonale, la Tour couronnée o Couronne-de-Normandie, fiancheggiata da quattro torrette. La sua sagoma si staglia netta tra le alte guglie delle chiese di Rouen, nel panorama della città antica racchiusa dalle colline che circondano la valle della Senna. Testo di Anna Maria Carabillò Foto di Enzo Triolo I castelli della Val d’Aosta Torri, case forti e castelli costituiscono, insieme a boschi e laghi alpini, una delle più interessanti caratteristiche di una regione, la Val d’Aosta, i cui borghi sono innumerevoli perle di quieto e sereno vivere I n Val d'Aosta esistono circa 150 edifici medievali tra castelli, torri e case forti e molti di questi sono ancora ai nostri giorni ben conservati, costituendo esempi notevoli dell'architettura militare e residenziale medioevale e rinascimentale. Attualmente sono visitabili i castelli di Fénis, Issogne, Ussel (Chatillon), Sarriod de la Tour (Saint-Pierre), Sarre, il Castel Savoia di Gressoney e, in estate, anche quello di Cly (Saint-Denis). Motivi storici, politici e geografici fecero sì che tra il XIII ed il XV secolo la Valle d’Aosta fosse al centro di importanti vie commerciali che da un lato portarono ricchezza alle famiglie nobili locali, dall’altro imposero di gestire presidi per mettere in sicurezza il traffico di persone e merci. Ciò determinò la realizzazione di opere architettoniche di altissimo livello artistico, alcune con caratteristiche più marcatamente militari, altre con caratteristiche più specificatamente abitative, altre con caratteristiche miste, civili e militari. Questioni strategiche determinarono che alcune opere con caratteristiche militari fossero costruite anche nei secoli successivi, per esempio in periodo sabaudo, e tutto questo alla fine ha fatto sì che un po’ tutto il paesaggio della regione sia puntellato da castelli e forti che sbucano all’interno del verde dei magnifici boschi naturali. Il Forte di Bard è, per esempio, la più imponente fortificazione della Valleé, quasi all’ingresso della regione. In questo punto, strategico per controllare il transito attraverso la Valle d'Aosta, è attestata l'esistenza di una fortificazione sin dal 1034. Ma ciò che oggi ammiriamo è di origine sabauda, essendo stato ricostruito il forte tra il 1830 e il 1838, dopo la distruzione operata dal potente esercito di Napoleone nel 1800, al cui passaggio si oppose per 15 giorni. Il complesso, progettato dall'ingegnere militare Francesco Antonio Olivero, è composto da diversi corpi di fabbrica Il Forte di Bard indipendenti, capaci di garantire la reciproca difesa. Esempio tipico dell'architettura militare dell'epoca, disponeva di potenti artiglierie e poteva accogliere 416 uomini. La fortezza non fu mai teatro di scontri e si è quindi conservata praticamente intatta. Alcuni numeri bastano a dare l'idea delle dimensioni di questo complesso: 14.467 mq di superficie, 283 locali, 106 m di dislivello, 806 gradini, 2.036 mq di cortili interni, 9.000 mq di tetti, 1.295 mq di corridoi, 385 porte, 323 finestre e 296 feritoie. Il Forte nella sua struttura sommitale, denominata Opera Carlo Alberto, è sede di un ampio ed importante Museo delle Alpi che descrive, con modalità innovative, i diversi aspetti - naturalistici, geografici, storici, etnografici - di questa catena montuosa al centro dell'Europa. Ma basta spostarsi di qualche decina di chilometri e cambia il contesto e la tipologia costruttiva: a Chatillon, accanto a una cascata di tetti di ardesia e alle facciate pastello di pittoresche casette aggrappate lungo la collina su entrambi i versanti della Dora Baltea, oggi a ridosso dell’autostrada A.5, ecco un grande esempio di architettura medievale dovuto agli Challant, la famiglia che tra il ‘200 e il ‘400 si ritrovò a “colonizzare” buona parte della Valle d’Aosta, IL CLUB n. 82/83 – pag. 36 erigendo numerosi castelli e fortezze, quasi a marcare un territorio formato da vallate verdissime, ma anche da sinistre gole su cui i manieri si ergevano come maestose aquile nei punti di passaggio obbligato. Il castello di Chatillon si trova nella parte più alta della cittadina, quella che si arrampica lungo la collina con un piacevole effetto scenografico. Ancora oggi la costruzione è di proprietà privata (appartiene alla famiglia Passerin d’Entréves) e non è visitabile; ma la sua sagoma marchia il profilo cittadino, circondato com’è dal Giardino Storico Rinascimentale e da un Parco ricco di alberi monumentali che è invece aperto al pubblico, e al cui interno si possono ammirare fra gli altri un tiglio che raggiunge i 5 metri di circonferenza e i 35 metri di altezza, un maestoso faggio che svetta per 32 metri e un cedro dell’Atlante che raggiunge un’altezza di 30 metri. Quasi ai piedi del castello sorge la Parrocchiale di San Pietro, affiancata da un campanile romanico, che ospita un Museo di Arte Sacra e da cui si gode di una vista splendida su Châtillon e sulle cime innevate delle montagne che la circondano. Più in basso si snoda il centro cittadino, attraversato da via Chanoux, lungo la quale si possono ammirare alcune case del XVI e XVII secolo. Il castello degli Challand a Chatillon Vicino alla cittadina vi sono numerosi piccoli borghi, come quello di Septinian, un pugno di casette dai tetti in ardesia che incornicia una pregevole parrocchiale dalla facciata affrescata, immerso in uno scenario verde smeraldo in estate e imbiancato dalla neve in inverno. come una visione, in tutto simile a come ciascuno di noi immagina il castello delle fiabe. Eppure la storia di Fenìs è stata abbastanza travagliata, dal momento che il complesso ha vissuto secoli di oblio e di abbandono, dopo che nel 1716 il conte Georges-François, ultimo erede degli Challant, fu costretto a vendere il castello per pagare i debiti di famiglia; da quel momento la costruzione passò attraverso diversi proprietari, fino ad essere trasformata in una casa colonica, con i saloni destinati a fienile e ricovero per gli animali. Da questo terribile destino il castello fu salvato alla fine dell’800 da Alfredo D’Antrade che lo acquistò, restaurando le parti maggiormente danneggiate, e lo donò nel 1906 allo Stato. Il maniero è visibile già da lontano, grazie alla sua posizione che domina dall’alto un’altura, con la sua doppia cortina di pittoresche mura merlate risalente al 1240, mentre il corpo centrale del 1340 è quasi sorvegliato da una moltitudi- ne di torri e di faccette apotropaiche, dislocate sia all’esterno, lungo la cortina muraria, che all’interno dei saloni, messe lì appositamente per tenere lontano il male, in un periodo in cui i poteri e le suggestioni della magia erano “sentiti”. Il nucleo del castello si articola attorno ad un magnifico cortile interamente affrescato, sul quale si affacciano i saloni che costituivano la parte residenziale del complesso. Al piano terreno trovavano posto i locali per il corpo di guardia e la cucina, che sovrastava le cantine del piano interrato; mentre al primo piano era situata l’abitazione del signore, con il principale ambiente di rappresentanza, il salone completato dalla cappella affrescata con una Crocifissione, un’Annunciazione e con la Madonna della Misericordia, che accoglie sotto il manto diversi membri della famiglia Challant; al secondo piano vi erano gli alloggi per gli ospiti e per il personale di servizio. Tutti questi ambienti fanno oggi da cornice al Museo dell’Ammobiliamento Valdostano che ospita arredi medievali della Valle d’Aosta (visitabile con guida a gruppi di 25 persone ogni mezz’ora, dalle 9 alle 19; nel periodo invernale dalle 10 alle 12,30 e dalle 13,30 alle 17 tranne il martedì). Ma la “chicca” più significativa del castello è costituita dagli splendidi affreschi che ornano proprio il cortile, su cui sono visibili diversi saggi che mostrano un cartiglio con un motto in francese antico, ma su cui spicca al centro dello scalone d’onore un magnifico San Giorgio che uccide il drago per salvare la principessa; e qui la bellezza degli affreschi della prima metà del ‘400 tocca i massimi livelli, al punto che non è facile staccare gli occhi dalla lotta epica Panorama alpino della Valle d’Aosta Ancora a pochi chilometri di distanza, da percorrere immersi in uno scenario da sogno in cui si alterna il verde smeraldo delle vallate alle cime innevate delle montagne, sorge un altro dei castelli costruiti dalla famiglia Challant, particolarmente famoso per la sua leggiadria che non può lasciare indifferenti: si tratta del castello di Fenìs, la cui sagoma appare quasi Il magnifico castello di Fenis IL CLUB n. 82/83 – pag. 37 Affresco del castello di Issogne che si svolge tra il santo e il drago, mentre la principessa aspetta di conoscere l’esito della battaglia, quasi seicento anni dopo che il duello ha avuto inizio. Qualcosa di analogo avviene a Issogne; qui, quello che dall'esterno appare come un semplice palazzo signorile, cela al suo interno una splendida dimora cortese, miracolosamente conservata nel suo aspetto cinquecentesco. Il castello, costruito su di un sito utilizzato sin dall'epoca romana, ha origini antiche: già nel XII secolo è documentata una torre appartenente al vescovo di Aosta. Divenuta in seguito proprietà della famiglia Challant, si ingrandì a più riprese finché, per opera del canonico Giorgio di Challant, personaggio colto e raffinato, i vari corpi di fabbrica furono riuniti a formare un complesso più omogeneo. Vennero realizzati dei loggiati, affrescato il cortile ed alcune sale interne, ampliata la cinta muraria per contenere un giardino. Gli affreschi sulle lunette del porticato al piano terreno, realizzati a cavallo fra '400 e '500, raffigurano scene di vita quotidiana e rappresentano un'eccezionale testimonianza dell'epoca. Queste pitture, da sole, varrebbero una visita. Gli interni conservano soffitti e parte degli arredi originali. Tutte le pareti del maniero sono ricoperte di scritte, graffiti e disegni realizzati dagli ospiti del castello nel corso di quattro secoli. Motti, citazioni, notizie di avvenimenti, frasi amorose o scurrili, costituiscono un insieme curioso e una fonte documentaria di enorme valore storico. Tra gli altri castelli valdo- stani, merita di essere citato anche quello di Sarre, di antiche origini, che venne scelto dal re Vittorio Emanuele II come "pied à terre" per le sue battute di caccia in Valle d'Aosta. Trasformato dal figlio Umberto I, che fece realizzare il famoso salone delle corna", fu frequentato con assiduità dai principi Umberto II e dalla consorte Maria José. Rimase residenza dei Savoia fino all'esilio. L'allestimento attuale ne evidenzia sia l'utilizzo legato all'attività venatoria della corte sabauda sia la funzione residenziale. Ai piani superiori alcuni locali conservano gli arredi originali di inizio '900 ed espongono ritratti degli artisti di corte oltre a varie opere possedute dai Reali d'Italia. E’ un altro dei tanti castelli da visitare e da sognare, in una regione bellissima che offre serenità e distensione e svago in ogni periodo dell’anno. Mimma Ferrante e Maurizio Karra Informazioni utili Cosa acquistare: Nelle botteghe del centro storico di Châtillon, come un po’ in tutti i piccoli paese della Valle d’Aosta, sono in vendita oggetti di artigianato in legno, grappe aromatizzate e gli ottimi formaggi locali come la fontina. Dove sostare: A Bard, possibilità di sosta nel parcheggio a valle del Forte. A Chatillon si può parcheggiare anche per la notte nel piazzale dei Cavalieri di Vittorio Veneto, tranne il lunedì. A Fenìs sosta libera possibile presso l’ampio piazzale ai piedi del castello, così come a Issogne, nel parcheggio vicino il castello. A Sarre, infine, punta sosta nel parcheggio della stazione ferroviaria. A Châtillon si trova anche un ottimo campeggio, ad apertura annuale (è chiuso solo nel mese di novembre): “Il Dalai Lama”, nella Frazione Promiod, tel. 0166.548688. IL CLUB n. 82/83 – pag. 38 La terra calpestata Randazzo, Bronte, Adrano: tre tesori nascosti della Sicilia orientale U n viaggio d’Italia, da cima a fondo. Chiedete a cento persone da dove comincerebbero e dove porrebbero il loro ideale e personale traguardo, avrete cento risposte diverse. L’Italia è senz’altro, in Europa, la terra che ha il patrimonio culturale, storico ed ambientale più prezioso, ricco ed antico. Fortunatamente si avverte una costante matura e diffusa crescita della coscienza del nostro patrimonio, unitamente alla diffusa consapevolezza di dover conservare e tramandare questo patrimonio alle future generazioni con lo scopo di raggiungere l’obiettivo di valorizzare queste ricchezze che possano produrre significativi ritorni sociali ed economici. Questa ricchezza è distribuita su tutto il territorio e per varie vicende storiche legate alle occupazioni, alle dominazioni degli Etruschi, Greci, Romani, Goti, Bizantini, Longobardi, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini, Spagnoli, Austriaci, Francesi, Tedeschi, all’avvicendarsi di culture, molto diverse tra loro ma che hanno, ognuna di esse, lasciato un lembo di storia, di ricchezza in termini di siti, di cultura, di tradizioni, di bellezze incancellabili, di patrimonio artistico, difficilmente riscontrabili in situazioni simbiotiche, come le si possono trovare in questa nostra bella terra. Anche la Sicilia quindi, gode di questa varietà, di questa miscellanea di ricchezze riscontrabili, oltre in quelli che sono i più conosciuti elementi architettonici noti a tutto il mondo, anche nei posti più nascosti, nelle zone più recondite, meno conosciute, nei paesi, nelle vallate, negli splendidi borghi, nelle piccole città. Un esempio di questo genere lo abbiamo riscontrato a Pasqua quando abbiamo voluto, incuriositi dalla lettura di una pubblicità sulle tradizioni pasquali che si perpetrano in Sicilia in questo periodo, visitare la zona di Randazzo, Bronte, Adrano. A Randazzo, cita un orgoglioso detto locale: “Messina ha il porto, Randazzo le porte.” Fondata dai Bizantini sullo spartiacque dai fiumi Alcantara (stupefacente gola scavata dal corso d’acqua) e Simeto, la città ha un profilo urbano riconducibile, come per tutti i paesi etnei, ai periodi normanno e barocco. Molto bella la duecentesca basilica di santa Maria, in pietra lavica, che conserva un grandioso portale quattrocentesco sul fianco destro. E poi piazze e viuzze su cui si affacciano palazzi nobiliari e povere case con portali in pietra lavica. Nel 1981 l’Etna rovesciò colate di lava fino alle porte di Randazzo sommergendo due strade e la linea Circumetnea: e proprio il giro in treno attorno all’Etna è da non perdere. Potrete partire da Randazzo e tornare a Randazzo nel giro di qualche ora, attraversando colate, paesi, Catania e la riviera dei Ciclopi. bitanti danno vita ad una sceneggiata medievale, con protagonisti Lucifero e l’Angelo dell’umanità. La diavolata di Adrano Sotto il castello Il cortile del castello di Maniace Sono diciotto i chilometri che separano Randazzo da Bronte. Pochi chilometri oltre Randazzo ecco il castello di Maniace, che fu la residenza degli eredi di Nelson (vi sono custoditi cimeli storici), oggi di proprietà del Comune di Bronte. Il paese fu ceduto in feudo assieme al titolo di duca, da Ferdinando di Borbone all’Ammiraglio Nelson, come ricompensa per l’aiuto prestatogli nella repressione dei moti insurrezionali di Napoli. Ancora diciassette chilometri e c’è Adrano, fondata da Dionisio di Siracusa. Il castello di forma tetragonale risale al periodo normanno. Per i cultori del genere i reperti del locale museo archeologico spaziano dalla preistoria al medioevo. Qui la domenica di Pasqua, dopo la messa, sotto lo splendido castello normanno gli a- IL CLUB n. 82/83 – pag. 39 Tra una quantità impressionante di botti di ogni genere, una fitta nuvola di fumo, i resti impazziti di petardi che volano in ogni luogo e tra il marcato odore di zolfo e di bruciato, parte una processione con in testa la banda del paese seguita dalle “vare” della Madonna e del Cristo risorto, seguite dalla gente, che attraversa i vicoli del paese per rientrare poi nella chiesa del Salvatore. Ma in Sicilia vi sono tante altre “Randazzo, Bronte, Adrano”, dignitose cittadine che custodiscono gelosamente oltre le antiche tradizioni, sia le ricchezze naturali sia quelle acquisite nel tempo e sicuramente degne dell’attenzione di noi viaggiatori-visitatori sempre desiderosi di scoprirle. Luigi Fiscella Pedara, lontano dal caos A pochi chilometri da Catania un luogo ideale per rilassarsi e "staccare" dal caos della città. Origine greche, chiese e palazzi in pietra lavica e un territorio ricco di boschi e palmenti I catanesi sono proprio fortunati. Quando vogliono staccare la spina perché superstressati, stanchi del lavoro, del caos cittadino e dello smog e decidono di ossigenare i polmoni, rilassare la mente e ritemprare il corpo, in pochi minuti raggiungono i dolci fianchi dell'Etna e i tranquilli paesi di mezza collina. E Pedara è il luogo ideale per rompere la routine. Le origini di Pedara sono sfumate in quelle nebbie che ogni tanto avvolgono il paese nelle brutte giornate invernali, e sono cancellate dalle furie dell'Etna piuttosto che dall'incuria degli uomini. Il territorio ha subito la colonizzazione greca e poi la dominazione romana e a nord del centro abitato sono stati rinvenuti reperti del periodo imperiale. Lo stesso nome si pensa derivi o da coloni greci provenienti da "Epidaurum" nel Peloponneso, oppure dal fatto che in epoca romana nel sito esistesse un grande altare dedicato a Giove Etneo, da cui "apud aram". Oggi infatti la via principale del paese si chiama "via Ara di Giove". Il primo villaggio sorse nei dintorni del monte Difeso e nel 1388 il vescovo della diocesi diede l'autorizzazione alla costruzione della chiesa parrocchiale di Santa Maria Vergine. Il paese rimase sotto l'autorità del Senato catanese fino al 1640, quando venne venduto per 12.500 scudi al messinese Domenico Di Giovanni; divenne così il casale più ricco dell'Etna e fu elevato a baronia. cata" chiesa Madre, in piazza Don Diego, alle chiese di Sant'Antonio, San Vito, San Biagio, Santa Maria della Stella, tutte trasudanti storia e tradizioni. Splendidi i palazzi nobiliari, da quello di Don Diego a quello di corso Ara di Giove, tutti con magnifici portali in pietra lavica e antichi balconi in ferro battuto. Passeggiare nel cento storico ricco di negozi e pasticcerie è piacevole, rilassante e interessante. La Chiesa Madre di Pedara Con l'eruzione del 1669 il territorio venne sommerso da un'imponente pioggia di ceneri vulcaniche, e pochi anni dopo distrutto dal terremoto del 1693. Solo l'opera del pedarese don Diego Pappalardo, cavaliere dell'Ordine Gerosolimitano di Malta e Legato di fiducia dei Di Giovanni, spirito illuminato oltre che grande organizzatore, permise a Pedara di tornare agli antichi splendori. Nel 1819 avvenne la proclamazione del primo sindaco con relativo consiglio comunale. Negli ultimi anni il paese ha ricevuto nuovi impulsi e si è arricchito di spazi verdi e di costruzioni che comunque non hanno intaccato il centro storico. Molte le chiese che meritano una visita, dalla "fortifi- Un balcone di Palazzo Don Diego Vasto e vario il territorio pedarese che si snoda da quota 500 a quota 1400 metri, passando così da vigneti e frutteti a grandi boschi di castagni, robinie e querce. Andando in giro, sia al centro che in periferia, d'obbligo una visita negli antichi "palmenti". Alcuni di essi ancora oggi in attività. Da non perdere le botteghe di alcuni artigiani scultori della pietra lavica in periferia (zona Tardaria) e un piccolo museo della pietra lavica lavorata artigianalmente. Alfio Triolo Come arrivare: Pedara in provincia di Catania, si raggiunge facilmente da Mascalucia o da San Giovanni la Punta. In media 15 chilometri di strada in buone condizioni. Cosa mangiare: La gastronomia locale è basata principalmente sui "funghi" ottimi e ben cucinati nelle trattorie e ristoranti locali. Numerose le pizzerie e i pub, rinomate le pasticcerie con vasta scelta e squisiti gelati. In estate molti i locali all'aperto. Da gustare le mele locali, nella qualità "cola" e "gelate", e le pere "spinelle". I vini, una volta vanto della "baronia", oggi sono prodotti in piccole quantità, ma sono i migliori dell'Etna; solo che per poterli scovare non basta un buon cane da caccia, è meglio avere un buon amico. Manifestazioni: Numerose le feste locali: da quella di Sant'Antonio Abate in gennaio a quella della Madonna in settembre, dalla "Estate Pedarese" con numerose iniziative a "Meletna" e alla "Sagra del fungo" in ottobre. A Pasqua interessante è, al Sabato Santo, la tradizionale "cascata da tila", cioè la caduta di un'antichissima tela di 180 mq. che ricopre l'immagine del Cristo Risorto. A Natale in piazza Don Diego si svolge il "Natale attorno al ceppo". IL CLUB n. 82/83 – pag. 40 Il fidanzamento? Anche con la serenata Il matrimonio nella tradizione siciliana era ricco di rituali, in parte perduti: così erano i genitori a vegliare le scelte della nuova coppia S ono pochi i paesi nel mondo che possono vantare una miscela di bellezze naturali, architettoniche e culturali, così ricca e meravigliosa, come quella della Sicilia. Nell'Isola le tradizioni per la celebrazione del matrimonio, ma anche i riti per il fidanzamento sono antichi di secoli e alcuni rituali ricorrono come avveniva anche nelle civiltà pagane. Il grande scrittore siciliano Leonardo Sciascia, coniò il termine di «sicilitudine» per indicare l'unione di diversi fattori che si riferiscono sia al carattere siciliano che all'ambiente in cui si vive e quindi alle usanze. Così uno dei proverbi che si ripetono in quasi tutte le province dell'Isola è quello che riguarda l'età dei nubendi: "timmina a diciottu, masculu a vintotto". Ma quali erano i requisiti per l'uomo e la donna per arrivare all'altare? Non sempre, in passato, la scelta avveniva tra persone del tutto consapevoli del passo che avrebbe determinato il resto della loro vita. Nella maggior parte dei casi erano le famiglie a decidere. Così i genitori dall'aspirante marito vagliavano, con discrezione, le potenziali future spose, ponendo massima attenzione alla consistenza della dote. Spesso era la madre dell'uomo ad avere l'ultima parola. Ella sceglieva la donna, che riteneva potesse essere una buona nuora. Requisiti importanti erano quelli di essere dello stesso paese e di appartenere alla stessa condizione sociale. Alla madre della ragazza non si faceva una richiesta esplici- ta, poiché un eventuale rifiuto poteva rappresentare un'offesa. La madre del giovane andava allora dalla sua futura consuocera con una scusa, per esempio per il prestito di un utensile. Sulla base della risposta si capiva se il matrimonio era gradito. Se rispondeva: «ve lo do volentieri», trovava adeguata la richiesta. «Mi dispiace l'ho già prestato» era invece la risposta che intendeva un accordo con altri. «Ce l'ho ma mi serve», se era completamente contraria all'unione. Quando la risposta era buona le due madri stabilivano la dote. Al termine di questi preliminari si combinava un apparente casuale incontro tra gli aspiranti fidanzati, solitamente in chiesa o a casa di amici comuni. rente incontro casuale, vigeva l'usanza di una serenata notturna sotto la finestra dell'amata. I canti dialettali erano accompagnati dal «mariolu» o dal mandolino. Dopo la serenata, si stabiliva tra le famiglie il giorno de "l'acchianata": il ragazzo poteva salire per la prima volta a casa della fidanzata. Il fidanzato regalava alla ragazza l'anello di fidanzamento e la collana da parte della futura suocera. La cerimonia culminava con un fragoroso applauso e con la degustazione di dolci e liquori. Foto di un matrimonio del tempo passato. A destra il canto di tre ragazze nei campi Nei centri più grandi c'era invece la figura del «paraninfu», così bene rappresentato da Nino Martoglio nella commedia teatrale «U Paraninfu», interpretato da Angelo Musco in un film degli anni Trenta. Era solitamente un grande diplomatico che conosceva bene le attese delle famiglie e faceva incontrare le donne di diciotto anni con gli uomini di circa ventotto anni. Oggi forse può apparire strana la figura del sensale di matrimoni, ma negli ultimi anni il fiorire di agenzie matrimoniali sta facendo tornare in auge la consuetudine di affidarsi a qualcuno d'esperienza per trovare la persona amata. Una volta avvenuto l'appa- IL CLUB n. 82/83 – pag. 41 Antico costume siciliano, di origine albanese, usato per il matrimonio La cerimonia di nozze non si svolgeva mai nei mesi di maggio e di agosto, altrimenti il matrimonio rischiava di naufragare in pochi mesi. Al banchetto seguivano le danze, momento utile per gli altri giovani presenti di corteggiare le ragazze. Questo era il mondo... Alfio Triolo Terza pagina L'uomo e il volo, dai miti antichi all'ultima frontiera, quella aperta da Gagarin S iamo in camper nel 1989 con i miei due figli, sul passo del Pordoi; nebbia fitta e nera sempre più mentre si sale. “Torniamo indietro, ragazzi? Non vedo nulla! Solo burroni!“. Un coro univoco di no mi fa proseguire e appena il camper cambia assetto come un aereo, vediamo i raggi… ali fremevano sotto il soffio della sera, il motore con il suo canto cullava l’animo addormentato, il sole ci sfiorava con il suo colore sbiancato..” Ancora un poco e scorgeremo i mandorli fiorire Brillare i marmi al sole e fluttuare il mare. Ancora un poco solleviamoci ancora un poco. Più su. Poche liriche parole del premio nobel G. Seferis che indicano l’idea di abbandonare le banalità, le miserie e l’intolleranza degli uomini per librarsi in alto. E Richard Bach, l’autore del famoso “Il gabbiano Jonathan”, in “Biplano” continua: “Guarda! L’orizzonte! Posso vedere oltre l’orizzonte! Più su!”. In un’ansia di conoscenza coinvolgente, come quella dei nostri raduni. E un uomo libero e pacifico, il conte Antoine Jean-Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry, con un biplano, uno SPAD XIII battezzato “Intransigeant”, volò pure lui nel 1921. Negli anni dei voli eroici, nella prima guerra mondiale, come quelli dell’asso italiano Baracca con il suo “cavallino rampante”, dell’asso tedesco Von Richtofen il “Barone Rosso”, di D’Annunzio, o del primo epico trasvolatore atlantico Lindberg nel 1927, più di trenta ore alla cloche, e di Italo Balbo, primo verso l’America del sud, Antoine, con il suo monomotore stellare brillò solo per il calore che seppe infondere alle sue autentiche giovanili scorrerie nel cielo. Tra un volo e l’altro, tra un incidente e il successivo (gli è stato dedicato un orologio della IWC), scrisse nel 1931 “Volo di notte” e “Corriere del Sud”, con le sue esperienze di volo, come primo conduttore dell’Aeropostale sulla rotta Tolosa-Dakar. I Mauri lo chiamavano “il capitano degli uccelli”. Egli dice, e con il cuore: ”Le Il Lightnight, luce della notte Era poetico e distratto Antoine , causa sicura di parte delle sue disgrazie, che gli procurarono gravi menomazioni che gli preclusero la possibilità di continuare a volare. La sua passione inesauribile gli fece però ottenere un incarico di ricognizione aerea nella Seconda Guerra Mondiale. Il 31 Luglio 1944 si inabissava con il suo Lightning P38 (Luce nella notte), bimotore, bicoda, uno dei più begli aerei mai costruiti, il caccia che in guerra scortava i bombardieri americani; “232 tasti e strumenti, al posto della dozzina dei primi aerei!”, come egli stesso disse. Non si seppe nulla delle cause della sua scomparsa, ancora oggi avvolta nel mistero ed entrata nel mito. Solo il 7 settembre 1998 è stato ritrovato sul mare di Marsiglia il braccialetto con inciso il suo nome e alcuni pezzi del suo ricognitore d’acciaio. L’aeroporto di Lione ha il suo nome. Perché parlo ancora di questo autore? Egli si serviva IL CLUB n. 82/83 – pag. 42 dell’aereo come un mezzo per esaudire la sua vena poetica, con la quale ammantava la sua sete di conoscenza; ma si potrebbe perfettamente dire anche il contrario. Scrisse molti altri libri, come “Terra degli uomini”, “Pilota di guerra”, “Un senso alla vita”. Però egli è famoso perché nel 1943 presentò un libretto illustrato, tradotto in 40 lingue, stampato in 60 milioni di esemplari, una bibliografia inesauribile: “Il piccolo principe”. La dedica dice: “Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi se ne ricordano): a Leone Werth, quando era un bambino.”. Il libro è veramente piccolo, ma bastano poche citazioni per amarlo: “Ero in pieno Sahara solo con il motore del mio aereo rotto". All’alba una strana nocetta: ”Mi disegni per favore una pecora?” …e fu così che feci la conoscenza del piccolo principe… “Da dove vieni ometto? ..dove vuoi portare la mia pecora?” “Sul mio asteroide B 612!. Da me non c’è guerra. Da lassù vedo i baobab grandi come le chiese. Sono contento che le pecore li mangino da piccoli". Continua Antoine: “E mi ci volle un grande sforzo d’intelligenza per capire questo problema”. “Ma i grandi non capiranno mai che questo abbia tanta importanza". La copertina de “Il piccolo principe” In tutto il libro il piccolo principe illustra e descrive le parti- colarità del suo lungo viaggio interplanetario, con notazioni di colore semplici e veritieri. L’asteroide 2578 ne porta il nome. In omaggio alla memoria dello scrittore, il libro è inscindibile dalle illustrazioni originali; il pittore Giovanni Grasso Fravega negli anni 60 ha disegnato degli acquerelli liberamente tratti dal testo che in parte sono qui riprodotti. Il libro che leggono gli adulti, che devono leggere bimbi e ragazzi, scritto da un adulto che vede con gli occhi intelligenti e perspicaci di un bambino, pieni di innocenza, il mondo degli adulti che mai un bambino imiterebbe, ci avvicina al sogno fantastico dell’uomo Antoine, del bimbo scomparso a soli 44 anni, nel 44, in missione di guerra, guerra che aborriva, ma che tutti i bambini continuano a giocare. Altro che sagre di Harry Potter! E come dice Umberto Eco, tardivo lettore, la leggenda di Antoine, come tutte le leggende, continua ad affascinare; soltanto il 21 marzo 2006 si ha notizia del ritrovamento da parte del pronipote dello scrittore e relativa pubblicazione (“Dessins” editore Gallimard) del suo taccuino segreto, con disegni inediti; alcuni preludono alla nascita du petit prince, ma uno in particolare del 1913 potrebbe lasciare interdetti i fautori esoterici, se non fosse solo pura fantasia: un aereo che affonda nell’acqua al crepuscolo, quasi vera prefigurazione della sua fine. Un motore stellare può ammirarsi al museo Piaggio di Pontedera, montato in un piccolo e fragile monoplano, assieme con le gloriose Vespa, Gilera e Guzzi che tanto fanno sognare (io ne sono un possessore e un appassionato!); e rientrando in tema, naturalmente in volo che tanto amiamo forse perché isolani, voglio ricordare il giro aereo della Sicilia con i vibranti Piper; l’aeroporto di Boccadifalco, inaugurato nel 1931 al centro della città; i natali che proprio Palermo dette al pioniere dell’aviazione, ma anche di motociclette, Agusta (i suoi primi aerei e alcuni elicotteri furono anche costruiti all’Aeronautica Sicula nei capannoni Ducrot della Zisa, serviti dai calcolatori Olivetti); Vincenzo Florio, nostro concittadino, che dette vita alla prima Targa Florio Aeronautica nel 1919. Ci dà notizia di ciò, in par- te, F. Vadalà in “Pionieri e macchine volanti”, appena edito, a Palermo. Ma si sa, non c’è più nulla; e continua il discorso sulla preordinata spoliazione delle capacità progettuali e costruttive della gente della Sicilia. Rimangono solo quelle ideali. Come l’incredula felicità, l’emozione autentica in noi ragazzi passionali, pieni di sbigottimento frenato, nel lontano 12 aprile 1961, alla notizia del primo volo spaziale! Yurij Alexeyvich Gagarin salì su una macchina piuttosto primitiva e partì verso l’ignoto, un solo giro a 344 km attorno alla terra. Un’immagine di Gagarin Avevamo 18 anni; difficilmente oggi un ragazzo potrebbe stupefarsi ad una notizia del genere; lo farebbe forse soltanto alla presentazione di una nuova play station! Fiorivano i temi in classe con veloci componimenti che testimoniano l’entusiasmo di allora: Tre, due, uno, zero, avanti! Fischia, mugghia, barrisce potente. Non si muove: ecco si alza, balza, vola Con esso va la speranza dell’umana gente IL CLUB n. 82/83 – pag. 43 Follemente. Sale, scompare, si perde Nell’etereo cielo Sempre più in alto Vertiginosamente. Gagarin morì il 27 marzo del ’68 in collaudo su un Mig-15, ad appena 38 anni. Solo nel 1969, grazie all’evoluzione dei computer della General Electric, l’uomo tornò a “volare” nello spazio, con Armstrong sulla Luna. E a 44 anni, come Antoine, è morto il 26 marzo 2006 su un super leggero, Angelo D’Arrigo. Angelo ha stabilito record inarrivabili a bordo di un deltaplano, come i 10.000 mila metri sull’Everest o l’attraversamento del canale di Sicilia dai deserti della Tunisia in volo planato. Egli ha indotto la sua fida aquila Nike, con l’imprinting alla nascita, a seguirlo quale materna genitrice; lo stesso riuscì a fare con le gru della Siberia (ironia, soggiornò nella stessa stanza di ritiro di Gagarin!) o con i condor del Sud America, per ristabilire e insegnare loro le antiche rotte di migrazione, e imparando da questi magnifici uccelli, in una continua identificazione con essi, il modo di sfruttare le correnti ascensionali, attraverso una certosina e scientifica preparazione. Lui, siciliano, rientrato nella sua terra da Parigi, come forma questa di emigrazione di ritorno, scrittore appassionato, aveva già presentato il suo “In volo sopra il mondo”: analogie più che assonanze, curiosità, sperimentazione, poesia della vita, bruciato in un solo momento, nella sua sete di conoscenza e di libertà che anima gli abitanti di quest’isola antica. Morto, Angelo, con volo non solo pindarico, nell’ottantatreesimo anniversario della nascita dell’aviazione italiana, è stato ricordato il 28 marzo, proprio in Sicilia, all’aeroporto di Birgi. Il libro, appassionante, è corredato dalle fotografie dei suoi primati e dei suoi animali. Una voce lontana canta ”Volare”. E noi con i nostri magnifici mezzi, che siano solo mezzi, andiamo a scoprire panorami fantastici geografici e umani, o meglio ancora, come diciamo spesso, a riscoprire il bimbo che è in noi. Giuseppe Eduardo Spadoni Vita di camper Acrobazie dei viaggiatori in camper, impegnati nel difficile “mestiere” di turista, a zonzo tra natura e cultura, attraverso la disorganizzazione cronica della penisola italica V iaggiatori si nasce, si sa; fin da quando, bambini, ci si sente attraversare dal brivido dell’ignoto e si viene pervasi dal bruciante desiderio di scoprire cosa c’è oltre l’orizzonte. Già allora il nostro destino è segnato: siamo condannati ad essere viaggiatori, perennemente insoddisfatti del vissuto quotidiano, perennemente alla ricerca di ciò che c’è oltre il visibile, perennemente desiderosi di esplorare tutto quello che ci circonda e ancora oltre. Quando poi abbiamo la fortuna di incontrare lungo il nostro cammino quel meraviglioso compagno di avventura che è il camper, allora la simbiosi è totale, dal momento che proprio quest’ultimo si rivela essere il mezzo ideale per andare oltre la linea dell’orizzonte, sia che nasconda acque cristalline o montagne innevate, o ancora città d’arte o borghi sonnolenti che chiedono solo di essere scoperti. Ma in questa utopistica visione del mondo, capita spesso che l’equilibrio tra coloro che vogliono esplorare le bellezze circostanti e le infrastrutture preposte a queste bellezze si incrini, facendo sì che il viaggiatore sia costretto a ridimensionarsi nei panni più concreti, ma spesso più difficili e sicuramente frustranti, del turista, costretto a vagare tra divieti incomprensibili, difficoltà logistiche, orari di apertura surreali e una buona dose di scortesia da parte degli enti preposti alla gestione di quell’immenso patrimonio turistico che in particolare l’Italia può vantare. Come dimenticare, infatti, che proprio nella nostra nazione si concentra circa il 50% del patrimonio artistico del globo, senza considerare le notevoli bellezze ambientali che la caratterizzano? Visto da questo punto di vista potrebbe, quindi, sembrare un’esperienza paradisiaca esplorare la penisola italica, lasciarsi cullare dalle sue acque trasparenti e “annegare” dolcemente nei suoi mille tesori artistici e architettonici, godendo di quello che la nostra lunga storia e il talento dei nostri artisti ci hanno lasciato. Peccato che alla prova dei fatti le cose non vadano esattamente così, dato che il povero turista, già impegnato di suo in un “mestiere” difficile e faticoso (più o meno tutti noi ci siamo trovati a scarpinare per chilometri e chilometri sotto un sole impietoso o sotto una pioggia battente, possibilmente scalando delle pendenze degne del monte Everest per raggiungere un castello inespugnabile, e appesantiti da macchine fotografiche e videocamere in grado di permetterci di immortalare “quel” momento), si trova di fronte il più delle volte a situazioni a dir poco surreali. A questo proposito vorrei provare ad elencare qualcuno degli episodi che mi sono capitati nel corso della mia ultraventennale “carriera” di viaggiatrice, troppo spesso retrocessa alla categoria di turista, durante alcuni viaggi in Italia; e ciò, a causa della lampante e preoccupante disorganizzazione che permea i centri grandi e piccoli della nostra penisola, occupati il più delle volte a nascondere i loro tesori, piuttosto che a renderli fruibili al visitatore occasionale, che in ogni caso nel corso delle sue esplorazioni sarebbe (ed è) ben lieto di alleggerire il portafoglio nei luoghi che visita. Cominciamo dal tema scottante dei parcheggi, già di difficile soluzione per chi viaggia in auto, che si rivela un terno al lotto per i “disgraziati” che osano muoversi con mezzi lunghi dai sei ai sette metri e alti oltre tre, dato che non soltanto è complicato attraversare i piccoli centri dalle strette stradine e dai minacciosi balconcini bassi, a tiro di mansarda, ma per di più i IL CLUB n. 82/83 – pag. 44 suddetti centri spesso non sono dotati di un vero e proprio parcheggio (e quando ce l’hanno sono orgogliosi di esibire il famigerato, nonché illegale, cartello che recita: “Divieto di sosta per camper e caravan”, senza includere nel divieto altri mezzi di pari peso e dimensione, in pieno disaccordo con il Codice della strada). E già questo potrebbe costituire un legittimo ostacolo per chi si ostina a visitare il piccolo borgo abbarbicato sulla collina, che magari ha intravisto mentre sfrecciava sulla vicina autostrada; perché è indubbio che se non puoi parcheggiare il mezzo, come fai a fermarti e ad esplorare il borgo? Ma qui l’italica fantasia, insieme ad un paio di gambe funzionanti, riescono spesso ad ovviare il problema, magari parcheggiando l’indesiderato camper a chilometri dal centro e procedendo a piedi (ricordate quando si parlava di genuina fatica?). Ma gli ostacoli per il viaggiatore, già ridimensionato, dalle pastoie burocratiche, a semplice turista non sono certo finiti; eh già, perché lo attende l’incubo ricorrente degli orari di apertura, ritenuti da ogni comune che voglia farsi rispettare una sorta di privilegio da dispensare a richiesta. Capi- ta così che vi siano i monumenti che aprono alle nove e chiudono alle dodici (!), mostrando chiaramente la smodata voglia di lavorare di impiegati e assessori, senza che nemmeno l’idea di un’eventuale apertura pomeridiana sfiori i cervelli preposti, quando addirittura l’apertura di un monumento non è soggetta alla sola buona volontà del singolo presidente della Pro Loco o del singolo custode; e in questo caso è necessario elemosinare la grazia per visitare l’interno della struttura, dove magari vi sono preziosi affreschi medievali, senza spesso riuscirvi, perché sono tutti misteriosamente impegnati o comunque fuori sede. E se proprio cocciutamente siete andati avanti, ostacolo dopo ostacolo, siete riusciti a parcheggiare e a scoprire che oggi è il vostro giorno fortunato, perché il monumento che vi interessa è miracolosamente aperto, aspettate a gridare vittoria, perché c’è ancora la delicata questione delle foto e delle riprese amatoriali. Già, perché in una nazione in cui nessuno mostra di scandalizzarsi, tanto meno le Soprintendenze ai Beni Culturali, se si intonacano le costruzioni medievali in pietra viva con gesso finito a ducotone, o si ricoprono con orribili serrande in alluminio anodizzato e tende veneziane azzurre le bifore del ‘300, in una nazione in cui i reperti già classificati vengono abbandonati all’oblio in sotterranei umidi e fatiscenti, in una nazione in cui la segnaletica sembra essere collocata appositamente per deturpare i monumenti, ebbene si assiste ad un ulteriore abuso, questo contro la categoria dei turisti, specie che prima o poi rischierà l’estinzione per sfinimento e che, quindi, dovrebbe essere protetta. Già: perché, nel momento in cui varcherete la soglia di un museo o di una chiesa, una solerte, nonché scortese, impiegata vi informerà che non potete fotografare o riprendere le opere d’arte esposte, pena un possibile arresto, data la gravità che una simile infrazione comporterebbe. E se riuscite a farla franca per uno scatto, uno solo? In tali casi è del tutto inutile tentare di convincere la nostra interlocutrice, ma ogni tanto capita anche un interlocutore (per esempio il sagrestano di una chiesa), che le nostre intenzioni sono oneste, anzi quasi meritorie, perché le foto e le riprese serviranno a stimolare i nostri amici a venire a visitare la struttura in oggetto e che comunque la famigerata legge Ronchei, cui si appellano le varie Soprintendenze ai Beni Culturali come se fosse Vangelo, dispone il divieto di fotografare soltanto per i reperti che non sono stati ancora catalogati e non certo per ogni pietra, dipinto o scultura degli ultimi tremila anni regolarmente esposti al pubblico; e se lo vieta lo vieta col flash e non senza, e così via... Ma è tutto inutile, e ogni tanto capita anche di sfiorare il paradosso e di rischiare realmente di finire in gattabuia per eccesso di amore dell’arte, come mi è capitato recentemente in un paesino della Basilicata, in cui mi sono sentita apostrofare aspramente dai Carabinieri perché mi stavo permettendo di riprendere un arco medievale, che aveva avuto la malaugurata idea di trovarsi a qualche decina di metri dalla locale caserma dei militi, e sul quale comunque non vi era (e non poteva per altro esserci) alcun cartello che impedisse foto o riprese, trattandosi per altro del principale monumento del paese! E pensare che nel resto d’Europa, anche in luoghi geograficamente lontani dal centro del continente come il Portogallo e la Grecia, esistono fior di parcheggi a disposizione dei visitatori, orari di apertura continuata e tanta cortesia e rispetto per coloro che portano in giro i loro euro, arricchendo l’economia locale. E mai e poi mai qualcuno ti dice che non puoi fotografare o riprendere! E invece, a noi amanti anche della penisola italica, cosa rimane da fare? Beh sicuramente continuare nella nostra personale caccia al tesoro, alla ricerca del nostro magnifico patrimonio artistico e architettonico, sperando magari che le amministrazioni comunali decidano, prima o poi, di aprirsi davvero al turismo, cosa che probabilmente potrebbe anche aiutare a smorzare l’annoso pro- IL CLUB n. 82/83 – pag. 45 L’angolo della poesia Al piccolo Tommaso Carissimo, dolce, piccolo tesoro. ti abbiamo cullato per giorni tra le nostre braccia. Abbiamo visto insieme i fiori appena sbocciati da inizio primavera, mentre sorridevi col tuo meraviglioso visino. Volevi toccarli, raccoglierli e poi donarli ai tuoi genitori che ti aspettavano con ansia. Ma sei volato via come un palloncino variopinto. Volevamo afferrarti, tirarti verso di noi, ma la cattiveria umana è stata più forte di qualsiasi altra cosa. Una mano più grande della tua ha voluto per sempre spegnere la tua breve esistenza, ma non il tuo sorriso che da lassù risplenderà per tutti quelli che ti hanno voluto bene. Ciao piccolo amore. Ninni Fiorentino Dopo questa toccante poesia dedicata al piccolo Tommaso, il cui rapimento tenne col fiato sospeso l’Italia fino al tragico ritrovamento del corpicino, desideriamo fare un passo indietro. Ricordate la poesia che il nostro amico Ninni aveva dedicato nel precedente numero del nostro bimestrale alla shoah? Quella poesia Ninni Fiorentino l’aveva inviata anche al Presidente della Repubblica, memore delle parole che lui aveva pronunciato qualche giorno prima commemorando l’olocausto. Ebbene, il Segretario Generale del Quirinale ha indirizzato al nostro socio, dopo qualche settimana, una lettera con la quale il Presidente della Repubblica lo ringraziava vivamente per la delicata poesia, ricca di sensibilità, che aveva voluto destinargli in omaggio. blema della disoccupazione. Prima che i viaggiatori e i turisti, comunque, si estinguano per frustrazione acuta. Ai posteri l’ardua sentenza… Mimma Ferrante Viaggiare in modo responsabile L’occhio dello straniero vede solo quello che già conosce... L’ pensioni; non ci si sposta in massa gramma del viaggio, uscendo dalla occhio dello straniero insieme a decine di sconosciuti, ma logica del “tutto organizzato”. I risvolti etici del viaggio vede solo quello che già conosce, si parte in gruppi ridotti, di 10-15 recita un proverbio africano. E gran persone, conosciute in Italia nel sono assicurati da una buona traparte dei viaggi organizzati da tour corso di una riunione preparatoria. sparenza dei costi, suddivisi in tre operator pare confermarlo appieno. Per il trasferimento solitamente non voci: una quota progetto, fissa per Come movimenti di critica al turi- sono utilizzati charter ma voli di li- ogni partecipante, destinata a sosmo di massa sono nate, all’interno nea delle compagnie di bandiera stenere le attività delle Ong visitadi alcune Organizzazioni non go- del luogo di destinazione. In gene- te; una quota di partecipazione che vernative, le prime agenzie che vo- rale, il comfort è inferiore a quello comprende il volo dall’Italia, evengliono cambiare l’approccio, e con- assicurato dalle tradizionali agen- tuali voli interni, le spese per zie, ma sono comunque garantite l’accompagnatore, il costo dei mafutare il proverbio. Rendere le comunità locali sistemazioni decorose e sono ri- teriali di formazione e la giornata protagoniste dello sviluppo turistico spettati gli standard di sicurezza. preparatoria a cura della Ong; una del proprio territorio, far ricadere i Inoltre, spostarsi in piccoli gruppi cassa comune, cioè una cifra indimaggiori profitti su di loro e non permette una maggior autonomia cativa da portare in viaggio per le sulle agenzie, favorire lo scambio dei partecipanti, che possono deci- spese sostenute sul posto (cene, culturale tra viaggiatori e abitanti dere, nei limiti del possibile, il pro- pernottamenti e trasporti interni). I prezzi nel complesso dei luoghi visitati, ridurre sono leggermente inl’impatto ambientale delferiori, a parità di luole strutture ricettive: go e periodo, a quelli questi principi sono eproposti dalle agenzie spressi nella “Carta tradizionali: la differend’identità per viaggi sostenibili”, una sorta di za sta nella qualità del statuto dell’Aitr, fondata viaggio e nella diversa nel ’97 dalle agenzie che destinazione dei fondi. si occupano di “turismo La possibilità responsabile”. di scelta è elevata: esistono viaggi responEnrico Marletto, sabili organizzati in direttore di una delle più Paesi tradizionalmente grandi, la cooperativa turistici, come il Mes“Viaggi solidali”, sottolisico, così come ne esinea come la differenza stono in zone escluse tra le vacanze responsadai circuiti tradizionali, bili e quelle di agenzia come il Burkina Faso; non stia tanto nelle desi può scegliere tra stinazioni, più o meno percorsi che conducoesotiche, quanto proprio no all’altro capo del nello stile del viaggio, mondo e altri che che mira soprattutto a permettono di vedere incentivare l’incontro con sotto una luce diversa la popolazione locale e la realtà a pochi chilomeconoscenza delle conditri da casa. Il comune zioni reali del Paese. denominatore è da un Nel concreto, per lato la volontà dei parchi viaggia all’estero i tecipanti di mettersi in principi dell’Aitr si realizgioco a livello personazano sia nella scelta dei le, confrontandosi con mezzi di trasporto e delle diverse culture, abitustrutture di accoglienza, Ricordate, nell’ultima mostra fotografica, la foto di Rodini, modi di vita; dalsia nella qualità dei sario Carollo “I due monelli”? Proprio quella foto tanto l’altro una gestione dei gruppi di viaggiatori: non ammirata, entrata a far parte del calendario 2006 nella costi che non renda lo si utilizzano autobus pripagina relativa al mese di dicembre, è stata scelta dal vati ma, dove possibile, sviluppo turistico un Banco di Sicilia per lanciare una campagna di aiuti in fattore di disuguaglianmezzi pubblici; non si favore dei bambini del Ruanda orfani di genitori morti a dorme in hotel a cinque za e sfruttamento. causa dell’AIDS promossa dai colleghi della Filiale 3 di stelle ma presso famiglie, Marsala del BdS. L’invito è rivolto ovviamente a tutti Giulia Stok centri gestiti dalle comunoi. Per i vostri versamenti il c/c è 3315-55204 presso nità dei villaggi o piccole la predetta Filiale del Banco. IL CLUB n. 82/83 – pag. 46 La piattaforma di AITR per il turismo in Italia L e politiche del turismo sono oggi prioritariamente se non esclusivamente discusse fra gli enti pubblici, Stato, Regioni, Associazioni dei Comuni e delle Province, e le maggiori organizzazioni di categoria, i cui rappresentanti siedono negli enti e organismi preposti, come il Comitato Nazionale per il Turismo e il Consiglio dell’ENIT. Ma tanti altri soggetti associativi operano direttamente o indirettamente nel turismo, incidono sull’offerta turistica italiana dando spesso un forte e generoso contributo alla sua qualificazione, operano con grande impegno ed entusiasmo, ed è pertanto giusto ed opportuno che trovino una sede appropriata ove rappresentare il loro punto di vista, le idee, le proposte, le critiche, come ulteriore apporto alla definizione della politica turistica italiana. Si tratta di associazioni ambientaliste, dei consumatori e degli utenti, dei lavoratori del settore, del volontariato sociale e culturale, cooperative turistiche e sociali, parti importanti della società civile che fanno riferimento a segmenti di turismo emergenti impegnati a valorizzare aspetti ambientali, paesaggistici, naturalistici, culturali ed enogastronomici dell’immenso patrimonio italiano. Questo documento vuole essere il segno del loro contributo al dibattito sul futuro del turismo in Italia, presentato alle forze politiche che fra poche settimane si confronteranno nelle elezioni. Con l’auspicio che chi poi vincerà e sarà chiamato a governare il paese, mantenga viva la propria attenzione verso il problema del turismo, non dimenticando gli impegni assunti e non trascurando un comparto che, contrariamente a quanto molti credono, ha bisogno di specifiche politiche e di precisi e costanti interventi. Per uscire dalla attuale crisi, non sono più sufficienti al nostro turismo il patrimonio naturale e culturale che il paese ha ricevuto e l’impegno personale dei nostri operatori turistici. Le associazioni e organizzazioni firmatarie di questo documento: • che l’Italia debba puntare il più possibile a valorizzare gli aspetti di identità e di autentici- • • • • tà della propria offerta turistica, mettendo al centro delle sue politiche la componente umana, la persona e le comunità locali, anche sulla base dei principi del turismo responsabile e del Codice Mondiale di Etica del Turismo; che non basti offrire il vasto patrimonio artistico, storico e monumentale, ma che sia necessario valorizzare la formidabile componente della natura italiana e della cultura materiale, costituita dai prodotti agroalimentari di qualità, la cucina, l’artigianato artistico, la vita culturale, il folclore e le tradizioni, lo stile di vita degli italiani; che sia necessario investire sugli aspetti immateriali del turismo, elevare gli standard dell’accoglienza. dell’ospitalità e dell’informazione, accrescere la sicurezza, formare opportunamente e adeguatamente gli operatori e tutti coloro che entrano in contatto con i nostri ospiti, arricchire il rapporto fra turisti e residenti; che si debba aprire ai visitatori progressivamente l’intero patrimonio monumentale, anche attraverso accordi con le proprietà e i necessari recuperi, offrire alla visita tutto ciò che può risultare di interesse e che appartiene alla storia e alla cultura italiana, comprese le testimonianze dell’industria di qualità; che gli investimenti vadano compiuti in un quadro di so- IL CLUB n. 82/83 – pag. 47 stenibilità ambientale, sociale ed economica, di attenzione alla bellezza e al paesaggio, e che con analogo spirito si debba procedere al risanamento e al recupero delle situazioni degradate, ricercando, inoltre, una modalità di trasporto “dolce” per il territorio italiano, valorizzando quindi i mezzi di trasporto sostenibili quali treno, bicicletta, cavallo, piedi e vie d’acqua. L’Italia non deve darsi l’obiettivo, velleitario e illusorio, di tornare ad essere la prima destinazione al mondo per arrivi e presenze; deve darsi un altro obiettivo, quello di essere il paese dove si sta meglio al mondo, dove stanno meglio sia i residenti che gli ospiti, e deve trasmettere a tutto il mondo questa percezione e questa realtà; i risultati arriveranno di conseguenza. Anche questo è un obiettivo ambizioso, forse anche di più, e richiede non solo investimenti finanziari ma anche un grande e pesante impegno di tutti, degli enti pubblici e degli operatori privati e delle loro organizzazioni. Linee guida, metodologie e strumenti esistono già e bisogna adottarli cercando le opportune alleanze e i contributi degli enti di formazione, i centri di assistenza alle imprese, gli istituti di ricerca, il mondo universitario oltre che, naturalmente, valorizzare l’entusiasmo delle associazioni e delle organizzazioni di AITR, firmatarie il presente documento, che si dichiarano pienamente disponibili alla collaborazione. Internet che passione Il web consente a chi ama la musica non solo di avere notizie sui musicisti vecchi e nuovi e di conoscere in tempo reale le novità discografiche, i nuovi autori e le nuove produzioni, ma perfino di risparmiare sull’acquisto di brani musicali e di interi CD, legalmente F in da quando ero bambina la musica ha sempre fatto parte della mia vita; ricordo che, anche quando studiavo, rimanevo incantata ad ascoltare il suono a tratti saltellante e gracchiante dei vecchi dischi in vinile, facendomi sommergere dalla melodia, e la mia fantasia volava lontano, verso orizzonti sconosciuti che si dispiegavano davanti a me sulle onde della musica. Gli anni sono passati e le mode anche; e adesso che i supporti musicali si trasformano ad una velocità impressionante, passando dai CD alle memorie che contengono file MP3, rimango fermamente convinta che la musica abbia un alto potere terapeutico, dato che è in grado, almeno per quanto mi riguarda, di farmi rilassare se sono nervosa, di galvanizzarmi se sono depressa, di farmi compagnia quando mi sento sola. Capita così che io mi ritrovi ad ascoltare musica tutte le volte che posso, cercando di ampliare il più possibile le mie conoscenze in merito, e godendo di ogni momento che passo in compagnia dei miei beniamini, degli artisti vecchi e nuovi che con le loro armonie mi regalano tanto benessere. E da quando navigo su Internet le occasioni per saperne di più anche in ambito musicale sono sempre maggiori, sia per quanto riguarda la conoscenza di nuovi (per me) gruppi musicali, che di notizie riguardo ai vecchi, senza trascurare anche la possibilità di risparmiare nell’acquisto degli album, il che di certo non guasta… Infatti con le nuove tecnologie disponibili sul mercato, come la linea ADSL Flat, è possibile collegarsi in rete con la banda larga, che permette un notevole passaggio di informazioni in breve tempo, pagando un abbonamento dal costo forfetario che consente di rimanere connessi 24 ore su 24; ciò permette anche di scaricare legalmente la propria musica preferita da diversi siti, arrivando ad accumulare un risparmio che supera il 50% sul prezzo dei CD acquistati tradizionalmente in negozio. Uno di questi siti, ma ve ne sono molti altri, è quello di Libero (http://imusic.libero.it) che, oltre a informare sulle nuove uscite e a dare una panoramica aggiornata sul mercato discografico italiano, permette anche di scaricare in modo legale sul proprio computer i brani, al costo di 99 centesimi ciascuno, e gli album, al costo di 9,99 IL CLUB n. 82/83 – pag. 48 euro ciascuno, dei vari artisti; e, come se tutto questo non bastasse, in periodo di promozioni consente di scaricare due album al prezzo di uno, con un risparmio fantasmagorico! Quindi musica sempre più facile da ottenere e sempre meno costosa, il che equivale alla possibilità di implementare molto più facilmente di un tempo il proprio “catalogo musicale”. E se a questo punto vi venisse la legittima curiosità di saperne un po’ di più sui vostri musicisti preferiti, vi segnalo l’indirizzo di un sito in cui mi sono imbattuta (www.ondarock.it), dove potrete trovare pregevoli recensioni sui vostri artisti preferiti, molto complete dal punto di vista professionale, ma punteggiate anche da notizie sulla loro vita privata e sui loro spesso non facili esordi, oltre alle date dei concerti in programmazione, ad una sezione-archivio che vi consentirà di spaziare dal rock al pop, dalla musica new-age al jazz e così via. Non mancano le classifiche degli album preferiti dai curatori del sito, così come un forum dove scambiare le proprie impressioni, oltre ad una sezione in cui inserire la propria e-mail per essere informati delle novità musicali e degli aggiornamenti del sito. Enya e Mike Oldfield, due dei musicisti più amati anche dal popolo del web Non vi nascondo che mi sono ritrovata a navigare su ondarock con l’entusiasmo di una adolescente, saltando dalla scheda di un artista ad un’altra, e scoprendo notizie interessanti sui miei beniamini, come Mike Oldfield, definito “musicista eclettico e virtuoso, che ha rivoluzionato la storia del rock con la sua opera monumentale "Tabular Bells", ideale ponte tra il pop e la new age”, ottenuta inizialmente armeggiando con un registratore prestatogli e coprendo la testina di cancellazione, il che gli consentì di effettuare delle sovraincisioni che gli avrebbero permesso di fissare meglio le idee per la sua opera prima; o come Enya, “le cui composizioni sono sospese tra i miti dei celti e la musica sacra, tra medioevo e new age; il suo sound, etereo e visionario, trasporta dritto nell'Eden del pop, in un sogno senza fine”. Ma nel corso delle mie navigazioni non sono mancate nemmeno nuove scoperte, che mi hanno portato ad approfondire il genere musicale di “nuovi” artisti, come i nostri conterranei Agricantus, (dal latino “canto del grano”), un gruppo siciliano unito nella ricerca sulla musica etnica mediterranea e orientale con una tecnologia elettronica raffinata e atmosfere "ambient", che sono la più importante formazione italiana di world music. Un’altra scoperta è stata quella degli islandesi Sigur Ròs, “la cui musica è come il suono di Dio che piange lacrime d'oro in Paradiso", secondo il commento di Melody Maker, che dà vita a “sonorità limpide e suggestive come le terre d'Islanda da cui provengono, tra rocce di lava dura circondate da zone ricoperte di muschio, che è invece così soffice, e sotto grandi cieli aperti, davanti a panorami amplissimi. E' per questo che la loro musica risulta così ampia, ed è perfettamente naturale passare da sonorità morbide e calde ad altre aggressive e fredde". La copertina del CD Takk (Sigur Ròs) Così, ascoltando il loro ultimo CD, permeato da una alternanza di aperture melodiche e crescendo esplosivi, non ho potuto fare a meno di ricordare che il suo titolo, “Takk”, vuol dire grazie in islandese; e allora takk, merci, danke, thank you, obrigado, grazie per quel miracolo meraviglioso che è la musica. Non siete d’accordo? Mimma Ferrante IL CLUB n. 82/83 – pag. 49 Viaggiare sicuri Quasi due milioni di utenti nel 2005 e oltre 15 milioni di pagine visualizzate: questi i numeri registrati dal sito web www.viaggiaresicuri.mae.aci.it nel corso del 2005 (il servizio è accessibile anche telefonicamente al numero 06491115 attivo 24 ore su 24). Secondo le stime della Farnesina, sarebbero già 10 milioni gli italiani che si sono avvalsi di tale servizio dal 2000, anno in cui è nato il sito, con un numero di contatti che è aumentato a ritmo crescente: basti pensare che solo nel 2005 si è registrato un incremento di oltre il 70% rispetto al 2004 e in questo primo quadrimestre il ritmo continua a crescere. Per far fronte alle sempre più numerose richieste il sito ha cambiato recentemente veste con un aggiornamento grafico per rendere più visibili e complete le informazioni sui Paesi Esteri e una maggiore facilità di accesso per gli utenti. Ma cosa contiene di così importante il sito? Il Ministero degli Esteri, tramite l'unità di crisi, raccoglie da varie fonti tutte le informazioni utili al viaggiatore e, con la collaborazione dell'ACI, le elabora e le pubblica sul sito, aggiornandole continuamente. La validità del sito 'viaggiaresicuri' si evidenzia proprio a seguito dei grandi disastri e all'aumento, purtroppo, del terrorismo internazionale. A questo proposito il capo dell'Unità di crisi della Farnesina, Elisa Belloni, ha sottolineato l'importanza di un altro sito web, www.dovesiamonelmondo.it. La Farnesina è in grado di avere una stima degli italiani all'estero ma mancava la possibilità di catturare il viaggio individuale. Con il sito dovesiamonelmondo.it ci siamo riusciti, grazie ai viaggiatori stessi. Grafica e computer: inventare stravolgendo la realtà Ma solo per divertimento e solo sulla carta fotografica. S u questo numero della nostra rivista avrete sicuramente visto delle foto particolari dove, bontà loro, figurano i personaggi dei romanzi di Camilleri, lui compreso, venuti a gratificarci con la loro presenza al raduno di Ragusa. Una bella foto di gruppo ci ritrae al confine estremo della piazza di Vigata e, ancora, una foto quasi rubata ritrae parte del gruppo durante il mostruosamente lauto pranzo domenicale. Nelle due foto trovano posto tra i nostri soci le arcinote facce di Salvo Montalbano, Mimì Augello e del maestro Camilleri. E’ stato per tutti noi un grande onore, che rimarrà nel tempo immortalato nelle foto. Nella realtà purtroppo, all’ultimo momento tutti i suddetti ci hanno fatto sapere che, a causa di improvvisi impegni, non si sarebbero uniti al nostro gruppo: potevamo però fare a meno di completare uno splendido raduno senza un ricordo dei protagonisti principali? Certo che no, così com’è vero che sto scherzando! E così, grazie alla computer graphics, siamo riusciti nell’intento di “immortalare” particolari momenti del raduno. Modificare un’immagine è un lavoro complesso, ma sicuramente non tanto quanto è lungo. Occorre armarsi di grande pazienza per la ricerca delle immagini giuste, sia per la luce, sia per l’inquadratura nonché per l’atteggiamento del soggetto, al fine di ottenere un risultato finale il più possibile aderente alla realtà. In questo caso internet si rivela uno strumento ormai indispensabile ed insostituibile. Ogni motore di ricerca include infatti tra le proprie opzioni il reperimento di immagini di ogni tipo e provenienza: basta cercare, come dico sempre, cercare infaticabilmente e prima o poi ciò che serve si riuscirà a scovare. Abbiamo reperito il materiale da lavorare e quindi, al lavoro! Per modificare le immagini è necessario un programma apposito e, come in tanti altri ambiti, anche tra gli esperti di computer art forte è la disputa su quale sia il miglior applicativo in commercio. C’è chi esalta le qualità del Photoshop di Adobe e c’è chi, come il sottoscritto, “parteggia” per il concorrente Paint Shop Pro di Corel, anche se ormai molti utilizzano Gimp, l’open source che, in quanto tale, è facilmente e gratuitamente reperibile in rete. In realtà non sono proprio sicuro che uno sia meglio dell’altro ma, come sa chi lavora abitualmente con il pc, la tendenza è quella di “affezionarsi” al primo software utilizzato, quello che comunque poi alla fine si conosce meglio e al meglio si utilizza. Forse Photoshop è più destinato ai professionisti della fotografia digitale, forse Paint Shop è più specializzato per quelli del web: ciò che è certo è che si tratta di applicazioni molto simili e più che valide che forse nessun utilizzatore, neppure il più smaliziato, utilizzerà al 100% delle potenziali possibilità. Per la lavorazione delle immagini descritte in questo articolo (e per tutta la grafica, non poca, che in qualche modo è relativa al nostro Club) è stato utilizzato Paint Shop Pro. La tecnica fondamentale che viene utilizzata per questo tipo di elaborazioni grafiche è quella dello “scontornamento”, indispensabile per ritagliare i frammenti di immagine da inserire nel soggetto finale. Tanto più preciso è l’utilizzo di questa tecnica, tanto più reale sarà l’effetto finale. Più o meno come quando da bambini ritagliavamo la carta colorata per fare i collage, ritagliando (“scontornando” appunto) un’immagine digitale otteniamo tutti gli elementi da comporre e montare insieme. Il secondo passaggio, di cui vi risparmio la descrizione, consiste nell’adattamento di questi elementi sul soggetto finale lavorando in trasparenza, come se utilizzassimo in controluce veline sovrapposte: occorre riposizionare e ritagliare ancora più precisamente, smussando ogni angolo vivo residuo dello scontornamento, occorre riadattare ed omogeneizzare le luci, le ombre e i colori, occorre riposizionare l’immagine secondo l’illuminazione e le angolazioni presenti nel soggetto “target”. Ed ecco che subentrano termini noti agli appassionati di fotografia quali dominante, bilanciamento del colore, contrasto, saturazione e altri più noti ai pittori come aerografo, tavolozza e pennello. E’ certamente un lavoro che richiede predisposizione e molta passione ma soprattutto tanta, tanta, tanta, tantissima pazienza, quasi sempre ripagata dai risultati. Giangiacomo Sideli --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Riferimenti in rete http://www.it.corel.com/ http://gimp.linux.it/www/ http://www.adobe.com/it/ http://grafica.html.it/ http://www.windoweb.it/corso_di_grafica/grafica_introduzione.htm http://www.alphacentauri.it/testi/psp/psp.htm http://pro.corbis.com/ (in inglese) http://www.pspug.org/ (in inglese) IL CLUB n. 82/83 – pag. 50 La foto originale prima... e dopo avere aggiunto Maurizio Karra, che ha scattato la foto, Montalbano, Augello e Camilleri, nonché tolti dalla scena alcuni “estranei” prima presenti a sinistra ...e le foto da cui sono stati estratti gli inserti, reperite su internet IL CLUB n. 82/83 – pag. 51 Riflessioni Cucina da camper Cucina Non è importante la meta ma il viaggio S iamo alle porte dell’estate. Si comincia a riflettere sui progetti per le vacanze vere e proprie. E’ questo il periodo dell’anno in cui la dimensione del viaggio, insieme con la voglia di evasione ed il desiderio di riposo, si fanno più intensi. La cara vecchia Europa (ma sempre il continente più bello del mondo), un po’ per la natura stessa dei nostri viaggi e per il mezzo utilizzato, rimane sempre ai primi posti nelle preferenze delle mete di viaggio. Si aspetta tutto un anno questo periodo. Un momento importante per il benessere fisico e psichico. Per chi ama viaggiare, conoscere, interessarsi anche alle piccole cose, alla piccole scoperte che si possono fare durante un viaggio, che non erano state preventivate e che si presentano all’improvviso alle volte facendoci meravigliare per la loro bellezza o per il fatto che nessuno ce ne aveva parlato prima, in fondo si sa, non è importante la meta ma il viaggio. Pensare a ciò che si farà, come scegliere il viaggio, coinvolgere i compagni, studiare i percorsi, individuare le cose più importanti da visitare e quelle da non perdere assolutamente. Il viaggio insomma comincia nel cervello. Si comincia a viaggiare, infatti, già dal momento in cui si manifesta il primo pensiero, il primo accenno alla vacanza estiva. E’ un po’ come “il sabato nel villaggio”, dove l’esaltazione massima della gioia non è data dall’attesa del godere della domenica, ma dai preparativi che porteranno a godere al massimo della domenica. Un ruolo importante è poi ricoperto dagli “scrittori in erba”, coloro che con i loro scritti, racconti, diari di viaggio, con la trascrizione delle loro emozioni in parole scritte riescono ad indicare luoghi, evocare sensazioni, suggerire percorsi, far desiderare luoghi e persone, sia a coloro che non hanno fatto la stessa esperienza e sia a coloro che, pur avendola fatta, vogliono cogliere differenze, parallelismi o apportare arricchimenti alle proprie esperienze. Ed in special modo proprio il desiderio di trasmettere qualcosa ad altri, motivazione ultima e profonda di ogni viaggio frutto di scelta, deve essere la molla per tutti noi, non importa se per il piacere di scrivere o di trasmettere emozioni vissute, o per spirito di collaborazione, o per partecipare stati emotivi ed anche informazioni utili per programmare un viaggio o soltanto per “far vivere” un viaggio non fatto o per farci sognare un po’, che ci faccia sentire in viaggio anche se comodamente seduti in poltrona. Luigi Fiscella Attuppateddi con fagioli Ingredienti: Attuppateddi, 1 cipolla, 1 scatola di fagioli borlotti, un po’ di pasta d’acciuga, formaggio cacio cavallo, sale, olio. Preparazione: rosolare nell’ olio la cipolla tritata, sciogliendovi ½ cucchiaio di pasta d’acciuga. Unire i fagioli, precedentemente scolati, al composto. Far cuocere la pasta (attuppateddi) e, appena cotta, amalgamare con il sughetto. Spolverizzare con il formaggio cacio cavallo grattugiato. Frittata con le olive Ingredienti: 6 uova, 1 bicchiere di latte, 200 gr. di olive nere denocciolate, 2 cipolle, 2 cucchiai d’olio, 200 gr. di scamorza, 80 gr. di parmigiano grattugiato, sale e pepe q.b. Preparazione: appassite le cipolle, tagliate sottilmente in padella con olio ed un cucchiaio d’acqua. Aggiungete le olive tritate. Mescolate le uova con il latte, il sale, la cipolla con le olive, il parmigiano e la scamorza tagliata a fette. Imburrate una teglia, versandovi il composto e cuocere a forno preriscaldato a 180° per mezzora. Carote al rosmarino Ingredienti: 1 kg di carote, 1 mazzetto di rosmarino, 1 dado per brodo, olio, sale, pepe. Preparazione: sbucciate le carote, tagliandole a rondelle. Mettetele in una casseruola, ricoprendole con acqua. Salate ed insaporite con un dado, cuocete a fuoco moderato fino a far assorbire il brodo di cottura. Aggiungete, quindi, tre cucchiai d’olio ed una macinata di pepe. Tritate grossolanamente il rosmarino, unitelo alle carote, mescolate e fate rosolare un paio di minuti. Servite calde. Enza Messina IL CLUB n. 82/83 – pag. 52 News, notizie in breve Nasce “Informariserve” Basterà una telefonata per sapere tutto sulle riserve L’Italia turistica on-line. E’ operativo il nuovo portale www.italia.it, nato dalla volontà dell’uscente Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie, Lucio Stanca, di contenere e integrare al suo interno i contenuti digitali inerenti le principali aree tematiche di interesse turistico del Paese, rendendoli fruibili attraverso percorsi di navigazione motivazionale, a tutti i potenziali turisti italiani e stranieri. Il sito, che si caratterizza per completezza e omogeneità dei contenuti di interesse turistico nazionale (arte, cultura, ambiente, enogastronomia, ecc.), sarà progressivamente realizzato in 8 versioni linguistiche con "localizzazione" dei contenuti in base alla natura delle diverse culture e sarà aggiornato in collaborazione con enti ed operatori locali, anche con riferimento al calendario di spettacoli, manifestazioni, eventi, ecc. Il portale è già stato completato in una prima versione comprensiva di un primo set di contenuti digitali relativi alle diverse aree ed ambiti tematici di interesse turistico, in lingua italiana e inglese; esistono anche un'area riservata all'organizzazione del viaggio e una prima serie di funzionalità interattive, quali cartografia, route planner, integrazione per la ricerca delle disponibilità e prenotazione on line, meteo, ecc. La seconda fase di sviluppo del portale, in coordinamento con le regioni e il Comitato Nazionale per il Turismo, prevede la realizzazione di contenuti relativi all'offerta turistica dei territori regionali, la pubblicazione del portale in altre 6 versioni linguistiche (tedesco, cinese, francese, spagnolo, russo, giapponese) e l'acquisizione di ulteriori contenuti digitali di interesse nazionale e di utilità comune. Il 2% degli italiani sceglie di viaggiare in camper A scegliere il turismo itinerante è oggi il 2% degli italiani, con un giro d'affari che si aggira intorno ai 540 milioni di euro l'anno e che ha visto negli ultimi dieci anni un aumento del 64% di cam- per circolanti nel nostro paese. E' quanto emerge da una indagine dell’Assocamp-ConfCommercio, associazione nazionale degli operatori dei veicoli ricreazionali e articoli per il campeggio, realizzata dalla società di ricerche Mercury di Firenze. «Se il 2% può apparire una cifra esigua - commenta il presidente di AssocampConfCommercio, Vittorio Dall'Aglio - in realtà rappresenta un fenomeno turistico relativamente giovane e in continua espansione: negli ultimi 25 anni si è registrato un incremento del 500%». Dal rapporto emerge anche il preciso identikit dell'italiano medio che utilizza l'autocaravan per le sue vacanze; impiegato tra i 40 e i 49 anni, utilizza il mezzo tra le 12 e le 13 volte l'anno, pernottando mediamente 48 volte nell'arco dei dodici mesi. Meno frequenti tra gli utilizzatori di autocaravan i giovani tra i 18 e i 29 anni, i quali tendono a preferire l'autocaravan a noleggio, mentre circa il 95% è proprietaria del mezzo. Si sceglie il turismo itinerante perché permette libertà di spostamento (51%), risparmio economico (23%), anche se la spesa media giornaliera è di circa 70 euro, mentre il 20% sceglie il camper perché consente un maggiore contatto con la natura. Il turismo in camper, osserva tuttavia Dall'Aglio, «è un turismo che non appare, anche perché non ha bisogno di prenotazioni, non ha una destinazione predefinita e non viene spesso registrato». Nonostante i dati incoraggianti, il presidente di Assocamp, lancia però un segnale di allarme: «Il turismo italiano non ha ancora strutture adeguate, tra cui le aree di sosta, per fare questo tipo di vacanze. Mancano infrastrutture, la cultura dell'ospitalità e dell'accoglienza». Italia e in altri Paesi europei, e questo sono in pochi a saperlo. In Italia, contrariamente a quanto accade nel resto d'Europa, si continua ad usare la modulazione in AM, che in molti Paesi è ormai da anni illegale, molto spesso "aiutata" anche da un amplificatore lineare, talvolta di grande potenza, che è sempre illegale anche da noi. Questo, come scrive l’amico Claudio Galliani, viaggiando in Europa, può dar adito ad "accertamenti volanti" e, se trovati in fallo, a multe anche da "togliere il pelo": le normative variano da Paese a Paese nonostante una direttiva del Parlamento Europeo del 9/3/1999 contempli la necessità di armonizzare direttive ed apparati in tutto il territorio dell'UE. Se un consiglio al merito può essere dato, dice Galliani, iniziamo tutti ad utilizzare e facciamo utilizzare sempre e soltanto le modulazioni di frequenza: eviteremo che al passaggio di una frontiera, causa la forza dell'abitudine, ci si possa dimenticare che in quel determinato Stato l'AM è illegale: non stuzzicheremo così la "curiosità" dell' autority locale preposta al controllo delle telecomunicazioni. In ogni caso, ecco alcune precisazioni: modulare in AM è fuori legge in Danimarca, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Norvegia, Svezia; in Austria una vecchia legge, da tempo non applicata, non consentirebbe per nulla l’utilizzo del CB, ma negli ultimi anni non si sono avute notizie di multe o accertamenti in merito; teoricamente in Belgio, Gran Bretagna, Spagna e Svizzera, l’utilizzo del CB dovrebbe essere autorizzato individualmente, su richiesta (ma anche qui non risulta che negli ultimi anni siano sorti problemi). In tutti questi casi, quindi, prudenza e ovviamente niente amplificatori di segnale. Le norme sull’uso del CB nei Paesi d’Europa A Palermo un nuovo museo d’arte contemporanea Ormai l'uso del CB è diventato comune praticamente a tutti i camperisti e la sua utilità risulta fuori discussione in numerosissimi contesti tanto da rendersi spesso indispensabile. Ma sono diverse le norme che ne regolano l’utilizzo in Potrebbe diventare realtà la nascita di un museo d'arte contemporanea a Palermo. Sono stati infatti inaugurati di recente i lavori ai Cantieri della Zisa di via Gili per realizzare nel Padiglione 19 il Museo Euromediterraneo delle arti IL CLUB n. 82/83 – pag. 53 contemporanee. L'iniziativa è del Comune di Palermo e dell'assessorato all'Urbanistica. Si tratta di 1600 metri quadrati (ai quali si aggiungerà in seguito lo spazio del Padiglione 20, ancora da finanziare) per un costo complessivo di quattro milioni e seicentomila euro, reperiti attraverso i fondi del Por Sicilia 2000-2006. Il progetto, inserito nel Pit "Palermo capitale dell'Euromediterraneo" prevede un intervento che avrà una durata complessiva di 16 mesi. Tra i primi lavori da effettuare, la rimozione del soffitto di eternit. Gli interventi prevedono il recupero del padiglione mantenendo però la sua struttura esterna, per non modificarne il profilo estetico. Per quanto riguarda gli interni, verrà adeguato lo spazio con l’inserimento delle tecnologie e dei materiali necessari agli eventi che il museo ospiterà. «Inizieremo con delle mostre, poi realizzeremo un museo permanente e tutti gli spazi per la pittura e il design, che si sposeranno con la struttura originaria del padiglione. Non stiamo abbattendo niente», ha dichiarato l’assessore Mario Milone, aggiungendo: «Un’idea per l’inaugurazione è quella di coinvolgere la facoltà di Architettura dell’Università per un’esposizione di disegni di tesi di laurea che hanno come oggetto la rivisitazione di parti territoriali degradate». Del cosiddetto MMAC, Museo mediterraneo dell’arte contemporanea, esisteva già un progetto che però risaliva alla precedente amministrazione comunale. Affidato a Eva Di Stefano, doveva sorgere su uno spazio di oltre settemila metri quadri sempre ai Cantieri della Zisa. Su questo progetto è stato addirittura scritto un libro edito da Flaccovio. Prosegue comunque così il recupero di alcune parti delle ex Officine Ducrot dopo l'inizio della costruzione della Scuola del cinema. Un uomo dell’AITR alla Farnesina Donato Di Santo, presidente dell’Associazione Movimondo, affiliata come il nostro Club all’AITR, è stato scelto dal Presidente del Consiglio Romano Prodi per ricoprire la carica di Sottosegretario agli Affari Esteri, con delega all'America Latina. La nomina è stata salutata con favore dal mondo della cooperazione: «E' un fatto di straordinaria importanza e rilevanza che il Presidente di una Ong - ha affermato Sergio Marelli, presidente dell'Associazione ONG italiane - sia stato scelto da Romano Prodi come Sottosegretario. La competenza e l'esperienza di Di Santo dimostrate e maturate in anni di impegno a fianco delle popolazioni dei Sud del mondo, in particolare dell'America Latina, sono affiancate da un impegno indiscusso nelle comuni battaglie nella lotta alla povertà e per la cooperazione internazionale; queste sono caratteristiche che mettono Donato nelle condizioni di svolgere al meglio il suo nuovo ruolo di Governo». In nuovo incarico ha però costretto a Di Santo a lasciare la Presidenza di Movimondo. Alla segreteria della predetta Associazione abbiamo comunque indirizzato subito un messaggio di augurio: Desideriamo formulare le più vive congratulazioni al Vs. presidente Donato Di Santo per la recente nomina a Sottosegretario di Stato agli Esteri. Siamo certi che continuerà nel nuovo ruolo istituzionale appena assunto il suo lavoro sul terzo mondo nel modo magnifico che lo ha visto protagonista da presidente di Movimondo. E quindi ci uniamo a tutti gli amici di AITR in un caloroso augurio di buon lavoro, nella speranza che i popoli possano trovare negli scambi turistici e culturali un collante maggiore di tutte le possibile tensioni che tendono oggi a dividerli. Insieme a tutti i soci del CLUB PLEIN AIR BdS - Maurizio Karra La risposta al nostro messaggio non si è fatta attendere; con una E-Mail Donato di Santo ci ha prontamente risposto: MOLTE GRAZIE! FARO' DEL MIO MEGLIO E SPERO DI RICEVERE AIUTO DA TUTTI. CORDIALMENTE. DONATO DI SANTO. A piedi e in bici il turismo sulle Madonie e nel corleonese Finalmente anche la Sicilia punta alla creazione di prodotti turistici di nicchia, con un'offerta specializzata che trovi nel patrimonio naturalistico isolano il principale orizzonte di riferimento non limitando l'offerta solo al mare e alle coste. Sono questi alcuni degli obiettivi del progetto ”Identità Mediterranea”, la cui fase operativa è IL CLUB n. 82/83 – pag. 54 stata presentata recentemente a Palermo dall’Assessorato Regionale al Turismo (responsabile del progetto Orazio Sciacca). Presenti anche i rappresentanti degli enti e delle imprese dei due comprensori, Alto Belice Corleonese e Madonie, protagonisti dell'iniziativa, che hanno sottoscritto il protocollo d'intesa in base al quale dovranno avviare, entro il 30 settembre, i due sistemi turistici individuati. Si tratta del segmento dell'escursionismo a piedi e trekking, per quanto riguarda il comprensorio delle Madonie, e del segmento cicloturismo, per quanto riguarda quello dell' Alto Belice Corleonese. Alla scelta di queste due “specializzazioni” si è arrivati dopo di due anni di lavoro: dall'adozione di un manuale operativo, contenente una metodologia comune di ricerca e di programmazione turistica, all'analisi del sistema di offerta di ogni singola area, volta a definire punti di forza e di debolezza del contesto locale. Fondamentale anche il coinvolgimento degli enti pubblici e degli imprenditori nell'attuazione delle strategie. “Identità Mediterranea” è un progetto ideato e gestito dalla Regione siciliana, che è stato approvato e finanziato dall'Unione Europea nel 2004, con lo scopo di promuovere e sviluppare il turismo ecosostenibile, attraverso una programmazione in grado di coniugare logiche del marketing con lo sviluppo turistico del territorio. Al progetto transnazionale hanno aderito, tra gli altri, i dipartimenti regionali al turismo e ai trasporti, la Provincia di Palermo, l'Azienda regionale foreste demaniali, l'Ente parco Madonie, le associazioni ambientaliste, nonché 37 comuni dei due comprensori Con la firma del protocollo le due aree dovranno adesso adottare quegli interventi necessari ad adeguare il territorio all' offerta di servizi specialistici, secondo la specificità del prodotto e del target individuato. «La Sicilia si trova in una posizione strategica per lo sviluppo di un sistema turistico mediterraneo, e la realtà ecoambientale isolana merita di essere promossa e valorizzata», ha affermato Porretto, direttore generale dell’Assessorato Regionale. Che ha concluso: «Occorre, inoltre, sviluppare una cultura del marketing che porti ad una buona commercializzazione del prodotto». L’ultima parola di Agostino Alaimo PENELOPE, ADESSO CHE ABBIAMO IL CAMPER, COSA NE PENSI SE ANDIAMO A FARCI UNA VACANZA SOTTO LE MURA DI TROIA? 2006