La Prevenzione in Medicina
di Famiglia:
Prima sessione: Determinanti della salute
e Prevenzione Primaria malattie infettive
Dott. Angelo Cavicchi
Medico di Famiglia
Voghiera (Ferrara)
Quattro aspetti di medicina preventiva
_
+
Medico
Malattia
+
Disturbo
Paziente
I
I
IV
II
III
III
I Prevenzione Primaria
Azione volta a evitare o rimuovere le
cause dei problemi sanitari in un
individuo o popolazione prima
dell’insorgenza dei problemi stessi.
(Educazione Sanitaria
e protezione specifica)
I
IV
IV Prevenzione Quaternaria
Azione volta a identificare un
paziente o una popolazione con
rischio di trattamenti sanitari
non necessari, proteggerli da
interventi invasivi e suggerire
ad essi interventi eticamente
accettabili
II Prevenzione Secondaria
Azione volta a individuare i problemi
sanitari in uno stadio precoce in un
individuo o in una popolazione, per
facilitarne il trattamento o prevenirne
l’aggravamento o gli effetti
tardivi
(diagnosi precoce
attraverso screening o
II
case finding)
III
III Prevenzione Terziaria
Azione volta a ridurre gli effetti cronici
dei problemi sanitari in un individuo o
in una popolazione attraverso la
riduzione al minimo dei danni funzionali
consegenti ai problemi stessi (es. Prev.
di complicanze nel diabete). Incl.
riabilitazione
N Bentzen (ed) WONCA International Dictionary for General/Family Practice , per concessione M. Jamoulle
La salute
►
Quando si parla di salute, è opportuno fare riferimento
alla Costituzione dell‘ Organizzazione Mondiale della
Sanità, che la definisce come "stato di benessere fisico,
psichico e sociale e non semplice assenza di malattia",
►
Essa viene considerata un diritto e come tale si pone alla
base di tutti gli altri diritti fondamentali che spettano alle
persone.
La salute
Paradossalmente la salute è influenzata più da fattori
esterni al settore sanitario, che dal consumo di
prestazioni, in particolare:
 da fattori socio-economici e da stili di vita, che
contribuiscono per il 40-50%,
 dallo stato e le condizioni dell’ambiente per il 20-30%,
 dall’eredità genetica per un altro 20-30%
 dalla organizzazione dei servizi sanitari per il 10-15%.
Queste condizioni sono chiamate
“determinanti della salute”
Determinanti della salute:
1a) I fattori socio-economici
“...perché le medie son vigliacche,
mischiano il più dei ricchi col meno dei
poveri, come se ciò facesse pari..”
Don Lorenzo Milani, “Esperienze pastorali” (1957)
La condizione socio economica
Le persone meno abbienti, meno istruite o
che esercitano un lavoro più umile hanno
una aspettativa di vita peggiore.
La condizione socio economica
“Quale che sia l’indicatore di posizione sociale
impiegato - l’istruzione, la classe sociale, le
caratteristiche dell’abitazione - il rischio di
mortalità cresce in ragione inversa delle risorse
sociali di cui gli individui dispongono.”
G. Costa, M. Cardano, M. Demaria, Torino, storie di salute in una grande città. Città di Torino,
Ufficio di statistica, Osservatorio Socioeconimico Torinese 1998
Mortalità per classe sociale della famiglia
Fonte: G. Costa, M. Cardano, M. Demaria (1998)
Mortalità per superficie dell’abitazione
Fonte: G. Costa, M. Cardano, M. Demaria
(1998)
La condizine socio economica
La traiettoria “life-course”
Le condizioni socio-economiche agiscono sullo
stato di salute degli individui anche a distanza di tempo,
dimostrata da una correlazione tra condizioni
socioeconomiche nell’infanzia e mortalità nell’età
adulta.
Concetto di Embodiment (“incorporamento”): le persone
letteralmente “incorporano”, biologicamente”, il mondo
materiale e sociale in cui vivono, dall’utero al momento
della morte.
Krieger N. (2004)
Ruolo del medico di famiglia:
1.
Considerare la condizione socio economica ed il livello
culturale dell’assistito in modo da inserire il
determinante della salute nei fattori di rischio di
importanza primaria
2.
Identificare le relative implicazioni sanitarie





Capacità dell’utilizzo appropriato dei servizi
Capacità di autocontrollo delle patologie
Disponibilità a cambiamenti nello stile di vita
Comprensione della importanza della “compliance”
terapeutica
Attenzione alle “cure inverse”
Cure inverse:
I soggetti che si sottopongono più volentieri a
screening o a interventi preventivi, non sono
rappresentativi della intera popolazione, ma
semplicemente soggetti più “attenti” alla
prevenzione, pertanto anche maggiormente
portati a comportamenti non a rischio, quindi
portatori di un “rischio” minore.
I colleghi anglosassoni chiamano questo
comportamento: “cure inverse”, cioè fornire più
facilmente interventi a chi ne ha meno bisogno
Classificazione del grado di istruzione ( Tombesi, 2006)
Classificazione delle Classi Sociali ( Tombesi, 2006)
I determinanti della salute:
1b) Gli stili di vita individuali
Lo stile di vita è integrato nella personalità di ciascun
individuo e fa parte di un equilibrio complessivo che
dipende:
 dalla organizzazione e dalla cultura della comunità
 dal modo con cui ciascuno si adatta al proprio ambiente
Non esistono “stili di vita”, ma esistono persone con la loro
vita che si integrano in quella della comunità di
appartenenza.
Gli stili di vita individuali
“Modificare lo stile di vita non equivale a
cambiare abito: si tratta di un processo
difficile che richiede il passaggio attraverso
una fase di stress e disagio, per ricostituire
un diverso equilibrio, sempre precario
all’inizio, e, talvolta, impossibile.”
Tombesi 2006
Gli stili di vita individuali
Fumo di sigaretta
Tombesi 2006
Gli stili di vita
individuali
Sedentarietà/
alimentazione
Tombesi 2006
Ruolo del medico di famiglia
Comunicare il rischio, durante la consultazione
(scarso risultato)
 Agire con l’obiettivo di un processo di
cambiamento

Vuole smettere
Fumatore
Pensa di smettere
Smette
Ricade
Prochaska, 1983
I determinanti della salute:
2) Le condizioni ambientali
L'ambiente fisico fa parte integrante del
sistema ambientale con il quale gli esseri
umani interagiscono continuamente e a cui
è strettamente collegata la stabilità del loro
benessere.
Determinanti della salute
3) I fattori genetici
“Il ruolo della genetica diventerà sempre più
ampio perché (man mano che vengono
identificati geni del genoma umano) si
potrà avere una maggiore precisione nel
definire i fattori che interagiscono con i
genotipi nel determinare le malattie.”
Genomics Toolkit Workgroup (ASTHO)
I fattori genetici
CONCETTO DI FAMILIARITA' DELLE
MALATTIE
Nel linguaggio comune i termini:
"malattia familiare"
"malattia congenita"
"malattia ereditaria"
"malattia genetica"
sono spesso usati in modo interscambiabile;
ma in Medicina ciascuno di essi ha un significato
preciso e ben distinto da quello degli altri.
I fattori genetici
Malattia familiare
Malattia che tende a manifestarsi tra i membri di una stessa famiglia. L'andamento
familiare di una malattia può essere dovuto a cause genetiche, ma anche solo a
cause ambientali, se i membri della famiglia condividono lo stesso ambiente di vita.
Malattia congenita
Malattia clinicamente presente alla nascita. La presenza dei sintomi alla nascita non
indica che è stata ereditata: la patologia potrebbe essere stata acquisita in utero, ad
es. per infezione o per traumi endouterini occorsi durante la gestazione; viceversa,
una malattia ereditaria potrebbe non essere congenita, se si manifesta dopo anni o
decenni dalla nascita.
I fattori genetici
Malattia ereditaria
Patologia trasmessa di generazione in generazione secondo le leggi dell'eredità. Le
malattie ereditarie sono dovute ad alterazioni del patrimonio ereditario trasmissibili.
L'individuo recherà la mutazione anche nei suoi gameti e la potrà trasmettere alla
discendenza, per cui si può anche dire che tutte le malattie ereditarie hanno
tendenza alla familiarità.
Malattia genetica
Patologia riconducibile ad alterazioni del patrimonio genetico. Le malattie genetiche
comprendono tutte le malattie ereditarie, ma anche malattie dovute a lesioni del
DNA non ereditabili dalla progenie. In questo senso il cancro si può definire una
malattia "genetica" perché causato da mutazioni del DNA nelle cellule somatiche,
ma nella grande maggioranza dei casi non è ereditario, perché non risultano
mutate le cellule germinali, ma solo quelle del tessuto da cui ha preso origine il
tumore.
I fattori genetici
La diagnosi di malattia genetica può essere
effettuata in tempi diversi:
 Periodo preconcezionale: individua genitori portatori di anomalie
genetiche trasmissibili (es. Talassemia)
 Periodo prenatale: individuare malattie genetiche nel feto
 Periodo neonatale: individuare patologie trattabili precocemente
nel neonato (es. Mucoviscidosi)
 In epoche successive della vita:
► a scopo diagnostico di problemi in corso (es. Celiachia)
► a scopo predittivo per patologie non ancora sviluppate ma
che potranno sviluppare con elevata probabilità o certezza
(es Chorea di Hungtinton)
►a
scopo preventivo, per cogliere predisposizioni contrastabili
con provvedimenti opportuni (es. Emocromatosi)
► In
altri ambiti di interesse (prognosi e sensibilità a terapie)
I fattori genetici
Non sempre vi è corrispondenza fra alleli
mutati e patologie espresse
Es Emocromatosi ereditaria:
Mutazione c282y sul gene HFE del crom. 6
3-5% di poplazione è portatore di eterozigosi
0.3-0.5% di omozigosi
La prevalenza attesa sarebbe di 1 individuo ogni 250
Però in USA meno di 2 certificati di morte/10000 citano emocromatosi
In Italia solo 2.5% delle cirrosi epatiche è attribuibile ad emocromatosi
I fattori genetici
Il percorso che va dalla singola mutazione
alla malattia clinica è ricco di interferenze,
e non ancora chiarito.
Occorre evitare la identificazione fra “Rischio
Genetico” e “Malattia Genetica”
La clinica deve sempre identificare la “soglia
diagnostica” del problema
Ruolo del Medico di famiglia
Paradossalmente a fronte dell’alta
specializzazione delle indagini genetiche e
della raffinatezza delle tecnologie
impiegate, l’unico strumento
concretamente utile per selezionare i
soggetti a rischio è
l’anamnesi familiare
Rischio connesso alla familiarità in diverse patologie
Patologia
OR=Odds Ratio
RR= Rischio Relativo
da Scheuner, 1997
Rischio da Familiarità
Cardiovascolare
OR=2
OR= 5.4
(un familiare di 1°)
(due famil. di 1° età <35)
Carcinoma Mammario
RR=2.1
RR 5.4
(un familiare di 1°)
(tre o più famil. di 1°)
Carcinoma Colorettale
OR= 1.7
OR= 4.9
(un familiare di 1°)
(due o più famil. di 1°)
Carcinoma Prostatico
RR= 3.2
RR=11.0
(un familiare di 1°)
(tre o più famil. di 1°)
OR= 2.7-4.3
(uno o più famil. di 1°)
Diabete NID
RR= 2.4
RR 4.0
(madre)
( più familiari in linea)
Fratture
osteoporotiche
OR= 2.0
in donne con familiare
donna di 1° grado
Asma
OR= 2.0
RR=7.7
(madre)
(madre e padre)
Melanoma
Linee guida per la stratificazione dei rischi basata sull’anamnesi familiare
da Scheuner 1997
Rischio Alto
Malattia
precoce in un familiare di 1° grado
Malattia precoce (solo per cardiopatia ischemica) in un
familiare di 2° grado
Due familiari di 1° grado affetti
Un familiare di 1° grado con esordio tardivo o ignoto di
malattia + uno di 2° grado della stessa linea materna o
paterna) con esordio precoce
Due familiari di 2° grado della stessa linea di cui uno con
esordio precoce
Tre o più familiari della stessa linea
Presenza di condizioni di rischio moderato in entrambe le
linee familiari
Rischio
Moderato
Un
Rischio Normale
Familiarità
familiare di 1° grado con esordio tardivo o ignoto di
malattia
Due familiari di 2° grado della stessa linea familiare con
esordio tardivo o ignoto di malattia
assente o ignota
Solo un familiare di 2° grado affetto in una o entrambe le
linee
Rischio di tumori del colon retto associato alla familiarità
Fuchs, 1994
Familiarità per tumore
del colon retto
Rischio Relativo %
Intervallo di confidenza
(95%)
Un familiare colpito
1.72
1.34-2.19
Due o più familiari colpiti
2.75
1.34-5.63
Soggetti < 45 anni
5.37
1.98-14.60
Età media di insorgenza dei tumori del colon retto
Lynch, 2003
Tipo di tumore del colon retto
Età media
Ereditario su poliposi familiare classica
39 anni
Ereditario su poliposi familiare a fenotipo attenuato (con
polipi in sede prossimale)
55 anni
Ereditario non poliposico
45 nni
Non ereditario
63 anni
Tumori ereditari poliposici del colon
►
I tumori ereditari del colon che insorgono su poliposi familiare, sono
caratterizzati nell’80% da mutazioni nel gene APC a trasmissione
autosomica dominante, con penetranza prossima al 100%
►
Nei portatori di difetto genico del gene APC, ma anche nella Sd. di
Garner, i polipi si sviluppano nel 50% entro i 15 anni, e ne 95% entro i
35.
►
Sorveglianza colonscopica annuale ( 2-3 anni nella poliposi normale)
Tumori ereditari non poliposici del colon
►
Costituiscono il 5% dei 30.000/anno tumori del colon in Italia
►
Sono nel colon dx, precedono di 20 anni le forme non ereditarie
►
Le mutazioni che ne sono alla base hanno una penetranza del 7085%, pertanto un 15-30% di portatori non sviluppa la malattia
►
Sorveglianza dei portatori della predisposizione attraverso una
colonscopia ogni 1-3 anni
►
Spesso associati a carcinoma ovarico e endometriale, che risultano
più frequenti rispettivamente del 10-12% e del 40-60% entro i 70
anni: nelle donne con familiarità positiva per cancro del colon non
poliposico, è stata proposta la sorveglianza dell’endometrio (eco
transvaginale) a partire dai 30 anni e sorveglianza ovarica mediante
ecografia e dosaggio del Ca 125.
Tumori ereditari non poliposici del colon
Criteri di Amsterdam II: Diagnosi clinica di carcinoma ereditario non
poliposico del colon
Vasen 1995
Almeno
tre familiari con tumore associato alla sindrome (colorettale,
gastrico, ovarico, ureterale o della pelvi renale, cerebrale, del tenue,
dell’albero biliare, sebaceo cutaneo)
Un
familiare deve essere parente di primo grado degli altri due affetti
Almeno
due generazioni successive colpite
Esordio
della patologia prima dei 50 anni di età in almeno uno dei familiari
La
poliposi adenomatosa familiare deve essere stata esclusa nei pazienti con
cancro del colon
Se
possibile le diagnosi di tumore devono essere verificate
La familiarità è un dato
L’anamnesi familiare è uno strumento per la
sua rilevazione
Soffre di tutte le imprecisioni legate :
►
►
►
►
alla scarsa conoscenza dei problemi da parte del
soggetto in esame;
a ricordi vaghi di eventi lontani nel tempo;
alla eventuale presenza di patologie stigmatizzate
socialmente (psicosi, demenze, alcolismo, epilessia, ecc.)
alla scarsa propensione dei medici al suo aggiornamento
Tombesi: Prevenzione nella pratica clinica, 2006
ALBERO GENEALOGICO
Per studiare la trasmissione di una malattia nell'ambito di una
famiglia, occorre ricostruirne la struttura, indagando sul
numero dei suoi membri noti, sul loro sesso, sulle relazioni di
parentela tra loro e sulla presenza o meno del carattere
studiato.
My Family Health
Portrait: materiale
per la costruzione
dell’albero
genealogico
I determinanti della salute
4) I servizi sanitari
Pubblicazione
Ricerca
Conoscenza del management
Accompagnamento del paziente
Referente ultimo del problema
Diffusione
Out
DB
In
ICPC
Incontro MedicoPaziente
M
P
Ambiente del Paziente
Ruolo del
Medico di
famiglia
La prevenzione primaria
delle malattie infettive
La prevenzione delle malattie infettive
Primaria
► Notifica
► Isolamento
► Disinfezione e sterilizzazione
► Vaccinazione
Secondaria
► Sieroprofilassi
Notifica
► Obbligo
e modalità di notifica
 Non è richiesto il consenso del paziente per la notifica
di malattia al Servizio di Igiene pubblica D.L 30 luglio
1999, n° 282
 Si fa con apposita scheda
(ad hoc per TBC, AIDS, Malaria,
Lebbra, Micobacteriosi non tubercolari)
notifica
Isolamento e Contumacia
Isolamento e contumacia
 Allettamento in camera singola ( se ospedaliero isolamento
respiratorio)
 Disinfezione continua e terminale
 Controllo dei contatti
► Occasionali
► Stretti





Conviventi
Frequentatori quotidiani dell’abitazione del malato
Compagni di classe
Colleghi di lavoro
Operatori sanitari
Quarantena: isolamento o restrizione dei movimenti per la
durata del periodo di incubazione della malattia
Incubazione
Contagiosità
Provvedimenti per il
malato
Provvedimenti per i
conviventi/contatti
Meningite Meningococcica ICD9 036.6
3-4 giorni, max 10
Fintantochè il
meningococco è
presente nelle
secrezioni nasali e
faringee: dopo
antibiotico scompare in
24 ore
Isolamento per 24 ore
dall’inizio della terapia
Conviventi e
contatti:antibiotico
profilassi:
Adulti rifampicina 600
mg x2 di, ceftraxone
250 mg unica dose,
ciprofloxacina 500 mg
unica dose,
Bambini: rifampicina 10
mg/kg/di (o 5 mg se <
1 mese)
Ceftraxone 125 mg
unica dose
Meningite da Hemophilus Influenzae B: ICD 9 320.0
Non definito
Fintantochè il batterio è
frequente nelle secrezioni
faringee; l’infettività
cessa dopo 48 ore dal
trattamento antibiotico
Isolamento respiratorio
per 24 ore dall’inizio
della terapia
Conviventi e contatti di
ambienti con bambini di età
< 6 anni: antibiotico
profilassi con rifampicina:
600 mg o 20 mg/kg/die in
unica dose die per 4 giorni;
vaccinazione in età 0-6
anni, che non esclude il
trattamento profilattico;
Riammissione dopo
profilassi
Incubazione
Contagiosità
Provvedimenti per il
malato
Provvedimenti per i
conviventi/contatti
Epatite Virale B ICD9 072.2-072.3
60-90 giorni, max 180
L’infettività inizia alcune
settimane prima dela
manifestazione della
sintomatologia e
permane per tutta la
durata della malattia.
Titti i soggetti HBsAg
positivi sono da
considerarsi
potenzialmente
infettanti
Adozione di precauzioni
standard per prevenire
esposizione ed il
contatto con sangue e
fluidi biologici
Vaccinazione di
conviventi e partner
sessuali di portatori
cronici di HBsAg;
Immunoprofilassi post
esposizione a ferite da
oggetti, potenzialmente
infetti o di partner di
soggetti in fase acuta di
malattia con
somministrazione di
immunoglobuline al più
presto e comunque
entro 72 ore
dall’incidente, iniziando
quanto prima la
vaccinazione. Non si
applica se il soggetto è
immunizzato con titolo
anticorpale >10 mU/ml
Incubazione
Contagiosità
Provvedimenti per il
malato
Provvedimenti per i
conviventi/contatti
Epatite Virale A ICD9 070—070.1
30 giorni, max 50 giorni
Massima nell’ultima
parte del periodo di
incubazione e si protrae
per una settimana dopo
la comparsa dell’ittero
Precauzioni per malattia
a trasmissione orofecale
per 15 giorni dalla
insorgenza della
malattia
Sorveglianza sanitaria
per individuare soggetti
sfuggiti alla diagnosi;
Immunoglobuline
specifiche entro 15
giorni dalla esposizione
(in scuole materne
immunoglobuline a tutti
i componenti la classe
dell’affetto);
Vaccinazione per:
Viaggiatori diretti in
zone ad elevata
morbosità;
Addetti a raccolta e
smaltimento liquami;
Soggetti esposti in corso
di epidemia;
Emofilici;
Politrasfusi;
Tossicodipendenti;
Omosessuali maschi;
Ospiti di residenze
assistenziali;
Lavoratori della sanità
esposti ad HAV
Incubazione
Contagiosità
Provvedimenti per il
malato
Provvedimenti per i
conviventi/contatti
Altre Epatiti Virali
Variabile
Variabile
Per le epatiti a
trasmissione orofecale
valgono gli stessi
provvedimenti della
epatite A;
Per le epatiti a
trasmissione parenterale
valgono gli stessi
provvedimenti delle
epatiti B
Per le epatiti a
trasmissione orofecale,
stessi provvedimenti di
epatite A;
Per le epatiti a
trasmissione parenterale
non essendo disponibili
provvedimenti
specifici………….
Rabbia ICD 9 071
3-8 settimane,
eccezionalmente anni
Qualche giorno prima
della morte dell’animale
Isolamento stretto per
tutta la durata della
malattia, e precauzioni
standard, con
disinfezione di tutti gli
oggetti contaminati da
saliva, liquor e tessuto
cerebrale (autopsia)
Trattamento post
esposizione di tutti
coloro che abbiano
avuto esposizione di
ferite aperte o mucose a
secrezioni di saliva o
liquor o tessuto
cerebrale. Ricerca attiva
dell’animale rabido e di
altre persone o animali
morsicati
Incubazione
Contagiosità
Provvedimenti per il Provvedimenti per i
malato
conviventi/contatti
Difterite ICD9 032-032.9
2-6 giorni
Da 2 a 4 settimane (da
presenza dei bacilli nelle
lesioni)
Isolamento stretto in
difterite laringea,
isolamento da contatto
in difterite cutanea per
14 giorni dopo l’inizio
della terapia
Sorveglianza stretta di
conviventi e contatti:
ricerca di portatori;
Valutazione dello stato
vaccinale con
somministrazione di
dose di vaccino se
trascorsi 12 mesi
dall’ultima dose;
Ciclo vaccinale completo
se non determinabile
Antibiotico profilassi
senza attendere i referti
colturali:
Adulti:
1200000 U di
benzilpenicillina in unica
dose, o 1 gr die di
eritromicina per 10 gg;
Bambini
600000 U di
benzilpenicillina in unica
dose, o 40 mg/kg di
eritromicina per 10 gg
Incubazione
Contagiosità
Provvedimenti per il
malato
Provvedimenti per i
conviventi/contatti
Febbre Tifoide ICD 9 002.0
1-3 settimane, max 3
mesi
Fintantochè la
salmonella Typhi è
presente nelle feci: dalla
prima settimana di
malattia e per tutta la
convalescenza negli
adeguatamente trattati;
nel 10% dei casi non
trattati l’eliminazione
può continuare anche
per mesi; il 2.5% può
diventare portatore
asintomatico
Precauzioni enteriche
fino alla
negativizzazione di tre
coprocolture
consecutive a non meno
di 24 ore di distanza
l’una dall’altra e non
meno di 48 ore dopo la
fine della terapia
antibiotica. Se solo una
è positiva, ripetere tutta
la procedura dopo un
mese
Sorveglianza sanitaria
per la ricerca di
portatori asintomatici.
Allontanamento dalle
attività di produzioni di
cibo fino alla
negativizzazione di tre
coprocoltura.
Vaccinazione
obbligatoria per alcune
categorie a rischio.
Vaccinazione consigliata
per viaggiatori in zone
ad elevata morbosità
per febbre tifoide;
Addetti a raccolta e
smaltimento liquami;
Soggetti esposti in
comunità in corso di
epidemia;
Personale sanitario in
corso di epidemia
Incubazione
Contagiosità
Provvedimenti per il
malato
Provvedimenti per i
conviventi/contatti
Salmomellosi non tifoidee ICD 9 003-003.9
12-36 ore, max 72
Da alcuni giorni prima a
diverse settimane dopo
la comparsa della
sintomatologia. La
comparsa di stato di
portatore asintomatico è
favorita dalla terapia
antibiotica
Allontanamento dei
soggetti dalle attività
che comportano la
manipolazioe o
distribuzione di alimenti.
Riammissione dopo 2
coprocolture negative
Ricerca di altri casi di
malattia o dei portatori
asintomatici
(coprocoltura a tutti i
familiari/conviventi)
Varicella ICD9 052
2-3 settimane
Da 5 giorni prima a 5
giorni dopo la prima
gittata vescicolare
Isolamento domiciliare
per 7 giorni dalla
comparsa della gittata
vescicolare, con
restrizione dei contatti
di soggetti suscettibili
(donne gravide e
neonati)
Nessuna restrizione nei
contatti. Se ricoverati
per altra causa,
separazione per 12
giorni (o 28 se hanno
ricevuto
immunoglobuline
specifiche).
Vaccinazione nei casi ad
alto rischio di
complicanze
Incubazione
Contagiosità
Provvedimenti per il
malato
Provvedimenti per i
conviventi/contatti
Scarlattina ICD9 034.1
1-3 gg
24-48 ore dopo l’inizio
della terapia antibiotica;
10-20 giorni in caso di
malattia non trattata
Isolamento domiciliare
per 48 ore dall’inizio
della terapia antibiotica.
Precauzioni per
secrezioni e liquidi
biologici per 24 ore
dall’inizio della terapia.
Sorveglianza sanitaria
di conviventi e contatti
(compagni di classe ed
insegnanti) per 7 giorni
dall’ultimo contatto con
il malato. Il tampone
faringeo è indicato in
caso di epidemia o in
situazioni ad alto rischio
(più casi di febbre
reumatica nella
famiglia)
Tubercolosi ICD9 9010-/018
4-12 settimane dalla
infezione alla comparsa
di una lesione primaria.
La infezione può
rimanere latente per
tutta la vita. Il rischio di
evoluzione verso
malattia conclamata è
massimo nei primi due
anni dopo la prima
infezione
Fintantochè i bacilli
tubercolari sono
presenti nell’escreato o
in altri fluidi biologici.
La terapia antibiotica
determina la cessazione
della contagiosità entro
4-8 settimane
Isolamento respiratorio
in stanze separate con
ventilazione a pressione
negativa in soggetti
affetti da TBC
polmonare fino a
negativizzazione dei
bacilli in escreato
Sorveglianza sanitaria
dei conviventi e contatti
stretti. Esecuzione di
Mantoux e radiografia
del torace nei casi
positivi, e in caso di
negatività, ripetizione
dopo 2-3 mesi.
Chemioprofilassi dei
contatti stretti positivi o
negativi ad alto rischio
Incubazione
Contagiosità
Provvedimenti per il
malato
Provvedimenti per i
conviventi/contatti
Pediculosi ICD9 132-132.9
6-10 giorni
Fintantochè uova, forme
larvali o adulte sono
presenti nelle persone
infestate
P. corporis: isolamento
per 24 ore dall’inizio di
trattamento. Gli
indumenti vanno
soggetti a
disinfestazione o
bollitura.
P capitis: restrizione
alla frequenza della
collettività fino all’avvio
di un trattamento
disinfestante, certificato
dal medico curante. Il
trattamento dei capelli
deve essere ripetuto
ogni 7-10 giorni per
almeno un mese.
Pettini e spazzole vanno
immersi in acqua calda
per 10 min o lavati con
shampoo
antiparassitario.
P.pubis: stesso
trattamento preceduto
da rasatura, ripetuto
dopo 7-10 gg per 1
mese
Sorveglianza dei
contatti per
l’individuazione di altri
casi.
Familiari di affetti da p.
capitis, e partner o
compagni di letto di
affetti da p. pubis vanno
trattati.
Incubazione
Contagiosità
Provvedimenti per il
malato
Provvedimenti per i
conviventi/contatti
Dermatofitosi ICD 9 110-110.9
4-10 giorni per la Tinea
Cruris e Corporis; 10-14
per la Tinea Capitis
Fintantochè sono
presenti lesioni e che
miceti vitali siano sui
materiali contaminati
T. capitis: nesuna
restrizione, a patto di
seguire il trattamento
prescritto;
T. corporis, cruris e
pedis: esclusione da
palestre o piscine per
tutta la durata del
trattamento
Ricerca di altri casi di
infezione nei conviventi e
nei contatti, e ricerca
della fonte di infezione
oltre che nei contatti
umani, anche negli
animali domestici,
spesso portatori
inapparenti
Scabbia ICD9 133
2-6 settimane, se
persone non esposte in
precedenza; 1-4 giorni
se reinfezione
Fintantochè acari e
uova non sono stati
distrutti da un adeguato
trattamento. Possono
essere necessari due o
più cicli di trattamento
eseguiti a distanza di
una settimana
Allontanamento dal
lavoro o dalla scuola
fino al giorno successivo
a quello di inizio
trattamento
Sorveglianza clinica per
la ricerca di altri casi di
infestazione; indicato il
trattamento profilattico
simultaneo per i
familiari e per i soggetti
che abbiano avuto
contatti cutanei con il
malato. Indumenti e
lenzuola vanno lavati
con acqua 60°C; se non
possibile vanno tenuti
da parte e non usati per
una settimana
Incubazione
Contagiosità
Provvedimenti per il
malato
Provvedimenti per i
conviventi/contatti
Rosolia ICD9 056-056.9
16-18 gg, max 21
Da una settimana prima
a 4 giorni dopo la
comparsa dell’esantema
Allontanamento dalla
frequenza scolastica o
dall’attività lavorativa
per 7 giorni dalla
comparsa dell’esantema
Sorveglianza sanitaria
per individuazione di
contatti suscettibili
(gravide), che dovranno
sottoporsi ad esame per
la determinazione dello
stato immunitario.
Vaccinazione dei contatti
non immuni, ad
esclusione delle gravide
Pertosse ICD 9 033-033.9
Da 6 a 20 gg
Dall’inizio del periodo
catarrale fino a tre
settimane dall’inizio del
periodo parossistico. In
pazienti trattati con
Eritromicina, si estingue
5 giorni dopo l’inizio
della terapia
Isolamento domiciliare
per i casi accertati
laboratoristicamente.
Per i sospetti,
restrizione dei contatti
con soggetti suscettibili
(specie bimbi < 1 anno)
per almeno 5 giorni
dall’inizio della terapia
antibiotica (Eritromicina
per 14 giorni)
Sorveglianza sanitaria
per l’individuazione di
soggetti suscettibili;
somministrazione, a
prescindere dello stato
vaccinale, di
Eritromicina ai
conviventi e contatti di
età < 7 anni; no
frequenza scolastica di
contatti non vaccinati
per 14 giorni, o per 5 se
trattati con antibiotico;
se < 7 anni dose di DTP
Incubazione
Contagiosità
Provvedimenti per il
malato
Provvedimenti per i
conviventi/contatti
Parotite ICD 9 072-072.9
12-15 gg
Da 7 giorni prima fino a
9 giorni dopo la
comparsa della
tumefazione
ghiandolare parotidea.
E’ massima nelle 48 ore
precedenti la comparsa
della tumefazione
ghiandolare
Isolamento domiciliare
( o respiratorio se
ricoverato) per 9 giorni
dalla comparsa della
tumefazione
ghiandolare
Ricerca dei soggetti
suscettibili in ambito
familiare o della
comunità infantile dal
12° al 25° giorno
successivo alla
esposizione; la
vaccinazione
antiparotitica è utile ma
non garantisce la
prevenzione dalla
malattia
Morbillo ICD 9 055-055.9
10 – 14 gg, max 18
Poco prima del periodo
prodromico fino a 4
giorni dopo la comparsa
dell’esantema
Isolamento domiciliare
fino a 5 giorni dalla
comparsa dell’esantema
Sorveglianza sanitaria
per la ricerca di soggetti
suscettibili, a cui viene
proposta la
vaccinazione (utile se
fatta entro 72 ore dalla
esposizione);
immunoglobiline
specifiche entro 6 gg
dalla esposizione;
vaccinazione di
conviventi e contatti
Disinfezione e sterilizzazione
► Disinfettanti
 Fisici
 Chimici
 Gassosi
( non impiegati in Medicina di famiglia)
Disinfettanto Fisici
Calore secco
1.


Un’ora a 100°C per morte di sporigeni
Un’ora a 150-160°C per morte delle spore
Calore umido
2.


Bollitura per 20 minuti: morte delle spore
Vapore
•
a pressione atmosferica (fluente: 100 °C per 20 min)
•
sotto pressione (autoclave):(vantaggi: maggior penetrazione,
tanto più è elevata la temperatura; assorbito da materiale
igroscopico e poroso)
•
+ 0.5 atm evaporazione a 117.7 °C
•
+ 1 atm evaporazione a 120.6 °C
Radiazioni
3.


Ionizzanti: (gamma) presidi a perdere, già nell’imballo
Ultravioletti: (monocromatica 2500-2650 A) solo superfici
lisce, o ambienti grandi e vuoti, o flussi di aria laminare
Sterilizzatrici a secco
Autoclavi
Indicatori di temperatura
Sterilizzatrici a raggi UV
Disinfettanti Chimici
1.
2.
3.
4.
Alcali :




8.
Alcoli:
alcool etilico (puro al 95% o denaturato al 90%)
Composti organici di mercurio
Mercurocromo (dibromossimercuriofluoresceina)
Mertiolato o Thiomersal (eltmercuriotiosalicilato sodico)
Acqua ossigenata : ottimo disinfettante se presente catalasi.
Sporicida
5.
6.
7.
idrato di calcio, idrato di sodio, carbonato di sodio
Derivati guanidiníci (Clorexidina)
Cloro e derivati:





Ipoclorito di sodio (Varechina)
Cloramina ed Amuchina : per contatto di 4-5 ore
Iodio e derivati:
Tintura di iodio : microbicida ma irritante
Iodofori (Betadine): ottimo su cute integra, irritante su ferita
Composti di ammonio quaternario
Benzalconio cloruro: (Citrosil), blando. Non irrita
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