ISBN 978-88-6332-
AA.VV
EQUI TI AMO
Raccolta di racconti
Edizioni Miele
“Cavallo” di Laura Montanari
PREFAZIONE
di Roberta Ravello
Equitiamo racchiude molte storie di persone e di cavalli: storie di salvataggi, riabilitazione, perdita, dedizione, responsabilità, con un unico
filo conduttore, l'amore che tutto lega e che tutto salva. I lettori
potranno apprezzare in questo libro il contributo spontaneo di persone
con esperienze e vissuti diversi, ma unite insieme per diffondere una
cultura di amore per il cavallo.
C'è da gioire nel leggere dell'intelligenza, della versatilità e intuitività
di questi meravigliosi animali e da commuoversi a scoprire i poteri
guaritivi dei cavalli sulle persone. In cambio della nostra compagnia i
cavalli ci insegnano a vivere, leniscono le nostre ferite interiori, ci
proteggono spiritualmente e ci guidano verso una vita emotivamente
gratificante.
Equitiamo è la celebrazione della nobiltà del cavallo. Un animale che
accompagna l'uomo sin dalla notte dei tempi. Lo ritroviamo tra le figure più rappresentate nelle pitture rupestri della preistoria. Dapprima
cacciato come preda per la carne, fu poi addomesticato per essere utilizzato come cavalcatura. E come tale permise viaggi e conquiste.
Nel corso dei secoli l'uomo si è servito dei cavalli per una moltitudine
di scopi: viaggi, caccia, lavoro dei campi, battaglia e oggi più che altro
per lo sport, la compagnia e la terapia dei diversamente abili.
Nell'immaginario collettivo però lo spirito del cavallo rimane legato al
concetto di viaggio. Può manifestarsi come desiderio di viaggiare nel
mondo fisico ma può spingerci anche a viaggiare nei reami interiori.
Il cavallo è una terapia per lo spirito, uno specchio per l'anima. Sono
tanti i modi per contattare l'energia del cavallo ed esserne stimolati.
La cosa migliore sarebbe quella di relazionarsi a cavalli concreti,
intraprendendo con loro dei viaggi in natura, ma non sempre è possibile.
Questo libro ci permette di fare viaggi interiori, collegandoci allo spirito dei cavalli. Immergiamoci allora in noi stessi. E ad ogni racconto
mettiamo a fuoco un possibile percorso con il cavallo.
Celebriamo insieme il viaggio trovando una via interpretativa all'unica
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cosa per la quale vale la pena di vivere, l'amore!
Equitiamo è per chi ama davvero. O vuole cominciare a farlo.
Un grazie a tutti gli autori che hanno contribuito alla creazione di
questa opera donandola a scopo di beneficenza alla onlus Horse
Angels che si occupa in Italia di tutela degli equini. Salviamo i cavalli
per salvare noi stessi. Amiamo i cavalli per amare la vita.
Buon viaggio insieme a noi!
Roberta Ravello
Presidente e Fondatore di Horse Angels onlus
www.horse-angels.it
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RINGRAZIAMENTI
Questo volume è il risultato di un sogno. Il mio sogno di fare concretamente qualcosa per aiutare i cavalli in difficoltà.
Ma la sua realizzazione non sarebbe stata possibile se tante persone,
diverse per provenienza, età, sesso, lingua e abitudini non avessero
avuto lo stesso sogno.
Tanti sono i racconti racchiusi in questo libro: storie vere o di fantasia, tristi o a lieto fine, scritti con stili diversi... ma con in comune
l’AMORE, e il rispetto.
Grazie, di cuore, a tutti colori che hanno dato il loro prezioso contribuito alla nascita di “Equi-ti-amo” raccontando la loro storia, condividendo momenti intimi, cogliendo attimi di complicità e raccontando il loro amore per i cavalli attraverso un’immagine.
Grazie a coloro che hanno messo a disposizione la loro arte, inviandoci disegni e dipinti.
Grazie a chi ha condiviso e divulgato il nostro progetto e a chi ci ha
sottoposto idee e consigli per migliorarlo.
L’energia positiva e l’entusiasmo che si respira tra queste pagine
proviene da ognuno di loro.
Grazie all’ Associazione Horse Angels Onlus per il suo impegno quotidiano in favore dei cavalli in difficoltà e per la costanza con la quale
persegue l’obiettivo di dare dignità e tutela ad un’intera specie.
Grazie anche a te che, con l’acquisto di questo libro contribuisci concretamente a sostenere i volontari di Horse Angels nei loro progetti.
“Equi ti amo” è il sogno di tutti noi, e ci auguriamo che possa aiutare
a realizzarne uno ancora più grande.
Barbara Miele
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MIO CAVALIERE
Ho ascoltato i tuoi aiuti
e ho passeggiato, trottato e galoppato.
Ho percepito le tue pressioni
e ho saltato, giostrato e spesso anche sbagliato.
Ho sentito la tua voce
e ho sbuffato, annusato e innumerevolmente nitrito.
Ho riconosciuto il tuo odore
e ho capito, gioito e molte volte anche sofferto.
Ma ti ringrazio
Per la coperta sotto la sella.
Per la sintonia del tuo assetto e il morso delicato.
Per il buon cibo e l’acqua fresca.
Per il box spazioso e la stalla ariosa.
Per la striglia leggera e la brusca decisa.
Per aver rispettato il mio afrore,
tollerato le incomprensioni,
curato le ferite.
Per esserti sempre rialzato con una carezza
e non con un pugno.
Per aver sussurrato al mio orecchio e letto nel mio occhio.
Per aver fatto di me un compagno e non una preda.
Per avermi trattato non da animale ma da cavallo.
E avermi trasformato da cavallo in amico.
Voglio dirti che per tutto questo,
per gli anni trascorsi insieme
e per tutti i sentimenti che abbiamo condiviso
il tuo peso è sempre stato lieve sul mio dorso
e la vita su questa terra degna di essere vissuta.
E sarò ancora felice
quando i miei appiombi non saranno più perfetti,
i miei muscoli non più possenti
e la testa non più orgogliosa sul collo poderoso
perché scorgerò sempre la tua figura avvicinarsi armoniosa
e riconoscerò la tua mano accarezzarmi gentile.
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E rasserenati. Io so
che mi sarà dolce anche morire
se l’ultima presenza che sentirò vicino sarai ancora tu,
mio cavaliere.
Paola Nascetti
Paola Nascetti è nata a Loiano e vive a Bologna.
Ha lavorato in ITAVIA e Alitalia. Attualmente è in pensione e sta scrivendo
romanzi gialli ambientati in Compagnia Aerea. Ama i cavalli e ha scritto racconti che ha riunito in una raccolta dal titolo “Le avventure di Wyatt,
Ciccio per gli amici” inedita.
Ha pubblicato il suo primo libro il cui titolo è WITT.
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QUELLA COPPIA ANTIPATICA
La ricordo benissimo, come se fosse successo ieri. Era la più antipatica ragazzina che mai fosse entrata nel mio maneggio. Già il nome,
Dorotea, vi sembra un nome possibile? Arrivò un pomeriggio, accompagnata dalla madre che aveva telefonato per prenotare la lezione di
prova. Se ne stavano lì, impettite ai bordi del campo. La signora, una
magrona con il naso già arricciato per la puzza delle stalle e lei, una
specie di nanerottola paffuta con la bocca all’ingiù che sembrava un
incrocio tra il nano Brontolo e mia zia Evelina. La lezione di prova fu
un disastro: Dorotea faceva continuamente il contrario di quello che le
dicevo ed io, all’epoca, avevo proprio un caratteraccio: mi arrabbiai
subito e mi misi a strillare. Nonostante ciò, la principessina decise che
il nostro era proprio il maneggio che faceva per lei e la madre arrivò
subito con il libretto di assegni tra le unghie smaltate, pronta a pagare in
un’unica soluzione tutto quello che c’era da pagare per l’intero anno e
forse anche per quello successivo, se solo glielo avessimo chiesto.
Bisognava però trovarle il pony giusto da affidarle in fida e anche
questo fu un disastro. Naturalmente non ne andava bene uno: quello
era troppo nervoso, quell’altro troppo addormentato, quell’altro ancora troppo vecchio o troppo giovane. Dopo un mese di tentativi, mia
moglie, che all’epoca era anche la segretaria del Circolo, propose di
restituirle i soldi e indirizzarla da qualche altra parte. Tutti, dal presidente agli stallieri, applaudirono la proposta.
“ Veramente – feci io – ci sarebbe ancora Tom”.
“Tom?”, strillarono tutti in coro.
Tom era un pony che ci era stato dato qualche anno fa, al posto di una
cambiale. Un nostro collega ci doveva dei soldi ma era un po’ in difficoltà e ci chiese invece di accettare questo animale. Premetto che per
me i cavalli sono tutte creature superiori e speciali, ma questo Tom, lo
devo riconoscere perfino io, era proprio inguaribilmente, indiscutibilmente brutto. Scuro ma non nero, un po’ tozzo di gambe e dal muso
leggermente asinino. Non solo: aveva anche un carattere proprio
infingardo, lento nell’obbedienza, pigro come pochi ma anche un po’
vigliacco. Nessuno lo voleva montare perché a nessuno si affezionava e
se imparava a fare qualcosa il giorno dopo l’aveva già dimenticata e
bisognava ricominciare da capo.
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Così lo usavamo come cavalcatura di riserva da appioppare a chi
arrivava per ultimo alle lezioni più affollate e non aveva mai vinto
nulla, nemmeno il “socialino” meno affollato.
Lo presentai a Dorotea che lo guardò e chiese con il suo consueto
tatto: “Ma cos’è ‘sto coso?”. Poi lo montò per un’oretta con la sua
solita faccia imbronciata, e quando scese, per mia sorpresa dichiarò:
“Va bene, sarà il mio cavallo”.
Bisogna riconoscere che la prese sul serio: veniva quasi tutti i giorni,
con qualsiasi tempo e con la mamma che le arrancava dietro sui lucidi stivali di marca che si infangavano. Si allenava senza pietà e vinsero insieme il primo dressage, il secondo, una garetta di completo e
qualche altra cosetta. Vincevano e se ne andavano. Spesso Dorotea
non rimaneva neanche fino alla premiazione e i premi glieli davamo
noi il giorno dopo. Andarono avanti così fino alle Regionali e poi
arrivarono le gare Nazionali. “Ma non puoi gareggiare con Tom! Devi
cambiare pony!” la implorai io, prevedendo la brutta figura per tutto
il circolo. Lei mi guardò dall’alto del suo metro e mezzo, socchiuse
gli occhietti e mi fece con una vocina adulta: “ Tu preoccupati del tuo
lavoro, a Tom ci penso io!”. E vinsero. Ma alla serata in suo onore che
avevamo organizzato al Circolo per festeggiare con tutti i soci, non si
presentò nemmeno.
Andarono avanti così per un po’ di anni: si allenavano, vincevano e se
ne andavano; uniti nelle vittorie e nell’antipatia. Intanto Tom invecchiava e Dorotea cresceva – anche se poco, a dir la verità. Col tempo
si assomigliavano sempre di più; gli stessi occhietti socchiusi, lo stesso grugno imbronciato.
Il rapporto con i pony, si sa, non può essere per sempre. I ragazzi
crescono e arriva sempre il momento in cui è necessario fare il salto
agli animali più grandi. Un brutto giorno le dovetti parlare seriamente:
“Dorotea, è arrivato il momento di pensare a un cambiamento, Tom
comincia ad avere i suoi anni e per te sta diventando troppo piccolo.
È il momento di passare a un vero cavallo, magari un bel purosangue
che ti darà un sacco di soddisfazioni!”
Stava finendo di strigliarlo, si voltò e mi guardò.
“Dici? E Tom cosa farà?”
“Rimane nella scuola. Può lavorare ancora qualche anno con i principianti poi si vedrà”.
Mi guardò con i suoi occhietti un po’ porcini e attaccò a sbraitare.
“Ascoltami bene, il mio Tom non diventerà il peluche di un branco di
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stupidi ragazzini. Penserò io a lui e tu non proverai a impedirmelo…
hai capito o devo strillare più forte?”
“Sì, Dorotea, ho capito”.
Fu velocissima ad organizzarsi, lo comprò proponendo lei stessa il
prezzo e dopo pochi giorni eccoli lì, tutti e due, accanto al van a noleggio, pronti a partire.
“Ho già fatto costruire un box nella mia casa in campagna, lo porterò
lì”.
“Ma non vuoi proseguire le gare, con un altro cavallo? Abbiamo delle
occasioni ottime, in questo momento.”
Sbuffò : “Che mi importa di fare tutte quelle gare, io voglio solo stare
con Tom. Lo porterò a fare delle passeggiate, ci sono posti bellissimi
vicino a casa mia, possiamo anche arrivare fino al mare, ci divertiremo un sacco. Sai, nessuno mi sa capire come lui”.
Lo fece salire nella vettura e nessuno dei due si girò per un ultimo
saluto mentre il furgoncino varcava il cancello del maneggio.
“Beh, erano proprio strani quei due!”, commentò lo stalliere Gino.
“Già – risposi io - ma devo ammettere che oggi Dorotea, per la prima
volta da quando la conosco, mi è sembrata proprio simpatica”.
Alessandra Benadusi è nata a Roma nel 1963. Laureata in Lettere, si specializza in Storia dell’Arte Medievale e Moderna. Ha insegnato materie
Letterarie e Storia dell’Arte. Ha fatto parte del comitato di redazione delle riviste “Otium” e “Cristiani nel Mondo”. Incarichi di collaborazione presso
ICCD del Ministero dei Beni Culturali per ricerche sulle metodologie di catalogazione della miniatura medievale.
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“Horse Man” di Denise Zangari
IL LEGAME
Francesca era giovanissima e veramente bella: lunghi capelli biondi,
occhi azzurri, dolcezza e vulnerabilità trasparivano in ogni suo gesto.
I suoi occhi erano lo specchio della sua anima e nel suo sguardo si
intravvedeva una grande tristezza, diventata quasi disperazione.
Quando stava in mezzo alla gente, manteneva sempre le distanze per
non farsi toccare, né fisicamente, né affettivamente. Era mamma di un
bel bimbo di due anni, ma non riusciva a comunicare, giocare, ridere
con lui, e ciò la riempiva di sensi di colpa. Da anni aveva iniziato a
prendere degli psicofarmaci per sentirsi più serena, ma si era
comunque allontanata dalle persone che le volevano bene.
La conobbi in un centro di riabilitazione per persone dipendenti.
Lei era in cura e io frequentavo il terzo anno del tirocinio di formazione
come educatrice sociale. Il direttore mi aveva scelta per le mie
conoscenze sui cavalli e dell’equitazione. Infatti quel centro offriva ai
residenti la possibilità di beneficiare dell’ippoterapia. Il contatto con i
cavalli permetteva loro di ritrovare un piacere semplice e richiedeva
inoltre impegno personale, attacamento e senso di responsabilità.
Le sedute di ippoterapia si svolgevano in un piccolo ranch dove, oltre
ai due che appartenevano al centro, c’erano altri sei cavalli. Il ranch,
fortemente voluto da una signora con una grande passione per i cavalli, era ubicato in un paesino a metà di una ripida montagna.
Apache e Jimmy erano arrivati un mese prima.
Il direttore del centro li aveva scelti della razza delle FranchesMontagnes: piccoli, ma robusti e tranquilli. Jimmy, un castrone baio: era
il più grande, anche in età (cinque anni). Rispetto al suo “collega” era il
più coccolone e tranquillo. Apache invece, forse a causa della sua giovane età, era più sensibile e diffidente, si teneva a distanza di sicurezza
fino a quando capiva che poteva fidarsi, ma quando questo accadeva
diventava il più affidabile e leale compagno.
I corsi di ippoterapia duravano tutta la giornata e vi partecipavano da
uno a quattro residenti del centro alla volta. La nostra giornata iniziava di buon’ora: per prima cosa foraggiavamo i cavalli e pulivamo i box,
in seguito li strigliavamo e solo dopo che i loro bisogni primari erano
stati soddisfatti venivano sellati e i partecipanti potevano cavalcare.
Mangiavamo sul posto e nel pomeriggio, con l’ausilio di Apache e
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Jimmy, organizzavamo altre attività ludiche e didattiche nei dintorni
della struttura che ci ospitava.
La giornata con i cavalli finiva tra le 16 e le 16.30, orario in cui
normalmente rientravamo al centro. Percorrendo il tragitto che ci
riportava a casa, e che durava una ventina di minuti, discutevamo
della giornata trascorsa, ci raccontavamo le nostre impressioni, le sensazioni, le difficoltà incontrate e condividevamo tra noi scoperte che
avevamo fatto su noi stessi.
Quel giorno, Francesca era sola con me. Veniva al ranch per la prima
volta, non si era mai avvicinata ad un cavallo ed era in ansia. Per darle
sicurezza, le diedi alcune informazioni sul cavallo: che tipo di animale
è, come reagisce, in cosa dobbiamo essere cauti e quando, invece, ci
dobbiamo imporre. Man mano che ci avvicinavamo alla meta la sua
tensione aumentava in modo esponenziale, fino a diventare tangibile.
Arrivammo a destinazione e fui sorpresa di trovare tutti i cavalli liberi
nel primo recinto: dovevamo dunque attraversarlo passando in mezzo
a loro. Francesca portava la borsa col pane secco quando entrammo
nel paddock.
Tutto accadde molto in fretta ed in modo imprevisto: la cavalla dominante alzò l’orecchio al rumore dalla borsa e nitrì. Gli alri alzarono
la testa. Nitrirono. La cavalla si avvicinò a Francesca. Gli altri la
seguirono. Lei allungò il passo. Anche gli altri accelerarono.
Francesca si fermò. Otto cavalli al trotto, ormai raggruppati, le
arrivarono addosso. La donna indietreggiò e si pietrificò. Per salvarla,
le strappai di mano la borsa di pane, e i cavalli mi seguirono dall’altra parte del parco permettendo a Francesca di attraversarlo e “mettersi in salvo”. La giornata era cominciata dal modo peggiore.
Durante l’ora seguente, il traumatico primo impatto fu dimenticato.
Ormai lontane dal recinto ci occupammo dei box. Francesca riprese
fiato e il suo colorito abituale. Parlammo dell’accaduto bevendo un tè,
e mi confidò che la paura era stata grande e che era stata tentata di
scappare immediatamente da quel posto. Le proposi di provare a
strigliare un cavallo per sostituire con un’esperienza positiva il trauma del primo contatto. Coraggiosamente lei accettò e scelse Apache.
Andai a prenderlo al pascolo, lo legai e porsi a Francesca le spazzole.
Messa a confronto con l’animale, a contatto stretto, la paura s’impadronì di lei. Io cercavo di rassicurarla, senza grande risultato.
Le dissi allora che poteva scegliere di andarsene e tornare al centro.
A quel punto Francesca, che aveva un grande cuore, raccolse tutto il suo
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coraggio e cominciò a strigliare Apache con timore, ma con grande
volontà. Mi confidò, durante il viaggio di rientro, che fu l’assenza di
obbligo a liberarla dalle sue paure; era stata lei, e lei sola, ad aver scelto di restare e provare.
Quella era stata una buona decisione per Francesca, sia per quel giorno
che per la sua vita, e gli eventi futuri ce lo avrebbero dimostrato.
Nel corso della giornata, sotto i miei occhi increduli, la complicità fra
Apache e la giovane donna non smise di crescere. Quando lo strigliò,
il cavallino rimase freddo, come sempre faceva in presenza di
estranei, poi, pian piano, si rilassò. Quando Francesca lo montò - ed
era la sua prima volta - lo guidò con dolcezza e fermezza e riuscì ad
ottenere da Apache tutto ciò che chiedeva. Più tardi, nel pomeriggio,
andammo a passeggiare, tenendo Apache con la cavezza. Francesca si
mise a correre con lui, a ridere, finalmente libera dalla paura e dai suoi
pensieri. La giovane donna ritrovò così la spensieratezza dell’infanzia,
che aveva perso troppo presto.
Mi disse che si sentiva fiera e grata.
Un’amicizia era nata fra lei e il piccolo sauro. Si era sentita fiduciosa,
lontana dagli sguardi malevoli, con un animale che le permetteva di
essere semplicemente se stessa.
Apache l’aveva resa felice... sì... felice...
La domenica seguente, Francesca portò suo figlio al centro, per una visita. Da lontano guardavo la giovane mamma ridere e giocare col suo
tesoro. Era la prima volta. Da quando la conoscevo, l’avevo sempre
vista distante e triste. La Francesca che vidi quella domenica era diversa... stava rifiorendo. E il suo cambiamento era il primo, tangibile segno
di un percorso iniziato tre giorni prima, al ranch.
In quel tenero quadretto familiare mancava solo Apache che, con il suo
essere cavallo, senza chiedere nulla, era diventato il ponte tra Francesca,
il suo mondo e i suoi legami.
Adriana Ciardo-Cavada nasce il 20 dicembre 1972 à Martigny, in Svizzera. Da
sempre appassionata di cavalli, pratica l’equitazione dall’età di 13 anni, attività che svolge regolarmente fino ai 20 anni, facendo essenzialmente salto.
Dopo il liceo studia per diventare educatrice sociale. Durante il tirocinio del
terzo anno scopre l’ippoterapia, chiamata in Svizzera “terapia con il cavallo”,
e lavora per otto anni in una fattoria pedagogica e terapeutica con bambini,
adolescenti e adulti con vari tipi di handicap sociale, psichico, mentale e fisico.
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KING: IL RE CIECO!
Quando arrivò in maneggio, nel settembre del 2006, ceduto da un
avvocato della zona, era uno dei tanti. Un mezzosangue di 5 anni, dal
mantello grigio scuro, di bell’aspetto e completamente sdomo a sella.
Arrivò al “Raggio di sole”, un centro dedito alla ippoterapia per disabili. E come tutti i cavalli che finivano in quel circolo, era stato donato da persone che non potevano o volevano più mantenerlo. Le
ragazze lo battezzarono King per il suo aspetto regale; ma guarda a caso
gli calzava a pennello.
Elisa e Erika si misero a lavorarlo subito per renderlo idoneo alle
attività da svolgere. Era strabiliante vedere con quale velocità King
apprendeva e con quale grinta faceva ogni cosa che gli si proponeva.
Ma allo stesso tempo King era un Re un tantino bisbetico: sgroppate,
stop non richiesti e scarti erano all’ordine del giorno, tanto che le
ragazze incominciarono a pressare l’ex proprietario per restituirglielo.
E poi l'imprevisto. La notte di Pasqua del 2007 King la passò fuori
insieme ai pony e, inspiegabilmente, il mattino seguente era là, fermo,
nel mezzo del recinto grande, immobile e fatalmente cieco! Gli animali erano venuti a contatto con una sostanza caustica irritante.
Dopo un momento di sconcerto, si chiamò la veterinaria che, data la
gravità dei fatti, intervenne immediatamente.
I pony presentavano lesioni oculari e dermatologiche a labbra e naso,
ma, fortunatamente, si ristabilirono nel giro di pochi mesi senza
riportare danni permanenti.
King invece aveva ulcere su tutto il corpo e gli occhi completamente
bianchi. Che disdetta!
I fortissimi dolori che provava King resero estremamente difficoltoso
l’avvicinamento per la medicazione, tanto che decisero di sedarlo ad
ogni intervento, cioè ben otto volte al giorno. Un gruppo di ragazze
lavorarono giorno e notte, per settimane, per cercare di salvare la vista
di King, ma purtroppo entrambi gli occhi peggiorarono.
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King affrontò più di un intervento in clinica perse definitivamente un
occhio. Sull'altro venne effettuato un trapianto completo della cornea,
seguito da un lungo periodo di riabilitazione con le terapie del caso.
Eppure non desiderava altro che tornare a correre come il vento, come
una volta! Le ragazze se ne accorsero e ripresero l’addestramento, per
dargli qualche soddisfazione.
Quando venne il momento, Elisa aveva il cuore che le batteva a mille.
Sapeva che quello sarebbe stato un momento che avrebbe ricordato
per tutta la vita! Sentiva la voglia di correre di King dentro di sé, ma
anche la paura che tutto quello che avevano costruito insieme fino a
prima dell’incidente fosse andato perduto. Salì e lui si fidò di lei.
Avanzava sicuro, trottava, galoppava, la ascoltava. Un miscuglio di
sensazioni la avvolse. Sentirlo così attento e sicuro la rese forte, lei era
i suoi occhi in quel momento, tanto che decise di cavalcarlo a pelo,
senza l’ausilio di sella e redini, senza nulla che si frapponesse tra loro.
Per un po’le cose funzionarono.
Gli ostacoli maggiori sembravano superati.
King vide dall’occhio rimasto per due anni ancora, fino all’agosto
2009, quando purtroppo peggiorò tanto da dover affrontare un ennesimo viaggio in clinica, per la definitiva asportazione.
Era cieco.
Quante persone, medici e non, si chiesero se non fosse meglio abbatterlo anziché ostinarsi a volerlo salvare a tutti i costi. Ma King sembrava non volersi arrendere mai. Lui continuava a mangiare e a bere
nonostante le ferite e le sofferenze, e a lottare ogni giorno manifestando la sua voglia di vivere. Non si poteva non ascoltare il suo volere.
King ha insegnato a tutti noi che stavamo ad osservarlo.
Sì, un cavallo disabile, ma da solo riesce a fare l’indispensabile per
vivere: mangia, beve e si muove, anche se solo al passo, mentre con
l’aiuto dell’uomo, se guidato bene e con rispetto, fa tutto quello che
fanno anche gli altri cavalli, viene montato, a pelo e senza morso, trotta e galoppa; ha sviluppato capacità di fidarsi delle persone che lo
gestiscono, dal maniscalco ai bambini che lo puliscono.
E per me è un eroe.
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Questo racconto è un omaggio a King, alla sua voglia di vivere, un
tributo al maneggio che lo ha salvato, nonostante la sua disabilità permanente. E’ un riconoscimento alla vita, che va difesa con le unghie e
con i denti, perché a darle peso è la nostra volontà di metterci in discussione fino all’ultimo. Nonostante le difficoltà, gli ostacoli, le
tragedie, occorre difendere l'amore che salva tutto. Esso solo dà valore alla vita.
Alice Casadei ha 24 anni, svolge attività di volontariato per la tutela
equina. Pratica l’equitazione fin da ragazzina e partecipa a raduni e
trakking a cavallo. Ha conosciuto molti cavalli con storie belle nella
sua piccolissima “carriera da amazzone” ma la storia di King è certamente quella che l’ha colpita di più nel profondo e con questo
racconto ha provato a trasmettere nel migliore dei modi gli insegnamenti che ha appreso dal cavallo.
21
INDICE
PREFAZIONE di Roberta Ravello................................................................5
Ringraziamenti..............................................................................................7
Mio cavaliere...........................................................................................9
Quella coppia antipatica..........................................................................11
Il legame................................................................................................15
King: il re cieco......................................................................................19
Preludio di un addio................................................................................23
Salemi: tappa di viaggio.........................................................................27
Io prima ero un cavallo.....................................................................29
Voi siete le frecce...................................................................................31
Teo ed io...............................................................................................35
I miei gioielli.........................................................................................39
Una puledra un po’ speciale.................................................................43
Il cavaliere bianco.....................................................................................47
Il coraggio di comprendere la propria natura...............................................51
Perla, alba dei miei giorni............................................................................55
“Ogni momento trascorso in compagnia di un cavallo non è mai perso”.....59
Il bivacco notturno.............................................................................63
Furia.........................................................................................67
Voglia di amare, voglia di vivere..........................................................75
Tamara...............................................................................................79
Una grande perdita.......................................................................................83
Io e te.....................................................................................................87
Non abbiamo bisogno di parole.................................................................91
Diego e Balengo.....................................................................................95
Palomà..........................................................................................97
Un sogno e dolce ricordo....................................................................101
Lamenti................................................................................................103
Consapevolmente controcorrente...........................................................107
Un amore a sei zampe.................................................................109
Un giorno questo dolore ti sarà utile.........................................................113
Equi ti amo
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