LA FORMAZIONE INTERNA NEL CONTRATTO DI
APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE
Vilmo Pescara Gennaio 2009 Consulente del Lavoro in Novara Il contratto di apprendistato è stato oggetto, nel corso degli anni, di profondi cambiamenti e innovazioni. In particolare il Decreto Legislativo n. 276/2003 ha introdotto tre distinte tipologie contrattuali, diversificate per finalità e fasce di età dei destinatari ma accomunate dalla caratteristica di coniugare lavoro e formazione: a) il contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto­dovere di istruzione e formazione (art. 48 D.Lgs. 276/2003, e successive modifiche e integrazioni), finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale. Possono essere assunti con tale tipo di contratto i giovani e gli adolescenti che abbiano compiuto, attualmente, i 16 anni, per una durata variabile a seconda della qualifica da conseguire e delle precedenti esperienze formative; b) il contratto di apprendistato professionalizzante (art. 49). Tale contratto può essere stipulato con i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni, per una durata massima di 6 anni in funzione della qualificazione da conseguire attraverso la formazione sul lavoro e la formazione formale, interna od esterna all’azienda; c) il contratto di apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione ‐ cosiddetto alto apprendistato ‐ (art. 50) riservato ai giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni. L’assetto complessivo di un simile modello contrattuale si è presentato, fin da subito, particolarmente frammentato, per via del ruolo affidato dalla stessa disciplina legislativa alle regioni e alla contrattazione collettiva. L’intreccio delle regolamentazioni legittimate ad intervenire a livello territoriale e contrattuale in materia di apprendistato professionalizzante ha creato, infatti, non pochi problemi ai fini della concreta operatività di tale contratto, soprattutto se si pensa ai conflitti sorti, al riguardo, tra Stato e regioni per la ripartizione delle rispettive competenze, per lo più in materia di formazione. Le difficoltà legate alla pluralità dei soggetti coinvolti nella regolamentazione dell’apprendistato professionalizzante ha sollecitato, in tal senso, l’intervento della Corte Costituzionale (tra le principali, si veda la sentenza n. 50 del 2005) nonché del Ministero del Lavoro, il cui apporto risulta visibile nel tempo attraverso numerose circolari e interpelli. Al di là dei chiarimenti forniti in sede interpretativa, decisiva si è rivelata poi, la scelta del legislatore (decreto legge n. 35 del 2005, convertito con la legge n. 80/2005) di affidare, in via transitoria, ai contratti collettivi nazionali di categoria la disciplina dell’apprendistato professionalizzante, in attesa dell’emanazione da parte delle regioni di apposite leggi regionali (art. 49, comma 5 bis, d.lgs. n. 276/2003). Così facendo, si è cercato di sopperire ai ritardi delle regioni, allo scopo di promuovere, a livello di contrattazione collettiva, l’attuazione del contratto di apprendistato professionalizzante che, altrimenti, rischiava di restare solo sulla carta. LE NOVITÀ INTRODOTTE DAL D.L. 112/2008 Nel solco della segnalata tendenza ad agevolare l’implementazione dell’apprendistato professionalizzante si collocano, da ultimo, le significative modifiche introdotte per effetto del decreto legge n. 112/2008 (convertito con legge n. 133/2008), che, nell’ambito di un più vasto intervento generale in termini di sviluppo economico, semplificazione e competitività, si è occupato, per quel che qui ci interessa, di durata minima e profili formativi dell’apprendistato professionalizzante. il decreto legge n. 112/2008 ha infatti inserito le seguenti modifiche all’impianto normativo dell’apprendistato professionalizzante: 1) l’eliminazione del limite minimo (2 anni) di durata dell’apprendistato professionalizzante che ora, pertanto, (art. 49, comma 1, d.lgs. n. 276/2003) resta vincolato solo alla previsione di una durata massima non superiore a 6 anni il cui l’effetto immediato è quello di rendere legittimo il contratto di apprendistato per rapporti di tipo “stagionale”; 2) la previsione della formazione esclusivamente aziendale, in alternativa all’offerta formativa pubblica affidata alle regioni. LA FORMAZIONE AZIENDALE La novità più importante del citato intervento del legislatore risulta contentuto all’art. 23, comma 2 del D.l. 112/2008 che ha introdotto un nuovo comma all’art. 49 del D.lgs 276/03, il 5‐ter, prevedendo che, in caso di formazione esclusivamente aziendale, la definizione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sia integralmente rimessa alle clausole e alle indicazioni dei contratti collettivi siano essi nazionali, territoriali o aziendali stipulati fra le parti comparativamente più rappresentative ovvero agli Enti Bilaterali, escludendo così quanto previsto al comma 5 del medesimo articolo (esclusione prevista dalla norma stessa) il quale, ricordiamo, individua nelle Regioni e nelle Provincie Autonome, i soggetti cui viene riconosciuta la capacità di regolare i profili formativi attraverso apposita Legge Regionale. È evidente, dunque, la volontà di dare nuovo impulso all’istituto contrattuale dell’apprendistato professionalizzante attraverso la valorizzazione della contrattazione collettiva o degli enti bilaterali chiamati a definire la nozione di formazione aziendale e a determinare, per ciascun profilo formativo, «la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo». Del resto, la disciplina così introdotta è risultata immediatamente operativa pure in riferimento ai contratti collettivi che avessero già delineato la nozione di formazione aziendale alla luce del quadro normativo preesistente. Sono pertanto tre i profili che i contratti collettivi di qualsiasi livello o gli enti bilaterali devono definire affinché sia possibile attuare la disposizione normativa. 1) individuare la nozione di formazione aziendale; 2) individuare i profili formativi di riferimento e, per ciascun profilo formativo, vanno determinati durata e modalità di erogazione della formazione; 3) Stabilire le modalità del riconoscimento della formazione effettuata ai fini dell’attribuzione della qualifica professionale contrattualmente definita. Come ha chiarito il Ministero del Lavoro alla risposta ad interpello del 7 ottobre 2008, per formazione “interna” non si intende una formazione che avviene fisicamente all’interno dell’azienda, ma si intende un tipo di formazione che non si avvale dell’intervento pubblico direttamente o indirettamente, in primis per quanto riguarda il finanziamento. Ciò non esclude, in ogni caso, che le regioni possano decidere di riservare finanziamenti e agevolazioni perfino alle imprese che scelgano la formazione esclusivamente aziendale. Va detto, peraltro, che, all’indomani dell’introduzione del predetto comma 5 ter dell’art. 49, d.lgs. n. 276/2003, alcune regioni (tra cui Lazio, Calabria, Basilicata, Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Marche e Piemonte) sono ricorse alla Corte Costituzionale per far dichiarare l’illegittimità costituzionale della norma che ha introdotto il canale parallelo della formazione esclusivamente aziendale. Con risposta ad interpello avanzato dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana), il Ministero del Lavoro, lo scorso 6 febbraio 2009, ha, infine, precisato che la disciplina di cui al comma 5 ter dell’art. 49, d.lgs. n. 276/2003 può trovare applicazione anche ai rapporti di apprendistato in essere e stipulati per effetto delle previsioni contenute nei commi 5 e 5 bis del medesimo articolo 49. I PRIMI ADEGUAMENTI CONTRATTUALI – L’ACCORDO DEL 23 SETTEMBRE 2009 SUL COMMERCIO Ad oggi un solo settore ha consapevolmente e interamente colto le potenzialità dell’apprendistato in formazione aziendale attraverso una disciplina specifica di implementazione della riforma. Si tratta del settore che raggruppa le imprese del commercio sottoscritto il 23 settembre 2009 fra Confcommercio e le associazioni sindacali CGIL CISL e UIL. L’accordo, nel definire i profili formativi ricalca, nel suo impianto generale, quanto già stabilito nell’accordo del luglio 2004 e di quanto già formalizzato nei profili ISFOL del 2002 del settore. La formazione si articola in contenuti trasversali di base e di contenuti tecnico professionali. Questi ultimi sono articolati in settore area e profilo e saranno oggetto di successivi accordi anche se per il momento sono utilizzabili i già citati profili articolati ISFOL del 2002. Il datore di lavoro quindi potrà scegliere nell’articolazione ISFOL le competenze di profilo più idonee al percorso professionale dell’apprendista. I formatori, figure con profili professionali che abbiano competenze “coerenti” con il percorso formativo dell’apprendista, possono essere figure interne o esterne all’azienda ovvero lo stesso datore di lavoro. Sostituiscono in toto la figura prevista del tutor (compreso il bagaglio formativo che lo caratterizza) che rimane solo nel caso in cui si attivi una formazione curata dalla Regione. In particolare il referente esterno è quella figura di riferimento per l’apprendista quando l’azienda ha scelto di erogare formazione attraverso l’ausilio di enti formatori specifici (sia accreditati o meno dalla Regione). L’erogazione della formazione potrà avvenire attraverso corsi in aula o a distanza gestiti direttamente dall’azienda o demandati ad enti esterni (v. supra), on the job, liberalizzando quindi una formazione da effettuarsi sul campo ovvero una correlata integrazione delle forme descritte. La certificazione del percorso effettuato è prevista al termine del rapporto di apprendistato, in attesa che venga istituito a livello nazionale il libretto formativo individuale. Si ritiene comunque opportuno che siano periodicamente annotati le attività formative espletate in chiave ispettiva. LA FORMAZIONE “ORDINARIA” – L’ESPERIENZA IN REGIONE LOMBARDIA Ove non opera la previsione del comma 5 ter (formazione di tipo interno) opera la formazione “ordinaria” gestita dalla Regione con le sue caratteristiche e conformazioni delineate da apposita Legge Regionale prevista dallo stesso art. 49 del D.lgs 276/03. In Regione Lombardia, pur non essendo stata emanata apposita Legge Regionale che determini i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante, è stato conclusa, dopo un esperimento durato due anni, una “Intesa sulla regolamentazione dei profili formativi per l’apprendistato professionalizzante ai sensi dell’art. 49, comma 5 del D.lgs 276/03” fra la Regione Lombardia e le Associazioni imprenditoriali e le OO.SS. dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano regionale nel maggio del 2008. Essa prevede e definisce il ruolo delle parti firmatarie nella messa a punto di un repertorio regionale degli standard formativi che rappresenta il riferimento per la progettazione e la realizzazione dei percorsi di formazione in apprendistato. L’intesa raggiunta, oltre a individuare i soggetti che rientrano nella gestione del sistema apprendistato, offre le linee guida di programmazione e gestione dell’offerta dei servizi integrati da realizzarsi con finanziamenti pubblici. In particolare si prevede che le risorse disponibili vengano erogate sulla base del criterio di congruità dell’insieme dei servizi offerti all’apprendista e all’impresa attraverso due parametri di finanziamento in rapporto alla dichiarata capacità formativa da parte dell’impresa di provenienza. (formazione formale e correlato finanziamento) La capacità formativa interna è un requisito che l’intesa di cui sopra attribuisce alle imprese che hanno le seguenti caratteristiche: a) Presenza di tutor aziendale in possesso di caratteristiche e requisiti minimi previsti dal D.M. n.22 del 28/2/2000; b) Disponibilità di risorse umane (imprenditore, dipendenti o collaboratori esterni) idonee al trasferimento di competenze tecnico‐professionali coerenti con il profilo formativo dell’apprendista; c) Disponibilità di locali/attrezzature idonei ai fini del corretto svolgimento della formazione formale rivolta all’acquisizione di competenze tecnico professionali: La capacità di formazione interna permette all’azienda di accedere ai finanziamenti pubblici regionali per attivare la formazione formale integrata, quella cioè effettuata combinando le capacità aziendali con apporti formativi esterni resi da strutture accreditate. Si vuole inoltre ricordare che, come ben sottolineato dal comunicato congiunto emesso in occasione della firma della predetta intesa, viste le non adeguate risorse economiche poste a disposizione, oltre ad essere sollecitata la Regione Lombardia all’individuazione di risorse maggiori per realizzare le attività formative coerenti col numero degli apprendisti, viene evidenziato che resta in capo all’impresa l’obbligo e l’onere di garantire la corretta formazione dell’apprendista, ai sensi dell’art. 53 del D.lgs 276/03, ed in modo particolare al suo finanziamento. Pertanto ove le risorse pubbliche non siano sufficienti a garantire una completa copertura delle esigenze formative degli apprendisti, saranno le aziende ad essere chiamate a colmare tale lacuna, restando comunque garantito il diritto alla formazione attraverso il percorsi stabiliti. Si conclude il presente lavoro con una riflessione sul ruolo che l’apprendistato dovrà svolgere nel prossimo futuro; il recentissimo voto in Commissione sul “collegato lavoro”, in discussione in Parlamento in questi giorni, che ha di fatto reintrodotto la possibilità di un avvio all’apprendistato già dai 15 anni, denota ancora una volta una spiccata attenzione allo tipologia contrattuale che a distanza di 7 anni dalla sua introduzione non ha ancora trovato l’assetto più idoneo a garantire l’effettivo importante ruolo che è chiamato a compiere. 
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