Tracce d’eternità
La rivista elettronica del mistero Anno II Nr. 8 (Maggio 2010)
IL CERVELLO RETTILE
E I “RAPIMENTI ALIENI”
di eSQuel»
LE APPARIZIONI
MARIANE DI
ZEITUN, IN
EGITTO
di Bruno Severi
LE FIRME DI
QUESTO NUMERO
Philip Mantle
Ivan Mackerle
Michael Seabrook
Yuri Leveratto
Bruno Severi
Andrea della Ventura
Maurizio Martinelli
Roberto La Paglia
Domenico Dati
Aldo C. Marturano
Massimo Maravalli
Luciano Scognamiglio
David Lombardi
Ines Curzio
Noemi Stefani
Antonella Beccaria
Osvaldo Carigi
Stefania Tavanti
Alateus
eSQuel
Simonetta Santandrea
Simone Barcelli
Gianluca Rampini
MERAVIGLIOSE
INTERVISTA A
HAWAII
NORIO
HAYAKAWA
di Noemi
Stefani
LA VALLE DELLA MORTE
di Gianluca
Rampini
di Ivan Mackerle
(traduzione di Germana Maciocci)
LA PIRAMIDE DI FALICON
di Osvaldo Carigi e Stefania Tavanti
SIMBOLI E MITI
di Roberto La Paglia
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testata giornalistica, infatti non ha alcuna periodicità.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale,
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collaboratori. Per l’eventuale utilizzo di testi e immagini
è necessario contattare i rispettivi autori.
NOTE A MARGINE
***
Simonetta Santandrea
Simonetta Santandrea
ha 39 anni ed è la
fondatrice del gruppo
“Tracce d’eternità” sulla
piattaforma Facebook,
gruppo di cui tuttora
è responsabile.
Si occupa di Storia Antica e
in rete collabora con
Luoghi Misteriosi,
Paleoseti ed altri siti
tematici.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
CONTENUTI
Yuri Leveratto
L’enigma del monolito di Pokotia,
emblema della civiltà Pukara
pag.47
NOTE A MARGINE
Simonetta Santandrea
***
Andrea della Ventura
Messico, una terra di numerose
segnalazioni ufologiche
pag.99
pag.2
Osvaldo Carigi e Stefania Tavanti
La piramide di Falicon
pag.51
LIBRARSI
Simonetta Santandrea
“Perché Darwin sbaglia”
(What Darwin Got Wrong),
di Jerry Fodor e Massimo Piattelli
Palmarini
pag.9
ARCHEOUFOLOGIA
DOCUMENTI
Aldo C. Marturano
Alla ricerca della
mitologia slavo-russa
pag.106
SCIENZA DI FRONTIERA
Massimo Maravalli
Magnetismo dissociante
pag.113
XAARAN
Antonella Beccaria
La strategia della tensione
tra Belgio e Italia
Domenico Dati
L’astronauta di Palenque
pag.11
LE INTERVISTE
DI GIANLUCA RAMPINI
LIFE AFTER LIFE
pag.59
David Lombardi
Arca dell’Alleanza
la teoria clipeologica
Gianluca Rampini
Norio Hayakawa
Noemi Stefani
Una domanda senza risposta
pag.115
ALTRE VERITA’
pag.64
pag.13
Alateus
Inferno e Paradiso
DREAMLAND
pag.117
Gianluca Rampini
Il caso Hill oltre le apparenze
pag.66
PARANORMALE
eSQuel
Il cervello rettile
e i rapimenti alieni
CONFESSO, HO VIAGGIATO
Noemi Stefani
Meravigliose Hawaii
UFOLOGIA
pag.119
pag.20
Bruno Severi
Le apparizioni mariane
di Zeitun, in Egitto
Maurizio Martinelli
Genetica da un punto di
vista non terrestre
pag.26
GLI ANELLI MANCANTI
pag.76
Ivan Mackerle
La valle della morte
(traduzione di Germana Maciocci)
pag.83
ESOTERISMO
Roberto La Paglia
Simboli e Miti
Ines Curzio
La civiltà Iperborea
e il popolo celtico
pag.125
pag.37
Michael Seabrook
L'Est di Iside
l'Ovest di Nefti
pag.103
ARCHEOLOGIA
Simone Barcelli
La furia di Tlaloc
pag.42
Luciano Scognamiglio
la Programmazione
Neuro-Linguistica
nello studio delle interferenze aliene
pag.88
Philip Mantle
L’eredità di Roswell
Un colloquio con il
Dott. Jesse Marcel jr
(traduzione di Sabrina Pasqualetto)
pag.93
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
APPUNTAMENTO
ALLA FINE DI
LUGLIO PER IL
NR. 9 DI
TRACCE
D’ETERNITÀ
REDAZIONE E COLLABORATORI
REDAZIONE
Simonetta Santandrea
[email protected]
Gianluca Rampini
[email protected]
Simone Barcelli
[email protected]
Traduzioni
Sabrina Pasqualetto
[email protected]
Anna Florio
[email protected]
Antonio Nicolosi
[email protected]
Germana Maciocci
[email protected]
COLLABORATORI ED
AUTORI
Numero 8
(Maggio 2010)
Portale
simonebarcelli.org
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Michael Seabrook
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Marisol Roldàn Sànchez
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José Antonio Roldàn
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Malcolm Robinson
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Heinz Insu Fenkl
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J. Antonio Huneeus
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Antonella Beccaria
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Simone Barcelli
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Teodoro Di Stasi
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eSQuel
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Enrico Baccarini
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Gianluca Rampini
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TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Simonetta Santandrea
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Antonio Crasto
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Monica Caron
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David Lombardi
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Massimo Bonasorte
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Andrea della Ventura
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RIVISTA ELETTRONICA
LIBRI ELETTRONICI
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
LA RIVISTA ELETTRONICA DEL
CENTRO UFOLOGICO TARANTO
La rivista on line “Ieri, Oggi, Domani” del CENTRO UFOLOGICO TARANTO
centroufologicotaranto.wordpress.com è giunta al quarto e quinto numero.
Ecco i links per sfogliare come un vero e proprio giornale ed ingrandire la rivista del Centro
Ufologico Taranto
Numero 4
http://it.calameo.com/read/0000944438d57f306c1fb
Numero 5
http://en.calameo.com/read/0000944432d2dc469139c
Per richiedere la rivista in versione Pdf basta inviare una email a
[email protected]
Per contattare gli articolisti del Centro Ufologico Taranto
Vincenzo Puletto [email protected]
Antonio De Comite [email protected]
Eugenio Palese [email protected]
Franco Pavone [email protected]
Antonello Vozza [email protected]
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
LA RIVISTA ELETTRONICA
NAUTILUS MAGAZINE 3.0
“Nautilus Magazine 3.0”, rivista elettronica che si occupa, in parte, delle tematiche di
“Tracce d’eternità”, è on line, sulla piattaforma Scribd, col secondo numero.
Sotto la geniale guida di Maurizio Decollanz, il mensile è uno spazio di approfondimento
di Nautilus Truth Magazine e Nautilus Travel Magazine.
Ecco il link per sfogliare la rivista:
http://www.scribd.com/doc/29094612/Nautilus-Magazine-3-0-Numero-Due
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
LIBRARSI
“PERCHÉ DARWIN SBAGLIA”
(WHAT DARWIN GOT WRONG)
DI JERRY FODOR E MASSIMO
PIATTELLI PALMARINI
Simonetta Santandrea
Listino € 25,00
Editore Feltrinelli
Collana Campi del sapere
Data uscita 21/04/2010
Pagine 272, brossura
Lingua Italiano
EAN 9788807104572
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
“Quando Jerry Fodor ed io
stavamo scrivendo il nostro
libro, Gli errori di Darwin
(pubblicato in America, ora
in uscita da Feltrinelli),
sapevamo
che
avrebbe
provocato un vespaio.
E infatti sosteniamo che il
neodarwinismo, cioè una
spiegazione
dell'
evoluzione
del
vivente
centrata sul processo di
selezione
naturale,
è
nettamente superato.
Dal momento che questa
teoria è ancora considerata
dalla
mag-gioranza
dei
biologi il fulcro di una
concezione
genuinamente
scientifica dell' evoluzione,
non ci stupiamo delle
stroncature già ricevute,
alcune addirittura velenose
e talvolta sguaiate, per
esempio
quella
dell'evoluzionista
americano Michael Ruse
sul «Boston Globe» e
quella
del
genetista
italiano Guido Barbujani
sul «Sole 24 Ore».
Assai gradite e non attese
sono
state,
invece,
le
recensioni
positive
(sul
«Guardian»,
«Sun-day
Times» e «Scotsman Five
Star Reviews») e in Italia
(Nicoletta
Tiliacos
sul
«Foglio» e Roberto de
Mattei sul «Gior-nale»).
Una civilissima ma anche
robu-sta tirata d'orecchie
mi è stata personalmente
data da Luigi Luca CavalliSforza
(«Repub-blica»),
decano dei genetisti ed
evoluzionisti italiani, di cui
mi onoro di essere amico
da molti anni e che tanti
considerano a giusto titolo
un maestro.
Voglio subito precisare che
Fodor ed io riteniamo
Darwin uno dei massimi
scienziati di ogni tempo,
pochi gli stanno a petto per
inventiva teorica, scru-polo
sperimentale e onestà intellettuale.
Però sono successe tante
cose
nel
frattempo,
comprese
quelle
che
Cavalli-Sforza, il genetista
e filosofo della New York
Univer-sity
Massimo
Pigliucci
(in
una
sua
stroncatura del libro su
«Na-ture») e i filosofi
americani Ned Block e
Philip Kitcher (in una
stroncatura sulla «Boston
Review»)
giustamente
citano.
Si tratta di processi diversi
dalla selezione naturale e
da tempo riconosciuti tali,
come
l'effetto
della
fluttuazione casuale nelle
varianti dei geni, detta
«deriva
genetica»,
le
mutazioni
neutrali,
né
favorevoli né sfavorevoli, e
la
selezione
naturale
limitata
dalla
densità
(quando, cioè, essere in
troppi a portare un tratto
biolo-gico
inizialmente
favorevole
lo
rende
sfavorevole).
Ma vi è di più,, veramente
ben di più…..”.
Ma ss imo P ia tt ell i P a lma r i n i a l
Co rr ie re d el la S e ra ( es tr a t to ).
Il
libro
di
Piattelli
Palmarini e Fodor “What
Darwin Got Wrong”, uscito
negli
Stati
Uniti
in
febbraio, ha suscitato un
ac-ceso dibattito nel mondo
anglo-sassone e nel nostro
Paese, dove la traduzione è
in libreria dal 21 aprile per
Feltrinelli.
Il «Corriere della Sera» se
n' è occupato il 23 marzo a
firma Telmo Pievani.
Poi «Repubblica»,
il
29
marzo
ha ospitato la
posizione
dello
stesso
autore Piattelli Palmarini.
Sullo stesso quotidiano è
inter-venuto in difesa delle
consolidate
teorie
Darwiniane
Luigi
Luca
Cavalli-Sforza, il 6 aprile,
mentre contro Darwin si è
schierato Roberto de Mattei
sul «Giornale» del 3 aprile.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Una recensione polemica
verso gli autori, a firma di
Guido
Bar-bujani,
è
apparsa il 4 aprile sul
«Sole 24 Ore».
Da segnalare inoltre un
articolo di Andrea Lavazza
su «Avve-nire» (1°aprile).
E gli interventi apparsi sul
«Fo-glio » (30 marzo, 1 e 2
aprile).
All'estero
importanti
recensioni sono uscite su
«Nature », «The Guardian »,
«The
Sunday
Times »,
«Boston Review», «Times
Literary Supplement».
Questo a indicare che la
discus-sione,
anche
polemica, è attuale e forte.
Da un lato, si accusano gli
autori
di
superficialità
nella ricerca, tanto che
Michael Ruse, uno de-gli
scienziati più noti dell’evoluzionismo,
ne
ha
parlato come di un “libro
intensamente irritante” e
con
“cattivissimi
argomenti”.
Dall’altro,
ascoltando
Fodor po-trebbe tornare in
mente uno dei motti di
Antonio
Coutinho,
immunologo
dell’Institut
Pasteur: “i sassi cadono in
terra per la forza di
gravità, non perché la
selezione
naturale
ha
eliminato tutti quelli che
tendevano ad ascendere in
alto”…
Ai posteri l’ardua sentenza,
Manzoni docet.
[email protected]
XAARAN
LA STRATEGIA
DELLA TENSIONE
TRA BELGIO E ITALIA
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importo di ciascuna quota: € 5.00
Antonella Beccaria
Il periodo della strategia della
tensione in Belgio presenta una
serie di somiglianze e di punti in
comune con l’Italia.
Questi passano per una serie di
fatti tra cui si possono elencare:
- la storia della banda del
Brabante-Vallone
(19821985);
- la vicenda criminale di
Patrick Haemers;
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
- la strutturazione di nuclei
Stay Behind in cellule di
guerra non ortodossa inserite
all’interno degli apparati di
sicurezza e di polizia militare;
- per la presenza e la strategia
operativa
delle
Cellules
Communistes Combattantes
(giugno 1983);
- la presenza di personaggi
come Elio Ciolini, nome noto
in Italia per i depistaggi alle
indagini sulla strage alla
stazione di Bologna (2 agosto
1980) e sulla scomparsa dei
giornalisti italiani Italo Toni e
Graziella De Palo (Beirut, 2
settembre 1980).
Lo scopo di questa inchiesta è
quello di studiare i fenomeni
criminali che si verificano in
Belgio tra la fine degli anni
settanta e per tutti gli anni
Ottanta fino ad arrivare al
decennio successivo con il caso
Dutroux e le coperture fornite in
fase di indagine al suo entourage.
Quest’ultimo episodio, infatti,
oltre a mettere in evidenza
pratiche investigative volte più
ad attività di dossieraggio che di
prevenzione-repressione
del
crimine, ha inferto un ulteriore
colpo alla gendarmerie belga,
definitamente sciolta nel 2001 e
assorbita da corpi civili di
polizia.
Lo scopo di quest’attività è
quello di realizzare una serie di
reportage che raccontino al
lettore italiano una stagione di
terrore all’estero.
Al momento la conoscenza dei
fatti eversivi europei si limita
infatti per lo più alla situazione
tedesca (con la Rote Armee
Fraktion, Raf) e alle attività delle
organizzazioni filopalestinesi nel
Vecchio Continente (con relativi
interventi
repressivi
degli
apparati di sicurezza israeliani).
Una volta che questi dossier e
materiale fotografico saranno
pronti, li si raccoglierà in un
volume
che
riunisca
e
approfondisca
l’esito
della
ricerca.
In collegamento a questo lavoro,
sarà realizzato anche un archivio
web con le informazioni raccolte
in modo che la documentazione
possa essere accessibile a tutti.
La licenza del materiale sarà una
di quelle messa a disposizione da
Creative
Commons
per
incentivare la loro circolazione.
Il percorso online non sarà però
l’unico.
Si prevede infatti un ciclo di
articoli sulla stampa cartacea
(editore individuato) e un libro
(editore da individuare).
I tre canali sono stati pensati per
dare la maggior diffusione
possibile agli esiti dell’inchiesta
e la scelta del copyleft per fornire
maggior
vigore
a
questa
diffusione.
- raccolta di documentazione da
remoto attraverso contatti con
giornalisti,
investigatori
ed
esperti locali
- almeno due viaggi in Belgio per
raccogliere interviste, documenti
e materiale audio e video
- acquisizione di libri (allo stato
attuale della valutazione una
decina di volumi) specializzati
- acquisizione di documentazione
italiana da confrontare con quella
belga.
Antonella Beccaria è giornalista,
scrittrice e blogger. Per Stampa
Alternativa/Nuovi Equilibri, per la
quale cura la collana "Senza
finzione", ha pubblicato
"NoSCOpyright – Storie di
malaffare nella società
dell’informazione" (2004),
"Permesso d’autore" (2005),
"Bambini di Satana" (2006), "Uno
bianca e trame nere" (2007),
"Pentiti di niente" (2008) e
"Attentato imminente" (2009). Per
Socialmente Editore "Il
programma di Licio Gelli" (2009)
mentre per maggio 2010 è in uscita
"E rimasero impuniti - Dal delitto
Calvi ai nodi irrisolti di due
repubbliche". Appassionata di
fotografia, politica, Internet,
cultura Creative Commons,
letteratura horror ed Europa
orientale (non necessariamente in
quest'ordine), scrive per il mensile
"La voce delle voci" e per la rivista
online "Domani" e dal 2004 ha un
blog, "Xaaraan"
(http://antonella.beccaria.org/).
Vive e lavora a Bologna.
[email protected]
A T T E N T A T O
IM M IN E N T E
d i A n to n e lla
B e c c a r ia e S im o n a
M a m m a n o
S ta m p a A lte r n a tiv a
C o lla n a S e n z a
F in z io n e , n o v e m b r e
2 0 0 9
w w w .s t a m p a lt e r n a t iv
a .it
Piazza Fontana, una strage che si poteva evitare - Pasquale Juliano, il
poliziotto che nel 1969 tentò di bloccare la cellula neofascista veneta.
Nella primavera del 1969 l’ennesima azione terroristica all’Università di
Padova fa partire una nuova indagine. A coordinarla è un commissario
di polizia, Pasquale Juliano, il capo della squadra mobile, che arriva a
individuare un nucleo di estremisti neri che traffica in armi ed esplosivi.
Ma i neofascisti gli preparano una trappola: Juliano si vedrà così
scippare l’inchiesta, che verrà insabbiata, e finirà sotto processo
accusato di aver costruito le prove contro i terroristi. Gli occorreranno
dieci anni per dimostrare la sua innocenza, ma nel 1979, quando sarà
assolto da tutti i capi d’imputazione, la stagione delle bombe avrà quasi
concluso il suo tragico corso.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
LE INTERVISTE DI GIANLUCA RAMPINI
NORIO HAYAKAWA
Traduzione a cura di Germana Maciocci
Gianluca Rampini
Faccio solamente una breve
premessa.
Molti di voi non conosceranno
Norio Hayakawa ma ho voluto
intervistarlo per fare un po’ di
chiarezza su alcuni supposti
progetti segreti del governo
statunitense e sulle sua basi
segrete.
Pochi hanno approfondito questo
argomento come ha fatto Norio.
L’ufologia è spesso viziata da
molto folclore a questo riguardo
ed ho pensato fosse utile a tutti,
me compreso, avere informazioni
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
di prima mano da chi ha
investigato sul campo.
Il passo successivo sarebbe
riuscire a intervistare Bob Lazar
che, per chi non lo sapesse,
afferma
di
aver
lavorato
all’interno dell’Area 51 e di esser
stato assegnato a studi di retro
ingegneria sulla propulsione di
un velivolo extraterrestre.
Per queste affermazioni ha subito
pesanti ripercussioni per il suo
lavoro e per la sua reputazione.
In conseguenza di questo ha
deciso di lasciarsi alle spalle
questi argomenti e di non
concedere più interviste.
Negli ultimi anni ci è riuscito
solamente George Noory a Coast
to
Coast,
trasmissione
radiofonica che consiglio a tutti
gli appassionati.
E’ un pezzo che ci provo e forse
prima o poi ci riuscirò.
Intanto vi lascio all’intervista con
Norio, dalla quale spero potrete
trarre alcuni spunti interessanti,
la ricerca migliore è quella che si
fa per se stessi.
Norio, può fornirci qualche
informazione
personale,
riguardo agli studi che ha
seguito, in cosa è impegnato al
momento e in quale modo si è
ritrovato
coinvolto
nella
ricerca sugli Ufo?
Sono stato responsabile della
rete civile dei Servizi Segreti, che
ora non esiste più.
Si trattava allo stesso tempo di
una rete flessibile di investigatori
e ricercatori di informazioni
riservate, che si occupavano
prevalentemente, nel corso dello
scorso
ventennio,
delle
operazioni governative nei pressi
di Groom Lake, Nevada,
conosciuto da tutti come Area
51.
Il CIN fu istituito inizialmente
nel 1988 come guardia civile, o
“comitato”
sovrainteso
ai
diversi programmi Black Project
del governo.
Lo scorso decennio ha in
compenso visto la crescita di
altri gruppi civili più ampi, bene
organizzati e motivati, come la
Federazione degli Scienziati
Americani
(Federation
of
American Scientists - FAS) la
quale attività ha avuto un
impatto
più
decisivo
sull’attendibilità
governativa
riguardo argomenti importanti
come l’ambiente, e pertanto il
ruolo di gruppi più piccoli come
il CIN è stato sminuito.
Al
momento
supporto
la
Federation
of
American
Scientists (FAS).
Ho avuto il privilegio di
controllare con i miei stessi
occhi questa base che si occupa
di ricerca, sviluppo e test, sia da
White Sides sia da Freedom
Ridge durante i primi anni
novanta, quando queste colline
limitrofe non erano vietate al
pubblico (in quanto a quei tempi
il governo non era al corrente
del fatto che la base si potesse
vedere dalle loro cime).
Cerco sempre di tenermi
aggiornato sulle informazioni
più recenti riguardanti questo
importante
complesso
aerospaziale d’avanguardia del
Nevada.
Sebbene non mi occupi più da
anni di ricerche e investigazioni
riguardanti l’Area 51, cerco
comunque di restare informato
su questa base significativa.
Nel frattempo, mi occupo
principalmente di scoprire il più
possibile riguardo alla presunta
esistenza di un laboratorio
biologico
alieno\governativo
presso Dulce, nel Nuovo
Messico.
Per coincidenza (anche se non
credo che nella vita esistano
delle “coincidenze”) vivo al
momento nell’affascinante stato
del Nuovo Messico.
Mi sono trasferito nel 2008 dalla
California a Rio Rancho, Nuovo
Messico,
nei
pressi
di
Albuquerque.
Nel marzo del 2009 ho
organizzato
a
Dulce
la
primissima
conferenza
riguardante la Base Nascosta.
È stato un successo strepitoso e
il suo impatto è ancora
ampiamente sentito:
(http://www.ufodigest.com/news/
0409/conference-ends.php)
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Ho le mie teorie riguardo Dulce
(http://www.ufodigest.com/news/
0409/blue-beam.php )
Non c’è dubbio che la sia l’idea
che la psicologia insite dietro
l’Area 51 in Nevada che Dulce,
Nuovo Messico, giocheranno un
ruolo principale in un possibile
mutamento radicale di mentalità
che potrebbe avvenire nel giro di
pochi anni.
Per un lungo periodo della sua
carriera si è dedicato quindi a
ricerche sull’Area 51.
Vorrei pertanto iniziare con
qualche domanda a tale
proposito.
La persona che ha realmente
dato vita al collegamento alieno
con l’Area 51 è stata Bob
Lazar.
Potrebbe darci la sua opinione
riguardo lui e la sua storia?
Sì, ho incontrato Bob Lazar
diverse volte e mi ha rilasciato
una lunga intervista per la
troupe
della
televisione
nipponica nel 1990, presso la
sua abitazione a Las Vegas.
Credo sinceramente che Bob
Lazar sia affidabile per quanto
riguarda le prove che ha
presentato, e credo anche che
abbia un tempo lavorato al
laboratorio nazionale di Los
Alamos.
La sua specialità erano gli
acceleratori di particelle e credo
che abbia lavorato anche su
qualche tipo di arma che
utilizzava tale tecnica.
Dopo aver lavorato a Los
Alamos, si è trasferito a Las
Vegas.
Diversi anni fa è quindi tornato
nel Nuovo Messico e vive ora a
Sandia Park, dietro le Sandia
Mountains presso Albuquerque e
ha proseguito i suoi affari
nell’ambito delle attrezzature
scientifiche tramite una società
chiamata United Nuclear, e ogni
tanto su richiesta militare ha
eseguito dei lavori particolari.
Un paio di mesi prima che mi
trasferissi qui a Rio Rancho,
vicino ad Albuquerque (nel
2008), Bob Lazar si è trasferito
nel Michigan, dove ha spostato
ora la sua azienda.
Credo che continui a lavorare
indirettamente per la difesa
attraverso
diversi
sub
appaltatori.
Bob Lazar
Ha mai avvistato dei velivoli
insoliti nel deserto intorno
all’Area 51?
Certamente, ho avvistato diversi
oggetti interessanti sulle Groom
Mountains, specialmente nella
serata del 21 febbraio 1990,
quando mi trovavo lì con la
troupe
della
televisione
nipponica.
Era la sera dello stesso giorno
che avevo intervistato Bob Lazar
a Las Vegas.
Questi ci disse esattamente dove
recarci per vedere i voli di prova
degli oggetti che aveva descritto
nell’intervista.
Non volle venire con noi (la
troupe comprendeva, incluso me,
otto persone).
A partire dalle 18.45 circa,
iniziammo ad avvistare diversi
oggetti color arancio che
sorvolavano
le
Groom
Mountains. Restammo piuttosto
impressionati.
Filmammo gli oggetti.
Intorno
alle
19.00,
ne
avvistammo un altro, e dopo
venticinque minuti un altro e,
infine, alle 19.45, l’ultimo.
Restammo piuttosto colpiti dalle
loro manovre di volo, l’unico
problema era la distanza che ci
faceva apparire gli oggetti come
particelle di luce che davano
sull’arancione.
Restammo
comunque
impressionati dalle improvvise
accelerate, discese e ascese di
tali oggetti, in uno spazio
limitato,
effettuate
durante
l’osservazione.
Ancora oggi non ho idea di cosa
fossero veramente.
In ogni modo, un mio collega,
Gary Schultz, avvistò un oggetto
simile nella stessa area ed
esattamente una settimana più
tardi (il 28 febbraio 1990).
Lui
e
sua
moglie
lo
fotografarono,
era
color
arancione e molto distante, e
quando sviluppò la foto che
aveva fatto notò che sulla parte
superiore appariva arrotondato:
http://www.youtube.com/watch?v
=ItjN7Jdp9OQ
L’Area 51 in Nevada è ancora
attiva?
Sicuramente sì.
Anche ora, se ci si reca
sull’ampia area di parcheggio
del terminal E.G. & G.
dell'aeroporto McCarren di Las
Vegas, ogni giorno è possibile
trovarlo pieno di auto di
impiegati che dicono di lavorare
presso il Groom Lake, Nevada
(Area 51).
Ci sono inoltre dai sette agli otto
voli giornalieri da e per l’Area
51, su 737 anonimi che arrivano
e partono dallo stesso terminal.
Negli ultimi tre anni, il
complesso dell’Area 51 è stato
visibilmente ampliato.
Due anni fa, una nuova torre
radar bluastra alta circa
cinquanta metri è stata costruita
con il tarmac.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Diversi
nuove
costruzioni,
serbatoi per l’acqua, ecc. sono
stati aggiunti durante questo
periodo.
Lo scorso anno è stata ultimata
la costruzione di un nuovo
hangar immenso sul lato sud del
complesso, circa quattro volte
più grande dell’hangar H-18,
fino a quel momento il più
grande dell’Area 51.
Inoltre, circa due mesi fa, la
pavimentazione della strada che
porta a Groom Lake dal
complesso fino al confine con il
perimetro est è stata completata.
Anche una nuova torre di
comunicazione è stata costruita
vicino alla torre di guardia est,
nei pressi del confine.
La maggior parte delle persone
non sa che al momento l’Area 51
ha in totale dai 1800 ai 2200
impiegati part-time e full-time,
tutti impegnati in progetti diversi
e separati in programmi divisi in
settori specifici, portati avanti da
società appaltatrici della difesa
come
Lockheed,
Northrop
Grumman, Boeing, Raytheon,
General Atomics, TRW, ecc. ecc.
Alcuni impiegati lavorano tutti i
giorni, sporadicamente, per una
settimana o più, ecc. in base al
loro compito.
Sia il complesso dell’Area 51 in
Nevada che il Dugway Proving
Grounds nello Utah sono in
definitiva luoghi dove sono
perseguiti progetti diversificati
legati alla difesa.
Alcuni edifici presso l’Area 51
Quale tipo di progetti segreti
sono in corso presso la base in
Nevada?
Nuove generazioni di tecnologie
di difesa, di veicoli aerei
telecomandati (Unmanned Aerial
Vehicles - UAVs) e veicoli aerei
telecomandati da combattimento
(Unmanned
Combat
Aerial
Vehicles - UCAVs), sviluppi
continui di nuovi tipi di
aeroplani spia ipersonici.
Nuovi tipi di radar, di sistemi di
armi
elettroniche
integrate
all’aeroelettronica e ultimo ma
non meno importante: possibili
test di volo di velivoli
ricondizionati
di
origine
sconosciuta, anche se non sono
sicuro che possano aver luogo
veramente.
Ecco un Velivolo da combattimento
senza pilota
Dopo Bob Lazar, altri hanno
fatto
delle
soffiate
sull’argomento?
Certamente.
La maggior parte non hanno
fatto riferimento ad argomenti
tecnici poiché questi non sono
facilmente
comprensibili
ai
“profani”.
Ci sono tra i 1800 e i 2000
impiegati nell’Area 51 che
lavorano per diverse società
appaltatrici della difesa, come
Lockheed, Northrop Grumman,
General Atomics, Raytheon,
McDonnel Douglas, TRW, Ryan
Aero, eccetera.
In ogni caso, il grosso di tali
impiegati lavorano a progetti
fortemente compartimentalizzati
per cui è difficile che un soggetto
o un gruppo sappiano a cosa
lavora un altro.
È quella che viene chiamata
"alta compartimentalizzazione".
Il governo sta testando da
qualche parte tecnologie aliene
o si tratta solo di una
speculazione?
Al momento si tratta di una
semplice speculazione in attesa
di prove evidenti.
Ma potrebbe essere possibile, e
io resto sempre aperto a tale
possibilità.
Ma cosa c’entra tutto questo
con gli UFO?
Assolutamente niente.
Per una parte della popolazione,
l’Area 51 viene associata alle
“tecnologie extraterrestri” solo
a causa della supposizione
(proveniente da Robert Lazar)
che esista un programma di
ricondizionamento condotto in
tutta segretezza in un piccolo
complesso,
presumibilmente
nascosto tra le pendici delle
Papoose Mountains, presso il
Papoose Lake, a circa diciassette
miglia sud dell’Area 51.
Non esiste prova visibile
dell’esistenza di questo sito S-4,
come non esiste nessuna foto
satellitare
che
lo
abbia
individuato.
Il presunto sito S-4 è stato
associato
all’Area
51
unicamente perché vicino a tale
luogo.
Il punto riguardante questo sito è
che si tratta tuttora di una
supposizione.
Questo non significa che non
esista, ma non porta a nessuna
conclusione.
Un altro soggetto importante
sul quale ha investigato è il
progetto Blue Beam.
Può spiegarci di cosa si tratta e
come
ne
è
venuto
a
conoscenza?
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Il progetto Blue Beam è stato
inizialmente
scoperto
dal
giornalista
investigativo
canadese Serge Monast (con il
quale già dal 1993 tenevo una
corrispondenza) che riteneva
fosse parte di un prossimo
programma segreto della NASA.
Al momento, il progetto Blue
Beam potrebbe essere stato
rilevato dal progetto del governo
HAARP in Alaska.
Tale
progetto
deriva
principalmente dagli studi di
Nikola Tesla, consiste nel
riscaldamento della ionosfera
per creare uno schermo virtuale
dove le onde elettromagnetiche
possano essere bombardate e
fatte rimbalzare per determinare
la posizione di possibili bunker
sotterranei “nemici”, e cose
simili.
Parte di questo progetto
studierebbe
anche
possibili
modifiche meteorologiche.
Uno degli aspetti dell’HAARP
sarebbe collegato al progetto
Blue Beam per quanto riguarda
la
possibilità
nel
futuro
dell’utilizzo
di
proiezioni
olografiche su larga scala come
parte
del
programma
di
propaganda.
Io credo che sia possibile che un
progetto simile in scala ridotta
possa aver avuto luogo presso
Dulce, nel Nuovo Messico, tra la
metà degli anni settanta e i primi
anni ottanta.
Sandia Laboratories (all’interno
della base aerea militare di
Kirtland) presso Albuquerque
potrebbero aver lavorato su
prototipi delle tecnologie Blue
Beam negli ultimo anni settanta
e potrebbero averle testate nello
stesso luogo.
http://www.ufodigest.com/news/0
409/blue-beam.php
È possibile che sia HAARP che
l’originale Bluebeam Project
affondino le loro origini nelle
ricerche di Nikola Tesla.
Solo di recente il parco antenne del
progetto HAARP è stato completato
portando il numero a 180.
Proiettori olografici aria-aria
Puoi spiegarci meglio il
collegamento tra Haarp ed il
Bluebeam Project?
Certo.
HAARP ha davvero molte
funzioni
e
molti
progetti
diversificati fra loro.
Uno di questi progetti da
realizzarsi in un futuro non
troppo lontano è quello di
bombardare la ionosfera con
onde elettromagnetiche per
creare uno schermo artificiale
sul quale proiettare immagini
tridimensionali per le Operazioni
Psicologiche dell’esercito.
L’uso
di
ologrammi
è
menzionato nel Progetto 2025
del Aeronautica Militare.
Vengono chiamati Proiettori
Aerei Olografici.
L’aviazione
sta
lavorando
indipendentemente su HAARP.
I programmi HAARP hanno
molti obiettivi e sono sicuro che
ne avrai già sentito parlare.
Il controllo climatico è uno di
essi.
Un altro è quello di individuare
la
posizione
della
basi
sotterranee nemiche.
Ciò viene fatto tramite il
bombardamento
di
onde
elettromagnetiche
riflesse
sull’atmosfera sino a siti
interessati.
Quindi è corretto affermare che
HAARP ha incorporato il
concetto del Bluebeam Project
tra i suo vari progetti.
Ci sono prove riguardo questo
progetto segreto?
Devi sapere che in Nuovo
Messico si svolgono i programmi
di ricerca e sviluppo più
all’avanguardia di tutto il
mondo, non solo per quanto
riguarda la genetica umana ma
anche l’alta tecnologia militare.
Principalmente sono situati
presso il laboratorio nazionale di
Los Alamos, che è a solamente
un centinaio di chilometri a sudest di Dulce.
Il Phillips Laboratory (la
struttura più all’avanguardia
delle forze aeree) si trova anche
questa presso la base aerea
militare
di
Kirtland
di
Albuquerque.
Ci sono altre strutture importanti
nel Nuovo Messico, come la base
aerea di Holloman e la base
missilistica di White Sands.
Le armi più avanzate ad energia
diretta (microonde) vengono ora
testate a White Sands nel Nuovo
Messico.
Durante gli ultimi venti anni
l’Area
51
ha
cambiato
“reputazione”.
All’inizio nessuno la conosceva,
è quindi diventata la base
segreta contenente UFO e
alieni per antonomasia.
Più tardi diverse persone
hanno iniziato a credere che si
trattasse “solamente” di una
base principale segreta del
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
governo dove venivano svolti
progetti riservati.
Quindi qualcuno ha affermato
che fosse ormai fuori sevizio e
che tale “segretezza” fosse utile
a distrarre l’attenzione da altri
“punti caldi” tra le basi segrete
militari.
Quindi è stato imposto il limite
di accesso per cui sono state
effettuate di nuovo delle
ipotesi. Cos’è alla fine l’Area
51 e a cosa serve?
È da sempre mia opinione che
debba essere noto a tutti se i
soldi delle nostre tasse vengono
utilizzati per finanziare progetti
nefandi
o
che
possono
danneggiare l’ambiente.
Penso
sia
anche
merito
dell’attivismo condotto da parte
mia insieme al CIN e di altri
gruppi ben radicati che il
governo abbia iniziato a
riconoscere alcune malefatte,
soprattutto per quanto riguarda
l’ambiente.
Nel 1998 il nostro gruppo ha
organizzato
una
grande
manifestazione presso l’Area 51
(vicino al cancello di entrata est)
per protestare a riguardo.
Più di duecento cittadini
impegnati sono arrivati da tutti
gli Stati Uniti per partecipare, il
6 giugno 1998.
Un articolo sulla manifestazione
è apparso in prima pagina del
Las Vegas Review Journal.
Le nostre richieste erano le
seguenti:
1) che il governo riconoscesse
l’area come base (per es. base
Area 51);
2) che il governo costruisse un
recinto chiaramente definito
attorno al perimetro dell’Area
51;
3) che il governo trasferisse la
torretta di guardia esattamente
sulla linea del perimetro e non a
cinquecento metri all’interno
dell’area riservata (L’Area 51 è
l’unica base aerea militare degli
Stati Uniti dove si viene arrestati
semplicemente andando presso
la torre di guardia. Tutte altri
basi permettono l’avvicinamento,
ma non questa. Si viene arrestati
anche
semplicemente
per
questo);
4) che il governo risarcisse ex
operai dell’Area che avevano
riportato
malattie
dovute
all’esposizione a prodotti chimici
tossici mentre lavoravano su
programmi segreti;
5) che il governo cessasse di
bruciare prodotti chimici tossici
in pozzi aperti presso l’Area 51 e
il deserto circostante.
Queste furono le nostre proteste
principali.
Due hanno portato a dei
risultati: dopo pochi anni dalla
manifestazione, il governo ha
ammesso la presenza di una base
presso Groom Lake.
Non ha comunque affermato che
il nome della base è Area 51, il
che è comprensibile perché tale
nome non è mai stato quello
ufficiale della struttura, bensì il
nome
assegnato
dal
Dipartimento per l’Energia
diversi anni fa per designare
un’area geografica all’interno
del vasto sito di collaudo nel
Nevada.
Il termine Area 51 è stato
unicamente utilizzato da tale
dipartimento e non dalle forze
aeree che hanno giurisdizione su
tale base.
L’altro riconoscimento da parte
del governo ha riguardato il
rimborso
agli
ex
operai
dell’Area 51.
Proprio circa tre anni fa, il
governo
statunitense
ha
ammesso che diversi operai si
erano ammalati e ha deciso di
rimborsare completamente gli ex
operai e le loro famiglie (ad es.
le vedove), visto che alcuni di
essi erano già morti.
Ecco perché ritengo che
l’attivismo sia così importante,
l’ho operato per tanti anni
presso l’Area 51 e non me ne
pento ancora oggi, anzi ne sono
orgoglioso.
In mancanza del saldo attivismo
dei cittadini, il governo avrebbe
ancora taciuto riguardo tale
luogo.
La
stessa
politica
sto
mantenendo nei riguardi di
Dulce, il mio scopo è di
continuare a pubblicizzare cosa
avviene presso Dulce, Nuovo
Messico.
Sempre all’intenro di Dulce, presunti
contenitori di alieni in incubazione
Arriviamo quindi alla base
aerea di Dulce.
La storia più famosa legata a
tale base riguarda “l’incidente
alieno” dove alcuni militari
sarebbero rimasti uccisi da
alieni stazionati nella base.
Può dirci qualcosa a proposito
o si tratta solo di una
leggenda?
È importante stabilire prima di
tutto, Gianluca, che Dulce non è
una base aerea.
In effetti, Dulce è qualcosa di
completamente diverso rispetto a
qualsiasi altra installazione
militare.
Infatti, la cosa più singolare è il
frequente andirivieni di elicotteri
militari nel suo cielo.
È un dato di fatto.
Questa è una delle ragioni per
cui gli abitanti di Dulce sono da
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
sempre disturbati dal fatto che
elicotteri militari si possano
recare in qualsiasi momento
nell’area senza rispettare la loro
sovranità.
Infatti, senza nessuna ragione
apparente due elicotteri militari
sono misteriosamente apparsi e
poi volati via sopra il Best
Western Hotel al mattino presto
(alle 6 a.m.) anche il 29 marzo
2009, data della conferenza
riguardante la base aerea
sotterranea.
Diversi abitanti durante la
conferenza
ne
hanno
testimoniato la presenza.
Per quanto riguarda la presunta
sparatoria del 1979 tra entità
aliene e 66 soldati della Delta
Force
statunitense:
questo
presunto incidente è stato
presentato da Phil Schneider nel
1995 durante diverse conferenze
negli Stati Uniti.
È una storia affascinante, ma
sfortunatamente tuttora non
verificabile.
Potrebbe aver ripreso l’idea da
Bob Lazar che per primo ha
dichiarato nel 1989 e nel 1990
riguardo un presunto alterco tra
un limitato gruppo di militari
statunitensi ed entità sconosciute
presso una base segreta.
Non aveva specificato se presso
la struttura di Groom Lake o no.
Bob Lazar non aveva mai
nominato Dulce, nel Nuovo
Messico.
Presunta immagine del livello 12 della
base sotterranea di Dulce
Quindi non esiste realmente un
laboratorio
segreto
alieno
statunitense presso
Nuovo Messico?
Dulce,
Per quanto ne sappia io, non
esiste sicura, tangibile, solida,
irrefutabile, fisica, documentata
prova di nessun tipo che supporti
la presunta esistenza di tale
laboratorio.
Ma è mia opinione personale che
ci sia “qualcosa”, non so cosa
sia, ma qualcosa di “reale”,
anche se non sappiamo ancora
cosa si possa definire “reale”.
La “realtà” per alcuni potrebbe
non essere la stessa “realtà” per
altri.
In ogni modo, per quanto
riguarda Dulce, la maggior
parte delle persone non sa che
nel 1967 il governo statunitense
ha fatto esplodere una bomba
atomica sotto terra, a poco più di
trenta chilometri a sud-est di
Dulce, Nuovo Messico.
Tale esperimento era parte di un
programma
post-bellico
chiamato "Plowshare".
Il governo statunitense fece
esplodere un ordigno nucleare a
circa
tre
chilometri
di
profondità, tale esperimento
specifico fu chiamato progetto
Gasbuggy.
Fu condotto in via sperimentale
per aiutare il flusso di gas
naturali in tale regione.
O almeno questa fu la ragione
addotta
dal
governo.
Tre anni fa ebbi un’unica
occasione di visitare il Ground
Zero
locale,
grazie
alla
gentilezza di un Apache Jicarilla
residente presso Dulce che mi
fece da guida.
È mia opinione che inizialmente
ci furono solo lievi perdite di
radiazioni nell’area, alcuni
allevatori locali mi dissero anche
che
il
governo
avrebbe
monitorato il livello di radiazioni
ritrovato in alcuni animali, ad
esempio alcune mucche del
luogo.
Inoltre, ho sentito di qualche
problema ricorrente di fertilità
riscontrato in alcune donne
presso
l’area
di
Dulce.
Queste sono alcune domande che
necessitano ancora al momento
di risposta, non si è ancora
arrivati a una conclusione.
Se ricordo bene, lei condivide
l’idea di Vallee e Keel riguardo
una
possibile
origine
ultraterrestre degli Ufo.
Potrebbe spiegarci la questione
dal suo punto di vista
personale?
Supporto sicuramente la loro
teoria unica sugli UFO.
È possibile studiare il fenomeno
UFO semplicemente attraverso il
metodo cosiddetto scientifico.
Non c’è dubbio che siamo di
fronte ad un fenomeno che è
strettamente
legato
alla
multidimensionalità.
Il fenomeno UFO potrebbe non
essere un fenomeno strettamente
fisico.
Questa è la ragione per cui
credo che il governo sia da
sempre
impegnato
nel
nascondere la loro esistenza.
Non è ruolo del governo
spiegare al pubblico qualcosa
che è al di là della sua
comprensione, come ad es.
l’opinione prevalente che gli
UFO siano appunto un fenomeno
meramente fisico.
Il governo non vuole dare
spiegazioni paranormali, poiché
non è ruolo del governo dare
spiegazioni di tipo religioso.
La gente richiede comunque
spiegazioni al governo, anche se,
di nuovo, si rifiuta di spiegare il
fenomeno
poiché
questo
coinvolgerebbe la sfera religiosa
e paranormale.
Pertanto è solamente possibile
che si arrivi a una risposta
tramite la ricerca di un vasto
numero di persone nel mondo,
salvo che queste entità che
hanno sempre manovrato tali
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
velivoli
non
decidano
di
manifestarsi prima.
Ma il governo non prenderà mai
parte a tale Rivelazione, avendo
evitato di discutere il fenomeno
per tutti questi anni.
Ecco perché sono dalla parte di
Jacques Vallee e John A. Keel, e
la penso allo stesso modo per
quanto riguarda i cosiddetti
rapimenti alieni, è impossibile
spiegarli
attraverso
la
metodologia empirica.
Pensa che anche nel caso
dell’incidente di Roswell si sia
trattato di una finzione?
Quando è iniziato questo
programma elusivo e da parte
di chi?
Probabilmente sì. La domanda è:
chi l’ha architettata? Il governo?
O le stesse entità?
Credo
semplicemente
che
qualsiasi tecnologia avanzata
non possa essere rilevata dai
nostri radar antiquati risalenti
alla fine degli anni quaranta.
Che uno dei loro avanzatissimi
velivoli si possa schiantare così è
impensabile.
Gli umani hanno un concetto
particolare d’incidente dovuto al
nostro pensiero strutturato in
maniera lineare.
Roswell, pertanto, è stato per me
un incidente brillantemente
rappresentato o dalle entità
stesse o da queste insieme al
governo.
L’anno 1947 rappresenta per me
l’inizio del processo graduale
(pianificato
dalle
entità
probabilmente in accordo con i
servizi segreti del governo) per
condizionare l’opinione pubblica
verso possibili scenari del futuro,
per ragioni tuttora sconosciute.
Grazie Norio del tempo che ci
hai dedicato.
[email protected]
PARANORMALE
IL CERVELLO RETTILE
E I «RAPIMENTI ALIENI»
eSQuel
Accade sempre più di frequente
che sia la rete a stimolare in me il
desiderio di fare, per quanto
possibile, chiarezza su alcuni
aspetti
della
vita
che,
probabilmente
da
sempre,
l’uomo considera fra i più
misteriosi e bizzarri.
Questa volta, il destro me
l’hanno fornito gli utenti Werther
e Blissenobiarella di UfoForum
(http://www.ufoforum.it/default.
asp), il primo con un sogno
pubblicato
direttamente
nel
forum, la seconda sempre con un
sogno che mi ha inviato
privatamente.
Per entrambi i sogni i suddetti
utenti hanno dato il permesso
alla pubblicazione.
Di seguito, il sogno di Werther:
Ultimamente ho fatto alcuni
"Sogni" diversi dallo schema,
arriva il solito rettiliano, che ti
dice che tu sei speciale, che sono
venuti per restituirti quello che ci
è stato tolto.
Ma stavolta mentre cerca di
portarci nella sua base, arriva
un altro essere e lo "paralizza"
con una sorta di raggio, lui è
incazzato a morte, ma non riesce
nel suo intento .
L'essere è femminile ha un effetto
calmante.
I sogno era abbastanza lucido,
vedevo i particolari ad esempio
del rettiliano: lingua biforcuta,
altezza, colore.
L'unica cosa che mi lascia un po’
così è che non cerca di portarci
(parlo al plurale perche siamo in
due, la seconda persona non so
chi
sia)
in
un’astronave
sottoterra.
Il fatto e che siamo noi a
seguirlo, poi improvvisamente
c'è il rifiuto di entrare nella base
sotterranea.
È lì che interviene una seconda
figura di forma umanoide
femminile.
Gli spara, lo immobilizza ma non
lo uccide, sono io che nel sogno
cerco di ucciderlo.
Ma l'arma che possiede l'essere
non funziona se la uso io.
Grido «fallo fuori, fallo fuori!»,
ma sembra che non capisca il
perché dovrebbe farlo.
Ci allontaniamo, in una specie di
cerchio rotondo, siamo in
parecchi lì.
Il
rettiliano
si
riprende,
incazzato come non mai, ma
ormai non può nulla.
Ci dice solo "ritornerò» e poi
sparisce con la classica figura
«raggio e ufo» che tutti abbiamo
in testa.
Il sogno ovviamente è fuori dal
classico schema, anche per le
cose che mi vengono dette.
Cose del tipo: «voi avete
qualcosa di speciale ma non lo
sapete usare», «io posso
insegnartelo, ma devo far parte
di te».
Parla di simbionte?
Non so.
Resta il fatto che il rifiuto e la
sensazione negativa, non ti molla
mai con loro.
Mentre l'altro essere, quello
femminile,
non
so
come
spiegarti, è ingenuo in un certo
senso e ti lascia un senso di
benessere e appartenenza.
Partendo dal sogno di Werther,
quindi, cercherò di scrivere
qualcosa che possa servire a tutti
(tutti, oddio … a più d’uno).
A tale scopo, ho pensato, come si
dice in Emilia, «di metterla giù
bella ‘pesa’» muovendo niente
meno che da un'ipotesi formale.
Baseremo la nostra ipotesi sui
seguenti assiomi:
a)
La Coscienza crea il
Multiverso e lo mantiene in
essere
descrivendolo
continuamente.
b)
La Coscienza che crea è
detta Universale, quella che
mantiene in essere è detta
Individuale.
c)
Non esiste alcuna differenza
essenziale rilevabile fra
Coscienza Universale e
Coscienza Individuale. Ne
consegue che le qualità che
è
possibile
predicare
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
esistenti per l’una lo sono
anche per l’altra.
d)
Solo
la
Coscienza
(Universale e Individuale) è
reale e, in quanto tale, è
ontologicamente
immutabile. Definiamo tale
immutabilità
ontologica
come «oggettività».
e)
Il Multiverso, in quanto
oggetto
creato
dalla
Coscienza,
è
ontologicamente
modificabile.
Definiamo
tale mutabilità ontologica
come «soggettività».
f)
L'unico ambito oggettivo
esistente è, dunque, ciò che
chiameremo 'Campo di
Coscienza' mentre ogni altra
cosa diversa da esso è pura
soggettività.
g)
È facoltà della Coscienza
trattare ogni cosa diversa da
se stessa in modo sia
soggettivo, sia oggettivo.
Ecco fatto, questi assiomi
disegnano i limiti del nostro
sistema di riferimento e, per
restare al sogno di Werther,
iniziamo con l’affermare che, in
base a f), sia il rettiliano, sia la
femmina umanoide sia, infine, la
poltrona sulla quale siedo ora
sono considerate in eguale
misura componenti soggettive
della realtà descritta (mantenuta
in
essere)
dalle
singole
Coscienze Individuali in questo
spazio-tempo.
Ora e in base a g), possiamo
anche decidere, al contrario di
quanto abbiamo fatto sopra, di
riconoscere ‘valenza oggettiva’ a
tutti gli oggetti che gravitano
all’interno dell’esperienza di
qualsiasi Coscienza.
Questo
perché,
nell’ipotesi
proposta,
la
qualificazione
d’oggettività o di soggettività è
del tutto slegata dal parametro
d’esistenza dell’oggetto.
In altri termini, l’oggetto esiste
solo ed esclusivamente perché
creato
dalla
Coscienza
Universale.
Poi, la Coscienza Individuale
potrà decidere di trattarlo come
un
oggetto
modificabile
(soggettivo) o non modificabile
(oggettivo).
Tuttavia,
ciò
non
necessariamente all’interno di un
giudizio
di
verità,
bensì
all’interno di un giudizio di
convenienza
rispetto
alle
necessità
conoscitive
della
Coscienza stessa1.
Quel che c’interessa, quindi e
preliminarmente, è di ricondurre
ogni fenomeno che ricada
nell’esperienza percettiva dentro
un ambito omogeneo nel quale,
cioè, i diversi oggetti percepiti
dalla Coscienza Individuale
siano
classificati
alternativamente tutti in modo
oggettivo o tutti in modo
soggettivo.
Chiaro che non sarà la stessa
cosa giacché una Coscienza alle
prese
con
oggetti
ontologicamente immutabili è
una Coscienza che ha rinunciato
al suo potere rispetto agli oggetti
che essa stessa ha creato.
L’enfasi, quindi e in questo caso,
è posta sull’oggetto osservato
che, proprio in quanto tale,
acquista una sorta di sacralità
intangibile (resa, tra l’altro,
formidabile proprio dal Principio
di Indeterminazione il quale
rende di fatto inconoscibile
l’oggetto-particella).
A ben vedere, la sacralità d’ogni
impianto religioso potrebbe stare
proprio tutta qui (compreso
l’impianto religioso razionalista,
ossia l’ultima grande religione
monoteista dell’umanità, ma è
discorso che allo stato non
c’interessa d’approfondire).
Di
contro,
la
Coscienza
Individuale che tratta ogni cosa
soggettivamente, ossia come
oggetto modificabile, enfatizza
l’osservatore.
Ciò, oltre spogliare l’oggetto di
qualsiasi sacralità ne legge i
comportamenti come espressione
immediata
del
divenire
dell’esperienza2.
Ma cosa spinge la Coscienza
Individuale a scegliere una
visione oggettiva in luogo di una
soggettiva?
Semplice: il cervello rettile.
L’uomo è un animale a tre
cervelli.
Tre
componenti
hardware
conosciuti come archipallium o
rettile, paleopallium o emotivo e
neopallium
o
intellettuale,
filogeneticamente ordinati e che,
in questo contesto, chiameremo
la
Triade
(struttura
che
nell’homo sapiens vede il
predominio quasi assoluto del
cervello rettile e delle pulsioni
che
da
questo
derivano,
segnatamente: sopravvivenza e
riproduzione).
Quando la Coscienza Individuale
(potremmo chiamarla Anima,
Eloah o Paperino, quel che conta
è che siamo tutti consapevoli che
si sta parlando di «quella roba
lì») prende ad esistere dentro un
corpo fisico (per quel che
sappiamo potrebbe farlo anche in
altri modi), la sua manifestazione
è strettamente condizionata dalla
Triade che, a sua volta, si trova
sotto il dominio incontrastato
dell’archipallium e delle sue
primitive pulsioni.
Ciò comporta esattamente quello
che
vediamo
ogniqualvolta
osserviamo noi stessi o un nostro
simile.
Esiste, infatti, una cifra unica che
appartiene a ciascuno di noi e
1
2
Sembrerebbe, quindi, che al creatore
(noi) difetti la qualità dell’onniscienza.
Tutto ciò, tra l’altro, in termini
strettamente simbolici.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
che va normalmente sotto il
nome di «umanità».
Quella cifra specifica che ci fa
sentire, in fondo, tutti quanti
«sulla stessa barca».
Tutti quanti uguali e uniti da quel
cenno «saputo» che non ha
bisogno di parole per far
intendere chiaramente: «lo so
bene chi sei e che cosa vuoi
perché voglio la stessa cosa:
sopravvivere e riprodurmi.
Quindi, fai poco il furbo, abbassa
la cresta ed uniformati alla svelta
perché il lupo cattivo (la morte) è
sempre in agguato».
Ecco, questo spinge fortemente
l’intera Totalità psichica (e,
quindi,
la
Coscienza
Individuale che la genera)
verso una visione oggettiva
dell’esperienza
perché
il
profondo senso d’insicurezza
che deriva in modo naturale
dal predominio di queste
pulsioni primitive può essere
lenito solo se l’oggetto con il
quale ho a che fare è solido e
ontologicamente immutabile.
Ho costruito la mia casa sulla
roccia … cosa posso temere?
Di seguito, posto il sogno
inviatomi
dall’utente
Blissenobiarella
a
titolo
d’esempio di come la Coscienza
Individuale, ente noumenico3, è
condizionata
dalla
parte
fenomenica
della
Totalità
costituita dalla Triade fisica:
Passeggiavo per il mercato con
un bimbo di pochi mesi nel
marsupio.
Il bimbo aveva la pelle chiara e
gli occhi azzurri ed era
completamente glabro.
Non sapevo se fosse mio figlio.
3
«Noumenico» è qui inteso in senso più
platonico che kantiano, ossia come tutto
ciò che non può essere percepito nel
mondo tangibile, che è raggiungibile
solo tramite il ragionamento e che gode
di
una
valenza
sostanzialmente
metafisica.
Camminavo con lui ed avevo la
sensazione che tra di noi ci fosse
un dialogo continuo, uno
scambio mentale incessante.
Mentre passeggiavamo assorti
dai pensieri l'uno dell'altra ci
allontaniamo dal mercato e
cominciamo a salire lungo una
strada di montagna.
Qualcuno si inserisce nelle
nostre menti e comincia a
raccontarci una storia.
È un racconto lunghissimo che
riguarda le vicende di tre
bambini down che a dispetto
della
loro
condizione
di
inferiorità, riescono ad acquisire
poteri straordinari ed insieme
salvano
il
mondo
dalla
catastrofe.
Io ed il bimbo, che intanto è
cresciuto fino ad assumere le
sembianze di un bambino di due
anni ed al quale sono cresciuti
stupendi capelli biondi e
boccoluti, siamo entusiasti della
storia.
Senza rendercene conto siamo
arrivati presso una casetta
isolata con il tetto spiovente
coperto di neve, in cima ad un
monte.
Abbiamo voglia di giocare.
Così invento per il bambino una
situazione mentale in cui noi ci
troviamo a scivolare sul tetto
della casa e spicchiamo il volo,
come i piccoli eroi del racconto.
Entrambi ci divertiamo e ridiamo
felici.
Poi qualcuno mi chiama ed io mi
allontano lasciando il bambino a
sgambettare attorno alla casa.
Indossa solo un pannolino e
degli scarponcini alti, come dei
piccoli anfibi.
Scambio qualche battuta con
qualcuno che non vedo, poi mi
volto ad osservare il bambino.
Un orrore profondo mi pervade.
Come in una serie di flash vedo
cosa il piccolo sta per fare: vuole
richiamare un meteorite affinché
si venga a schiantare accanto a
lui.
"OH NO! Ma perchè lo vuole
fare?", urlo angosciata.
"Perchè richiamare un meteorite
e farsi una passeggiata fra le
radiazioni è il metodo più rapido
per
trasformarsi
in
un
coccodrillone siriano..." mi
risponde una voce maschile che
ho la sensazione sia la fusione di
molte voci.
Vedo nella mia mente l'immagine
del bambino gonfiarsi fino a
stravolgersi ed assumere le
fattezze di un enorme drago.
Tutto mentre lui è lì che mi fissa
con il suo pannolino, i boccoli
biondi, gli occhioni azzurri e un
sorriso innocente sulle labbra
rosa.
Faccio per correre da lui e
fermarlo, ma quelli con cui stavo
parlando mi fermano.
"E' quello che vuole. Non puoi
impedirglielo» Mi dicono con
voci neutre.
Io capisco che hanno ragione.
Molto bene, nel sogno è presente
una profonda interazione dell’io
osservatore tanto con il bambino
«biondo e boccoluto» (ossia con
una forza psichica nascente),
quanto con la parte rettile della
Totalità Psichica (ossia con
l’archipallium o cervello rettile).
Tuttavia, il «pezzo forte» è
costituito
dall’evidentissima
autonomia che proprio il bimbo
mostra d’avere rispetto all’io
osservatore
(personalità
cosciente).
Affermiamo che esso rappresenta
senza alcun dubbio una pulsione
nascente
e
sostanzialmente
ancora indistinta.
È anche facile vedere come il
«richiamare un meteorite e farsi
una passeggiata fra le radiazioni»
sia, in sostanza, un’allusione ad
una
pratica
«spinta»
d’iniziazione che permetta a
quella pulsione di evolvere
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
rapidamente sino a caratterizzarsi
in modo definitivo in senso
rettile («trasformarsi in un
coccodrillone siriano»)4.
In effetti e subito dopo il
bambino compie la definitiva
trasformazione in grande drago.
In buona sostanza, la personalità
cosciente non ha alcun potere sul
destino delle forze psichiche
nascenti che, in base ad a) e b),
affermiamo
generate
direttamente dalla Coscienza
Individuale.
Tali forze, infatti e una volta in
circolo, sono sotto l’imperio del
cervello dominante.
Quello rettile, appunto.
Tra l’altro e in riferimento sia
alla passeggiata fra le radiazioni,
sia alla trasformazione in drago è
interessante notare come nel
cervello rettile, assieme alla
suddetta spinta oggettivista, sia
presente anche una fortissima
componente magica.
E come questo generi una
profonda contraddizione che,
tuttavia, è risolta in modo
brillante (sic!) tramite la
divisione fra religione da un lato
e scienza dall’altro.
Ma teniamo il punto, ossia ciò
che
ha
generato
questa
speculazione.
Parliamo dello schema, piuttosto
preciso
e
sostanzialmente
inusuale, riscontrato nel sogno di
Werther rispetto alla dinamica
delle c.d. abduction.
Mi
riferisco,
naturalmente,
all’intervento della femmina
umanoide che entra in aperto (e
violento)
conflitto
con
l’adduttore rettiliano, facendolo
desistere.
Anzitutto lo schema di base sul
quale
innestare
l’abduction
operata dal rettile.
Che significa?
Chi sono gli alieni rettiliani ?
E perché rapiscono?
4
Si tratta proprio del meccanismo che
sta alla base del processo educativo.
Sulla scorta dell’ipotesi proposta,
la risposte potrebbero apparire
semplici.
I parassiti sarebbero oggetti
generati
dalla
Coscienza
Individuale sin dal suo primo
insorgere nel primate.
Da allora, i parassiti avrebbero
preso a vivere di vita propria.
In altre parole, nel preciso istante
nel
quale
la
Coscienza
Individuale si manifesta nella
prima scimmia bipede, sarebbero
generati i parassiti, per lo più
come
espressione
dell’archipallium
(allora
dominante al 99.99%), ma non
solo.
In realtà, da subito vi sarebbe
stata generazione di parassiti
anche da parte del paleopallium e
del neopallium (giacché anche
queste due componenti generano
pulsioni specifiche).
Sin dall’inizio, quindi, la
parassitosi si sarebbe manifestata
come
indiretta
espressione
dell’attività del cervello che l’ha
generata,
attività
divenuta
‘riflessiva’ per l’intervento del
centro intellettuale (indiretta
poiché gli oggetti generati dal
cervello specifico continuano a
porre in essere comportamenti
coerenti con la cifra caratteristica
della fonte che li ha generati).
Quando, infatti, entra in gioco la
terza forza (consapevolezza, il
terzo cervello) iniziano i guai
perché,
assieme
ad
essa,
nell'uomo entra la morbosità
poiché la consapevolezza porta
con sé la morbosità nella forma
di un attaccamento eccessivo e
malato alle cose.
Si pensi, ad esempio, ad
un’emozione come la semplice
attrazione.
Questa, perfettamente funzionale
nel primate poiché regolata sino
ad un momento prima dalle sole
dinamiche feromoniche, diviene
improvvisamente oggetto di
speculazione consapevole.
In altre parole, il centro
intellettuale comincia ad usare
delle energie degli altri due
centri.
Gioco estremamente pericoloso
giacché se con il centro
emozionale le cose possono
ancora essere tenute sotto
relativo controllo, con quello
rettile il controllo è del tutto fuori
discussione.
Così nascono i rettiliani.
Così nasce il Mostro che, in
realtà, non è che un'istanza rettile
vestita di consapevolezza.
Senza consapevolezza avrebbe
portato il primate ad uccidere
una preda per cibarsene.
In questo modo, invece, il
primate è portato ad accaparrarsi
quanto più può perché dal centro
rettile la paura della morte non
cessa mai di fluire mentre la
mente consapevole, da parte sua,
non vuole morire affatto.
Con lo scorrere del tempo, poi, si
ha un’evoluzione coscienziale
inevitabile che determina un
aumento del peso delle istanze
derivanti dagli altri due cervelli.
Questo fa sì che nasca e si
affermi il concetto di morale
che, di conseguenza, porta
l’uomo
ad
un
traguardo
drammatico.
Tale traguardo è rappresentato
dalla vicenda cristica5, ossia
l’evento grazie al quale la
stessa Coscienza Individuale
compie una scelta molto
precisa: il sacrificio del Logos
(il Cristo) in favore del
Serpente (il cervello rettile).
5
Evento più volte prefigurato dal
motivo mitologico del Dio sacrificato,
morto e risorto. Mito già conosciuto dai
Sumeri. Sul punto sarebbe interessante
approfondire la tematica del motivo
mitologico ripetuto il quale porta, alla
fine, alla vicenda storica della Passione
di Cristo nei termini di uno specifico
meccanismo psicologico in forza del
quale la Coscienza prima descrive e, di
conseguenza, modifica la Materia.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Il fatto è che un tale sacrificio
sembra
rendersi
necessario
poiché l’uomo (i.e. la Mente) è
ancora troppo giovane.
L’uomo
è
appena
uscito
dall’infanzia e quel che c’è,
quindi, è una Mente adolescente,
problematica
ed
ipercritica
conquistabile non più con la
semplice promessa di beni terreni
(l’unico interesse del cervello
rettile), ma piuttosto spostando il
fuoco della tensione vitale sul
problema
morale
(istanze
superiori divenute molto attive).
È per questo motivo, quindi, per
questa sostanziale inadeguatezza
ad una realizzazione spirituale
piena
e
consapevole
che
l’autonomia
delle
istanze
superiori
(incarnate
dal
neopallium) deve essere bloccata
tramite la messa in scena del
dramma divino che si concretizza
nella
crocifissione
(paralizzazione) del Logos, ossia
dell’espressione
della
parte
noumenica della Totalità che
incarna le istanze più alte.
Con ciò il cervello rettile (il
Serpente, Satana) è messo nelle
condizioni di regnare sul mondo
materiale, ancorché per un tempo
finito.
Il passo si può leggere
direttamente nell’Apocalisse di
Giovanni:
20 – 1 Vidi poi un angelo che
scendeva dal cielo con la chiave
dell'Abisso e una gran catena in
mano. 2 Afferrò il dragone, il
serpente antico - cioè il diavolo,
satana - e lo incatenò per mille
anni; 3 lo gettò nell'Abisso, ve lo
rinchiuse e ne sigillò la porta
sopra di lui, perché non
seducesse più le nazioni, fino al
compimento dei mille anni. Dopo
questi dovrà essere sciolto per
un po' di tempo.
Difficile essere più espliciti.
Il
veggente
dell’Apocalisse
disegna con chiarezza disarmante
la fine del regno del cervello
rettile: «2 Afferrò il dragone, il
serpente antico - cioè il diavolo,
satana - e lo incatenò per mille
anni».
In altre parole e a mente del
sogno di Werther, l’intervento
assolutamente
sorprendente,
aperto e diretto della «femmina
umanoide» (istanza superiore)
nei confronti del rettile rapitore
potrebbe
(dico
potrebbe)
rappresentare il segno autentico
che
il
tempo
indicato
nell’Apocalisse di Giovanni è
realmente venuto.
Il tempo nel quale la Coscienza
Individuale libera il Logos dalla
croce per inchiodarvi il Serpente.
Interessante, a questo proposito,
il fatto che il «controllo»
dell’intera vicenda (destinata a
durare duemila anni) è affidato
ad accadimenti e scritti di tono
morbosamente religioso (Nuovo
testamento).
Ciò è voluto per evidenti ragioni
di coerenza.
Il sodalizio fra il Serpente e la
parte morbosa del terzo cervello,
infatti, connota da sempre e in
modo naturale l’intera esperienza
cosciente
in
senso
profondamente religioso (spesso
smaccatamente manicheo).
Ne consegue che l’era del
Serpente deve essere dominata
da
strumenti
idonei
e
perfettamente
comprensibili
come, appunto, lo strumento
neotestamentario.
Il dramma cristico, quindi,
costituisce
l’aggancio
fenomenico rispetto a vicende
riguardanti noumeni.
In
questo
senso,
nulla
d’oggettivo.
Sennonché e proprio per le
necessità esposte, nulla di più
oggettivo.
Ma è solo un gioco di parole il
quale, infine, rende bene la forza
del sogno nel quale la Coscienza
ha scelto d’immergersi.
Sogno che in Oriente chiamano
Maya.
Manca solo l’eventuale relazione
con il 2012.
[email protected]
FRESCHI DI PORTALE
La bufala degli astronauti dell’India (di Simone Barcelli) La notizia (bufala) non è dell’ultima ora ma merita di essere segnalata
agli utenti. Circa un paio di mesi fa numerosi portali italiani riprendevano un articolo pubblicato il 17 febbraio 2010 da
Archeology Daily News (www.archeologydaily.com) e da All News Web (www.allnewsweb.com) in cui si dava conto della
scoperta di pitture rupestri preistoriche all’interno di una grotta in una remota zona dell’India (Hoshangabad, stato di Madhya
Pradesh, a 70 chilometri da Raisen). L’immagine, a prima vista, è quella di un astronauta, di un disco volante e di un emblematico
oggetto, subito interpretato come un buco nero dal quale sarebbero arrivati sul nostro pianeta i presunti alieni. La scoperta, si
legge, è di un gruppo di antropologi; un archeologo indiano, Wassim Khan, avrebbe sostenuto che quanto disegnato è del tutto
anomalo e comunque discordante dall’arte rupestre preistorica che rappresenta solitamente la vita quotidiana della gente del posto.
Questa notizia, così come proposta, è un falso clamoroso. L’articolo non fa altro che rimandare ad un sito indiano, il “Rajasthan
Times”, e sfido chiunque ad accertarne la veridicità. Del fantomatico archeologo non c’è traccia. L’immagine a corredo
dell’articolo è una parte di una rappresentazione recente proveniente dal Kimberly Park: in questo parco ogni anno gli aborigeni
australiani ripropongono nuovi dipinti in omaggio al popolo delle Stelle, raffigurando i Wandjina, degli “esseri spirituali”. I
dipinti sono denominati Bradshaw Patings dal nome di Joseph Bradshaw che per primo li scoprì nel 1891, nella regione del
Kimberley. L’immagine è visibile anche nel video-documentario “Secret Space part 2″ di Chris Everard, inserito su Youtube
addirittura il 16 dicembre 2008, al seguente indirizzo www.youtube.com/watch?v=qEi4gLHe5ws.
A questo punto non ci rimane che consigliarvi la lettura propedeutica di un classico, "Astronavi sulla Preistoria", di Peter
Kolosimo, recentemente ristampato da Mursia.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
PARANORMALE
LE APPARIZIONI MARIANE
DI ZEITUN, IN EGITTO
Bruno Severi
“Ed apparve un portento grande
nel cielo: una Donna vestita di
sole e la luna sotto i suoi piedi, e
sul suo capo una corona di
dodici stelle” (Apocalisse 12:1)
INTRODUZIONE
Nel corso di tutta l’era cristiana
sono state assai numerose le
apparizioni della Madonna.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
I paesi, per così dire, baciati da
questo divino intervento sono
stati nel passato principalmente
due: l’Italia e la Francia.
Man mano che il messaggio
evangelico veniva diffuso in tutto
il mondo, le apparizioni mariane
hanno iniziato ad interessare
paesi assai lontani, per storia e
cultura, spesso esotici.
Non mancano, pertanto, nel
lungo elenco di questo tipo di
apparizioni, paesi come il
Messico, il Guatemala, il Laos, il
Giappone, il Vietnam, la Cina, il
Ruanda, la Corea, eccetera.
È stato calcolato che nel solo
XX° secolo ci siano stati 386 casi
di apparizioni mariane dei quali
299 non hanno avuto ancora un
giudizio definitivo, 79 sono stati
già riconosciuti come privi di
ogni fondamento certo, e
solamente 8 sono stati giudicati
come vere manifestazioni del
Divino dalla Chiesa cattolica.
In questi ultimi anni, sembra che
un
paese
particolarmente
interessato da questi fenomeni
sia gli Stati Uniti.
Dal 1985 al 1994, di apparizioni
mariane che hanno destato un
certo scalpore ne sono state
segnalate oltre 20.
Occorre, tuttavia, tenere ben
presente che tra i tanti casi che
con cadenza quasi regolare le
cronache ci fanno conoscere,
solo pochi riescono a superare il
filtro rappresentato dall’esame,
dallo studio approfondito e dalle
critiche delle autorità religiose
preposte a giudicare questi
fenomeni.
La Chiesa cattolica è sempre
assai prudente nell’approvare o
meno
la
genuinità
delle
apparizioni.
Quando qualcuno afferma di
essere stato testimone di una o
più apparizioni, il vescovo della
diocesi ha il compito di
interessarsi del caso attenendosi
a questo stabilito nel 1978, sotto
il pontificato di Papa Paolo VI,
dalle norme emanate dalla Sacra
Congregazione per la Dottrina
della Fede.
In primo luogo deve verificare se
si tratta di vera apparizione e non
di allucinazione patologica, o che
non sia il frutto di plateali
menzogne1.
1
Occorre chiarire quali siano le
differenze tra le visioni, le apparizioni e
le allucinazioni (Hinsie e Campbell,
Potrebbe
anche
trattarsi
dell’opera subdola del maligno.
Ricordiamoci che per la Chiesa,
un’autentica apparizione è un
carisma – gratia gratis data –
che si presenta ad una sola o a
più persone per il bene spirituale
del prossimo e/o della Chiesa nel
suo insieme.
Se il Vescovo della diocesi
interessata ritiene che i fatti siano
meritevoli di più approfondite
indagini, allora incarica per la
loro
valutazione
una
commissione
di
esperti
(psicologi, teologi ed altri
professionisti).
Essa valuta i fatti interrogando i
visionari e chiunque altro possa
dare una qualche testimonianza e
visitando il luogo nel quale si è
verificato il fenomeno.
Esamina poi gli eventuali
messaggi e le conseguenze
1970; Swann, 1996). In breve, le prime
originano nella nostra mente e qui vi
rimangono. In esse prevale, pertanto,
l’aspetto soggettivo. Le apparizioni
vengono sperimentate come qualcosa di
reale che si verifica fuori dalla nostra
mente e dal nostro corpo. Mentre esse
possono possedere una loro sorta di
oggettività in quanto percepibili, talora,
anche da altre persone, le allucinazioni
sono viste e vissute ugualmente come
qualcosa che si presenta all’esterno di
noi stessi e le crediamo reali, ma in
effetti sono il frutto della nostra
immaginazione o di altri processi
mentali talora patologici. Esistono altre
due varianti di questo tipo di esperienze
che sono: le illusioni, nelle quali la
percezione di oggetti reali viene
interpretata in modo erroneo, come nel
caso di alcuni tipi di miraggio. Infine, le
pseudoallucinazioni che non sono altro
che allucinazioni che il soggetto
riconosce coscientemente come tali,
ossia che sono prive di una realtà
oggettiva. Essendo spesso sfumati i
confini tra queste diverse categorie
percettive, non è raro che i termini che
le designano siano usati erroneamente
come sinonimi. Tralascio volutamente,
per ragioni di spazio, di considerare
quelle esperienze percettive collegate
con lo stato di sonno e di sogno o con
altri rilevanti stati modificati di
coscienza.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
dell’evento:
guarigioni
inspiegabili, fenomeni miracolosi
o portentosi concomitanti o
successivi, ed il possibile
aumento della devozione e della
fede.
Di particolare importanza riveste
il contenuto dei messaggi,
quando presenti.
Esso deve essere pienamente in
linea con gli insegnamenti
ufficiali della Chiesa e non
provocare divisioni al suo
interno.
Terminato questo lavoro sul
campo, la commissione esprime
per votazione il proprio giudizio
sulla
possibile
genuinità
dell’apparizione presa in esame:
“constat de supernaturalitate”,
oppure
“non
constat
de
supernaturalitate”.
Giudizio consegnato, insieme a
tutta la documentazione raccolta,
al vescovo che eventualmente lo
trasmette agli organi superiori
della Chiesa.
A questo punto, di solito passano
numerosi anni prima che la
Chiesa, affidato il caso ad una
sua particolare commissione
interna, esprima ufficialmente
l’esito della lunga e minuziosa
inchiesta.
Sono possibili quattro differenti
tipi di valutazione (Samples,
1991; Foster, 1995):
1- l’apparizione
non
è
riconosciuta
come
espressione di un disegno
divino perché accompagnata
da messaggi non conformi al
Credo Cristiano;
2- all’apparizione manca la
prova certa sulla sua origine
divina.
Viene
lasciata,
tuttavia, una certa libertà ai
singoli fedeli di accordarle o
meno la propria devozione;
3- per la Chiesa i messaggi non
contengono nulla che sia
contrario al Credo Cristiano.
Essa non garantisce, però,
dell’autenticità
dell’apparizione;
4- si riconosce nell’apparizione
un intervento divino.
Appare, di conseguenza, chiaro
che dei tanti casi di cui le
cronache ci rendono informati,
solo un’esigua minoranza riesce
a superare tutti i livelli di
giudizio ed a ottenere la
promozione al rango di vera
apparizione miracolosa della
Vergine.
Piuttosto sporadico è il giudizio
della scienza, ossia la verifica
della realtà dei fenomeni ottenuta
servendosi di apposita ed
affidabile
strumentazione
scientifica.
Inoltre, quando la scienza se ne
interessa ed esprime il proprio
parere, quest’ultimo può non
essere in accordo con quello dato
dalle autorità religiose.
Ma occorre anche sottolineare
che il giudizio della scienza
spesso si è rivelato non unanime
essendosi spesso formati partiti
favorevoli e partiti contrari nei
riguardi dello stesso fenomeno.
Questo per dire che non esiste
sempre un giudizio univoco della
scienza, ma esistono bensì in
questo, come in altri campi,
valutazioni
anche
diametralmente opposte sullo
stesso fenomeno e che riflettono
i giudizi ed i pregiudizi dei
singoli studiosi.
Sino ad ora abbiamo parlato di
casistiche
riguardanti
principalmente
l’ambito
cattolico.
Però occorre ricordare che anche
altre Chiese Cristiane, ma di
diversa confessione, talvolta
hanno visto al loro interno
manifestarsi tali ed identiche
apparizioni.
In questo articolo desidero
soffermare l’attenzione su una
serie impressionante, sia per
numero che per qualità, di
apparizioni mariane avvenute in
Egitto in anni molto recenti ed in
seno alla chiesa cristiana
ortodossa copta.
Queste manifestazioni hanno
ricevuto
il
riconoscimento
ufficiale da parte delle più alte
autorità religiose locali e, in un
caso, anche della Chiesa
cattolica.
In seguito, feci una ricerca su
Internet dove finalmente potei
raccogliere una buona quantità di
informazioni che mi ha permesso
di ricostruire, con sufficiente
precisione, la storia di questo
interessantissimo
e
misconosciuto fatto.
L’ANTEFATTO
La chiesa copta della Vergine
Maria a Zeitun, nelle immediate
vicinanze della capitale egiziana,
fu fatta costruire nel 1924 in
seguito, si dice, alla visione della
Madonna che ebbe in sogno
l’anno prima un certo Khalil
Pasha Ibrahim.
Ella gli chiese di costruire una
chiesa
a
lei
dedicata
promettendo, nel contempo, di
riapparire 50 anni più tardi.
Secondo un’altra fonte (Scott
Rogo, 1982), la Madonna
avrebbe promesso il suo ritorno
non appena la chiesa, della quale
aveva sollecitato la costruzione,
fosse
stata
terminata
(la
cerimonia
di
consacrazione
avvenne nel 1925).
Comunque siano andate le cose,
alle ore 20,30 del 2 Aprile 1968,
esattamente 50 anni dopo questi
primi eventi, tra le cupole della
chiesa copta di Zeitun ci fu la
prima di una lunga serie di
apparizioni della Madonna.
Il 2 Aprile è una data che riveste
una certa importanza per il fatto
che è l’ultimo giorno di un lungo
periodo di festeggiamenti che la
chiesa copta celebra in onore di
Maria che, per l’occasione, viene
chiamata “Nostra Signora della
Luce”.
Altro fatto strano è che la chiesa
copta di Zeitun si troverebbe
sulla strada che la Sacra Famiglia
avrebbe percorso durante il suo
viaggio in Egitto.
Tra i primi ad accorgersi
dell’apparizione furono due
meccanici che lavoravano in
Come
appassionato
di
parapsicologia, ma anche di altre
fenomenologie di frontiera, non
avevo mai sentito parlare delle
apparizioni mariane accadute a
Zeitun (o Zeitoun), in Egitto.
Alcuni anni fa, facendo una
ricerca bibliografica all’Istituto
di Psicologia dell’Università
degli Studi di Bologna, ho
trovato in una rivista un articolo
di due psicologi, dei quali uno, il
canadese Michael Persinger, è un
noto
studioso
della
fenomenologia paranormale.
Questo articolo trattava della
peculiare attività sismica in
Egitto in corrispondenza di
apparizioni della Madonna nella
chiesa copta di Zeitun (Derr e
Persinger, 1989).
Tra i numerosi articoli passati in
rassegna quel giorno nella
biblioteca
dell’Istituto
di
Psicologia, questo mi colpì
particolarmente ma, non so per
quale meccanismo psicologico
(atteggiamento di difesa, di
censura, o chissà cosa), non volli
né leggerlo, né fotocopiarlo.
Registrai solamente il titolo e gli
autori nella memoria e basta.
Dopo circa due anni, ebbi un
secondo
incontro
con
le
apparizioni di Zeitun leggendo
un libro che ne faceva solo un
breve accenno (Talbot, 1997).
Mi decisi, a quel punto, di
cercare su altre fonti qualche
notizia più dettagliata, ma senza
alcun successo.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
LA STORIA CI DICE
un’officina di riparazioni auto
posta di fronte alla chiesa.
Entrambi erano di religione
musulmana.
Richiamati da qualcosa di strano
che stava accadendo nella strada,
uscirono di corsa e videro una
giovane signora vestita di bianco
che camminava sulla cupola
principale del tempio.
Credendo che fosse una ragazza
aspirante al suicidio e che
potesse
precipitare
data
l’impossibilità di camminare
sulla sfericità della cupola, i due
urlarono alla donna di fermarsi.
La figura di donna era circondata
da un intenso alone luminoso e si
inchinava ogni volta che passava
accanto alla croce che sovrastava
la cupola principale.
Qualcuno tra la gente che si stava
raccogliendo in strada ad
ammirare l’inconsueta scena
gridò: “E’ la Vergine Maria”.
Tanta era la gente che si raccolse
ad ammirare il fenomeno che il
traffico stradale ne fu bloccato.
Dal momento che da quella
prima volta le apparizioni si
ripresentarono con notevole
costanza (nei primi due anni in
media 2-3 volte alla settimana),
alcuni esponenti religiosi di alto
rango furono incaricati dal Pope
di Alessandria di Egitto e
Patriarca per l’Africa ed il Medio
Oriente, sua santità Anba Kirillos
VI, di raccogliere informazioni
dirette ed indirette del fenomeno.
Anch’essi furono testimoni delle
apparizioni di questa figura
femminile che passeggiava tra le
cupole della chiesa e che, in certi
momenti, sembrava benedire con
le mani o con movimenti del
capo la folla sottostante.
Lo stesso Pope fu presente al
manifestarsi di questi straordinari
fenomeni.
Egli, in seguito, diede la sua
approvazione sulla genuinità di
questi fatti.
Anche il Cardinale cattolico
Stephanos I°, incaricato dal Papa
Paolo VI° di fare indagini
scrupolose, si espresse a favore:
“Senza dubbio si tratta di una
reale apparizione…” (Zaki,
1978).
Paolo VI° (Immaculata, aprile
1979), ufficialmente riconobbe le
apparizioni di Zeitun come
manifestazioni divine.
Anche le autorità civili fecero le
loro indagini senza trovare
alcunché che facesse sospettare
qualche trucco.
In
particolare,
la
polizia
ispezionò un ampia zona
circostante la chiesa (per un
raggio di 15 miglia) per trovare
marchingegni che potessero
essere la causa fraudolenta dei
fenomeni, ma senza alcun
risultato.
Lo stesso presidente della
Repubblica Egiziana, Abdul
Nasser, un fervente marxista, fu
uno dei tantissimi testimoni.
La notizia si sparse con la
velocità del fulmine e le sere
seguenti una folla vastissima ed
eterogenea, fatta di cristiani,
musulmani, ebrei, agnostici ed
atei, venuti da tutto il paese e
anche dall’estero, si radunò
attorno alla chiesa.
In alcune notti si dice che la folla
abbia raggiunto il numero di
250.000 persone.
I problemi di ordine pubblico che
ne seguirono
furono brillantemente
risolti:
chiusura
forzata del traffico in tutta la
zona, eliminazione di alberi e
manufatti vari dal piazzale della
chiesa per far posto alla folla,
stretto controllo della situazione
da parte della polizia presente in
forze, eccetera.
La TV egiziana ha fatto svariate
riprese, centinaia di fotografi
professionisti
hanno
fatto
migliaia di fotografie, ed è stato
calcolato che in tre anni più di
un milione di persone sia stato
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
testimone delle apparizioni di
Zeitun.
Un
organismo
governativo
egiziano, il “General Information
and Complaints Department” ha
diffuso
nel
1968
questa
dichiarazione:
“Sono
state
condotte indagini ufficiali che ci
hanno portato a concludere che
è innegabile che la Santa
Vergine Maria sia apparsa alla
chiesa di Zeitun con un corpo
chiaro e luminoso che è stato
visto da tutti i presenti, sia
cristiani che musulmani”.
Qualcuno ha fatto rimarcare
come un fatto tanto eccezionale
come quello solo a stento abbia
varcato i confini egiziani e, nel
mondo, siano state date vaghe
notizie di queste apparizioni solo
anni dopo il loro accadere.
Fanno eccezione, per quel che ho
potuto appurare, due soli brevi
articoli del “The New York
Times” datati 5 maggio e 21
agosto 1968.
Qualcuno ha avanzato l’ipotesi
che questa mancata diffusione su
scala mondiale sia da riferirsi al
fatto che gli eventi straordinari
sono accaduti nell’ambito della
chiesa copta e non di quella
cattolica…
TIPOLOGIA DELLE
APPARIZIONI
Un particolare importante è che
le numerose apparizioni (alcune
centinaia), che si protrassero per
ben 3 anni, erano spesso di lunga
durata.
Quella del 30 aprile 1968 durò 2
ore e 15 minuti.
Inoltre, erano visibili a chiunque
e non c’era alcun problema a
fotografarle.
Avvenivano sempre nel cuore
della notte ed erano precedute o
accompagnate da inconsueti
fenomeni luminosi.
La Madonna (anche noi a questo
punto, ed anche in seguito, ci
uniformiamo provvisoriamente a
questa identificazione), nel corso
delle centinaia di apparizioni a
Zeitun, non ha mai detto una sola
parola.
La sua presenza, in primo luogo,
ed i gesti di benedizione elargiti
alla folla e gli inchini alla croce
che sovrastava la cupola centrale,
per i credenti sono valsi molto
più di qualsiasi parola e sono
apparsi ricchissimi di profondi e,
talora, insondabili significati.
Secondo la descrizione di Padre
Boutros Gayed (1996), rettore
della Chiesa di Zeitun e fratello
del Pope Shenouda III, le
apparizioni
hanno
mostrato
queste caratteristiche:
1. La Madonna appariva dotata
di una propria intensa
luminosità. Indossava una
tunica lunga sino ai piedi ed a
volte il capo era coperto da
uno scialle. Spesso era
circondata da stelle brillanti
più grandi del normale.
Poteva apparire l’intero suo
corpo o solo il suo busto.
2. La Vergine era solita
spostarsi tra le cupole della
chiesa, in particolare in
vicinanza di quella centrale.
Passando davanti alla croce
sulla cupola maggiore ella si
inchinava
e
la
croce
acquistava una fulgida luce.
3. Talvolta portava un bambino
tra le braccia.
4. In altre occasioni la sua
sagoma non era ben definita,
ma sempre luminosa. Oppure
si vedeva una nuvola
luminescente dalla quale la
Madonna
prendeva
progressivamente una forma
definita.
5. L’apparizione della Madonna
era
preceduta
o
accompagnata da bianche
colombe
che
volavano
attorno alla chiesa. Anch’esse
erano luminose, più grandi
del normale e si spostavano
nel cielo senza alcun battito
delle
ali.
Di
solito
sembravano materializzarsi
dall’interno
di
nuvole
luminose che comparivano
misteriosamente tra le cupole
della
chiesa,
oppure
comparivano all’improvviso
dal nulla. In un’occasione
furono viste in numero di
sette spostarsi velocemente
nel cielo disposte a formare
una croce.
6. A volte si osservava solo un
bagliore luminoso arancione
o
azzurro
chiaro
che
risplendeva per alcuni istanti
per poi scomparire. Oppure
si vedeva chiaramente una
nebbia luminescente che
avvolgeva ogni cosa e dalla
quale emanava un piacevole
odore di incenso.
7. Padre Boutros Gayed ricorda
di avere visto la Madonna
passare davanti al disco della
luna piena coprendola alla
vista.
In concomitanza di queste
apparizioni, tra coloro che vi
hanno assistito o che hanno
successivamente
visitato
la
chiesa, sono stati segnalati
numerosissimi casi di guarigioni
inspiegabili e di altri fatti
miracolosi.
A questo si aggiunga l’aumento
nel fervore religioso di tanta
gente e la conversione di persone
sino a quel momento non
credenti.
ALTRE APPARIZIONI
MARIANE IN EGITTO
Il quadro sin qui descritto, già
così sconvolgente, aumenta la
sua complessità ed il suo
interesse nel constatare che non è
stato affatto un fenomeno isolato.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Altre apparizioni simili si sono
verificate negli anni successivi in
Egitto.
Edfu
Alle ore 20,10 del 21 agosto
1982, la Beata Vergine Maria è
apparsa nella chiesa copta di
Edfu, presso Assuan.
Le apparizioni si sono prolungate
sino al mese di novembre di
quello stesso anno ed hanno
trovato il riconoscimento da
parte del vescovo Hedra di
Assuan.
In seguito, il Pope della Chiesa
Copta Shenouda III ha dato la
propria approvazione riguardo
all’origine divina di queste
apparizioni.
Santa Demiana
Nel quartiere periferico di
Soubra, a Il Cairo, ulteriori
apparizioni
mariane
hanno
iniziato ad aver luogo il 25
marzo 1986 e si sono protratte
sino al 1990-91.
Il teatro degli avvenimenti è stata
la chiesa copta di Santa Demiana
Martire.
Si tratta di una chiesa molto
dimessa incastonata tra le
strettissime viuzze di un’area
molto popolare della capitale.
Verso il tramonto, la prima
apparizione fu vista, dagli
abitanti delle case adiacenti la
chiesa, nello spazio tra le sue due
torri.
La Vergine Maria apparve in una
forma molto luminosa circondata
da un alone di luce intensa.
Nei giorni seguenti, una folla
sempre più numerosa accorse per
assistere
alle
successive
manifestazioni di questa figura,
tanto da intasare le viuzze
circostanti.
Un giornale locale, il Watani,
con un articolo del 13 Aprile, ci
informa che in effetti i fenomeni
luminosi che hanno interessato la
chiesa di santa Demiana hanno
avuto inizio prima del 25 marzo,
ma senza destare subito un
particolare interesse.
Questo si è acceso, ed è dilagato,
solo il 25 marzo quando si è
constatato che, oltre ai bagliori
ed alle nuvole luminescenti che
rivestivano la sommità della
chiesa, c’era anche una figura
femminile prontamente riconosciuta come la Madonna.
Pure in questa occasione, Sua
Santità il Pope Shenouda III ha
istituito un’ulteriore commissione per stabilire l’origine di
quei fenomeni.
La commissione, recatasi sul
posto nel corso della notte
dell’undici aprile, ha potuto
osservare, dalle 3,40 alle 5 del
mattino, “la Santa Vergine in
una forma chiara circondata da
un alone luminoso”.
Da un’analisi più approfondita
condotta nelle serate successive,
ed alla quale hanno contribuito
anche le testimonianze di
semplici cittadini accorsi ad
assistere al fenomeno, la
commissione papale ha potuto
concludere le sue ricerche
affermando:
-
-
-
-
Le apparizioni della Vergine
sono state ripetute e si sono
manifestate in diverse forme.
Sono state viste colombe
sulla sommità della chiesa.
Da essa si diffondeva un
forte profumo d’incenso.
Un’intensa luce apparentemente non naturale si
diffondeva dall’interno di
una delle due torri verso
l’esterno. Questa luce ha
continuato a risplendere
anche quando è stata sospesa
per un’ora l’erogazione della
corrente elettrica nell’intero
quartiere.
Le apparizioni non erano
limitate
alle
sole
ore
-
-
-
-
notturne,
ma
potevano
manifestarsi anche in pieno
giorno.
Esse,
oltre
che
sulla
superficie
esterna
della
chiesa, sono state osservate
anche nel suo interno.
Oltre alla Madonna, anche
altri santi personaggi sono
comparsi,
come
Santa
Demiana, vari altri santi ed il
bambino Gesù tenuto in
braccio dalla Madonna.
Spesso la Madonna appariva
contornata da lingue di fuoco
che
assumevano,
successivamente, le forme ed
i colori più disparati.
Le
apparizioni
avevano
durata variabile (da pochi
secondi ad ore) e potevano
ripetersi più volte in una
stessa notte.
Anche per la fenomenologia di
Santa Demiana è stato possibile
raccogliere una documentazione
fotografica.
Shentena El-Hagar
Nuovi fenomeni simili sono
accaduti alla chiesa copta di un
piccolo
villaggio
egiziano,
Shentena El-Hagar (Menufiya)
tra l’agosto ed il settembre del
1997.
Da un resoconto giornalistico
sappiamo che i primi ad
accorgersene sono stati gli
abitanti delle case circostanti la
chiesa che si sono precipitati ad
avvisare il parroco.
Essi hanno visto dapprima un
intenso
bagliore
luminoso
argenteo che rivestiva la grossa
croce del campanile.
Da questa luce è emersa una
figura verosimilmente umana che
è stata riconosciuta come la
Madonna.
I testimoni sono stati in grado di
fornire precisi dettagli di questo
personaggio: aveva una croce al
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
di sopra della testa, il suo abito
era blu e teneva le mani sollevate
come in un gesto di preghiera.
Il
vescovo
di
Menufiya,
Benjamin,
così
ne
dà
testimonianza
al
giornale
“Middle East Times”: “L’ho
vista tre volte. Ella apparivata
all’interno di tre cerchi di luce.
Una volta teneva le mani alzate
al cielo come se pregasse. La
seconda volta ella camminava a
destra e a sinistra guardando la
folla sottostante. Nell’ultima,
ella si è trasformata in una
grande colomba argentea che
solcava il cielo”.
Aggiungo anche la descrizione di
un testimone indiretto, che
riassumo in questi termini: “La
Vergine Maria è apparsa a mio
padre ed a mio fratello, oltre a
diverse altre persone, per tre
ore. All’inizio è comparsa una
stella rossa discesa dal cielo e
che si è mossa attorno alla
chiesa sino a quando non sono
apparse due grosse colombe
bianche. In seguito, si è vista una
forte luce emanare dalle
campane
all’interno
del
campanile. Entro questa luce si
è concretizzata la Vergine Maria
sotto forma di un corpo di luce
molto luminoso. Poi si è disciolta
la luce che la circondava
mostrando la Vergine più
chiaramente accanto alle due
colombe. I lineamenti del corpo
non erano molto netti, tuttavia la
si è vista più volte fare una
specie d’inchino verso la folla.
Come detto, oltre a mio padre e
a mio fratello, c’era una ingente
folla che ha visto le stesse cose
così come le ho descritte. Alcuni
tra i presenti hanno detto di
avere visto la Madonna anche
all’interno della chiesa”.
Un prete copto che ha assistito ai
fenomeni, così li descrive: “Palle
di
fuoco,
stelle
cadenti
incandescenti, luci incredibili,
cerchi di fuoco attorno alla
croce ed ali scintillanti in
movimento”.
Un altro religioso così riferisce:
“Allora Ella apparve sulla chiesa
con due angeli al fianco e si
spostava benedicendo la gente”.
Una delegazione di religiosi
d’alto rango ha svolto delle
indagine ed è stata spettatrice dei
fenomeni.
In base alle loro dichiarazioni, il
Patriarcato della Chiesa copta ha
emesso il seguente documento:
“Una luce supernaturale è
apparsa nella chiesa di Shentena
El-Hagar, Menufiya, specialmente verso la fine di agosto, ed ha
attirato migliaia di persone che
hanno inneggiato al fenomeno
spirituale che è continuato per
diversi
giorni
in
distinte
occasioni”.
Sfortunatamente
(non
sono
riuscito a conoscerne la ragione),
non è stato possibile raccogliere
una documentazione filmata o
fotografica.
Il solito verificarsi di guarigioni
miracolose ha accompagnato lo
svolgersi di questi fenomeni.
Mentre scrivevo questo articolo
sono riuscito, attraverso Internet,
a mettermi in contatto con un
ingegnere americano che è stato
testimone delle apparizioni di
Zeitun.
Gli ho chiesto di descrivermi la
sua esperienza e, in particolare,
di confermarmi che le fotografie
che si trovano in giro delle
apparizioni di Zeitun corrispondono o no a quanto da lui
osservato.
Una delle fotografie più famose
compare anche nella sua pagina
WEB che tratta, appunto, di
queste miracolose apparizioni.
Con estrema cortesia, egli ha
acconsentito che citassi in questo
articolo la sua diretta esperienza
che mi ha così riassunto (la
traduzione dall’inglese è mia):
“Nell’aprile 1968 ho visto la
Santa Vergine Maria, all’una di
notte di un venerdì, proprio nella
forma illustrata nella fotografia
che appare nella mia pagina
WEB su Zeitoun. Essa era a
figura intera, con la veste
fluttuante. Teneva le mani lungo
i fianchi con i palmi aperti come
per fare un invito. Questa figura
si è spostata lentamente sopra la
cupola per lungo tempo e,
quando
scomparve,
corpi
celestiali con forma di colomba
volarono per tutto il cielo sopra
la chiesa. Ci siamo tornati
diverse volte ed abbiamo visto
per lo più gli oggetti celestiali
con forma di colomba. Essi
apparivano sempre dopo la
mezzanotte e prima dell’alba. Un
sentimento di riverenza e di
sollievo indescrivibile mi è
rimasto per un lungo tempo.
Prima di lasciare l’Egitto per gli
USA, dove dovevo completare gli
studi universitari di ingegneria,
nel periodo tra l’aprile del 1968
ed il luglio del 1969 sono andato
a Zeitoun una dozzina di volte.
Mi sistemavo in una delle strette
viuzze che contornano la piccola
chiesa e, guardando in alto verso
il cielo, cantavo in mezzo ad una
fitta folla o pregavo Gesù e la
sua Madre Benedetta, la Vergine
Maria Theotokos (Madre di Dio
in Verità)”.
Mi ha anche riferito che la sua
famiglia è stata testimone degli
eventi straordinari accaduti alla
chiesa copta di Santa Demiana.
Egli è impiegato come ingegnere
alla “Boing Aerospace Company” di Saint Louis (Missouri) ed
ha il grado universitario di Ph.D.
LE INTERPRETAZIONI
DELLE CHIESE CRISTIANE
Per i cristiani, quelli cattolici
soprattutto, l’origine divina di
questa fenomenologia rappresenta una possibilità reale.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Non tutte le apparizioni sono
genuine, ma nihil obstat che una
ristretta minoranza lo sia.
Più scettica è la Chiesa
Protestante.
La realtà delle apparizioni
mariane è fortemente contestata
per questioni ideologiche di
fondo.
Al limite, può ammettere che i
presunti casi di apparizione siano
particolarmente frequenti, specialmente in questo declinante
millennio, ma può riconoscere in
essi non un disegno di Dio, bensì
un intervento del Demonio.
Infatti, c’è chi vede dietro a
questi eventi un’astuta strategia
del Maligno mirante a confonderci o c’è chi ritiene che
questa complessa e misteriosa
fenomenologia sia un segno della
prossima venuta della fine dei
tempi di apocalittica memoria.
Insomma, sarebbe uno di quei
segnali (avvento di falsi profeti,
di guerre, carestie, inconsueti
fenomeni celesti, eccetera) profetizzati nel Nuovo Testamento
che annuncerebbero la fine dei
tempi ed il presentarsi imminente
del giudizio universale (Matteo,
24; Luca, 21).
Un'altra chiave di lettura particolarmente cara ai protestanti e
a diversi studiosi scettici è che si
tratti, come vedremo meglio in
seguito, di allucinazioni sia individuali che collettive.
Oppure, che la Chiesa cattolica
abbia ogni interesse a vedere il
miracoloso dietro ad ogni angolo
per fini propri facilmente individuabili e, per questa ragione, se
ne serva.
IL PARERE DEI CRITICI
E DI ALTRI STUDIOSI
Sulla rivista della associazione
degli
scettici
australiani,
“Skeptic”, ho trovato un articolo
di un certo Harry Edwards
(1994) che, facendo riferimento
ad alcune delle più note apparizioni mariane (Guadalupe,
Lourdes, Fatima e Medjugorje),
arriva a queste sconsiderate
conclusioni: “Tutti i visionari
rientrano
nella
medesima
categoria; hanno età compresa
tra i 6 e i 16 anni, sono
contadini, pastori o semplici
popolani senza cultura, devoti
alla loro religione, indottrinati
dalla Chiesa cattolica a credere
nei miracoli e nel soprannaturale
in genere. Senza eccezioni, essi
appartengono a famiglie povere
e si può ipotizzare che l’avere
queste apparizioni divine possa
confortarli ed elevare la loro
considerazione agli occhi della
gente. I ragazzini hanno vivida
immaginazione,
fantasticano,
vedono cose che gli adulti non
vedono, ed amano serbare dei
segreti – tutti attributi dei
potenziali
veggenti.
Dato
l’ambiente
favorevole,
un
background religioso ed una
valida motivazione, uno è già
sulla strada delle allucinazioni.
Il soprannaturale è contraddetto
da tutto ciò che impariamo
attraverso i nostri cinque sensi e
le leggi naturali; “vedere” o
“udire” al di là dei cinque sensi
e delle leggi di natura deriva da
uno stato soggettivo basato su
concetti senza fondamento”.
Per Edwards il problema è già
risolto, anzi non esiste, non è mai
esistito.
La partigianeria e la parzialità di
questo critico emerge ancor più
chiaramente quando fa un breve
riferimento proprio alle apparizioni oggetto di questo articolo.
Vediamo cosa dice ancora
Edwards: “Un altro luogo di
culto meno noto nel quale la
Beata Vergine Maria si dice sia
apparsa è Zeitoun, a Il Cairo,
dove nel 1968 alcuni operai
musulmani videro una visione in
cima ad una chiesa copta
ortodossa; poi, nel 1986, ella
riapparve sopra la chiesa di
Santa Demiana, sempre a Il
Cairo. Le incandescenti relazioni
tra
copti
cristiani
e
fondamentalisti
musulmani
possono avere avuto a che fare
con tutto ciò”.
Centinaia di apparizioni durate
per anni ed osservate da più di un
milione di persone, fotografate e
filmate a non finire vengono, da
Edwards, ridotte ad una sola
indeterminata visione da parte di
alcuni operai musulmani.
L’insinuazione
di
carattere
politico-religioso completa il
quadro.
Lascio al lettore ogni ulteriore
commento.
Mi limito solo a sottolineare il
metodo usato da una certa
categoria di critici di questo
stampo.
Davanti ad un fenomeno ampio e
complesso, oltre che non
facilmente
spiegabile
come
quello delle apparizioni, questi
critici selezionano alcuni casi
(quelli che fanno al caso loro),
fanno su di essi alcune frettolose
considerazioni demolitrici, per
poi generalizzarle a tutto il
settore.
Nel far questo, evidenziano
massimamente i punti ritenuti
deboli e minimizzano o tacciono
tutti gli altri.
È come se uno studioso, avendo
riscontrato che un mistico
cristiano ha avuto dei problemi
psicologici, potesse affermare
che tutti i mistici cristiani sono
dei malati mentali.
È chiaro che il metodo
scientifico, ed anche il buon
senso, sono tutt’altra cosa.
Che un simile articolo, come
quello di Edwards, sia stato
accettato e pubblicato da una
rivista che riflette la posizione
ideologica del club degli scettici
australiani, mi crea delle
perplessità anche su questi ultimi.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Purtroppo, questo modo di far
critica è diffusissimo in tutto il
mondo ed ho solo voluto darne
un esempio.
Un tentativo più serio di spiegare
le apparizioni di Zeitun è stato
fatto dai già citati Derr e
Persinger (1989) su un’autorevole rivista di psicologia.
Quello che essi ipotizzano è che
esista una connessione assai
stretta
tra
manifestazioni
sismiche ed alcuni tipi di
fenomeni luminosi.
Essi hanno raccolto tutti i dati
relativi ai terremoti occorsi in
Egitto tra il 1967 ed il 1971 per
vedere se c’era una corrispondenza temporale tra essi ed i
fenomeni luminosi occorsi alla
chiesa di Zeitun.
Vale la pena riportare alcuni
brani significativi tratti dal loro
articolo: “Quando fotografati,
questi fenomeni apparivano
come bagliori di luce. Principalmente c’erano due distinti tipi di
eventi: piccole luci di breve
durata
in
movimento
(le
colombe) e
più
durature
formazioni, del tipo effetto a
corona, disposte in genere nelle
parti apicali della chiesa. Le
descrizioni di carattere più
dettagliato dei fenomeni, come le
visioni, spesso apparivano come
flash; i loro dettagli di solito
riflettevano
il
background
religioso degli spettatori”.
Più avanti, i due studiosi
concludono: “Le caratteristiche
di questi fenomeni luminosi
suggeriscono
con
forza
l’esistenza di tensioni tettoniche
entro
quell’area.
Secondo
l’ipotesi delle tensioni tettoniche,
dei fenomeni luminosi anomali
sono generati da brevi e locali
cambiamenti nelle tensioni che
precedono i terremoti all’interno
della stessa regione. Fattori
psicologici determinano dettagli
maggiormente
elaborati
di
queste esperienze perché ci sono
stimolazioni dirette nel cervello
degli osservatori così come
contributi indiretti da storie di
rinforzo”.
Come fa giustamente notare
William R. Corliss (1997), i
terremoti di cui i due studiosi
fanno cenno si sono manifestati a
ben 400 km. di distanza e non è
chiaro come possano avere
provocato degli effetti luminosi
così lontano.
Aggiungo io, “Perché solo e
sempre a Zeitun ed in particolare
sulla sommità della sua chiesa
copta
e
non
anche,
e
contemporaneamente, in altri
mille luoghi più o meno vicini?”
Inoltre,
le
corrispondenze
temporali tra i terremoti e le
manifestazioni luminose non
sono state così precise come
previsto dalla teoria, anzi,
tutt’altro.
E questo è riconosciuto anche
dagli stessi autori che pensano di
non avere tenuto conto di
importanti
e
fondamentali
variabili che ancora non sono
riusciti ad individuare.
Infine, avendo io avuto la
possibilità di analizzare alcune
fotografie di queste apparizioni,
alcune di esse non sembrano
affatto rappresentare dei semplici
bagliori luminosi, bensì una
sagoma
umana
femminile
piuttosto ben definita che, per
certi particolari, fa pensare
immediatamente alla Madonna.
Non posso, però, garantire al
cento per cento che le foto non
siano truccate, anche se ciò mi
sembra abbastanza improbabile.
Anche alcuni parapsicologi hanno studiato ed espresso parerei
sulle apparizioni di Zeitun.
Michael Grosso (1985; 1996), ad
esempio, afferma che “simili
visioni non sono apparizioni
della Maria storica, ma sono
effettivamente proiezioni olografiche paranormali create
dall’inconscio collettivo”.
Ispirandosi alle intuizioni di C.
G. Jung (1964), Michael Grosso
ritiene che il mito (o l’archetipo)
della antica e primordiale deamadre, sistematicamente represso dalla civiltà moderna, sia stato
momentaneamente ripristinato e
manifestato a Zeitun per via
paranormale grazie alle ormai
incontenibili energie accumulatesi nell’inconscio collettivo.
Oppure, “L’attesa della gente del
realizzarsi della profezia comunicata al futuro costruttore della
chiesa di Zeitun sarebbe stata la
molla che ha creato le condizioni
perché da tale attesa si
concretizzasse tutta la suddetta
fenomenologia”,
è
quanto
sostiene un altro ben noto
parapsicologo,
Scott
Rogo
(1982).
Sulla questione delle proiezioni
olografiche paranormali, rimando a Talbot (1997).
Quest’ultimo autore sostanzialmente condivide l’opinione
espressa da Michael Grosso
sull’origine olografica paranormale delle apparizioni mariane,
quella di Zeitun in particolare
(Talbot, 1976; 1997).
Esistono anche delle interpretazioni di questa fenomenologia
su base ufologica, ma non ne
tratto per la loro attuale palese
inconsistenza.
Un fatto che mi ha colpito è
rappresentato
dalla
curiosa
analogia che mi sembra di poter
cogliere tra il modo con il quale
costantemente si afferma che
prenda forma la Vergine Maria e
certi fenomeni propri delle sedute medianiche.
Nel primo caso, l’apparizione
inizia con una massa, una nuvola
luminescente, dalla quale sembra
prendere forma e consistenza
(materializzarsi) la figura identificata come la Madonna.
Nel secondo caso, stando ai
resoconti dei testimoni, si
ottengono delle figure con
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
sembianze umane a partire da
masse informi di una sostanza
luminescente detta ectoplasma.
Ma questo è ancora un argomento minato e non mi sento di
insistere oltre.
Un altro fatto che mi sembra
doversi sottolineare è dato dalla
rapidità con la quale le somme
autorità religiose copte arrivano a
dichiarare ufficialmente il carattere sovrannaturale di queste
apparizioni: solo alcuni mesi.
Ciò contrasta nettamente con la
maggior prudenza e, forse, con il
maggior scrupolo, con cui queste
indagini e questi verdetti
vengono elaborati dalle autorità
religiose cattoliche: dopo decine
di anni, se non più.
CONCLUSIONI
Le apparizioni mariane di Zeitun
e degli altri luoghi descritti sono
veramente qualcosa di particolare.
Esse, pur avendo certi elementi
in comune con tante altre
importanti apparizioni mariane,
hanno anche qualcosa di singolare che le rende uniche.
Anzi, sembra che le differenze
superino le somiglianze.
Non mi riferisco tanto al loro
numero e alla ricchezza di
manifestazioni visive che le
hanno caratterizzate, bensì mi
riferisco al fatto che sono state
sempre ed assolutamente mute.
La Vergine non ha profferito una
sola parola, nessun messaggio è
stato comunicato.
Questo, che a prima vista può
sembrare un difetto, lo considero
al contrario un pregio che ne
avvalora l’oggettività.
La messaggistica delle apparizioni mariane più importanti è
sempre stata fonte di dubbi, di
insinuazioni e di sconcerto.
Non è sempre stato chiaro sino a
che punto i messaggi potessero
essere considerati rivelazioni
divine e non invece il frutto della
fertile fantasia dei veggenti.
Ma non solo.
Basandosi anche sul fatto che
esse sono quasi sempre avvenute
in ambito cattolico, si è spesso
insinuato che le apparizioni ed i
messaggi potessero essere stati in
qualche modo pilotati o strumentalizzati dalla Chiesa cattolica
per scopi sia di promozione
religiosa, sia di natura politica
(principalmente al fine di indebolire o soppiantare altre Chiese
cristiane non cattoliche compresenti nel luogo degli avvenimenti).
La Madonna apparsa in Egitto, se
veramente della Madonna si
tratta, non ci ha lasciato nullo di
detto e, con il suo silenzio e la
sua presenza, ha così potuto
parlare sia a i cattolici, ai copti,
ai musulmani ed ai non credenti.
Più che come elemento di
divisione,
sembra
abbia
funzionato come elemento di
aggregazione.
Almeno in questo caso nessuno
potrà sospettare trame politiche
di bassa lega che hanno favorito,
se non letteralmente creato, questi fenomeni.
Non credo occorra aggiungere
molto di più a quanto già detto.
Ho esposto i fatti ricostruendoli
in base alle informazioni che, a
fatica, sono riuscito a reperire.
Ritengo
che
qualcosa
di
veramente notevole sia accaduto
nella terra d’Egitto, qualcosa che
trova implicazioni su vari fronti,
non da ultimo quello della fede
personale.
Sul piano della verifica scientifica, come quasi sempre accade
con questo tipo di fenomeni e
come già accennato in precedenza, i fatti esposti sono suscettibili
di essere presi per buoni, oppure
no.
Le fotografie, i filmati e le
numerosissime testimonianze un
qualche valore debbono pur
averlo una volta che sia stata
accertata la loro genuinità.
Come già detto, spesso la
valutazione della scienza non
sempre riesce ad essere univoca,
assoluta.
Quello che vale per alcuni
scienziati può non essere
sufficiente per altri.
Stando così le cose, non resta che
raccogliere i dati in maniera
precisa e coerente, e dopo
saranno il tempo e lo studio
approfondito a decidere su
quanto accaduto.
Può anche darsi che non si arrivi
mai
ad
una
conclusione
definitiva.
Per concludere, mi si permetta un
piccolo sfogo personale contro
un atteggiamento molto comune
tra gli studiosi, e non solo, e che
mi reca un grande fastidio.
Molte persone, quando sono
richieste di giudicare eventi
insoliti come questi, anche se
non ne sanno nulla e mai se ne
sono interessate, si sentono in
dovere di esprimere degli
“autorevoli” giudizi.
Ma perché cercare sempre e
comunque di dare una spiegazione a fatti che al momento
non sono conoscibili o non sono
ancora del tutto chiari?
Di enigmi nell’universo ce ne
sono tantissimi.
Alcuni di essi potranno trovare
una spiegazione in breve tempo,
altri chissà quando, ed altri
ancora forse mai.
Mi sembra un atteggiamento
paranoico dovere per forza dare
delle interpretazioni affrettate ed
a tutti i costi con il rischio di
doversi in seguito smentire.
Se esiste un fatto reale che non
siamo in grado di spiegare,
accettiamolo così com’è, senza
sentenziare e senza dire una
parola di troppo.
Ciò non ci impedirà di poterlo
studiare usando la logica, il buon
senso ed il metodo scientifico.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Se al di là di un alto muro, ad
esempio, mi si dice che c’è un
oggetto, senza dirmi quale, e mi
si chiede di che colore sia, è
sciocco lanciarsi ad indovinare
(anche la domanda è sciocca).
Più accorto mi sembra sia tacere
e, nello stesso tempo, cercare una
scala per superare quel muro e
renderci conto di quello che c’è
al di là di esso.
Davanti a fenomeni come quelli
sopra esposti, le apparizioni
mariane in Egitto, fermiamoci un
momento, non corriamo a dare
subito un giudizio.
Non c’è nulla di male a non sapere cosa rispondere.
Forse basta solo meditarci un
po’, aspettare alcuni attimi o
tempi più propizi.
O, forse, no…
Non rompiamo affrettatamente
l’incantesimo!
È anche questo il fascino del
mistero: spiazzare la gente
lasciandola letteralmente senza
parole.
[email protected]
BIBLIOGRAFIA
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apparitions. Science Frontiers, N. 64,
Jul-Aug.
Derr, J.S. e Persinger, M.A. (1989):
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LIV. Zeitoun (Egypt) apparitions of the
Virgin Mary as tectonic strain-induced
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Edwards, H. (1994): Apparitions and
Shrines. The Skeptic, Vol. 13, N. 4,
pag. 13.
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Collected Works, vol. 10. New York:
Pantheon Books.
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the Virgin Mary: A protestant look at a
catholic phenomenon. Part 1. Christian
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Talbot, M. (1976): UFOs beyond real
and unreal. Da: Gods of Aquarius, Brad
Steiger Ed., N.Y.
Talbot, M. (1997): Tutto è uno. URRA
Edizioni, pp. 333-334.
Zaki, P. (1978): Our Lord’s Mother
visits Egypt in 1968. Zeitun, Egypt:
Coptic Orthodox Church Publ.
Altre opere non citate nell’articolo che
trattano delle apparizioni di Zeitun
sono:
Jackson, R., Jackson, J., Kamell, Y.: A
Lady of Light appears in Egypt. St
Mark's Avenure
Press
Johnston, E. (1980): When millions saw
Mary. Chulmleigh (UK): Augustine
Publ.
Palmer, J. (1969): Our Lady returns to
Egypt. San Bernardino, CA: Culligan
Publ.
Bruno Severi è nato a Bologna nel 1946. Laureato in Scienze
Biologiche, ha lavorato all'Università di Bologna, presso la Facoltà di
Medicina e Chirurgia, come Microscopista Elettronico.
Direttore Scientifico del Centro Studi Parapsicologici di
Bologna http://cspbo.altervista.org/b, è uno dei 5-6 studiosi italiani
che fanno parte della Parapsychological Association, la più importante
ed esclusiva associazione parapsicologica esistente al mondo.
Ha scritto vari articoli ed ha riferito in congressi di Parapsicologia o di
Scienze di Frontiera.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ESOTERISMO
SIMBOLI E MITI
Roberto La Paglia
Il
simbolo,
in
quanto
rappresentazione visibile di una
informazione accessibile soltanto
attraverso la pratica dell'analisi e
dello studio delle tradizioni,
contiene prevalentemente un
carattere esoterico; lo stesso
possiamo affermare per i miti e
proprio su questo connubio
riteniamo
importante
fare
un’osservazione su quella che
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
potrebbe essere stata la nascita
dei miti e dei simboli ricorrenti
in molte religioni e tradizioni; un
esempio
attinente
a
tale
esposizione è la religione Egizia.
Gli studi effettuati fino ad oggi
sulla preistoria suggeriscono che
i primi uomini non si dedicassero
all’osservazione del cielo in
modo regolare, non erano
neanche soliti registrare e tra-
smettere il frutto delle loro
osservazioni; nonostante ciò una
particolarità venne comunque
notata e registrata, il movimento
precessionale e il modo in cui
esso si sviluppa: è molto
probabile che la religione dei
primi egiziani si fondasse su
questa specifica conoscenza e
che tale conoscenza ebbe un
enorme peso sul suo sviluppo.
Partendo dal presupposto che le
antiche culture basassero le
certezze dei loro miti sui risultati
osservabili della precessione, le
continue differenze nel cielo
dovevano riflettere le composizioni religiose scritte durante
tre millenni di storia Faraonica in
Egitto.
Quali miti scaturirono da queste
osservazioni?
E furono proprio questi miti che
vennero preservati nella tradizione orale?
Lo studio del movimento dei
cieli era una parte necessaria
dell’educazione dei sacerdoti dai
primi tempi della storia, in
quanto le stelle annunciavano
l’arrivo dell’alba, ovvero l’apparire del Dio Sole.
Ogni importante momento del
corso del Sole era accompagnato
da un rituale, e certe date erano
ricordate e festeggiate con riti
speciali.
Una delle cariche più importanti
che potesse ricoprire un sacerdote egiziano era quella di
“osservatore delle ore” (imywnwt), egli stabiliva il periodo
esatto del tempo prima dell’alba
e trascorreva la notte a preparare
i cibi e le cerimonie; l’alba
avrebbe purificato il sacerdote, il
sostituto del re, questo era un
momento di grande solennità e
doveva svolgersi nel preciso
istante in cui il Sole compariva
all’orizzonte.
Appurato quindi che il fenomeno
precessionale era un fenomeno
normale, gli antichi pensatori
dovettero cercare in qualche
modo di misurarlo e comprenderne il preciso funzionamento; i
miti non erano altro, quindi, che
delle informazioni sui movimenti
celesti e sugli eventi ciclici, un
rimando orale di secoli di
osservazioni prima che il tutto
venisse conservato per iscritto.
Questa potrebbe essere una delle
spiegazioni dell’intrigato mondo
mitologico egizio e delle inquietanti
raffigurazioni
animali
presenti nell’iconografia sacra.
D’altra
parte
sarebbe
impensabile supporre che l’osservazione dei cieli si praticasse
solo dopo la costruzione dei
templi solo per il fatto che questi
ultimi erano preposti a tale scopo; indubbiamente questa tecnica
venne affinata sin dagli inizi
dell’umanità, tramandando sotto
forma di simboli (Dei) il frutto di
quanto visto ed appurato;
soltanto in seguito la pratica si
trasferì nei templi e soltanto
dopo la scoperta della scrittura
essa venne posta come testo
sacro dalle varie popolazioni,
egiziana compresa.
SIMBOLISMO ESOTERICO
Nell’antica Grecia il Simbolo
(Symbolon), rappresentava il
segno di riconoscimento e di
controllo ottenuto spezzando in
due un oggetto, in tal modo il
possessore di una delle due parti
era in grado di farsi riconoscere
dall’altro dimostrando come esse
combaciassero.
Questa antica tradizione andò nel
tempo allargandosi fino ad
inglobare anche l’idea del
Simbolo come rappresentazione
di una realtà non sensibile, una
realtà magica che alludeva a
qualcosa di misterioso, ma reale
allo stesso tempo.
Il valore magico del Simbolo
rimase vivo per tutto il Medioevo, il Rinascimento ed oltre; la
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
realtà oggettiva del Simbolo
rimane il suo enorme potere
espressivo, la capacità di rivelare
strutture e caratteri altrimenti
inaccessibili che fanno parte di
mondi a noi sconosciuti ma reali,
anche se non evidenti nell’esperienza immediata.
I Simboli sono stati espressioni
delle civiltà, materializzazioni
del divino e del trascendente,
forza motrice della Tradizione,
segni visibili della cosmogonia
divina.
Lo studio del Simbolo è l’intuizione del dualismo, la realtà
pratica di come tutti gli antagonismi e le contraddizioni del
trascendente finiscano sempre
per condensarsi in una sola unità.
L’uso del Simbolo nella trasmissione degli insegnamenti dottrinali relativi alla Tradizione, è di
fondamentale importanza, e non
a caso!
Il Simbolismo, infatti, è il modo
più adatto e fruibile per l’uomo
di tramandare insegnamenti e
pensieri, il modo più naturale.
Tutto ciò è facilmente comprensibile se si pensa che il
linguaggio stesso, in fondo, è
Simbolismo, qualunque espressione umana è in realtà un
simbolo del pensiero che si traduce esteriormente; unica differenza rimane nel fatto che il
linguaggio è analitico e discorsivo, mentre il Simbolismo è
essenzialmente intuitivo.
Da questi ultimi discorsi
potremmo quindi porci un ulteriore interrogativo: il Simbolismo è di natura umana o di
natura Divina?
Riflettendo sul fatto che le leggi
naturali alle quali tutti siamo
sottoposti, dalle quali proveniamo e nelle quali viviamo, sono in
fondo una espressione ed una
esteriorizzazione della Volontà
Divina, e se riflettiamo ancora
sul fatto che il Simbolismo trova
il suo fondamento nella natura
stessa degli esseri umani, dobbiamo necessariamente concludere che il Simbolo ed il
Simbolismo
stesso
sono
sicuramente di natura Divina.
A questo punto possiamo provare
a dare una scala “gerarchica” al
Simbolo ed al Simbolismo,
possiamo sicuramente riflettere
sul fatto che nella Natura il
Sensibile
è
Simbolo
del
Soprasensibile, l’intero ordine
naturale è a sua volta Simbolo
dell’ordine Divino, e possiamo
concludere affermando che l’uomo stesso è a sua volta Simbolo
in quanto creato ad immagine
della Natura Divina.
Nell’ambito delle discipline
psicologiche e della psicoanalisi,
il Simbolismo si intende in due
modi differenti: come rappresentazione indiretta e figurata
dell’idea e come rappresentazioni accettabili in luogo di
rappresentazioni
ricusate
o
rimosse.
Proprio riferendosi a questa
seconda interpretazione è facile
intravedere la sostanza stessa del
Simbolismo, la sua vera natura;
la disciplina dei simboli è in
realtà la forma primitiva e
spontanea di pensiero, una specie
di vocabolario attraverso il quale
si esprimono tutte le sensazioni e
le emozioni della vita, anche il
sentimento nelle sue forme
superiori.
In molte correnti iniziatiche i
Simboli sono dei veri e propri
condensatori di verità nascoste,
stimolo alla riflessione ed alla
ricerca interiore attraverso il simbolo stesso; tra i vari personaggi
che si occuparono del Simbolismo (anche se non nei termini
occulti che ci interessano),
ricordiamo Freud e Jung; il primo considerò varie volte il
problema dando però un senso di
ristrettezza alla sua vasta interpretazione; ammise una costanza
nelle rappresentazioni simboliche
attribuendo però al simbolo una
funzione nettamente difensiva.
L’ubiquità dei simboli ed il loro
apparire nelle diverse culture
indussero invece Carl Gustav
Jung a postulare la sua teoria
dell’Inconscio Collettivo, un
enorme contenitore e matrice allo
stesso tempo degli archetipi, i
quali possono essere considerati
come simboli universali.
Abbiamo fino ad ora parlato di
simboli e quindi, implicitamente,
di Esoterismo; è necessario però
chiedersi cosa rimanga oggi di
questa antica dottrina, quale sia
la connotazione che l'era
moderna ha riservato a questo
termine.
Di cosa si occupa realmente un
esoterista e quali sono i tratti
essenziali di questo studio?
Con il termine Esoterismo, ormai
da tempo, sia per comodità
editoriale che per l’insana
abitudine occidentale di sintetizzare termini e concetti, sembra
aver assunto tre forme di
espressione: divulgativo, profondo e commerciale.
Nel primo caso vengono raggruppati tutti gli scritti inerenti il
lato essoterico della questione,
ovvero si tende a divulgare una
immagine molto semplificata e
facilmente interpretabile usando
l’aspetto rivelato dell’Esoterismo
stesso; si tratta ovviamente di
una operazione impropria che
non tiene conto della profonda
sinergia esistente tra Esoterismo
e Essoterismo, una operazione
che raggiunge alla fine un unico
scopo, quello di proporre una
immagine distorta e decisamente
elementare degli insegnamenti
racchiusi nei simboli; in pratica è
come se si discutesse di
un’automobile senza minimamente accennare al fatto che
esiste il motore e che questo è
indispensabile affinché l’auto
stessa possa assolvere alle
proprie funzioni.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Partendo da questo presupposto,
estremamente
diffuso
e
pubblicizzato, la seconda espressione, (Esoterismo Profondo),
rimane oggetto di studio per
poche persone, prende le
distanze dalla massa e si racchiude sempre più tra le sue
mura,
solide
fondamenta
divisorie costruite volutamente
dal modernismo essoterico e per
costrizioni dagli esoteristi.
Il terzo caso, l’esoterismo
commerciale, è in fondo la
sintesi di quanto appena detto;
basterà entrare in una qualsiasi
libreria, cercare lo scaffale
intestato “Esoterismo” e provare
a leggere alcuni dei libri esposti;
con sommo stupore troveremo
mischiati
testi
astrologici,
misterici, occultistici, fino ad
arrivare
alla
Magia
e
all’Ufologia.
Cosa
intendiamo
quindi,
esattamente, con i termini Esoterismo e Esoterista?
L’Esoterismo, per sua insita
natura, è lo studio del simbolo, la
costante ricerca dei punti di
collegamento che mettono in
sinergia l’uomo con il trascendente; l’esoterista, di contro,
è colui che sceglie questa strada
facendone una ragione di vita.
La ricerca esoterica è quindi una
forma di concettualizzazione del
proprio io profondo, portata
all’estremo limite del tempo e
dello spazio, al fine di ritrovare
la chiave d’accesso ai grandi
misteri, ovvero, per quanto possa
apparire assurdo, l’uomo stesso.
Studiando i segni, esaminando i
tratti e penetrandone la trascendenza, il ricercatore apprende
l’arte del discernimento e inizia a
separare lo spirito dalla materia,
il sacro dal profano, dove il
termine sacro non implica
necessariamente una dimensione
religiosa bensì universale.
Il primo passo che compie
l’esoterista è quello di imparare
ad usare la propria coscienza;
avere la coscienza di se stessi
equivale ad identificare il presente, separandolo dal passato che
diviene in questo caso il nostro
subconscio.
Preso atto di questo movimento,
quando l’esoterista raggiungerà
uno stato di coscienza che lo
ponga in maniera arbitraria e
senziente tra presente e passato,
sarà in grado di focalizzare il
proprio futuro e le tre dimensioni
diverranno una soltanto nel
presente.
Questa tecnica, conosciuta anche
come l’Eterno Presente, è il
primo passo per riuscire a
conoscersi veramente, progredire
nello sviluppo di una propria
coscienza individuale e proiettare
la propria immagine nel tempo.
In poche parole, adesso il
presente è in realtà trino, ovvero
composto da presente, passato e
futuro
contemporaneamente,
mentre l’esoterista è in grado di
discernere e interagire con
ognuno di essi; solo in questo
modo è possibile comprendere i
principi delle leggi universali e,
soprattutto, comprendere che
quegli stessi principi sono anche
in noi stessi.
Proprio dallo studio che porta
alla comprensione delle leggi
nascono le varie ramificazioni
dell’Esoterismo; è vero infatti
che molte leggi si manifestano
esclusivamente nell’uomo ma è
altrettanto vero che molte altre
sono appannaggio esclusivo del
mondo e delle sue correlazioni
energetiche; per questi motivi
bisognerà preventivamente penetrare il simbolismo umano per
poi accedere a quello divino.
L’Esoterismo è quindi un
movimento di approfondimento e
analisi, un metodo di osservazione che permette di dare la
giusta prospettiva a ciò che viene
osservato.
Si tratta di una costante ricerca
che permetterà di ritrovare nei
simboli antichi le verità moderne
e viceversa; nulla si crea, tutto è
già esistito sotto forme e aspetti
diversi.
Volendo usare una forma più
esplicativa, l’esoterista è un
ricercatore che tenta di ritrovare
il vero senso della vita; per fare
ciò egli sperimenta continuamente usando il metodo
speculativo e spaziando dalla
scienza alla filosofia, dalla
spiritualità al materialismo, dal
campo umanistico alle antiche
tradizioni, comparando tra loro i
vari risultati e custodendone
gelosamente gli insegnamenti
tratti.
Non si pensi con questo che si
tratta di una ricerca sterile e fine
a se stessa; l’esoterista in realtà
sperimenta in prima persona ed è
un insostituibile aiuto nel
tentativo di spiegare i vari
misteri che si celano dietro i miti,
i movimenti religiosi e le
credenze popolari; egli si
propone a se stesso come
risposta all’eterno quesito sul
senso della vita e sul perché
dell’esistenza, e una volta trovata
la risposta diventa esempio per
coloro che gli stanno accanto.
Roberto La Paglia, oltre ad essere giornalista reelance, è scrittore e ricercatore. Mente fervida,
alimentata da un intenso ed inesauribile desiderio di ricerca, attraverso le sue opere,
accompagna i lettori in un viaggio verso l'ignoto, guidandoli nei meandri più nascosti delle
dottrine occulte ed esoteriche. Uno dei suoi ultimi libri è “Archeologia Aliena” (Ed.Cerchio
della Luna, 2008).
Roberto La Paglia
IL GRANDE LIBRO DEI TAROCCHI
http://www.xenia.it
Perché i tarocchi attirano così tanto l’attenzione delle persone e sono sempre popolari a dispetto del
passare del tempo? Il grande libro dei tarocchi si propone di svelare tutti i segreti della
cartomanzia, dalla sua storia e dai diversi tipi di carte e mazzi, al ricco valore simbolico ed esoterico
delle carte secondo la Cabala e la psicologia. Con i 22 Arcani Maggiori - presentati dettagliatamente
uno per uno, dal Bagatto al Matto - si possono realizzare innumerevoli tipi di letture divinatorie e
perfino meditare, poiché la forza degli archetipi in essi contenuti fa sì che ogni Lama rappresenti
una tappa dell’esistenza umana e ci metta nelle condizioni migliori per analizzare i nostri stati
d’animo. Anche gli Arcani Minori – dieci carte per i quattro semi di Bastoni, Coppe, Denari e Spade
più le quattro figure di Fante, Cavaliere, Regina e Re - possiedono una simbologia che, se ben
interpretata, ci consente di “vedere” la situazione con chiarezza. Se infatti gli Arcani Maggiori
rappresentano un punto di vista profondo, soggettivo e qualitativo, gli Arcani Minori indicano
eventi connessi alla persona ma non sempre originati dalla stessa, ovvero rappresentano un punto
di vista oggettivo, mancante però del necessario approfondimento. Ecco perché qualora si vogliano
ottenere previsioni relative ai grandi avvenimenti della vita è necessario utilizzare il mazzo per
intero. Infine l’ultimo capitolo presenta, con esempi pratici, i diversi metodi lettura – tra cui il
Grande e il Piccolo Gioco, il Ventaglio, la Croce Celtica, l’Albero della Vita, il Metodo Astrologico che ci permettono, con diversi gradi di difficoltà, di interrogare il mazzo. Il grande libro dei tarocchi
è un’opera ricca di consigli e suggerimenti perché il lettore possa impadronirsi di tutti gli strumenti
per comprendere il passato e presagire il futuro mediante la conoscenza e la lettura dei Tarocchi.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Roberto La Paglia
STREGONERIA MODERNA
http://www.cerchiodellaluna.it
Stregoneria: un nome che evoca storie oscure, terribili segreti e un senso di malcelato
timore che ancora oggi sopravvive nell’immaginario collettivo. Cosa si intende
esattamente per Stregoneria? Quante delle notizie e dei resoconti storici corrispondono
esattamente alla realtà? Stregoneria Moderna tenta di dare una risposta a questi e molti
altri quesiti, muovendosi in un ambiente non sempre facilmente decifrabile, nel quale
storie di semplice umanità si intrecciano con terribili intrighi e complotti, frutto spesso
di menti malate e di ignoranza. Da questo punto di vista, l’intera ricerca dell’autore tende
ad assumere il ruolo di un punto di incontro che, finalmente, metta a nudo le vere origini
di questa antica pratica, le sue radici storiche, accanto ad una aggiornata esposizione
delle implicazioni moderne, sia storiche che operative. Seguendo queste indicazioni di
fondo scopriremo moderni rituali, antiche verità volutamente taciute, in una lunga
cronistoria che analizza la Stregoneria in ogni sua sfaccettatura, cercando di riportare il
discorso alle sue giuste e dovute proporzioni. Incontreremo le prime intuizioni che
portarono l’uomo a cercare i mezzi per interagire con i misteri e le forze invisibili che lo
circondano, viaggeremo all’interno della Stregoneria Medioevale e gli orrori
dell’inquisizione, scoprendo verità e bugie di uno dei periodi più bui della storia. Dalla
Stregoneria tradizionale alla Wicca, attraversando i vari movimenti magici che hanno
lasciato ampie tracce della loro presenza nel pensiero spirituale moderno. Il punto di
arrivo sarà un pratico vademecum ricco di informazioni, esempi pratici, incantesimi,
invocazioni, segreti delle erbe e delle pietre; un utile compendio per chiunque voglia
approfondire e, perché no, mettere alla prova le proprie potenzialità.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ARCHEOLOGIA
LA FURIA
DI TLALOC
Il dio della pioggia in una rara immagine del 1964
Simone Barcelli
Chi ha avuto la fortuna di visitare
almeno una volta il Museo
Nazionale di Antropologia di
Città del Messico può ben
comprendere perché da sempre è
considerato all’unanimità tra i
più belli.
A parte il design avveniristico
(sono
già
trascorsi
oltre
quarant’anni
dalla
sua
costruzione) e la cornice da
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
favola in cui è immerso (lo
stupendo bosco di Chapultepec),
il museo è rinomato per la
maggior collezione di arte
precolombiana al mondo ed è la
meta obbligata di ogni turista
anche se l’archeologia non è
esattamente in cima ai suoi
pensieri. L’unico paragone che
viene in mente è con il Museo de
Il Cairo, in Egitto.
L’ingresso al Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico
Ancor prima di varcarne la soglia
quel che attira immediatamente
l’attenzione del visitatore è
certamente una gigantesca statua
che troneggia sulla fontana del
piazzale d’ingresso.
Il
monolite
dovrebbe
rappresentare Tlaloc, il mitico
dio azteco della pioggia: pur non
recando
alcuna
specifica
iscrizione che possa confermarlo,
la gente ha ormai identificato
l’opera scultoria con questa
divinità. Come sia arrivata fin
qua la statua e che cosa ci sia di
vero
nella
‘maledizione’
innescata dal terribile dio durante
il suo trasferimento è una storia
che merita di essere raccontata.
Tlaloc faceva già proseliti a
Teotihacan, “la città dove
nascono gli dèi” a circa 60
chilometri da Città del Messico.
Il dio della pioggia era venerato
anche dai Maya con l’appellativo
di Chac e dai Toltechi come
Cocijo.
Questa divinità incuteva così
tanto terrore che gli Aztechi
praticavano regolarmente il
sacrificio
umano
per
ingraziarsela,
nella
consapevolezza
che
fosse
l’artefice
delle
avverse
condizioni climatiche che si
abbattevano sul Mesoamerica: se
non era con piogge torrenziali il
dio si faceva sentire con lunghi
periodi di siccità.
La sua sposa era Chalchiuitlicue,
associata all’acqua di fonti, laghi
e fiumi: tutto in famiglia.
Entrambi riuscirono a governare
una delle cinque epoche che
secondo
la
leggenda
si
susseguirono sul nostro pianeta.
Il monolite, da quel che
sappiamo, adornava uno dei due
templi di Tenochtitlan. Quando
la città fu invasa nel 1521 dagli
spagnoli la statua del dio della
pioggia era già scomparsa.
Nonostante ne avessero sentito
parlare, i conquistatori non
riuscirono a spiegarsi come fosse
stato possibile nascondere una
statua alta 28 metri e pesante 167
tonnellate.
Tlaloc tornò improvvisamente
alla luce 400 anni dopo - nella
prima metà del secolo scorso per merito (o per sventura) di un
contadino che stava arando un
appezzamento di terreno a San
Miguel Coatlinchan, un piccolo
villaggio vicino Texcoco, nel
letto ormai asciutto del torrente
Santa Clara.
La statua di Tlaloc fotografata tra il 1935 e il 1938 da Rodney Gallop.
A pochi mesi dall’inaugurazione
ufficiale della nuova sede del
Museo, prevista in pompa magna
il 17 settembre 1964 con la
partecipazione del presidente
Adolfo Lopez Mateos, le autorità
decisero che il dio della pioggia
avrebbe fatto bella figura
all’ingresso e ne disposero
pertanto il suo trasferimento.
La storia della ‘maledizione’,
divenuta col tempo una leggenda
metropolitana, prende piede
proprio il giorno in cui fu
effettuato
il
trasporto
dell’insolito monumento perché
si
abbatté
sulla
città
un’incredibile pioggia torrenziale
in piena stagione secca.
Per far giungere Tlaloc al Museo
fu necessario organizzare un
servizio fuori dal comune.
La divinità fu trasportata per
trenta chilometri utilizzando un
rimorchio speciale che attraversò
le vie della città non prima che
fossero sollevati al suo passaggio
i cavi della rete elettrica e
telefonica; altri possibili ostacoli
sul cammino furono addirittura
rimossi.
Quel che rimane di quel
memorabile giorno, a parte il
ricordo sbiadito dei presenti, un
breve filmato (tuttora visionabile
in una saletta del museo) e poche
fotografie,
è
il
puntuale
resoconto
pubblicato
dalla
giornalista Louise Riley sulle
pagine
di
un
quotidiano
messicano il 17 aprile 1964.
Poiché è l’unico che abbiamo
finora
rintracciato,
appare
doveroso presentarne un ampio
stralcio, riadattato nella nostra
lingua, per l’eccezionalità della
testimonianza.
“Piove su Città del Messico.
Tlaloc, il dio della pioggia, è
entraro nella capitale. La
pioggia non è mancata ed è la
punizione del dio Tlaloc per
l’irriverente trasferimento dalla
sua dimora ancestrale… Gli
abitanti di Coatlinchan hanno
tentato tre volte di fermare il
trasferimento…in cambio di
Tlaloc,
gli
abitanti
di
Coatlinchan hanno ottenuto dal
governo la costruzione di una
scuola e di un centro medico
nonché la pavimentazione della
strada che collega il villaggio
con Texcoco. Le truppe, con
l'ordine di non sparare, sono già
in città dallo scorso febbraio.
Gli agenti segreti avevano
occupato il campanile per
controllare le case nei pressi e
identificare gli istigatori…Alle
6:20 del mattino, nella tenuta di
Tepetitlan
in
Coatlinchan,
Texcoco,
l'architetto
Pedro
Ramirez Vazquez ha dato il via
all’operazione...I motori dei due
trattori bulldozer da 860 cavalli
l’uno hanno fatto vibrare la
piattaforma, sostenuta da 72
ruote, con il carico di Tlaloc e un
silenzio malinconico è sceso su
tutti i presenti...I duemila
abitanti della città seguono in
silenzio
l'ansimare
delle
macchine. Da un tetto una
giovane donna che aspettava con
ansia con un sacchetto di
coriandoli ha lanciato un bagno
multicolore sulla figura del
Signore della pioggia. Alle 11:20
l’enorme piattaforma si ferma
all'incrocio con la strada di
Texcoco. Alcuni uomini lì in
attesa si avvicinano, fissano il
monolito che giace imbavagliato
con 42 cavi di acciaio e senza
dire una parola se ne vanno. Tre
pattuglie della Polizia Federale,
un centinaio di soldati, un
camion dei pompieri, un furgone
pieno di pneumatici di ricambio
e martinetti idraulici, un esercito
di
antropologi,
ingegneri,
elettricisti,
meccanici
e
giornalisti sono stati gli artefici e
gli
spettatori
di
questo
spostamento. Un treno merci
passa nelle vicinanze e l'autista
rispettosamente si toglie il
berretto e per tre volte aziona il
fischio. Una fila di auto di 5
chilometri, ciclisti, donne con
bambini camminano vicino alla
piattaforma. Alle 2:40, sulla
strada
Ignacio
Zaragoza,
centinaia di bambini si affollano
intorno. La gente dalle finestre e
dai tetti grida ‘il dio della
pioggia, il dio della pioggia!’.
C’è un vero groviglio di cavi
elettrici e telefonici difficile da
manovrare. Le strade sono
immerse nel buio e l'aria è piena
di odore di gomma bruciata. Alle
8:40 di notte questo strano
corteo si ferma alla rotonda
Glorieta de Morazan. Deve
attendere per la notte d’anticipo
e si sposta in avanti ad aprire la
strada alla nuova dimora di
Tlaloc in Chapultepec Park.
‘Vediamo se questa fermata fa
piovere di meno’ dice uno dei
colleghi giornalisti. Non finisce
queste parole che un fulmine
illumina il cielo e tuona
violentemente. Come se Tlaloc lo
avesse ordinato si scatena una
pioggia torrenziale sulla città.
Il trasferimo del monolite a Città del Messico
L’arrivo del dio della pioggia a Zocalo, la piazza principale di Città del Messico
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Una rappresentazione di Tlaloc
Le pozzanghere ostacolano il
traffico in Tlalpan…il personale
del Servizio idrico cercano di
scoprire le fogne. L'acqua
raggiunge un livello di 40
centimetri. La visibilità è quasi
pari a zero. Non lontano da lì,
alla periferia della Sears
Roebuck un muro crolla su sei
vetture. L'acqua invade anche
l'edificio e uno strato di fango si
riversa sulla casa. ‘Ora ci
crediamo che Tlaloc è il dio
della pioggia? Guardate cosa ci
fa’ dice una delle persone. A
tarda notte si riprende la marcia
sotto i riflettori finché si entra
nel Zocalo. Sono le 10:38, le luci
del Palazzo Nazionale e della
Cattedrale si accendono per
accogliere
la
figura
monumentale.
La
marcia
stridente dei rimorchi, le
assordanti grida di una folla di
cinquemila
persone
che
accompagnano la processione. Il
dio di Teotihuacan è acclamato
nel bel mezzo di un muro umano,
in Reforma vicino Cuauhtemoc.
Ci sono persone tra gli alberi e
sui monumenti. Alle 1:13, in
perfetta sincronia, i due trattori
che tirano la piattaforma di 23
metri si fermano di fronte al
nuovo museo sul Paseo de la
Reforma. L’evento archeologico
del secolo è finito. D’ora in poi
Tlaloc, un fantasma del passato,
si trova la propria immagine
riflessa su uno specchio d'acqua
che lo circonda”.
Nel 1968 così ricordava quel
giorno uno dei protagonisti,
l’architetto
Pedro
Ramírez
Vázquez: “Ironia della sorte,
l'arrivo del dio della pioggia è
stato salutato dalla tempesta più
pesante mai registrata per questa
stagione normalmente secca.”
Il dio della pioggia si era davvero
adirato per l’irriverenza patita e
non aveva mancato di far sentire
la sua voce.
Chi era al seguito di quel
bizzarro convoglio, tornando con
la mente a credenze popolari ben
radicate nella memoria, non
mancò di interpretare gli
accadimenti di quel giorno.
Resterà una bella storia che i
nonni potranno raccontare in una
notte di pioggia scrosciante.
[email protected]
L’autore si frappone a Tlaloc
Simone Barcelli ha 46 anni ed è un ricercatore indipendente di
Storia Antica, Mitologia e Archeologia di confine. In rete collabora
con Storia in Network, Tuttostoria, Edicolaweb, Acam, Esonet,
OOPArt.it, Paleoseti e ArcheoMedia, sui cui portali sono pubblicati i
suoi studi tematici.
E’ fresco di stampa “Tracce d’eternità” - Un
incredibile viaggio ai confini della Storia, tra le
rovine di alcuni dei più misteriosi siti archeologici
(169 pagine, ISBN 978-88-87295-66-5, prezzo
Euro: 14,80 Edizioni Il Cerchio della Luna
www.cerchiodellaluna.it), di Simone Barcelli,
webmaster del portale.
Disponibile nelle librerie specializzate e in quelle on
line.
Il volume è stato recensito da Hera (marzo 2010) e
Area di Confine (maggio 2010).
ARCHEOLOGIA
L’ENIGMA DEL MONOLITO
DI POKOTIA, EMBLEMA
DELLA CIVILTÀ PUKARA
Yuri Leveratto
Il monolito di Pokotia è una
statua di pietra antropomorfa,
alta circa 170 cm, che fu trovata
intorno al 1960 nel sito di
Pokotia, a circa 2 chilometri
dalla città di pietra di Tiwanaku.
Nel 2002 i ricercatori Bernardo
Biados, Freddy Arce, Javier
Escalante,
Cesar
Calisaya,
Leocadio
Ticlla,
Alberto
Vasquez, Alvaro Fernholz, Omar
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Sadud, Paulo Batuani e Rodrigo
Velasco hanno analizzato il
monolito, che si trovava nel
Museo de metales preciosos a La
Paz, e si sono resi conto che
riportava delle iscrizioni non solo
nella parte frontale, ma anche nel
dorso.
Purtroppo non è stato possibile
risalire al luogo esatto dove il
monolito fu trovato, ciò avrebbe
permesso attuare un serio studio
stratigrafico.
In ogni modo dall’analisi della
statua si può affermare che
appartiene ad un periodo
antecedente alla civiltà Tiwanaku
classica.
A mio parere il monolito di
Pokotia potrebbe essere stato
intagliato
in
un
periodo
antecedente al fiorire della civiltà
Pukara.
Secondo la linguistica ufficiale il
termine Pukara viene dal
Quechua e significa fortezza, o
luogo strategico da dove si può
controllare una vallata o la
confluenza di due fiumi.
La civiltà Pukara aveva il suo
centro nella cittadella fortifificata
che si trova 61 chilometri al nord
di Juliaca, nel dipartimento di
Puno.
Il termine Pukara però è così
frequente nelle vallate a nord del
lago Titicaca (il sito di Poquera e
anche i petroglifi di Pusharo,
situati molto più lontani, presso il
fiume Palotoa, nel Madre de
Dios), che porta a mio parere ad
individuare l’origine della civiltà
Pukara nell’Amazzonia.
Probabilmente alcuni indigeni di
origine Arawak si spinsero verso
la Sierra intorno al VI millennio
prima
di
Cristo,
per
intercambiare i loro prodotti.
Alcuni di loro si fermarono
nell’altopiano e, mischiandosi
con i nativi di origene Colla,
diedero inizio alle cultura
Chiripa e Qaluyo (lo provano
anche i petroglifi di Quiaca,
molto simili a quelli di Pusharo),
e successivamente alla civiltà
Pukara.
saggezza e sarà esempio di
carattere forte.
Nella parte frontale sinistra della
statua vi è un ulteriore decrizione
che viene così interpretata:
Lo
sciamano
proclama
l’immensa importanza di questo
luogo, il potere della Divinità, in
modo da consegnare la saggezza
all’uomo.
Ci sono poi due altre incisioni
addizionali, sempre nella parte
frontale:
Oh grande Putaki, uomo saggio
e progenitore di molte genti.
E ancora:
Il luogo dove fu trovato il
monolito
di
Pokotia
fu
individuato da alcuni ricercatori
come un sito sacro o un oracolo.
Secondo lo studioso Clyde A.
Winters nel monolito di Pokotia
vi sono varie iscrizioni (di
origine proto-sumerica), ma le
più importanti sono al di sotto
delle mani (che sono appoggiate
alle coscie), e nella parte dorsale
(nella schiena della statua).
Questa è la traduzione delle
iscrizioni che si trovano nella
parte
frontale,
secondo
l'epigrafista Clyde A. Winters:
Divulga a tutta l’umanità
l’apertura dell’oracolo di Putaki.
Si proclama che la stirpe di
Putaki sarà stimata nel tempo.
Agisci in modo giusto in modo
che l’oracolo possa divulgare la
saggezza. Apprezza il culto. Tutti
devono testimoniare la volontà
Divina. L’indovino interpreterà
la guida dell’oracolo, in modo
da rendere note le regole che
guideranno l’umanità. I cittadini
testimonieranno
in
favore
dell’essere umano che diffonderà
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Giura di testimoniare carattere e
saggezza. Porta testimonianza
del potere della Divinità in modo
da rafforzare il tuo carattere.
Nella mano del monolito vi
sarebbe scritto, sempre secondo
Winters:
L’oracolo di Putaki conduce
l’uomo alla verità. Questo
oracolo
prezioso
farà
germogliare la stima, ora
testimonia la sua fuga.
Per quanto riguarda la parte
dorsale del monolito, ci sono
varie interpretazioni. Secondo
Clyde A. Winters questa sarebbe
la traduzione:
La norma ideale è l’oracolo.
Questo oracolo porta alla
conoscenza della volontà divina.
Distribuisci a tutta l’umanità la
volontà divina. Cogli il senso
della voce perfetta. L’oracolo
spargerà
serenità.
Ascolta
l’oracolo, chiamate l’indovino.
L’indovino parla in modo
saggio. La volontà divina
diventerà visibile e scintillante,
uscendo
dalla
bocca
dell’oracolo.
Ascoltate
l’indovino, ascoltate l’oracolo
per poter chiamare a voi
saggezza e carattere. Ascoltate
l’oracolo per diffondere la
volontà divina, seguendo il Bene
legittimo e giusto. Chiama a te il
nutrimento puro per l’oracolo.
Oh oracolo, sei il testimonio
della
purezza.
Diffonderai
serenità e saggezza. L’oracolo di
Putaki è padre della saggezza e
beneficio per tutti. Diventerà un
testimonio visibile della saggezza
e
della
volontà
divina.
Diffonderai la volontà divina e
sarai testimonio del suo potere.
Secondo Winters pertanto, il
monolito di Pokotia era un
oracolo il cui nome era Putaki.
Le iscrizioni che vi sono incise
sarebbero
in
proto-sumero
pittografico, anche se non
cuneiforme come nella Fuente
Magna.
Gli autori delle iscrizioni del
monolito di Pokotia sarebbero
pertanto gli stessi che incisero la
Fuente Magna, in un periodo
compreso tra il 3000 e il 2000
a.C.
Sempre secondo Winter il protosumero deriverebbe, insieme al
proto-dravidico, e al protomande, da popoli che vissero nel
Sahara prima del diluvio.
Vi è poi un'altra traduzione delle
iscrizioni dorsali del monolito di
Pokotia.
È un interpretazione del quellca
pittografico, l’antico idioma
dell’altopiano andino, parlato
forse da una ristretta cerchia di
sacerdoti nella cultura Pukara e
nella Tiwanaku classica.
Secondo questa interpretazione,
che si basa anche su calcoli
archeo-astronomici, le iscrizioni
situate sul dorso del monolito
significherebbero:
Nel tempo che Manco Capac e
Mama Ocllo uscirono dalle
acque del lago Titicaca, apparì
nel cielo una nuova stella
proprio al lato della Croce del
Sud. Successivamente la stella si
fece più piccola e quindi
scomprave nel cielo. Si vedeva
sopra le montagne all’orizzonte
tra due montagne e iniziò a
brillare il terzo giorno del quarto
mese.
Secondo questa interpretazione
quindi, la parte dorsale del
monolito relaterebbe l’esplosione
di una supernova, proprio
quando la celebre leggenda di
Manco Capac e Mama Ocllo
situerebbe la loro uscita dal lago
Titicaca ovvero la loro “nascita”.
Dopo avere analizzato sia la
Fuente Magna che il monolito di
Pokotia mi sento di dire che i due
reperti sono autentici ed entrambi
riportano delle iscrizioni protosumeriche e quellca.
Come già da me ribadito nel mio
articolo sulla Fuente Magna,
concordo pienamente con la tesi
di Bernardo Biados secondo la
quale i Sumeri circumnavigarono
l’Africa già a partire dal 3000
a.C.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Il fatto che, una volta arrivati
presso Capo Verde, abbiano
trovato venti contrari, li ha spinti
ad inoltrarsi nell’oceano, alla
ricerca di venti favorevoli (la
stessa rotta fu percorsa secoli più
tardi da Fenici, Cartaginesi e
Portoghesi).
Fu così che, accidentalmente, i
navigatori Sumeri si trovarono
presso le coste del Brasile,
probabilmente negli attuali Stati
del Piauì o Maranhao.
Siccome erano in cerca di metalli
si diressero verso l’interno del
continente e, navigando lungo il
fiume Madeira e il Beni giunsero
sull’altopiano andino, luogo
oltrechè ricco di metalli,
considerato sacro fin da tempi
arcaici, per l’esistenza stessa del
lago Titicaca, il più alto del
mondo.
Alcuni Sumeri si fermarono
nell’altopiano andino e si
mischiarono con le etnie Colla e
Arawak, mentre altri tornarono
in patria.
E’ interesante verificare come i
termini
seguenti
mostrino
similarità,
soprattutto
nelle
consonanti: Pusharo (PSR),
Pukara (PKR), Pokotia (PKT),
Putaki (PTK).
antiche tracce della presenza dei
Sumeri nel Nuovo Mondo.
[email protected]
E' possibile riprodurre questo
articolo indicando chiaramente
il nome dell'autore e la fonte
www.yurileveratto.com
È pertanto possibile che l’origine
della
civiltà
Pukara,
e
successivamente del sito di
Pokotia (con l’oracolo di Putaki),
sia la selva amazzonica, con gli
enigmatici petroglifi di Pusharo,
che a mio parere indicano un
luogo strategico utilizzato da
popoli della selva durante il loro
lungo percorso verso la Sierra.
Se ulteriori scavi saranno
approvati a Tiwanaku e Pokotia,
con il proposito di scoprire cosa
vi sia alla profondità di ben 30
metri, potrebbero venire alla luce
importanti giacimenti protoPukara, e forse anche altre
Yuri Leveratto
1542 I primi navigatori
del Rio delle Amazzoni
www.lulu.com
E’ un libro storico e d'attualità nello stesso tempo. Nella prima
parte l'autore racconta l'incredibile avventura di Francisco de
Orellana, il primo europeo che esplorò il grande fiume, nel 1542.
La seconda parte, la cronaca, è il resoconto del suo viaggio,
terminato nel 2009, attraverso seimila chilometri di fiume,
navigando da Puerto Ocopa (Perú), fino a Belem do Pará
(Brasile). E' una guida articolareggiata, ma anche un'analisi di
un mondo spesso dimenticato, ma di fondamentale importanza
per il futuro del nostro pianeta.
Prefazione di Lorenza Mazzetti, la celebre autrice de “Il cielo
cade”.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Foto:
Nel corpo articolo: il dorso del
monolito di Pokotia.
Foto 1,2,3,4,5 monolito di
Pokotia.
Foto 6 particolare del sito di
Pukara, 61 Km da Juliaca (dip.to
di Puno).
Foto 7, 8 monolito scoperto da
Max Portugal nel 1948 a Pokotia.
Yuri Leveratto, nato a
Genova quarantuno
anni fa, dopo aver
conseguito la laurea in
Economia ha iniziato il
suo peregrinare per il
mondo a bordo di navi
da crociera. Ha vissuto
a New York, lavorando
come guida turistica e
dal 2005 si trova in
Colombia. Autore di
racconti e romanzi,
appassionato di Storia
e fantascienza, viaggia
per venire in contatto
con culture autoctone e
studiarne cultura e
modo di vita. Tra i suoi
libri ricordiamo “La
ricerca dell’El
Dorado” (Infinito
Edizioni, 2008) e “1542
I primi navigatori del
Rio delle Amazzoni”
(Lulu.com, 2009).
ARCHEOLOGIA
LA PIRAMIDE
DI FALICON
Osvaldo Carigi – Stefania Tavanti
«Mi tenete sulle spine,
commissario. Cos’altro avete
trovato durante le vostre
ricerche, Monsieur?»
«Un’altra piramide. Forse la più
straordinaria di tutte.»
«Davvero?»
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
«L’abbiamo individuata su una
montagna vicino Nizza. O meglio
proprio sopra la città.»
«Perché vi ha colpito più delle
altre?»
«Senza dubbio per la posizione
privilegiata. La piramide non è
molto grande: in origine non
doveva superare i nove metri
d’altezza però domina ancora la
baia della città e gode di una
vista
invidiabile
sul
Mediterraneo. Se non fosse che
si tratta indubbiamente di una
piramide,
avrebbe
potuto
ospitare benissimo un faro per le
nostre navi...»
«Continuate.»
«Vi si accede dal paese di
Falicon, un postaccio infame
abbarbicato in cima a un grande
monte, il Chauve. Ed è così
isolata
che,
dopo
averla
localizzata, abbiamo dovuto
sfoltire una gran quantità di
cespugli per riportarla alla
luce.»
(da il ‘Segreto egizio di Napoleone’
di Javier Sierra)
“A nord di Nizza ad un centinaio
di metri a sinistra, dopo
l’incrocio dell’Aire Saint Michel,
sul cammino per il piccolo
villaggio di Falicon, una strada
conduce alla frazione di Gaines,
ed attraverso un sentiero
segnalato si giunge in un quarto
d’ora a un pozzo naturale
dominato da una piramide alta
da 7 a 8 metri molto rovinata.”
Quella di Falicon, paesino del
dipartimento
delle
Alpi
Marittime, è una vera e propria
piramide in scala ridotta,
realizzata con pietre calcaree e
caratterizzata da un andamento
geometrico irregolare in quanto
costruita lungo un ripido pendio
vicino alla sommità di Mont Cou
o Chauve (Montecalvo).
È priva della parte superiore e
versa in cattive condizioni a
causa dell’azione erosiva degli
elementi e di quella, ugualmente
deleteria, dei numerosi visitatori
e cercatori di improbabili tesori
che di anno in anno hanno
contribuito
a
diminuirne
l’altezza.
Fortunatamente, dopo molteplici
richieste di intervento al fine di
scongiurarne la sparizione, nel
2007 è stata iscritta nella lista dei
monumenti storici.
Nel corso delle nostre ricerche, ci
siamo imbattuti, come il lettore
avrà modo di constatare, in un
vero e proprio rompicapo circa la
datazione e la motivazione per
cui la piramide fu eretta.
Le contraddittorie descrizioni
della
stessa,
della
grotta
sottostante, le testimonianze
acquisite e i pareri, spesso
discordi, degli studiosi hanno
avuto il ‘pregio’ di confermare
l’enigma che circonda la
costruzione, lo stesso che,
istintivamente, ci ha intrigato
così tanto dal farci decidere di
intraprendere un viaggio tra
storia e mistero.
LA SCOPERTA DELLA
GROTTA DI RATAPIGNATA
Tutto ha inizio nel marzo 1803
quando l’italiano Domenico
Rossetti, di passaggio a Nizza
per vedere “i diruti avanzi
dell’antica Cameneleon, città
capitale delle Alpi marittime nei
tempi
della
Repubblica
Romana”, viene a sapere che
“verso la sommità della vicina
montagna vedeasi un buco
profondissimo,
dal
quale
all’imbrunir del giorno uscivano
a gruppi i pipistrelli, che in quel
linguaggio sono detti ‘ratte
pignate’”.
Rossetti, di professione avvocato
e profondo conoscitore della
storia antica, “curioso di veder
siffatto loco”, decide di visitarlo
e dopo un’ascesa “per la riferita
montagna”
raggiunge
“il
mentovato buco” alle dieci e
mezza della mattina e grande è il
suo stupore quando vede,
illuminata da un raggio di sole
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
che penetra obliquamente nel
foro,“una
grossa
colonna
d’alabastro, candida al par della
neve, eretta in mezzo di una gran
sala”.
Nel 1965, lo studioso francese
Robert Charroux, in visita alla
cavità sotterranea scoperta da
Rossetti, riporta che “…basta
recarsi al villaggio di Falicon,
che si trova a monte di Nizza e
domina la città dalla collina, per
poter scorgere a non più di
duemila metri di distanza una
sconosciuta piramide…”.
Secondo l’autore la piramide
doveva avere in origine gli
spigoli lunghi 9 metri:
“…interamente costruita in
lastroni di pietra viva, legati con
una malta ancor più tenace di
quella che impiegavano i
Romani, cela una voragine
dall’imboccatura simile a un
pozzo di due o tre metri di
diametro”.
Charroux descrive anche lo
stesso effetto di luce solare
osservato
da
Rossetti,
specificando
che
è
l’orientamento del portale a
consentire al sole “alle dieci di
ogni mattina d’estate, di
penetrare nel pozzo fino ad
illuminare una bianca colona
calcarea centrale, sulla quale
poggia l’intera volta di un
tempio sotterraneo”.
Domenico Rossetti - Vasto, 10 ottobre
1772 - Parma, 7 luglio 1816. Spetta a
lui la scoperta storica della grotta di
Ratapignata sul fianco del Monte
Calvo, descritta in un poema di 3 canti
di un centinaio di versi.
L’apertura della grotta così come un
lato della piramide sono sensibilmente
orientati a sud. Per questo motivo
all’inizio dell’estate (solstizio) i raggi
del sole rischiarano l’interno.
LA PIRAMIDE INVISIBILE
Stranamente, nelle 115 pagine
del suo poemetto ‘La grotta di
Monte-Calvo’, edito a Torino nel
1812,
nel
quale
Rossetti
descrisse minuziosamente fatti e
luoghi inerenti la sua scoperta,
non
viene
mai
citata
espressamente la presenza di una
piramide.
Come
spiegare
questa
omissione?
Lo abbiamo chiesto agli studiosi
Javier Sierra e André Douzet,
che si sono occupati del mistero
di Falicon.
“Una delle mie fonti principali rivela Sierra - è un raro libro
intitolato
"La
mysteriouse
pyramide de Falicon” (FranceEmpire, 1976) di Henri Broch.
L'autore cita l’opera di Rossetti
ma non fa caso al fatto che la
piramide non vi sia menzionata
poiché Broch ritiene che Rossetti
fosse interessato solamente alla
grotta” “Per quel che mi
riguarda - afferma Douzet ritengo che la piramide esista da
molto tempo. Il silenzio di
Rossetti mi fa pensare che egli
non
ne
abbia
parlato
volontariamente. Secondo alcuni
voci sarebbe stata sua intenzione
riservare la notizia per un'opera
successiva”.
Catherine Ungar, nel suo
"nouveaux aperçus" edito nel
1983, affermò che la piramide fu
costruita proprio da Rossetti e
dal suo amico Giovan Giacomo
Vinay, allora consigliere della
Prefettura di Torino nonché
proprietario del terreno dove si
trova la grotta, a mò di visibile
segnale ‘turistico’ per meglio
identificare la grotta di Monte
Calvo.
Douzet reputa però ridicolo che
“Rossetti e Vinay si siano messi
a costruire o finanziare un tale
lavoro”, di cui, inoltre, sarebbero
rimaste delle tracce a livello
mediatico.
“Dire che questa costruzione è
del XIX secolo è come dire che le
piramidi egiziane sono state
edificate da Napoleone, ad
esempio, per farne dei fari per le
sue truppe”.
Altra spiegazione all’assenza nel
libretto di ogni riferimento alla
piramide vuole che la stessa, al
momento della scoperta della
grotta, fosse talmente confusa nel
paesaggio circostante da non
essere stata notata da Rossetti,
ma per dubitare di questa ipotesi
basta leggere la sua biografia
dalla quale estrapoliamo queste
poche esaustive righe: “poeta
estemporaneo,
filosofo,
tragediografo, archeologo ed
avvocato, incarnò pienamente lo
spirito
dell’intellettuale
illuminista ed enciclopedista
erudito”,
e
ancora
“…si
appassionò alla speleologia e
all’archeologia,
compiendo
diverse esplorazioni”.
A una persona dotata di un così
vasto bagaglio culturale poteva
sfuggire, seppur mimetizzata,
una struttura artificiale?
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Il
mistero
si
infittisce
ulteriormente quando leggiamo
la descrizione che Rossetti fa
dell’entrata della grotta, ovvero
“un triangolo, che nei punti
dell'unione delle linee, ossia
della formazione degli angoli, si
accosta alquanto alla circolare,
il che ci obbliga a considerarlo
piuttosto come un triangolo
composto di tre angoli ottusi." e
"I macigni che formano e
circondano la bocca della grotta,
se si considerino dal fondo del
collo del pozzo, sono pendenti al
di dentro; ma la loro unione ed il
loro collegamento è tale che non
minacciano affatto di cadere. Ai
fianchi vi sono vari piccoli scavi,
con dentro capricciosi rilievi, in
guisa
che
potrebbero
assomigliarsi ad alcune statuette
collocate entro dei loro nicchi”.
Ciò farebbe pensare ad una
struttura triangolare, formata da
pietre, posta sopra l’antro.
Dunque Rossetti, nel suo poema,
ha in realtà descritto la piramide?
Nel 1901 in un articolo del Club
Alpino Francese si legge che la grotta di
Monte-Calvo “è sormontata, o piuttosto
coperta, da una enigmatica piramide
edificata dall’uomo, le cui origini sono
oscure”.
CHI L’HA COSTRUITA?
Sul frontespizio del poema di
Rossetti vi è uno strano disegno.
Opera di una certa Sophie
Lederk, raffigura il nostro eroe in
primo piano e sullo sfondo una
piramide che egli indica con un
dito.
Quale enigmatico significato cela
questa immagine?
All’epoca della scoperta di
Rossetti, in Francia era scoppiata
l’egittomania, a seguito della
spedizione militare di Napoleone
nella terra del Nilo, che aveva
visto il fiorire di monumenti in
stile egizio, pregni di significati
ermetici.
È noto che la piramide figura tra
i simboli della Massoneria ed
infatti molte di queste bizzarre
opere in muratura furono
progettate da membri di tale
società e spesso celavano delle
cavità
sotterranee
in
cui
probabilmente si celebravano riti
iniziatici.
Se Rossetti fosse stato un
massone come molti suoi
colleghi
intellettuali,
si
giustificherebbe
la
scelta
simbolica di collocare una
piramide sopra l’antro da lui
scoperto ma, in mancanza di
documentazione certa, attestante
o meno tale affiliazione, ci
limitiamo a citare la sua volontà
di tenersi lontano da ogni "spirito
di partito”.
Secondo lo studioso Enrico
Calzolari: “Si potrebbe attribuire
la piramide di Falicon a un
movimento
ideologico
neotemplare, di stampo massonico.
Quando
però
ho
letto
dell’allineamento
FaliconTarquinia-Argos è saltato fuori il
tema dei campi morfici, delle
linee di forza. Ho quindi inserito
le coordinate di Falicon nella
carta del Mediterraneo (43° 45’
N - 07° 16’ E), scoprendo che il
punto viene a coincidere con la
bisettrice del triangolo isoscele
che è formato dal trilite
sormontato da losanga rinvenuto
nel Lozère (Francia), dal trilite
sormontato da losanga di Niolu
(Corsica) e dal quadrilite
sormontato da losanga di San
Lorenzo al Caprione (La Spezia).
Dopo di che ho tracciato in carta
la linea Falicon-Roma ed ho
avuto la seconda sorpresa.
Continuando la tracciatura, la
linea ha raggiunto AtenePaphos-Sidone (Tyro). Troppe
coincidenze per poter accettare
che la piramide di Falicon sia
stata costruita nell’Ottocento.
Occorrerà approfondire”.
L’allineamento
FaliconTarquinia-Argos,
citato
da
Calzolari, è uno degli elementi
della più sorprendente tra le
ipotesi avanzate circa l’origine
della piramide cioè quella che
vuole gli etruschi costruttori
dell’enigmatico monumento.
Ad
affermarlo
è
Charles
Lebonhaume, il quale espone
questa teoria nel suo ‘Le grand
livre des pyramides’ con una
serie di indizi che però non
trovano riscontri storici in quanto
gli etruschi non costruivano
piramidi ed edificavano ‘a
secco’.
“I siti segnalati sembrano
interessanti,
spiega
l’etruscologo Giovanni Feo potrebbe trattarsi di luoghi con
particolari
caratteristiche
territoriali, anticamente reputate
importanti, forse anche sacre.
L’ipotesi proposta dall’autore, di
una origine etrusca della
piramide, sembra che poggi solo
su basi tecniche; mancano prove
concrete, non potendo reggersi
l’ipotesi solo su un toponimo
(Falicon = Falisci1), peraltro
molto comune, e su un
“allineamento” che andrebbe
valutato
e
spiegato
più
approfonditamente. Certo, gli
Etruschi portarono nella Gallia
celtica saperi, conoscenze e
scrittura, ma ancora non si sa
nulla su di una possibile
presenza etrusca nella regione di
Falicon. Il significato e l’origine
1
Popolo originario di Falerii, una delle
dodici città principali dell'Etruria che
costituirono per lungo tempo una
potente alleanza nel Mediterraneo
occidentale e nel Mar Tirreno.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
della piramide francese restano
dunque ancora da svelare.”
Charroux, nel descrivere la
piramide nel suo libro, aggiunge
che nella facciata di levante “si
apre una specie di portale alto
due metri e mezzo, il cui frontone
fino al 1921 era ornato di una
svastica, distrutta poi da un
vandalo che la asportò a colpi di
scalpello”.
LA SUPERFICIE TRONCA DELLA
PIRAMIDE. Abbiamo chiesto a
Edmond Rossi un suo parere circa il
motivo della mancanza della punta. “Il
doit s'agir tout simplement d'une
érosion naturelle...” è stata la sua
risposta.
Nel libro leggiamo che la
svastica era il simbolo sacro di
Manu (l’egizio ‘Mina’ o
‘Menes’, il celtico ‘Menw’, il
greco ‘Minos’ e il romano
‘Numa’) nonché di un antico
popolo dell’India: gli Jain.
Secondo Charroux potrebbero
essere stati proprio gli Jainisti ad
edificare la piramide di Falicon,
nel corso delle loro migrazioni,
in epoche remote, verso l’Europa
e l’America del Sud dove
avrebbero
costruito
altre
piramidi, anche se sarebbe più
appropriato parlare di stupa,
monumenti
religiosi
tipici
dell'Asia
sud-orientale
che
presentano solitamente una torre
a forma di cono.
Tuttavia vogliamo sottolineare
che l’attuale frazione di Gaina, il
sito più antico della zona ove
sorge la piramide e il più vicino
ad essa, in tempi antichi era
chiamato Jain o Jaina, toponimo
che troviamo citato anche in uno
studio sui castelli di Falicon di
Edmond Rossi, esperto di storia
ed etnologia regionale.
Pierre Bodard, dell’IPAAM
(Istituto
di
Preistoria
ed
Archeologia
delle
Alpi
Marittime), nel 1970 limitò
comunque la presenza di segni
incisi ad una A visibile sul
rivestimento della facciata sud
della
piramide,
stroncando,
altresì,
ogni
congettura
‘artificiale’
riguardo
croci,
svastiche e addirittura una
presunta figura umana, scolpita
nella grande stalagmite della sala
principale
della
grotta,
definendole
incrostazioni
o
fessure naturali.
Tesi, questa, contestata da
Douzet, secondo il quale “non ci
vuole una laurea in archeologia”
per constatare che certe stalattiti
e
stalagmiti
furono
appositamente ritoccate per far sì
che, illuminate in una certa
maniera, potessero dar vita a
particolari figure: questo farebbe
propendere per l’ipotesi che nella
grotta si riunissero i seguaci di
un culto solare, capaci di
calcolare con precisione quando
l’astro avrebbe proiettato i propri
raggi su determinate parti.
antico monastero dell’Ordine.
Non è una piramide molto alta;
la cavità interna raggiunge però
notevoli profondità. Su uno dei
suoi muri qualcuno disegnò nel
XIII secolo una testa di
Bafometto, un volto barbuto e
cornuto che somiglia per certi
tratti a quello di Saint Merri di
Parigi. Le corna potrebbero
essere in realtà anche piante o
foglie: l’immagine è troppo
indistinta per poterlo affermare
con sicurezza”.
l’edificazione della piramide nel
1260 ad opera di “una
organizzazione patrocinata dai
Templari o di affiliazione
templare”‘ ma le sue teorie
furono rigettate dal mondo
scientifico
in
quanto
mescolavano
astrologia,
occultismo e discutibili nozioni
storiche.
Secondo Edmond Rossi “questa
costruzione non è opera dei
Templari, benché durante il
medioevo
essi
abbiano
frequentato la regione” e
addirittura per Pierre Bodard non
sarebbe
storicamente
dimostrabile che l’Ordine avesse
avuto dei possedimenti nella
zona.
Altre immagini della Piramide di
Falicon
UNA PIRAMIDE
TEMPLARE?
Nel saggio ‘Il tesoro dei
templari. Le ricchezze nascoste’
di Franjo Terhart abbiamo
troviamo
questo
intrigante
riferimento
:”Chi
cerca
Bafometto in Francia, non resta
mai a mani vuote. Su una collina
a nord di Nizza, sorge in un
fondo privato un edificio
alquanto insolito. Gli abitanti
locali lo chiamano da secoli la
‘piramide di Falicon’; di essa si
dice che fu eretta dai Templari e
sia
collegata
da
un
camminamento sotterraneo a un
La scoperta, nei pressi della
Ratapignata, di una galleria
collegata ad un pozzo viene
anche citata da Henri Brosch nel
suo La mysteriouse pyramide de
Falicon. Brosch, suppone una
frequentazione templare dei
luoghi, basando la sua opinione
su una leggenda che vuole i
cavalieri rossocrociati, occupanti
la vicina bastia, fossero stati a
conoscenza di un sotterraneo che
conduceva ad una sala dove
avrebbero sepolto un bottino.
Già
nel
1970,
Maurice
Guinguand aveva ipotizzato
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
LA GROTTA DI ‘RATAPIGNATA’.
Spaccato della grotta. La seconda
immagine è tratta dal libro di C.
Lebonhaume “Le grand livre des
pyramides”.
Possibilista, invece, è Douzet,
poichè “avendo tutto intorno loro
proprietà, è impossibile che i
membri dell’Ordine abbiano
ignorato questo luogo, ma non
posso dire l’uso che essi ne
fecero”.
Cauto nell’avallare o meno
l’ipotesi templare, appare Javier
Sierra: “non esistono prove certe
che in questo caso siano
coinvolti i templari... Non ancora
almeno”.
Da segnalare, tuttavia, che
nell’ottocentesco ‘Viaggio nella
Liguria
Marittima’
viene
ricordata una Fontana del
Tempio,
posta
“nell’indirizzamento medesimo”
della grotta di Montecalvo, che
avrebbe preso il nome dai
monaci guerrieri.
“La valletta e la fonte prese il
nome dai Templarj, ossia
Cavalieri del Tempio, i quali
ebbero un ostello in questo
delizioso recesso. Della chiesa
loro rimangono in una villa
alcune vestige”.
L’entrata della grotta
IL CULTO DEL DIO MITRA
Ogni datazione della piramide
impallidisce, però, di fronte a
quella fornitaci da Etienne
Gotteland,
strano
patriarca,
occultista e fondatore della setta
‘Universitalità
Pratica’,
stabilitosi a Falicon nel 1922.
Basandosi su dati tradizionali
egli “misurò 60 gradi di
differenza
dovuti
alla
processione equizionale, in senso
inverso alla rotazione terrestre”
arrivando ad asserire che “ se si
calcola lo spostamento di un
grado in 72 anni, l’età della
piramide dovrebbe essere di
4.335 anni”.(!)
Una vetustità che Bodard, nel
1970, ‘ringiovanisce’ di molti
secoli in base al ritrovamento di
alcune steli funerarie nell’area
circostante il monumento e al
fatto che da lì
partiva
l’acquedotto che alimentava
Cemenelum
(Cimiez),
ipotizzando che la costruzione
facesse parte di un più vasto
complesso di origine galloromana.
Ma ancora più significativa è, a
nostro avviso, la notizia, riportata
nello stesso anno dal dott.
Cheveneau, membro eminente
dell’IPAAM, che, nel IV secolo,
a Cimiez fosse stanziata una
legione
proveniente
da
Alessandria d’Egitto.
Il rinvenimento tra Cimiez e
Falicon di tombe e sarcofagi
romani decorati con teste di toro
e con il gladio e la croce, simboli
associati a Mitra, divinità solare
e petrogenita (nata cioè dalla
roccia) di origine iranica, il cui
culto iniziatico e misterico si era
ampiamente diffuso nell’Impero
Romano, soprattutto tra i soldati,
ha fatto supporre che i legionari
di Cimiez fossero adepti del dio.
Questo porta ad una intrigante
possibilità: poiché i santuari in
onore di Mitra erano solitamente
ricavati in ambienti sotterranei,
naturali o creati appositamente, i
soldati di Cimiez potrebbero aver
adibito la vicina grotta di
Montecalvo a luogo di culto,
considerando anche il clima
particolarmente
temperato
all’interno della prima sala e la
presenza di acqua, elemento
purificatorio del rituale mitraico,
ed aver contrassegnato il tempio
con
il
monumento
più
rappresentativo del loro paese di
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
provenienza
ovvero
una
piramide.
“La grotta simboleggia la volta
celeste. L’idea dominante è
quella di rappresentare il dio
Mitra tauricida in una grotta. La
cifra 7 trova, nel culto di Mitra
un significato dominante. Certi
rilievi delle regioni danubiane
rappresentano 7 cipressi (alberi
solari) alternati a 7 pugnali
ricoperti da un berretto frigio. A
Doura 7 scalini portano alla
nicchia rituale. Spesso il tempio
era orientato verso levante per
permettere ai primi raggi del
sole di penetrare da una finestra
o da un’apertura praticata nella
volta e colpire direttamente
l’effige del dio” (M. Vermaseren,
esperto del culto mitraico).
Nella grotta sotto la piramide ci
sono
sette
gradini,
che
potrebbero corrispondere ai sette
gradi dell’iniziazione mitraica,
una piattaforma di pietra sulla
quale il sacerdote avrebbe potuto
officiare, e un rigagnolo d’acqua
di fonte.
Inoltre l’apertura meridionale
della grotta è orientata verso il
sole.
Dunque, come spiega Edmond
Rossi, quella di Falicon potrebbe
essere una piramide costruita da
autentici
egiziani
alquanto
lontani dal loro paese.
Quest’ultima ipotesi, ci preme
sottolinearlo, non ha nulla a che
vedere con quella, riportata in
molti siti web, blog e forum, che
vuole la piramide essere la tomba
di un antico condottiero di
probabile origine egizia, poiché
trattasi
di
uno
scherzo
candidamente
confessatoci
dall’autore.
Senza dubbio si è fin troppo
fantasticato su questo diruto
monumento ma, ammettiamolo,
anche questo ha contribuito al
fascino particolare che esso
esercita da oltre duecento anni,
un fascino che “non può non
farci sognare su questa antica
testimonianza smarrita, oggi
minacciata
da
molteplici
degradazioni”.
UNA SECONDA PIRAMIDE
A MONTECALVO?
Secondo Charroux, da “un pozzo
tenebroso” nella prima sala si
giungerebbe in un’altra caverna
con una piramide alta dieci metri.
In realtà il pozzo è nella seconda
sala perciò la misteriosa grotta
potrebbe essere la seconda
caverna scoperta da Rossetti, la
cui volta “finisce con una punta
aguzza”: una forma vagamente
piramidale!
Tuttavia nel XX secolo si era
convinti che esistesse un terzo
livello inesplorato, in quanto
Rossetti, dopo aver gettato delle
pietre nel pozzo, aveva udito un
rumore cupo “simile a quello di
un corpo caduto in mezzo alle
acque”.
Osvaldo CARIGI
Nato a Roma il 1° novembre
1953. Collabora con Adriano
FORGIONE dal Maggio del
2007. Ha pubblicato e pubblica
regolarmente su FENIX ma
saltuariamente
anche
su
NEXUS e la spagnola MAS
ALLA'. Da Maggio 2009,
sempre principalmente per
FENIX, lavora in coppia con
Stefania TAVANTI.
BIBLIOGRAFIA
‘LA GROTTA
CALVO’
di
ROSSETTI
DI MONTEDOMENICO
IL
SEGRETO
EGIZIO
DI
NAPOLEONE di JAVIER SIERRA
LEGENDES ET CHRONIQUES
INSOLITES
DES
ALPES
MARITIMES.
COLLECTION
«MEMOIRES DU SUD» di
EDMOND ROSSI
‘IL LIBRO DEI MAESTRI DEL
MONDO’
di
ROBERT
CHARROUX
‘LE
GRAND
LIVRE
DES
PYRAMIDES’
di
CHARLES
LEBONHAUME
‘VIAGGIO NELLA
MARITTIMA’
di
BORTOLOTTI
LIGURIA
DAVIDE
‘FALICON,
PYRAMIDE
TEMPLIERE
OU
LA
RATAPIGNATA’ di MAURICE
GUINGUAND
BIOGRAFIA DEGLI UOMINI
ILLUSTRI DEL REGNO DI
NAPOLI,
COMPILATA
DA
DIVERSI
LETTERATI
NAZIONALI. Tomo IV
LA MYSTERIEUSE PYRAMIDE
DE FALICON di HENRI BROCH
VOYAGE
AUX
ALPES
MARITIMES di EMILE FODERE
‘IL TESORO DEI TEMPLARI. LE
RICCHEZZE NASCOSTE’ di
FRANJO TERHART
Stefania TAVANTI
Nata il 5 settembre 1966 a
Firenze. Lavora nel campo
dell'editoria
dal
1995.
Appassionata da sempre di
archeologia, ha iniziato dal
2009
a
pubblicare,
in
collaborazione con Osvaldo
Carigi, sulle riviste FENIX,
MAS ALLA’ e NEXUS.
Falicon.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
IMMAGINI DELL’INTERNO DELLA
GROTTA.
La grotta che si estende sotto la
piramide destò con le sue meraviglie
l’entusiasmo di Rossetti che, nel suo
poemetto, non risparmia certo al lettore
i dettagli di quel “superbo teatro”
“dell’acque effigiato e scolto innanzi a
cui ogni più illustre e chiaro artifizio
mortal sarebbe incolto”.
La grotta di Ratapignata (pipistrello in
Nizzardo) è composta di numerose sale.
La prima, accessibile con una scala di
corda, è una rotonda di 22 m. alta 15.
Al centro di questa rotonda si trova
un’enorme stalagmite rassomigliante ad
una statua. Un altro gigantesco
sedimento si trova ad ovest ed è saldato
al soffitto come una colonna. A sud una
scala composta di 7 gradini discende
verso una piattaforma ricoperta di
pietrisco. Da una piccola fessura posta a
nord si può accedere al piano inferiore
dove in una seconda sala un canaletto
raccoglie un filo d’acqua. Ai piedi di
una parete verticale di forma triangolare
si apre una stretta fessura che sbocca su
una sala dal soffitto basso.
Nizza con alle spalle il Mont Chau o
Chauve. Questo toponimo (in
italiano‘Monte Calvo’) viene contestato
da Lebonhaume, in quanto a suo parere
il Moun Cau occitano significa
semplicemente Mont Chaud (Monte
Caldo) e“i suoi declivi sono ricoperti
da un’abbondante vegetazione, in
barba agli sforzi topomastici
dell’amministrazione”. (dal libro “Le
grand livre des pyramides)
L’articolo “La piramide di Falicon” è apparso sul numero 7
della rivista Fenix –Enigmi e misteri della storia e del sacro.
I sette gradini che
corrisponderebbero ai
livelli di iniziazione
mitraica. A tal proposito,
gli unici scalini che
Rossetti rammenta nel
suo poema sarebbero
posteriori alla scoperta
della grotta. Leggiamo
infatti che il piano
inclinato lungo sette
metri che si trova al
termine del collo di
pozzo “ultimamente si è
fatto scalpellare e
ridurre a comodi gradini
altrimenti si correrebbe
pericolo di sdrucciolare
e di precipitare poi
dentro il primo salone”.
Douzet, tuttavia, trova
improbabile che
qualcuno si sia preso la
briga di scavare una
scala nella nuda roccia
per facilitare la discesa
dei visitatori, fra cui
ricordiamo la regina
Vittoria, anche alla luce
del fatto che la prima
alzata misura ben 2
metri e richiederebbe
pertanto un vero e
proprio “passo da
gigante”!
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ARCHEOUFOLOGIA
L'ASTRONAUTA DI
PALENQUE
Lastra funeraria della tomba del Dio-Re Pacal
Domenico Dati
Palenque è un sito archeologico
maya situato nello stato messicano del Chiapas, a circa 130
km a sud di Ciudad el Carmen.
È un sito di medie dimensioni,
più piccolo rispetto a Tikal e
Copàn, ma contiene alcune delle
più belle opere di architettura e
scultura che i Maya abbiano
prodotto.
Scoperta nel 1952 dall'archeologo Alberto Ruz Lhiullier,
all'interno della piramide nota
come “il Tempio delle iscri-
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
zioni”, la lastra monolitica (380
cm per 220 cm con uno spessore
di 25 e circa 5 tonnellate di peso)
risalente al 692 D.C. copriva il
sarcofago contenente i resti di un
uomo dal volto coperto da una
maschera di giada e madreperla,
le cui caratteristiche differivano
dalla media e dalle usanze della
popolazione, con i suoi 173
centimetri d'altezza (20 cm in più
della media) e per la forma
“normale” del cranio invece di
essere “allungato” come si conveniva ai nobili di quel popolo.
Il monarca Pacal, l'uomo sotto la
maschera di giada, sembrava
essere un uomo robusto, tra i 40
e i 50 anni.
I suoi denti sebbene dipinti di
rosso, erano normali, e non erano
né appuntiti e nè adornati, cosa
inusuale per un maya adulto
d'alto rango.
Il Vimana
Nel Vymaanika-Shastra antico
manoscritto del IV secolo a.C. è
riportata la seguente dicitura:
“Ciò che può volare da un posto
all'altro è un Vimana. Gli esperti
dicono che ciò che può volare
nell'aria, da un'isola ad un'altra
isola, da un mondo ad un'altro
mondo, è un Vimana.”
Stucco Pacal
Il Tempio delle Iscrizioni – Palenque
Il Vimana
Maschera di giada
Antro del sepolcro con la lastra Palenque
Il corredo funerario era ricchissimo: oltre alla maschera di
giada e madreperla, un diadema,
orecchini, una collana, un pettorale, bracciali, ad ogni dito
delle mani e dei piedi anelli di
giada, statuine in giada.
Collo e caviglie ornati di perline,
una perla in una conchiglia
riempita con polvere di cinabro.
Il Samarangana Sutradhara, un
altro antico testo sanscrito, recita:
“Forte e durevole deve essere il
corpo, come un grande uccello
volante, di materiale leggero.
Dentro si deve porre il motore a
mercurio, con sotto l'apparecchi
di ferro per il riscaldamento. Per
mezzo della forza latente del
mercurio, che mette in moto il
vortice, un uomo seduto al suo
interno può viaggiare nel cielo,
in
modo
meraviglioso,
percorrendo grandi distanze.”
Ed ancora:
“Il Vimana sviluppa la forza del
tuono attraverso il mercurio. E
subito diventa come una perla
nel cielo”.
Incensiere
Vari tipi di Vimana precolumbiani
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Il Mercurio
questo sconosciuto
L'utilizzo del calore come fonte
d'energia elettrica
E' un elemento chimico con
simbolo HG e numero atomico
80, pesante più del Ferro, è un
metallo avente color argenteo,
elemento presente nella tavola
periodica ed è liquido a temperatura ambiente.
Noto sin dall'antichità è nota
anche la sua tossicità l'intossicazione da mercurio crea
sintomi quali tremori, instabilità
emotiva, insonnia, demenza ed
allucinazioni.
Estratto dal minerale di Cinabro
entra facilmente nella catena
alimentare se rilasciato nell'ambiente senza precauzioni.
Recentemente ricercatori del
U.S. Department of Energy's
(DOE)
Lawrence
Berkeley
National Laboratory, hanno studiato un sistema in grado di
trasformare efficientemente l'energia termica in energia elettrica.
Questa tecnologia basata sull'uso
di schiere di nanotubi in silicio
permette di ricavare dal calore
energia elettrica. Analogamente
un'intuizione del ricercatore
Viktor Schauberger (1885-1958)
consisteva nell'aver osservato
nelle fredde notti di luna piena il
levitare delle pietre di forma
ovale dal fondo di un lago che
attraendosi e respingendosi con
un
movimento
circolare
risalivano in superficie.
Secondo Schauberger, il fenomeno era spiegabile come l'effetto
combinato del freddo avesse
sulla composizione metallifera
delle pietre, soprat-tutto silice e
silicati.
Quindi questi stessi materiali se
riscaldati sarebbero stati in grado
di rilasciare energia elettrica.
Eventuali “Endobatterie” si fatte
potrebbero significare una fonte
d'energia di facile e pratico impiego.
In una tavola Maya conosciuta
come Codice Troano tavola
P1.XXVIIL v'è raffigurato un
essere dall'aspetto poco umano e
che ricorda l'incensiere (vedi foto
pagina precedente) intento ad
azionare una presunta “macchina
per volare” o vimana.
L'essere nella Foto (vedi foto
seguente) è intento a scaldare
manualmente con una fiamma
la scatola marcata con una “X”
che suppongo sia un'endobatteria, mentre con l'altra mano
è presumibile che stia fornendo
con un attrezzo il movimento
iniziale al mercurio presente nel
Mercurio Nativo su Matrice di Cinabro
È possibile far vorticare il
mercurio come nella figura
applicando una tensione elettrica,
va fornito solo un movimento
iniziale con una bacchetta, il
mercurio continuerà a vorticare
aumentando la velocità.
Esperimento vortice di mercurio
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
motore tipo “lampada” posizionato sulla sommità.
Manovra corretta
Manovra errata
Nella tavola P1.XXIX dello
stesso codice è raffigurato questa
volta un uomo (vedi foto qui
sopra) intento nello stesso atto
ma questa volta la manovra è
sbagliata, infatti viene usata la
fiamma verso il motore tipo
“lampada” e l'attrezzo per il
movimento iniziale verso l'endobatteria (scatola marcata “X”)
vanificando l'operazione come
mostra l'espressione delusa dello
stesso (è interessante l'uso delle
sfere-sonagli utilizzati nelle
“tute”).
Riassumendo il calore all'interno
d'un antico vimana, era usato per
attivare le endobatterie manualmente o magari riscaldate con
fornellini alimentati ad alcol
etilico e quindi come fonte per
generare energia elettrica il cui
utilizzo vedremo più avanti.
Va altre sì considerato che
anticamente la forza di gravità
doveva necessariamente risultare
essere meno forte di quella di
oggi ,infatti non sarebbero potuti
esistere esseri giganteschi come i
dinosauri, sarebbero morti soffocati, schiacciati dal loro stesso
peso.
Gravità ed Antigravità la legge
del ritmo di Pier Luigi Ighina
Giunti a questo punto, abbiamo
quasi tutto per la ricetta d'un
antico vimana, manca solo
l'ultimo ingrediente, quello che
consente l'antigravità.
Ma prima dobbiamo capire cosa
sia la gravità o meglio la “forza
risultante” che percepiamo come
“forza di gravità”.
Pier Luigi Ighina
Secondo la legge del ritmo elaborata da Pier Luigi Ighina
(1908-2004) esiste uno scambio
ritmico d'energia tra il sole e il
pianeta terra, l'energia solare
luminosa parte dal sole con un
movimento vorticoso destroso
(come il guscio d'una conchiglia)
ed arriva alla terra avvolgendola
ed sottoponendola ad una
notevole pressione magnetica
che subisce (come un'arancia
stretta saldamente in un pugno)
insieme a tutte le cose presenti su
di essa.
Questa energia (monopoli positivi o asiatico Yang) impossibile
da schermare è capace di penetrare qualunque cosa esistente
ed imprime con la sua velocità
una “prima forza di gravità” a
tutte le cose (quindi in barba a
Sir Isaac Newton e alla sua mela
siamo sospinti verso il centro
della terra e non attratti da
esso!)...ma non è finita qui!
L'energia penetra tutto senza
ostacolo (riscaldando il magma)
arriva fino al centro della terra
saturandola ed a questo punto i
monopoli entrano in collisione
tra di loro e subiscono
un'inversione - riflessione si
trasforma cioè in energia terrestre
negativa
(monopoli
negativi o asiatico Yin).
Essendo una riflessione inverte
velocità, direzione e verso
attraversando la terra questa
volta dal centro ritornando verso
la superficie vorticando in senso
sinistro ed opponendosi alla
“prima forza di gravità” finendo
per compensarla (anti-gravità) e
come
risultante
abbiamo
finalmente quella che viene
percepita come “forza di gravità”.
L'energia terrestre di ritorno
colora il cielo di blu e ritorna al
sole dove nel punto d'impatto
impedisce
l'emissione
dell'energia solare (macchie solari).
Così come accade per la terra
accade per ogni pianeta del
sistema solare da qui la definizione di “legge del ritmo” di
Ighina
ovvero
successione
regolare con cui un fenomeno si
ripete nel tempo.
rappresentato sulla lastra di
Palenque vi fosse un motore
antigravitazionale con funzione
di turbina la cui potenza è comandata dal flusso d'aria in
entrata e dalla combustione d'una
miscela
idrogeno-aria
pressurizzata.
L'idrogeno viene prodotto dalla
reazione della coppa (vedi
schema in foto successiva)
d'alluminio
trattata
superficialmente con mercurio, e
l'alcol etilico proveniente dai
fornellini (fonte di calore che
attivano le endobatterie).
La miscela d'aria risucchiata
dalla presa e dal vorticare della
rotazione del mercurio viene
fatta passare nelle due sfere riscaldandosi ed aumentando la
pressione
(Klimator
di
Schauberger), quindi viene miscelata all'idrogeno prodotto
nella coppa ed alla fine combusta
per generare la spinta.
Il mercurio roteando tramite i
magneti
permanenti
(vedi
flywheel di Ed Leedskalnin foto
seguente) cattura i monopoli
negativi (energia terrestre o
asiatico Yin) che vengono
addensati tramite il potere delle
punte,
aumentando
l'effetto
antigravitazionale e facendo
perdere progressivamente peso
all'apparecchio ed al suo
occupante
che
veste
una
particolare tuta per essere
protetto
dagli
effetti
dall'energia stessa.
Teoria sull'antico segreto del volo
La teoria che ho elaborato e che
negli antichi vimana come quello
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Flywheel di Ed Leedskalnin
(Coral Castle, Florida)
La posizione anomala del piede
destro (mentre il sinistro è sul
comando diretto alla presa d'aria)
suggerisce che il pilota stesso è
sottoposto
ad
antigravità
all'interno del veicolo e cerca di
rimanere saldo in posizione
mentre la sua capigliatura
svolazza senza controllo.
[email protected]
Fonti
http://www.lbl.gov/
http://ighina.66ghz.com/
http://it.wikipedia.org/wiki/
http://twilightscience.forumfree.it
/
http://www.edicolaweb.net/edic1
68a.htm
http://maps.google.it/maps?hl=it
&tab=wl
http://mmmgroup.altervista.org/i
-mercur.html
http://www.tdf.it/Italy/neoumanes
imo/Viktor_ita.htm
http://peswiki.com/index.php/OS:
Klimator:Main_Page
Schema funzionamento del Vimana di Palenque
http://www.angelsofmars.it/civilt
a' misteriose/palenque.htm
L’autore ringrazia il Sig. Alberto Tavanti e tutti coloro che hanno
dedicato l'attenzione.
http://www.famsi.org/mayawritin
g/codices/pdf/4_madrid_rosny_b
b_pp79-112.pdf
È possibile copiare, duplicare e diffondere il presente documento.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ARCHEOUFOLOGIA
ARCA DELL’ALLEANZA
La teoria clipeologica
David Lombardi
David Lombardi, 27 anni,
ricercatore e membro C.I.R.
(CENTRO ITALIANO
RICERCHE) si occupa da tempo
di archeologia, ufologia e
clipeologia. È socio del CROP
www.croponline.org (Centro
di Ricerche Operativo sul
Paranormale) diretto dal dottor
Giorgio Pastore nonché membro
dello staff di Majuro
(www.majuro.it).
Secondo la clipeologia (scienza
che studia le presenze aliene in
epoche remote) esiste una buona
possibilità che l’arca dell’alleanza uno degli oggetti più misteriosi della storia cristiana
possa essere un congegno di natura aliena.
Chi la portato sulla terra?
Per quale motivo è stato creato?
Partendo dalle ricerche fatte da
tre esperti ossia Erich Van
Daniken (ricercatore ed esperto
clipeologo), Alfredo Lissoni (noto ufologo) e Giorgio Pastore
(capo del centro di ricerche
operativo sul paranormale) il
misterioso oggetto sarebbe stato
costruito sulla terra.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
I presunti alieni che lo hanno
ideato hanno a loro volta trasmesso le informazioni agli umani, i quali si sono messi a lavoro
dando vita a quella che noi conosciamo come Arca dell’Alleanza.
Stando alle descrizioni trovate
nei capitoli 25, 26 e 27 dell’esodo, l’arca dell’alleanza era
fatta di legno di acacia e rivestita
d’oro.
Non notate nulla di strano?
Legno e oro cos’hanno di cosi
strano?
Apparentemente niente ma basta
riflettere per vedere in essi un
isolante, nel nostro caso il legno,
ed un buon conduttore di e-
lettricità, che nel nostro caso è
l’oro.
Unire un isolante e un conduttore
di elettricità è il sistema per
creare un condensatore elettrico.
All’epoca di Mosè non vi erano
queste conoscenze e chi avrebbe
potuto averle per elaborare uno
strumento simile?
Dio oppure un entità simile?
E se si fosse trattato di un
qualche essere proveniente da un
altro pianeta nel quale vi era già
una tecnologia avanzata?
Ma la questione dell’arca non
termina qui in quanto altre ricerche hanno portato ad altri possibili elementi ufologici nascosti
in quelli che nel capitolo 28 dell’esodo sono chiamati Urim e
Tummin.
Nonostante sia sconosciuta la loro origine e il loro funzionamento essi erano posti sul
pettorale che indossava il sommo
sacerdote.
Stando ad ulteriori ricerche fatte
dall’ufologo Roberto Pinotti il
termine Urim significava “Luci”.
Partendo dal fatto che erano posti
sul pettorale che indossava il
sommo sacerdote potevano essere benissimo di piccole dimensioni e ciò non toglie che po-
tessero essere quindi dei mini
congegni.
Ma qual’era lo scopo?
Forse erano i mezzi in base ai
quali gli umani comunicavano
con Dio e qui si subentra nella
più incredibile ipotesi clipeologica ossia che Dio potrebbe essere un essere di un altro pianeta.
Al di là di ciò ecco un brano dell’esodo che espone l’intera questione sia sulla costruzione
dell’arca sia sul possibile scopo
dei due misteriosi oggetti chiamati Urim e Tummin:
Esodo 25-10,11
10 Faranno dunque un'arca di
legno di acacia: avrà due cubiti
e mezzo di lunghezza, un cubito e
mezzo di larghezza, un cubito e
mezzo di altezza. 11 La rivestirai
d'oro puro: dentro e fuori la
rivestirai e le farai intorno un
bordo d'oro.
Esodo 25-20,21e22
20 I cherubini avranno le due ali
stese di sopra, proteggendo con
le ali il coperchio; saranno
rivolti l'uno verso l'altro e le
facce dei cherubini saranno
rivolte verso il coperchio. 21
Porrai il coperchio sulla parte
superiore dell'arca e collocherai
nell'arca la Testimonianza che io
ti darò. 22 Io ti darò convegno
appunto in quel luogo: parlerò
con te da sopra il propiziatorio,
in mezzo ai due cherubini che
saranno
sull'arca
della
Testimonianza, ti darò i miei
ordini riguardo agli Israeliti
Che quei due misteriosi oggetti
fossero collegati al propiziatorio
posto tra i due cherubini?
Che il propiziatorio fosse una
sorta di mezzo di comunicazione
con gli esseri di un altro pianeta?
Nei versetti 28, 29, 30 del capitolo 28 dell’esodo vi sono altri
dettagli sui famosi Urim e Tummin:
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
28 Si legherà il pettorale con i
suoi anelli agli anelli dell'efod
mediante un cordone di porpora
viola, perché stia al di sopra
della cintura dell'efod e perché il
pettorale non si distacchi
dall'efod. 29 Così Aronne
porterà i nomi degli Israeliti sul
pettorale del giudizio, sopra il
suo cuore, quando entrerà nel
Santo, come memoriale davanti
al Signore per sempre. 30 Unirai
al pettorale del giudizio gli urim
e i tummim. Saranno così sopra
il cuore di Aronne quando
entrerà alla presenza del
Signore: Aronne porterà il
giudizio degli Israeliti sopra il
suo cuore alla presenza del
Signore per sempre.
Stando a quanto è scritto nell’esodo e cercando di elaborare
un’ipotesi l’arca dell’alleanza e
quei due oggetti misteriosi erano
un mezzo di comunicazione tra
gli umani e coloro (possibili
alieni scambiati per divinità) che
gli hanno trasmesso le istruzioni
per costruire l’arca.
Ma se Mosè comunicava con Dio
già prima di costruire l’arca quale altro motivo celava il misterioso oggetto?
Forse l’arca era un sistema più
sicuro in quanto solo certe persone potevano entrare nella tenda
dove era custodita l’arca?
I misteri dell’arca dell’alleanza a
livello clipeologico sono tanti ma
sono certo che con un passo alla
volta la verità verrà alla luce.
[email protected]
Fonti:
*Erich Von Daniken – gli dei
erano astronauti;
*Alfredo Lissoni – UFO progetto
genesi;
*Giorgio Pastore – dei del cielo,
dei della terra.
DREAMLAND
IL CASO HILL:
OLTRE LE APPERENZE
Gianluca Rampini
Sul caso dei coniugi Hill
sono state spese moltissime
parole ma poche di queste
si
sono
con-centrate
sull'effettiva analisi della
credibilità
dell'episodio
stesso.
Per ragioni che vedremo
più avanti, al “rapimento”
di Barney e Bett y Hill è
stato
riconosciuta
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
un'unanime e trasversale
credi-bilità.
Vi sono in realtà elementi
con-trastanti che emergono
ad una attenta analisi dei
fatti e delle te-stimonianze
dei due protagonisti ed è
preciso dovere di chi si
occupa di questi argomenti
porli in risalto piuttosto
che metterli in disparte per
preservare la validità del
caso.
In effetti, per quanto mi
riguarda, non è tanto in
dubbio
l'evento
in
sé
quanto
la
sua
interpretazione.
Cercare di fare chiarezza
ed eli-minare i dati spuri
dal quadro complessivo del
fenomeno dei rapimenti
non può che agevo-larne la
comprensione.
Non mi soffermerò troppo
sulla
descrizione
degli
eventi che sono ben noti ma
porrò l'attenzione su alcuni
elementi chiave dell'intera
vicenda, elementi specifici
e per quanto possibile
documentati.
La mappa tridimensionale
dise-gnata
in
base
ai
ricordi di Bett y Hill, le sue
testimonianze
e
le
regressione
ipnotica
di
Barney.
19 settembre 1961
Durante
il
viaggio
di
ritorno
dal-le
vacanze
passate in Canada i coniugi
Hill
percorrevano
una
strada fra le colline a sud
di Groveton, nel New
Hempshire,
dirigendosi
verso Portsmouth do-ve
risiedevano.
Nei pressi di un altura
deno-minata Indian Head
Bett y venne incuriosita da
un luce nel cielo che a suo
parere non poteva essere
una stella.
Chiese allora la marito di
ac-costare
per
poterla
guardare
con
più
attenzione, questi l'accontentò
solamente
perché
voleva sgranchirsi le gambe
e far scen-dere il cane.
Non riuscendo a capire
cosa fos-se risalirono in
macchina e pro-seguirono il
loro percorso ma circa due
ora più tardi, nei pressi di
Cannon Mountain l'oggetto
luminoso riapparve molto
più vicino e di conseguenza
molto più sospetto.
Si fermarono nuovamente,
in un primo momento esso
era ancora in volo e
successivamente,
la
sequenza non è chiara nei
loro ricordi, lo ritrovarono
a terra a circa trecento
metri dalla loro posizione.
L'oggetto era a forma di
“pancake” con grandi oblò
squa-drati
uno
accanto
all'altro che formavano una
linea curva.
Quando
era
al
suolo
poggiava
su
apposite
“gambe”.
Con il cannocchiale Barney
riuscì anche a distinguere
oltre i vetri di quelle
finestre
alcune
figure
umanoidi.
Spaventati rimontarono in
mac-china dove un strano
rumore ed una altrettanto
strana
sensazione
li
raggiunse.
Nel loro racconto è a
questo
pun-to
che
si
colloca il missing time di
due ore all'interno del
quale è possibile si sia
verificato il rapi-mento ed
il
contatto
con
questi
extraterrestri.
Le parole di Betty Hill
E’
corretto
riportare
l’osser-vazione di alcuni
scettici secondo i quali
Bett y fosse una fanatica di
Ufo
e
che
questo
confuterebbe
il
suo
racconto.
Ma a parte il fatto che
ormai non è possibile
dimostrarlo sarebbe come
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
dire che poiché uno è paranoico allora non esistono le
cospirazioni.
Il
che
è
logicamente
sbagliato.
Ci limitiamo quindi a
prendere atto delle sue
parole.
Prima testimonianza di
Bett y Hill
“L’oggetto apparve in cielo
come una nuova stella, poi
all’improvviso incominciò
a muoversi.
Passò davanti al disco
lunare e allora fermammo
la macchina per guardare
meglio…
Barney decise di prendere
il binocolo per cercare di
iden-tificare quell’oggetto
strano, ma quello che vide
gli
destò
molta preoccupazione e
paura.
Asserì di aver visto degli
esseri molto simili a noi
che lo guar-davano da
dietro i finestrini e che, a
quel punto, il veicolo incominciò a scendere.
Barney ebbe la sensazione
che stessero cercando di
catturarlo, quindi risalì in
auto e partimmo a tutta
velocità verso l’autostrada
per evitare di essere presi.
Udimmo una serie di suoni
intermittenti quindi, per
motivi inspiegabili, Barney
prese ad imboccare una
stradina se-condaria, dove
vedemmo
quello
che
pensavamo essere la Luna
al tramonto.
Poi
ci
rimettemmo
in
autostrada e di li a poco,
udimmo di nuovo quei
suoni
intermittenti
ma
proseguimmo, senza più
fer-marci, verso casa”.
Seconda
testi monianza
Betty Hill
di
“Gli esseri erano 11 ma ce
ne
era
uno
che
per
identificarlo
meglio
decidemmo
che
doveva
essere il capo, infatti era
quello che si esprimeva in
inglese.
Poi c’era l’esaminatore che
faceva i test, poi gli altri 9
che secondo noi facevano
parte dell’equipaggio.
Le
fattezze
dei
miei
esaminatori
erano
essenzialmente
simili:
minuti, glabri, macrocefali
e con una fisionomica
simile a un incrocio tra
suino e uomo.
Mi ispezionarono il naso,
la gola, gli occhi, le
orecchie,
pre-levarono
campioni di capelli, di
pelle
ed
erano
molto
interessati ai nostri piedi.
Mi stesero sul tavolo e
cercarono di infilarmi uno
strumento appuntito nella
vagina dicen-domi che era
un test di gravidanza,
allorché io replicai che non
esistevano
test
di
gravidanza e che simili
cose
era-no
per
me
sconosciute.
Barney
era
di
vedute
alquanto ristrette e fu per
lui
uno
choc
emotivo
notevole; iniziò ad avere
problemi di salute, stati
d’ansia, pressione a sbalzi,
problemi di stomaco e non
rispondeva alle cure.
Il suo medico pensò che
forse
l’impatto
emotivo
dovuto a un forte choc, gli
impediva di gua-rire e
decise di mandare mio
marito da uno psichiatra
che esercitava nel suo
stesso edificio.
Barney
iniziò
a
frequentarlo re-golarmente
e a parlare della sua
infanzia e di tutto il resto.
Il dottore lo analizzò a
lungo e dopo qualche
seduta ci indirizzò, Barney
ed io, dal dottor Be-njamin
Simon di Boston”.
Terza
testimonianza
Bett y Hill
di
“Dopo varie sedute il
dottor
Simon
mi
fece
vedere il bozzetto di una
mappa stellare che il capo
degli
alieni
mi
aveva
mostrato.
Non so se c’era una
apertura nello scafo o cosa
fosse, ma ad un tratto ecco
la mappa con alcuni degli
oggetti che sem-bravano
muoversi realmente.
L’essere però non aveva
attivato uno schermo o
quant’altro ma era così
realistica, proprio come
guardare il cielo stellato.
Mi chiese se dalla mappa
potevo
dire
dove
ci
trovavamo,
allorché
io
risposi di no.
Mi
disse
che
era
un’informazione importante
senza
la
quale
non
potevano
mostrarmi
da
dove venivano”.
Quarta testi monianza di Bett y
Hill
“Riguardo
alla
mappa
stellare posso dire che
successivamente
venni
contattata
da
un’insegnante dell’ Ohio, tale
Marjory Fish.
Iniziammo una serrata corrispondenza
epistolare
finché mi disse che voleva
venire a casa per parlarmi.
Passammo giorni interi a
parlare di quella mappa e
mi
fece
molte domande.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Incominciò poi a costruire
mo-dellini usando scatole e
corde, mettendo il nostro
sistema solare al centro e
iniziò
a
calcolare
la
distanza in anni luce.
Al termine aveva disposto
quasi tutte le stelle nella
stessa posizione che avevo
visto su quella mappa, ma
ne mancavano due.
Non
fu
in
grado
di
completare la ricerca fin
quando gli astronomi non
scoprirono
quelle
due
stelle nel ‘69”.
La parte più interessante
del
suo
racconto
e
sicuramente quella della
sua esperienza all'interno
della “nave spaziale” a
contatto con gli alieni.
Gli elementi forniti nella
sua
descrizione
appartengono
ad
un
canovaccio che nei decenni
suc-cessivi
sarebbe
divenuto
abbastanza
comune, per quanto comuni
siano i casi di rapimento da
parte degli alieni.
Ma non la si può accusare
di essersi rifatta a racconti
pre-cedenti, a riviste o a
film perché l'argomento
non era ancora di dominio
pubblico ne tanto meno
attirava l'attenzione del
pubblico come può essere
ai giorni nostri.
Grazie alle ricerche svolte
dagli esperti del settore
sappiamo ormai con buona
certezza
che
questi
atteggiamenti
scientifici
sono spesso una copertura
per scopi meno filantropici,
volendo
usare
un
eufemismo.
Quindi
tenere
sotto
controllo la consapevolezza
dei rapiti ri-guardo alle
procedure a cui ven-gono
sottoposti diventa di vitale
importanza ed a questo che
ser-vono
quelle
che
vengono definite “screen
memories”, dei falsi ricordi
che servono a ma-scherare,
anche a livello in-conscio,
quelli veri.
Con tutta probabilità ciò
che Bet-t y ha ricordato di
quell'episodio non sono i
fatti come si sono svolti ma
bensì ciò che gli alieni
hanno
voluto
che
lei
ricordasse.
Il prof. Simon che operò
l'ipnosi non era di certo
preparato ad affrontare un
simile caso e non ebbe
quindi alcuna possibilità di
superare
questi
blocchi
mentali
e
di
arrivare
realmente in pro-fondità
nel subconscio dei due
coniugi.
Non siamo nemmeno in
grado di sapere se vi siano
stati episodi successivi per
cui
il
quadro
rimane
incompleto.
Vi è però un altro dettaglio
che,
nonostante
quanto
detto sin ora, depone a
favore della credibilità di
questo caso.
Il che è molto interessante
ma di certo non aiuta nel
giudicare l'intera vicenda.
Mi riferisco alla “mappa
stel-lare” che il Dott.
Simon disegnò in base alle
indicazioni di Bett y sotto
ipnosi.
Zeta Reticuli, la mappa
Come ci ha ricordato la
stessa
Bett y
il
collegamento tra la sua
mappa e il sistema “Zeta
Reticuli” lo dobbiamo all'infaticabile dedizione di
un
insegnate
dell'Ohio,
Marjory Fish che per tre
anni si impegnò per trovare
una
corrispondenza
accettabile
tra
le
varie
porzioni di mappe stellari
esistenti e gli ele-menti del
disegno di Bett y.
La sua ricerca iniziò nel
1966 e per alcuni anni non
ebbe molto successo, nel
1969 invece grazie l'uscita
del nuovo e più dettagliato
Catalogo stellare Gliese
(Catalogo
delle
stelle
vicine) riuscì finalmente a
indi-viduare
le
corrispondenze
che
cercava.
Il lavoro completo terminò
sola-mente nel 1972 con la
definitiva
identificazione
del sistema “Zeta Reticuli”.
Naturalmente
da
qual
momento in poi sono state
espresse le più diverse
opinioni riguardo la precisione
di
tale
corrispondenza
e
nella
maggior parte dei casi esse
riflettono
le
posizione
precon-cette di chi le ha
espresse.
Mi
sembra
quindi
ragionevole scartare tutte
le posizioni total-mente a
favore o completamente
contrarie.
Ve
sono
altre
più
interessanti che analizzano
la questione nella so-stanza
piuttosto che nel significato che ne possa derivare.
Il Prof. Walter Mitchell,
pro-fessore di astronomia
all'Ohio State Universit y ha
affermato:
“Più esamino la mappa più
rimango impressionato dall'astronomia compresa nel
lavoro di Marjory Fish”.
David R. Sunders, esperto
di
statistica
presso
il
“Industrial
Relation
Center” dell'Università di
Chicago ha detto:
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
“Non riesco a trovare
nessun
punto
debole
nell'interpretazione
della
mappa di Betty Hill da
parte della sig.ra Fish”.
Secondo i miei calcoli la
pos-sibilità
che
la
corrispondenza sia casuale
si aggira attorno ai 1000
contro 1.
“In molti ambiti in cui
vengono utilizzati simili
metodi statistici una simile
percentuale
è
ritenuta
convincente”.
Mark Steggert dello Space
Re-search
Coordinator
Center,
pres-so
l'
Università di Pitsburgh ha
sviluppato un programma
informatico
denominato
PAR
(Perspective
Alternation Rou-tine) che
può riprodurre l'aspetto di
vari gruppi di stelle come
se fossero visti da varie
punti di vista.
Ecco le sue dichiarazioni.
“Ero
intrigato
dal
proposito di Marjorie Fish
secondo
il
quale
ha
interpretato la supposta
map-pa di Betty Hill.
Non credevo che con un
modello si potessero creare
problemi astronomici.
Con mia sorpresa scoprii
che lo schema ottenuto con
il mio computer aveva una
stretta cor-rispondenza con
i dati forniti da Marjiorie
Fish”.
Dopo ripetute elaborazioni
con il suo software ha
infine
con-fermato
le
posizioni
indicate
dalla
Fish.
“Sono stato in grado di
identificare potenziali aree
di er-rore, ma non veri
errori”.
Questa zona di incertezza
non
depone
però
necessariamente a sfavore
della tesi della Fish perché
anche tra i vari cataloghi
stellari
come
il
“Astrophisical Observatory
Catalog”
ed
il
Ro yal
Astronomical
Society
Obser-vatory Catalogue” o
il “Yale Catalogue of
Bright
Stars”
esistono
considerevoli dif-ferenze,
fino a 2 ordini di magnitudine in alcuni casi o
differenze sino al 40%
nella distanze delle stelle,
come nel caso della stella
Gliese 59.
Altre stelle presentando
dif-ferenza minori ma il
punto in se rimane valido:
alla luce di quanto appena
detto
le
imprecisioni
contenute nella mappa di
Zeta
Reticuli
derivata
dall'esperienza di Bett y
Hill non ne inficiano la
validità.
Zeta Reticuli,
nell'ufologia
Il caso dei coniugi Hill non
è l'unica circostanza in cui
viene nominato il sistema
Zeta Reticuli, anzi esso
ritorna spesso a tal punto
che è ormai associato agli
alieni Grigi quale loro
sistema natale.
Naturalmente non vi è
alcuna prova in questo
senso ma questa teoria ha
guadagnato comunque una
certa fama.
Tre sono le fonti principali
che ne hanno dato origine.
La prima è un intervista di
Robert Collins e William
Moore, pubblicata sulla
rivista Focus nel 1991,
all'insider,
e
probabile
debunker, Richard Doty in
cui quest'ultimo affermò
che Zeta Reticuli era il
sistema d'origine delle EBE
(Entintà
Biologiche
Extraterrestri).
Dot y è un personaggio controverso spesso coinvolto
in rivelazioni clamorose ma
piut-tosto dubbie, come il
promesso e negato rilascio
di un filmato concernente
l'atterraggio di un UFO alla
base di Holloman.
Non sarebbe però saggio
ce-stinare preventivamente
tutto quello che Dot y dice,
è
probabile
che
nella
confusione che egli insinua
vi siano nascoste informazione reali.
L'abitudine di nascondere
una verità tra due bugie è
ormai ben consolidata in
certi
ambienti
di
intelligence
ed
essa
risponde bene all'esigenza
di far trapelare determinate
informazioni ren-dendole al
contempo poco credibili.
È impossibile poter dire se
ciò si applichi a Zeta
Reticuli, ma vale la pena di
lasciare
aperta
questa
porta.
La
seconda
è
la
testimonianza
dello
scomparso Michael Wolf il
quale avrebbe lavorato a
stretto contatto con questi
alieni grigi nel corso di
progetti super segreti sotto
l'egida del Majestic 12, del
quale lui stesso avrebbe
fatto parte.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Nel suo libro “Catchers of
Heaven”,
scritto
poco
prima di morire, egli rivelò
fra le altre cose che gli
alieni provenivano da Zeta
Reticuli.
In questo caso da un punto
di vista umano mi sentirei
di con-cedere una maggiore
credibilità a Michael Wolf
di quanto non mi sentirei di
concederne a Dot y, pur
tenendo sempre presente
che non esistono conferme.
La terza fonte sono le
infor-mazioni
trapelate,
quasi cer-tamente ad arte,
sul Progetto Serpo, per il
quale
sarebbe
stato
effettuato uno “scambio di
per-sonale” tra gli alieni ed
il gover-no statunitense.
Anche in questa circostanza
pare che che ci sia lo
zampino di Dot y, che in
effetti ne ha com-binata
una più del Diavolo.
È parere di molti che la
storia
del
“proggetto
Serpo” sia una bufala, per
lo meno nei termini con cui
è stata raccontata.
Ma
se
tutti
questo
riferimenti a Zeta Reticuli
sono
appa-rentemente
infondati
come
vanno
considerati
e
quale
importanza rivestono per il
nostro ragio-namento?
Sono importanti perché sottolineano ed accentuano la
dico-tomia insita in tutta la
storia del rapimento dei
coniugi Hill.
Da una parte vi è la mappa
descritta da Bett y Hill che
sem-bra
trovare
sorprendenti conferme da
una
parte
del
mondo
accademico, sostanziando
l'ipo-tesi “Zeta Reticuli”
mentre dal-l'altra vi sono le
testimonianze di persone
coinvolte a vario titolo
nella “questione aliena” la
cui però dubbia reputazione
o
indi-mostrabilità
la
ridimensionano, il tutto in
una curiosa inversione dei
ruoli.
osservare l'oggetto con il
binocolo,
Barney
senza
fretta ne approfitta per far
scendere il cane.
Dopo un po' chiede a Bett y
di passargli il binocolo:
Zeta Reticuli in
astronomia
“...a quel punto mi rendo
conto
che
non
è
un
satellite, è un aeroplano,
credo, si può vedere la fila
di finestrini”.
Non è il caso di scendere
troppo nel dettaglio ma può
essere
utile
aggiungere
alcuni dati astro-nomici al
nostro ragionamento.
Le due stelle principali che
ci interessano sono Zeta1 e
Zeta2.
Sono stelle molto simili al
nostro
sole
anche
se
considerevolmente
più
vecchie.
Distano 39 anni luce dal
nostro sistema solare e
sono separate tra loro da
9000 unità astronomiche
(una AU corrisponde alla
di-stanza terra sole: circa
149,597,871 km).
Formano un sistema binario
rivolgendo
una
attorno
all'altra
e
cosa
più
importante sino ad ora non
sono
stati
identificati
pianeti giganti in orbita
stretta il che fa supporre la
possibile
presenza
di
pianeti simili alla Terra.
La vetusta età delle stelle
po-trebbe aver consentito
ad una civiltà di evolversi
come e più della nostra,
una
civiltà
quindi
presumibilmente in grado
di superare senza grosse
difficoltà i 39 anni luce che
ci separe-rebbero.
Quindi da questo punto di
vista l'ipotesi che una
qualche razza aliena da li
provenga è plausibile.
I ricordi di Barney
affiorano sotto ipnosi
Riprendiamo ore le fila dell'argomento
principale,
ossia le testimonianze.
A differenza di Bett y, le
cui se-dute ipnotiche, non
rivelarono molto più di
quanto
non
ricor-dasse
coscientemente, le sedute
di Barney rivelarono molti
det-tagli relegati nel suo
subconscio.
La prima cosa che si
percepisce ascoltando le
sue sessioni di ipnosi
regressiva è la genuinità
delle emozioni che si avvicendano nei suoi ricordi.
Queste emozioni variano
dal fastidio, alla paura sino
al sollievo, se non ad una
impre-vedibile felicità.
Ma lasciamo che siano le
sue parole, come ci sono
giunte
tramite
alcune
registrazioni, a farci rivere
ciò che è rimasto impresso
nella sua memoria.
Cominciamo dal momento
in cui Barney ricorda di
aver fermato la macchina
perché Bett y gli aveva
detto :
“Guarda c'è una stella che
si muove in cielo!”.
Barney risponde allora un
po' seccato:
“Quello è un satellite”.
Non
appena
ebbero
accostato Bett y salta giù
dalla
macchina
per
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Soddisfatto restituisce il
binocolo a Bett y. Ripartono
e Bett y gli dice:
“Barney quello non è un
aero-plano, ci sta ancora
seguendo”.
Allora Barney cerca un
posto dove poter fermare la
macchina ed imbocca una
strada sterrata laterale.
In questa prima fase è
importante sottolineare che
nella voce di Barney non si
rilevano
emozioni
particolari,
se
non
la
scocciatura di dover dar
retta alla moglie.
Dice:
“quella cosa è ancora li”.
“Credo che Betty voglia
convincermi che quello è
un disco volante”.
A questo punto il dottor
Simon chiede se ci sia luce
sufficiente per vedere e
Barney risponde:
“Ci sono delle luci che si
muo-vono nel cielo, ma non
si sente alcun rumore e
penso
che
questo
è
ridicolo”.
Poi si rivolge a Betty
“È un aeroplano, non
dovresti credere in queste
cose, io non ci credo”.
Continua:
“Non riesco a sentire alcun
ru-more, voglio sentire un
jet”.
Lo psichiatra allora
chiede
“perchè vuoi sentire
jet?”.
gli
un
“Perchè
Betty
mi
sta
facendo diventare matto,
mi sta facendo arrabbiare,
continua a dire: è strano,
guarda, non è un aereo. Io
penso, ci deve essere,
voglio sentire un rombo,
voglio sentire un motore”.
Simon chiede
distante?”
“quanto
è
“Non è molto lontano, circa
300 metri direi”.
“Come si
indietro
circolo?”.
muove, avanti
oppure
in
“No, va verso ovest e poi
torna diritto indietro, mi
ricorda un palla attaccata
a…(incomprensibile:
una
rac-chetta, un palo) che si
allontana ma torna diritta
indietro.
Penso
che
solamente un jet può volare
così veloce”.
“Spero di trovare un punto
dove fermarmi ed ad un
certo punto riconosco un
posto”.
“Che cos'è questo luogo?”.
“E' Indian Head, ci sono
stato altre volte, mi sento a
mio agio vedendo un luogo
familiare”.
E' a questo punto della
regres-sione che succede
una cosa insolita, Barney
interrompe e dice allo
psichiatra:
“Mi sto svegliando”.
Il medico lo tranquillizza e
lo mantiene nella trance
ipnotica:
“Sei in un sonno profondo,
non
ti
sveglierai,
ti
ricorderai ogni co-sa”.
Ma ciò non accade per
caso, è da questo momento
in poi che nella voce di
Barney lo stressa aumenta,
il panico comincia a farsi
strada.
“È proprio qui sopra, alla
mia destra. Che cos'è?.
Cerco di mantenere il
controllo così Betty non si
accorga
che
sono
spaventato”.
“Oh se era spaventato”.
Barney sospira, la sua voce
è rotta dalla paura.
Simon
lo
rassicura,
dicendoli che non ha più da
temere
e
che
può
proseguire.
Barney è sconvolto:
“Devo tornare indietro a
pren-dere la pistola”
Urla:
“Oh mio
Dio!”.
Dio,
Oh
mio
Il medico deve nuovamente
cal-marlo
e
lo
fa
proseguire.
“Torno
indietro
alla
macchina,
prendo
il
binocolo e guardo, è la
fuori, oltre la strada. Oh
mio Dio! Che cos'è?”.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Simon per focalizzare la
sua attenzione gli chiede a
che distanza fosse.
“Non sembrano trecento
metri, non è così lontano.
Ora è rivolto verso di me, è
come un grosso pancake
con una fila di finestre, con
alcune luci ed una più
forte”.
“Una fila di finestrini come
un aereo commerciale?”.
“No, non come un aereo
perché formano una linea
curva attorno alla metà del
pancake.
Mi dico, Dio, devo scuotere
la testa”.
“Non può essere vero, non
può esser li!
Ma è ancora li, guardo
verso la strada sperando
che arrivi qualcuno a dirmi
che non è li”.
“Cosa
vogliono,
cosa
voglio-no?”.
Di nuovo Barney sembra
terrorizzato.
“Una persona guarda verso
di me, ha un aspetto
amichevole, mi guarda da
sopra
la
spalla,
sta
sorridendo.
Mi fa pensare ad un
irlandese rosso di capelli.
Reagisco a questo pensiero
pensando che io invece non
sarò amichevole perché di
solito gli irlandesi non
sono gentili con le persone
di colore”.
“Dice che ti guarda da
sopra la spalla, vuoi dire
che non era rivolto verso di
te?”.
“No è
muro.
rivolto
verso
un
Lo vedo attraverso una
delle finestre, una grande
finestra
suddivisa
solamente
da
alcune
strutture che evitano che
sia una unica superficie di
vetro. Sembra un tedesco
nazista”.
“Indossa un'uniforme?”.
“Sì, un'uniforme nera ed ha
una sciarpa nera attorno
attorno al collo e sulla
spalla sinistra”.
“Come riesci a vedere
questi particolari da così
lontano?”.
“Come fai ad essere sicuro
che ti stesse dicendo quelle
cose?”.
“Quegli occhi, non ho mai
visto occhi così!”.
Per rassicuralo Simon gli
ricorda che poc'anzi lo
aveva
descritto
come
amichevole.
“Il leader era amichevole
(il che ci fa capire che
c'erano altri esseri, nda).
Il leader, quello con la
giacca nera luccicante e la
sciarpa nera”.
“Quegli uomini con le
giacche nere… io non ho
soldi, non ho niente”.
“Non lo so, gli occhi sono
li, sono sempre li, mi sta
dicendo: non aver paura,
c'è un incidente sulla
strada”.
“Non
devo
essere
spaventato, non parleranno
con me”.
Simon: “Sono
veicolo?”.
nel
loro
“No, sono in piedi sulla
strada”.
“Come fai a dire che è il
leader?”.
“Tu dove sei,
macchina?”.
“Perché gli altri, tutti mi
guardavano, se ne sono
andati e lui è rimasto da
solo a guardarmi.
Poi rientro in macchina e
mi dico di non cedere al
panico,
cerco
di
riprendermi”.
“No, sono sospeso”.
sei
in
“Stavo usando il binocolo”.
“Hanno facce come le
nostre? Hai detto che
sembra un irlandese”.
“Ha gli occhi a mandorla,
ma non come i cinesi”.
“Il leader mi sta dicendo
qualcosa…”
“Come
riesce
raggiungerti?”.
a
“Vedo il suo volto, le sue
labbra muoversi, mi sta
guardando, mi sta dicendo
qualcosa… cosa?”
“Rimani li e continua a
guardare.
Devo abbassare il binocolo
altrimenti
continuo
a
rimanere immobile…
Dio dammi la forza”.
Barney urla e strepita come
se lottasse per riuscire ad
abbassare il binocolo, per
distogliere lo sguardo.
“Devi allontanarti da me!”.
Di nuovo a questo punto le
emozioni sono così intense
che Barney si rivolge allo
psichiatra chiedendogli:
“Posso svegliarmi?”.
Ma il medico lo calma e lo
fa proseguire.
“Dov'è Betty, cosa ha fatto
nel frattempo?” Gli chiede.
“Non lo so, non capisco,
siamo stati rapinati?”.
“Perchè pensi di
stato rapinato?”.
esser
“So che è nella mia mente,
non voglio dirlo”.
“A me puoi dirlo”.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
“Stai veramente fluttuando
nell'aria o è solamente la
sen-sazione che provi?”.
“Non sono in macchina,
non sono accanto alla
macchina, non sono nel
bosco...
sto
proprio
fluttuando”.
La seduta a questo punto si
interrompe e viene ripresa
la settima successiva.
Barney esordisce così:
“Ci sono degli uomini in
mezzo all'autostrada, che
mi assistono.
Penso
solamente
ad
immagini mentali perché i
miei occhi sono chiusi.
Mi sembra di stare salendo,
sono leggermente inclinato
e penso che i miei piedi
non sbattono contro le
rocce, questo è buffo”.
“Ho paura di aprire gli
occhi perché mi è stato
detto di tenerli chiusi, così
non li apro. Non voglio
essere operato”.
“Cosa ti fa pensare
un'ope-razione?”.
ad
paura. Guardo fuori
e
vedo una grande Luna.
Eccola. E sono felice”.
“Non lo so. Mentre penso
questo sono disteso sullo
stomaco, credo di essere
dentro a qualcosa ma non
apro gli occhi.
MI è stato detto di tenere
gli occhi chiusi”.
“Chi ti ha detto questo?”.
“L'uomo
che
ho
visto
attraverso il binocolo”.
Conclusioni
“Sono gli stessi che sono
sulla strada?”.
“No”.
“Che ruolo hanno questi
uo-mini?”.
“Mi hanno preso e portato
su per la rampa”.
Poi c'è un salto, non saprei
dire se nei ricordi o nella
regi-strazione.
“Sono disteso su un tavolo,
i miei pantaloni sono aperti
ed una coppa è stata posta
sulle mie parti intime…e
poi si è fermato”.
“E' buffo perché penso che
se sto fermo e zitto la cosa
finirà presto e non mi
faranno male”.
…
“Sto camminando e vengo
gui-dato, i miei occhi sono
chiusi, poi li apro e vedo la
mia macchina. I fari sono
spenti, il motore è spento e
Dotsy (il cane) è sotto il
sedile. Mi allungo e la
tocco. Mi siedo e vedo
Betty che arriva lungo la
strada
e
rientra
in
macchina”.
“Penso, non è così male,
non ho ragione di aver
Il racconto di Barney è
quanto
meno
sconclusionato.
Non possiamo sapere se
questo
dipenda
dall'inesperienza del dottor
Simon a confrontarsi con
una situazione così fuori
dall'ordinario.
Ma vi sono dei dettagli che
possono
suggerisci
qualcosa.
Innanzitutto l'aspetto di
questi
esseri
che
non
assumono
mai
fattezze
particolarmente aliene, se
non per gli occhi.
Qualcuno sostiene che il
dettaglio degli occhi sia da
imputare al fatto che 12
giorni prima della seduta di
ipnosi andò in onda un
episodio della serie Outer
limit in cui comparvero
degli alieni somiglianti alla
descrizione poi fatta da
Barney.
Per quanto mi riguarda
questa relazione non è però
rilevante
perché non è
possibile dimostrare che
Barney
abbia
effettivamente visto quello
show.
La questione è un'altra.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Dobbiamo tener presente
che Barney è un uomo di
colore che negli anni 60 era
sposato con una donna
bianca.
Curiosamente questi alieni
as-sumono prima l'aspetto
di un irlandese, che per sua
stessa am-missione sono
ostili nei suoi confronti e
poi quello dei nazisti, che
in quanto ad avversione nei
confronti delle persone di
colore non erano certo da
meno.
Un altro dettaglio che ci
mostra come i ricordi
cambino nella sua mente,
oppure come la sua esperienza si modifichi durante
il suo svolgersi è quello del
suo flut-tuare.
In un primo momento si
sente sollevato da terra,
sembra le-vitare mentre
poco dopo dice che quegli
uomini vestiti di nero lo
portano su per una rampa.
Oppure il racconto di come
abbia tenuto gli occhi
chiusi perché gli era stato
detto di fare così.
Mi sembra difficile credere
che
questi
esseri
se
volevano
nascondere
qualcosa si siano af-fidati
alla correttezza di Barney
nel
seguire
le
loro
indicazioni. Appare più
come un trucco mentale,
come allo stesso modo
potrebbe esserlo quello del
bi-nocolo.
Dalle parole di Barney si
percepisce che si sente
obbligato ad osservare il
“leader” il che potrebbe
suggerire che quello fosse
una sorta di espediente per
focalizzare il suo cervello
su qualcosa mentre in
realtà succedeva tutt'altro.
Una serie di strani comportamenti, di immagini che si
sovrappongono come capita
nei sogni.
Ma questo non mi porta a
pensare che il loro racconto
sia falso ma piuttosto che
gli
eventi
siano
stati
completamente diversi da
quelli che sono stati poi
raccontati.
Fa eccezione la mappa.
È
davvero
difficile
inquadrarla in tutto il
contesto, se non con una
clamorosa coincidenza, in
una campo in cui le
coincidenza a mio parere
lasciano
il tempo
che
trovano.
Il tutto potrebbe risolversi
con la teoria delle screen
memories, secondo la quale
gli alieni inserirebbero dei
falsi ricordi nel subconscio
dei rapiti in modo tale che
se interrogati non possano
accedere ai ricordi reali.
Ma non sono convinto che
sia sufficiente.
Potrebbe essere sufficiente
se Jacque Vallee o John
Keel non avessero proposto
la teoria “Ultraterrestre”
secondo la quale dietro al
fenomeno
ufo
e
per
estensione a quello dei
rapimenti, non ci fosse
solamente la spie-gazione
extraterrestre, ma qual-cosa
di più fine, di più complesso. Lo sarebbe se non
fosse stata formulata la
teoria
del-l'universo
olografico, per cui la realtà
in cui ci viviamo e nelle
cui
dimensioni
siamo
confinati non è reale per
come noi in-tendiamo la
realtà.
Sono
ormai
molti
gli
elementi in ufologia, come
i racconti di al-cuni, non
tutti, i rapiti, o come
l'impossibile
varietà
di
oggetti volanti che solcano
i nostri cieli che mi fanno
pensare
che
potrebbe
esserci qualcuno o qualcosa in grado di manipolare
la trama della nostra realtà,
non tanto come in Matrix,
dove
la
manipolazione
aveva luogo nella realtà,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ma proprio al di fuori di
essa.
Forse la realtà in cui siamo
confinati non è che una
porzione, un recinto posto
intorno a noi per tenerci
separati da qualcosa che è
al di là, da qualcosa che
non dobbiamo raggiungere.
Per quanto possa sembrare
com-plessa questa idea essa
non è dissimile da quella
per cui i Catari sono stati
sterminati e gli gnostici in
genere perseguitati.
L'idea per cui il nostro
mondo sia stato creato da
un Demiurgo malvagio che
vuole impedire all'uomo di
ricongiungersi
con
il
Divino che è al di là, sopra
di lui, quel divino di cui
noi conserviamo ancora una
scintilla.
Cosa sia questa scintilla è
difficile dirlo, ma potrebbe
es-sere la nostra anima che
ci rende così preziosi da
tenerci qui imprigionati
finché il suo segreto non ci
sia stato tolto.
UFOLOGIA
GENETICA DA UN PUNTO
DI VISTA NON TERRESTRE
Maurizio Martinelli
PREMESSA METODOLOGICA
Le basi teoriche del presente
saggio sono i fondamentali studi
del Dr Zecharia Sitchin, le cui
tesi sono sempre di più corroborate dalle recenti conclusioni
della scienza ufficiale.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
A quasi novant’anni, Sitchin vive
da solo in New York, continuando a partecipare a conferenze e rilasciando interviste1.
1
L’ultima intervista in ordine di tempo
è stata rilasciata al New York Times del
10 gennaio 2010
Prima di terminare la propria
missione, Sitchin pubblicherà un
ultimo e definitivo libro dal titolo
provvisorio “There were giants”,
nel cui ultimo capitolo verrà
esplici-tata una profezia che, per
usare le sue parole “will rock the
world”.
Seguendo
le
“Cronache
Terrestri” del Dr. Zecharia
Sitchin2, nei cui sette libri sono
spiegati i testi antichi, dalla
Enuma Elish3 alla Bibbia, si
evince
che
siano
vissuti
contemporaneamente sul pianeta
Terra, almeno da circa 445.000
anni, differenti esseri, cosiddetti
umani, sia di origine extraterrestre, che di origine “mista”,
che prettamente terrestre.
Per motivi in apparenza solo
prettamente economici4, gli es2
Zecharia Sitchin (Baku, 1922)
pubblicò nel 1976 il suo primo libro, “Il
dodicesimo pianeta”, nel quale ha messo le basi per un spiegazione della storia
umana radicalmente differente da quella
dell’establishment, partendo tuttavia
sempre dall’esame dei testi e dei
manufatti. Oltre ai sette libri che compongono “Le Cronache Terrestri”,
Sitchin ha scritto sino all’inizio del
2010 altri sei libri
3
In italiano “ Quando in alto”. Si tratta
delle prime parole che hanno fornito il
titolo
della
versione
AccadicaBabilonese
de
“’L’Epica
della
creazione”, scritta in sette tavolette. A
differenza degli studiosi ortodossi che
hanno trattato l’Epica come una storia
allegorica della lotta tra bene e male,
Sitchin la considera come una traduzione Accadica-Babilonese di una
sofisticata cosmologia Sumera che spiega la formazione del nostro Sistema
Solare
4
La gran parte degli esseri extraterrestri che giunsero sulla Terra lavorava nell’estrazione dell’oro nell’attuale
Africa del Sud e nello Zimbabwe per un
periodo di circa 40 sar (ovvero un anno
del loro pianeta d’origine Nibiru, che
corrisponde a 3.600 anni terrestri), pari
a 144.000 orbite intorno al Sole del pianeta Terra. A seguito di una rivolta dovuta alle dure condizioni lavorative e
all’inadeguatezza dei mezzi tecnologici,
dietro suggerimento di Ea/Enki, gli
Anunnaki decisero di utilizzare come
seri extra-terrestri giunti sul pianeta Terra appunto circa 445.000
anni fa, chiamati dai Sumeri
come Anunnaki5, decisero di effettuare una
prima manipolazione genetica, che venne eseguita probabilmente sull’Homo
Erectus
nell’Africa
centro6
orientale circa 300.000 anni fa
da un ristretto gruppo di esperti
Anunnaki.
Essi
erano
i
responsabili generali del pianeta
Terra, Ea/Enki7 (più tardi conomanovalanza un nuovo essere, derivato
da una manipolazione genetica.
5
Tale era il nome con cui i Sumeri si
riferivano ai loro Maestri/Dei, i quali
avevano creato in Sumer la prima civilizzazione dopo il Diluvio del 10.800
a.C. Letteralmente “Coloro che dal
cielo vennero sulla Terra”, a volte
abbreviato in “Anunna”, “I celesti”. Il
primo gruppo consisteva in 50 unità ed
era guidato da Ea/Enki
6
Lentamente, ma inesorabilmente, le
scoperte o, forse più appropriatamente,
le riscoperte della scienza odierna,
mostrano la fondatezza delle informazioni contenute nelle tavolette
Sumere, così come riportate da Z.
Sitchin. Il magazine Science del 13
febbraio 2009 annunciò la riuscita
decifrazione del Genoma di una
femmina Neanderthal. Il progetto, gestito da scienziati del Max Plank
Institute di Leipzig, Germania, aveva
come scopo la verifica del momento in
cui la cosiddetta “specie Neanderthal”
si fosse separata da quella dell’Homo
Sapiens e quali rapporti avessero avuto
le due specie. Il New York Times
sottolineò che I nuovi ritrovamenti
“documentano”
due
importanti
“momenti” nei mutamenti genetici. Il
primo, avvenne circa 5.7 milioni di anni
fa, quando la linea umana si staccò da
quella che portò agli scimpanzé avvenne invece 300.000 anni fa, quando i
Neanderthal ed i progenitori dell’Uomo
attuale si separarono
7
E.a (la cui residenza è l’acqua), fu il
leader del primo gruppo di 50 Anunnaki, che giunsero sul pianeta Terra,
atterrando nel Golfo Persico provenendo dal loro pianeta di origine, Nibiru, circa 445.000 anni fa. Egli era il
primogenito del “Re” di Nibiru, Anu,
ma non il suo erede, in quanto per le
rigide regole di successione degli
Anunnaki, l’Erede Legale era il primogenito nato dalla mezza-sorella del re.
E.a ricevette da Anu il titolo di En.ki
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
sciuto dagli Egiziani come Ptah,
“colui che sviluppa”), la sua
mezza sorella e responsabile dei
servizi medici e sanitari sul
pianeta
Terra,
Ninmah8
(conosciuta dagli Egiziani come
Ninharsag od Hathor, in generale
venerata come la
“Grande
Madre”), il figlio di Enki,
Ningishzidda9 (conosciuto dagli
egiziani come Thot, Hermes dai
Greci e Mercurio dai Romani, ed
in America Centrale come
Quetzalcoatl), riconoscibile dal
caduceo o simbolo della vita in
quanto espressione della doppia
elica del dna.
(Signore della Terra), ma il suo riferimento numerico, 40, era sempre inferiore a quello di 50 garantito al suo
mezzo-fratello, Enlil. Erede Legale di
Anu e “Capo della missione sul pianeta
Terra”.
8
Nin.mah (Signora potente), anche
Nin.ti (Signora della vita), Mammi
(Madre/Dea) e Nin.har.sag (Signora del
picco della montagna). Figlia di Anu e
dunque mezza sorella sia di E.a che di
Enlil, era stata promessa come sposa ad
E.a., ma ella preferì Enlil, con il quale
ebbe un figlio, Ninurta sul pianeta
Nibiru, senza tuttavia sposarsi.
9
Nin.gish.zi.da (Signore dell’albero
della vita) o Nin.gish.zidda (Signore del
manufatto della Vita), uno dei figli di
E.a, esperto in genetica e nelle costruzioni, progettò le tre piramidi nella
piana di Gizah, l’E.ninnu, il tempio
costruito da Gudea in Lagash per
Ninurta e le costruzioni circolari in pietra come Stonehenge
I simboli di Ningishzidda, il doppio
serpente, come la doppia elica del DNA
È evidente che Enki era a conoscenza del Genoma dell’Homo
Erectus e degli altri ominidi
presenti in quell’epoca sul
pianeta Terra.
Soprattutto Enki sapeva che circa
3.9 miliardi di anni fa, era stato il
pianeta Nibiru a portare sul
pianeta Terra il seme della vita, il
Dna, nel momento in cui
avvenne lo scontro tra Nibiru ed i
suoi satelliti con l’allora pianeta
chiamato dai Sumeri Tiamat.
Da tale scontro, Tiamat divenne
l’attuale pianeta Terra mentre i
suoi frammenti crearono la cintura degli asteroidi.
Da vari libri e dal sito di Z. Sitchin.
Copyright Z. Sitchin. Reprinted with
permission. Il famoso schema in cui
Sitchin mostra le orbite dei pianeti
prima dello scontro tra i satelliti di
Nibiru/Marduk e Tiamat.
Dopo molti infruttuosi tentativi,
il risultato finale della prima manipolazione genetica portò alla
nascita di un primo neonato chiamato Adamu (“colui che
proviene dalla terra”) partorito
dalla stessa Ninmah, quindi di altri sette neonati maschi.
Le tavolette Sumere riportano i
nomi delle sette infermiere
Anunnaki10 che, guidate da
Ninmah, accettarono di portare
in grembo i primi sette feti misti;
curiosamente il genetista Bryan
Sykes ha citato sette prime
“mamme” da cui discenderemmo
attualmente11.
Successivamente fu la moglie di
Enki12 ad accettare di partorire
una femmina, Tiamat (madre
della vita) in maniera da poter
avere la controparte femminile di
Adamu, mentre le altre sette infermiere Anunnaki partorivano
ancora altre sette neonate.
Tuttavia i nuovi esseri creati tramite la prima manipolazione genetica, formati dalla combinazione dei geni di un ominide
terrestre, Homo Erectus e di
quelli degli Anunnaki, non erano
in grado di procreare, per cui la
loro esistenza non poteva avere
futuro13.
Tuttavia, allo scopo di evitare di
costringere le proprie femmine a
partorire in continuazione, gli
stessi tre responsabili Anunnaki
decisero di effettuare una seconda manipolazione genetica sul
primo maschio Adamu e sulla
prima femmina Ti-Amat per
poter permettere agli ibridi di
procreare, dopo aver compreso le
motivazioni
della
loro
impossibilità.
Spiega infatti Sitchin, che
“…poiché all’inizio l’Adamu non
poteva procreare, dobbiamo concludere che in quello stadio gli
10
I loro nomi sono Ninimma,
Shuzianna, Ninmada, Ninbara, Ninmug,
Musardu, Ningunna
11
Bryan Sykes, “The seven daughters
of Eve”. W.W. Norton & Company Lt,
New York, 2001
12
Nin.ki significa “Signora della
Terra”. Essa seguì Ea/Enki sul pianeta
Terra, portandosi il primogenito,
Marduk. Era anche conosciuta come
Dam.ki.na (Signora che giunse sulla
Terra)
13
Per i dettagli, vedi Z. Sitchin, the
“Sixth tablet” in “The lost book of
Enki”, Bear & Company, Rochester,
2002
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ibridi possedessero i 22 cromosomi base.
Da vari libri e dal sito di Z. Sitchin.
Copyright Z. Sitchin. Reprinted with
permission. Altri notissimi disegni
presentati da Sitchin mostrano il
famoso scontro. A sinistra una delle
spiegazioni della scienza ufficiale per la
nascita della nostra Luna, (figura A)
che sarebbe stata causata dall’impatto
di un corpo celeste errante con la
Terra. A destra, invece, la spiegazione
di Sitchin, la quale, parte soprattutto
dal testo dell’Enuma Elish o “ Epica
della creazione” dei Sumeri. Trattando
l’antichissimo testo non come allegoria,
ma come una sofisticata cosmogonia,
Sitchin mostra che il testo spiega
l’accadimento di una collisione celeste
in cui un corpo celeste invasore (il
cosiddetto dodicesimo pineta, Nibiru)
distrugge un grande pianeta ricco
d’acqua, Tiamat, in maniera che una
parte di Tiamat, diventi l’attuale
pianeta Terra, mentre il suo principale
satellite, Kingu, sia l’attuale Luna
(figura B)
durata di vita, estremamente più
lunga della nostra attuale,
tenendo conto che il loro pianeta
di provenienza, Nibiru, gira
intorno al Sole una volta ogni
circa 3.600 anni terrestri16 .
Copyright Z. Sitchin. Reprinted with
permission. Tavoletta sumera da Z.
Sitchin “ Divine encounters, pag. 13 ”.
Copyright Z. Sitchin. Reprinted with
permission. Ningishzidda ed Enki
davanti a Ninmah, la quale tiene in
mano Adamu, l’ibrido Homo
Erectus/Nibiriano, escalmando “ Le
mie mani lo hanno portato alla luce”
Dunque agli ibridi mancava il
cromosoma X alla femmina ed Y
al maschio, per cui tecnicamente
Ningishzidda lo estrasse da
Ninmah ed Enki ri-spettivamente
per inserirlo negli ibridi 14“.
Essi effettuarono con successo
tale seconda manipolazione genetica, realizzata sempre nei loro
laboratori
denominati
nella
versione accadica “Bit Shimti”15,
giungendo dunque alla “creazione”, per usare un’espressione
biblica, dell’Homo Sapiens.
Grazie appunto alla possibilità di
procreare, l’Homo Sapiens continuò così regolarmente la sua
esistenza, essendo “formato” in
maniera corretta dalla combinazione dei cromosomi terrestri e
di quelli Anunnaki, in pratica una
sorta di meticcio.
Gli Anunnaki, servendosi di loro
come lavoratori nelle miniere per
l’estrazione dell’oro, li chiamavano “Lavoratori misti”, dal termine Sumero “lulu amelu”
È importante sottolineare che gli
Anunnaki evitarono di concedere
all’Homo Sapiens la loro stessa
14
Z. Sitchin “ The cosmic code”, Avon
Books, New York, 1998, pag.120.
15
Od in lingua Sumera SHI.IM.TI,
“Casa dove in vento della vita è
soffiato”. Per la dettagliata spiegazione,
vedi Z. Sitchin “Genesis revised”, Avon
Books, New York, 1990, pag. 185 e
segg.
Tavoletta sumera da Z. Sitchin “Il
dodicesimo pianeta”, Ed.
Mediterranee, Roma, 1996, pag. 367.
Copyright Z. Sitchin. Reprinted with
permission. Ninmah ed Enki dopo la
manipolazione genetica. In alto il Disco
Alato, simbolo di Nibiru, considerato il
dodicesimo pianeta del nostro sistema
solare, in basso la taglierina del
cordone ombelicale
L’Homo Sapiens visse così lungamente sul pianeta Terra, praticamente in due forme dal punto
di vista sociale.
Un buon numero lavorarono assieme e per gli Anunnaki, principalmente come minatori nelle
miniere d’oro dell’attuale Sud
Africa e Zimbabwe17, ma anche
16
All’infuriato capo missione Enlil,
Ningishzidda spiegò che al nuovo
essere era stata concessa la possibilità
di procreare, ma non la stessa durata di
vita di cui disponevano gli Anunnaki.
17
L’antica ed intensiva attività di
estrazione dell’oro nel Sud Africa e
Zimbabwe è stata ampiamente confermata da numerosi ritrovamenti di
miniere ed anche di corpi di uomini in
sotterraneo con datazione sino a
115.000 anni fa. La stessa AngloAmerican Corporation, tramite il proprio magazine Optima, ha confermato
l’esistenza di attività minerarie nello
Swaziland e nel Sud Africa intorno allo
stesso periodo. Un’ulteriore conferma
dell’importanza di tale attività è avvenuta con il recente ritrovamento dei
resti di una città antica circa 200.000
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
come assistenti, aiutanti e servitori nelle “ città “ e nelle basi
nella Mesopotamia ed in altre
zone del pianeta.
Copyright Z. Sitchin. Reprinted with
permission. Tavoletta Sumera da Z.
Sitchin “ The lost book of Enki “ Bear
& Co., Rochester, 2002, pag. 172
Ninurta, il figlio primogenito del
comandante Enlil, a destra il suo
simbolo della doppia aquila, a sinistra
un Homo Sapiens Sapiens che lo sta
servendo
Altri Homo Sapiens, sia coatti,
sia per loro decisione, non
facevano
parte
dell’organizzazione degli Anunnaki e
così si sparsero in altre aree del
pianeta Terra.
Lo studioso Sud Africano
Michael Tellinger18, il quale sta
verificando sul campo, in particolare
nel
settore
dell’estrazione dell’oro le intuizioni
di Sitchin, sottolinea la condizione di sudditanza e vera e
propria schiavitù, “…la specie di
schiavi lavorava nelle miniere
senza comprendere il suo esatto
posto nello schema degli avvenimenti. Essa sapeva che questa (l’oro) era l’unica cosa che
gli veniva richiesta. Viveva in
strutture non dissimili da quelle
usate ancora oggi nelle miniere
del Sud Africa. Ogni cosa era a
anni nell’Africa del Sud, a 280 km ad
ovest di Maputo (capitale del
Mozambico) da parte di Michael
Tellinger e Johan Heine. I risultati sono
stati illustrati nel libro “Temples of the
African gods”, 2010.
18
Michael Tellinger ha scritto un libro,
“Slave species of god”, ed altri due
assieme a Johan Heine, “Adam’s
calendar” e “Temples of the African
gods”.
disposizione degli schiavi, ma
essi non avevano scelta, libertà,
né futuro se non il lavoro nelle
miniere. Essi erano nati in schiavitù per le miniere e morivano
come schiavi nelle stesse. Ma
debbono essere esistiti schiavi
che si ribellarono e fuggirono
nella intensa macchia africana,
per formare piccole unità familiari, imparando a sopravvivere
come cacciatori. Il popolo Khoi
San19 si è probabilmente formato
da questi gruppi. Ci fu un tempo
in cui ad alcuni di questi schiavi
venne permesso di lasciare le
strutture le strutture minerarie e
di vivere nell’Africa selvaggia,
probabilmente quando essi diventarono vecchi e deboli, non
più capaci di continuare il duro
lavoro
cui
erano
stati
destinati20”.
Ad un certo punto, intorno a
110.000 anni fa, Enki si accorse
che mano a mano che gli Homo
Sapiens procreavano fra loro, venivano diluiti i geni di prove-
19
Khoisan (scritto talvolta KhoiSan o
Khoi-San) è il termine con cui si
designano collettivamente i due gruppi
etnici principali dell'Africa meridionale,
i Khoi e i San. Sebbene i San (detti
anche
"boscimani")
siano
principalmente cacciatori-raccoglitori e i
Khoi
(detti
anche
"ottentotti")
principalmente pastori, questi due
gruppi sono fisicamente e culturalmente
affini. Si ritiene che il gruppo Khoi si
sia separato dai San proprio con
l'adozione dell'allevamento, pratica che
essi avrebbero quasi certamente mutuato dalle vicine popolazioni Bantu.
Anche le lingue e i dialetti parlati da
questi due popoli appartengono evidentemente a un unico gruppo, detto
gruppo delle lingue khoisan; queste
lingue sono caratterizzate dalle tipiche
consonanti col suono di "click",
rappresentate nell'alfabeto occidentale
con simboli come "/" e "!" (vedi per
esempio //Hus, il mancala tipico della
Namibia) - (fonte Wikipedia).
20
Michael Tellinger, “ Slave species of
god “, A Music Master Book,
Johannesburg, S.A., pagg 113-114
nienza Anunnaki, per cui lentamente ma inesorabilmente
nell’Homo Sapiens prendevano il
sopravvento i vecchi caratteri distintivi dell’Homo Erectus.
Allo scopo di mantenere
nell’Homo Sapiens alcune delle
principali caratteristiche Anunnaki, Enki decise pertanto di
intervenire personalmente e copulò con due donne Homo
Sapiens, le quali procrearono un
maschio Adapa21 (il biblico
Adamo), l’altra una femmina,
Titi (la biblica Eva).
Da loro prende inizio la linea genetica dell’Homo Sapiens Sapiens, la quale arriva sino ad oggi, malgrado la quasi totale estinzione in seguito al cosiddetto
Diluvio, avvenuto intorno al
10.800 a.c22.
Fu ad alcuni Homo Sapiens
Sapiens debitamente selezionati
da tale linea genetica che i
leaders Anunnaki decisero di
comunicare ed insegnare una
parte delle loro conoscenze, per
cui si formò una tradizione che
potremo definire anche di conoscenza esoterica che tramanda di
21
Dopo essere stato istruito da Ea/Enki
nel centro sapienziale di Eridu, Adapa
venne considerato come “L’uomo perfetto”, il cosiddetto primo uomo
civilizzato
22
La decisione da parte del
Comandante in capo della missione
Anunnaki , Enlil, di non informare tutti
i vari tipi di Homo Sapiens dell’arrivo
di una gigantesca ondata o tsunami,
provocò ovviamente la loro quasi totale
distruzione. Uno studio sui livelli dei
mari nel passato pubblicato dalla rivista
nel numero del 6 Febbraio 2009,
conclude che a) la calotta di ghiaccio
dell’Antartico crollò improvvisamente,
b) a causa della topografia del continente e dei livelli dei mari vicini,
l’ondata o tsunami fu più alta almeno
tre volte di quanto calcolato sino ad
ora,raggiungendo il massimo impatto
circa 2.000 miglia più lontano. Un
diagramma che accompagna l’articolo
mostra l’impatto massimo dell’ondata
nel Golfo Persico, nel Mar Mediterraneo e da lì verso le terre bibliche ed
il monte Ararat
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
padre in figlio le proprie funzioni
di “aiutante” degli Anunnaki ed
in sostanza di “mediatore” fra gli
stessi Anunnaki ed il resto della
popolazione che abitava nelle
“città” e nelle basi.
Il primo a rompere il tabù dei
rapporti sessuali fra Anunnaki ed
Homo Sapiens Sapiens fu, come
abbiamo analizzato, Enki, il
Signore del pianeta Terra, ma
soprattutto il detentore delle conoscenze che oggi potremmo definire scientifiche ed organizzative in senso generale.
Enki tuttavia aveva uno scopo
ben preciso, ovvero evitare il
decadimento dei geni Anunnaki
nell’Homo Sapiens e concedere
gradatamente ad individui debitamente selezionati parte della
sapienza Anunnaki.
Come sappiamo, le femmine
Anunnaki erano pochissime, quasi tutte collaboratrici di Ninmah,
la mezza sorella di Enlil ed Enki,
per l’assistenza medica agli
Anunnaki.
Oltre ad esse esistevano le figlie
dei vari Anunnaki nate sul
pianeta Terra, fra cui la donna
maggiormente conosciuta è
Inanna/Ishtar23, la figlia di
Nannar/Sin24, dunque nipote di
23
In.anna, (la Signora di Anu), era
conosciuta anche con il suo nome
Arcadico, Ishtar. Figlio di Nannar/Si,
nipote di Enlil, pronipote di Anu, sposò
un figlio di Ea/Enki, Dumuzi, il quale
morì presto, per cui Inanna non ebbe
figli. In una sorta di riparazione, ad
Inanna venne garantita la gestione della
terza civilizzazione post-Diluvio, quella
dell’Indus Valley. Attivissima allo scopo di emergere fra i maschi Anunnaki,
Inanna riuscì ad entrare nella ristretta
cerchia dei dodici leaders Anunnaki,
prima con il numero 5, successivamente
con il numero 15, al posto di una ormai
invecchiata Ninmah. Conosciuta come
una Maestra/dea dell’amore e della
guerra, Inanna venne associata al pianeta Venere ed alla costellazione della
Vergine
24
Nannar, (colui che brilla), conosciuto
anche come Su.en o Sin (Il Signore che
si moltiplica), il primo figlio di Enlil sul
pianeta Terra. Sposato con Ningal
Enlil. Pertanto sia gli Anunnaki
che lavoravano sul pianeta Terra,
che soprattutto quelli che occupavamo le stazioni spaziali, la
base sulla Luna e quella sul
Marte si trovavano in una condizione di vera e propria astinenza sessuale, né potevano pensare ad una famiglia.
Ciò premesso, fu proprio Marduk25, il primogenito di Enki, a
lacerare definitivamente il tabù
dei rapporti tra Anunnaki e femmine Homo Sapiens Sapiens, decidendo di sposarne una, Sarpanit, figlia di Enki.me (uno
degli Homo Sapiens Sapiens che
viaggiò nello spazio), discendente dalla linea genetica di
Adapa.
La decisione di Marduk spinse
gli Anunnaki astronauti26 a seguirne l’esempio con un’azione
(Grande Signora) ebbe come figli i gemelli Inanna ed Utu/Shamash. Le città
in cui risiedeva erano prima Ur in
Sumer, quindi Harran nel’attuale Turchi
Sud-orientale
25
Mar.duk (significa Figlio del globo
puro). Era il figlio primogenito di
Ea/Enki, nato sul pianeta Nibiru e
successivamente portato sul pianeta
Terra dalla madre Damkina. Poiché il
padre non era il legale erede del “Re”
Anu di Nibiru, Marduk cercò incessantemente di ottenere il diritto a
regnare sul pianeta Terra da parte dei
leaders Anunnaki. Ottenuta dal padre la
gestione della seconda civilizzazione
post-Diluvio, quella Egiziana, venne
conosciuto come Ra ed Amon-Ra, nel
momento in cui spostò la propria
residenza in Babilonia. Avendo sposato
una femmina Homo Sapiens Sapiens,
seppur della linea genetica di Adapa, a
Marduk fu proibito di tornare sul pianeta Nibiru. Dopo le esplosioni nucleari
del 2024, essendo stata risparmiata dal
fall-out nucleare la sua città Babilonia, i
leaders Anunnaki accettarono di riconoscerlo, sia pure momentaneamente,
come il leader del pianeta Terra.
Secondo gli storici greci e romani, la
tomba di Marduk si trovava all’interno
del’Esagil, il suo tempio in Babilonia,
quando la città venne attaccata da Serse
nel 482 a.c., per cui Sitchin ritiene che
egli morì nel 484 a.C.
26
Conosciuti come Igi.gi (coloro che
osservano e guardano) erano circa 300.
di forza, eseguita da 200 di essi, i
quali, dopo la celebrazione del
matrimonio di Marduk in
Mesopotamia, rapirono letteralmente altrettante ragazze Homo
Sapiens e le portarono provvisoriamente con loro nella base
situata presso l’attuale Baalbek27,
Libano.
Questo gruppo di Igi.gi, assieme
a moglie e prole, si sparse in varie parti del pianeta Terra, sempre restando legato al suo comandante originario sulla Base di
Marte, ovvero Marduk, il quale
ovviamente li aveva difesi davanti ai leaders Anunnaki.
I loro figli, geneticamente un
terzo Anunnaki, verranno ricordati nelle leggende dei vari popoli come semidei, eroi, direttamente
discendenti
dai
Maestri/Dei.
I figli di queste unioni cosiddette
miste risultavano dunque o per
due terzi (se la madre era
Anunnaki28) o per un terzo di
origi-ne extraterrestre o cosiddetta “divina” (se il padre era
Anunnaki29).
In effetti, la spiegazione del
concetto di “maggiore divinità”
se la madre era Anunnaki, risiede
nella presenza del cosiddetto Dna
Mitocondriale solamente nella
27
Come sappiamo da “L’Epica di
Gilgamesh”, si tratta del cosiddetto
“Luogo dell’atterraggio”, lo spazioporto pre-Diluvio, indicato dalla Bibbia
come Beth-Shemesh (la casa del Dio
Sole Utu/Shamash). Esisteva un’enorme piattaforma di pietra, di cui resta
ancora il famoso “Thrilithon”, un gruppo di tre colossali blocchi di pietra,
ognuno dei quali pesa circa Tons 1.100.
Fu lì che gli Anunnaki riuscirono ad
atterrare appena terminato il Diluvio.
28
Uno dei casi più conosciuti è senz’altro quello di Gilgamesh, figlio della
Anunnaki Ninsun e del principale prete
del santuario della città di Uruk.
29
In questo caso possiamo citare Nabu,
il figlio di Marduk, uno dei principali
Maestri/Dei Anunnaki e di Sarpanit,
terrestre della linea Homo Sapiens
Sapiens.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
cellula femminile, esattamente
fuori dal nucleo della cellula.
Il figlio dunque di una donna
Anunnaki ereditava sia la sua
parte di Dna normale, sia il suo
MTDna, dunque è chiaro la spiegazione del concetto di due terzi
di divinità.
Tale Mtdna, non mischiandosi
con il Dna del padre si trasmette
inalterato da madre a figlia e così
via attraverso le generazioni, per
cui si comprende l’affermazione
sopra citata della superiorità
della discendenza maternale
rispetto a quella paternale30 .
Ad ulteriore conferma del fatto
che gli Anunnaki disponevano di
conoscenze genetiche che noi
dobbiamo
ancora
scoprire,
Zecharia Sitchin presenta le conclusioni di ricerche eseguite negli
anni ottanta da parte di studiosi
della Washington University in
cui si mostra come le scimmie
femmine cui viene data la possibilità di scelta, preferiscono accoppiarsi con i propri mezzifratelli, “… il fatto più eccitante
di questo esperimento risiede nel
fatto che sebbene i mezzi fratelli
preferiti abbiano lo stesso padre,
essi hanno una madre differente.
Il magazine Discover (dicembre
1988) riporta studi che mostrano
che vespe maschio normalmente
si accoppiano con le proprie sorelle. Siccome una vespa maschio fertilizza molte femmine, è
stato riscontrato che l’accoppiamento preferito risulta quello
con la mezza sorella: stesso
padre, ma madre diversa 31.
30
A partire dalla seconda metà degli
anni ottanta, ricerche come quella
condotta da Rebecca Cann della
Università di Berkeley, California (più
tardi
Università
delle
Hawaii)
dimostrarono che esiste una femmina
comune a tutte le donne, vissuta tra i
250.000 ed i 300.000 anni fa al
massimo, in Africa centro-orientale.
31
Z. Sitchin “Genesis revisited”, Avon
Books, New York, 1990, pag. 183.
Tale fatto getta maggiore luce
sulle rigide procedure che regolavano i rapporti sessuali praticati dagli Anunnaki, procedure
che sono successivamente rimaste nel comportamento umano.
Il successore al trono od alla
gestione del potere era il primogenito maschio, ma se nato da
una mezza-sorella, per cui a volte
avveniva che, come nel celebre
caso del patriarca Abraham, il
successore non fu il primogenito
Ismaele, nato da una “schiava od
aiutante”, ma l’altro maschio
Isacco, seppur nato successivamente, perché figlio della
moglie/mezza-sorella, Sara.
Ricordiamo ancora, si intende la
sorella nata dallo stesso padre,
ma non dalla stessa madre.
Tale regola di successione venne
utilizzata in seguito da centri di
potere e conoscenza creati dagli
Anunnaki, sia in Egitto che in
Sud America, per gli Incas.
In definitiva, a partire da circa
445.000 anni fa, sul pianeta
Terra sono vissuti contemporaneamente i seguenti esseri e
forse alcuni fra gli Anunnaki sono ancora viventi:
1. Anunnaki nati sul proprio pianeta, Nibiru
2. Anunnaki nati sul pianeta Terra
3. Anunnaki per due terzi
4. Anunnaki per un terzo
5. Annunaki per meno di un terzo
6. Umani Ibridi
7. Homo Sapiens
8. Homo Sapiens Sapiens
È possibile riprodurre l’articolo
citando Copyright Dr M.
Martinelli
2010
Reprinted
with permission.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
UFOLOGIA
LA VALLE
DELLA MORTE
Viaggiando attraverso la taiga siberiana alla ricerca degli strani 'calderoni'
che si dice siano stati lasciati da visitatori alieni – o da antichi demoni
Traduzione di Germana Maciocci
Ivan Mackerle
LA TAIGA SIBERIANA
La taiga siberiana è costituita da
una vasta distesa brulla di conifere, incontaminata e inesplorata
come la foresta amazzonica, e
più di diecimila km della regione
occidentale della Yakuzia sono
completamente disabitati.
Priva di qualsiasi tipo di strada,
si tratta di una foresta fitta e pieTTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
na di alberi sradicati, paludi invasive and e sciami di zanzare.
In breve, si tratta di un’antica
selva – luogo ideale per la nascita di miti e leggende a proposito
di strane creature e di luoghi
singolari dove accadono fatti bizzarri.
Anche la creatura selvaggia della
leggenda locale - Chuchuna – è
qui molto diffusa, e il mistero più
affascinante di tutti riguarda una
particolare credenza riguardo alla
terribile 'Valle della Morte', che
sarebbe piena di strutture
tondeggianti di natura artificiale.
Le tradizioni locali tramandano
storie di cacciatori solitari delle
tribù nomadi degli Evenk, e di
altri Yakuzi che vagavano per
queste valli suggestive – potrebbero infatti essercene più di una,
– che parlano di strane 'case di
acciaio' emisferiche (kheldyu)
che sporgerebbero dal terreno
costantemente ghiacciato.
Queste formazioni lisce e
rossastre spesso sono descritte
con un’apertura sulla parte superiore, e una scaletta a chiocciola
che discende verso una galleria
circolare, con accessi a diverse
stanze 'metalliche'.
Nonostante la temperatura esterna sia inferiore ai quaranta gradi,
quella
interna
sembrerebbe
essere piacevolmente calda.
Gli anziani Yakuzi non sanno come abbiano avuto origine tali 'case' o a chi appartengano.
Le associano vagamente al mito
degli antichi demoni della taiga,
Niurgun Bootur e Tong Duurai
(vedere qui di seguito 'Leggende
della Yakuzia').
Queste strutture misteriose – che
gli autoctoni chiamano anche
olguis, o 'calderoni' rovesciatisembrano forgiati in un metallo
sconosciuto, di colore simile al
rame, particolarmente duro e con
bordi taglienti come rasoi.
Nessuno è mai riuscito a tagliarne via neanche un frammento.
Nel tempo, gli Yakuzi hanno notato come qualche 'calderone' si
sia inabissato gradualmente nel
terreno gelato e sia scomparso,
lasciando al loro posto chiazze
circolari coperte da una strana
vegetazione.
Questi luoghi sono pericolosi per
tutte le specie viventi, sostare nei
loro pressi troppo a lungo può
portare alla pazzia e si può restare colpiti da una malattia letale e sconosciuta.
Per questa ragione, gli anziani
delle tribù hanno vietato per lungo tempo l’accesso a tali aree
circoscritte, dichiarandole maledette.
Questa regione ha il nome di
Uliuiu Cherkechekh – la Valle
della Morte.
RACCONTI DEI
VIAGGIATORI
Esistono inoltre racconti recenti
di viaggiatori che si sono trovati
di fronte a questi calderoni nella
taiga.
Alcuni sembrano verosimili, altri
improbabili. Mikhail Korecky di
Vladivostok ha scritto al quotidiano Trud di essere stato nella
Valle tre volte.
La prima nel 1933, a dieci anni;
la seconda nel 1937; l’ultima nel
1947 con alcuni amici. Sarebbe
incappato in un totale di sette
‘calderoni’; avevano tutti un aspetto misterioso e misuravano
6~9 metri di diametro.
La vegetazione che li circondava
era singolare, più lussureggiante
rispetto alle piante nei dintorni,
con enormi foglie di bardana,
lunghi peduncoli ed erba insolitamente alta, il doppio di un uomo.
Durante la sua ultima visita,
Korecky e i suoi compagni
avrebbero passato la notte in uno
dei ‘calderoni’; nonostante non
sia accaduto niente d’interessante, nel giro di un mese uno
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
degli amici avrebbe perso tutti i
capelli e a Korecky si sarebbero
formate due pustole sulla guancia
mai guarite.
Nel 1936, un geologo in visita
presso il fiume Olguidakh (un
“sito con calderone”), ne trovò
uno solo, sommerso in parte.
Un liscio emisfero di metallo,
spesso due cm e con i bordi affilati come rasoi, di colore rossastro.
Sporgeva a malapena per un
quinto della sua grandezza e
l’ampiezza del vano nella sua
volta era accessibile a una persona a cavallo di una renna.
Il geologo inviò questa descrizione alla capitale Yakutsk, ma
nessuno gli badò.
La scoperta di un anziano cacciatore Evenki incontrò lo stesso
scarso interesse.
Nel 1971, affermò di aver trovato
una “fossa di metallo” nel terreno nella quale vide i corpi di
esseri magri, neri e con un occhio solo in “abiti di acciaio”.
Nessuno gli credette, nonostante
la sua volontà di mostrarli ai
chiunque avesse desiderato vederli.
Sfortunatamente, è ormai defunto.
Una spedizione archeologica
seria è stata organizzata solamente nel 1979 presso Yakutsk.
Nonostante la presenza di una
guida – un anziano locale che
avrebbe visto i 'calderoni'
durante la sua giovinezza – non
fu possibile localizzarne neanche
uno.
L’area dove avrebbero dovuto
trovarsi si era modificata significativamente nel trascorrere degli
anni, la vegetazione era cresciuta
talmente folta che non era possibile vedere al di là di dieci
passi avanti, lasciando un’eventuale scoperta alla mera fortuna.
Gli ufologi russi hanno ipotizzato
che tali ‘calderoni’ possano es-
sere resti di UFO, naufragati a
causa di un incidente o di una
remota battaglia aerea.
Il ricercatore russo dott. Valerey
Uvarov pensa possano essere
collegati a un impianto di energia, situato nelle profondità della
Terra, un’arma per proteggere il
nostro pianeta dai pericoli provenienti dallo spazio profondo.
Gli extraterrestri li avrebbero costruiti in tempi antichi, afferma, e
adesso funzionerebbero automaticamente, distruggendo il meteorite di Tunguska nel 1908,
quello di Chulym nel 1984, e più
recentemente quello di Vitim nel
2002.
Al momento, asserisce, i livelli
radioattivi dell’area si starebbero
nuovamente alzando e la fauna
starebbe abbandonando le foreste, come in vista qualche evento
imminente.
NELLA VALLE
Il mistero della Valle della Morte
e dei suoi ‘calderoni’ in Yakuzia,
poco conosciuto e ancora irrisolto, mi ha praticamente ipnotizzato.
Si tratta di formazioni naturali?
Se artificiali, chi le ha costruite e
perché?
Le strane malattie che avrebbero
colpito chi è capitato nelle loro
vicinanze suggerirebbero alti livelli di radioattività.
Non è da meravigliarsi se in
pochi si sono avventurati alla
loro ricerca, la mancanza di
informazioni attendibili e la lontananza della regione ne aumentano la pericolosità.
Ma, esplorare la temuta Valle e
trovare i misteriosi emisferi di
metallo, prima che scompaiano
nelle profondità della terra, costituirebbe una scoperta d’interesse mondiale.
Il mio team non credeva negli
UFO, o negli esseri neri e monocoli: il nostro obiettivo principale
era di scoprire la reale esistenza
dei ‘calderoni’ e cosa fossero in
realtà.
Il nostro problema principale era
localizzare i ‘calderoni’ nella
taiga, così vasta e impenetrabile.
L’informazione più attendibile
che avevamo riguardo al luogo
esatto era una vaga nozione che
si trovasse da qualche parte lungo il fiume Olguidakh, tributario
del Viliuy, nelle profondità della
taiga.
Non era possibile trovare nessun
testimone oculare che potesse
guidarci direttamente.
Vagare alla cieca e a piedi ci
avrebbe portato a un sicuro insuccesso.
L’unica soluzione possibile era
un’esplorazione aerea in un momento dell’anno nel quale la neve fosse sciolta e gli alberi fossero privi di foglie, che avrebbero altrimenti ostacolano la
visuale.
Un pilota avrebbe potuto
esplorare in un’ora quanto a noi,
a piedi, avrebbe preso un mese.
Avrebbe potuto volare sopra
un’area selezionata e filmare il
paesaggio sottostante alla ricerca
di qualsiasi anomalia.
Ma non potevamo permetterci un
elicottero; un’ora sola di noleggio ci sarebbe costata 1.500 dollari americani. Jirka Zitka, il nostro pilota, poteva utilizzare un
deltaplano a motore, ma dopo
diversi ragionamenti, avevamo
rifiutato quest’opzione, poiché
sarebbe stato difficoltoso decollare in una regione con una
vegetazione così fitta, o far at-
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
terrare d’emergenza l’apparecchio.
Alla fine, optammo per un
parapendio a motore – in pratica,
un paracadute dotato di motore –
che avrebbe potuto decollare e
atterrare in una piccola area.
Il nostro mezzo di trasporto ci
abbandonò sotto a un ponte sull’Olguidakh e si allontanò lungo
le strade polverose nei pressi
della città di Mirnyj.
Rimasi seduto sul mio zaino
strapieno, domandandomi come
saremmo riusciti a penetrare
nella taiga ed esplorare entrambe
le rive del fiume.
Non potevamo portarci dietro
sulle spalle tutta l’imponente attrezzatura e le provviste, pensate
per durare quattordici giorni.
Anche l’‘off-road’ meglio equipaggiato non avrebbe potuto
attraversare la giungla, priva di
ogni strada percorribile.
Scegliemmo quindi una via ben
testata per il trasporto forestale –
il fiume.
Gonfiammo un gommone, che
divenne ben presto nostro compagno inseparabile, e mettemmo
tutte le apparecchiature e le provviste in un’altra barchetta gonfiabile.
La nostra guida era Sláva
Pastuchov, un materialista che
non credeva nella legenda e ci
aveva accompagnato per pescare,
cacciare, e soprattutto per aiutarci a sopravvivere.
Un cacciatore esperto, che a seguito di un malanno durante la
navigazione attraverso un’inquietante area disseminata da
alberi spogli e a pezzi, ci lasciò
presto, e in fretta.
La Valle della Morte è nota per
essere realmente una catena
completa di vallate che si allargano lungo le rive del fiume.
Per esplorare l’intero percorso di
200 chilometri lungo il fiume, lo
avevamo diviso in sezioni, nelle
quali sostavamo per qualche
giorno e, per quanto ce lo potessero permettere le rive paludose
e piene di vegetazione, ci accampavamo per partire poi per le
nostre spedizioni.
Lanciare un paracadute nella
taiga non era un’impresa facile.
Darsi lo slancio cercando di non
scivolare su acquitrini dissestati
pieni di radici giganti e buche nascoste, con trenta chili di peso
sulle spalle, richiedeva forti gambe.
Non avevamo alle spalle
un’esperienza di volo su parapendio, e per Pavel Stepán, il
nostro pilota, il successo era una
mera impresa atletica.
“Ho trovato qualcosa!” urlò Pavel dopo essere atterrato da poco
con il suo paracadute.
“Ho visto uno strano cerchio”,
disse, puntando a est del fiume.
Ci radunammo intorno alla videocamera e ripetemmo la registrazione.
Aveva ragione!
Nel bel mezzo di un paesaggio
monotono si vedeva uno strano
anello.
Con l’aiuto del computer, le foto
della taiga e le immagini via satellite di Google Earth, determinammo le esatte coordinate
dello strano cerchio e, al colmo
della gioia per aver trovato il nostro primo ‘calderone’, aprimmo
una bottiglia di vodka.
CALDERONI INABISSATI
Nonostante fossimo in giugno,
fummo sorpresi da una nevicata
notturna.
Dopo il secondo giorno di neve,
perdemmo la pazienza e uscimmo alla ricerca del cerchio
misterioso.
Ci arrampicammo su una collinetta, GPS in mano, attraverso
la folta vegetazione, verso una
radura sulla cima e ci fermammo
stupiti.
Non avevamo mai visto niente
del genere.
Non si trattava della superficie
liscia e sporgente del tanto ambito emisfero, ma di una pozza
circolare dal diametro di circa 50
metri. Al suo centro si trovava un
pezzo di terreno circolare di circa
30 metri di diametro.
Non sembrava una formazione
naturale, ma di un anello con
un’apertura al centro, anche questa sommersa dall’acqua.
Utilizzando due lunghi rami per
testare il terreno sottostante, per
assicurarsi che non si trattasse di
un pericoloso pantano, Pavel affrontò l’acqua quasi gelata con i
suoi stivali alti da pescatore,
verso l’anello innevato.
Sotto la neve e un sottile strato di
fango, urtò contro qualcosa di
solito con un palo.
Si trattava solo di ghiaccio?
Con attenzione, continuò verso il
centro del cerchio, fermandosi di
fronte all’apertura.
Il bastone lungo circa tre metri
sparì sotto la superficie.
Di cosa si poteva trattare?
Se l’emisfero fosse stato di
ghiaccio, la corrente lo avrebbe
sciolto.
Poteva trattarsi di un ‘calderone’
gigante, in quel momento quasi
completamente sommerso nella
terra gelata?
La neve si sciolse e fummo di
nuovo colpiti dalla fortuna.
Pochi chilometri più giù lungo il
fiume, trovammo un luogo simile.
In una pozza perfettamente
circolare, questa volta con diametro di 10 metri, trovammo una
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
cupola gigante, solida e liscia,
leggermente ricurva, coperta da
uno strato di fango.
Con l’aiuto di un bastone,
testammo la sua superficie, ma
sfortunatamente non avevamo
appresso l’attrezzatura fotografica.
Avremmo
dovuto
drenare
l’acqua e rimuovere il fango – e
a tal fine avremmo dovuto avere
apparecchiature più sofisticate e
fondi per sostenere la spedizione.
Infine, senza preavviso, fui colpito da strani problemi di salute
che si manifestarono dopo aver
passato una notte vicino a uno
dei ‘calderoni’ sommersi.
Il giorno successivo, fui colpito
da capogiri che mi provocavano
un senso di svenimento, di perdita completa dell’equilibrio,
tosse e brividi… come narrava la
vecchia leggenda degli Yakuzi.
La crisi durò tutto il giorno
quando le nostre tende furono
sommerse da un’altra tempesta di
neve.
Dopo altro ghiaccio e un vento
gelido del nord, eravamo tutti
zuppi.
Era come se i demoni crudeli
della taiga stessero cospirando
contro di noi che la attraversavamo.
Ma, in quanto unico ammalato
della compagnia, non incolpammo antichi residui di radiazioni.
Quando le mie condizioni non
migliorarono il giorno seguente,
ci imbarcammo sul gommone e
passammo tutta la notte e il
giorno dopo discendendo il fiume, allontanandoci dalla Valle
della Morte più in fretta possibile.
UN’ISOLA DEL TESORO
GEOLOGICA
Anche se non abbiamo trovato
nessuna prova dei leggendari
‘calderoni’ metallici, non siamo
fuggiti a mani vuote.
Abbiamo scoperto qualcos’altro,
qualcosa di altrettanto espressivo
– un sacchetto di minerale di
titanio.
Durante la nostra perlustrazione
aerea alla ricerca dei ‘calderoni’,
abbiamo trovato un altro sito particolare – un campo perfettamente circolare di pietre color
ruggine presso il quale l’ago
della bussola era impazzito.
Una montagna magnetica?
Probabilmente.
Dal punto di vista geologico,
l’intera regione risulta essere singolare.
Avevamo calpestato vette siberiane dure, ignee, che si erano
originate nell’Archeozoico.
In alcuni punti, sono trapassate
da spaccature ricolme di depositi
di minerali contenenti diamanti.
La miniera di diamanti più grande si trova nella città di Mirnyj,
al centro della regione dalla
quale ci eravamo imbarcati per la
nostra missione nella taiga.
Tornando a Praga, abbiamo
mostrato un campione di roccia a
un geologo, il quale ha confermato che si trattava di magnetite
e ilmenite, una lega di titanio e
ferro.
Mi suggerirono di vendere le
coordinate di quella zona magneticamente anomala ai russi, per
un buon prezzo.
Il racconto della nostra missione
causò un po’ di trambusto tra i
media russi.
È stato anche raccontato che siamo scappati terrorizzati dalla
Valle della Morte, ma in realtà il
vero ostacolo al nostro ritorno
alla ricerca dei ‘calderoni’ è la
mancanza di soldi.
Abbiamo
già
comunicato
informazioni a due differenti
gruppi di esploratori con base a
Mirnyj.
Uno di questi, guidato da Andrey
Yevteyev, porterà in dotazione
una pompa idraulica per drenare
la pozza centrale e quindi dissotterrare il resto.
L’altro gruppo, guidato da Yury
Krivoruczko, partirà probabilmente la prossima primavera.
Siamo a conoscenza di formazioni geologiche insolite
come calotte o cappelli di ferro,
palle di lava, concrezioni sferiche giganti, e geodi.
I ‘calderoni’ oggetto di leggenda
potrebbero essere formazioni
geologiche sconosciute.
Mentre le descrizioni delle scalette interne, delle gallerie e delle
stanze potrebbero essere state
immaginate da cacciatori superstiziosi e abbellite da fantasisti e
da ufologi.
È un dato di fatto che la taiga
siberiana nasconda comunque
grandi ricchezze e grandi segreti,
inclusa la natura dei ‘calderoni’ un mistero inquietante che rimane tuttora irrisolto.
http://en.mackerle.cz/
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Ivan Mackerle (1942) is a Czech
explorer, freelance writer and
publicist
interested
in
cryptozoology, fortean matters,
and paranormal phenomena.
He studied up the Faculty of
mechanical engeneering CVUT
in Prague, specialization cars
and engines, but since his youth
he has been passionately
interested in learning about all
sorts
of
mysterious
and
unrevealed
phenomena
dissclaimed by the official
science.
For over 30 years he has led
expeditions to remote parts of the
world seeking monster and other
fortean mysteries, some of which
he has reported in FT or Fate.
The most famous are expeditions
to the Gobi desert in search of
the Mongolian Death Worm, to
Madagascar in search for the
“man eating tree” to Nan Madol
in Micronesia in search for platinum coffins with giants, or
expedition to the Siberia´s Valley
of Death with its mysterious
“cauldrons”.
He is autor of many books
(Czech) and a documentary films
from his expeditions.
UFOLOGIA
LA PROGRAMMAZIONE
NEURO-LINGUISTICA
NELLO STUDIO DELLE
INTERFERENZE ALIENE
Ricostruzione grafica di una scena di rapimento
Luciano Scognamiglio
Cosa sono realmente le
interferenze aliene?
E' opinione comune, nell'ambito
dell'ufologia ma anche tra tutti
coloro che credono all'esistenza
di forme di vita extraterrestre,
che le apparizioni degli UFO
siano eventi non comuni, e che i
contatti con gli esseri a bordo di
essi siano eccezionalmente rari al
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
punto da costituire pochi
eclatanti casi studiati nella storia
contenenti elementi inspiegabili
e quasi irreali, destinati a morire
insieme alle persone che li hanno
vissuti.
Purtroppo la realtà è tutt'altra, ma
prima di arrivare alle cifre è opportuno capire quali sono le interferenze aliene, e per farlo
prenderò in prestito la famosa
classificazione di Josef Allen
Hynek, astronomo, astrofisico ed
ufologo statunitense.
Questo ricercatore riconosceva
quattro tipi di contatti possibili
con forme di intelligenza aliena
secondo quanto riportato da numerosi testimoni: l'incontro ravvicinato del primo tipo, ovvero
l'avvistamento di uno o più UFO;
l'incontro ravvicinato del secondo tipo, cioè l'osservazione di effetti fisici prodotti da un'attività
ufologica; l'incontro ravvicinato
del terzo tipo, ossia il contatto
visivo con esseri viventi non terrestri in associazione con un avvistamento di UFO; ed infine
l'incontro ravvicinato del quarto
tipo, rappresentato dal rapimento
di un soggetto ad opera di un
UFO o dei suoi occupanti.
Per lungo tempo si è creduto che
queste manifestazioni aliene fossero più presenti seguendo in ordine inverso la scala di Hynek,
ma i dati raccolti nelle ultime decine di anni ci mostrano che è esattamente il contrario, ovvero
che l'attività aliena sul pianeta
terra si verifica maggiormente
man mano che si prosegue nell'ordine ascendente di quella
classificazione.
Hynek con Vallee
Non sapendo ciò, gli ufologi si
sono sempre concentrati, e purtroppo quasi tutti continuano ancora a concentrarsi, sui meri avvistamenti, con foto e video,
fiondandosi in massa sui luoghi
dove pare si siano verificate interferenze ufologiche come se-
gni, bruciature e cerchi nel grano, e facendosi brillare gli occhi
ogni volta che è possibile tempestare di domande il protagonista
di un qualche famoso episodio di
abduction, ovvero di incontro
ravvicinato del quarto tipo.
È invece proprio quest'ultima
casistica che si rivela tutt'altro
che rara, e che ci ha consentito,
indagandola con gli opportuni
mezzi, di capire cosa stava realmente succedendo e dove sbagliavamo per non rendercene
conto.
Grazie alle giuste tecniche utilizzate, il fenomeno dei rapimenti alieni si è scoperto essere
qualcosa di più reale, diffuso,
complesso e terribile di quanto
inizialmente immaginato.
Molti degli aspetti di questo
genere di avvenimento sono stati
investigati, sviscerati e capiti ad
un livello profondo solo in Italia
dal dottor Corrado Malanga,
docente e ricercatore di chimica
organica presso l'università di Pisa, mentre all'estero vengono a
malapena menzionati dagli addotti e da ricercatori del calibro
di Budd Hopkins, David Jacobs e
Derrel Sims, che usano l'ipnosi
per recuperare i ricordi bloccati
delle abduction.
Il problema risiede appunto non
solo nel fatto che gli sfortunati
protagonisti dei rapimenti alieni
ricordano poco o nulla di questi
eventi, ma anche nelle caratteristiche interferenze aliene in
essi presenti che fanno di tutto
per ostacolare il processo di recupero ricordi, di acquisizione di
coscienza del problema, e di azione volta a conoscere queste
interferenze e ad eliminarle da sé
e dalla propria vita.
Il procedimento, per quanto possa essere agevolato da qualcun
altro che possibilmente conosca
nel dettaglio la materia e l'ipnosi,
è in realtà personale, inizia e
continua solo per propria volon-
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
tà, e se questa volontà non si
traduce in potere e quindi in
azione, il procedimento stesso
non viene portato a termine e
l'addotto viene “perso”.
Le interferenze aliene avvengono
infatti a diversi livelli ed
influenzano la vita degli addotti
fino alla loro morte, e anche
oltre.
Grazie alle ricerche approfondite
che si sono potute fare in Italia
nelle ultime decine di anni, è
risultato che il fenomeno delle
abduction non solo è uguale in
tutto il mondo e non varia a
seconda delle persone, ma anche
che ci sono molti più addotti di
quanto inizialmente si pensava:
la percentuale media stimata,
infatti, è dell'1% circa, ovvero
poco più di 600mila persone in
Italia, e in totale quasi 70 milioni
di persone in tutto il mondo.
Numeri che sembrano essere
verificati ogni giorno e che
portano a riconsiderare più seriamente il problema.
La PNL
La Programmazione NeuroLinguistica (PNL) è un validissimo strumento che ci ha consentito di scoprire e di capire
veramente tanto dagli addotti e
dalle
loro
esperienze
di
abduction.
La PNL non è una tecnica in sé
ma piuttosto un corpus di conoscenze e tecniche iniziato a formarsi negli anni '70 ad opera di
Richard Bandler e di John
Grinder, due linguisti statunitensi, e successivamente arricchito ed evolutosi fino ad oggi
per merito di tanti altri studiosi
che hanno contribuito in modo
quasi scientifico.
Questo particolare ed innovativo
ramo dello studio della psiche si
basa sull'espressione inconscia
del corpo fisico, e sfrutta lo stesso principio al contrario, ovvero
non è solo possibile capire una
dinamica
psicologica
dall'osservazione di tanti micro e
macro movimenti fisici, ma si
può anche agire nella psiche stessa passando per il corpo e quindi
per il cervello, che ne è il punto
intermedio di collegamento.
Le nostre meccaniche interne
infatti tendono ad essere considerate ed espresse secondo
schemi mentali ben precisi che
corrispondono ad altrettanti gesti
e posture a livello fisico: tendiamo a riconoscere e ad attuare i
concetti e le informazioni che
elaboriamo sia secondo il nostro
bagaglio culturale sia seguendo
inconsciamente un codice arcaico presente in ognuno di noi.
Il primo insieme di programmazioni è dato dai nostri ricordi,
conoscenze, credenze e convinzioni, che formano quindi il nostro subconscio, definito “mappa” in PNL: se la realtà in cui
esistiamo, in cui ci muoviamo e
con cui interagiamo, è il “territorio” sempre per dirla in
termini di PNL, allora potremo
ottenere il massimo da questo
territorio facendo in modo che la
nostra mappa di esso lo riproduca il più possibile fedelmente.
Il secondo insieme di programmazioni è invece rappresentato
dagli archetipi, ovvero da ciò che
è alla base del nostro universo, di
cui parlavano gli antichi Greci,
come nel caso del mondo delle
idee di Platone, ma anche ricercatori dell'era moderna, primo fra
tutti Carl Gustav Jung, psichiatra
e psicoanalista svizzero, che assieme al concetto di inconscio
collettivo oltre a quello già conosciuto di inconscio, riuscì a
definire questi archetipi come le
forme originali e primitive del
pensiero, che caratterizzano noi
tutti anche nella percezione e
nell'espressione.
Questi possono essere considerati come l'alfabeto di scrittura
e la tecnica di disegno della
nostra mappa del territorio.
La PNL è nata in gran parte
studiando il lavoro di Milton
Hyland Erickson, psichiatra statunitense e padre dell'ipnosi moderna: l'analisi di migliaia di ore
di registrazioni video di dialoghi
ed ipnosi con i suoi pazienti
permisero la decodifica del sistema di espressione della psiche
attraverso il corpo, e della possibilità di programmarla sempre
attraverso di esso.
Furono quindi messe a punto una
serie di tecniche di osservazione,
di deduzione, di dialogo e di programmazione, anche con l'aiuto
di stati di rilassamento ed ipnosi
leggera, che potessero aiutare un
soggetto a prendere coscienza
della diversità tra la sua mappa
ed il suo territorio, concetti introdotti dall'antropologo statunitense Gregory Bateson, a conoscere la struttura dell'una e dell'altro, ed a modificare quindi la
propria mappa per vivere al meglio nel territorio della propria
vita.
Dalla PNL sono state prese
alcune conoscenze e tecniche
successivamente evolute ed
adattate per essere utilizzate nel
campo delle interferenze aliene:
infatti non è necessario essere
praticanti esperti con titoli ufficiali conseguiti in PNL, perché
le nozioni prese in prestito da tale ambito ed applicate nel nostro
campo sono in realtà poche e
semplici, rese ancor più tali dal
loro essere state migliorate allo
scopo.
Queste metodologie non servono
solo ad investigare il problema,
che ormai conosciamo quasi totalmente, ma soprattutto sono
utili a risolverlo, eliminandolo
alla radice, cosa che fa del nostro
lavoro un punto di riferimento
fondamentale per tutti coloro che
vivono in questa situazione senza
nulla poter fare.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Chiunque abbia sufficiente volontà e disponibilità può apprendere queste meccaniche, sperimentarle quotidianamente, poi
acquisire le informazioni riguardanti i casi di interferenza aliene,
ed infine utilizzare quanto
appreso per verificare in prima
persona, quasi toccando con
mano, qual è la realtà che vivono
gli addotti, come stanno veramente le cose, e quanto di ciò
che viene scritto su internet,
raccontato dai mass media e
propinato da gruppi organizzati
di finti ricercatori e rivelatori, sia
in realtà assolutamente falso.
Con la PNL e la conoscenza
avanzata della casistica di
abduction si può capire immediatamente chi sta mentendo e chi
invece sta dicendo la verità, chi
sta inventando e chi sta
ricordando: imparando a conoscere noi stessi possiamo riuscire
a conoscere anche gli altri.
Ed infatti non potevamo studiare
gli alieni se prima non capivamo
noi stessi com'eravamo fatti.
Conosci te stesso
La necessità di esplorare la
psiche degli addotti è nata non
solo dall'ovvio problema dei
ricordi
bloccati
durante
l'abduction, ma anche dal fatto
che queste persone presentano
personalità complesse e contrastanti che derivano dalla
coesistenza in essi di diverse
interferenze aliene che permangono anche oltre i contatti avuti
durante le esperienze dei rapimenti.
Tutto ciò risulta essere molto
difficile e delicato da affrontare
con i normali mezzi di comunicazione e terapia della psicanalisi, della psicologia e della
psichiatria.
Nella storia gli addotti infatti
sono sempre stati emarginati o
additati come pazzi o posseduti,
ed i provvedimenti presi nei loro
confronti sono stati nulli o
drastici, partendo dall'indifferenza più totale fino alla
reclusione o addirittura la rogo,
dato che la chiesa cattolica ha
fatto la sua “bella” parte in
passato come oggi ci pensa il lato
ottuso della medicina.
Fortunatamente nel mondo ci sono diverse religioni e diverse medicine, e la triste situazione
occidentale non è stata uguale
dappertutto.
Le interferenze aliene sono così
costantemente presenti negli addotti che a volte hanno dato
origine ai famosi casi definiti di
“possessione diabolica”, più numerosi di quanto si pensi stando
ai dati forniti dai preti esorcisti,
dove i soggetti in preda alla confusione totale delle proprie
personalità interne ma esogene
diventano così gli “indemoniati”
che vanno esorcizzati per poter
“guarire”.
È interessante notare che ciò che
fino ad oggi abbiamo definito come dèi, angeli e demoni, abbiano
in realtà precise corrispondenze
con queste intelligenze aliene.
Ma, si sa, ognuno tira l'acqua al
suo mulino, e quindi gli alieni e
tutti i problemi che portano con
sé vengono definiti in modi diversi a seconda dell'ambiente in
cui ci si trova per poter così trattare con i propri metodi i soggetti
che vi hanno a che fare.
L'addotto non è un malato, e
quindi non deve guarire: come la
religione, anche la scienza, o meglio dovrei dire lo scientismo,
sbaglia nel considerarlo tale, e
quindi cerca in ogni modo di far
sparire i sintomi, al punto di rintontirlo con limitazioni mentali o
sostanze chimiche che lo tengano
buono ma ancor più confuso ed
infelice per tutto il resto della sua
vita.
La strada per capire la complicata situazione psicologica degli
addotti, e quindi per aver accesso
alle memorie ed alle conoscenze
nascoste dentro di loro, non è
affatto quella aggressiva ma è
anzi quella basata sulla fiducia,
sul dialogo, sulla sensibilità.
Comprendere nel profondo cosa
un addotto prova, e far sì che
questi si apra senza alcuna paura
di scoprirsi e di sentirsi giudicato, rappresenta il punto di
partenza per il recupero dei ricordi bloccati durante le abduction e
la successiva fase in cui si
affrontano questi ricordi e ciò
che ha provocato tali avvenimenti.
Per questo serve una buona dose
di coraggio, di sicurezza e di
rassicurazione, che bisogna essere in grado di avere e di dare a
queste persone.
In aiuto a tutto ciò entrano in
scena le tecniche di lavoro basate
sulla PNL messe a punto da Corrado Malanga.
Queste tecniche, ad oggi, escludendo le nuove ipotesi di lavoro
ancora in fase di realizzazione e
di test, consistono in due
applicazioni principali: la “tecnica delle
ancore”
ed
il
“SIMBAD”.
La prima sfrutta appunto il
concetto di “ancora”, ovvero
quel legame che si crea tra la
psiche ed il corpo fisico quando
si vive una situazione emotivamente intensa e al contempo si
ricevono determinati input su
uno o più canali sensoriali: in
quel momento, ciò che viene
visto, ascoltato, toccato, odorato
e gustato, o “sentito” più in generale, viene collegato alla scena
vissuta, e da allora l'emozione di
questa tornerà inconsciamente
ogni volta che le sensazioni
saranno riprodotte.
Le ancore sono solitamente
indesiderate, ma possono anche
essere utili per richiamare uno
stato psicologico favorevole, e
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
nella PNL ci sono quindi persino
delle tecniche per crearle ad hoc.
Nel nostro caso, le ancore vengono sfruttate per agganciare il
soggetto al fotogramma che si
ricorda immediatamente prima
del suo missing time dovuto
all'abduction, ancorandolo quindi
letteralmente ad esso, e grazie a
precise domande sugli input
sensoriali del momento gli si può
far rivivere il tutto scavalcando il
blocco nella memoria.
La seconda tecnica invece, il cui
acronimo sta per “Self Induced
Method for Blocking Abductions
Definitively”, è letteralmente un
metodo autoindotto per bloccare
le abduction definitivamente.
Ciò consiste in una fusione di
tecniche e conoscenze, ovvero:
lo Psicodramma dello psichiatra
statunitense Jacob Levi Moreno,
la Meditazione Trascendentale
dello yogi indiano laureato in
fisica e matematica Maharishi
Mahesh, e il meccanismo delle
simulazioni mentali studiato
scientificamente da lungo tempo.
Nel SIMBAD il soggetto addotto
si trova a simulare le componenti
della sua psiche interagendo con
esse, in modo da conoscere il suo
problema e quindi da affrontarlo.
All'interno della simulazione, che
è a tutti gli effetti una reale percezione, si potrà quindi interagire
anche con le interferenze aliene
mediante le loro immagini mentali: questa interazione passerà
dunque da passiva ad attiva,
ovvero da una fase iniziale di
percezione, di conoscenza, di comunicazione, ad una fase di
azione, di manifestazione, in cui
le immagini mentali vengono
usate come punto di collegamento con ciò che effettivamente
rappresentano, e dato che l'obiettivo di tale psicodramma è di
unire le componenti della propria
psiche e successivamente eliminare gli alieni in essa, questo
accadrà realmente com'è stato
ampiamente dimostrato.
Ciò è permesso dalla natura
olografica dell'universo e dalla
struttura olonomica del nostro
cervello, in accordo con le scoperte scientifiche di David
Joseph Bohm, fisico e filosofo
statunitense, e di Karl Pribram,
neurochirurgo austriaco e professore di psichiatria e psicologia.
Il SIMBAD, proprio come la
tecnica delle àncore che vi è
anche inclusa, può essere praticato sia da soli che con l'aiuto
di un'altra persona.
Il tutto, se effettuato con l'aiuto
di un altro, può essere decisamente migliorato dall'uso dell'ipnosi, che va effettuata prima
di iniziare la tecnica, e mantenuta
per tutta la durata della seduta.
Tutto qui?
In realtà la questione è molto più
articolata sia nelle sue basi che
nei suoi sviluppi, e le tecniche
funzionano decisamente meglio
di quanto si possa pensare ad una
prima impressione.
Ogni passaggio descritto in
questa sede meriterebbe un approfondimento a parte sia dal
punto di vista teorico che da
quello pratico, fino a permettere
ad ogni lettore di poter superare
l'incertezza iniziale ed applicare
con successo queste tecniche.
Analizzando passo per passo
tutte le situazioni possibili e come affrontarle con il metodo
giusto si potrà fornire ad ognuno
sia la chiave per ottenere le prove
di quanto affermiamo, sia la possibilità di contribuire a cambiare
le cose in questo che a tutti gli
effetti è un risveglio di Coscienza da parte dell'Uomo.
Attualmente questo lavoro è
portato avanti completamente in
tutti i suoi aspetti solo da
Corrado Malanga e da pochissimi suoi collaboratori in grado
di applicare con successo la totalità dei suoi metodi.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Siamo comunque molto contenti
che tanti altri stiano facendo di
tutto per contribuire alla diffusione di questo genere di
informazione e per aiutare gli
addotti ad applicare queste
tecniche anche laddove non si
sappia usare l'ipnosi.
In quanto collaboratore attivo di
Corrado Malanga, spero che questo mio articolo possa essere il
primo di una serie di pubblicazioni chiarificatrici che
contribuiranno ad aumentare l'informazione in questo campo ed
anche il numero di coloro che
hanno a cuore la vita delle
vittime dei rapimenti alieni.
Per
approfondimenti,
un
riassunto
delle
principali
scoperte sulle interferenze aliene
è contenuto nel documento Alien
Cicatrix di Corrado Malanga scaricabile gratuitamente, assieme a
moltissimi altri dello stesso
autore, dal suo sito ufficiale
www.ufomachine.org.
Buona ricerca.
UFOLOGIA
L’EREDITA’ DI ROSWELL
UN COLLOQUIO CON IL DOTT. JESSE MARCEL JR.
Traduzione di Sabrina Pasqualetto
Philip Mantle
I primi di luglio del 1947, qualcosa si è schiantato nel deserto
non molto distante da Roswell,
New Mexico.
Un allevatore di pecore, Mac
Brazel, scoprì alcuni strani detriti
metallici sulla sua terra.
Non sapendo cosa fossero li
prese con se e li portò all’ ufficio
dello sceriffo.
Egli a sua volta contattattò la
Roswell Army Air Force, che
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ospitava la 509a Bomb Wing,
l'unica ala della bomba atomica
presente al mondo in quel
momento.
La RAAF mandò due uomini a
Roswell per osservare quegli
strani detriti.
Uno di questi era il funzionario
dell'intelligence Maggiore Jesse
Marcel.
Il Maggiore Marcel si recò al
ranch in questione e recuperò un
po'di questo materiale. Sulla via
del ritorno alla base si fermò,
nelle prime ore del mattino, a
casa sua.
Svegliò la moglie e il figlio di 11
anni, Jesse Marcel jr.
Il Maggiore Marcel sparse una
parte del materiale recuperato sul
pavimento della cucina della sua
casa incuriosendo e Jesse Jr.
Di lì a poco sarebbero stati tutti
coinvolti in quello che è
diventato noto come l'Incidente
di Roswell.
Il Maggiore Marcel scomparve
nel l980, ma non prima di aver
raccontato la sua storia.
Durante il fine settimana di
ottobre, 20 e 21 del 2007, la
rivista UFO DATA tenne la
conferenza annuale.
Il tema di quell'anno fu il 60°
anniversario dell'incidente di
Roswell.
Nel Regno Unito per la prima
volta partecipò l’ormai Dott.
Jesse Marcel jr, figlio del
Maggiore Jesse Marcel.
È stato il relatore principale della
manifestazione e, il 24 ottobre,
ho avuto il piacere della sua
compagnia.
Durante questa bella giornata di
autunno ho colto l'occasione per
mostrare al Dott. Marcel alcuni
dei bellissimi paesaggi del North
Yorkshire, Yorkshire Dales
National Park e una delle sue
numerose attrazioni storiche la
Bolton Abbey in Wharfedale.
Dopo una giornata di sole
autunnale trovai il tempo per
intervistare il Dott. Marcel sui
suoi ricordi di quella mattina del
l947.
Philip Mantle
Dott. Jesse Marcel Jr.
Mi parli un po'di lei. Chi è il
Dott. Jesse Marcel jr?
Beh, mio padre era un ufficiale
della
base
aerea
dell’
intelligence a Roswell, New
Mexico. Ho fatto le scuole
elementari in Roswell. Quando
mio padre ha lasciato la vita
militare ci siamo trasferiti in
Louisiana
dove
mi
sono
diplomato. Ho fatto una scuola
di specializzazione e poi la
scuola statale di medicina della
Louisiana e mi sono laureato nel
l961.
Credo che tu abbia anche
prestato servizio nelle forze
armate.
Sì. Sono entrato nel Marina degli
Stati Uniti e ho girato il Pacifico
occidentale, coinvolto nella crisi
dei missili a Cuba. Sono stato in
Giappone, Cina e Vietnam. Sono
partito per un addestramento di
specializzazione
nell’ospedale
navale dove sono diventato uno
specialista in orecchio, naso e
gola. Sono rimasto dieci anni
nella marina. In seguito mi sono
trasferito a Helena, nel Montana.
Dopo ha
riserve.
continuato
nelle
La Guardia Nazionale. Sono
entrato nel 1972 mi sembra.
Sono andato a scuola di volo per
elicotteri ed sono diventato
chirurgo di volo. Mi sono
finalmente ritirato nel l996.
Si è ritirato, ma mi sembra di
capire che è nuovamente in
servizio da poco.
Sì, mi sono ritirato per il mio 60
° compleanno. Tuttavia, con il
conflitto in Iraq sono stato
chiamato di nuovo per il servizio
attivo come chirurgo di volo e
sono stato 13 mesi in Iraq in uno
squadrone di elicotteri. Ho visto
gran parte dell'Iraq da un
elicottero Black Hawk.
Come un giovane Jesse Marcel,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
quanti anni avevi quando
l'incidente di Roswell ha avuto
luogo?
Avevo 11 anni a quel tempo.
In che data è successo?
È stato all'inizio di luglio del
1947, non sono sicuro della data
esatta. Erano i primi di luglio,
l947.
Potresti raccontare le vicende
di nuovo di quella mattina di
inizio luglio, l947?
Come ho detto, mio padre era
l'ufficiale dell'intelligence di
base. Il suo lavoro era proprio
quello di indagare determinati
eventi. E 'stato mandato in un
ranch a nord-ovest di Roswell a
raccogliere alcuni detriti da
qualcosa che si era schiantato là
vicino. E’ successo che la nostra
casa era proprio sulla via del
ritorno alla base, così portò il
materiale dentro. Mio padre capì
la natura insolita di questo
(materiale). Così venne a casa,
svegliò mia madre e me per farci
dare un'occhiata a questi detriti
che aveva trovato nel deserto,
appena fuori di Roswell. Aveva
già pre-posizionato il materiale
sul pavimento della cucina. Egli
disse: "Guarda!Credo che questi
siano i resti di un disco volante".
Come erano questi detriti?
In realtà erano di tre tipi. Ce
n’erano un sacco simili a fogli,
sembravano fogli di alluminio da
cucina di oggi. Alcune travi che
avevano scritte molto strane o
dei simboli. E alcuni di plastica
nera. Le travi con i simboli sono
state la parte più intrigante di
tutta la faccenda.
Quindi sei stato tu ad
identificare per primo questi
prestato attenzione a quanto la
gente diceva e io non ho visto il
giornale.
UFO, Stanton Friedman. Suo
padre ne parlò con qualcuno
negli anni a venire?
Beh mi piace pensarlo ma non ne
sono sicuro. Mia madre ha detto
che fu lei a notarli, ma mi piace
pensare che sia stato io.
Quindi suo padre partì per
qualche giorno.
Che aspetto avevano le travi,
quali erano questi simboli?
Quando portò il materiale alla
base se ne andò per un periodo
di tempo, non sono sicuro di
quanto tempo. Ciò che compresi
fu che il Colonnello Blanchard,
comandante della base, gli
ordinò di portare i detriti al Fort
Worth Army Air Field, dove il
generale Ramey dell’ ottava
divisione dell’Air Force potesse
vederlo. Non so esattamente per
quanto tempo se ne andò, so solo
che ci fece sedere e ci disse di
non parlare ancora di quanto
accaduto. Trattarlo come un
non-evento, che non è successo,
punto.
Raramente, tra di noi!. A volte al
negozio di alimentari, vedevamo
alcuni giornali
con titoli
sensazionali come 'Sono stato
catturato da un venusiano' e noi
ci guardavamo in faccia come a
dire 'noi conosciamo la vera
storia'.
simboli sulle travi o è stato tuo
padre a farteli notare?
Erano di piccole dimensioni, da
12 a 18 pollici. Erano circa 3/8
di pollice di diametro. I simboli
erano come forme geometriche
stampate sulla parte interna
della trave. Avevano un colore
molto distintivo di porpora o
viola. Erano solidi e non disegni,
erano solidi.
E naturalmente c'è un altro
testimone, sua madre. Che cosa
fece?
Sa, lei era una casalinga nel
1940. Non ha detto un granché,
il suo posto era in cucina, per
così dire. Quindi non ha parlato
molto. Naturalmente ero fuori
città quando Stanton Friedman
venne ad intervistare mio padre.
Stavo facendo il tirocinio di
medicina a Helena, nel Montana.
Suo padre come le commentò?
Quindi eri fuori.
Ha detto che sembrava
scrittura di un'altra civiltà.
Sì.
la
Quindi, per quanto tempo lei
ha visto questo materiale?
Probabilmente per circa 15 o 20
minuti in totale. E poi ho aiutato
mio padre a metterlo in una
Buick del l942. Poi non so se
tornò alla base quella stessa
notte o aspettò la mattina
successiva. Ma lo portò alla
base.
Quindi lei era consapevole
dell'eccitazione in città nel
momento in cui la RAAF
emesso il suo comunicato
stampa in cui dichiarava di
aver del materiale dallo
schianto di un disco?
Beh sa, ero impegnato in sella
alla mia bicicletta e non ha
Quindi, quando siete venuti a
conoscenza della spiegazione
ufficiale, cioè che non si era
trattato di un disco volante, ma
di un pallone meteorologico?
Non ne sono esattamente sicuro,
ma sarebbe stato anni dopo,
perché me lo tolsi completamente
dalla mente, non ci pensai più.
Ha mai parlato con i suoi amici
di questo?
No. Era un argomento tabù.
Quindi, negli anni successivi,
suo padre è stato contattato,
nel 1978, da un ricercatore
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
È passato un po'di tempo da
quando suo padre è morto. Si
sente di dover aggiungere
qualcosa alla storia da quando
la sua storia è divenuta nota?
Beh, lo chiamato ogni settimana
la domenica credo che fosse.
Parlavamo brevemente di questo
per rinfrescare i nostri ricordi, di
come era e mi ha confermato
quello che mi ricordavo. E mi
ricordo
una
delle
ultime
conversazioni che ho avuto con
lui si era appena andato a
Roswell su richiesta di una delle
stazioni televisive di New
Orleans. Andarono al campo e
quando
gli
parlai
e
scherzosamente gli dissi "Ne è
rimasto qualcuno?", sue parole
furono "No, lo hanno ripulito
tempo fa".
Ci parli un po’ di suo padre.
Era un militare. Per esempio,
cosa ha fatto durante la
seconda Guerra Mondiale?
Beh, è stato con il 509° gruppo
bombardieri, l'unità che sganciò
le bombe atomiche sul Giappone.
Ha fatto un sacco di formazione
con loro, era l'ufficiale di
intelligence per tale unità. Erano
un gruppo di raccolta. Non
erano persone che volavano di
notte, così è stato qualificato per
questo. Egli era nel Pacifico
occidentale durante la guerra e
poi in preparazione del lancio
della
bomba atomica sul
Giappone era a Tinian dove il
B29 decollò per far sganciare le
bombe su Hiroshima e Nagasaki.
Prima
dell’incidente
di
Roswell, nel l947, successe che
suo
padre
ed
altri,
scambiarono
un
pallone
meteorologico con un riflettore
radar collegato ad esso. Suo
padre era qualificato per
distinguere un pallone da un
riflettore radar?
Era molto qualificato, era
andato a scuola radar poco
tempo
prima
e
sapeva
distinguere bene un obiettivo
radar
da
un
pallone
meteorologico.
E
anche
l'attrezzatura ad essi correlata,
quindi sapeva che quello che
stava guardando non era un
pallone meteorologico o un
obiettivo radar e lo posso
confermare.
Quindi, se dobbiamo credere
alla spiegazione ufficiale, per
amor di discussione. E' stato
un pallone meteorologico e suo
padre si era sbagliato. Nella
sua carriera militare è stato
mai rimproverato, degradato o
messo da parte? Per così dire.
No, ho visto il suo libretto
militare e le sue relazioni di
valutazione ufficiale ed erano
sempre di ottima qualità. Egli
era rispettato, come un individuo
altamente addestrato e non è mai
stato rimproverato o ha subito
alcun tipo di degrado a causa di
una sua errata identificazione.
E più tardi nella sua carriera,
quale era il suo grado?
Tenente colonnello.
Quindi è stato promosso?
Sì, fu promosso indipendentemente dal fatto di Roswell.
E dove finì la sua carriera
militare?
È stato a Washington, non al
Pentagono, in un altro ufficio,
non ho mai saputo dove, ha
concluso la sua carriera a
Washington DC. Si dimise dalla
Air Force perchè voleva tornare
in Louisiana. Penso che ne
avesse abbastanza della vita
militare e fosse un po' sfiduciato
da ciò che stava succedendo in
quel momento con la Guerra di
Corea e volesse tornare a casa.
Quindi lei ha appena tenuto un
discorso
alla
conferenza
annuale della rivista UFO
DATA. Ora, una delle cose di
cui ha parlato è stato il fatto
che lei è stato invitato a Capitol
Building, potrebbe dirci un
po'di più in merito?
Ero occupato nel mio ufficio a
casa a Helena e la mia
segretaria venne da me e mi
disse che vi era un signore al
telefono che voleva parlare con
me. Le dissi che al momento ero
occupato con un paziente e di
prendere il numero. Lei tornò
dicendomi che la persona
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
insisteva per parlare con me.
Così presi il telefono. La voce
disse: “So che andrà a
Washington DC per un incontro”
e io risposi che aveva ragione.
Disse che voleva parlare con me
del fatto di Roswell. Mi disse di
chiamarlo al momento del mio
arrivo. Così, quando arrivai a
Washington e andai al motel,
c'era un suo messaggio nella
segreteria, quindi sapeva dove
avrei alloggiato. Mi voleva
incontrare il giorno dopo al
Capitol Building, nella stanza
228. Così ho camminato fino al
Campidoglio e mi presentai lì,
era una persona molto piacevole.
Mi disse che dovevamo parlare
di Roswell. Così dissi ok. Mi
chiese se volessi parlare in una
stanza più sicura. Dissi di no,
perché non avevo intenzione di
dire qualcosa che non avessi già
detto altre volte. Mi disse che
aveva lui qualcosa da dirmi, così
andammo a parlare in una
stanza sicura. Abbiamo preso
l'ascensore che andò giù a molti
livelli
al
di
sotto
del
Campidoglio dove c'era un
gruppo di sale molto ben
arredate per persone di alto
rango. C’era un libro su Roswell
posizionato sulla scrivania,
indicò il libro e disse: "Questa
non è finzione". E io so replicai:
“Bene! Io so che non lo è! Allora
quando lo direte a tutti?”. Mi
disse che se fosse per lui lo
avrebbe già detto anni fa ma non
è così.
Ma chi era quest'uomo? Era
un funzionario del governo?
Il suo nome era Dick D'Amato. Si
è qualificato come agente della
NSA o della NSC. Così gli dissi
quello che sapevo sulla vicenda
Roswell. Mi chiese se fossi mai
stato minacciato da nessuno. Gli
dissi di no. Disse che sapeva di
persone
che
erano
state
minacciate. Così scrisse il suo
nome su un pezzo di carta e il
suo
numero
di
telefono,
dicendomi di chiamarlo in caso
di minaccia. Non ne ho mai
avuto bisogno.
Negli ultimi anni ci sono stati
tentativi di infangare il buon
nome di suo padre. Se non si
può distruggere il messaggio
allora distruggi il messaggero.
Che cosa ha da dire su questo?
Lo prendo come parte del gioco,
lei e io sappiamo che ci sarà
sempre gente che, secondo il loro
programma,
vorranno
distruggere ogni notizia sugli
UFO o dischi volanti o di
Roswell. Fa parte del gioco.
Ora penso di affermare il
giusto dicendo che nel corso
degli anni si è trovato a parlare
con le altre persone coinvolte
nell’incidente. C'è qualcuno
che esce dalla folla per la sua
convincente testimonianza?
Ci sarebbe Bill Brazel, il figlio
del proprietario del ranch, che
prese un pezzo del relitto prima
della pulizia. Lo ha messo nella
sua bisaccia e qualche tempo
dopo in un bar di Corona si è
ubriacato e ne ha parlato. Poi un
paio di giorni dopo qualcuno
bussò alla sua porta e gli chiese
di riconsegnarlo.
solo. Ma non l‘ho visto di
persona.
Suo padre ha mai accennato
all’infrangibilità del materiale?
Raccontò un evento in cui uno
degli uomini nel suo ufficio prese
uno dei pezzi più grandi e lo
colpì con una mazza, non gli fece
nulla.
Ora che abbiamo appena
superato il 60 ° anniversario
dell'evento di Roswell e ha
pubblicato
il
suo
libro
“L‘eredità di Roswell“, mi dica
un po’ di più sul libro e perché
ha deciso di pubblicarlo ora.
Beh, sto andando in là con gli
anni e non c'è rimasta molta
gente che abbia una conoscenza
diretta di questo evento. Così ho
voluto mettere nero su bianco la
mia storia, i miei pensieri,
perché credo che i fatti di
Roswell fossero un vero e
proprio UFO proveniente da
qualche altro luogo. Ho voluto
raccontarlo finché ero in tempo.
Un'ultima cosa. La posizione
ufficiale della United States
Air
Force
rimane
che
l'incidente a Roswell fu un
pallone, o addirittura il
Progetto
Mogul,
che
è
ugualmente un pallone. Che ne
dice di questo?
Beh un pallone è un pallone. La
missione del Progetto Mogul era
top secret, ma il materiale
utilizzato era materiale di
scaffale, obiettivi radar e palloni.
Non c'era differenza, era la
missione ad essere diversa.
Specialmente dal momento che
è stato richiamato in servizio
attivo in Iraq.
È stato descritto come un foglio
di (materiale), proprio come
avevo visto io.
Ho cominciato a scrivere il libro
mentre ero in Iraq. In quel luogo
ti rendi conto della tua mortalità.
Una notte, un colpo di mortaio
nelle vicinanze. Non indossavo il
giubbotto antiproiettile, ma in
seguito ho cominciato a mettere
il mio portatile nel mio giubbotto
antiproiettile per proteggerlo. Se
fossi stato colpito almeno il libro
sarebbe sopravvissuto.
La gente ha detto che era una
specie di metallo particolare.
Forse Bill Brazel disse qualcosa
a riguardo?
Lui no, ma mio padre si. Disse
che se lo piegavi, si spiegava da
Ha intitolato il libro “L‘eredità
di Roswell“. Secondo lei qual è
l'eredità
dell’Incidente
di
Roswell?
L'eredità è quella di riconoscere
il fatto che non siamo soli in
Ve lo ha mai descritto? Non
aveva nulla di insolito?
questo universo. Che ci siano
altre civiltà là fuori e ancora più
importante che sanno come
arrivare da noi, quindi sono più
avanzate. E penso che uno dei
messaggi è che sono più avanti
di noi in modo da avere
probabilmente sopravvissute alla
loro
adolescenza
nucleare.
Quindi, se il messaggio è che gli
altri possono sopravvivere a
questa guerra, forse possiamo
farlo anche noi.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
I bersagli radar del progetto Mogul
Lei ha visto le fotografie di suo
padre fatte a Fort Worth,
subito dopo l'incidente. Stava
tenendo questo relitto sul
terreno?
No, decisamente no! Sa qual è la
cosa buffa di tutta questa
faccenda? Se guarda la faccia di
mio padre quando alza questo
obiettivo radar. Ha la faccia
come dire:“ State scherzando,
questa roba non è vera, lo hanno
cambiato!”
Quindi cosa diresti a chi dubita
dell'idea extraterrestre dello
schianto di Roswell?
Rimanete sintonizzati e guardate
il cielo, perché sono là fuori.
Dott. Jesse Marcel, la ringrazio
molto.
Devo dire che è stato un vero
piacere passare la giornata con
il Dott. Jesse Marcel jr e aver
trovato il tempo per un colloquio
con lui. Indipendentemente dalle
vostre riflessioni su quello che è
successo a Roswell non si può
mettere in dubbio l'onestà e la
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
sincerità di quest'uomo. Mi
raccomando
vivamente
di
aggiungere
“L‘eredità
di
Roswell” alla vostra collezione
di libri; si può ordinare una
copia
on-line
all'indirizzo:
www.theroswelllegacy.com.
[email protected]
Philip Mantle è un autore internazionale, docente e giornalista
televisivo sul tema degli UFO.
UFOLOGIA
MESSICO, UNA TERRA DI
NUMEROSE SEGNALAZIONI
UFOLOGICHE
Andrea della Ventura
Il Mexico è sempre stata
terra
di
grandi
avvistamenti, il 13 marzo
2010 si è avuta una nuova
spet-tacolare
manifestazione;
la
segnalazione è stata riportata
nel sito della ricercatrice
Analuisa Cid grazie ad una
lettera di Alfonso Salazar,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ricercatore UFO e tecnico
dell'aviazione.
C’è qualcosa che può
legare que-sta facilità negli
avvistamenti in questa zona
al fatto che sempre qui
siano
ambientate
storie
come quelle che vi sto per
raccontare?
Già in altri luoghi della
terra,
secondo
alcuni
studiosi “di fron-tiera”, la
religione di antiche civiltà
sembra richiamare “visite
extraterrestri”.
Nelle foto scattate sabato
13 marzo dal signor Fausto
Abaroa dalla sua casa nello
Stato del Messico, sulle
alture della Torres de
Satélite, è possibile vedere
un aereo cargo di tipo 727200
Boeing
della
compagnia DHL; ma è un
po’
tutto
il
Paese
a
rivelarsi sempre più una
terra prediletta dagli ovni,
qualunque cosa essi siano.
Il testimone ha detto che
l'UFO
era
grande
e
stazionava nel corridoio
aereo di San Mateo per poi
incrociarsi con l'aereo alle
ore 14.00. Il tempo era
limpido, soleggiato e senza
vento.
Un a d e lle fo to d i A b a ro a
Ovni e aerei cargo
Ricapitoliamo: in questa
zona del pianeta troviamo
vari aspetti curiosi se non
misteriosi: da se-coli e
secoli la gente sa che qui le
energie della Terra, in
particolare il magnetismo,
sono molto più forti che
altrove.
Sempre qui gli atzechi
hanno ambientato la nascita
e l’atto più importante di
Quetzalcolatl, il loro dio
principale.
Infine,
sempre
qui
si
registra il maggior numero
di avvistamenti Ufo di tutto
il mondo.
Avvistamenti
che
forse
avve-nivano
anche
in
epoche lontane visto che
secondo alcuni un an-tico
bassorilievo
mostrerebbe
accanto
al
Dio
della
fertilità tre personaggi con
caschi spaziali.
È interessante notare la
distanza ravvicinata che
intercorreva tra l'aereo e
l'oggetto, il che poteva
costituire una minaccia per
la
sicurezza
dell'equipaggio.
Questi oggetti sconosciuti
sono un pericolo per le
operazioni degli aeromobili
secondo
le
ripe-tute
dichiarazioni di Enrique
Kolbeck controllore del
traffico aereo messicano
con 30 anni di carriera.
Inoltre, questo Boeing già
ha avuto un precedente
incontro con un UFO sopra
l'aeroporto di Città del
Messico un anno fa mentre
stava arrivando nella città.
Ecco come si è espresso in
passato
sul
suo
sito
ufficiale
Josè
Alonso
Galicia Favela, contat-tista
e ufologo messicano di Rio
Bravo Tamaulipas, il quale
rin-graziamo
pubblicamente per la sua
importante opera di divulgazione sul fenomeno ovni:
“E’ chiaro che siamo di
fronte
ad
un
contatto
alieno” ed aggiunge: ”Credi
che sia tutto un caso o una
coincidenza? Non chiuderti
in questo mondo”.
Precedenti storici e
grandi rivelazioni
Sempre il 13 marzo sono
stati
segnalati
altri
avvistamenti
di
oggetti
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
sferici con la comparsa di
oggetti simili a "bolle di
sapone" che si muovevano
in modo intelligente.
Uno di questi avvistamenti
è avvenuto alle ore 1:30
pome-ridiane nella zona del
Conservatorio Nacional de
Mú-sica (en Polanco) e
l'altro sopra la Hemiciclo a
Juárez, nella Alameda di
Città del Messico.
L'ondata UFO è aumentata
in tut-to il paese da
gennaio ad oggi.
Di grande impatto è stato il
rico-noscimento
ufficiale
del fenome-no UFO da
parte del ministero della
difesa messicano, per voce
del suo segretario, generale
Cle-mente Vega Garcia;
egli
ha
di-vulgato
un
incidente in cui è stato
coinvolto un aereo dell'aviazione militare mentre
era in volo per intercettare
un
aereo
dedito
al
narcotraffico,
risultato
nell'incontro con diversi
UFO.
Il 9 maggio 2004 verrà
ricordato come una data
storica per l'ufo-logia, e il
giornalista
della
televisione messicana Jaime
Maussan ha aggiunto un
altro scoop alla sua già
lunga e ono-rata carriera di
divulgatore
di
questa
fenomenologia.
Altro incontro ravvicinato
tra un ufo e un aereo è
avvenuto nel Golfo Del
Messico; protagonista è
stato il Boeing 737-300
della "Magni Charters", lo
scorso 30 gennaio 2010. Il
volo 774 è stato inseguito
da un UFO, rilevato dal
radar per circa 5 minuti
I l g en e ra le C lem en t e V eg a
Ga r cia
di bordo) sulla presenza di
traffico sconosciuto, che ha
seguito il 737, manovrando
intorno ad esso per 5
minuti prima di scomparire
facendo perdere il segnale
sullo schermo radar. Il
tecnico che ha rivelato tale
testimonianza ha voluto
rimanere anonimo.
Egli
stesso ha dichiarato con
sicurezza
che
l’oggetto
avvistato nei pressi del 737
era un ufo. Ha inoltre
aggiunto che in quella zona
del Golfo del Messico
molti aerei sia passeggeri
che merci hanno segnalato
spesso incontri con ovni.
apparecchiature
continuavano a registrarne
la presenza, sia in modalità
radar che in
modalità
infrarossi.
Già
il
21
settembre del 2007 sullo
stesso velivolo – B737-300
XA-MAI – il meccanico di
bordo
Josè
Camacho
Cuevas durante un test di
volo tra Città del Messico e
Ixtapa aveva immortalato
grazie al suo cellulare un
oggetto
luminoso
nelle
vicinanze dell’aeromobile
sul quale stava volando.
Rilevamenti radar
Nel primo caso l'incidente
è avvenuto il 5 marzo,
nello
spazio
aereo
di
Ciudad
del
Carmen,
protagonista un bimotore
Merlin C26A equipaggiato
con sofisticate tecnologie
elettroniche, sia radar che
all'infrarosso (FLIR STAR
ZAPPHIR II e radar AN/PS
143 BV3), durante un
normale
volo
di
interdizione
al
narcotraffico.
Nel secondo invece lo
strano incontro è occorso
durante un volo da Città
del Messico a Cancun sul
Golfo del Messico. Il radar
TCAS
ha
rilevato
del
traffico nei pressi del
velivolo, un ufo che ha
cominciato a girare intorno
allo stesso aeromobile. Le
condizioni meteo del volo
erano
caratterizzate
da
nebbia e qualche schiarita
nella parte finale dello
stesso. Secondo il rapporto,
l’indicatore di TCAS ha
prontamente
avvertito
l’equipaggio
(capitano,
primo ufficiale e meccanico
R eso co n to su lle vi cen d e
Relativamente all’incidente
del 2004 invece, verso le
17.00 l 'aereo rilevò un
traffico
sconosciuto
a
10.500 piedi sopra Ciudad
del Carmen, e secondo le
procedure il comandante,
maggiore Magdaleno Jasso
Núñez,
virò
verso
l'obiettivo
per
dare
un'occhiata più da vicino.
Durante
questa
fase,
l'oggetto schizzò via a
fortissima velocità, rilevato
dalle
sofisticate
attrezzature di bordo. Dopo
alcuni momenti, l'oggetto
tornò e iniziò a seguire il
C26A
(il
tutto
continuamente
registrato
dagli strumenti), presto
imitato da un secondo
oggetto. L'equipaggio era
sbigottito. Non avevano in
vista gli oggetti, eppure le
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Il comandante ovviamente
si affrettò a comunicare
alla
base
l'insolita
situazione, che presto si
sarebbe trasformata in un
vero e proprio incubo.
Mentre l'aereo manovrava
per cercare di entrare in
contatto visivo con i due
oggetti in questione, nel
giro di un attimo giunsero
sulla scena ben nove altri
oggetti
volanti
non
identificati,
gettando
i
membri dell'equipaggio in
uno
stato
di
grande
preoccupazione. La cosa
più insolita era che c'erano
ormai
undici
oggetti
intorno a loro, eppure non
riuscivano a vederli. Le
sofisticate apparecchiature,
però, non mentivano.
Vi sono oltre due ore di
registrazione sull’incontro
ravvicinato del 2010 ma
per ovvi motivi è stata
realizzata una breve sintesi
riguardo
questi
avvistamenti. Si è discusso
della possibilità che si
trattasse
in
realtà
di
palloncini, che potrebbero
confondere chi osserva,
anche se è improbabile che
in una zona aeroportuale ve
ne siano così tanti come
d’altro canto sono anche
stati segnalati in altre zone
della città, oltre che da
tecnici
di
volo,
come
riportato
da
Alfonso
Salazar. Perchè si sono
verificati
spesso
avvistamenti in quella zona
aeroportuale?
“Forse
perchè in quella zona vi è
un vortice di energia” ha
affermato
il
ricercatore
Luis Ramirez Reyes nel
programma
di
Victor
Camacho
“Los
Desvelados”. L’importante
ufologo
messicano
ha
aggiunto: ”E’ probabile che
i radar creino magnetismo,
che può essere anche di
origine naturale visto che
l’intera
zona
è
caratterizzata
da
suolo
vulcanico“.
Decisamente diverso invece
è
il
caso
dell’aereo
dell’aviazione
militare;
improvvisamente
gli
oggetti si disposero in
cerchio intorno al velivolo,
a distanza ravvicinata. Il
comandante comunicò alla
base che ora la situazione
era
di
allarme
rosso,
circondati com'erano da
undici oggetti di forma
circolare dotati di una
tecnologia avanzata che li
rendeva
invisibili
all'occhio.
sano e salvo alla base, e il
maggiore Jasso preparò un
dettagliato
rapporto
sull'incidente.
Natura intelligente
E’
possibile
osservare
diversi video riguardanti la
presenza di sfere di luce in
prossimità degli aerei, ed
in molti, sembra che i
misteriosi UFO luminosi
se-guano il velivolo in
maniera mol-to ravvicinata,
quasi a voler esa-minare
l’aeromobile
stesso,
com’era successo anche per
il famoso volo inaugurale
del con-corde; in diversi
casi risulta quindi indubbia
la natura in-telligente degli
oggetti ripresi.
b o r n1 9 8 7 @ ho t ma il. it
Dopo
alcuni
minuti,
durante
i
quali
il
comandante Jasso mantenne
la calma e provò a spegnere
tutte le luci di bordo per
vedere
se
succedeva
qualcosa,
gli
undici
misteriosi
oggetti
sparirono, ponendo fine
alla
strana
esperienza
vissuta da questi membri
dell'equipaggio,
appartenenti
alla
501°
Squadriglia. Il C26A tornò
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Fonti:
noiegliextraterrestri.blogs pot.
com
www.vo yager.rai.it
evidenzaliena.wordpress.co
m
ww w. n e w- d i me n s io n so wf t ar e.co m
ESOTERIC
L'EST DI ISIDE
L'OVEST DI NEFTI
http://centroformazioneintegrata.org
Michael Seabrook
“Se i Babilonesi potevano riconoscere pianeti nel 6000 a.C.
perchè non gli Egiziani, se hanno
costruito piramidi che combaciano con la posizione delle
stelle? Perché non potrebbero
aver co-struito templi che
combaciano con la posizione dei
pianeti?”
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Una commerciante di libri, la morte
degli dei nell’antico Egitto.
È’ senz’altro possibile che a
particolari membri di un gruppo
fosse data la funzione di osservare e ricordare le posizioni e
i movimenti di sole, luna pianeti
e stelle.
E’ stato detto che gli Egiziani
non riconoscevano i pianeti.
Ma questo collegamento dovrebbe aiutare.
Anche considerando che gli antichi li abbiano avuti, non c’erano
strumenti ottici.
Robert Temple parla di ciò nel
suo libro Crystal sun, e di come
essi possano aver avuto lenti
antiche.
Strabone scrisse di come gli Egiziani eccellessero nelle scienze astronomiche.
I pianeti sono più vicini delle
stelle e qualcuno può essere visto
muoversi nel cielo notturno a occhio nudo.
Le nozioni di alto e basso Egitto
in relazione al Nord e Sud
geografico del paese antico
anche un po’ ad un livello
diverso hanno suggerito terra e
cielo: i due cieli essendo uno per
la terra e uno per il duat; questi
cieli molteplici erano pensati
come sovrapposti uno sull’altro.
Non stava dando la vita il Nilo
stesso riflesso proprio nel cielo
in forma di via lattea, …
Geb e Nut erano tenute divise dal
dio cielo Shu (ecco probabilmente da dove venne l’idea che
l’immagine del cielo è stampata
sull’Egitto! L’immagine del cielo).
Da Sir E.A. Wallace Budge.
Gli Egiziani dei tempi antichi si
disegnarono un paradiso materiale (il Duat) sulle rive del
divino Nilo.
Gli antichi Egiziani costruirono il
cielo sulla Terra.
Secondo quanto venne scritto nel
codice egiziano dagli antichi
sacerdoti e astronomi, vari monumenti e centri religiosi furono
costruiti lungo le rive del Nilo
seguendo l’ordine cosmico: e
questo si può notare nella scelta
della localizzazione e dell’orientamento dei templi antichi.
Nell’antico Egitto i templi erano
allineati con gli eventi astro-
nomici in modo talmente preciso
che le persone potevano fissare il
loro calendario politico, economico, religioso basandosi su di
essi.
Questo ha scoperto uno studio su
650 templi, alcuni datati anche
al 3000 a.C.
I geroglifici sui muri del tempio
davano suggerimenti sull’uso
del-l’astronomia nell’architettura
del tempio.
Dal libro Rosslyn Guardian of the Holy
Grail di Tim Wallace-Murphy e Mailyn
Hopkins.
Dal testo sulla piramide egizia
“l’acqua del Nilo” dove rappresentato nei cieli dalla Via
Lattea, gli antichi Egizi usavano
il Nilo come itinerario iniziatico.
Peter Dawkins descrive come i
due regni d’Egitto dovevano essere un tempio vivente dello
spirito divino dove l’uomo
poteva interpretare la sua parte
rituale e riunire il suo spirito con
il divino come risultato di un
processo alchemico.
Il tempio della divinità sulla
stessa Terra d’Egitto fu disegnato
immutabile per il supremo compimento della natura, cioè
l’Homo Sapiens.
Questa rappresentazione geografica dell’archetipo umano ha
una spina, una testa nel nord e un
corpo nel sud.
Lungo la spina rappresentata dal
fiume Nilo giacciono sette templi
a segnare i grandi centri mistici
che furono gli equivalenti terreni
dei sette charkas principali del
corpo umano.
Sette vennero ancora dalla
mummia di Tutankhamon – la
maschera d’oro (la testa), le altre
tre bare a forma di mummia, e 4
tombe, che tutti supponevano
adattate, come una bambola
russa, che aggiunge fino a sette
strati…
L’immagine nel tempio della dea
Iside era coperta di veli e era
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
proibito a qualunque neofita di
sollevarli.
I sette veli di Iside erano protetti
da sette sigilli magici.
A ogni stadio si doveva pronunciare un nome magico per
proteggere chi osava compiere
un tale sacrilegio.
Gli archeologi moderni che rimuovono gli involucri dalle
antiche mummie egizie trovano
ancora piccoli scarabei nascosti
nelle pieghe del bendaggio.
Piccoli scarabei intagliati venivano fatti con un’ampia scelta di
materiali.
Si credeva che il piccolo oggetto
magico fosse permeato di particolari poteri protettivi che proteggessero dal male.
Per il Taoismo l’alchimia interiore possiede una stretta rassomiglianza con le credenze di
base del Tantra che dichiara di
essere la più antica religione in
India.
La meditazione Tantrica comincia con la visualizzazione
della spina della colonna centrale
interna, il Shushumna come asse
del cosmos.
Sul Shushumna sono infilate una
serie di ruote o chakras.
Ce ne sono sette in totale, il
settimo si trova alla sommità del
cranio.
Alla base dell’osso pelvico si
trova il charka più basso, lì
dorme il serpente Kundalini avvolto attorno al fallo interno
(linghom) con la punta della sua
coda nella sua bocca.
Quando la Kundalini viene
risvegliata si raddrizza, entra dal
fondo di Shushumna per viaggiare verso l’alto e raggiungere il
cranio.
Allo yoga tantrico sono attribuite
molte capacità di cui una di queste è la trasmutazione del piombo
in oro.
Il corpo è visto come una pianta
con il fusto di una pianta essendo
un albero, l’albero della vita.
Questi sette punti chakra partendo dalla base alla sommità in
sequenza rappresentano pianeti.
Il primo chakra (il charka radice)
è la Luna.
Il secondo chakra (il sacrale) è
Mercurio.
Il terzo chakra (il plesso solare) è
Venere.
Il quarto chakra (il cuore) è il
Sole.
Il quinto chakra (la gola) è
Marte.
Il Sesto chakra (la fronte) è
Giove.
Il settimo chakra (la corona) è
Saturno.
La meditazione non solo è una
via per l’illuminazione ma anche
una metafora per viaggiare lungo
la via lattea.
(dal libro di Robert Temple, The crystal
sun.)
A Karnak, nel tempio di Ptah, si
trova la statua di Sekhmet, di
circa 3.800 anni, fatta di basalto
nero.
Robert fu testimone di un lieve
fenomeno di proiezione.
Un minuscolo nastro di luce che
tagliava in due il retro della
statua, tanto che sembrava che
Sekhmet, vista da dietro, avesse
una soprannaturale corda spinale
elettrica.
Si dice che la mitica sorgente del
Nilo fosse a Elepfantina e si credeva che la prima onda della
piena annuale partisse da qui.
Questa è la prima posizione dei
sette punti chakra, segnata dai
sette templi in Egitto.
La prima onda della piena annuale in Egitto da’ Osiride disegnato sulla terra, un’esperienza
di Kundalini annuale.
Credo che i siti lungo il Nilo
rappresentino la spina dorsale di
Osiride.
I punti charka egiziani che conducono alla configurazione di
Orione (le piramidi di Giza)
rappresentano la spina di Osiride.
L’immagine del grande corpo di
Osiride che si muove lentamente
verso nord. Cioè: galleggiare sulle acque del Nilo è una specifica
terminologia astronomica usata
per descrivere i cambiamenti effettuati dalla precessione nelle
coordinate celesti di Orione: la
lenta deriva precessionale di
Orione, i cui effetti erano che la
costellazione
sembrasse spostarsi lentamente verso nord,
lungo la riva occidentale della
Via Lattea.
Questi templi lungo il Nilo rappresentano i punti chakra.
A loro volta i punti chakra
rappresentano i pianeti, con il Nilo che rappresenta la Via Lattea
Luna Elefantina
Mercurio Tebe
Venere Abydos
Sole Eliopoli
Marte Menfi
Giove Eliopoli
Saturno Behedet
da “Keeper of Genisis” (Custode della
Genesi di Robert Bauval)
Il periodo in cui il suo nome
divenne sokar sembra indicare
chiaramente la fusione del corpo
di Osiride con la terra del sokar,
cioè la necropoli di Menfi e che
la sua immagine, cioè l’immagine astrale della regione di
Orione nel cielo fosse in qualche
modo innestata su di essa
Le regioni sacre a Osiride,
Abydos e Menfi, non vanno
considerate solamente in termini
terrestri ma anche in termini
cosmici.
I confini dell’Egitto furono stabiliti per segnare i gradi dei
pianeti al solstizio.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Il maggior scostamento era al
tropico
con
24+7
gradi,
essendoci 7 gradi di Mercurio.
Quindi il 6° Chackra = Giove=
3° occhio = divisione mediana
delle sopracciglia = corna del
bue tra cui siede il sole rosso =
occhio di Horus = solstizio di
mezzanotte di metà inverno
Giove = Giapeto = Upuat = stella
polare = Orsa Minore = Anubis =
Pietro = Colui che conosce i
segreti = il custode delle chiavi
dei cancelli del cielo.
Dall’India viene il ciclo di 60
anni di Giove che ci porta al
sistema a base 60 di Pi greco e
al Sacro Romano Impero.
Pi greco e 360 ci portano alla
grande piramide e alla misura
della terra e del cielo.
Ora, il confine dell’Egitto è
stabilito dove il parallelo è 6/7
dell’equatore o esattamente 31
gradi a nord.
Il confine meridionale è posto 7
gradi più in basso a 24 gradi
nord.
La divisione delle due terre fu
posta per dividere per dividere i
6 gradi dell’Alto Egitto dall’1
grado del Basso Egitto.
La divisione era a 30 gradi nord,
segnata dalla Grande Piramide.
La grande piramide è il centro di
una croce che divide le due terre
e l'est di Iside dall'ovest di Nefti:
coloro che trassero dalle acque il
corpo di Osiride, lo fecero nel
punto che farà da divisione dei
due territori.
[email protected]
DOCUMENTI
ALLA RICERCA DELLA
MITOLOGIA SLAVO-RUSSA
Aldo C. Marturano
www.miti3000.it
Il breve primo studio che
stiamo per affrontare è un
tentativo di ricostruire una
mitologia
slavo-russa
cercandone
le
tracce
riconoscibili ai tempi in cui era
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ancora in atto un’aspra lotta del
Cristianesimo contro i pagani
nordici.
Inoltre, giacché le tradizioni
pagane ci sono giunte attraverso
i miti, è giusto riflettere meglio
sul mito per distinguerlo dalla
favola o dal racconto ludico per
ragazzi e infine, un po’ più
avanti
e
interessati
alla
Mitologia Slava, ricostruirne gli
aspetti peculiari slavo-russi.
Naturalmente diciamo subito
che, per motivi più in là esposti,
la documentazione relativa è
scarsa e frammentaria, ma noi
c’immergeremo nella palude e
raccoglieremo quel che potremo… respingendo la follia di
far rivivere riti o dèi del passato
in vesti romantiche e in anacronistici contesti!
Già nell’Alto Medioevo ci furono difficoltà a dare un nome al
credente di religioni diverse dal
Cristianesimo e la parola preposta, paganus, fu sottoposta ad
un
processo
ideologicolinguistico per consolidarne
(con
un
colorito
più
spregiativo) il significato di non
battezzato,
al
posto
di
contadino imbelle finora valido.
Assicuratosi
lo
strumento
lingui-stico, cominciò alfine la
pro-paganda delle proibizioni e
delle ridicolizzazioni atte a
distruggere quella che fosse la
filosofia o la religione dei
popoli nordici.
Sarebbe giusto farsi un’idea di
che
cosa
s’intenda
con
religione, ma, siccome si è
scritto tantis-simo e dibattuto
altrettanto, qui ci limitiamo a
dire che dal punto di vista
scientifico essa non è altro che
un sistema mitologico che offre
spiegazioni di vario tenore e
contenuto (ciascuna re-ligione
si vanta di darne migliori di
altre) sul significato del-l’essere
vivi nel mondo e su come
rapportarsi con un even-tuale
divino creatore.
A questo proposito, allo scopo
di distinguere le religioni
dominanti e sedicenti portatrici
di verità e di etiche universali,
nel passato furono coniati dagli
etnografi europei vari termini
da attribuire alle credenze
sparse nel mondo coloniale
considerate inferiori.
E.B. Tylor coniò nel XIX sec.
Animismo per i Paganesimi e la
parola ebbe la sua esclusiva ragion d’essere nel porre i pagani
animisti su un gradino più basso
e svalutarli sul ricco mercato
delle idee.
Un altro termine pure abusato
nel parlar corrente è Politeismo
in cui però non troviamo
alcunché di degradante se lo
attribuissimo al Paganesimo
perché, a guardar meglio le
cose, anche il contrapposto
Monoteismo Cri-stiano non è
davvero tanto diverso ed è
difficile distinguere la sua
Trinità e i suoi Santi dai tanti
dèi delle religioni po-liteiste…
Ma serve avere tali distinzioni
artificiali e capziose?
E hanno ancor valore, visto che
il
Cristianesimo
definisce
sponta-neamente gli dèi pagani
come Demoni o emanazioni del
Diavolo (si leggano sant’Agostino e Rabano Mauro o Ermete
Trismegisto o le Cronache
Russe revisionate da Nestore),
que-st’ultimo un essere creato
dallo stesso dio cristiano?
Nel
Medioevo
certamente
valeva la pena esortare contro la
vene-razione
del
Diavolo
perché un Anticristo dava
fastidio e, si spie-gava, il
Diavolo era un angelo ribelle di
certo inferiore al Dio Cristiano,
ma quasi altrettanto potente e
perciò capace di porta-re
confusione nell’animo dell’uomo spingendolo verso il
ma-le.
A noi sembra che sia un
semplice problema di rango e
non di dubbiosa esistenza,
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
sempre ammesso che dio e dèi
siano realtà!
Purtroppo queste sono concezioni che continuano a circolare
tuttora a braccetto con l’idea di
negare ogni validità alla fede e
al pensiero pagano.
Addirittura, e qui entriamo nel
vivo del nostro discorso, nelle
definizioni ufficiali una mitologia, per il fatto d’esser
collegata agli dèi pagani, è
marchiata col nome di “superstizione” (parola carica di sentimenti negativi in quasi tutte le
lingue europee, ma che
significa unicamente pratica
religiosa esistente al di là dei
riti ammessi dallo stato
imperiale romano) mentre
l’altra mitologia, per il fatto di
essere cristiana, non può
neppur esser così chiamata, ma
va definita religione rivelata
unica e vera sopra ogni altra.
Mito e Mitologia sono parole
de-rivate dal greco che indicano
l’una un racconto orale e l’altra
una loro raccolta organica.
Attenzione però!
Mentre il Paganesimo grecoromano e la sua mitologia erano
tenuti in grande stima dal
pensiero cristiano in quanto
pre-decessori storici del “sapere
teo-logico” insegnato nelle
università medievali, quello dei
popoli nor-dici doveva restare
mal cono-sciuto e ne veniva
impedito lo studio.
Insomma ammettere l’esistenza
di un qualsiasi altro pensiero,
religioso o no, era una
questione di fondo spinosa che
si risolveva proprio non
attribuendo alle sel-vagge genti
settentrionali,
a
“questi
animali”,
alcun
grado
d’intellettualità che invece i
Gre-ci e i Romani avevano
avuto e poi passato in eredità ai
Cristiani.
La
logica
di
questo
ragionamento stava nel fatto
che la Chiesa si era impadronita
giusto delle idee pagane
classiche
per
radicarsi
nell’Impero Romano e farlo poi
cristiano.
Siccome non sono mai esistiti
poteri secolari che non abbiano
cercato di allargare il proprio
do-minio, da alleata del potere
arma-to l’unico compito che
restava alla Chiesa con i suoi
secoli di dominio ideologico era
evan-gelizzare i barbari per
facilitarne la conquista dei
territori!
E così un sistema cristiano conquistatore e mercantile quasi
per-fetto, dato il pensiero
classico per morto e finito, si
mette al lavoro e rifiuta ogni
mitologia, salvo la propria,
capace di inquinare il progetto
social-economico
che
sta
nascendo al volgere del 1°
millennio!
Il politeismo sincretistico romano era stato molto elastico ogni
qual volta che una nuova
regione e relativo popolo erano
stati an-nessi all’Impero e, nel
caso dei popoli nordici, avrebbe
con ri-spetto assorbito i loro dèi
nel suo pantheon come era
sempre avvenuto.
Anzi!
Gli scritti di Plinio il Vecchio o
di Tacito sulle credenze
germano-baltiche, pur con evidenti alterazioni, sono degli
esempi calzanti di tale modo di
fare pragmatico da secoli già
consolidato nella mitologia imperiale!
Le peculiarità dei costumi con
gli dèi rispettivi dei conquistati
sarebbero stati annotati e, sistematizzati negli schemi ufficiali,
noi avremmo avuto qualche
det-taglio in più.
La Chiesa al contrario non si
permise mai aperture simili.
La preoccupazione, giustissima
dal suo punto di vista, fu che
prima d’ogni altra cosa si riconoscesse il maggior spazio al
dio cristiano, proclamato il più
po-tente fra tutti gli altri dèi (e
demoni), e in più, dal bacino
del Reno fino all’Elba ossia fra
i Germani e gli Slavi, lavorò
sodo affinché la “paganità” di
quei barbari fosse lavata via e
di-menticata automaticamente.
Si può facilmente intuire che gli
scontri fra i centri di
propaganda cristiani e i focolai
pagani
fos-sero
frequenti,
benché i contem-poranei li
considerassero episodi di ordine
minimo.
Su questo punto potremmo
partire da Gregorio Magno che
nel VII sec. d.C. fu uno dei
primi ad avere notizie di prima
mano sugli scontri con gli Slavi
nel sudest dell’Europa in una
famosa corrispondenza con
Massimo,
vescovo
di
Tessalonica
(l’odier-na
Salonicco), che li vedeva
attaccare la propria città.
Il Papa tentò allora in tutti i
modi
di
circoscrivere e
giustificare l’ostilità contro quei
pagani rac-comandando tra
l’altro non tanto di combatterne
gli usi e i costumi o di
distruggerne i luoghi di culto
con la forza (le armi non furono
mai bandite) quanto invece di
integrarli
nella
“morale
cristiana”
possibilmente
avocando le loro feste e i loro
culti alla protezione dei santi
consacrati
dalla
Chiesa,
addirittura inventandone di nuovi, se necessario.
Se si considera che il Cristianesimo, di natura cittadina e
aristocratica, presentiva già
l’acme del successo futuro nel
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
ruolo di sponsor e garante dei
poteri secolari, la soluzione
suggerita sopra era la migliore
per prevalere.
Malgrado ciò quattro secoli
dopo i territori cristiani in
Europa ap-paiono essersi ridotti
mentre i pagani non sono
scomparsi.
Anzi!
Lustrati dalla benedizione dell’acqua santa di un blando
battesimo cristiano, perseverano
imperterriti nei loro riti talvolta
nella clandestinità e, in
ambiente slavo-germanico, si
nascondono
dietro
un
Paganesimo masche-rato con la
croce. Roma (ma pa-rimenti la
più potente e più moderna
Costantinopoli)
esco-giterà
nuovi espedienti per aggi-rare
le conseguenze funeste delle
conversioni forzate quando vide
che
nei
catecumeni
s’alimentava un odio crescente
verso la stessa Chiesa non
appena appariva chiaro che la
nuova
fede
comportava
l’assoggettamento ai poteri
secolari forti con tasse e altri
oneri mai auspicati.
Per questi motivi, siccome
l’unico scopo era ampliare il
consenso popolare alla raccolta
delle
prebende
e
alle
imposizioni delle corvées, le
manovre cri-stiane, al di là della
spiritualità che non c’interessa
qui toccare, diventarono più
sofisticate.
Annotato per sommi capi il
quadro storico fino al XII sec.,
torniamo ora al mito.
Un racconto orale?
Sì, ma non basta.
Nel dizionario Zingarelli (1968)
troviamo che il mito è
un’…“immagine schematica o
semplificata, spesso illusoria, di
un evento, di un fenomeno
sociale, di un personaggio
quale si forma o viene recepita
presso un gruppo umano,
svolgendo
un
ruolo
determinante
nel
comportamento pratico e ideologico di
questo.”
I miti dunque sono non soltanto
parte di un costrutto culturale e
religioso del passato, ma vivono
con noi e capire a che cosa (e
se) servono diventa importante
ancor oggi.
Né potrebbe essere altrimenti,
se noi stessi siamo prodotti
della cultura in cui ci siamo
formati e restiamo i ripetitori
(non passivi, visto che usiamo
spesso rife-rimenti mitici) di
tutto quanto questa ci ha
inculcato. Imma-ginando allora
un viaggio a ritro-so nel tempo,
il discorso sul mito deve
iniziare dalla nascita, dal
momento in cui l’individuo uscendo dal mondo “nonumano” in cui si trovava
s’affaccia in quello “umano”
attraverso il pas-saggio che per
il neonato (ma anche per il
coniuge o per il membro
acquisito) è rap-presentato dalla
vulva femminile.
È un aspetto simbolico non
secondario giacché da quel momento in poi alla persona è
assegnata la differenziazione
cul-turale primaria ovvero il
sesso col suo proprio ruolo.
Nella nuova realtà, alle prime
apparenze ostile e irta di
pericoli, il nuovo venuto
passerà proba-bilmente il resto
della vita.
A parte il coniuge, la presenza
della donna-madre è fondamentale.
Grazie all’età e all’esperienza,
costei conosce l’ambiente da
lun-go tempo e in esso sa
districarsi e perciò, assicuratasi
che suo figlio è sano e vivrà, si
assume la responsabilità di
insegnargli a vivere con le
norme vigenti.
A questo punto è chiaro che per
diventare membro vero e pari
agli altri al neonato occorre un
certo periodo di “tirocinio alla
vita” strettamente legato con la
madre-maestra sulla quale,
caso-mai il bimbo dovesse inaspettatamente
morire,
ricadrebbe la colpa grave di non
aver avuto cura sufficiente di
lui con tutte le pesanti
conseguenze previste.
Alla fine, sotto la spinta della
natura e con i mezzi fisici e
psicologici di cui dispone, la
ge-nitrice trasmette le proprie
cono-scenze accumulate fino a
quel momento in modo che il
bimbo acquisisca i gradi di
libertà
oc-correnti
per
continuare a vivere.
Ed ecco un primo passo da
com-piere per entrare nel
mondo degli adulti ossia
l’iniziazione.
Le byline (racconti popolari
russi da cui si possono estrarre
alcuni dei miti a cui ci
riferiamo) in-dicano persino che
nel mondo slavo ci fossero riti
iniziatici separati per le
femmine e per i maschi e quindi
dobbiamo im-maginare tutta
una serie di rituali ai quali
sottoporsi
per
accedere,
fisicamente e “spiritualmente”,
all’ambiente in cui si vivrà in
gruppo…
Permettiamoci un’utile e breve
digressione per il mondo slavo.
La madre fa parte d’una
comunità primaria o famiglia
diversa però da quella nucleare
che conosciamo oggi formata
da madre e padre con i rispettivi
figli.
Lì c’è la famiglia patrilocale
estesa in cui più d’una generazione con a capo un maschio
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
anziano convivono e talvolta
formano un intero villaggio.
Se ci chiediamo a che serva un
gruppo organizzato del genere e
se sia importante per la tradizione pagana, pur non avendo
la competenza per azzardare facili definizioni in termini
antropologici né per discutere i
principi con cui si classificano
in
etnografia le diverse
comunità umane, ci preme
rispondere che il bisogno
generico di uomini e donne
adulti a formare gruppi stabili
probabilmente partì giusto dalle
donne-madri
moltissimi
millenni fa.
Alle femmine non soltanto toccava nutrire i propri piccoli, ma
occorreva
difenderli
dagli
assalti di animali predatori
mentre esse erano occupate con
i maschi a procurare cibo per
tutti.
Queste
attività
sono
intimamente connesse fra di
loro e derivano dalla nostra
natura biologica in cui la
riproduzione della specie è
importante farla funzionare non
solo all’età giusta, ma anche
trovandosi in buone condizioni
fisiche e psicologiche (sazi e
contenti).
Associandosi, si facilitava
inoltre l’incontro fra i due sessi
e
l’accoppiamento
poteva
avvenire senza eccessivi traumi
e in un luogo protetto, sapendo
che per il coito umano si
richiede più tempo che per altre
specie.
Abbiamo parlato di gruppo che
occupa un ambiente o uno
spazio.
Oggi queste sono parole abbastanza correnti che si possono
“allargare” a tutto il pianeta (un
posto al sole, lo spazio vitale, la
globalizzazione etc.), ma nel
passato il concetto di territorio
riservato ad un gruppo era ben
più limitato mentalmente e fortemente sacralizzato.
Un “pezzo di spazio” abitato è
un vero e proprio mondo a sé
col quale tutti sono relazionati e
la cui acquisizione è un’impresa
in comune tanto straordinaria
da costituire solitamente l’argomento di miti elaboratissimi:
basti pensare ai grandi poemi
epici composti dai vari popoli
sull’occupazione di una nuova
patria.
Siccome in questo spazio deve
avvenire l’iniziazione, quel rito
è molto importante per la
società!
In termini pratici l’aspirantemembro
ha
imparato
a
governare tutte le funzioni del
proprio corpo e, dopo che ciò
sia stato verificato dagli anziani
secondo le modalità prescritte,
può pas-sare allo stadio
successivo.
Due insegnamenti occorre
inculcare precocemente: il
primo è il rispetto per l’autorità
co-stituita cioè per le gerarchie
d’età e di sesso e, subito dopo,
l’ob-bedienza alle regole, alle
leggi, alle usanze oltre a
paventare le sanzioni applicate
al contrav-ventore.
Con l’ausilio dei sapienti si apprenderà come si costruiscono e
si adoperano certi arnesi, come
si lavora il legno o si spaccano
le pietre o si semina o come si
usano le armi e tante altre cose,
giacché sia gli arnesi sia le
attività lavorative sono indispensabili elementi dei riti
iniziatici.
L’iniziazione somiglia alla frequentazione di una vera e
propria “scuola di base” in
termini mo-derni (o forse
meglio di un “liceo”), ma alla
stessa stregua, non essendoci
ancora l’uso dello scrivere, è
inutile cercare “libri di testo”
perché la verbalità è dominante.
E siamo giunti così alla Civiltà
del
Parlare
che
con
l’invenzione del linguaggio
articolato sembra distinguere
l’uomo dagli altri animali!
Avete mai notato che all’udire
persino un semplice suono,
emesso o no da bocca umana,
immediatamente nella nostra
mente (addirittura prima di
saper parlare o comprendere
una lin-gua) si generano delle
immagini?
Noi per comodità le abbiamo
ordinate in tre tipi: 1.
Sensazioni (paura, meraviglia,
apprensione, allegria, soddisfazione etc.) o memorie
olfattive o tattili o oniriche, 2.
Immagini di oggetti a noi noti
da esperienze passate e infine 3.
Immagini di persone o di figure
che assomiglino a uo-mini o a
qualcosa di composito semiumano.
La mente accumula queste immagini continuamente nel proprio archivio o memoria e, a
causa degli “archivi mentali”
diversi fra persone diverse l’immagine che si crea nella mente
di chi sta ascoltando un
messaggio parlato non sempre
coincide con quella che chi
parla
sta
tentando
di
trasmettere.
Per evitare fraintendimenti la
lin-gua fornisce allora la
possibilità di ricorrere a
descrizioni
sempre
più
dettagliate, aggiungendo particolari sempre più intimi o più
stuzzicanti etc. etc. un po’ alla
volta finché gli “oggetti
mentali” – nel nostro caso del
docente e del discente – non
coincidono.
A questo punto si dice che la
trasmissione è avvenuta con
successo!
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Nel processo iniziatico il
sistema
linguistico
serba
linguaggi
ap-positi
per
l’insegnamento
(discorso
aulico, poetico, al-legorico etc.)
contrapposti a quelli d’ogni
giorno e così nel caso del mito
si odono parole reboanti, si
descrivono figure di personaggi
straordinari o si parla di eroi ed
eroine coinvolti in eventi
assolutamente fantastici.
Quando occorra mettere in
risalto certi tratti salienti
dell’evento raccontato, si usano
persino giri di parole e figure
retoriche complicati giudicati
più efficaci per la comprensione
e l’assi-milazione.
Allo scopo di favorire la partecipazione dei discenti, si può
migliorare la trasmissione del
mito con delle tecniche mnemoniche che hanno sempre accompagnato il mito cioè il
canto, le litanie, i gesti speciali,
le danze e le imitazioni ludiche,
le ripetizioni.
Persino l’intervento del genio
poetico dell’antico cantautore,
chiamato nelle diverse lingue
scaldo, aedo, vate o pevez, con i
suoi espedienti linguistici e musicali come anagrammi o scioglilingua, ritornelli etc. è di
gran-de
aiuto
perché
trasformano il mito da una
semplice “materia scolastica
d’insegnamento”
in
una
piacevole espressione arti-stica
da ascoltare o, addirittura, da
ricordare come epos nazio-nale.
L’efficacia di queste tecniche è
tanto vera che la pedagogica
cri-stiana la sfruttò appieno.
I drammi sacri, i cori, gl’inni e
tanti altri tipi di insegnamenti
cantati e suonati sono ancora
og-gi il vanto di ogni
manifestazione liturgica!
Qui però si nota meglio
un’evoluzione più tipica: con
queste tecniche mediatiche si
guidava nel Medioevo l’attenzione del catecumeno sempre
più verso i libri, millantando
che i miti cristiani (il Vangelo,
la Bib-bia, le Vite dei Santi)
erano unici, veri, immutabili e
cultu-ralmente superiori (cioè
edifi-canti)… perché raccolti in
uno scritto!
Questa manovra ideologica, che
evolverà e migliorerà fino all’avvento di Internet, è chiara:
si indica il mito e la mitologia
pagani come cultura popolare
analfabeta proprio perché orale
rispetto alla cultura nobile
superiore legata invece allo
scritto!
Malgrado ciò, nel Paganesimo
esistette una scrittura sacra!
Infatti rune germaniche, russe e
finniche incise in modo sparso,
sebbene non costituissero dei
testi compiuti, ma soltanto brevi
invocazioni
o
motti
cristallizzati,
sono
state
ritrovate su vari oggetti (i
bastoncini slavi per leggere il
futuro) ed erano usate allo
stesso modo dei testi su
pergamena cristiani.
Certamente di fronte alle Sacre
Scritture, le rune scritte su una
pietra o su un pezzo di legno
posseggono un valore assai
meno coinvolgente!
Addirittura,
oggi
sarebbe
difficile immaginare di fermare
un eser-cito invasore col solo
agitare da-vanti al comandante
nemico un libro scritto in una
lingua scono-sciuta (come era il
latino
del
Vangelo
nel
Medioevo).
Eppure il papa Leone ci riuscì
con Attila, Sacre Scritture in
mano e agitando la croce,
perché ben conosceva la forza
magica di quegli oggetti e
soprattutto il fa-scino che essi
esercitavano sul barbaro di quel
tempo!
Concludendo, il mito pagano
nasce così e prima di ogni insegnamento scientifico!
Un esempio ci aiuterà allora a
distinguere il mito dalla definizione scientifica moderna.
Da un libro di Fisica traiamo la
seguente
descrizione
di
un’espe-rienza
abbastanza
comune: Definiamo un piano
inclinato un piano che incontra
un altro pia-no orizzontale di
riferimento con una certa
angolazione.
Ogni volta che poniamo una
sfera sulla parte più alta del
piano inclinato, vedremo la
sfera rotolare verso il basso.
Di qui deduciamo che qualsiasi
corpo posto su una superficie
inclinata rispetto al piano orizzontale terrestre da una certa
altezza tende a cadere sempre
verso il basso per gravità.
Passiamo ora alla Mitologia
Greca e leggiamo di Sisifo:
Sisifo, figlio di Eolo e Enarete,
era un re rinomato per i suoi
atti fraudolenti, tanto che riuscì
persino ad ingannare la Morte.
Gli dèi lo punirono per
l’orgoglio di voler diventare
immortale come loro e lo condannarono nell’Ade ad un supplizio eterno.
Con l’aiuto delle mani e dei
piedi doveva portare in cime ad
una montagna un masso
facendolo rotolare.
A breve distanza dalla cima, il
masso però ogni volta gli sfuggiva e cadeva rotolando verso il
basso, per cui Sisifo doveva
rico-minciare tutto daccapo.”
Nei due brevi testi riportati non
è forse stata descritta la
medesima esperienza?
Noi l’abbiamo letta una volta in
“versione scientifica” e un’altra
in “versione mitica”.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Qui possiamo concludere che il
mito è un racconto stratificato
nel tempo di un’esperienza
reale (considerata tale persino
se vis-suta in sogno ossia
“ricevuta dall’esterno”) subita o
compiuta dai membri della
comunità e fissata in una serie
di parole (scelte con cura e per
principio immutabili, sebbene
sostituibili non appena il
contenuto
mitico
diventi
obsoleto o muti la comunità
dove esso serviva) che il
novizio deve
attentamente
ascoltare, ripetere e, quel che è
più importante di tutto, assimilare incorporandolo nei
pro-pri atteggiamenti e nei
modi personali di reagire di
fronte al quotidiano.
E infine un’ultima considerazione: il mito stratificato dal
tempo perde a volte molto del
suo valore originario storico e si
concentra
in
stereotipi
elementari (memi) che possono
più facil-mente passare come
“pillole” al servizio della
politica della classe dominante,
trasformandosi in dogmi di fede
che
giustificano
qualsiasi
potere.
Di esempi di tale uso dei miti la
storia è piena a cominciare dai
primi stati mesopotamici per
giungere fino ai nostri giorni...
Se ciò è chiaro, i tratti basilari
del mito sono quelli che Giambattista Vico aveva individuato
già nel 1700: 1. una descrizione
del mondo in cui viviamo; 2.
una morale pedagogica da
appren-dere affinché siano
evitati danni fisici al proprio
corpo e a quello degli altri e 3.
suggerire un comportamento
ideale
attraverso
un
personaggio e un evento mi-tici
creando i modelli da imitare
affinché
nel
novizio
si
costruisca
una
nuova
personalità, tutta sua ma che
riconosca l’ordine natu-rale e
non osi disturbarlo con inutili
devianze.
Il mito non fa storia, ma
morale, etica e costume.
Ciononostante le Mitologie Pagane
continuarono
a
tramandarsi
oralmente
di
generazione in ge-nerazione
nelle società del Nord Europa.
Sopravvissero ed evol-sero,
sebbene
pesantemente
inquinate di Cristianesimo.
Purtroppo è arduo distinguerle e
separarle fra di loro a causa dell’inquinante stesso che le ha
penetrate ed alterate e, di conseguenza, i Paganesimi nordici
sembrano molto simili e non a
causa dei legami interpersonali
stabilitisi fra le etnie a contatto
per secoli in quelle “lontane”
regioni!
Certo, non si può che essere
grati per l’area culturale del
nordest
europeo
agli
appassionati del XIX sec. per le
sistemazioni in forma scritta del
Kalevala fin-nico o del
Kalipoeg estone o infine del
Cantare della schiera di Igor e
come pure delle byline, ma
questo materiale è talmente
sparso che non è facile
riscrivere una mitologia senza
scivolare nella speculazione.
Alla fine condividiamo l’opinione della E. Levkievskaja che
la
Mitologia
Russa
in
particolare è troppo giovane
(non supera i 1000 anni d’età!)
per metterla insieme con il
metodo
compa-rativo
e
partendo dal folclore po-polare
russo conservatosi fino ad oggi.
Per di più, quando la
ricercatrice
russa
contemporanea, T. I. Sen’kina,
ammette che “i racconti
popolari della Carelia (urgofinnica)
attraggono
l’attenzione per le loro strette
relazioni
con
le
byline
(russe)…” in circolazione nel
mondo con-tadino dell’estremo
nord,
si
rico-nosce
implicitamente
che
una
commistione di culture diverse
c’è stata e c’è ancora e ciò
rende il Paganesimo slavorusso ancor più composito e
articolato.
[email protected]
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in Christianity, Boston 2003
SCIENZE DI FRONTIERA
MAGNETISMO
DISSOCIANTE
Massimo Maravalli
“Che bella, farei qualsiasi
cosa per stare con lei”!
“Non faccio altro che
pensare a lei”!
A chi non è capitato di
prendersi una cotta per una
ragazza
in
età
adolescenziale?
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Attrazione, è una parola a
noi nota ma sicuramente
poco cono-sciuta.
Chi di noi non cerca di
essere
attraente
per
qualcuno?
Essere attratti da qualcuno
o da qualcosa è facile ma
forse il dif-ficile è darsi
una spiegazione.
Il gioco delle calamite è un
e-sempio molto eloquente,
se i poli sono diversi si
uniscono, mentre se sono
uguali si allontanano ma,
entrambi, attirano a se
corpi estranei soggetti al
loro magne-tismo.
Quindi per interessarci di
qual-cuno o di qualcosa
dobbiamo
esserne
richiamati.
Si ma cos’altro ci spinge
oltre
l’interesse
e
la
condivisione?
Questo fa supporre che
molto probabilmente siamo
predisposti
proprio
per
questo.
Forse,
siamo
parte
di
qualcosa
a
cui
non
possiamo sottrarci, come
quegli
animali
che
“perdono la bussola” nei
loro
spostamenti
migratori.
Sì, come si sa, la terra è un
ma-gnete
e,
di
conseguenza, tutti quelli
che vi abitano sono soggetti al suo richiamo.
D’altro canto, noi abbiamo
insite in noi delle certezze
come ad esempio: la morte,
che vediamo come la nostra
fine e, altra dimostrazione,
è quella che, se qualcuno ci
dice la parola apocalisse,
sappiamo subito a cosa si
riferisce.
Da “sempre” questa parola
è presente nella nostra
mente e da “sempre” siamo
consapevoli del fatto, che
dove c’è un inizio c’è una
fine.
Mi spiego meglio, oggi nel
mondo c’è una psicosi
globale nata a seguito delle
rivelazioni del popolo dei
Maya, cioè, che nel 2012 ci
sarà una tra-sformazione
planetaria che interesserà
la terra e per alcuni ci sarà
addirittura la fine del
mondo.
Cosa ci attira verso questa
“verità”?
Sicuramente l’attendibilità.
Molti
studiosi,
infatti,
hanno
riconosciuto
la
validità e la precisione del
loro calendario e, molti di
essi, sono attratti dalla loro
profezia che fa parte della
leggenda
di
questa
popolazione.
La storia di questa etnia è
im-mersa nel mistero e
molte sono le domande che
legano psicologicamente a
se molte per-sone.
Come facevano in quel
periodo a calcolare in modo
così preciso le fasi solari e
lunari
e
prevedere
esattamente le loro eclissi?
Come
hanno
fatto
a
posizionare
le
loro
costruzioni rispettando un
“ordine”
celeste
così
preciso?
La “prova” della loro
sapienza sul sistema solare,
è sicuramente quella della
piramide a Cuculcàn, essa
infatti, era costituita da
365 gradini e, nei giorni
degli
equi-nozi
di
primavera e d'autunno, i
raggi di luce formavano
un’illusione ottica davvero
af-fascinante, quella di un
grande
serpente che
si
muoveva nei gradoni nord
per oltre 3 ore.
Altre domande catturano la
cu-riosità di molti, ad
esempio come hanno fatto a
modellare il famoso teschio
di cristallo?
La lavorazione di questa
scatola cranica, è tutt’ora
un mistero, infatti, oltre ad
essere fatta di un materiale
molto resistente che ha una
durezza di poco inferiore al
diamante,
per
la
sua
creazione è stato adottato
un
sistema
molto
tecnologico ancora in fase
di studio.
Ecco,
questa
forte
“attendibilità”, attira a se
stimolando la curiosità di
molti, facendo nascere in
loro la convinzione che
tutto ciò potrebbe essere
vero.
Allora mi chiedo: io posso
essere
“catturato”
mentalmente da sem-plici
informazioni
attendibili
det-te
da
autorevoli
scienziati sulla base di cose
a cui neanche loro sanno
dare una risposta?
Oppure, posso credere ai
misteri o alle ipotesi di
importanti studiosi, solo
perché loro stessi non
riescono a spiegarsi come
mai
qualcuno
li
ha
anticipati, senza avere a
disposizione
i
potenti
mezzi tecnologici di oggi?
Beh, io credo che chi sa
utiliz-zare questa calamita,
sa di sicuro che sta
“giocando” con il fuoco, in
quanto
tutti
siamo
magnetici o magnetizzati,
nessuno escluso e forse
chissà, oltre a sapere che
esiste la smagnetizzazione
saprà certamente che è di
un polo uguale a quello di
molti altri.
[email protected]
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
LIFE AFTER LIFE
UNA DOMANDA
SENZA RISPOSTA
Noemi Stefani
Ma cosa succede dopo la morte?
Questa domanda ce la poniamo
tutti, se ha un senso vivere e
soffrire così tanto su questa terra,
e sembra essere senza risposta.
Nemmeno gli Angeli desiderano
fare luce su questo.
Lasciano intendere però.
Lasciano che si apra uno
spiraglio con l'Altra Dimensione.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Serafino si descrive, parla dei
fratelli alati.
Siamo tutti Angeli, non c'è
sesso.
Siamo tutti precisi. Potresti
scambiarci per gli altri.
Noi siamo tutti uguali, ci
distingue poi la potenza.
Cantiamo le lodi sulla terra, per
quanto riguarda il cielo, lì non
serve perchè lì tutto è soltanto
pensato.
Poi parla di quello che avverrà
dopo la morte
Dopo
VERREMO
A
PRENDERVI, faremo un passo
insieme, avrete altre strade. Poi
saremo insieme per tutto il tempo
che sarà necessario.
Chiedo ‘Ma come sarà la morte?’
No.
Non potremmo dirtelo.
Sarebbe troppo rischioso per voi.
Solo a Dio è permesso.
<0>
Capisco che il messaggio è
terminato perchè finisce sempre
in questo modo, tracciando un
cerchio.
Il cerchio oltre ad avere il
significato del tempo (Uroburos)
l'infinito, rappresenta anche la
perfezione, cioè Dio.
Ma tutto si collega, come ho
avuto modo di capire negli anni,
e nulla è fine a se stesso.
Ogni nozione che proveniva
dagli Angeli precedeva una
conferma e
il simbolo del
cerchio (O) l'ho ritrovato anni
dopo.
Era distante da qui, in Palestina,
al lago di Tiberiade.
Impresso nelle mura sbrecciate
della sinagoga di Cafarnao dove
aveva predicato il nostro caro
Maestro, Jesus...
Gli Angeli vi lasciano segni,
imparate a vederli.
Imparate a distinguere quello che
vale
e
a
tralasciare
le
sciocchezze.
Vi aiuteranno a trovare il filo
Conduttore che vi porterà a
risolvere
tanti
conflitti
esistenziali, vivrete più sereni.
Per prima cosa però…bisogna
CREDERE e lasciare aperta la
porta del cuore.
Vedere questo cerchio per me è
stato un dono grande, il più bello
che potessi ricevere.
Questo segno veniva utilizzato
per dire che al momento il
discorso era lasciato in sospeso
ma che sarebbe ripreso presto.
Così è stato.
A volte permettono che qualcuno
dall'altra parte ci possa parlare,
perchè non dimentichiamo che
Dilà si vive.
Poi a volte gli Angeli troncano i
discorsi bruscamente.
Noi avremo soltanto le nozioni
che possiamo ricevere.
Quello che ci siamo guadagnati.
Gesù l'ha detto che il Padre è il
Dio dei viventil e loro
continuano a sperimentare nello
spazio tempo.
Mio
padre
mancato
all'improvviso tanti anni prima
un giorno mi disse
Parla con me, sono papà,
molte persone sono poco portate
a questa nuova apertura, alla
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
comprensione della nuova porta
che si apre su Dio.
Parla con loro.
Dì che le cose meritano più
importanza.
Se non comprendono adesso, poi
sapranno solo quello che
possono comprendere ora.
Tu potresti spiegare che noi
sappiamo oltre la vita...
Si può dedurre che chi non arriva
a comprendere adesso, poi non
potrà capire molto di più.
E' adesso sulla terra che
dobbiamo aprirci e imparare.
Devi sapere che gente ce n'è
tantissima e siamo tutti qui a
pensare a voi.
Per ora non posso dirti perchè,
ma il dolore porta amore.
Adesso noi siamo sereni.
Solo la morte tace al pazzo
richiamo dei soldi.
Anche se ti sembra strano, potrei
assicurarti che ora avrei pochi
sogni da desiderare.
Pochi perchè qui tutto è
possibile.
Morire è stato solamente cadere
nel sonno profondo dell'anima.
Parla di questo con loro.
Parla come se avessero bisogno
di aver pace nel cuore.
Parla!
Non ho altro da aggiungere, in
questo messaggio c'è già tutto
per chi vuole capire.
Se avrete qualsiasi domanda da
porre, scrivetemi.
Per quello che so, parlerò io, per
ciò che non conosco...
Chiederemo direttamente a Loro.
State in pace, non soffrite più.
Togliete la mente dai soliti
problemi, dalle
preoccupazioni, dalle sofferenze...
Sopra di voi c'è tanto azzurro.
[email protected]
ALTRE VERITA’
INFERNO E PARADISO
Alateus
www.alateus.it
A proposito di Inferno (inteso
come luogo di eterno dolore, e
non come personaggio custode
dell'Ade), occorre rammentare
che durante i lavori del Concilio
Vaticano II (1962-1967) l'allora
titolare del Soglio di San Pietro,
Giovanni XXIII (papa di un certo
carisma e che aveva raccolto
intorno a sè numerosi consensi)
se ne venne fuori affermando che
"l'inferno non esiste" e che la
punizione per i peccatori consiste
nel vivere in eterno lontani dalla
luce divina e perciò privati della
supposta beatitudine che ne
deriva.
L'affermazione lasciò tutti di
stucco
generando
gravi
imbarazzi.
Non si sa come la prese il
presunto Gesù che in vita sua
terrena aveva molto insistito
sulla fine che avrebbero fatto i
peccatori, condannati ad essere
precipitati nella Gheenna del
Fuoco; d'altro canto anche Dante
si deve essere rivoltato nella
tomba,
proprio
lui
che
dell'inferno
aveva
minuziosamente
descritto
organizzazione e struttura.
L’inferno di Dante
Il risvolto pratico fu una
percettibile
riduzione
degli
introiti di bottega in quanto molti
si chiesero se valeva ancora la
pena di pagare la tangente al
prete per evitare di finire arrosto,
ora che le fiamme dell'inferno
erano state dichiarate estinte.
E' vero che restava sempre
l'opportunità di tentare la
conquista del paradiso ma questo
pare non sia mai stato un grande
incentivo per le masse di fedeli.
Se chiedete a molti praticanti di
darvi una definizione sulla natura
e sul significato di paradiso
rischiate di ricevere le risposte
più strane.
Tertulliano
Tertulliano, a suo tempo, aveva
definito il paradiso come "il
luogo dove i beati possono
eternamente
contemplare
e
godere delle torture inflitte ai
dannati".
Qualche tempo dopo il papa
successivo, Paolo VI, appena
preso possesso della sua carica,
si affrettò a ribadire con molta
energia che "l'inferno esiste,
eccome!".
La domanda che ora viene
naturale è questa: cosa deve fare
un fedele praticante di fronte a
due affermazioni fatte da due
INFALLIBILI in netto contrasto
tra di loro?
Forse non troverete nessun
riferimento a tutto ciò negli atti
ufficiali del Concilio Vaticano II,
ma li troverete sicuramente sulle
pagine di quei giornali che
all'epoca
pubblicavano
quotidianamente
cronaca
e
resoconti dei lavori conciliari.
Comunque sia, a parte le
esternazioni di Giovanni XXIII,
è interessante notare come quasi
tutte le religioni siano concordi
nel definire i loro "inferni" come
luoghi di atroci sofferenze che
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
solo la mente perversa e corrotta
del prete riesce ad immaginare.
Viceversa sulla definizione di
"paradiso"
le
incertezze
dominano; per alcune religioni il
paradiso nemmeno esiste.
Per altre le idee sono confuse ed
incerte.
Nell'ebraismo solo determinate
correnti
lo
prendono
in
considerazione.
L'unica religione con idee
apparentemente
abbastanza
concrete è l'Islam.
Il musulmano che muore in
grazia di Allah accede ad un
giardino di delizie dove viene
nutrito con latte, miele, vini
prelibati
(non
alcolici
naturalmente) e deliziato da
vezzose
fanciulle,
sempre
vergini: le uri dai seni di
alabastro.
Alcuni ne assegnano 12, altri 40
oppure 70, altri ancora affermano
che il numero delle ragazze
assegnate corrisponde al numero
di Ramadan che il fedele ha
devotamente osservato durante la
sua vita terrena.
Il paradiso di Allah dovrebbe
dunque essere un posto dove tutti
copulano alla grande, come
conigli.
Però anche quì non mancano le
incertezze: alcuni sostengono che
le uri siano in realtà solo dei
grappoli di "uva bianca".
Resta comunque incerta la sorte
delle donne che muoiono in
grazia di Allah.
ala te u s @t i n.i t
CONFESSO, HO VIAGGIATO
MERAVIGLIOSE
HAWAII
Noemi Stefani
Un viaggio lunghissimo, massacrante, che però valeva sicuramente la pena di fare, anche se
sarei rimasta solamente qualche
giorno.
Mancavano pochi giorni al Natale del 2000.
Lasciavamo il freddo e la nebbia
della pianura padana per un luoTTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
go che tutti forse sognano un
giorno o l'altro di poter visitare.
Ad attenderci il volo della Delta,
uno di quegli aerei/pulman
affollatissimi che per andare al
tuo posto ti devi inserire strusciando i fortunati della businnes
class già spaparanzati nelle loro
poltrone di pelle nera con il drink
in mano.
Pensi...ah che bello.
Sarà così anche per noi che aspettavamo...
Manco per sogno!
Stavamo appiccicati in minuscoli sedili in fila per tre, e per
giunta a me toccava il posto
centrale.
Per capirci, quello che quando
devi alzarti per qualsiasi ragione
è meglio se eviti perchè ci si alza
almeno in due.
Vicino a me siede un anziano
signore dal ventre obeso.
(Tra me rifletto. A chi toccherà
appoggiare il braccio sul bracciolo stretto?).
Intanto, in attesa del decollo lui
si è già alzato un paio di volte a
chiedere da bere alle hostess.
Va a raggiungere la figlia a New
York, mi dice sorridendo sotto ai
baffi.
Mangia e beve, coca, rum e una
foglia di insalata gli è rimasta
appesa alla panciona.
Quando ha finito si pulisce i denti con l'indice, e poi soddisfatto si
soffia il naso nel tovagliolo.
Sempre al decollo e all'atterraggio le mie mani sudano
freddo.
Forse sarà paura o forse soltanto
consapevolezza che sono i momenti più rischiosi per chi viaggia in aereo.
Nove ore di volo e alla fine, occhi che lacrimano, naso secco e
gambe penzoloni.
Il sole ci accompagnerà per tutto
il viaggio e la giornata sembra
non finire mai, invece sono sol-
tanto le 15 del pomeriggio
quando atterriamo a N.Y.
Controllo dei documenti, poi arrivano i cani.
Uno si avvicina alla mia borsa da
viaggio, l'annusa tutta e temo
che voglia farci la pipì sopra.
Incomincio a preoccuparmi
quando ne arrivano altri due trattenuti a fatica da un police.
Dovrebbero essere cani antidroga.
I polices mi fanno aprire la
borsa.
Mi guardano storto, la droga non
c'è.
Dobbiamo aspettare il volo per
San Francisco per almeno altre
tre ore.
Si gira un pò per sgranchire le
gambe, che fare…
Nell'attesa si prova a telefonare a
casa...
Salvo sentirsi rispondere malamente da chi stava già dormendo.
L'aereo ritarda e ormai è buio.
Dall'alto N.Y. è tutta una luce.
Immagina un pannello luminoso
di lucette colorate che non finisce mai, ecco, è così.
Sull'aereo ormai dormono tutti,
vinti dalla stanchezza.
Stretti a una pseudo copertina
blu, il capo reclinato su un micro
cuscino, qualcuno della businnes
class ha acceso la luce di cortesia
e legge allungato nella sua comoda poltrona.
Finalmente si sbarca a San Francisco.
Qui bisogna attendere l'aereo per
Honolulu.
Si è rotto, e un ritardo dopo l'altro la gente sfinita si addormenta
sui tavoli e sul pavimento.
Arrivano patatine e coca cola ma
l'aereo non c'è.
Alla fine si riesce a ripartire e a
bordo c'è aria secca, bruciano gli
occhi.
Dopo un po’ si incomincia a
ballare e bisogna allacciare le
cinture.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Siamo entrati in una perturbazione e dal finestrino vedevo azzurri zigzag che illuminavano la notte.
Sotto c'era l'Oceano, automaticamente ho pensato agli squali...
Che guardavano in su, in attesa...
Ma è stato peggio quando si è
illuminata la scritta di prendere il
salvagene da sotto il sedile.
Poi l'allarme è rientrato.
Siamo arrivati a Honolulu alle 6
di mattina, stravolti dentro ai nostri giacconi pesanti.
Gli occhi allucinati a guardare
quelli del posto che giravano in
camicetta e pantaloni corti.
Nell'aria un profumo intenso di
fiori e foglie bagnate di pioggia
che ci stordiva.
Infatti siamo capitati durante la
stagione delle piogge.
C'è il sole e poi piove, va avanti
così ininterrottamente, e fa caldo.
Il mare è di un bel turchese degradante e l'acqua è tiepida.
Aloha, ci dicono.
Non è proprio un saluto, così come si pensa.
Aloha (aloca) è più un augurio e
significa <Buona fortuna>.
Me lo ha spiegato un vecchio nativo, capelli bianchi e pelle cioccolata.
Gli mancano un bel po’ di denti,
ma è raggiante con il suo bel sorriso .
È uno strano paese dove tutti si
sorridono.
Quel giorno ho avuto la fortuna
di incontrarlo e l'ho tempestato
di domande sotto alle palme di
Waikiki (Honolulu) che è anche
la spiaggia
Hawaii.
più famosa delle
Un po’ di nozioni
Lo stato americano delle Hawaii
si trova 2367 km a nord
dell'Equatore e 4025 km a sudovest della più vicina massa
continentale.
Le sei isole principali fanno parte
di un arcipelago composto da
128 isole che si allunga per 2452
km da Kure Atoll, a nord-ovest,
fino alla Big Island, a sud-ovest.
Le isole maggiori sono Oahu,
Maui e Kauai (dette Neighbor
Islands), la Big Island (Hawaii),
Molokai (dove venivano isolati i
malati di lebbra) e Lanai.
Si tratta di affioramenti rocciosi,
formatisi in seguito alla frattura
del mantello terrestre da cui per
25 milioni di anni sono
fuoriuscite masse immense di
lava fusa.
La Big Island, la più meridionale
delle isole, si trova ancora in fase
di formazione.
Il suo vulcano più attivo, il
Kilauea, ha eruttato negli ultimi
anni più di due miliardi di metri
cubi di lava.
La flora e la fauna di queste
isole remote, sviluppatesi in quasi completa assenza di ostacoli o
predatori, hanno affrontato una
dura lotta contro le più aggressive specie introdotte dai colonizzatori polinesiani e occidentali.
Sulle isole si trovano migliaia di
specie diverse, ma quasi la metà
delle 2400 specie di piante
autoctone è in pericolo.
Infatti provate a raccogliere coralli o altro pensando di portarveli a casa e farete i conti con gli
agenti all'aereoporto.
Le foche monache hawaiane, i
delfini e le balene sono residenti
stabili alle Hawaii mentre sulle
isole, come mi spiegava l'anziano, sono sconosciuti i serpenti.
Nelle Hawaii esistono solo due
parchi nazionali: l'Hawaii Volcanoes National Park e l'Haleakala
National Park.
L'arcipelago gode di un clima
favoloso: mite e tiepido, caratterizzato per gran parte dell'anno
dagli alisei nord-orientali.
Nelle zone costiere le temperature medie sono piacevoli
(27° C), e la differenza tra estate
e inverno oscilla dai 5 ai 10
gradi.
Il periodo più piovoso va da
dicembre a marzo.
In generale, le condizioni climatiche più secche e più calde e le
acque più calme si trovano nelle
aree sud-occidentali delle isole,
quelle sottovento.
Al contrario, le zone nordorientali, o sopravento, sono più
umide: Hilo, la città più piovosa
degli Stati Uniti, si trova sul lato
sopravento di Big Island.
Cultura
La cultura hawaiana tradizionale
e gli usi dei vari e diversi gruppi
etnici immigrati nelle isole sono
parte integrante del tessuto
sociale.
Le Hawaii non sono solo un
punto di incontro tra Est e Ovest,
ma un luogo in cui le culture
confluiscono in modo tale da risultare tutte valorizzate.
La rinascita della cultura tradizionale hawaiana ha comportato
il fiorire delle halaus (scuole) di
hula, nonché la riscoperta delle
antiche tradizioni da parte di
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
molti artisti e artigiani hawaiani,
come la tessitura dei tapa, la
fabbricazione di trapunte e la
creazione delle variopinte ghirlande di fiori (lei).
L’inglese è la lingua ufficiale
delle Hawaii, ma arricchita di
parole e frasi hawaiane e modi
gergali pidgin.
La lingua indigena è parlata solo
da circa 9000 persone, ma l'85%
dei toponimi sono in hawaiano e,
spesso, il loro nome nasconde
un'interessante storia.
I primi immigrati hawaiani comunicavano tra loro in pidgin,
una sorta di inglese primitivo e
semplificato che a tutt'oggi costituisce il colorito dialetto locale
in continua evoluzione.
La diversità etnica delle isole si
riflette anche nella gastronomia.
È possibile trovare ogni tipo di
piatto della cucina giapponese,
un vasto assortimento della cucina regionale cinese, piccanti
specialità coreane, piatti tipicamente hawaiani ed eccellente
cibo thailandese e vietnamita.
Il pesce fresco è disponibile in
tutte le isole, per non parlare
dell'abbondanza di frutti come
l'avocado, il cocco, la guaiava, il
mango e la papaya.
Honolulu non è solo il paradiso
tropicale visto in tanti telefilm
americani, con ampie spiagge,
palme battute dal vento e clima
dolce.
Poiché è l'unica città americana
situata ai Tropici, la sola che
ospiti un palazzo reale e che
possa vantare un'equilibrata
combinazione di influenze occidentali, asiatiche e polinesiane,
Honolulu offre al vi-sitatore una
molteplicità di interessi multiculturali.
Rimarrete delusi se l'unico scopo
del vostro viaggio sarà quello di
sfuggire dalle folle della quotidianità, poiché Honolulu è uno
dei luoghi più visitati del mondo;
ma, con un po' di costanza e un
itinerario ben studiato, avrete
ampi margini di movimento.
Le vallate sopra la città sono
occupate da lussureggianti riserve naturali e attraversate da sentieri, spesso deserti.
A circa un'ora di macchina dalla
capitale si aprono piccole e tranquille baie in cui fare il bagno o
lo snorkelling, rilassanti giardini
e cittadine così piccole e tranquille da farvi dimenticare il
chiasso delle spiagge
The Big Island, la grande isola di
Hawaii, rappresenta invece il
luogo dei contrasti con le sue
montagne dalle cime innevate e
le spiagge nere, bianche e verdi.
Isola di antichi ricordi offre anche chiese e geroglifici e ben due
vulcani attivi.
Il suo Hawaii Volcanoes National Park è senza ombra di dubbio il più originale tra tutti i
parchi nazionali degli Stati Uniti.
Ad Oahu, procedendo nella visita
verso il Centro Culturale Poline-
siano, ci verrà incontro il paradiso di montagne verdi incontaminate dove è stato girato il
film Giurassic parck.
Waikiki un continuum urbano
caratterizzato da autostrade e
grattacieli: una via di mezzo tra
Miami Beach e il centro di
Tokyo.
In questa zona si concentra la
gran parte delle strutture turistiche dell'isola.
A poca distanza dalla città si
trovano spiagge incantevoli, baie
cristalline, montagne increspate e
vallate ricoperte da piantagioni di
ananas.
Le spiagge per il surf sono
leggendarie (Banzai Pipeline,
Sunset Beach, Makaha), ma l'isola offre anche ottime opportunità
agli amanti del bodysurf
(Makapuu Beach, Waimea Bay),
del windsurf (Kailua Bay), dello
snorkelling (Hanauma Bay) e
delle attività subacquee (Three
Tables e la vicina Shark's Cove).
Molti
visitatori
rimangono
sbigottiti alla vista di Waikiki, un
prolungamento costiero di Honolulu densamente popolato e traboccante di gruppi di turisti, di
gente intenta allo shopping, di ristoranti e locali notturni.
Il suo aspetto non è esattamente
da cartolina, ma si tratta piuttosto
di una decorosa spiaggia cittadina con il ritmo e l'andamento
giusti per chi ha bisogno di
smaltire gli eccessi della nottata
appena trascorsa.
Valentino era un romantico idolo
delle folle, quando i turisti approdavano nell'arcipelago con
lussuosi piroscafi.
A sud-est della città si trova il
Diamond Head, un cono tufaceo
e un cratere formatisi in seguito a
una violenta esplosione di vapore.
La formazione vulcanica, alta
228 m, si erge alle spalle di
Waikiki ed è uno dei punti di
riferimento più noti del Pacifico.
È possibile percorrere un sentiero
ben tracciato e raggiungere la
sommità da cui si godono magnifici panorami
Assolutamente da gustare è il
cibo.
Su queste isole si trova un mix
sorprendente di cucine (cinese,
giapponese, coreana, thailandese,
vietnamita...), tanto pesce fresco
e ottima frutta, tra cui le noci di
macadamia, l'avocado, il cocco e
le red bananas.
La cucina locale fa abbondante
uso di carne, pesce e verdure
spesso mischiate tra loro e accompagnate da salse piccanti.
Flora e fauna
Il moresco Royal Hawaiian
Hotel, con le sue torri rosa, è una
reliquia dei giorni in cui Rodolfo
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Le Hawaii sono isole di origine
vulcanica.
Emersero dal mare per una serie
ripetuta di eruzioni.
Quando la lava solidificò, sull'isola non esisteva alcune forma
di vita.
Furono il vento e gli uccelli a
portare i primi semi da cui poi
nacque una fitta foresta, grazie
alla fertilità del terreno vulcanico.
Più tardi, i polinesiani arrivarono
con le loro canoe, portando nuove piante e i loro animali.
La maggior parte della fauna e
della flora che arrivò sull'isola
indipendentemente sviluppó nuove caratteristiche per adattarsi ed
evolse in nuove specie, di queste
circa il 90% delle piante ed
animali delle Hawaii sono presenti solo in questo arcipelago.
Poiché piante e animali si svilupparono sull'isola in un
contesto privo di predatori e concorrenti, non hanno sviluppato
nessuna particolare forma di difesa (come veleno, camuffamenti, e così via).
Così quando i recenti flussi migratori portarono nuove piante e
animali, la flora e la fauna locale
si trovò aggredita, ed oggi diverse specie indigene dell'isola
sono per questo motivo o estinte,
o a rischio di estinzione.
Nonostante questo, le Hawaii offrono ancora una eccezionale
varietà e unicità di flora e fauna,
in parte perché diverse zone
climatiche sono presenti nell'arcipelago, dalle foreste tropicali alle montagne innevate.
Oltre a varie specie di uccelli,
alcuni degli animali a rischio di
estinzione comprendono le foche
monache (di specie diversa dalla
foca monaca mediterranea) e varie specie di balene che migrano
alle Hawaii durante l'inverno.
Canne da zucchero, ananas, caffè, cocco, mango, papaia, avo-
cados, banane, lime sono coltivati sulle isole.
Uno dei primi commerci era
nella pianta del sandalo, apprezzata soprattutto in Cina per il
suo olio aromatico.(notizie storico geografiche da Wikipedia)
Il giorno seguente all'Hotel arrivano i top-gun.
Tutti alti, belli con borsoni
enormi.
Parlo con una donna che pilota
un cargo e mi dice che sono lì in
vacanza anche loro.
Da non dimenticare che lì vicino
c'è Pearl Harbour e tanta storia
americana.
Girando un po’ abbiamo scoperto
un self service dove con pochi
dollari ci si può abbuffare di tutto
e mangiare le migliori scrumble
eggs che io abbia mai mangiato,
nemmeno in U.K.
Per il fuso orario (siamo dall'altra
parte del pianeta) non riesco a
dormire regolarmente, mi sveglio
di notte e dormo di giorno.
Siamo li per la maratona, e arriva
il giorno della gara.
L'hotel pullula di gente di tutte le
razze, specialmente giapponesi,
tutti in fila per ritirare il numero
di corsa.
Sveglia alle 3 di notte e gara alle
4.30 del mattino.
Fuori piove a dirotto e la gente è
già per strada che corre, fa
stretching, urlando richiami sotto
una pioggia torrenziale.
L'arrivo è previsto verso le 10 di
mattina a circa 2 km dall'albergo.
Ci sono i "trollei", strani autobus
aperti di colore giallo dove la
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
gente siede su panchine di legno
e i giapponesi salutano con la
mano.
Waikiki è piena di alberghi e
banche e negozi prestigiosi.
Vedo le maggiori firme, (Prada,
Versace, Wuitton, Tiffany) tante
gioiellerie.
Fine mattina giungono all'arrivo
quelli che si sono cimentati nella
famosa maratona.
Camminano male, tutti storti, i
piedi pieni di vesciche, le gambe
larghe...
Eppure hanno ancora il coraggio
di ammiccare tra di loro scambiandosi una smorfia di sarcasmo.
È nell'animo umano.
Chi sta meno male, ha sempre
ragione di rallegrarsi vedendo chi
sta peggio.
Continua a piovere, ma agli
abitanti dell'isola non sembra che
interessi granchè.
Nessuno usa l'ombrello e molti
camminano a piedi nudi.
Gli awaiani hanno spesso una
corporatura tozza, sono robusti, il
viso un po’ schiacciato che
sorride.
Sembrano felici!
Forse perchè hanno un inquinamento quasi pari allo zero non
avendo fabbriche sull'isola.
Le ragazze più belle ballano la
hula per i turisti negli androni
dei maggiori alberghi.
Ci hanno invitato ad un "luau",
una festa dei nativi, nel <Villaggio culturale polinesiano>
dove tutto è ricostruito tale e
quale come era in origine.
Un hawaiano ci accoglie battendo su un tronco d'albero divelto.
Ogni capanna è dedicata a un
isola della Polinesia.
Per cui avremo Thaiti, Tonga,
Samoa, Figi, Marchesas ecc. e in
ogni capanna ci spiegano come si
intrecciano le palme, per farne un
tetto, come si suonano i tamburi,
le danze tribali, come si accende
un fuoco senza fiammiferi e tante
altre amenità.
I giorni volano in fretta, ed è
tempo di tornare, ma torno
arricchita di tanto e porterò tutto
dentro di me.
Quel che ho visto...
Un mare cristallino, un vulcano
silente e tanto verde, per gente
pacifica che vive in armonia con
il suo ambiente.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Il resto è tutto ricostruito per i
turisti, ma non posso pensare che
sia così negativo.
In fondo loro hanno trovato il
modo di camparci e allo stesso
tempo mantengono le tradizioni.
E non inquinano...
Tanto di cappello!
[email protected]
GLI ANELLI MANCANTI
www.glianellimancanti.com
LA CIVILTÀ IPERBOREA
E IL POPOLO CELTICO
Ines Curzio
C’è un popolo alle origini della
nostra civiltà che meriterebbe
studi molto approfonditi volti a
sottolineare le profonde differenze con quanto normalmente si
racconta su di essa.
Facciamo qui un breve excursus
sulla Tradizione Celtica la quale
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
presenta numerosi ed inaspettati
punti di coesione con le tradizioni di altri popoli: Sumeri, Assiri, Babilonesi, Iranici, Indù,
Maya, Egizi, Greci ed Ebrei.
I Celti non erano barbari, come
solitamente si pensa riferendosi
alle orde di popoli del nord che
conquistarono l’Europa alla fine
dell’Impero Romano.
La vera cultura celtica è quella
che nasce con la civiltà Iperborea
che colonizzò le terre artiche fino
al Nord dell’Inghilterra in epoche
in cui si narra regnasse in tutte
queste zone una natura lussuosa
e verdeggiante come i suggestivi
paesaggi della ben nota Irlanda.
Erano un popolo civilissimo,
pacifico, ed erano molto legati
alla natura; questo loro aspetto
viene sovente associato a quello
dei nativi americani.
Non edificavano templi poiché
per loro la natura stessa era un
tempio.
Boschi, alture, laghi, stagni,
sorgenti erano tutti luoghi in cui
ci si poteva mettere in contatto
con il divino.
Luogo sacro per eccellenza era il
bosco, coniugato ad un profondo
rispetto per l'acqua.
Moltissime piante venivano ritenute sacre; tra le principali la
quercia e il vischio.
Associavano la quercia al principio maschile ed il vischio a
quello femminile.
Il vischio era sacro in quanto
mettendo le foglie nuove in
inverno simboleggia la rigenerazione della vita.
Questa pianta simbolica è arrivata sino a noi.
I Celti consideravano la natura la
madre sacra di tutti i viventi.
Per loro tutte le forze della natura, anche le più sconvolgenti,
erano una manifestazione di
quella energia che tutto crea e
tutto distrugge, rivelando una
chiara impronta monoteista.
Il mondo dei Celti non aveva
dualità, non faceva distinzione
tra sacro e profano, materia e
spirito, corpo e mente: tutto veniva ricondotto ad un unico principio.
Inoltre nella cultura celtica non
esistono miti di creazione poiché
loro vedevano il divino in ter-
mini ciclici, cioè il tutto è in
continua evoluzione.
Il principio unico veniva designato con il termine Oiw e
simboleggiato con il Sole.
Essi erano a conoscenza del fatto
che oltre alla parte esterna e
visibile dell'uomo ve n'è una più
interna, cioè l'essenza.
Credevano, inoltre - secondo
alcune fonti classiche - nella
reincarnazione,
macon
un
significato molto più esteso e
complesso.
I Celti ponevano poche barriere
tra il visibile e l'invisibile e
sostenevano che l'Aldilà fosse
accessibile anche ai vivi.
Ma non dobbiamo pensare che i
Celti credessero nella reincarnazione
così
come
la
intendiamo noi; credevano, è vero, nella immortalità dell'anima,
ma questa non "trasmigrava" da
un corpo all’altro come si crede
nel culto buddista.
Il "passaggio" dello spirito, a
testimonianza della visione celtica di Dio come divenire e non
come essere, avveniva tra diversi
mondi.
Probabilmente ritenevano che
esistessero infiniti piani di esistenza, che ognuno forse
migliore del precedente, e che le
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
anime "migrassero" da uno
all'altro di questi mondi.
Nel ciclo mitologico si dice che
in quell’epoca le persone
avevano poca paura della morte
in quanto veniva loro insegnato
che l’anima non moriva, ma
andava in altri luoghi, sempre in
fiore, ricchi di cibo e di bevande
in abbondanza e dove la gioventù
e la salute erano assicurate.
Secondo i primi Celti, tutte le
forme di vita esistevano su tre
diversi livelli, come tre esseri
integrati, ma separati che coabitavano in un singolo essere: i
reami della mente e del corpo
erano collegati alla forza vitale
che tutto pervade, lo Spirito.
Ci sono molti punti d’incontro
con il Cristianesimo, questo perché vi fu, alla fine dell'impero
romano, una sintesi tra cultura
nordica e cultura cristiana.
La mitologia celtica fu assorbita
da quella cristiana che ne ereditò
alcune figure numinose.
Le popolazioni nordiche infatti
festeggiavano l'equinozio di primavera che corrisponde alla
nostra Pasqua; il mondo presenta
la forma di un uovo e presso
queste popolazioni esso è associato alla frantumazione e a
qualcosa di nuovo (il che simboleggia quindi la rinascita, la resurrezione).
Alla scoperta dei primi abitanti
della Terra.
"A te la profonda pace dello
scorrere dell'onda.
A te la profonda pace del flusso
dell'aria.
A te la profonda pace della terra
silenziosa.
A te la profonda pace delle stelle
lucenti.
A te la profonda pace del Figlio
della pace..."
Tamisuq - Antica Benedizione
Celtica
Questa rigenerazione è rappresentata dalla dea Ostsara (in
tedesco Ostern, in inglese Easter,
termini che indicano nelle
rispettive lingue la Pasqua cristiana), cioè colei che viene
dall'est, il che ci fa supporre un
contatto con i popoli orientali.
Così come noi festeggiamo il
Natale, i Celti festeggiavano il
solstizio d'inverno durante il quale rinacque il dio Yule.
Un'altra analogia è quella tra
Adamo ed Eva e Ask ed Embla,
per i celti rispettivamente il primo uomo e la prima donna
(secondo la mitologia nordica)
creati da Odino tramite un soffio.
Peter Berresford Ellis, in "Il
segreto dei druidi" ci ricorda che
la mitologia celtica ha molte
affinità anche con quella indù,
infatti leggiamo che "i druidi
rappresentavano per i Celti ciò
che i bramini rappresentavano
per i popoli indù".
Un'altra analogia con l'induismo
sta nel linguaggio.
L'irlandese antico è molto simile
al sanscrito e anche ad alcune
lingue nordafricane.
Ad esempio i tesi sacri indiani si
chiamano Veda, termine che significa conoscenza.
La parola "druido" deriva da
"dru-vid", "vid" è la radice di
Veda.
I riti dei druidi sono particolarmente interessanti poiché
palesano le analogie con il
cristianesimo.
I druidi, infatti, avevano una forma di battesimo.
Presso i Celti il battesimo si
chiamava
"baisteadh
geinntlidhe", termine associato probabilmente ai concetti di pioggia
o protezione.
Il battesimo prevede la purificazione per mezzo dell'acqua e
questo rito non è una peculiarità
del Cristianesimo, ma è un rito
antichissimo, che accomuna le
religioni più distanti, come quel-
le dell'India, del Giappone e
dell'America.
Puntiamo ora la nostra attenzione
su quelle che i Celti raccontano
essere le proprie origini.
Si dichiarano discendenti degli
Iperborei, cioè una razza che ha
preceduto sulla Terra i Lemuri e
gli Atlantidei.
Gli Iperboerei derivavano, a loro
volta, dai Polari, così chiamati
perché dicevano di esser stati
portati dalla stella Polare.
I Polari si erano insediati inizialmente nella calotta polare in
tempi in cui queste zone non
erano state ancora rivestite dai
ghiacci, ma erano fertili e verdeggianti, e cioè nel periodo
corrispondente al Cenozoico e
Mesozoico, dove i libri di storia
non contemplano la presenza dell'uomo.
Questi polari sono forse da
ricondurre alle misteriose Pietre
di Ica che illustrano una civiltà
esistita prima della scomparsa
dei dinosauri?
I Polari conoscevano la scienza
del magnetismo; la canalizzazione delle energie (ad esempio la funzione dei menhir e dei
dolmen era proprio quella di
canalizzare energie e creare
luoghi di forza).
Bisogna sottolineare come i Celti
considerassero i loro dèi un’altra
forma di vita, non superiore o
migliore di loro o delle loro
famiglie.
Le parole "Dio" e "Dea" hanno
un significato ben diverso da
quello che si intende presso altre
popolazioni.
Erano rispettati e ammirati in
quanto capaci di compiere
prodigi impossibili agli umani e
non perché fossero esseri divini.
Erano di carne e ossa, "reali".
Le divinità celtiche sono viste
spesso come coloro che governano il mondo fatato, popolato
anche da spiriti di diversa natura
e dalle anime dei morti.
TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
Nei primi manoscritti irlandesi,
provenienti da più antiche tradizioni orali, ci sono dei riferimenti
ai Tuatha De Danann.
Oltre a descriverli come una via
di mezzo tra umani e dèi, si dice
che venissero dal cielo e
avessero conoscenza e intelligenza illimitate.
Erano dèi di un popolo che
consi-derava il Regno della
Terra, il Regno dei Misteri e il
Regno dello Spirito di uguale importanza.
La radice del nome Tuatha
significa anche "Nord".
Nei miti celtici irlandesi il Nord
è considerato la fonte di tutti i
poteri.
I personaggi che compongono il
pantheon celtico non sono figure
astratte, come dicevamo, ma persone con caratteristiche e storie
ben precise: di Dagda si dice che
sia stato il più grande dei De
Danann, signore della conoscenza e Sole di tutte le Scienze.
Possedeva una mazza a doppia
terminazione: con un capo poteva uccidere nove uomini in un
colpo solo, mentre con l’altro poteva riportarli in vita.
Sua figlia Brigit fu donna di
saggezza e patrona della poesia.
Nuada fu un altro sovrano, che
regnò giustamente e con coraggio fino alla prima battaglia di
Mag Tured, nella quale perse un
braccio e Diancecht, medico dei
Tuatha gliene fece uno di metallo
prezioso, che valse al sovrano il
nome di Nuada braccio d’argento.
Si potrebbe curiosamente notare
in questo una tecnologia
stranamente bionica per una
popolazione considerata barbara.
Diancecht stesso era descritto
come un dottore davvero
speciale: guardiano di una fonte
della salute insieme a sua figlia
Airmed, era in grado di ridare la
vita a tutti i guerrieri uccisi
immergendoli totalmente nella
fonte, causando gravi "problemi"
e panico ai nemici che incontravano di nuovo in battaglia i
guerrieri uccisi a fatica il giorno
prima.
Se però i guerrieri erano stati
decapitati, allora la "resurrezione" diveniva impossibile.
La tradizione vuole che i Tuatha
De Danann giunsero in Irlanda il
1° Maggio (a Beltaine, celebrazione ancora oggi importante
presso i pagani che seguono le
antiche tradizioni celtiche) portando seco i tesori delle loro patrie native.
Sull’isola regnò anche l’eroe
Lugh, Dio del Sole, giovane,
forte e radioso, dai capelli d’oro,
a volte denominato "lo Splendente".
Uno dei simboli dei Tuatha De
Danann è la croce celtica: una
croce con i bracci uguali circondata da un cerchio che
simbolizza l’equilibrio delle
forze maschili e femminili e i
quattro elementi, i quattro punti
cardinali (le quattro vie), che
secondo alcuni vengono simboleggiati dai quattro reami di
provenienza dei Tuatha De
Danann di cui abbiamo parlato in
precedenza.
Al centro - dove le linee si
incontrano - c’è il quinto
elemento nascosto, lo Spirito,
detto "Akasha" presso gli iniziati
pagani.
Il circolo che lo circonda
rappresenta l’universo manifesto;
contenuto all’interno di un cerchio infinito.
Come abbiamo visto la tradizione celtica localizza il punto
d'approdo di questa civiltà a
Nord-Nord-Ovest e riporta le date del loro arrivo, coincidenti
quasi sempre, secondo il calendario celtico, con le ricorrenze di
Beldan (1° maggio) e di Samain
(1° novembre).
Perché?
La spiegazione, ci viene da
alcuni arditi studiosi che
ricollegano queste visite con il
fatto che il nostro pianeta è
circondato da una specie di
schermo, chiamato Fascia di Van
Allen, che lo protegge dall'eccessivo bombardamento da
parte delle particelle cosmiche,
molto dannose perché ionizzanti,
e delle radiazioni ultraviolette,
micidiali per i microrganismi:
senza la Fascia di Van Allen, la
vita sulla Terra non sarebbe
possibile.
Potrebbe darsi che questa cintura, in qualche modo, possa
arrecare "disturbo" ai sistemi di
trasmissione o di guida.
Tuttavia esistono tre "corridoi",
in corrispondenza dei quali la fascia sembra attenuare la propria
attività: questi si trovano sulla
perpendicolare dei Poli e al
disopra dell'Africa (quindi Nord,
Centro e Sud).
Ma perché proprio il 1° maggio
ed il 1° novembre?
C’è chi ipotizza che, per leggi di
natura ancora sconosciute (forse
legate all'inclinazione dell'asse
terrestre?), nei due periodi indicati l'attività della suddetta fascia
si riduca ulteriormente, favorendo in tal modo l'ingresso delle
navi spaziali nella nostra atmosfera.
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TTrraaccccee dd’’eetteerrnniittàà
“Gli anelli mancanti”, edito da La
Riflessione Davide Zedda ditore,
fresco di stampa, è un viaggio a
ritroso nel tempo, alla ricerca delle
origini dell’uomo, tra mitologia,
scienza e archeologia. Per saperne
di più è d’obbligo il rimando al sito
www.glianellimancanti.com ove
troverete anche un video di
presentazione. L’autrice si
interroga su diversi argomenti:
l’esistenza dei Giganti, la loro
asserita provenienza dalla mitica
Atlantide, il diluvio universale, le
similitudini esistenti nei resoconti
mitologici di tutto il mondo.
Tematiche controverse, che da
sempre fanno discutere studiosi e
appassionati. Lo scritto di Ines
ridesta l’attenzione ed apre di
nuovo il dibattito, alla ricerca di
qualcosa che pare sfuggirci di
mano: gli anelli mancanti, appunto.
(SB)
Ines Curzio, Laureata in
Discipline del Teatro,
diplomata in Flauto traverso e
Direzione d'Orchestra per
l'opera lirica, si divide tra la
carriera artistica e la sua
attività di Antiquaria. La
naturale curiosità, la passione
per lo studio di tutte le scienze
di confine, unite ad uno
spiccato senso critico, l'hanno
portata ad esplorare terreni
misteriosi e ad analizzare temi
affascinanti e suggestivi da cui
sono nati numerosi articoli e
sono culminati nella sua prima
pubblicazione "Gli Anelli
Mancanti".
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N° 8 - Tracce d`Eternità