19º anno - n. 199 - dicembre 2010
“... incisioni eseguite con una punta su una superficie
dura, per lo più mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...”
Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Autorizz. Tribunale di Brescia n.3/92
del 10.01.92 - Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Ciclostilato in proprio, Darfo Boario Terme.
il giornalismo
che vorremmo
«La divaricazione fra l’Italia dei cittadini e
quella dei governanti ha sfondato ogni soglia del senso comune. Il delirio di una corte asserragliata a difesa delle prerogative
del principe non conosce ripensamenti. I
pretoriani della corte che ne garantiscono
la difesa alzano il tiro e dettano legge: vogliono più potere e più soldi. Tutti quelli
che si trovano devono essere dedicati alla
loro bulimica fame...». (Moni Ovadia)
di Tullio Clementi
In un suo recente corsivo (venerdì 3 dicembre),
Michele Serra accostava «due magnifici articoli
(Sofri su Repubblica, Ferrara sul Foglio)» che
«affrontavano con argomenti opposti il suicidio
di Monicelli». E dopo aver premesso di essere
«d’accordo con Sofri, in totale disaccordo con
Ferrara», il noto polemista scriveva che «da
vecchio lettore di quotidiani, mi è piaciuto poter confrontare, sull’argomento, due calibri intellettuali tanto impegnativi quanto illuminanti
i due campi in conflitto», aggiungendo che «la
qualità è l’ossigeno che ci manca» e, quindi,
«se l’Italia è in asfissia è perché da troppi
anni respiriamo mediocrità».
Ovvero: «Tutto ciò che è ben fatto e ben detto, che ha cura formale e dignità culturale, dal
tavolo di un falegname all’articolo di un giornalista, dal discorso di un politico al progetto
di una discarica, è oggettivamente rivoluzionario in un paese dal quale nessuno ha preteso,
negli ultimi anni, altro che il pigro adagiarsi nei
facili canoni del consumismo usa e getta».
E concludeva con una constatazione (che vuol
essere anche un auspicio): «Le “cose difficili”
hanno un pubblico crescente, perfino in telesegue a pagina 9
SULLE NOMINE, CON SPERANZA DI SMENTITA
quelli che... senza poltrona mai!
di Bruno Bonafini
Gestazione lunga e faticosa quella delle nomine nelle società partecipate dei servizi in Valle. Conclusione preannunciata a fine dicembre,
con l’assemblea del 30. Ma la metafora giusta
rischia di essere un’altra. Non una gestazione,
ma un recupero archeologico, anch’esso operazione lunga e delicata. Quella “produce” il
nuovo, questo riporta alla vista l’antico, dinosauri d’antica era, reperti carichi di storia. Che
nel nostro caso non finiranno tuttavia nel settore espositivo della memoria ritrovata, ma rivitalizzati e riportati “in organico”.
Da quanto preannunciano i soliti ben informati,
il toto-nomine di chi segue da vicino il rinnovo
LAVORO IN VALLE: DIBATTITO DI FUOCO
Sindacati-Tomasi: scontro frontale
di Michele Cotti Cottini
«Il documento dei sindacati è vergognoso […], non si può affermare che il Presidente
della Comunità Montana se ne sbatte i cog...oni dei lavoratori […], adesso mi sono girati i
cog...oni […]; i sindacati spu...ano gli amministratori locali […]; di che indennità parlate
che da quando sono stato eletto non ho preso un quattrino? Io pretendo solo di non
prendere i calci nei cog...oni […]; voi sindacati avete combinato una put...ata». Parola del
Presidente Tomasi. Potrebbe sembrare la trascrizione di un’intercettazione telefonica, furbetti e politici nazionali ci hanno abituato a questo linguaggio aulico nelle loro conversazioni riservate. Purtroppo però questo è l’estratto dell’intervento che Tomasi ha pubblicamente pronunciato durante una tavola rotonda sul tema del lavoro in Valcamonica.
Un’iniziativa messa in programma dal Circolo camuno della Federazione della Sinistra già da
qualche settimana. Il caso ha voluto che si tenesse pochi giorni dopo il botta e risposta a
mezzo stampa tra Cgil-Cisl-Uil e il Presidente della Comunità Montana Tomasi. Uno scontro
inedito e dai toni infuocati che ha aggiunto interesse ad un incontro pubblico già di per sé
degno di nota visto il livello dei relatori: dai rappresentanti sindacali al presidente di Assocamuna, dal presidente del Bim al segretario di zona del Pd (al suo debutto). Le premesse
segue a pagina 5
dei vertici delle spa pubbliche, sembra che il
pacchetto degli entranti coinciderà largamente
con quello degli uscenti. Quantomeno, non
mancheranno alcuni ben noti intramontabili.
Con il consueto rimescolamento, è ovvio, per
cui dal Comune o dalla Comunità montana si
passa alla Spa, dalla Spa al Consorzio, dal Consorzio alla sua controllata e così via. Cambiando
tutto, insomma, perchè tutto resti tale e quale,
come si dice e si usa tra uomini di mondo.
È lo scotto da pagare al rinnovamento del vertice in Comunità montana, così come si è determinato, con le sue luci e le sue ombre, dice
qualcuno. Qualcuno rassegnato alla logica del
do ut des mercantile che sembra insuperabile
ad ogni livello. In una situazione in cui tutti
sono deboli e ogni componente, anche piccola,
ha il suo peso nella tenuta amministrativa.
Ma al realismo ferreo di queste considerazioni
fa controcanto l’esigenza altrettanto forte dei
tanti che vorrebbero vedere facce e scelte nuove, per tante buone ragioni. Per elevare il dibattito al di sopra delle insinuazioni immancabili (ma anche, allora, difficilmente contestabili) di chi vede in certo “professionismo” politico-amministrativo la condizione di comportamenti e scelte in cui l’interesse privato o di
consorteria prevale sugli interessi collettivi e
spesso li orienta e li piega. Talora operando
per la riconferma nella carica con le opportusegue a pagina 2
sabato 29 gennaio 2011: a cena con
Graffiti... Tenetevi liberi. Festeggeremo
a Bienno il numero 200, nel 20º anno
del nostro sempre... graffiante giornale!
dicembre 2010 - graffiti
2
dalla prima pagina
quelli che... senza poltrona mai
nità offerte dalla carica stessa. O, ancora, per
consentire con un ricambio che non sia un gioco di squadra, il dovuto controllo di chi “vien
dopo” sull’operato di chi lo ha appena preceduto. La possibilità reale e non solo teorica,
insomma, che gli eventuali scheletri nell’armadio siano disvelati, per cui è meglio agire in
modo da non averne, dato che alla scadenza
del mandato se ne dovrà render conto.
Credibilità e trasparenza, insomma. Che potrebbero venire da uomini nuovi (e competenti, perchè no?), non logorati da carriere ormai
lunghe e inevitabilmente “chiacchierate”, a
torto o a ragione. Il cui prologo stava in
un’operazione di razionalizzazione delle società pubbliche. Con tutti gli accorpamenti
che la normativa può consentire. E riducendo
gli emolumenti per gli amministratori, che oggi
sono di gran lunga più alti di quelli di spa analoghe, perfino rispetto ad alcune di maggior
fatturato e con territorio di riferimento più
ampio, come la Cogeme, ad esempio. Operazione che i Camuni non hanno avuto la soddisfazione di cogliere tra le pur lunghe manovre
per gli accordi, tra dichiarazioni di Tizio, repliche di Caio e controrepliche di Sempronio.
Ma c’è ben altro che fa temere un pacchetto
di nomine ampiamente nel segno dei soliti
«... la politica non dà certo il buon esempio:
non solo ritirarsi da essa a una certa età
per dedicarsi a qualche altra attività è cosa
da noi sconosciuta, non solo perlopiù l’età
media dei leader italiani è seconda solo a
quella della Corea del Nord, ma ogni volta
che essa è chiamata a nominare i vertici di
qualcuno dei mille enti alle sue dipendenze,
si può essere sicuri che nel novanta per
cento dei casi sceglierà un vecchio politico
o un vecchio burocrate con una lunga carriera alle spalle nei più svariati incarichi
(ognuno dei quali in genere non c’entra
nulla con l’altro), messo lì soprattutto come
ricompensa o per tutelare chi di dovere...».
Ernesto Galli Della Loggia, “Il potere grigio
degli oligarchi”, Corriere della Sera
noti. Ed è l’aver commissionato un parere legale sulla possibilità di evitare quanto disposto da una norma recente, il Dpr 168 del
07.09.2010, che all’art. 8 prescrive che «non
possono essere nominati amministratori di società partecipate da enti locali coloro che nei
tre anni precedenti la nomina abbiano ricoperto la carica di amministratore negli enti locali
stessi» (intesi in senso molto lato). Norma
volta ad evitare commistioni tra attività di gestione dei servizi locali e ruoli di controllo.
Il documento prodotto, un ragionamento pro
parte piuttosto che un parere pro veritate,
dà conforto a chi volesse operare una forza-
AVANTI GRAN PARTITO!
tura interpretativa riducendo la portata del
divieto alle sole Spa strettamente operative
nei servizi. Rivela l’intento di chi lo ha realmente commissionato (non certamente la Spa
che poi ne sosterrà il costo). Interpretazione
che “salva” così qualche comoda postazione
per intuibili rientri. Consentendo a qualcuno
di saldare un debito politico, a qualcun altro
di uscire dalla crisi di astenenza. E ai tanti
che seguono scettici la vicenda di veder confermate certe sconfortanti previsioni. Che
sono anche quelle del presente articolo, una
lamentazione preventiva che ben volentieri
accetterebbe la smentita dei fatti.
(a cura di Michele Cotti Cottini)
note e parole, in piazza per cambiare
Vanno di moda gli elenchi ultimamente. Ne faccio uno anch’io.
Elenco delle ragioni per cui ricordare la manifestazione del PD, l’11 dicembre a Roma:
5 Gli articoli della Costituzione letti in una piazza S.Giovanni gremita di persone vere,
giovani e anziani, con cui camminare per le strade a Roma mi ha fatto stare bene. Si torna a
respirare e sperare.
5 L’incipit emiliano-pragmatico-riformista di Bersani: «Cominciamo che fa freddo, dai».
Mancava solo «ragassi…».
5 L’applauso liberatorio che ha accolto il «cari compagni» rivolto a una gremita piazza
S.Giovanni. Pure a questo Veltroni ci aveva costretti a rinunciare.
5 I 9 compagni della delegazione camuna: pochi – pochissimi – ma buoni.
5 Il passato remoto con cui Bersani ha liquidato gli anni berlusconiani: «Promise più libertà e
meno tasse, propagandò un modello individualista. Si scagliò contro il Palazzo e se ne fece uno
tutto suo, e con le porte piuttosto girevoli. Accumulò potere politico, economico, mediatico…».
Speriamo si possa davvero parlarne solo al passato.
5 Le bandiere che coprivano la visuale e volteggiavano a tempo di musica (unico neo l’invasione del fantomatico movimento piemontese dei “Moderati”, con bandiere gialle tra le più
esteticamente sgradevoli mai affacciatesi in un corteo).
5 La gru di Brescia e i monumenti “adottati” dai ricercatori in rivolta: l’Italia reale proiettata
sul maxischermo in piazza.
5 La lucida analisi di Bersani sui mali del nostro Paese: «il deperimento dell’etica pubblica, della
dignità della politica; l’idea di una doppia morale consentita ai ricchi; il riaffacciarsi di stereotipi
insultanti per la dignità della donna, la condiscendenza verso la mentalità pararazzista».
5 I ragazzi che facevano la fila per fare una foto con Rosy Bindi nel corteo.
5 L’ironia travolgente di Cristicchi, che ha reinterpretato Cotugno («Sono un italiano, un italiano nero») e Fo («E sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male al re, fa male al
ricco e al cardinale…»).
5 La poesia potente di Cristicchi, con cui ha ricordato gli ultimi: «I matti sono punti di domanda senza frase / Migliaia di astronavi che non tornano alla base / Sono dei pupazzi stesi ad
asciugare al sole / I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole / Mi fabbrico la neve col
polistirolo / La mia patologia è che son rimasto solo».
5 La stoccata di Bersani agli improbabili uomini della provvidenza di casa nostra: «Pensare
che si possano risolvere le cose affidandosi a scorciatoie personalistiche è una illusione disastrosa. Questo drammatico equivoco è andato oltre Berlusconi. Toccasse mai a me, mai metterei il mio nome sul simbolo. Che noi non dobbiamo suscitare passione per una persona, ma
per la nostra Repubblica».
5 La sorpresa di Fiorella Mannoia sul palco e la sua versione di “Clandestino”.
5 La compostezza con cui i militanti bergamaschi, bresciani e cremonesi hanno sopportato le
condizioni scandalose del treno speciale: vagoni obsolescenti che nemmeno la Brescia-IseoEdolo, parecchie carrozze senza riscaldamento, viaggio interminabile con lunghe soste nel vuoto. Nessun isterismo: il partito prima di tutto. Viva l’Italia, abbasso Trenitalia.
5 L’agenda delle cose da fare: «cancellare le leggi speciali e della cricca, monopoli e posizioni
dominanti, introdurre norme finanziarie per snidare le illegalità e le mafie, leggi che combattano
l’omofobia, garantiscano la dignità della persona nella malattia e dicano finalmente a un bambino nato qui e figlio di immigrati: sei un italiano…».
graffiti - dicembre 2010
3
Lozio: la sconfitta della rettitudine
di Alessandro Domenighini (sindaco di Malegno)
Contrariamente alla regola, che vale in generale
e che fino ad ora è valsa anche per me, di non
intervenire nelle questioni che riguardano altri
comuni e altre amministrazioni comunali, siccome l’articolo “Come è stato possibile tutto
questo?” di Giacomo Goldaniga, apparso su
Graffiti di novembre mi ha fatto perdere parecchie ore di sonno, intervengo “per fatto
personale” sulla vicenda del’edificazione massiccia avvenuta nella valle di Lozio. Avendo
frequentato Lozio costantemente negli ultimi
20 anni dico anche io la mia.
Se c’è un responsabile dell’edificazione massiccia di villette a schiera nella valle di Lozio,
questo è l’amministrazione comunale che ha
guidato il comune dal 1995 al 2004.
Per noi che costituimmo il comitato per la salvaguardia della valle di Lozio sono stati nove
anni di battaglie: contro il progetto di discarica
(vinta), contro il progetto di termovalorizzatore (vinta), contro le villette (persa). Battaglie anche legali per le quali abbiamo pagato
sia come associazioni (gli amici delle natura
avevano sede presso la scuola di Laveno e da
lì se ne sono dovuti andare perché la scuola è
stata venduta per essere sostituita da villette),
sia personalmente (in termini economici e
purtroppo anche in termini di salute).
L’elezione di Claudia Fiorani a sindaco, avvenuta nel 2004, ci ha purtroppo illuso che la
battaglia fosse vinta, così se abbiamo una responsabilità (e io questa responsabilità me la
sento tutta) è stata quella di aver lasciato sola
Claudia a battersi per la difesa del territorio. Il
nostro compito doveva essere quello di affiancarla e non lo abbiamo svolto. Forse qualcuno
AMBIENTE & DINTORNI
ignora che è più facile togliere la patria potestà ad un genitore che un’area edificabile ad
una immobiliare, e così l’amministrazione Fiorani, in perfetta solitudine è riuscita solo a limitare i danni. Basterebbe confrontare il piano
regolatore in vigore fino al 2004 con le varianti
approvate dall’amministrazione Fiorani per
vedere quanto i danni siano stati limitati.
Cito anche un fatto che da solo spiega chi sia
Claudia Fiorani: tra le aree edificabili rese
inedificabili ve ne era una, abbastanza gran-
de, del vice sindaco. Se le idee valgono per
quel che costano e non per quel che rendono,
ecco dimostrata la serietà e la rettitudine dell’amministrazione Fiorani. Io mi sento di
avere molto da imparare dal comportamento
di quella amministrazione. Chiedo quindi a
chi invece per cinque anni ha dormito di formare il proprio giudizio (e conseguentemente
quello dei lettori) sui documenti (come si addice ad uno storico rigoroso come Goldaniga)
e non sulle suggestioni.
chi l’ha permesso e chi l’ha voluto
Vorrei manifestare alcune considerazioni riguardo l’articolo a firma di Giacomo Goldaniga, pubblicato lo scorso mese su Graffiti, dal
titolo “Scempio urbanistico in valle di Lozio”.
Mi trovo in sintonia con l’autore quando
esprime tutto il suo sdegno e stupore per la
scellerata scelta edificatoria che è stata attuata
nel bellissimo comune verso cui nutro un affetto e un legame particolari. Anch’io ritengo
tanto assurda quanto controproducente l’attuazione di progetti demenziali. Dalla struttura di riposo per anziani adiacente l’antica
chiesa di s. Nazzaro, al nuovo villaggio fantasma ( amo definirlo “ stile Gardaland”, tanto
sembra finto) sorto nella medesima località,
dalla colata di cemento in località “Camerata”,
allo smisurato accrescimento delle abitazioni
di Villa. Purtroppo però, ciò che è avvenuto a
Lozio, non è prerogativa di quel comune. Negli ultimi quindici anni stiamo assistendo in
tutta la Valcamonica ad una dissennata distru-
(di Guido Cenini)
Parco: arrangiati o muori!
Dai dati in nostro possesso attualmente, ma speriamo di essere smentiti, la Regione Lombardia ha deliberato che ogni parco regionale avrà sulla parte corrente un 10 % in meno nel 2011
rispetto all’anno in corso. E fin qui, vista la finanziaria o patto di stabilità di Tremonti, non ci
stupisce più di tanto. Il ministro ha negato soldi alla cultura ed all’ambiente, nonostante Pompei e le continue alluvioni, non ultima quella del Veneto. Con la prevenzione non si fa notizia,
non si creano consensi e quindi non si mangia. Ma la notizia più grave è che per i fondi in
conto capitale sembra probabile che dalla Regione Lombardia non arriveranno finanziamenti
per il 2011. Quindi nessun investimento, quindi niente interventi, niente attività di promozione e di sviluppo. Persino il nuovo direttore sembra sia stipendiato direttamente dalla regione e
non dal Parco dell’Adamello. Sembra abbastanza chiara la politica ambientale della regione: i
parchi si devono arrangiare o non hanno senso sopravvivere e dunque devono morire lentamente strozzandosi con le proprie mani.
Il Parco è nato come occasione di sviluppo di un’area montana che ha grandi potenzialità paesaggistiche e naturalistiche. Come altri territori italiani e stranieri che sono simili dal punto di
vista ambientale ci si era illusi che una buona politica al riguardo potesse essere di volano per
attività economiche, iniziative sociali, educazione ambientale tali da dare un colpo in avanti,
ma se vengono meno i necessari finanziamenti da stato e regione per iniziare questo cammino,
per dare input all’iniziativa privata, tutto sembra dare adito a pensare che la politica attuale
nazionale e locale veda di buon occhio solo la fine di queste esperienze. Non siamo evidentemente d’accordo su tali scelte ed invitiamo Comunità Montana e Parco a credere a questa grande
occasione per risalire la brutta china della crisi economica e industriale che ha colpito la valle.
zione dei suoli. Se, anzi, ampliamo il nostro
sguardo al di fuori, vediamo che tutto questo
ha avuto luogo anche nelle zone adiacenti, in
molte province, in molte regioni. È un fenomeno di portata nazionale che sembra non accenni ad arrestarsi. Consiglio a tal proposito
di guardare su internet il bel film documentario dal titolo “Il suolo minacciato”. Come ci
si spiega l’incontrollata avanzata del cemento
su scala tanto vasta? Credo che il venir meno
della capacità della politica di progettare e
pianificare il territorio per l’interesse generale,
abbia lasciato libertà di azione a faccendieri e
speculatori di ogni sorta e ad ogni livello.
Sono altresì convinto che in questo genere di
investimenti ci sia una forte presenza della
criminalità organizzata.
Tornando al piccolo comune in questione, mi
pare che Goldaniga pecchi di sproporzione
nell’ addebitare le responsabilità dell’accaduto
a quelle che lui chiama “famigerate associazioni ambientaliste”. Non so se queste ultime abbiano tentato tutte le mosse a disposizione
per arrestare tali nefandezze; ma in caso contrario credo che ciò sia stato causato da quel
senso d’impotenza e dallo scoramento che
avanza fra chi da anni si batte contro i mulini
a vento, non trovando, molte volte, nemmeno
il sostegno degli abitanti del posto.
Mi pare inoltre di notare un’eccessiva indulgenza verso quello che è stato l’operato della
giunta Pizio. Non voglio ora difendere l’amministrazione Fiorani, e non ho elementi per affermare se, nelle condizioni ereditate, abbia attuato tutto ciò che era in suo potere per fermare i progetti. So però che ad aver messo in campo il tutto sono stati l’ex sindaco Pizio e i suoi
collaboratori. E non mi riferisco solo all’avvenuta cementificazione. Altre diavolerie avevano
ispirato la bizzarra fantasia dell’allora primo
cittadino. Chi si ricorda del tentativo di creare
una discarica nella zona della ex cava? O della
volontà di installare un termovalorizzatore?
Per il futuro auspico che l’attuale maggioranza
abbia la sensibilità, la capacità e il coraggio di
fare scelte politiche opposte rispetto a quelle
sopracitate. Lozio se lo merita. (Igor Ducoli)
dicembre 2010 - graffiti
4
FRA IDEALI AL TRAMONTO E INTERESSI INCONFESSABILI
non c’è partita
di Tullio Clementi
L’invettiva morettiana contro i dirigenti del
centrosinistra («con questi politici non vinceremo mai») non rende adeguatamente “giustizia”
agli interessati, e tantomeno contribuisce a illuminare i potenziali elettori sulla natura e sui limiti (oltre che sulle eventuali virtù) dei dirigenti
stessi. Posta così, in realtà, l’invettiva sembra
voler prendere di mira soprattutto le qualità intellettuali e politiche, lasciandone intendere
l’inadeguatezza rispetto alla natura della competizione, e proprio per questo non mi pare
troppo convincente.
Ancorché “figli d’arte” (o forse proprio in virtù
di tale privilegio), infatti, quasi tutti questi dirigenti sono passati attraverso le vecchie e gloriose scuole di formazione dei grandi partiti storici,
dove si discuteva anche dei “massimi sistemi”,
certo, ma senza mai snobbare le altrettanto importanti arti della buona amministrazione, come
abbiamo potuto constatare ed apprezzare per
decenni laddove è stato possibile impegnare sul
campo della pratica la cultura teorica e la passione politica di tanti giovani dirigenti.
No, non sono – non possono essere – quelle
lasciate filtrare dall’invettiva morettiana le ragioni per le quali con questi dirigenti politici il
centrosinistra non vincerà mai. Sono di ben altra natura, le ragioni che tolgono fin dal suo
accenno nascente ogni possibile ambizione ed
ogni speranza ad una partita senza storia.
Sono le ragioni di quanti, per dirla con le parole di Tito Boeri, «non vivono per la politica
[non più], ma vivono della politica».
E per vivere «della politica», soprattutto
quando onorari e prebende vanno ben oltre
ogni umano miraggio popolare, non c’è alcun
bisogno di vincere, ma è più che sufficiente
“partecipare”. Ovvero, è più che sufficiente
un sistema elettorale che consacra gli “eletti”
prima ancora del responso elettorale, grazie ad
alcune disposizioni mirate, fra cui l’attuale
legge elettorale (contro la quale non si ricordano grandi tumulti neppure nell’emisfero di
sinistra) è solo uno degli ultimi tasselli.
In questo senso, dunque, più ancora che le allusioni alle qualità intellettuali e politiche, lascia-
te filtrare dall’invettiva morettiana, mi sembra
che vada a cogliere nel segno l’amletica e sofferta (e non ancora “obsoleta”, nonostante sia ormai in circolazione da qualche mese) vignetta di
Staino, laddove pone in bella evidenza il netto
contrasto fra le inevitabili fatiche di un impegno politico vissuto all’insegna dell’interesse
generale (per il quale è necessario a volte anche
il sapersi mettere in discussione) e, per altro
verso, le personali (e non per questo meno
“umane”, naturalmente) lusinghe di una serena
vecchiaia senza troppi problemi.
“Ma allora vale per tutti!”, potrebbe obiettare il
lettore. Tutti ispirati dalla filosofia andreottiana
del “tiriamo a campare”. No, perché sul versante
opposto gli stimoli alla vittoria sono alimentati
soprattutto da altri interessi, il più delle volte inconfessabili, e questo – per fortuna o purtroppo
– fa ancora la differenza. Perché al peggio non
c’è mai alcun limite, neppure in politica.
Ps: un concetto analogo, anche se limitato a
Di Pietro e Casini (forse per una sorta di “carità di patria”), lo esprimerà anche Francesca
Fornario su L’Unità (25 ottobre), scrivendo
quello che «Bersani fa solo finta di non sapere», ovvero, che «ai suoi possibili alleati, Di
Pietro e Casini, non importa vincere. Anzi, in
RITRATTO
qualche modo perdere consente loro di continuare a rappresentare qualcosa di concreto...».
Mentre Matteo Renzi (Corriere della Sera del 5
novembre) rinuncia anche alla carità di patria e,
dopo aver affermato che nel Pd sono tutti impegnati a dissertare su come morire («Chi non vuole morire democristiano, chi socialdemocratico e
così morendo...»), aggiunge di non voler morire
decoubertiniano, ovvero: «Non voglio partecipare e basta, voglio vincere le elezioni, almeno una
volta, per vedere l’effetto che fa».
E per vincere, come insegnano Vendola in Puglia e Pisapia a Milano, bisogna saper mettere
nel conto che il nostro non è più (forse non lo
è mai stato) un sistema “bipolare imperfetto”
ma, piuttosto, un sistema “tripolare perfetto”, dove il terzo rassembrement (quello delle
“anime belle”, come si usa dire spregiativamente negli ambienti di Palazzo) “scende in
campo” solo se e quando riesce ad intravvedere una qualche speranza concreta.
«... Ci sono ogni giorno nuovi dazibao, ma se
ne può intravedere il senso solo in parte, non
si può arrivare a penetrare tutta la verità.
Non tutti i pezzi sono sulla scacchiera, è una
partita che non si può giocare». (Acheng)
(a cura di Tullio Clementi)
Renato Rovetta
Un “ritratto” di Renato Rovetta? Si fa presto a dirlo! Tutt’al più si può tentare una sorta di
florilegio, grazie a quanto altri hanno scritto di lui, dopo la recente scomparsa.
Renato se n’è andato nello scorso mese di ottobre, dopo aver «penato il martirio della
malattia con dignitosa quanto stoica pazienza», scrive Nino Dolfo (Bresciaoggi, 14 ottobre
2010), dopo una lunga esistenza (siamo stati coetanei per quasi settant’anni) vissuta come
«narratore delle passioni civili, del mondo culturale e dei suoi salotti con penna graffiante e
con quel suo carattere beffardo, ma anche con quella rara capacità di leggere senza filtri
distorcenti lo scenario epocale...» (ibidem).
Un «irregolare della vita», in sostanza: «comunista e libertario, incuriosito da ogni deviazione
della verità rivelata...», per dirla con le parole di Massimo Mucchetti (altro giovane alfiere della
stampa laica nella provincia bresciana degli anni Settanta). Che è un po’ come dire «fuori dai
ranghi», se vogliamo tornare a Nino Dolfo, il quale aggiunge che «bollato di scomunica, ma fedele
alla sua vena di polemista di razza, Renato Rovetta continuò a scrivere pamphlet che facevano il
contropelo alla Brescia bianca e tradizionalista, spesso in anticipo sulle indagini dei magistrati e
sulla stampa tout court. Da free lance senza bavaglio né padroni». Da Brescia Sessanta a Brescia
Ottanta, da Scritti clandestini a Scritti satirici, fino alla creazione del sito Bresciablob.
E sul concetto di “eretico” avrà buon gioco perfino Paolo Corsini, citando il titolo di una
prima biografia (Una vita da eretico, appunto), assieme al più recente Diario di un ischemizzato creativo, per dire che Renato «è stato un combattente nato, sempre fuori dal
coro, sempre appartato in una solitudine che lo illimpidisce». Un uomo, conclude quindi
l’ex sindaco di Brescia, sorretto dalla convinzione che «il compito della cultura è quello di
seminare dubbi, agitare idee, promuovere ansia di verità».
Di mio posso solo aggiungere il bel ricordo di una breve ma intensa collaborazione (col nome che
mi porto appresso, ma anche con lo pseudonimo di Tomaso Castelli) negli anni di punta del blog
bresciano, quando gli scritti graffianti di Renato (“Dalemoni” e “Monsignor Bino”, erano fra i
bersagli preferiti) – ma anche gli appelli all’impegno civile, sociale e politico, come quando attivò
il tam tam mediatico in supporto alla candidatura dell’altrettanto eretico Arturo Squassina, per
esempio, – ti aiutavano ad affrontare le giornate più opache e deprimenti. Serve altro?
graffiti - dicembre 2010
5
INIZIATIVA DELLA FEDERAZIONE DELLA SINISTRA A CIVIDATE CAMUNO
lavoro in Valle: idee e proposte in campo
a cura di Michele Cotti Cottini
I SINDACATI E LE IMPRESE. «7.000 posti
di lavoro a rischio nel nostro comprensorio»:
suona subito la campanella d’allarme il segretario della Cgil Gazzoli. Gli ammortizzatori sociali hanno agito da tampone, ma ciò che è mancata e manca tutt’ora è una politica per lo sviluppo. Gazzoli torna a criticare gli enti comprensoriali, poco e per nulla impegnati sul tema
del lavoro, come se la crisi non esistesse. La realtà è che la disperazione aumenta: sempre più
sono i camuni che si rivolgono alla Caritas per
un pacco di cibo, sempre più sono i lavoratori
che chiedono ai sindacati di dar loro una mano
nel trattare con le banche.
L’incapacità di costruire un’alternativa di fron-
dalla prima pagina
Sindacati-Tomasi...
non sono bastate a smuovere tv e giornali
locali: nessun giornalista presente; non
scherziamo, mica è la sagra del maiale.
L’assenza dei media locali è una ragione
in più per offrire ai lettori di Graffiti un resoconto della serata (qui a fianco).
Dopo due ore di dibattito, il presidente
della Comunità Montana, presente in sala,
chiede la parola e prova a raccontare il suo
punto di vista. Confessa di averci capito
poco del fondo di oltre 1 milione di euro
stanziato per la riconversione del tessile in
Valcamonica: un progetto ereditato dalla
gestione precedente, che ha cercato di
portare avanti attraverso incontri in Regione e con i Comuni, nonostante gli ostacoli
frapposti dalla Provincia. Tomasi rivendica
i risultati ottenuti negli ultimi 5 anni in Alta
Valle: un aumento di posti di lavoro pari al
3% della popolazione grazie al turismo, ai
consorzi forestali e alla centrale di teleriscaldamento. Dopodiché sbotta, attacca
nuovamente Cgil e Cisl a muso duro per
poi chiudere con un timido appello al ritrovare un progetto condiviso e concreto.
La risposta dei sindacati non si fa attendere. «Non è sufficiente dire: io il patto territoriale non lo conosco», controbatte Bertocchi. E Gazzoli: «Anch’io sono stato eletto
un anno fa e quel patto me lo sono studiato». Se la Comunità Montana ha proposte
migliori, perché non le ha mai avanzate?
Perché non si è vista la grinta che Tomasi
ha mostrato questa sera negli incontri con
la Provincia o in un’emergenza aziendale
come quella della Selca? «Non siamo più disposti a sopportare l’immobilismo degli
enti». Cgil e Cisl ribadiscono la loro disponibilità a sedersi attorno a un tavolo, ma le
posizioni restano lontane. «Quando si va in
montagna, è bene togliersi i sassolini dalle
scarpe», commenta il segretario Pd Milesi.
te ad aziende in difficoltà non è purtroppo
nuova: Bertocchi della Cisl ricostruisce la lunga storia dell’Olcese, negli anni d’oro 3.300 dipendenti solo nello stabilimento di Piancogno.
Dal 1984 al 2006 il gruppo ha beneficiato della
cassa integrazione quasi ininterrottamente: 22
anni di cassa sono costati 400 milioni di euro. I
sindacati nel rispondere alle emergenze hanno
sì tutelato il reddito dei lavoratori, ma forse –
ha ragionato Bertocchi – bisognava sforzarsi
maggiormente nel cercare percorsi alternativi.
E, venendo all’oggi, lo strumento su cui tutte le
forze si devono impegnare con convinzione si
chiama patto territoriale.
La crisi si accompagna all’attacco ai diritti dei
lavoratori, tuona Ballerini della Fiom. Nel
nostro comprensorio qualche settore ha retto
(le Forge, la Lucchini) ma ora si sta registrando con preoccupazione la chiusura di piccole
aziende di qualità, stritolate dalle banche per
problemi finanziari contingenti.
Su quest’ultimo problema Bianchi non può
che dirsi d’accordo con Ballerini. Il presidente di Assocamuna allarga l’orizzonte: oltre
alla crisi economica c’è l’indebitamento pubblico ad ostacolare lo sviluppo. Come si può
andare avanti con uno Stato che spende per
pagare gli interessi sul debito 100 miliardi dei
300 che ricava dalle imposte? E con una Regione che destina il 75% delle proprie risorse
solo nella sanità? Sul piano locale Bianchi
vede nella concertazione e nell’incubatore la
via per il rilancio. Cita i capitoli dell’agenda
che dovrebbe darsi l’incubatore: energia rinnovabile, compresa quella nucleare; turismo;
innovazione tecnologica…
LE ISTITUZIONI E I PARTITI. Si confessa
pessimista sulla condizione del lavoro in Valle Gelfi, presidente del Bim: la crisi dura da
2 anni; di disoccupazione si sente parlare da
40 anni ma oggi la situazione è più grave che
mai. «Gli enti locali hanno le mani legate,
dati i tagli dei trasferimenti cui è stato co-
stretto il Governo. Ma superiamo le polemiche degli ultimi giorni, dobbiamo fare squadra», è l’appello conciliante di Gelfi.
Milesi del Pd elenca le varie facce del problema lavoro in Valcamonica: le prospettive
incerte per molti lavoratori, il pendolarismo
giornaliero, la scarsa soddisfazione di giovani
laureati che non trovano un posto di lavoro
coerente con il proprio percorso di studi, la
precarietà che lede la dignità della persona e
danneggia l’economia. Milesi prova anche a
declinare una possibile ricetta per la Valle basata sui principi della soft economy: agroalimentare di qualità, nuove tecnologie per la
salvaguardia del territorio, convivenza tra turismo culturale e di massa, imprese sociali,
green economy…
Bene la soft economy, ma non è possibile rinunciare al manifatturiero: nelle conclusioni ci
mette passione e competenza Matteo Gaddi,
responsabile lavoro di Rifondazione per l’Italia del Nord. Di fronte alle continue delocalizzazioni (per limitarci al tessile camuno: Cotonella in Albania, NK in Tunisia, Franzoni in
Bosnia), occorrono norme punitive verso le
aziende: chi delocalizza deve restituire tutti i
contributi pubblici diretti e indiretti ricevuti,
questa la ricetta della Federazione della Sinistra. E senza tornare all’Iri e allo Stato imprenditore – si domanda Gaddi – perché
Finlombarda investe negli inceneritori e non
nelle aziende in difficoltà? Gaddi cita l’esperienza del protocollo d’intesa firmato da tutte
le parti sociali e istituzionali in Valseriana: un
bell’accordo per dare un futuro ai lavoratori
espulsi dal tessile, un fondo di 60 milioni di
euro per finanziare start-up. Progetti presentati: zero. Morale: senza la volontà di politici
e imprenditori non si possono fare passi
avanti. Come si può pensare di costruire un
futuro alternativo se i Comuni cambiano la destinazione d’uso delle ex aree industriali spianando la strada a nuovi centri commerciali?
alcune altre... perle
«“In Valcamonica la disoccupazione non esiste. Anzi ci sono tanti posti di lavoro che i Camuni
non vogliono...”. [...] Siamo rimasti disorientati, delusi ed amareggiati di fronte alle dichiarazioni
di un Presidente che, probabilmente, non ha la consapevolezza di quello che sta accadendo in
Valle ed in particolare nel mondo manifatturiero. […] Certo questa Comunità Montana (in compagnia delle forze politiche di governo) non ha mai partecipato né mai si è informata né mai ha
assunto alcun ruolo sulle vicende difficili della Selca o della Franzoni o della NK o del gruppo
Inusti. […] La Comunità Montana è impegnata da mesi a risolvere, con il manuale Cencelli, la
spartizione dei posti nelle Aziende di Valle e forse l’impresa è riuscita, tirando con lo zuccherino
di qualche poltrona anche la affamata Lega...». (stralcio del comunicato sindacale)
«... Il presidente della Comunità montana rimprovera il sindacato di usare un linguaggio incomprensibile, di fare spesso della dietrologia, aggiungendo che «gli enti locali non hanno fra i loro
compiti istituzionali d’interloquire con le forze sindacali, che a giusta ragione difendono i diritti
dei loro iscritti mentre noi ci occupiamo di tutti indistintamente, anche delle imprese non avendo
tra l’altro nessuna responsabilità oggettiva sul mondo del lavoro». (Bresciaoggi, 7.12.10)
dicembre 2010 - graffiti
6
LETTERA DEL PRESIDENTE CAMUNO GIACOMO CAPPELLINI A GASTONE
alpini: «è rimasto lo spirito di un tempo»
di Giacomo Cappellini*
Ho letto sull’ultimo numero di Graffiti la valutazione che mi hai riservato. Ognuno di noi
pone cose, persone e fatti su una scala di valori, ciò è naturale, piuttosto scontato oltre
che assolutamente legittimo; rendere pubblica
la valutazione però spesso provoca un dissenso altrettanto legittimo.
Mi rifili un cinque, mediocrità assoluta!
Anche se la cosa personalmente non mi tocca
più di tanto e non avrei quindi scritto, l’apprezzamento coinvolge l’Associazione che
presiedo per cui mi è obbligo farlo.
Sono un uomo o meglio un leader di sinistra!
All’A.N.A. aderisce gente di sinistra, di centro e di destra. Questa moltitudine si chiama
Alpini! Li rappresento tutti!
Chiarimento questo che devo per rispetto dei
miei associati, per il momento ritengo l’argomento assolutamente chiuso e rimando ogni ulteriore commento a quando non sarò più presidente della Sezione A.N.A. di Vallecamonica.
Ciò che mi fa arrabbiare davvero sono però le
affermazioni “meno retorica “ e “votati al
vino e strinù”.
Meno retorica! Farsi portatori di una memoria per ricercare ed affermare principi di lealtà alle istituzioni auspicando di ritrovare un
rinnovato senso civico. Richiamarsi al passato per cercare un’identità, un chiaro senso di
appartenenza che ci permetta di guardare serenamente al futuro per accostarci magari al
confronto globale. Ricercare in momenti bui
della nostra storia motivi di riscatto per
esprimere solidarietà e speranze di pace. Se
queste fossero solo parole si tratterebbe certo unicamente di retorica, ritengo però che, al
di là del modo e del contesto in cui si opera,
diffondere i valori sopra detti superi il fatto
semplicemente verbale.
Votati al vino e strinù! Potrei dire che intorno
a certi momenti si crea amicizia, aggregazione
e quant’altro. Potrei indirizzarti da alcuni
e la lega pretende i corsi di
italiano per gli immigrati
Nel corso della riunione di “Salotto ’89”,
venerdì 19 novembre, il senatore Gianpiero De Toni, spargendo sul tavolo alcuni
documenti e volantini prodotti dall’Italia
dei Valori nelle ultime settimane, richiamava l’attenzione sulla foto di un “suv”
sul cui retro era stampata la seguente
scritta: «Per la libertà della Padania: va
pensiero sull’ali d’orate». Ma va la!, gli
ho detto, è un vostro fotomontaggio. E
lui, di rimando: no, ti assicuro, era proprio così. E allora m’è venuta come una
sorta di folgorazione: sull’ali “d’orate?”, e
perché non anche “di trote”? (t. c.)
Sindaci dei nostri Comuni per chiedere loro
cosa rappresentano gli Alpini nelle rispettive
comunità. Potrei dirti cosa e quanto fanno i
nostri gruppi di Protezione Civile e le Squadre
Anti Incendio Boschivo.
Allego invece semplicemente le pagine del
nostro Libro Verde della Solidarietà 2009 che
riguardano la Vallecamonica. Forse non sapevi neppure che esistesse. Questa pubblicazione raccoglie ogni anno i numeri di quanto
gli Alpini offrono in lavoro e denaro (più di
30.000 ore e quasi 155.000 Euro). Non lo
pubblichiamo per vantarci, le cifre sono sicuramente in difetto poiché qualcosa e non
poco sfugge per modestia, lo pubblichiamo
«Il dubbio non è piacevole, ma la certezza
è ridicola. Solo gli imbecilli sono sicuri di
ciò che dicono». (Voltaire)
repliche
per dare un esempio, perché quanto noi facciamo nel pieno spirito del volontariato possano farlo anche altri.
Per ultimo voglio ricordare che proprio sull’esempio del nostro slancio di solidarietà e
generosità alcuni decenni or sono è nata la
moderna Protezione Civile. Da allora tante
cose sono cambiate, come in tutte le famiglie
c’è del buono e del meno buono, ma lo spirito dei nostri soci e volontari ti posso assicurare è rimasto sostanzialmente quello di un
tempo, integro e pulito.
Questa è l’Associazione che presiedo e conosco, non credo essa meriti di essere tacciata di
fare retorica o votata al vino e strinù.
* Presidente dell’Associazione nazionale alpini,
sezione di Valle Camonica
Caro Giacomo, ho chiesto a Gastone il privilegio
di poter essere io a rispondere alla tua lettera,
perché vorrei mettere a profitto il non lieve vantaggio di aver frequentato gli alpini per ben 18 mesi,
nelle caserme del Centro addestramento reclute all’Aquila e poi al 3º Reggimento di artiglieria da montagna, su in Carnia – dalle cui basi avremmo valicato i passi dolomitici per le sfiancanti e nostalgiche
marce dei campi estivi e invernali, ma anche per scendere giù nell’orrenda conca di Longarone devastata dal Vajont, nell’autunno del 1963 – , dove ho avuto la fortuna di poter rinunciare ai gradi di caporale grazie all’offerta/richiesta di un ex capitano (degradato a tenente per insubordinazione) di far da
attendente a sua moglie, con due graziose bambine ed un cane lupo di nome “Bill”.
Dopo il congedo, tuttavia, non ho rinunciato né all’esibizione del cappello alpino né, tantomeno, ad
occasionali frequentazioni delle Feste degli Alpini (a maggior conferma, come direbbe il Faust di Goethe, che nel nostro petto «dimorano due anime»); così come durante la naja non mi ero risparmiato nel
cantare in coro (benché notoriamente stonato) la canzone simbolo della Julia, commuovendomi come
tanti altri per la “bandiera nera sul Ponte di Perati” come segno di “lutto degli Alpini che va alla
guerra”, senza alcun pensiero per i greci che la guerra, invece, non l’avevano voluta.
Del resto, quelle stesse tavolate imbandite con vino e strinù – dove si creano anche momenti di
aggregazione, certamente – ho contribuito anch’io, a lungo, ad animarle, benché su un versante
più strettamente politico, fino a quando (concedimi un’autocitazione), per adeguarsi ai tempi,
«... si regalarono mutandine rosse alle signore» (T. Clementi, Una vita a Ramengo). Quanto alla
Protezione civile, anche facendo la tara a tutto il fango di cui si sono coperti i suoi dirigenti
nazionali in questi ultimi tempi, posso solo aggiungere che conosco ed apprezzo l’impegno di
molti suoi membri, ma ne conosco pure altri che non vorrei mai trovarmi sull’uscio di casa...
Ecco, tornando a Gastone, quando egli scrive che «da un leader collocato a sinistra ci aspettavamo
meno retorica e un corpo più votato alla solidarietà...», credo che intenda prendere di mira gli
Alpini nella stessa misura in cui verrebbero presi di mira i fanti o i marinai laddove essi fanno un
tutt’uno (nel bene e nel male) con il tessuto sociale in cui sono inseriti e di cui ne sono, quindi, la
più diretta e naturale rappresentazione. In questo senso, dunque, mi pare che il dubbio finale
dello stesso Gastone («Forse è ancora presto»), benché condito da una declinazione di stampo
provocatoriamente leghista (sperom) vada inteso anche come una possibile... apertura di credito.
E non solo al nuovo presidente della sezione valligiana.
Ps: ad ulteriore conferma di come e quanto un territorio come il nostro sia permeato (nel bene e
nel male) dalla significativa e non eludibile presenza degli Alpini, ecco l’elenco di alcuni articoli
(il cui titolo ne lascia intuire anche il carattere) pubblicati su Graffiti negli ultimi 10 anni.
Carlo Branchi, Giù le mani dagli Alpini (gennaio 2001); Pier Luigi Milani, Qualche riflessione sull’esercito di professione e sul ruolo degli Alpini (settembre 2001); Pier Luigi Milani, Se l’Alpino si
schiera (maggio 2002 e settembre 2002); Tullio Clementi, Alpini o solo... nostalgici (ottobre 2002);
Pier Luigi Milani, Alpini in festa (e in pace) (giugno 2003); Tullio Clementi, Lettera aperta all’Associazione alpini di Cevo (dicembre 2005); Fausta Falconio, Alla riscoperta dei valori autentici
(settembre 2006); Marcella De Negri, Un “evviva per gli Alpini? (luglio 2007); Tullio Clementi,
Temù, gli Alpini traditi? (maggio 2009); Alessio Domenighini, A chi tocca tramandare la storia?
(aprile 2010); Danilo Fedriga, A chi tocca tramandare la storia – replica (maggio 2010)
cordialmente, Tullio Clementi
graffiti - dicembre 2010
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UN DOCUMENTO DEL COMITATO BORNESE PER IL REFERENDUM
l’acqua e gli acquedotti sono dei bornesi
a cura di Giacomo Goldaniga
Un giorno Mino Martinazzoli asserì che i Comuni sono delle invenzioni celestiali, - guai se
Dio non li avesse creati -. A noi ci sembra invece
che la maggior parte di essi siano delle Associazioni di Affaristi, di famiglie benestanti imparentate tra loro, che più che al bene della loro comunità guardano ai propri interessi!
Ed è quello che emerge dall’intricata vicenda della gestione delle acque bornesi. Pare che la concessione dell’acqua dei torrenti Trobiolo e Lovareno (inclusa la sorgente e l’acquedotto) siano
state cedute qualche anno fa dalla giunta Franzoni (per questo si spiega il voto favorevole della
minoranza) alla società Borno Energia Pulita. Il
fatto di per sé è già grave, tuttavia in questa società il Municipio detenendo il 51% delle azioni
era ancora proprietario di metà concessione del
Trobiolo, del Lovareno e dell’acquedotto.
I privati però hanno sempre cercato d’impossessarsi dell’intero pacchetto azionario per
avere il controllo assoluto della società. Una
volta in possesso avrebbero potuto sfruttare
le acque del Trobiolo e del Lovareno con una
o due centraline idroelettriche, vendere energia
pulita e introitare pure la tassa sull’acqua potabile. È soprattutto per bloccare questo disegno che Pietro Bertelli, allora vice-presidente
della Comunità Montana, aveva chiesto ed ottenuto per vie legali le dimissioni dell’allora
sindaco Franzoni Martino, perché ne era il
presidente (incompatibile per legge) e stava
svendendo l’acqua. Ora la vicenda si stava replicando se non fosse intervenuta una variante: la sindachessa ha fatto macchina indietro.
L’attuale giunta Rivadossi e l’intero Consiglio
La mostra “Quando l’acqua racconta”,
di Alessio Domenighini, fa tappa a Pisogne
(scuola primaria di via Padre Cagni): dal
13 al 22 dicembre, tutti i giorni feriali dalle
ore 8 alle 16 (sabato dalle ore 8 alle 12)
ANCHE CONTRO LE MENZOGNE DELLA LEGA
acqua: riparte la mobilitazione
di Alessio Domenighini
Quest’estate giravano manifesti a firma della Lega, che con la solita demagogia declamavano l’ennesima bufala e cioé che l’acqua era ritornata di proprietà delle comunità. Certo, se sai che la
quasi totalità dei tuoi elettori crede ciecamente a tutto quello che le propini e se ne guarda bene
dall’informarsi, allora puoi rifilare loro qualsiasi cosa.
In realtà la Regione, nella quale la Lega la fa da padrona, sta per decidere, di fatto, la privatizzazione del servizio di distribuzione dell’acqua su tutta la Lombardia. Ci troveremo così qualche
multinazionale mascherata magari da industria padana che a suo piacimento deciderà le tariffe,
l’efficienza del servizio, gli interventi in caso di guasti.
Il governo regionale di Formigoni doveva decidere la cosa il 30 novembre scorso. Poi ci sono
state numerose prese di posizione contrarie a questo intervento di “Milano ladrona” da parte dei
Comitati per la difesa dell’acqua pubblica (compreso quello camuno) e di molte amministrazioni
locali. Il risultato, per ora, è stato un rinvio al 23 dicembre.
Ovviamente il fatto che si siano raccolte circa un milione e mezzo di firme contrarie a questo ennesimo sopruso (oltre dodici mila anche in Valle) a lor signori proprio non gliene può importare di
meno. E anche la Lega, ovviamente, accetta tranquillamente tutto questo. Insomma gridare slogan
contro lo stato centralista va sempre bene, agire da regione ipercentralista va altrettanto bene. Così,
stabilita la privatizzazione, il tutto sarà affidato alle Province dove, ovviamente, decideranno quelle
realtà che contano più elettori. Brescia surclasserà tutti e la Valle Camonica verrà trattata alla stregua di un qualsiasi comune della Bassa. I Comuni potranno limitarsi ad esprimere un parere, vincolante si dice, ma che nei fatti non potrà contare nulla.
Ma non erano le Province gli Enti inutili contro i quali per anni la Lega si era scagliata, chiedendone la soppressione? Certo. Ma questo finché la Lega non è entrata a gestire anche quell’Ente
con le relative poltrone (e relativi introiti). Quando si dice coerenza... A questo punto non rimane
che tornare a far sentire la voce. Il “Comitato per l’acqua pubblica di Valle Camonica” chiede che
a decidere per il nostro territorio siano i Comuni all’interno del proprio ambito territoriale, cioè
la Valle Camonica, anche attraverso l’Ente comprensoriale della Comunità Montana.
Nei prossimi giorni il Comitato, insieme alla Carovana dei diritti umani, organizzerà un’assemblea
pubblica per informare i cittadini e poi, a seguire, si troveranno delle forme di presenza pubblica ed
azione. Insomma, aspettando la primavera, quando il referendum dovrebbe spazzare via ogni pretesa di permettere ai privati di speculare sul bene acqua, occorre riprendere la mobilitazione contro
questa ennesima dimostrazione di centralismo che, nei fatti, come si diceva una volta, toglie ai
poveri per fare molti regali ai ricchi. Magari con qualche regaluccio a chi li favorisce.
Comunale decadrebbero ed il Comune verrebbe commissariato se il bilancio dell’Ente si
chiudesse in passivo, in seguito alla legge sul
patto di stabilità che prevede la parità di bilancio. Il deficit sussiste ed è pari a 360.000
euro, somma della fideiussione da pagare alla
Banca di Valle Camonica per la funivia dell’Altissimo. Quindi la giunta si è giuntata ed
ha pensato bene di vendere il 51% delle azioni
per la somma di 705.000 euro. Una cifra ridicola, ma tuttavia sufficiente a coprire la fideiussione per la funivia e acquistare la concessione del Lovareno e dell’acquedotto per
altri 342.000 euro (valore sottostimato). Grazie alla protesta di due consiglieri di maggioranza che han preteso il vincolo di recupero
dell’acquedotto e del Comitato Bornese per il
Referendum il colpaccio non è riuscito.
Il volantino del Comitato Referendario recitava
così: «Vendono le concessioni dell’acqua del
Trobiolo e del Lovareno a Zaleski. L’acqua della
sorgente Lovareno e gli acquedotti comunali non
saranno più pubblici con le conseguenze che ne
deriveranno. Non solo la società acquistante non
s’accontenta del beneficio derivante dalla vendita
dell’energia elettrica, ma mette le mani anche sulla nostra acqua potabile. Perché la sindachessa
non ha interpellato la popolazione?».
All’ombra della legge 122/2010 sui passivi delle
società partecipate, la Rivadossi s’apprestava a
vendere il 51% delle azioni ad Iniziativa Bresciana, che include la finanziaria di Vallecamonica, controllata da Cocchi, braccio destro di
Zaleski. Il tutto avveniva in sordina senza uno
straccio di coinvolgimento della popolazione
bornese. Ora però, montata la protesta fra la
popolazione, cambiate le carte in tavolo, la
vendita dovrà avvenire mediante asta pubblica.
Ma non tutto è assicurato e gli acquedotti non
sono ancora salvi. Potrebbe succedere che la
Provincia non dia il benestare all’attivazione
delle concessioni, che l’asta vada deserta o che
gli originari compratori possano ritirarsi, insoddisfatti della sola concessione del Trobiolo. Infatti la proposta della sindachessa è la seguente: «Invece di tenere in vita due concessioni
idroelettriche a metà, ciascun ente ne possiederà una per intero. Il Trobiolo alla società acquistante, il Lovareno al Comune».
Quindi dovrebbero sorgere due distinte centraline, una privata e una pubblica. La data
utile per realizzare tutto ciò è la fine di Marzo 2011. A questa data il Comune dovrà contemporaneamente aver venduto il 51% delle
sue azioni ed aver acquistato l’acquedotto
del Lovareno. Certo una riflessione s’impone. La vicenda nella sua gravità è pure grottesca: l’Ente civico deve vendere il 51% delle
sue azioni, di una società tra virgolette “già
sua”, per riscattare il suo acquedotto.
dicembre 2010 - graffiti
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ACQUA, TELEFONIA, BANCHE, TRUFFE, L’AZIONE DI FEDERCONSUMATORI
per non perdere la bussola
a cura di Tullio Clementi
La bussola è il logo di Federconsumatori, al
cui responsabile territoriale, Giuseppe Lollio,
rivolgiamo alcune domande.
Innanzitutto, cos’è, in sostanza,
Federconsumatori?
Per dirla con il logo con cui si presenta al pubblico, è un’associazione libera e democratica
nata per difendere i legittimi interessi del cittadino consumatore e degli utenti della pubblica
amministrazione, che fa della sua autonomia
valore fondante.
Di cosa si occupa, in particolare?
Informa sui diritti di utenti e consumatori; promuove l’educazione al consumo; interviene sulla pubblicità ingannevole; combatte le forme di
illegalità, truffa, raggiri e soprusi.
In quali settori?
Dalla telefonia all’energia (elettricità e gas); dalle banche alle assicurazioni, alle finanziarie.
Sulla qualità dei servizi offerti dalla pubblica
amministrazione. Sugli abusi nelle vendite al di
fuori dei locali commerciali (a domicilio, per telefono, per corrispondenza, ecc); i ricorsi per
acquisti difettosi; la corretta applicazione del
codice della strada...
Che genere di assistenza offre?
Consulenza e suggerimenti in caso di semplice vertenza; consigli e avvio di pratiche per
aprire un contenzioso. Assistenza legale qualora fosse necessario aprire una vera e propria vertenza.
Nel comprensorio camuno-sebino, per
esempio?
Tanto per cominciare, abbiamo aderito ad un
bando della Camera di Commercio di Brescia
sulle tematiche dell’educazione e della tutela
del consumatore e dell’utente, che favorisce
iniziative sul territorio per l’informazione e
l’educazione dei cittadini sui temi relativi a:
- accesso al credito al consumo, con particolare riguardo all’attuale crisi economica;
- pratiche commerciali sleali e alle clausole
contrattuali vessatorie;
- problematiche del gioco d’azzardo.
E tale proposito, si sono concordate con undici amministrazioni comunali del territorio camuno e del Sebino bresciano delle iniziative
serali rivolte ai cittadini in quanto consumatori e utenti, con particolare attenzione alla popolazione anziana.
In prospettiva?
Avendo stipulato con la CdLT una convenzione che ci permette di utilizzare i locali delle
Sedi di Darfo e sul territorio (in cambio di ciò
Federconsumatori fornisce ai 20.000 iscritti
alla Cgil un servizio agevolato nei costi per
l’iscrizione all’associazione e per l’avvio di
pratiche), ritengo che ciò potrà favorire lo sviluppo di iniziative simili a quelle che abbiamo
intrapreso quest’anno in collaborazione con la
Camera di Commercio di Brescia. Tuttavia,
reputo necessario che si sviluppino, nell’ambito dei servizi della CGIL ad indirizzo sociale (Auser, Sunia, Ufficio stranieri...), quelle sinergie adatte a migliorare il lavoro di tutti, per
un efficace servizio alla persona.
Unificare le ragioni dei lavoratori e dei
pensionati con quelle dei consumatori?
Beh, non si tratta certo di una cosa semplice.
Considero però importante che Federconsumatori dia il suo contributo ad una discussione sulla “consapevolezza sociale” dei lavoratori anche sul tema dei consumi. Se ci pensiamo bene, infatti, ogni atto di acquisto può trasformarsi in un regolatore del mercato, nel
senso che la “consapevolezza sociale” del
proprio lavoro può indurre a comportamenti
diversi non solo per acquisti più “ consapevoli” ma anche sul proprio luogo di lavoro.
Qualche caso significativo in Valle?
Il problema dell’acqua, per esempio. In Valle
si sono raccolte migliaia di firme sul referendum che chiede l’abrogazione della forzata
privatizzazione di aziende pubbliche che gestiscono il ciclo idrico integrato. Io mi limito a
segnalare il fatto che, Carte dei Servizi e Regolamento del Servizio Idrico Integrato (come di
altri servizi di carattere pubblico) devono essere oggetto di confronto tra i gestori designati
e le associazioni dei consumatori.
Non è così?
Così è stato possibile con UniAcque, che gestisce nella bergamasca il 60% dei comuni, lo è
stato in parte anche per il Bresciano, ma si è
limitata la discussione solo con l’ATO. In ambito valligiano esiste una situazione a dir poco
paradossale: la società dei Servizi di Vallecamonica gestisce l’acquedotto del comune di
Malegno e l’ospedale di Esine, più una ventina di depuratori in Valle; tutto il resto è lasciato alla buona volontà delle singole amministrazioni comunali. Solo il comune di Angolo ha
aderito all’ATO provinciale, gli altri no, come
hanno detto no all’idea di aderire alla società
Aob2, che dovrebbe gestire il sub ambito 3.
Quello della valle dell’Oglio.
E Federconsumatori?
Abbiamo chiesto (ed ottenuto) qualche settimana fa uno scambio di idee con il responsabile
del settore di Valcamonica servizi.
Non è contrario
naturalmente ad
affrontare la discussione sulla
carta dei servizi e
sui regolamenti,
ma come si sa è
tutto fermo. Si aspetta che la politica decida il
da farsi su tutto il sistema. Sicuramente, dopo
che avranno trovato la soluzione condivisa sugli assetti societari e sulle persone chiamate a
dirigerli. Come Federconsumatori (in appoggio
anche all’iniziativa del sindacato) si può tentare
di fare una ricognizione per capire meglio il sistema dei servizi comunali sull’acqua; dalla
captazione, al trasporto, alla depurazione e allo
smaltimento.
L’acqua come problema collettivo, e sul
piano individuale, invece?
Si sono recuperate soldi in favore di iscritti che
hanno avuto problemi con i gestori delle telefonia e dell’energia, sulla vendita fuori dai locali
commerciali. Siamo intervenuti in vicende di carattere turistico importanti, alcune andate a buon
fine. Su alcuni contratti d’opera la soluzione si è
trovata con l’ufficio legale. Si sono avviate alcune contestazioni con banche, assicurazioni e finanziarie. In alcuni casi i recupero crediti hanno
deciso di non procedere. In altri i gestori hanno
accettato di dilazionare nel tempo.
Per la fornitura di apparecchiature per la casa
ed il benessere si è impedito a due ditte della
Valle e a una esterna di estorcere con tre contratti somme significative. Si è accertata una
truffa di circa 9.000 euro per un viaggio organizzato da una società che poi è sparita. La società in questione è conosciuta agli inquirenti.
Un’altra truffa di circa 600 euro per incauto
acquisto su Internet (pacchetti di software e
tv). Inoltre abbiamo consigliato e aiutato alcuni nostri iscritti a segnalare ai carabinieri e alla
polizia postale casi di tentata estorsione.
Ci sono altre associazioni dei consumatori
in Valle?
A quanto mi risulta c’è l’Adiconsum che ha i
suoi uffici nella sede della Cisl territoriale e
sulla questione della Carta dei Servizi potremmo sviluppare assieme l’iniziativa necessaria
nei confronti degli enti gestori dei servizi di
acqua, gas, elettricità.
«Nelle stesse ora in cui alla Camera avveniva l’allegro mercato delle vacche che dovrebbe rinverdire il cadavere del governo, a
Milano, la città più ricca d’Italia (governata
da una delle signore più ricche d’Italia), una
donna è morta di freddo in un’aiuola. E, nella stessa Regione Lombardia, un operaio senegalese, in Italia da 15 anni, è morto in una
cella in preda a una crisi d’asma. Era stato
arrestato perché, essendo rimasto disoccupato, il suo permesso di soggiorno era scaduto. Questi due morti vanno messi in conto
al sindaco Moratti, al ministro Maroni e anche a quelli che si sono venduti per tenere in
piedi il governo dei razzisti e dell’affarista
pagatore». (Maria Novella Oppo)
graffiti - dicembre 2010
9
NELLA PRADA DI CIVIDATE
le intricate dimensioni della vita
di Federica Nember
Credo che a quasi tutti i viaggiatori, sia ai distratti che agli attenti, sia capitato almeno
una volta di notare quel rudere ubicato lungo
la super strada, all’altezza della prada di Cividate. È un piccolo edificio che probabilmente anni orsono era legato ad una dimenticata vita contadina; oggi, ormai senza tetto,
commuove per la presenza di un albero che,
coraggiosamente, sta crescendo al suo interno
e i cui rami svettano alti oltre le pareti. Personalmente quando lo vedo penso all’Infinito
di Leopardi e soprattutto al verso «e il naufragar m’è dolce in questo mare».
Non sono un filosofo, non sono un sociologo
né uno psicologo, non ho mai avuto ben chiaro perché pensavo proprio a quei versi. Ci ha
pensato Patrizia Tigossi, artista brenese, a
spiegarmi il perché. Nel suo saggio “Le rovine” descrive l’operato dell’uomo analizzandolo nel suo divenire: «L’architettura rappresenta un preciso equilibrio tra la tensione dell’anima che tende verso l’alto e la forza di gravità della materia che tende verso il basso».
Da quando l’uomo ha capito che poteva costruirsi un tetto sopra la testa ha sviluppato
una scienza che oggi chiamiamo architettura;
non sempre è riuscito a realizzare ciò che ave-
GIOVEDÌ 23 DICEMBRE 2010:
Salotto89, per ragionare di politica
in allegria e scambiarsi gli auguri.
Appuntamento alle 20.30 in Sala ’89
a Boario Terme (vicolo Oglio 10).
dalla prima pagina
il giornalismo...
visione che è stata, per anni, la dittatura del
facile. I sondaggi non sanno e non possono
registrarlo, ma è questo il vero segno che annuncia il cambiamento»...
Ebbene, nel nostro piccolo noi, a volte, riusciamo a far convivere tale confronto delle opinioni
e delle diversità perfino su un solo foglio.
Come dimostra il dibattito scatenato dalla
“provocazione” di Giacomo Goldaniga a proposito dei problemi urbanistici in quel di Lozio; la disputa cultural-folkloristica tra il nostro
Gastone ed il cantastorie di Monno, Germano
o, ancora, lo scambio di opinioni “senza rete”
sugli alpini (un tema sul quale si sono misurati
recentemente, in modo tanto serrato quanto civile, anche due preziosi sostenitori di Graffiti
come Alessio Domenighini e Danilo Fedriga).
Il tutto all’insegna di un principio già enunciato
dall’indimenticabile Enzo Biagi (che citiamo
per il valore dell’assioma, senza alcuna pretesa
di voler incarnare il “verbo”, naturalmente): «Se
la verità provoca uno scandalo, meglio accettare
lo scandalo che abbandonare la verità».
va nella mente, ma ha sempre anelato a raggiungere l’opera perfetta. Se gli antichi costruivano i loro edifici, i loro templi, le loro opere
in modo che si compenetrassero con la natura
circostante, ora dalle città alle province sembra che l’obbiettivo sia l’opposto.
Non si teme né si rispetta la natura. Anche se
la natura si riappropria di ciò che è suo, «tuttavia essa non fa crollare l’opera nell’assenza
totale di forma della pura materia, almeno finché si parla di rovine e non di un mucchio di
sassi; nasce una nuova forma che, dal punto di
vista della materia, è totalmente significativa e
comprensibile». Dunque l’edificio ha una sua
vita, da architettura a rovina a nuova forma,
una storia che si conclude con un ritorno alla
terra o, come scrive l’artista, «un ritorno alla
“buona madre”, come Goethe definisce la natura. Il fatto che tutto ciò che è umano “viene
dalla terra e alla terra deve tornare”».
L’artista conclude con queste parole: «Nella
sua materia, nel suoi caratteri effettivi,
l’opera è sempre rimasta natura; quando
quest’ultima se ne riappropria non fa che
riattivare in tal modo un diritto, sospeso
fino ad allora, al quale però, per così dire,
essa non ha mai rinunciato».
FUOCO FATUO
Come ho detto la mia formazione non è filosofica né psicologica, sono un archeologo e,
pur apprezzando l’opera di quest’artista sia
nei suoi scritti sia nelle sue realizzazioni
manuali, non posso esimermi dall’affermare
che non condivido in pieno ciò che afferma
nel suo saggio.
Testimonianza di vite e storie passate: le rovine vanno studiate e conservate, la natura
deve fare il suo corso ma l’uomo ha il dovere
di mai dimenticare ciò che ha imparato dal
passato e ciò che edifici come il Santuario
della Minerva a Breno o la Casa dei Gladiatori a Pompei testimoniano e narrano.
Senza andare tanto lontano nel tempo oggi
consideriamo archeologia industriale polverosi
edifici che ci parlano di una rivoluzione industriale ormai superata, sarebbe a mio parere
un reato cancellare la loro presenza.
Vi sono invece scheletri di cemento e acciaio
che urlano vendetta e la cui costruzione non
ha certo rispettato quel rapporto fondamentale esistente tra uomo e natura.
La poesia del rudere di cui parla Patrizia Tigossi è innegabile, ma vi sono edifici che è giusto ritornino alla natura, altri che dobbiamo
salvaguardare sempre.
(a cura di Stefano Malosso)
ecco gli Uomini allo specchio
Ancora un venire alla luce, dunque. Dopo 64 anni di buio poco cinematografico, torna alla luce
Uomini allo specchio, primo lungometraggio (escludendo un piccolo esperimento ambientato a
Edolo ma ormai perduto) di Toni Secchi, figura di spicco del cinema italiano nel suo periodo di
massimo splendore, e da anni “cittadino d’adozione” della Valle: dopo Uomini allo specchio
intraprenderà infatti una brillante carriera alla direzione della fotografia di tante produzioni
televisive cinematografiche, dai servizi per La Settimana Incom e i Caroselli in Rai, fino all’approdo al cinema con Un uomo da bruciare dei fratelli Taviani, Mare Matto di Castellani, I
mille Fuochi di Folco Quilici, Thomas (Gli indemoniati) di Pupi Avati, Un fiume di dollari di
Lizzani, Quien Sabe? di Damiani e decine d’altri.
Un ritrovamento fortunoso, inaspettato: di che si tratta? 40 minuti d’azione e intrighi che
danno un senso ad un’attesa tanto lunga, e che ci raccontano più di quello che intendevano
raccontarci nel 1946, quando il giovane Toni le plasmò come regista, direttore della fotografia e
persino attore principale: molto più di una semplice vicenda noir, certamente. Così come una
vecchia fotografia d’inizio novecento di Atget ad una Parigi incantata, seppur scattata senza
ambizioni artistiche, diventa oggi di una forza dirompente per il complesso messaggio che ci
porta dal mondo del passato, dei luoghi che furono, dei volti che passarono. Una pellicola
impressionata riesce nel miracolo tecnico di riportare il passato al presente, col suo fascinoso
carico di nostalgia, curiosità, emozione: è la magia del cinema, così come della fotografia. Come
se, impressionando un’immagine sul labile supporto di una pellicola, questa diventasse un fantasma, in grado di andarsene e ritornare a farci visita in tempi imprevisti.
Il film, che fu realizzato nel 1946 a Tradate e fu girato in bianco e nero con una cinepresa 16mm
barattata da Secchi in cambio di alcune vecchie macchine fotografiche e poi rivenduta al termine
delle riprese, è attualmente in fase di digitalizzazione, e Secchi possiede la sceneggiatura originale
con i dialoghi che, per una serie sfortunata di eventi, non erano stati registrati. Insomma, nulla è
andato perduto, e Uomini allo specchio potrà tra poco tornare a scorrere davanti ai nostri occhi
con tutta la sua carica evocativa, facendo idealmente “parlare” i suoi 64 anni vissuti in uno scantinato, portando alla luce non solo la sua trama, ma soprattutto il mondo che l’ha vista prendere
forma e i volti che l’hanno impersonificata davanti alla sapiente macchina da presa di Toni.
dicembre 2010 - graffiti
10
L’UDITORE GIUDIZIARIO
(a cura di Pier Luigi Fanetti)
la verità è ancora “sotto chiave”
Durante il dibattimento del processo per la strage di piazza Loggia a Brescia, conclusosi dopo
due anni con le assoluzioni “dubbiose” degli imputati Delfino, Maggi, Rauti, Tramonte e Zorzi, impegnativa è stata l’attività dei difensori delle persone fisiche o giuridiche danneggiate
dalla bomba. Alcuni avvocati erano già stati difensori di parte civile in precedenti processi nei
quali, purtroppo, si era verificata una divisione nella strategia processuale tra chi propendeva
per il filone bresciano (Ermanno Buzzi e Nando Ferrari) e chi per quello milanese (Cesare
Ferri) dello stragismo fascista; altri legali hanno svolto tale incarico per la prima volta nel nuovo procedimento che ha seguito la pista veneta. Stavolta il collegio dei difensori di parte civile
ha fatto gioco di squadra, coordinandosi e integrandosi, sia negli interventi in aula sia fuori.
Nel primo incontro pubblico dopo le sentenza del 15 novembre, quattro degli avvocati hanno
illustrato come nel 1993 era partita la complessa indagine della Procura di Brescia che è finita
nel 2007 con la richiesta di rinvio a giudizio; hanno lamentato l?impossibilità di far uscire
documenti dagli archivi poiché ancora mancano i regolamenti attuativi della legge sull’abolizione del segreto di Stato; hanno ammesso le difficoltà per la Corte d’assise (che è formata da due
magistrati e sei giudici popolari) a riconoscere senza ombra di dubbio l’attendibilità dei testimoni dell’accusa su vicende di 36 anni fa che sono state aggrovigliate da depistaggi.
I difensori di parte civile ritengono che la sentenza sia “un bicchiere mezzo pieno”, giacché
non ha dichiarato l’innocenza degli imputati ma ha considerato dubbie le prove a loro carico.
Perciò aspettano le motivazioni per capire come i giudici abbiano unificato le posizioni dei
cinque imputati, stanti indizi più gravi a carico di Maggi e Tramonte, e per presentare appello.
UNIONE DI COMUNI
I comuni di Bienno e Prestine si apprestano
a ad aggregarsi ai comuni di Breno e Niardo
per dar vita all’unione dei comuni del centro
valle. Ma la domanda sorge spontanea: chissà perché la Val Grigna non è riuscita a formare una sola unione , data la conformazione
della valle e data anche e più importante configurazione urbanistica ormai contigua. Berzo ed Esine non ci stanno? Pensano di sopravvivere isolandosi dal resto della valle?
CINGHIALI
Netta e pesante la presa di posizione del Parco
dell’Adamello e dell’assessore Broggi sulla
questione cinghiali in contrapposizione alla
provincia. Scrive l’assessore Broggi all’assessore Sala della Provincia: «Numerosi esemplari di
cinghiale vivono nel Parco regionale dell’Adamello in particolare tra Breno, Braone e Niardo,
ma come lei ben sa (il riferimento è all’assessore Sala) in questi ambiti, esterni al parco naturale dove non ci sono cinghiali, la caccia è consentita. Dalle sue parole, invece, si evidenzia
l’impossibilità d’intervenire da parte delle Provincia perché gli animali si rifugiano nelle aree
protette». «Essendo vietata per legge l’immissione del cinghiale su tutto il territorio regionale
- scrive la Comunità montana - informiamo della situazione, per intraprendere i necessari
provvedimenti». Quindi due posizioni nettamente distinte. Dapprima la Provincia ha chiuso non uno ma due occhi sull’introduzione dei
cinghiali in valle e poi dà la colpa al Parco di
proteggerli nelle aree di competenza . Cacciate i
cinghiali ed anche l’assessore Sala.
FRANE
Non si contano più le frane in Valcamonica
dopo due giorni di pioggia, la prevenzione
resta un miraggio, lo stato non ci vede nemmeno. Anche metà del Veneto sommerso interamente da un metro d’acqua ha dovuto
aspettare due settimane prima che il presidente Berlusconi se ne accorgesse. Intanto
la Prestigiacomo insultava Tremonti per i
mancati finanziamenti al proprio ministero
e Silvio era indaffarato con Ruby. Le frane
in valle non fanno notizia, ma danni certamente sì. Finiremo sotterrati da questo territorio e da questo governo? (g.c.)
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graffiti - dicembre 2010
11
Egregio Gastone, mi chiamo Germano e sono un quarantenne della Valle che gestisce dall’età di diciotto anni un piccolo negozio di prodotti tipici lottando contro l’invasione dei centri commerciali. Contemporaneamente dedico spazio da trent’anni alla musica popolare che eseguo, suonando la fisarmonica, sempre dal vivo, per le piazze, le osterie e le strade della Valle. Ho anche un’altra passione:
talvolta mi piace esibirmi in televisione soprattutto per giungere nelle case degli anziani che, non potendo muoversi, non possono scendere da basso ad ascoltarmi. Anche qui, contro ogni moda, suono
rigorosamente dal vivo, cantando con mia moglie Daniela. Vesto abiti tradizionali ricavati dalla lana e
dalla canapa della Valle filate dalle nonne camune e tessute a telaio manuale di Monno. Nel tempo che
mi rimane mi piace fare ricerca nel campo delle tradizioni e tutto quello che raccolgo lo divulgo nei
libri e nelle riviste. Secondo te farei folklore fine a se stesso, durante la mia partecipazione all’Osteria
de la Cantada (cfr. Graffiti del Settembre 2009). Per cambiare rotta e
migliorarmi chiedo a tal proposito se tu possa specificare i punti deboli di tale programma e soprattutto come migliorarlo. Sarei lieto anche se questo costruttivo confronto potesse trovare risposta sulla tua
interessante rivista valligiana. (Germano Melotti)
repliche
Caro Germano, innanzitutto grazie per i complimenti alla rivista e
buona fortuna per la tua battaglia contro i centri commerciali, non sei il solo. Forse – come suggeriva tempo fa un assessore della Comunità Montana – sarebbe utile inserire pillole di informazione e di
cultura nella tua trasmissione, poiché anche un format così popolare, di relax e di divertimento, può
veicolare contenuti validi ed elevare il livello culturale nel quale ci troviamo. Inoltre non mi piace
quell’eccessiva ripetitività (e quei tempi morti) che costringono te, Giannino e Daniela ad inventarvi
sul momento battute scontate o a ripetere per l’ennesima volta la medesima canzone. Alcuni brevi
suggerimenti, o meglio novità, da inserire nel programma, per elevare il palinsesto. 1. Un paese alla
volta (lettura della descrizione fatta dai principali storici sui nostri Comuni nel corso dei secoli, magari sotto forma di gioco interattivo, invitando il pubblico da casa ad indovinare l’autore). 2. Un
libro sulla Valle (titolo, autore e dove è possibile reperirlo). 3. L’iniziativa della settimana (l’appuntamento ritenuto più importante). 4. L’ospite in studio (a lui raccontare di sé e della sua biografia). 5.
Un curioso documento storico ai più sconosciuto (la presentazione, per esempio, di un inedito). 6.
Una frase o una parola in dialetto. 7. Una notizia curiosa. 8.Un’opera artistica o architettonica (la
proiezione dell’immagine con il gioco da casa: dove si trova, chi l’ha dipinta o realizzata). Certo ci
vuole un maggiore lavoro di redazione e meno improvvisazione, ma credo ne valga la pena…
Ah, complimenti per il “Pà de seghel de Mon”, è buonissimo! (Gastone)
LA CLASSIFICA DEL MESE
a cura di Gastone ([email protected])
fallimenti e... medaglie
Voto 1 a Corrado Ghirardelli, assessore provinciale ai Trasporti. Non ha ancora pagato 20mila
euro ad un artigiano (che ora rischia di fallire) per la realizzazione della coreografia del centenario
della Ferrovia camuno-sebina. Quel brutto vizio di spendere di più di quanto si ha in cassa. E per
di più sulla pelle degli altri.
Voto 2 a Fabio Bianchi, presidente di Assocamuna. Bruno Caparini imprenditore dell’anno è
davvero troppo. A Edolo sono ancora in molti a ricordare quel burrascoso fallimento che
scottò tante famiglie.
Voto 3 a Dario Colossi, sindaco di Rogno. Il no al centro culturale islamico è sinonimo di
intolleranza. Come sempre la lezione migliore l’ha data don Giancarlo Pianta, criticando
fortemente l’atteggiamento di chiusura e di paura.
Voto 4 a Simone Maggiori, assessore ad Ossimo. Farsi pignorare un mezzo comunale per non
aver risarcito un cittadino che ha vinto una causa è ridicolo. Non avviene più neanche al sud.
Voto 5 a Lino Balotti, presidente dell’associazione “El Teler”. Le “Ere da Nadal” hanno stufato.
I mercatini di Monte di Berzo Demo sono sempre uguali e si esagera con le bancarelle di cibo.
Non se ne può davvero più.
Voto 6 a Riccardo Venchiarutti, sindaco di Iseo. La web-cam con cui ha cominciato a dialogare
con la città, tramite web, è un’idea innovativa. Ma delegare il ricevimento dei cittadini ai suoi
collaboratori è poco utile. Il rapporto umano prima di tutto. In fondo ti hanno votato.
Voto 7 a Alex Domenighini, sindaco di Malegno. Con i colleghi di Bienno, Borno ed Esine
ha stretto un patto contro i gas serra. Che la certificazione ambientale e le politiche anti
inquinamento diventino patrimonio di tutti i Comuni della Valle.
Voto 8 a Mario Bezzi, sindaco di Ponte di Legno e presidente della società che gestisce gli
impianti sciistici. La Sit ha bilanci con il segno più, fa copiosi investimenti e dà lavoro. È nelle
altre due stazione camune che si deve ficcare il naso, l’Alta Valle viaggia da sé.
Voto 9 a Dario Furlanetto, nuovo direttore del Parco dell’Adamello. Appena arrivato ha già le
idee chiare, lo si è visto durante la presentazione ufficiale. È sicuramente un’ottima idea che la
parte camuna dello Stelvio diventi Parco dell’Adamello.
Voto 10 a Lorenzo Caffi, grafico. Come sempre l’agenda della Cooperativa Azzurra mescola
arti visive e solidarietà. Davvero una bella – anche esteticamente – iniziativa. In bravura sta
superando Paolo Antonioli.
recensione
di Tullio Clementi
Titolo: Periferia protagonista
Autore: Luigi Mastaglia
Editore: Bibliolavoro
«Trent’anni di vita sono un periodo ragguardevole, che consente di valutare progetti e realizzazioni di un comprensorio sindacale,
dentro il cammino di un’organizzazione che
deve coniugare la conoscenza e la consapevolezza della propria storia con la proiezione
nell’avvenire», scrive Mimmo Franzinelli sul
quotidiano della Cisl, Conquiste del lavoro,
del 6 novembre, commentando il libro di Luigi
Mastaglia, Periferia protagonista.
Una ricostruzione di questi ultimi trent’anni di
storia del sindacato (della Cisl, in particolare), a
partire dalla conferenza unitaria di Montesilvano del settembre 1979, quando «si pensava che
la presenza del sindacato nel territorio dovesse
assumere valenza politica di rappresentanza
dei ceti meno protetti» (pag. 14).
Assumendo come prioritari i valori del territorio e di chi lo abita – a prescindere dalle diverse
ed a volte anacronistiche dimensioni istituzionali –, quindi, il comprensorio nasce nell’ambito territoriale di ben quattro comunità
montane (Valcamonica, Sebino bresciano,
Alto Sebino bergamasco, Basso Sebino
bergamasco e Monte Bronzone), con qualche rammarico per la mancata inclusione
della quinta Comunità montana, quella della
Val di Scalve, la cui economia gravita in misura significativa sulla bassa Valcamonica,
ed il collante che permetterà di tenere insieme un simile progetto e mettere in sintonia
esperienze tanto diverse, scrive Mastaglia,
consisterà appunto in quella che «si può
definire “la marginalità della periferia”».
Fra le prime iniziative ci sarà la riattualizzazione delle piattaforme rivendicative unitarie elaborate fin dai primi anni
Settanta, in tema di sviluppo e difesa
del territorio, riassetto idrogeologico,
pianificazione degli interventi industriali,
miglioramento del sistema dei trasporti valligiani (su gomma e su rotaia), realizzazione
dell’ospedale di Esine... Trent’anni!
Segue poi una minuziosa ricostruzione dell’intero periodo, con particolare attenzione ai
problemi organizzativi della Cisl, ma senza
trascurare il contesto sociale ed i rapporti con
le altre organizzazioni, con estrema franchezza, anche quando si tratta di analizzare la vicenda relativa al cosiddetto “accordo di San
Valentino” (firmato tra il governo Craxi ed il
sindacato, con esclusione della componente
comunista della Cgil), i cui effetti devastanti
non risparmieranno neppure la “periferia”.
Una vicenda che secondo Mastaglia («si può
affermare ora, con il senno di poi», dice) testimonia «che eravamo giunti alla fine di un
ciclo della vita politico-sindacale italiana».
Ed il tempo, purtroppo, gli sta dando ragione.
dicembre 2010 - graffiti
12
ROSSO DI SERA
(a cura di Giancarlo Maculotti)
meglio il buso del tacon
GRAFFITI
via Silone, 8 (c/o Tullio Clementi)
25040 DARFO BOARIO TERME
[email protected]
http://www.graffitivalcamonica.it
Prima o poi doveva succedere. I soldi si sono volatilizzati. Infatti, diciamolo francamente, era meglio il “buso del tacon” come dicono i veneti. L’idea di distribuire soldi a pioggia ai Comuni confinanti con il Trentino era l’idea più balzana che la politica avesse partorito negli ultimi anni. Compensati perché di confine? Che criterio è? Su quale diritto si fonda? Su quale principio di equità?
in Redazione: Monica Andreucci, Bruno
Nessuna traccia di ragionamento serio alle spalle. Solo un escamotage per tacitare le proteste di
Bonafini, Guido Cenini, Michele Cotti Cottini,
comuni che minacciavano di passare al Trentino (sempre che Dellai li accolga, perché non è mica
Alessio Domenighini, Stefano Malosso, Valerio
così stupido e la torta, che è sempre la stessa, dovrebbe essere divisa tra più commensali…).
Moncini, Federica Nember.
Se si voleva veramente pensare ad una politica per i comuni di montagna non poteva passare la
hanno collaborato: Giacomo Cappellini,
logica dei confini. È vero che le differenze tra comuni trentini e comuni lombardi confinanti è
Alessandro Domenighini, Ando Domenighini,
sotto gli occhi di tutti. Basta passare il Tonale per vedere. Se si pensa che tutto lo sviluppo
Igor Ducoli, Pier Luigi Fanetti, Gastone,
sciistico è stato pensato e realizzato dalla parte lombarda e si osserva la realtà di oggi, c’è da
Giacomo Goldaniga, Giuseppe Lollio,
interrogarsi mica poco. Lo sviluppo alberghiero è quasi interamente trentino e persino la funivia
Giancarlo Maculotti, Germano Melotti,
del Paradiso, voluta e realizzata dal sindaco di Ponte di Legno, Torri, oggi è in mano trentina. Se
Mario Salvetti.
si guarda l’alta val Sabbia e la si paragona alla confinante val Giudicarie si rimane allibiti. Il proDirettore responsabile: Tullio Clementi.
blema esiste, è fuor di dubbio, ma è la soluzione che non quadra.
Prima di tutto i soldi potevano essere dati alle Comunità Montane e non ai singoli comuni.
Tutte le collaborazioni a Graffiti, così come
Sarebbe stato almeno più giusto anche se la domanda che nasce spontanea è questa: e le Comul’impegno dei componenti la Redazione,
nità Montane vicine alle Comunità confinanti col Trentino perché devono rimanere all’asciutto
hanno carattere assolutamente gratuito.
pur avendo gli stessi problemi? Si capisce subito che il ragionamento per confini non regge.
Proviamo allora a trovarne un altro. Potrebbe essere quello della vera autonomia e delle risorse per la stessa di cui non c’è traccia né nella riforma federalista da barzelletta che ci ha
Le vignette di Staino, Ellekappa, Vauro, ed
propinato la Lega, né nel cosiddetto federalismo fiscale. L’autonomia – lo dice bene Dellai –
altri sono tratte dai quotidiani: l’Unità, il
non può stare in una benevola concessione che viene dall’alto e nemmeno nel motto “arranCorriere della Sera, il Manifesto, Repubblica
giati”. Autonomia vera significa possibilità di avere entrate certe e statuti delle istituzioni
costruiti in loco, non fotocopia di un modello nazionale. Autonomia significa futuro per le
Comunità Montane e non loro azzeramento. Siamo ben lontani da tutto ciò.
Altra possibilità è quella di finanziare per progetti di qualità che tengano conto del futuro della
montagna. Si è scelta la strada più facile e più controproducente e ora se ne pagano le conseguenze poiché quando si elargiscono, seppure a capocchia, dei danè, è inevitabile creare una specie di
diritto alla prebenda ad Aeternum. E così Breno e Ceto, buggerati, chiedono l’adesione al Trentino. È una provocazione, è evidente, poiché il Trentino non può arrivare fino a Torino, anche se
fa rima. E dove lo si ferma se assieme alla sua espansione corrono le lire? Non si fa più in fretta
allora a chiedere addirittura il ritorno ai confini del Congresso di Vienna?
La realtà è che servono meno chiacchiere sul federalismo e molta più autonomia per tutte le
regioni. In uno stato federale le Regioni a statuto speciale con i loro privilegi (se tali sono)
dovrebbero sparire. Tutte le regioni diventerebbero a Statuto speciale. Ma una riforma radicale
Tel. 030.45670
nessuno la vuole. In un disegno serio quindi i soldi dati al Trentino Alto Adige dovrebbero
Fax: 030.3771921
essere tolti. Più autonomia e meno soldi di Roma (cioè delle tasche di tutti) dati a poche regioBrescia - Via Luzzago, 2/b
ni. Siamo in Europa, c’è l’euro. L’Alto Adige si potrebbe restituire all’Austria. Che cosa camwww.radiondadurto.org
bia? Confini non ce ne sono più.
FREQUENZE:
In una situazione così ridicola in ogni caso a
ABBONAMENTO 2011
dal lago a Capodiponte: 100.100
me come Comune di Cerveno farebbe comoda Capodiponte a Edolo: 99.90
do diventare confinante di Dellai per poi in
ordinario: • 15,00 - sostenitore: • 25,00.
da Edolo a Pontedilegno: 100.00
futuro essere integrato. Poi toccherebbe a
Gli abbonati sostenitori riceveranno in
Redazione Valcamonica: MERCOLEDÌ 22 DICEMBRE
Schilpario. Poi a Vilminore. Lo giuriamo: ai
omaggio un libro sulla Valcamonica.
dalle ore 18,30 alle ore 19,20
Pirenei stop. Ci fermiamo.
Versare sul c.c.p. 44667335
(intestato all’Associazione
VALCAMONICA ON-LINE (di Mario Salvetti)
culturale Graffiti), tramite
l’allegato bollettino.
Tanti piccoli sforzi personali
Il portale dello sci dell’Alta Valcamonica è stato potenziato nelle sue funzioni
possono trasformarsi in una
ed i dati di accesso, da ogni parte del mondo, sono in forte ascesa. Si presenta
grande risorsa per le procome un fornitore di informazioni e servizi a tutto tondo: dal meteo (con temspettive di Graffiti!
peratura istantanea ed intensità delle precipitazioni), alla Skimap interattiva (il
www.adamelloski.com
Ricordiamo inoltre che il
bollettino per l’abbonamento al giornale può essere utilizzato anche per
l’iscrizione all’omonima Associazione culturale (30 euro), che darà diritto non solo a ricevere il giornale stesso ma anche a farne giungere
una copia per l’intero 2011 ad un’altra persona (che dovrà essere indicata, con l’indirizzo).
plastico delle piste, con indicazioni altimetriche e logistica), ai pacchetti promozionali per il soggiorno (gli hotel, la ricettività, gli skipass), all’apertura delle piste (quante sono
in funzione tra le 40 esistenti e quali le loro caratteristiche tra dislivello e grado di difficoltà).
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con orario e temperatura del momento: i loro scatti, ripetuti nel corso della giornata, danno uno
spaccato immediato e straordinariamente reale della situazione.
Scarica

dicembre