Il latino agli albori
delle lingue nazionali:
Dante e Petrarca
intellettuali bilingue
a cura di Claudia A. e Fatmalda K.
Introduzione
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Il volgare assurge a dignità
letteraria nel XII sec. in
Francia, con le chansons de
gestes e i romanzi
cavallereschi in lingua d 'oil
(Francia del Nord) e la lirica
d'amore in lingua d'oc
(Provenza). La nuova
letteratura in volgare, che
nasce e si sviluppa presso le
corti feudali, ne esprime la
cultura e la mentalità: si
esaltano i valori cavallereschi,
l'amore, le virtù cortesi.
La situazione in Italia
Un secolo più tardi anche in Italia la lingua volgare si
nobilita, producendo opere di notevole valore
letterario: dai poeti della scuola siciliana alla poesia
religiosa dell'Italia centrale, dalla poesia della scuola
toscana alla lirica stilnovista, fino ad arrivare al
capolavoro della Commedia di Dante. Il contesto
cambia: protagonista dell'ascesa del volgare in Italia
non è più la società feudale, bensì il Comune, con i
nuovi ceti borghese-mercantili, di cui intende
esprimere i valori anche a livello letterario, oltre a
prestarsi per scopi pratici come libri di conti,
testamenti, atti amministrativi...
Lo sviluppo del volgare letterario in Italia non è
esente dall'influsso delle opere d'Oltralpe, tuttavia
un'altra caratteristica che differenzia profondamente
la situazione italiana rispetto a quella francese è il
particolarismo linguistico, corrispondente alla
frammentazione politica della penisola. Dante, nel
trattato che egli dedica alla questione della lingua in
Italia, il De vulgari eloquentia, individua dal Nord al
Sud ben quattordici differenti aree linguistiche. Non è
casuale che il nostro massimo poeta in volgare
scriva un trattato sulla lingua in latino!.
La situazione in Italia 2
L'affermazione del volgare non comporta la
scomparsa del latino, che continua ad
essere la lingua della cultura dotta, della
teologia, della filosofia, del diritto, della
medicina. Nelle università si parla latino,
nelle cancellerie si redigono atti in latino.
L'intellettuale di norma è bilingue e la
conoscenza del latino è elemento
determinante per essere "litterati". Il latino
non cesserà di esercitare la sua influenza
sullo sviluppo del volgare sia a livello
lessicale che sintattico. Nel Trecento, poi,
Petrarca, che compone in latino gran parte
della sua opera, crede che sia questa ad
assicurargli la fama presso i posteri!
Dante e Petrarca che, insieme a Boccaccio,
sono destinati a diventare i classici della
nostra lingua e letteratura, sono, dunque,
intellettuali bilingui ed è interessante
osservare la diversità del loro atteggiamento
nei confronti della lingua e della letteratura
latina. Il loro diverso rapportarsi alla lingua e
alle opere di Cicerone e Virgilio è
significativo del valore attribuito ai classici
antichi nel passaggio epocale dall'età di
Dante alla modernità.
La Chirurgia di Albucasis (XIV sec.;
Biblioteca Ambrosiana)
Dante e Petrarca
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Vita
Opere
Curiosità
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Vita
Opere
Dante e i classici
Dante, come la cultura medievale, annulla la distanza cronologica
con l'antichità: gli autori classici sono considerati come dei
precursori dei valori cristiani, il loro messaggio viene interpretato
allegoricamente nella visione cristiana. Così Virgilio è considerato
non solo massimo poeta per il "bello stilo", ma anche "maestro"
morale. Assunto da Dante come guida per la parte terrena del suo
viaggio, rappresenta la Ragione umana nella sua più alta
espressione. Virgilio, pur non avendo potuto conoscere
personalmente il messaggio cristiano, ne ha intuito oscuramente il
contenuto, prefigurandone i valori e illuminando ad altri la strada.
Emblematico l'episodio di Stazio che afferma: "Per te (Virgilio)
poeta fui, per te cristiano", la lettura di Virgilio non lo spinse solo
alla poesia, ma anche ad accostarsi al cristianesimo, perché la sua
parola "si consonava ai novi predicanti" (Purgatorio, XXI 64-73).
Analogo il significato della grande ammirazione di Dante per gli
"spiriti magni" del Limbo (Inferno, IV), i filosofi e i poeti antichi
presentati pieni di dignità e nobiltà: Dante si sente orgoglioso di
essere "sesto tra cotanto senno", insieme ad Omero, Orazio,
Ovidio, Lucano e Virgilio.
Petrarca e i classici
Petrarca, invece, avverte chiaro il distacco
tra i contemporanei e il mondo antico, che
non assimila più al presente anzi, lo
contrappone. In un'epistola all'amico
Giovanni Colonna (Familiari, VI, 4) dichiara
di voler "fuggire i contemporanei e seguire
gli antichi", perché come si sente irritato
dalla vista di quelli, così la memoria di questi
e le loro magnifiche imprese lo riempiono di
piacere. Petrarca, anticipando
l'atteggiamento che sarà proprio della
generazione a lui successiva, intende
apprezzare i classici recuperandone la loro
fisionomia originaria, liberandoli dalle
interpretazioni successive. Nasce così la
sua attività di ricerca nelle biblioteche d'Italia
e d'Europa anche dei testi, di cui si era
perduta la tradizione, arrivando a scoperte
importanti, come le lettere di Cicerone ad
Attico, che gli offriranno il modello per
ordinare le sue epistole in latino.
Virgilio del Petrarca (XIV sec.;
Biblioteca Ambrosiana)
Petrarca e i classici 2
Petrarca stesso diventa copista e organizza attorno a sé uno studio di
copisti, per perpetuare la trasmissione dei testi antichi secondo la loro
stesura originaria: comincia così un'attività che nel secolo successivo darà
vita ad una nuova scienza, la filologia. A questo scopo Petrarca recupera
anche l'antica scrittura carolina, preferendola alla contemporanea gotica. In
una lettera inviata al Boccaccio il 28 ottobre 1366, oppone all'oscurità della
scrittura contemporanea la chiarezza di quella minuscola carolina che, in
uso prima che si affermasse la gotica, Petrarca ritrovava nei codici di
quell'epoca: una scrittura "castigata et clara", che passa al di là degli occhi
direttamente alla mente, attraverso la quale è meno difficoltoso garantire la
correttezza ortografica.
Petrarca considera gli antichi un modello insuperabile di sapienza e guarda
ad essi con venerazione e nostalgia. Sente il bisogno di emularli, di
seguirne l'esempio. Perciò li prende a modello per le sue opere e, tra
queste, considera di maggior valore quelle in latino.
Conclusioni
Un'ultima considerazione sulla lingua: il latino
petrarchesco non è più quello medievale, ma
una lingua tesa a riprodurre nella sua originaria
purezza l'idioma di Roma. Le opere in volgare (il
famoso Canzoniere e un poema allegorico
rimasto incompiuto, i Trionfi), sono ben lontani
dalla lingua di Dante! Anche il volgare
petrarchesco tende a modellarsi sull'ideale di
perfezione stilistico-espressiva classica: una
lingua selezionata e raffinata, che mira alla
compostezza e all'armonia del latino.
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