GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
INTRODUZIONE
utto ciò che riguarda l'uomo, non può non interessare alla Chiesa. È partendo da questo presupposto,
in linea con i dettami del Concilio Vaticano II, che la Diocesi di Firenze ha voluto intraprendere da
alcuni mesi un cammino di riflessione intorno ai vari aspetti di quel complesso e articolato fenomeno che va sotto il nome di "globalizzazione". Durante questo percorso, che si è sviluppato anche attraverso alcune iniziative specifiche di approfondimento culturale e scientifico, sono emersi una serie di
interventi significativi che in questo libretto vengono raccolti e riproposti come contributo al dibattito in corso.
In un secondo momento, saranno pubblicati integralmente gli atti dei due seminari di studio che la diocesi ha
promosso nei mesi scorsi.
T
La prima fonte di ispirazione di questo cammino di riflessione, che proseguirà ben oltre il 2002, sono state
le parole del Papa pronunciate alla pontificia Accademia delle Scienze Sociali nell'aprile del 2001: "La globalizzazione - disse allora Giovanni Paolo II - a priori non è né buona né cattiva. Sarà ciò che le persone ne
faranno. Nessun sistema è fine a se stesso ed è necessario insistere sul fatto che la globalizzazione, come ogni
altro sistema, deve essere al servizio della persona umana, della solidarietà e del bene comune". Questo intervento, che riportiamo integralmente in apertura di questo libretto, contiene sinteticamente le linee guida che
la Chiesa ritiene essenziali per il dibattito, lo studio e, soprattutto, il governo della globalizzazione.
Gli altri interventi che vengono qui riproposti aiutano a chiarire il senso del cammino della Chiesa fiorentina sulla globalizzazione che, oltre a tener fede al suo compito di annunciare Gesù Cristo e di orientare le
coscienze, ha cercato anche - come afferma l'Arcivescovo Antonelli nel primo degli interventi qui riportati - di
offrire "un segnale alla città di Firenze, perché, in continuità con la sua prestigiosa tradizione, sappia offrire
al dibattito sulla globalizzazione un contributo di civiltà, di maturità e di alto spessore culturale".
A conclusione, come segno del contributo specifico che è domandato ai fedeli laici, e che essi debbono offrire al dibattito ed al governo dei fenomeni, compreso quello della globalizzazione, viene riproposto il manifesto
di "Sentinelle del Mattino 2002", siglato da oltre sessanta associazioni cattoliche nazionali che si sono riunite in assemblea proprio a Firenze lo scorso 21 settembre. Un documento che, cercando di analizzare il fenomeno della globalizzazione alla luce del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa, esprime valori condivisi e linee operative comuni: questo testo rappresenta un punto di riferimento chiaro ed un positivo contributo
che le associazioni di ispirazione cristiana offrono a loro stesse ed a tutti coloro che vogliono impegnarsi sui
temi della povertà, della pace, dello sviluppo economico, della tutela dell'ambiente, per avviare quei percorsi
che possono consentire di governare e orientare la globalizzazione a favore dell'uomo.
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA
DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA
DELLE SCIENZE SOCIALI
Venerdì, 27 aprile 2001
Signore e Signori della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali
1. Il vostro Presidente ha appena espresso la vostra gioia di essere qui in Vaticano per affrontare un
argomento che è motivo di preoccupazione sia per le scienze sociali sia per il Magistero della Chiesa.
La ringrazio, professor Malinvaud, per le sue cortesi parole, e ringrazio tutti voi per l’aiuto che offrite generosamente alla Chiesa nel vostro campo di competenza. In occasione della Settima Sessione
plenaria dell’Accademia avete deciso di affrontare in modo più profondo il tema della globalizzazione, prestando un’attenzione particolare alle sue implicazioni etiche.
A partire dal crollo del sistema collettivistico in Europa centrale e orientale, con le sue importanti
conseguenze per il terzo mondo, l’umanità è entrata in una nuova fase nella quale l’economia di mercato sembra aver conquistato virtualmente tutto il mondo. Ciò ha portato con sé non solo una crescente interdipendenza delle economie e dei sistemi sociali, ma anche la diffusione di nuove idee
filosofiche ed etiche basate sulle nuove condizioni di lavoro e di vita introdotte in quasi tutte le parti
del mondo. La Chiesa esamina attentamente questi nuovi fatti alla luce dei principi della sua dottrina sociale. Per farlo, deve approfondire la sua conoscenza oggettiva dei fenomeni emergenti.
È questo il motivo per cui la Chiesa guarda alla vostra opera per trarne idee che potranno rendere
possibile un discernimento migliore delle questioni etiche che la globalizzazione comporta.
2. La globalizzazione del commercio è un fenomeno complesso e in rapida evoluzione. La sua
caratteristica principale è la crescente eliminazione delle barriere che ostacolano la mobilità delle persone, dei beni e dei capitali. È la consacrazione di un sorta di trionfo del mercato e della sua logica,
che a sua volta provoca rapidi cambiamenti nelle culture e nei sistemi sociali. Molte persone, in particolare quelle più svantaggiate, la vivono come un’imposizione piuttosto che come un processo al
quale possono partecipare attivamente.
Nella mia Lettera Enciclica Centesimus annus ho osservato che l’economia di mercato è un modo
per rispondere adeguatamente alle necessità economiche delle persone pur rispettando la loro libera
iniziativa, ma che deve essere controllata dalla comunità, dal corpo sociale con il suo bene comune
(cfr nn. 31 e 58). Ora il commercio e le comunicazioni non sono più costretti entro i confini del Paese
di appartenenza, è il bene universale a esigere che la logica intrinseca al mercato sia accompagnata da
meccanismi di controllo. Ciò è essenziale al fine di evitare di ridurre tutti i rapporti sociali a fattori
economici e di tutelare quanti sono vittime di forme di esclusione e di emarginazione.
La globalizzazione, a priori, non è né buona né cattiva. Sarà ciò che le persone ne faranno. Nessun
sistema è fine a se stesso ed è necessario insistere sul fatto che la globalizzazione, come ogni altro
sistema, deve essere al servizio della persona umana, della solidarietà e del bene comune.
3. Una delle preoccupazioni della Chiesa circa la globalizzazione è che è divenuta rapidamente un
fenomeno culturale. Il mercato come meccanismo di scambio è divenuto lo strumento di una nuova
cultura. Molti osservatori hanno colto il carattere intrusivo, perfino invasivo, della logica di mercato,
che riduce sempre più l’area disponibile alla comunità umana per l’azione pubblica e volontaria a
ogni livello. Il mercato impone il suo modo di pensare e di agire e imprime sul comportamento la
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
sua scala di valori. Le persone che ne sono soggette spesso considerano la globalizzazione come un’inondazione distruttiva che minaccia le norme sociali che le hanno tutelate e i punti di riferimento
culturali che hanno dato loro un orientamento di vita.
Ciò che sta accadendo è che i cambiamenti nella tecnologia e nei rapporti di lavoro si muovono
troppo velocemente perché la cultura sia in grado di rispondere. Le tutele culturali, legali e sociali che
sono il risultato degli sforzi volti alla difesa del bene comune, sono di importanza vitale per far sì che
gli individui e i gruppi intermedi mantengano la propria centralità. Tuttavia la globalizzazione spesso rischia di distruggere queste strutture edificate con tanta cura, pretendendo l’adozione di nuovi stili
di lavoro, di vita e di organizzazione delle comunità. Parimenti, a un altro livello, l’utilizzazione delle
scoperte in campo biomedico tende a cogliere i legislatori impreparati. La ricerca stessa è spesso
finanziata da gruppi privati e i suoi risultati vengono commercializzati anche prima che il processo
di controllo sociale abbia avuto la possibilità di reagire. Ci troviamo di fronte a un aumento prometeico di potere sulla natura umana, al punto che il codice genetico umano stesso viene misurato in
termini di costi e benefici. Tutte le società riconoscono la necessità di controllare questi sviluppi e di
garantire che le nuove pratiche rispettino i valori umani fondamentali e il bene comune.
4. L’affermazione della priorità dell’etica corrisponde a un esigenza essenziale della persona e della
comunità umane. Tuttavia non tutte le forme di etica sono degne di questo nome. Assistiamo all’emergere di modelli di pensiero etico che sono sottoprodotti della globalizzazione stessa e che recano
il marchio dell’utilitarismo. Tuttavia i valori etici non possono essere dettati dalle innovazioni tecnologiche, dalla tecnica e dall’efficienza. Essi sono radicati nella natura stessa della persona umana.
L’etica non può essere la giustificazione o la legittimazione di un sistema, ma piuttosto deve essere la
tutela di tutto ciò che c’è di umano in ogni sistema.
L’etica richiede che i sistemi si adattino alle esigenze dell’uomo, e non che l’uomo venga sacrificato per la salvezza del sistema. Una conseguenza evidente di questo è che le commissioni etiche, ora
presenti in quasi tutti i settori, dovrebbero essere completamente indipendenti dagli interessi finanziari, dalle ideologie e dalle concezioni politiche di parte.
La Chiesa da parte sua, continua ad affermare che il discernimento etico nel contesto della globalizzazione deve basarsi su due principi inseparabili:
- Primo, il valore inalienabile della persona umana, fonte di tutti i diritti umani e di tutti gli ordini sociali. L’essere umano deve essere sempre un fine e mai un mezzo, un soggetto e non un oggetto
né un prodotto di mercato.
- Secondo, il valore delle culture umane che nessun potere esterno ha il diritto di sminuire e ancor
meno di distruggere. La globalizzazione non deve essere un nuovo tipo di colonialismo. Deve rispettare la diversità delle culture che, nell’ambito dell’armonia universale dei popoli, sono le chiavi interpretative della vita. In particolare, non deve privare i poveri di ciò che resta loro di più prezioso, incluse le credenze e le pratiche religiose, poiché convinzioni religiose autentiche sono la manifestazione
più chiara della libertà umana.
L’umanità nell’intraprendere il processo di globalizzazione non può più fare a meno di un codice
etico comune. Con ciò non si intende un unico sistema socio-economico dominante o un’unica cultura che imporrebbero i propri valori e criteri all’etica. È nell’uomo in sé, nell’umanità universale scaturita dalla mano di Dio, che bisogna ricercare le norme di vita sociale. Questa ricerca è indispensabile affinché la globalizzazione non sia solo un altro nome della relativizzazione assoluta dei valori
e dell’omogeneizzazione degli stili di vita e delle culture. In tutte le varie forme culturali esistono
valori umani universali che devono essere espressi e sottolineati quale forza d’orientamento dello sviluppo del progresso.
5. La Chiesa continuerà a operare con tutte le persone di buona volontà per garantire che in questo processo vinca l’umanità tutta e non solo un’élite prospera che controlla la scienza, la tecnologia,
la comunicazione e le risorse del pianeta a detrimento della stragrande maggioranza dei suoi abitanti.
La Chiesa spera veramente che tutti gli elementi creativi nella società cooperino alla promozione di
una globalizzazione al servizio di tutta la persona umana e di tutte le persone.
Con queste riflessioni vi incoraggio a continuare a cercare una concezione sempre più profonda
nella realtà della globalizzazione, e come pegno della mia vicinanza spirituale invoco di cuore su di
voi le benedizioni di Dio Onnipotente.
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ
DELL’UOMO CONTEMPORANEO
Saluto di mons. Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze, al seminario
di studio su «Globalizzazione: responsabilità del’uomo contemporaneo».
Firenze, 26 giugno 2002
ono lieto di porgere a tutti i presenti il mio saluto più cordiale. In modo particolare saluto e
ringrazio i relatori, per aver accettato di mettere a disposizione la loro competenza, di offrire
il loro prezioso contributo a questa iniziativa di riflessione multidisciplinare sulla globalizzazione. La globalizzazione, come ben sappiamo, è un fenomeno articolato e complesso,
sempre più pervasivo, che va ben oltre l’ambito dell’economia e della finanza e che genera
grandi speranze e pone interrogativi inquietanti. Costituisce un tema importantissimo per l’intera
famiglia umana. Interpella la responsabilità dei cristiani e di tutti gli uomini e domanda di essere
osservata e studiata con serietà e competenza, perché possa essere orientata al vero bene di tutti gli
uomini e di tutti i popoli. Domanda un serio impegno per mondializzare le opportunità e superare
le vaste sacche di emarginazione sociale, culturale, economica e politica, evitando l’odio ideologico
all’economia di mercato come tale (anche perché culture ed economie stataliste provocano anch’esse grande miseria e sofferenza).
S
Perché la globalizzazione possa sviluppare le possibilità di crescita e di produzione dei beni e
nello stesso tempo assicurare un’equa distribuzione di essi tra i vari paesi e fra i diversi cittadini, è
necessario che venga costantemente perseguita l’armonizzazione tra le esigenze dell’economia e quelle dell’etica e della giustizia sociale. Occorre orientare lo sviluppo per poter assicurare, come afferma
Giovanni Paolo II, “una globalizzazione nella solidarietà, una globalizzazione senza marginalizzazione”. “Ecco” - egli aggiunge - “un’evidente dovere di giustizia, che comporta notevoli implicazioni
morali nell’organizzazione della vita economica, sociale, culturale e politica delle Nazioni” (GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per la pace del 1 gennaio 1998, 3). In una parola, la sfida che ci sta di
fronte è quella di saper rispondere alle problematiche poste dalla globalizzazione con il governo della
globalizzazione stessa, a servizio della persona umana, della sua dignità e del suo primato.
La sfida è urgente e grave. Impone a tutti un salto di qualità, nelle analisi e nell’operatività. Impone
anche di saper passare dal piano della protesta a quello della proposta. Si potrebbe dire che è proprio
dalla concretezza della proposta che scaturisce la protesta più vera e radicale.
Discernimento e proposta richiedono passione per l’uomo e competenze specifiche. Molti infatti
sono gli ambiti e le prospettive di intervento: lotta alla povertà attraverso riduzione del debito internazionale, aiuti economici allo sviluppo, apertura del commercio internazionale; lotta alle malattie
diffuse, mediante l’accesso per tutti alla medicina di base; riduzione del commercio delle armi; promozione dei diritti umani; promozione dell’istruzione su vasta scala, considerando che la prima e
fondamentale risorsa per lo sviluppo economico è l’uomo stesso (GIOVANNI PAOLO II,
Redemptoris Missio, 58); coinvolgimento della società civile e responsabilizzazione delle classi dirigenti nei paesi poveri; responsabilizzazione di tutti i paesi per uno sviluppo ecologicamente sostenibile. Senza dimenticare l’influsso positivo e grande che sulla ricerca della giustizia e sulla promozione umana ha l’evangelizzazione, “incentrata sul Vangelo della carità, che congiunge insieme la verità
di Dio che è amore e la verità dell’uomo che è chiamato all’amore” (CEI, Con il dono della carità
dentro la storia, 9).
Per orientare concretamente al bene dell’uomo e dei popoli il fenomeno della globalizzazione, ène5
GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
cessario anche un lavoro, intelligente e perseverante, di educazione alla cittadinanza responsabile.
Cittadinanza che non può essere vissuta al di fuori del rapporto con l’altro, del servizio al bene comune, della visione integrale dell’uomo e del significato ultimo della vita.
La sfida della globalizzazione, “che all’inizio del nuovo millennio mette in gioco la stessa visione
dell’uomo, il suo destino e il futuro dell’umanità, impone un attento ed approfondito discernimento intellettuale e teologico del paradigma antropologico-culturale, prodotto da questi cambiamenti
epocali”. Un discernimento che riguarda gli aspetti economici e finanziari della globalizzazione, ma
che per la Chiesa “ha come oggetto primario i suoi inevitabili riflessi umani, culturali e spirituali” (cf
Discorso del Santo Padre ai membri delle Pontificie accademie, 8/11/01).
Il papa Giovanni Paolo II, il 27 aprile 2001, concludendo il suo discorso ai partecipanti alla plenaria della pontificia accademia delle scienze sociali, dopo aver pronunciato la frase che fa da sfondo a
questo nostro incontro di studio, “La globalizzazione, a priori, non è né buona né cattiva. Sarà ciò
che le persone ne faranno”, afferma che “La Chiesa continuerà a operare con tutte le persone di
buona volontà per garantire che in questo processo vinca l’umanità tutta e non solo un’élite prospera che controlla la scienza, la tecnologia, la comunicazione e le risorse del pianeta a detrimento della
stragrande maggioranza dei suoi abitanti. La Chiesa spera veramente che tutti gli elementi creativi
nella società cooperino alla promozione di una globalizzazione al servizio di tutta la persona umana
e di tutte le persone”.
La crescita economica deve essere integrata in una crescita umana totale e perciò qualitativa. In questa prospettiva ci poniamo oggi in ascolto di varie competenze scientifiche in ambito economico,
sociale, etico, educativo, comunicativo.
Questo seminario di studio vuole essere un contributo al discernimento. Vuole anche essere un
segnale alla città di Firenze, perché, in continuità con la sua prestigiosa tradizione, sappia offrire al
dibattito sulla globalizzazione un contributo di civiltà, di maturità e di alto spessore culturale.
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
LA CHIESA FIORENTINA È ATTENTA
ALLA GLOBALIZZAZIONE MA NON PARTECIPA
AL SOCIAL FORUM EUROPEO
Comunicato stampa dell’Arcidiocesi di Firenze diffuso il 28 agosto 2002
a sofferenza di milioni e milioni di poveri dovuta ai gravissimi squilibri dell’attuale configurazione del mondo, ferisce profondamente i discepoli di Cristo. Perciò Chiesa guarda con
grande attenzione ai temi che riguardano la globalizzazione in riferimento allo sviluppo integrale di tutta la famiglia umana e alla salvaguardia del creato. Si tratta di fenomeni e dinamiche assai complesse che interpellano la responsabilità dei cristiani e di tutti gli uomini di
buona volontà, e che richiedono di essere affrontate con grande serietà e competenza. Quello della
globalizzazione è un processo che non può essere fermato, ma deve essere governato prestando particolare attenzione alle popolazioni povere, assicurando un’equa distribuzione dei beni e delle risorse della terra tra i diversi Paesi e i diversi cittadini, tutelando allo stesso tempo gli equilibri della natura. Illuminanti sono, in questo senso, le parole pronunciate da Giovanni Paolo II il 27 aprile 2001:
“La globalizzazione, a priori, non è né buona né cattiva. Sarà ciò che le persone ne faranno. La Chiesa
continuerà a operare con tutte le persone di buona volontà per garantire che in questo processo vinca
l’umanità tutta e non solo un’élite prospera che controlla la scienza, la tecnologia, la comunicazione
e le risorse del pianeta a detrimento della stragrande maggioranza dei suoi abitanti. La Chiesa spera
veramente che tutti gli elementi creativi nella società cooperino alla promozione di una globalizzazione al servizio di tutta la persona umana e di tutte le persone”.
L
La Chiesa fiorentina è impegnata da tempo in un cammino di riflessione sui temi della globalizzazione, che proseguirà anche dopo il prossimo mese di novembre, e che ha avuto una recente tappa
importante nel seminario di studio del 26 giugno scorso ed ora ha in programma la partecipazione
attiva all’assemblea a carattere nazionale promossa a Firenze per il 21 settembre dall’associazionismo
cattolico e poi la realizzazione di un seminario sui processi migratori nella globalizzazione. Il compito della Chiesa è certamente quello di mantenere desto l’interesse e la riflessione permanente su
queste problematiche, di stimolare l’impegno concreto dei cristiani e degli uomini di buona volontà,
di offrire occasioni di confronto e di dialogo. La Chiesa non ha però il compito di fare azione politica diretta e proposte politico-operative. Questo spetta ai laici secondo la loro competenza e responsabilità.
La Diocesi di Firenze, pertanto, non partecipa al Social Forum Europeo di novembre, che si presenta
come un incontro di natura propriamente politica e di carattere non istituzionale. Auspica che l’incontro si svolga in modo pacifico e nella legalità, e che le persone, le associazioni e i movimenti coinvolti in questo evento diano vita a un dibattito costruttivo, evitando ogni forma di violenza ed esprimendo una convincente e concreta capacità di proposta. I laici cristiani che in base alla loro personale responsabilità decideranno di intervenire al convegno di novembre, lo dovranno fare mantenendosi in ogni caso coerenti con i principi evangelici e la dottrina sociale della Chiesa sia riguardo
ai contenuti che alle modalità della loro partecipazione.
Non essendo coinvolta nel Social Forum Europeo, la Diocesi di Firenze non assume compiti di
ospitalità, cosa d’altronde assai difficile già di per se stessa. Questo non esclude che fra persone che
si conoscono e sulla base della reciproca fiducia, ci possa essere qualche forma di accoglienza spontanea e privata.
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
GLOBALIZZAZIONE: ALZARE IL LIVELLO
E LA QUALITÀ DEL DIBATTITO.
LA CHIESA FIORENTINA E L’ASSEMBLEA
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE
Articolo di don Giovanni Momigli, direttore dell’Ufficio
di Pastorale Sociale e Lavoro della Diocesi di Firenze,
pubblicato sul numero 30 di Toscana Oggi del 1 settembre 2002
ome appare sempre più evidente, il fenomeno della globalizzazione, anche per poter
governare positivamente la sua dimensione economica e finanziaria, esige una più puntuale ed approfondita attenzione a tutti i suoi aspetti ed alle sue implicazioni culturali, etiche, sociali, politiche ed anche religiose. La globalizzazione è un tema importantissimo per
l’intera famiglia umana, che è necessario conoscere e di cui è necessario parlare, evitando
di ridurre tutto ad alcuni slogan riduttivi e fuorvianti.
C
Per questo, come diocesi, nel giugno scorso ci siamo fatti promotori di un seminario di studio,
“Globalizzazione: responsabilità dell’uomo contemporaneo”, e stiamo organizzandone un’altro per
il prossimo 3 ottobre sulle questioni legate ai processi migratori ed alle relazioni interculturali in questa fase di globalizzazione. Con lo stesso spirito, la diocesi sta collaborando con i rappresentanti dell’associazionismo cattolico, che si ritroveranno a Firenze il prossimo 21 settembre per dar vita ad un
incontro di carattere nazionale, affinché quest’appuntamento possa costituire una preziosa occasione per riflettere sulle problematiche sul tappeto “alla luce del vangelo e dell’umana esperienza” (G.S.,
46); alla luce della fede in Gesù Cristo e dalla dottrina sociale della chiesa, oltre che sulla base dell’elaborazione e della pur ricca e articolata esperienza di cui ogni associazione è portatrice. Un
momento alto di riflessione, fra l’altro, può consente di “ricentrare” il cammino, personale e comunitario; di realizzare un coinvolgimento più vasto delle nostre comunità cristiane; di radicare ulteriormente se stessi -rendendolo esplicito al mondo- in ciò che sta alla base e che dà senso alle specifiche azioni, proposte e rivendicazioni.
Ritengo che al punto in cui si trova il dibattito sulle problematiche della globalizzazione ci sia davvero bisogno di prendere pienamente coscienza che “l’errore fondamentale del socialismo è di carattere antropologico” (C.A., 13), che siamo nel mezzo di “una rumorosa propaganda di liberalismo, di
libertà senza verità e responsabilità...” (Omelia di Giovanni Paolo II in Polonia, 18 agosto 2002), che
è necessario procedere a una “nuova e approfondita riflessione sul senso dell’economia e dei suoi
fini” (Messaggio per la Pace, 1 gennaio 2000, n° 15), che occorre “trovare vie efficaci per uno sviluppo umano integrale, tenendo conto della dimensione economica, sociale e ambientale. In un
mondo sempre più interdipendente, la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato non possono che
essere frutto dell’impegno solidale di tutti nel perseguire insieme il bene comune” (Angelus, 25 agosto 2002), che l’umanità si trova a vivere di fatto una “prossimità globale” che è necessario assumere
come dono e come compito. Così come ritengo si debba operare, con umiltà e convinzione, per porre
all’ordine del giorno del dibattito “globale” un aspetto la cui mancanza lo rende necessariamente
“parziale”: l’aspetto religioso; lo specifico contributo che ogni fede può dare per il bene dell’uomo e
della comunità umana, alle nostre società sempre più globalizzate e interculturali. Si può pensare ad
un “altro mondo possibile”, senza affrontare con serietà il fenomeno religioso nella vita dell’uomo e
del mondo? Senza domandarsi quali nuovi rapporti è possibile (si deve lavorare per) costruire fra reli8
GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
gioni, fra religioni e società civile, fra religioni e democrazia, coniugando le ragioni del dialogo con
quelle dell’identità ed evitando sia l’omologazione alla cultura dominante sia il relativismo culturale e religioso?
C’è proprio bisogno di alzare il livello e la qualità del dibattito e di guardare avanti! In questa ottica, penso che tutti i partecipanti all’incontro del 21 settembre (quelli che hanno fatto il percorso di
Sentinelle del Mattino, che li ha visti presenti a Genova lo scorso anno, e quelli che hanno fatto percorsi diversi) dovrebbero far proprio quanto Giovanni Paolo II ha detto alla chiesa intera alla fine del
Giubileo del duemila: “ora dobbiamo guardare avanti, dobbiamo prendere il largo fiduciosi nella
parola di Cristo: Duc in altum...Le esperienze vissute devono suscitare in noi un dinamismo
nuovo...E’ tuttavia importante che quanto ci proponiamo di fare, con l’aiuto di Dio, sia profondamente radicato nella contemplazione e nella preghiera. Il nostro è tempo di continuo movimento che
giunge spesso fino all’agitazione, col facile rischio di ‘fare per fare’. Dobbiamo resistere a questa tentazione, cercando di ‘essere’ prima di ‘fare’.” (N.M.I. 15).
Un’ultima annotazione. Ci sono cose che non dobbiamo mai dare per scontate; cose che è necessario ripetersi e ripetere continuamente, senza retorica, ma anche senza paura. La propria fede in Gesù
Cristo e la propria militanza ecclesiale, ad esempio. Ma anche la chiara, ferma e continua dissociazione e condanna di qualsiasi forma di violenza. Come pure la netta presa di distanza da dichiarazioni e atteggiamenti che, oltre ad essere deprecabili e pericolosi in sé, distolgono dai contenuti del
dibattito, restringendolo nelle secche di logiche alquanto periferiche, dando spazio e visibilità, e
quindi anche una mediatica ed egemonica rappresentatività, a persone e movimenti che certo non
contribuiscono a dare forza morale e politica a tematiche che necessitano di attenzione, consapevolezza e sinergie sempre più vaste e di alto spessore.
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
DARE UN’ANIMA
ALLA GLOBALIZZAZIONE
Saluto del Vescovi della Toscana all’assemblea nazionale
delle Sentinelle del Mattino. Firenze, 21 settembre 2002
voi, rappresentanti del vasto e articolato associazionismo cattolico italiano, convenuti a
Firenze e anzitutto a voi, più giovani che Giovanni Paolo II ha chiamato “sentinelle del
mattino”, un saluto molto cordiale, nel Signore Gesù, da parte dei Vescovi della Toscana. Vi
ringraziamo dell’impegno profuso per sensibilizzare e scuotere le coscienze e per contribuire a indirizzare e guidare il processo della globalizzazione verso mete di sviluppo integrale e di effettiva giustizia e solidarietà, a favore delle immense moltitudini dei poveri e degli oppressi che vivono in particolare nel Sud della terra.
Questo compito di testimonianza, di cultura e di presenza non è facile ma è necessario. Siate lieti
di svolgerlo; siate consapevoli che così contribuite a dare un’anima e una direzione morale alla globalizzazione.
È un fatto positivo questo incontro. È positivo, intanto, perché vi aiuta e ci aiuta a ricordare alcune
verità di fondo. La fede in Gesù Cristo, accolta e vissuta sul serio, salva le persone facendole partecipi della vita divina-trinitaria ed è, per questo, lievito sempre vivo che rende più umana la convivenza umana. Al tempo stesso “la fede opera attraverso la carità” sulla quale in definitiva saremo tutti
giudicati da Dio. La carità, d’altra parte, si concretizza non solo nella fraternità cristiana e nei molteplici e necessari servizi del buon samaritano, ma anche nelle attività sociali a livello locale e internazionale e nell’impegno per una cultura e una politica propriamente tali e veramente di ispirazione
cristiana. E la speranza ultraterrena, infine, non mortifica ma ispira la nostra responsabilità per una
“città dell’uomo” ispirata alla “città di Dio”. Di fronte alle tante ingiustizie che sono drammaticamente davanti a noi i cristiani non possono dormire o lamentarsi soltanto.
Il valore del vostro incontro deriva anche da un altro motivo. È di grande importanza che le diverse aggregazioni cattoliche si ritrovino insieme per tener desta la comune responsabilità nei riguardi
della giustizia e della solidarietà internazionale. Questo “convenire” dei cattolici è un valore in sé.
Nulla di strano avere sensibilità e opinioni diverse; ma è scandaloso non ricercare insieme la fedeltà
non a uno o a due ma a tutti i principi, organicamente legati gli uni agli altri, e trascurare lo sforzo
comune per trovare le soluzioni più adeguate ai gravi problemi etico-sociali del momento.
Un’ultima considerazione. La passione, la saggezza e la perseveranza del vostro impegno per le
opere sociali della carità e per l’opera politica della giustizia e della pace saranno tanto più effettive e
senza ombre, quanto più fervorosa sarà la vostra personale unione col Signore Gesù e più convinto
il senso dell’appartenenza e della fedeltà alla Chiesa.
Sono le persone evangelicamente libere e povere, affamate e assetate della giustizia di Dio, le più
adatte a sottrarsi alle menzogne, alle paure e alla forza degli interessi egoistici e ingiusti e a operare,
nonostante ogni loro limite, con un impegno che non viene meno, per un’umanità più libera, più
solidale e più in pace.
A
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
DA CRISTIANI
NELLA GLOBALIZZAZIONE PER LA PACE
Intervento di mons. Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze,
all’assemblea nazionale delle Sentinelle del Mattino. Firenze 21 settembre 2002
“Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete
ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. [...] In verità
vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
(Mt 25,35-36.40.42-43.45)
ono lieto di salutare, a nome della Chiesa Fiorentina, tutti voi Sentinelle del Mattino 2002,
rappresentanti di oltre sessanta organizzazioni di ispirazione cristiana, che siete qui convenuti per riflettere, assumere impegni e pregare insieme sui grandi temi della pace e della globalizzazione. Vi ringrazio per la tenace e paziente ricerca dell’unità che ha caratterizzato la
preparazione di questo incontro. Un grazie particolare al carissimo don Giovanni Momigli,
direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale sociale che vi ha offerto la sua assidua e intelligente collaborazione.
Così ringrazio vivamente Sua Eccellenza Mons. Diarmuid Martin che ci porta oggi il suo contributo autorevole e ricco dell’esperienza acquisita in un osservatorio privilegiato quale è il suo, presso
l’Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni Specializzate a Ginevra e presso l’Organizzazione Mondiale
del Commercio.
S
[2] Considero, assai positivo che qui siano presenti numerose componenti del mondo cattolico,
diverse tra loro per sensibilità culturale, valutazione delle dinamiche storiche e scelte operative in
campo sociale e politico.
Innanzitutto è bello e necessario dare visibilità alla nostra unità in Cristo, al di là delle legittime differenze. L’unità dei credenti in lui è stata al centro della sua preghiera nell’ultima cena e costituisce il
presupposto di ogni evangelizzazione. “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi
una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21).
La nostra comune fede in Gesù Cristo dà estrema serietà e urgenza alla nostra responsabilità verso
gli altri uomini, quando li vediamo nel bisogno, materiale o spirituale che sia. Abbiamo ascoltato
proprio adesso una pagina del Vangelo, verso la quale dobbiamo mantenere sempre vigile la nostra
attenzione. Quello che avete fatto ai miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me (cf. Mt 25,40). Questa
parola, afferma Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte, fa diventare la questione etica una
questione di cristologia, mette cioè alla prova la nostra fede in Gesù Cristo (cf. NMI 49).
A riguardo, mi piace citare un testo straordinario di Giorgio La Pira, il mai dimenticato sindaco di
Firenze, “il sindaco santo”. Egli, sulla base dell’affermazione teologica di San Tommaso d’Aquino
(S.Th., III, 18, 3), secondo cui Cristo è il capo di tutti gli uomini, nessuno escluso, si domandava:
“Non è evidente allora che non vi è problema umano, evento umano, gioia umana, dolore umano,
speranza umana, che non sia anche problema di Cristo, evento di Cristo, dolore di Cristo, gioia di
Cristo, speranza di Cristo? [...] Noi siamo uomini del nostro tempo: un tempo che siamo tenuti a
scrutare: un tempo che, come tutti i tempi, ha problemi umani più particolarmente marcati: problemi che sono connessi, in certo senso, con la stagione storica di cui esso è portatore: che hanno una
risonanza vasta ed una dimensione vasta. Ebbene: questi problemi umani, che danno animazione e
colore, per così dire, all’epoca nella quale viviamo, sono problemi di Cristo?
La risposta non può essere dubbia, ormai: se sono problemi umani, se toccano la vita degli uomini - il loro nutrimento e il loro vestimento spirituale e fisico; la loro sete di grazia e di acqua; la loro
libertà interiore ed esterna; la loro vita celeste e terrena - questi problemi umani sono problemi di
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
Cristo: per la soluzione di essi vale la sentenza finale, semplice e severa: l’avete fatto a me; non l’avete fatto a me!” (Relazione alla Settimana internazionale degli intellettuali cattolici, Parigi 1954).
Allora, dobbiamo aggiungere, i problemi della globalizzazione e della pace sono problemi di
Cristo. Non semplice questione di etica, ma per noi cristiani questione di cristologia.
Sebbene il testo evangelico enumeri, a titolo esemplificativo e per esigenza di concretezza, solo
alcuni bisogni materiali, opportunamente Giorgio La Pira, come abbiamo ascoltato, include anche i
bisogni spirituali.
Non c’è solo la povertà socio-economica. Una povertà ancora più grave è la povertà di valori morali, la povertà di amore, di umanità, di fede in Dio e di speranza. E questa povertà è diffusa sia nei paesi
economicamente sottosviluppati (dove spesso prende corpo nelle dittature, nella corruzione delle
classi dirigenti, negli sprechi di risorse, nella violazione dei diritti umani fondamentali, nelle guerre
locali) sia, e in misura forse maggiore, nei paesi economicamente sviluppati, dove si concretizza nella
corsa sfrenata al potere, al profitto, al consumo, al piacere; corsa che nasconde il vuoto esistenziale,
la mancanza di senso e la perdita di Dio. “Il mondo” - diceva Heidegger - “è diventato così povero da
non poter nemmeno riconoscere la mancanza di Dio come mancanza” (M. HEIDEGGER, Perché i
poeti?). Ecco, a riguardo, ancora un altro testo assai lucido e penetrante di Giorgio La Pira.
“Contemplando Firenze - la ‘Firenze essenziale’ (‘teologale’), con la sua cattedrale e le sue basiliche,
i suoi monasteri, il suo Palazzo della Signoria, la sua poesia, la sua arte e le sue botteghe artigiane vedemmo quasi plasticamente che la crisi del tempo nostro aveva ben altre dimensioni che non quelle solamente economiche, o sociali,o politiche. [...] La radice ultima e la dimensione vera della crisi
del tempo nostro andava ricercata altrove: in gradini ben più alti di quelli che la produzione ed il
lavoro ed i problemi sociali e politici occupano nella scala dei valori umani. [...] Si trattava, se così
mi è permesso di dire, della crisi di Dio, della radicale esclusione di ogni valore trascendente dalla
scala dei valori dell’uomo. Si trattava, perciò, di un tramonto della civiltà fondata sui valori superiori di Dio e dello spirito, per dare posto a una civiltà di tipo radicalmente opposto, fondata sui valori
inferiori della tecnica e della produzione. [...] Crisi immensa, perché insieme teoretica e pratica, teologica e culturale, politica e giuridica, sociale ed economica” (V Convegno internazionale per la pace e
la civiltà cristiana, 21 giugno 1956).
Noi come Chiesa siamo chiamati a essere segno visibile ed efficace della presenza salvifica del
Signore Gesù nel mondo. Possiamo esserlo nella misura in cui accogliamo nella fede e incarniamo
nella testimonianza personale e nell’azione culturale e sociale il suo amore misericordioso verso tutti
gli uomini; nella misura in cui le ferite fisiche, sociali e spirituali dell’umanità trovano una risonanza profonda nel nostro cuore e si traducono in impegni precisi.
[3] In ambito socioeconomico e politico la Chiesa offre ai credenti e agli uomini di buona volontà
la sua dottrina sociale, incentrata sui principi di solidarietà e sussidiarietà, come criterio per interpretare i processi storici e per orientare l’impegno alla costruzione di una società libera e solidale, ben
ordinata, degna della immagine e della vocazione dell’uomo che troviamo delineata nella divina rivelazione.
“Educare le coscienze è il compito fondamentale della Chiesa.
Spetta poi ai cristiani, singoli o associati, particolarmente ai fedeli laici, inserirsi intimamente nel
tessuto della società civile e “iscrivere la legge divina nella vita della città terrena” (GS 43). Essi operano non a nome della Chiesa, ma con responsabilità propria, nella complessità delle situazioni concrete, sapendo che la fede stessa li obbliga ad assumersi compiti temporali e ad attuarli con coerenza
evangelica” (CEI, Catechismo degli Adulti, 1093).
Anche a riguardo del processo di globalizzazione spetta ai cristiani laici, assumendo come criterio
di giudizio la dottrina della Chiesa nel suo insieme (non una parte soltanto di essa) e cercando di
acquisire competenza, anche scientifica, nei vari ambiti, fare analisi e formulare proposte concrete e
operative.
Ho molto apprezzato il documento che avete elaborato e che oggi consegnate ai rappresentanti
delle istituzioni e all’opinione pubblica. L’ho apprezzato sia per l’ispirazione ideale che per la competenza specifica sui problemi, sia per l’atteggiamento costruttivo che per la concretezza delle proposte.
Mi pare che potrà essere un punto di riferimento importante, non solo per la forza numerica delle
associazioni che lo esprimono ma anche per la sua qualità intrinseca.
Specialmente offrirà a molti cristiani uno stimolo e un orientamento all’impegno non solo sul
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
piano dei principi generali ma anche su quello delle scelte concrete, integrando così le indicazioni del
Magistero con l’apporto proprio dei laici.
A partire da questa visione e da questo progetto sul mondo attuale, coerenti con la dottrina sociale della Chiesa, si potrà dialogare e collaborare con i soggetti di altra matrice culturale e religiosa,
senza venir meno alla propria identità.
[4] Volendo sottolineare che il processo di globalizzazione è assai complesso, difficile da interpretare e ancor più difficile da governare, la nostra Chiesa fiorentina ha voluto promuovere sul tema il
26 giugno scorso un seminario di studio di alto profilo culturale, Globalizzazione: responsabilità dell’uomo contemporaneo. E continuerà anche in futuro sulla stessa linea, offrendo opportunità di
incontro e di dialogo con personalità altamente qualificate e rappresentative.
In questo modo pensiamo di essere fedeli alla vocazione eminentemente culturale di Firenze.
Nel 1969, in piena stagione della contestazione giovanile, Giorgio La Pira scriveva: “I giovani cosa
devono fare? Contestare: lo so, e va bene, ma cosa? Con quale metodo? In vista di quale fine? Per
costruire, abbattendo la casa vecchia e il modello vecchio, quale casa nuova e secondo quale modello?
La stagione storica è nuova, ed i giovani (più degli altri) lo avvertono; si tratta di entrare nella terra
promessa della pace e della giustizia; si tratta di costruire un vestito nuovo per il corpo cresciuto,
mondiale, dei popoli; ma come?
Ecco: anzitutto prendendo coscienza del carattere scientifico, sempre più scientifico, di tutti i problemi del nostro tempo; non è più ammessa (perché superficiale, inefficace, antistorica) un’azione
che non sia scientificamente fondata: ogni azione deve essere ‘pesata, numerata, misurata’!” (Lettera
a Pireo, in Prospettive, nn. 5-6, luglio-agosto 1969).
E’ davvero singolare questo appello alla competenza scientifica che viene da un uomo che era accusato di fare poesia e utopia. Egli era certo traboccante di idealità, di generosità e di entusiasmo contagioso, ma era una persona seria e si rendeva conto che il buon cuore da solo non risolve i problemi, anzi a volte li può persino aggravare.
[5] Noi siamo qui, non per contestare la globalizzazione come tale, ma per contestarla nella misura in cui genera ingiustizia e favorisce il terrorismo e la guerra. “La globalizzazione, a priori, non è né
buona né cattiva. Sarà ciò che le persone ne faranno” (GIOVANNI PAOLO II, 27 aprile 2001).
La globalizzazione è un flusso inarrestabile e immenso di informazioni, immagini, denaro, merci
e persone su scala planetaria, reso possibile dall’odierno progresso tecnologico. Essa offre grandi
opportunità per vincere mali endemici che pesano ancora su tanta parte dell’umanità (quali la fame,
le malattie, l’ignoranza) e nello stesso tempo produce effetti estremamente negativi come la diffusione di una mentalità materialista e consumista e il divario crescente di istruzione, tecnologia, capacità
produttive e reddito, tra paesi diversi e a volte all’interno di uno stesso paese. “Non soltanto la tecnologia e l’economia sono state globalizzate, ma anche l’insicurezza e la paura, la criminalità e la violenza, l’ingiustizia e la guerra” (GIOVANNI PAOLO II, Discorso alla Caritas italiana, 2002)
Noi vogliamo la globalizzazione della solidarietà, della giustizia e della pace. Questo è l’impegno
che assumiamo insieme solennemente, oggi 21 settembre, giornata internazionale della pace proclamata dall’ONU.
Pace significa rispetto della dignità di ogni persona umana e dei suoi diritti fondamentali. Pace
significa dialogo di culture e religioni. Pace significa libertà e solidarietà coniugate insieme per lo sviluppo integrale delle persone e dei popoli, salvaguardando l’equilibrio della natura.
La povertà di molti paesi è terreno adatto dove possono attecchire i semi del fondamentalismo e
del terrorismo. “Il terrorismo”, ha affermato il Santo Padre, “rappresenta una formidabile e immediata minaccia alla pace mondiale [...] è in se stesso un vero crimine contro l’umanità”. Ma, ha aggiunto, “come parte essenziale della lotta a ogni forma di terrorismo, la comunità internazionale è chiamata a farsi carico di nuove e creative iniziative politiche, diplomatiche ed economiche, tese a risolvere le scandalose situazioni di grossolana ingiustizia, oppressione e marginalizzazione che continuano a pesare su innumerevoli membri della famiglia umana”.
E nell’anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle di New York, l’11 settembre scorso, il Papa ribadiva con forza: “Il terrorismo è e sarà sempre una manifestazione di disumana ferocia, che, proprio
perché tale, non potrà mai risolvere i conflitti tra esseri umani. La sopraffazione, la violenza armata,
la guerra, sono scelte che seminano e generano solo odio e morte. Soltanto la ragione e l’amore sono
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
mezzi validi per superare e risolvere le contese tra le persone e i popoli. E’ tuttavia necessario e urgente uno sforzo concorde e risoluto per avviare nuove iniziative politiche ed economiche capaci di risolvere le scandalose situazioni di ingiustizia e di oppressione, che continuano ad affliggere tanti membri della famiglia umana, creando condizioni favorevoli all’esplosione incontrollabile del desiderio
di vendetta. Quando i diritti fondamentali sono violati è facile cadere preda delle tentazioni dell’odio e della violenza. Bisogna costruire insieme una cultura globale della solidarietà, che ridia ai giovani la speranza del futuro”.
La risposta strategicamente più valida al terrorismo globalizzato è la globalizzazione della solidarietà, un’azione comune per lo sviluppo integrale, una paziente costruzione di strutture e dinamismi
di giustizia e di fraternità su scala planetaria. In un mondo, divenuto piccolo, è illusorio, oltre che
ingiusto, pensare di difendere la prosperità dei paesi ricchi chiudendosi come in una fortezza assediata.
Non c’è alternativa alla globalizzazione della solidarietà e della pace.
[6] Noi dunque, con convinzione e fermezza, diciamo:
* No al terrorismo internazionale;
* No alla guerra preventiva;
* No alla globalizzazione pilotata dalla finanza internazionale a solo scopo di lucro.
Noi diciamo invece:
* Sì alla globalizzazione nella solidarietà, senza marginalizzazione di persone e di popoli;
* Sì allo sviluppo integralmente umano e capace di rispettare e proteggere l’ambiente;
* Sì a regole e istituzioni internazionali veramente rappresentative e adeguate a governare il mercato
globale;
* Sì alla cooperazione internazionale, valorizzando al massimo i soggetti della società civile nei paesi
sviluppati e in quelli sottosviluppati;
* Sì al primato dell’educazione e della formazione, perché l’uomo è il primo protagonista dello sviluppo (cf. GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris Missio 58)
* Sì all’incontro e al dialogo di culture e religioni diverse, per far emergere i valori universali come
l’amore del prossimo, la dignità di ogni persona, la libertà, la giustizia, la solidarietà, sui quali soltanto è possibile costruire, come su un solido fondamento, una convivenza pacifica, e per promuovere il rispetto verso le legittime differenze, cioè verso le concezioni, i costumi, le istituzioni
proprie di ogni tradizione culturale e religiosa;
* Sì infine (ma è la prima cosa da fare per essere coerenti e credibili) a stili di vita personale e familiare, improntati a sobrietà e solidarietà, senza cedimenti al consumismo esasperato che degrada la
persona ed è incompatibile con l’equilibrio della natura.
[7] Carissimi fratelli in Gesù Cristo, con la vostra presenza qui a Firenze, nella città del fiore, vedo
sbocciare un fiore di speranza.
La nostra Chiesa vi accoglie con affetto e con gioia. E saluta in voi le sentinelle del mattino, le sentinelle della speranza e della pace.
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
TANTE ASSOCIAZIONI, UNA SOLA VOCE
PER GLOBALIZZARE LA SOLIDARIETÀ
Intervista a mons. Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze
pubblicata sul numero 34 di Toscana Oggi del 29 settembre 2002
Le associazioni italiane di ispirazione cattolica si sono riunite a Firenze per un confronto sui temi della pace,
della globalizzazione, dello sviluppo. Un appuntamento di grande rilievo alla cui realizzazione la Diocesi ha
dato un contributo determinante. Qual è lo spirito con cui la Chiesa fiorentina ha accolto i partecipanti all’incontro?
La Chiesa fiorentina ha visto con molto favore l’intenzione di oltre sessanta organizzazioni rappresentative del mondo cattolico italiano di dar luogo a un evento comune, nonostante la diversità
delle loro posizioni culturali e politiche. Le ha aiutate nella laboriosa preparazione e le ha accolte con
gioia nella celebrazione. Si è dato risalto alla ispirazione cristiana, al riferimento di tutti alla dottrina
sociale della Chiesa, all’impegno condiviso per lo sviluppo integrale e solidale di tutti i popoli e per
la pace.
Il documento presentato, firmato da oltre sessanta associazioni, è frutto di un lavoro paziente e faticoso, in
cui si è cercato il comune denominatore che unisce realtà associative con storie e carismi molto diversi. Il risultato raggiunto premia questi sforzi?
Direi di sì. E’ un documento che richiama forti motivazioni e alti valori morali e nello stesso tempo
avanza una serie di proposte concrete, ragionevoli e condivisibili da tutti gli uomini di buona
volontà. Penso che possa essere un punto di riferimento prezioso per i cattolici, le loro aggregazioni,
specialmente per i giovani, sui grandi temi della globalizzazione. Uno strumento utile anche agli
insegnanti per l’educazione dei ragazzi alla mondialità. Un valido contributo al dibattito pubblico e
alla formazione dell’opinione pubblica.
Per la Diocesi, questo incontro rappresenta una tappa di un cammino di riflessione sui temi sociali più urgenti, un cammino che ha già avuto alcuni momenti significativi e che proseguirà nei prossimi mesi. Quali sono
i punti di riferimento che orientano questo cammino?
La Chiesa fiorentina è ben consapevole della vocazione di Firenze “Città della Cultura” di assoluto
rilievo internazionale. Ritiene che questa vocazione debba esprimersi nella realizzazione di iniziative di alto profilo culturale anche riguardo ai temi della globalizzazione. Per questo ha iniziato un percorso di studio e di proposta con un seminario di esperti di grande prestigio e continuerà, dopo il
convegno delle organizzazioni cattoliche, con un altro seminario in ottobre sull’immigrazione, sempre con studiosi di sicura competenza, e proseguirà anche successivamente sulla stessa linea.
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
I PROCESSI MIGRATORI
NELLA GLOBALIZZAZIONE
Saluto di mons. Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze,
al seminario «I processi migratori nella globalizzazione». Firenze, 3 ottobre 2002
n cordiale saluto a tutti i presenti. Ringrazio don Giovanni Momigli, direttore dell’Ufficio
diocesano di Pastorale sociale e del lavoro. Ringrazio i professori che ci fanno dono della
loro competenza altamente qualificata per aiutarci a leggere il fenomeno dei processi
migratori nella globalizzazione e a orientare il nostro impegno. I processi migratori nella
globalizzazione. Un elemento antico, i processi migratori, che ha caratterizzato la storia
dell’umanità, particolarmente nelle sue fasi di profonda trasformazione, e che sta anche alla base dell’esperienza religiosa ebraica, cristiana ed islamica: “esci dalla tua terra”, dice il Signore ad Abramo.
Un elemento nuovo, per quanto riguarda la sua pervasività, è il fenomeno della globalizzazione.
“Con il terzo millennio”, si è detto, “si è aperta un’epoca che trasforma le società nazionali generalmente caratterizzate da una sola etnia, o da un’etnia prevalente, in società multi-etniche e multi-culturali”.
U
Accanto a problematiche antiche, si pongono quindi problematiche del tutto nuove, che non possono essere affrontate isolatamente, ossia sganciate l’una dall’altra: come può essere affrontata la questione dei flussi migratori, senza collegarla allo sviluppo economico, all’inserimento sociale ed alla
coesistenza culturale? Come si può non guardare con attenzione alle problematiche poste dal rapporto fra pluralità delle culture e universalità dei diritti, fra multiculturalità ed identità personale e
nazionale?
Le sfide che il fenomeno migratorio pone in quest’epoca di globalizzazione interpellano ogni
ambito del vivere, da quello del diritto a quello dell’economia, da quello religioso a quello dell’educazione. A riguardo occorre tenere presenti le indicazioni del Catechismo della Chiesa Cattolica. “Le
nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero alla ricerca della
sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese di origine. I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone l’ospite sotto la
protezione di coloro che lo accolgono. Le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono
responsabili, possono subordinare l’esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del paese che li accoglie.
L’immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che
lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri”. (CCC 2241) E la Commissione
Giustizia e Pace della CEI, nella nota pastorale “Uomini e culture diverse” del 25 marzo 1990, afferma che “L’appello all’ospitalità e alla tolleranza non sono sufficienti per garantire i diritti fondamentali di ogni uomo nelle nostre città. Solo un largo movimento di solidarietà può creare le condizioni per rispondere alle attese dei deboli e dei poveri nella complessa e interdipendente società contemporanea. Scaturendo dalla dimensione sociale dell’uomo, dalla sua comune dignità, la solidarietà
richiede reciprocità. Essa perciò non impegna solo il gruppo o il Paese che accoglie, ma anche chi
viene accolto. Il suo fine non è semplicemente l’assistenza dell’altro, ma la crescita degli uni e degli
altri, pur attraverso contributi diversi” (n° 24-25).
Lasciando, in questa sede, l’approfondimento delle varie tematiche alla riflessione scientifica, mi
limito a sottolineare come il dialogo fra le culture sia necessario e problematico insieme. Lo riconosceva anche il Santo Padre nel suo messaggio per la pace del primo gennaio 2001, significativamen16
GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
te intitolato Dialogo fra le culture per una civiltà dell’amore e della pace: “Sono naturalmente lontano dal pensare che, su un problema come questo, si possano offrire soluzioni facili, pronte per l’uso.
E’ laboriosa già la sola lettura della situazione, che appare in continuo movimento, così da sfuggire a
schemi prefissati. A ciò si aggiunge la difficoltà di coniugare principi e valori che, pur essendo idealmente armonizzabili, possono manifestare in concreto elementi di tensione che non facilitano la sintesi. Resta poi, alla radice, la fatica che segna l’impegno etico di ogni essere umano costretto a fare i
conti col proprio egoismo e i propri limiti. Ma proprio per questo vedo l’utilità di una riflessione
corale su questa problematica” (n° 3). Momento significativo di tale riflessione corale, auspicato dal
Santo Padre, è anche questo seminario di studio su I processi migratori nella globalizzazione. Ai relatori e a tutti i partecipanti auguro di cuore un proficuo lavoro.
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
IL SOCIAL FORUM SARÀ OCCASIONE POSITIVA
SOLO SE CHI PARTECIPA PRENDERÀ LE DISTANZE
DA ATTEGGIAMENTI VIOLENTI
Articolo di don Giovanni Momigli, direttore dell’Ufficio Diocesano
di Pastorale Sociale e Lavoro dell’Arcidiocesi di Firenze,
pubblicato sul numero 36 di Toscana Oggi del 13 ottobre 2002
n queste settimane, sulla spinta della cronaca, si viene costantemente interpellati su come la
Chiesa si pone nei confronti della globalizzazione e del Social Forum Europeo di novembre. Mi
sembra che la posizione, più volte ribadita dall’Arcivescovo, mons. Ennio Antonelli, sia chiara e
possa essere così riassunta: la Chiesa non può non interessarsi ad un fenomeno come quello
della globalizzazione, che investe l’intera famiglia umana. Per questo, la diocesi di Firenze, oltre
al suo specifico e quotidiano compito di annunciare Gesù Cristo e contribuire ad orientare le coscienze, offrendo criteri di giudizio sulla base del vangelo e della dottrina sociale, è impegnata in un cammino, che va ben oltre novembre, che si esplica anche nel promuovere ed offrire momenti di
approfondimento e confronto culturale e scientifico. Momenti che vogliono anche essere “un segnale alla città di Firenze, perché, in continuità con la sua prestigiosa tradizione, sappia offrire al dibattito sulla globalizzazione un contributo di civiltà, di maturità e di alto spessore culturale”, come ha
detto l’Arcivescovo introducendo il primo dei seminari promossi dalla diocesi “Globalizzazione:
responsabilità dell’uomo contemporaneo”. Momenti che vogliono anche contribuire a far uscire il
dibattito sulla globalizzazione dagli angusti orizzonti nei quali lo ha collocato la semplicistica, falsa
e ideologica alternativa “no global” - “sì global”.
I
Anche nei confronti del Forum di novembre la diocesi è stata chiara: non vi partecipa perché il compito della Chiesa non è quello di fare proposte politico-operative. Comunque, penso che la città tutta,
al di là di chi vi partecipa attivamente, debba dimostrare di essere capace di rapportarsi positivamente
con coloro che verranno a Firenze per confrontarsi su problematiche così importanti per gli uomini
e i popoli, come la pace e la globalizzazione. Questo incontro, come ogni occasione di serio e sereno dibattito, può divenire per tutti occasione positiva e costituire un importante momento di scambio e di riflessione. Firenze deve far di tutto perché questo avvenga: lo deve alla sua storia di città del
dialogo e della pace, glielo chiede il futuro che gli sta davanti. Per questo, la città intera deve anche
esprimere la propria chiara e ferma dissociazione e condanna di qualsiasi forma di violenza. Così
come deve prendere le distanze da dichiarazioni e atteggiamenti che, oltre ad essere deprecabili e pericolosi in sé, distolgono dai contenuti veri del dibattito. Senza contare che parole e azioni destabilizzanti, comunque motivate, finiscono solo col dare spazio a logiche ideologiche e alquanto periferiche e ad assegnare una egemonica rappresentatività a persone e movimenti che certo non contribuiscono a dare forza morale e politica a tematiche che necessitano di attenzione, consapevolezza e
sinergie sempre più vaste e di alto spessore.
Ed i primi a prendere le distanze da simili atteggiamenti, cercando di liberare il dibattito sulle tematiche della globalizzazione dai moti violenti che spesso lo accompagnano, dovrebbero proprio essere coloro che vedono nell’incontro di novembre un fattore positivo e quei partecipanti al Forum che
sentono la necessità di un dibattito serio e sempre più diffuso. Ecco perché, quando qualche leader
‘disobbediente’ afferma “noi non cambiamo pelle e non rinunciamo alle nostre azioni di conflitto su
alta velocità, banche, case sfitte ...”, mi domando come mai nessuno di coloro che parteciperanno al
Social Forum senta il bisogno di prendere le distanze da iniziative che nulla hanno a che fare con la
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
promozione della giustizia e dello sviluppo dei paesi poveri.
Non basta dire che un incontro come il Social Forum è una positiva opportunità, se, insieme, non
si mette in guardia, prendendone le distanze ed invitando a farlo, da ciò che lo può inquinare. Non
basta neppure esprimere le proprie preoccupazioni per quel che può succedere se, insieme, non si
cerca di attivare tutte quelle risorse che possono rendere ricco e proficuo l’incontro.
Una positiva risorsa penso possa essere trovata nel manifesto di Sentinelle del Mattino 2002, La
pace condizione essenziale per lo sviluppo globale, presentato il 21 settembre scorso proprio a
Firenze. Questo documento, ricco e articolato, mi sembra costituisca un prezioso contributo ed aiuti
a sviluppare un dibattito che tende ad avviare quei percorsi che possono consentire di governare e
orientare la globalizzazione a favore dell’uomo. Non penso che nel Forum di novembre, anche per il
fatto che alcuni firmatari del documento vi parteciperanno, possa essere ininfluente la chiara scelta
effettuata dal livello nazionale di una sessantina di associazioni e movimenti: dentro la globalizzazione per modificarne dinamiche e orientamenti sulla base di alcuni valori chiave.
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
LA PACE CONDIZIONE ESSENZIALE
PER LO SVILUPPO GLOBALE
Manifesto delle Sentinelle del Mattino 2002
presentato a Firenze sabato 21 settembre 2002
Lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensì dalla maturazione della mentalità e dei costumi. E’ l’uomo il protagonista dello sviluppo,
non il denaro o la tecnica. La Chiesa educa le coscienze rivelando ai popoli quel Dio che cercano ma non conoscono. ... Ecco perché tra annunzio evangelico e promozione dell’uomo c’è una stretta connessione. (Giovanni
Paolo II, Redemptoris Missio N.58-59)
iamo donne e uomini che credono in Gesù Cristo. Siamo donne e uomini che credono nel
valore universale e sacro della vita umana, nella inviolabilità della sua dignità e nella necessità che questa sia garantita ad ogni persona umana in ogni parte del mondo. In quanto parte
della universale famiglia umana, ci sentiamo cittadini che a tutti gli effetti intendono partecipare responsabilmente alla vita della comunità a cui appartengono, in modo particolare nei
tempi odierni in cui, con la globalizzazione, l’interdipendenza fra le diverse aree del pianeta diventa
sempre più consistente e con essa cresce la corresponsabilità.
Condividiamo con ogni altro abitante della terra la difficoltà di questa responsabilità, nel momento in cui, nonostante il progresso scientifico e tecnico, le disuguaglianze e la violazione della dignità
della vita sono particolarmente vive e pesano su milioni di persone. Per dare risposte autentiche a
queste urgenze crediamo necessaria la verità del Vangelo, che è messaggio di liberazione integrale dell’uomo, in grado di superare i suoi limiti materiali e la sua apparente solitudine. L’uomo, infatti, trova
la sua piena realizzazione nel Cristo, che facendosi uomo trasforma anche la storia. Quello che insieme professiamo, celebriamo e annunciamo, non è una verità astratta, ma è anzitutto una persona:
Gesù Cristo, morto e risorto per la salvezza dell’uomo e del mondo. Nel cercare di seguire Gesù Cristo
e di fare nostro il Suo messaggio, incontriamo i poveri e riconosciamo ‘le debolezze’ presenti in ognuno di noi. Crediamo che solo nella risposta alla Sua chiamata all’amore sia possibile costruire soluzioni autenticamente efficaci ai problemi che la famiglia umana sta vivendo in questa fase storica.
Alla luce del Vangelo, nella fedeltà alla comunione ecclesiale, e traendo insegnamento dal magistero e dalla dottrina sociale, vogliamo vivere pienamente nella comunità degli uomini, guardando
all’intera comunità del pianeta, per costruire rapporti sociali orientati alla promozione integrale dell’uomo e alla costruzione della ‘civiltà dell’amore e del perdono: “non c’è pace senza giustizia, non
c’é giustizia senza perdono”.
Con questo spirito vogliamo collaborare e dialogare con tutte le donne e gli uomini di buona
volontà per costruire la pace: la pace fondata sulla dignità della persona umana che esige il diritto
all’alimentazione, alla salute, all’educazione, alla libertà religiosa, al rispetto delle proprie tradizioni
e culture, ad un lavoro dignitoso. Crediamo che costruire la civiltà dell’amore significhi concretamente anche lavorare per elaborare e diffondere regole in grado di orientare le azioni dei membri
della comunità in questa direzione.
Apparteniamo a realtà laicali che hanno vocazioni e specificità diverse all’interno della chiesa e
della società italiana. Ma tutte, pur con le naturali diversità, vogliamo condividere un cammino di
responsabilità educativa e sociale per offrire il nostro contributo nel rendere la globalizzazione uno
strumento a servizio della promozione dell’uomo anziché della sua mortificazione. Siamo coscienti
che per farlo occorra arricchimento spirituale, fatica di approfondimento e ricerca di dialogo. Per questo vogliamo caratterizzare il nostro cammino nell’impegno per umanizzare le strutture economiche
e sociali a partire dalla nostra vita.
S
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
LA NOSTRA COMUNITÀ: IL PIANETA
La storia dello sviluppo degli ultimi cento anni dimostra come la comunità mondiale non è stata
in grado di utilizzare al meglio il progresso tecnologico, risorsa essenziale per garantire uno sviluppo
equo e sostenibile capace di assicurare condizioni minime di vita ad una popolazione in fortissima
crescita. Progressi sostanziali sono stati fatti nello sviluppo di meccanismi che consentono di aumentare la produzione di beni e servizi aggregata. Allo stesso tempo però non si è stati in grado di costruire meccanismi di distribuzione equa della ricchezza prodotta in modo da realizzare progressivamente la condizione di eguaglianza delle opportunità di tutti gli individui indipendentemente dalla loro
provenienza geografica e sociale.
Gli attuali squilibri del mondo sono sotto gli occhi di tutti. Da una parte un aumento della distanza tra ricchi e poveri, con oltre un miliardo di persone che vive al di sotto della soglia di povertà assoluta, concentrata prevalentemente nel Sud del mondo. Dall’altra la ricerca affannosa del benessere
economico, non inserito in una corretta scala di valori, ha generato stili di vita che mettono a serio
rischio la stabilità ambientale del pianeta. Costruire giustizia significa non solo redistribuire, ma mettere l’uomo al centro dei processi.
Questo è il cuore della richiesta più volte ripetuta da Giovanni Paolo II di globalizzare la solidarietà. Un invito a contrastare i rischi e i pericoli che una globalizzazione non governata che conporta anche e soprattutto far emergere le forze positive della globalizzazione attraverso gli esempi e i progetti che migliorano le condizioni di vita delle persone. Fra questi il trasferimento di produzioni dal
Nord del mondo nei paesi a minor reddito, quando ciò avviene nel rispetto della dignità dell’uomo
e del lavoro e nella salvaguardia dell’ambiente, e il miglioramento dell’agricoltura in una logica di sviluppo rispettosa dell’ambiente e delle persone.
Ma soprattutto occorre far leva sulle forze della società civile organizzata, vera protagonista dei progetti di cooperazione allo sviluppo orientati a promuovere dignità umana, lavoro e democrazia. La
cooperazione internazionale deve ispirarsi ad un criterio di discriminazione positiva: sostenere i processi di sviluppo come via per incamminarsi decisamente sulla strada della libertà, del rifiuto della
guerra e del rispetto degli inviolabili diritti dell’uomo.
La globalizzazione della solidarietà non avviene solo con l’impiego di maggiori risorse economiche, ma puntando su progetti di educazione e formazione come strumento principe di lotta alla
povertà; promovendo la vita delle popolazioni insieme con l’ambiente; tutelando la salute delle persone anche attraverso le grandi conquiste che la medicina ha conseguito nei nostri paesi. Lottare contro la povertà non è solo una questione di politiche e di investimenti -certamente indispensabili-, ma
al fondo è questione di riconoscere la persona, l’uomo, per quello che è, e di riconoscere tutti gli
uomini, qualsiasi uomo in qualsiasi parte del mondo per favorirne la liberazione e lo sprigionarsi
delle capacità che Dio ha seminato e che noi dobbiamo apprezzare e valorizzare.
E’ nostro dovere guardare soprattutto ai più poveri e ai più vulnerabili,coloro che sono impossibilitati a far fruttare i talenti che Dio ha loro regalato. Nel quadro attuale infatti la questione della
povertà e della differenza delle condizioni di vita emerge clamorosa. Su sei miliardi di persone che
abitano la Terra circa un sesto non dispone di cibo ed acqua a sufficienza. Tre miliardi, cioè la metà
dei cittadini del pianeta, si deve accontentare di due dollari di reddito al giorno. Non vorremmo però
affrontare la questione solo in termini di ‘avere’. La povertà da combattere non è solo la indisponibilità di beni materiali, ma anche la impossibilità di realizzarsi come persone. Povero è colui che non
può mettere a frutto i talenti che ha ricevuto. A questa povertà vogliamo contrapporre quella evangelica che auspica la ricerca dell’essenzialità e della sobrietà, l’essere e il condividere contrapposti
all’avere.
Eliminare la prima e far spazio alla seconda significa farsi operatori di pace e di giustizia e testimoni
coerenti affinché a tutti sia data opportunità di diventare protagonisti del proprio originale percorso
di crescita personale e comunitario, in particolare:
a) individuando i meccanismi che impediscono che le risorse e le opportunità siano più equamente
prodotte e distribuite;
b) identificando con esperienze comunitarie e stili di vita rinnovati, modelli di relazione sociale ed
economica virtuosi;
c) elaborando le nostre esperienze in proposte politiche per la costruzione di un nuovo quadro di
regole e relazioni internazionali.
Tutto ciò potrà avvenire non solo grazie alla nostra intelligenza ma se sapremo rispondere alla chia21
GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
mata di sempre della Chiesa che ci chiede la conversione del cuore.
COSTRUIRE LA PACE
Questo nuovo secolo, dopo quello precedente che ha visto il maggior numero di martiri cristiani
della storia, già al suo inizio è stato segnato da terribile violenza. Molti uomini e molte donne, presi
dalla paura per il futuro, si sono lasciati trascinare nella rassegnazione, nel pessimismo, indulgendo
al terrorismo sempre deprecabile, rassegnandosi alla via del conflitto. Siamo consapevoli dell’enorme potenziale di male che è racchiuso nel nostro mondo. E’ facile lasciarsi trascinare dalla violenza,
dallo scontro degli uni contro gli altri, dall’opposizione di un mondo contro un altro, dallo scontro
di una religione e di una cultura contro un’altra. La compassione di Gusù per il dolore del mondo ci
impongono di cercare assieme le vie della pace e della solidarietà. Il mondo intero ha bisogno di speranza. La speranza di poter vivere con l’altro, la speranza di non essere dominati dalla memoria dei
torti subiti, la speranza di costruire un mondo in cui tutti possano vivere con dignità; la speranza
della civiltà dell’amore e del perdono di cui parla Giovanni Paolo II. Sentiamo ancor più urgente in
questo tempo in cui spirano venti di guerra, la necessità di proseguire con decisione la via del dialogo per superare divisioni e conflitti. Il dialogo non lascia indifesi: può proteggere. Non indebolisce:
può rafforzare. Il dialogo può trasformare l’estraneo in amico e può liberare tutti dal demone della
violenza. Nulla è mai perduto con il dialogo. Ci impegniamo a fare crescere nel mondo l’arte del dialogo e del convivere. Il mondo intero ne ha bisogno. Non è il conflitto che salva.
Condanniamo ogni forma di terrorismo; crediamo nel negoziato; preferiamo nettamente decisioni
concertate e non unilaterali al fine di rafforzare e non indebolire l’azione delle istituzioni internazionali. Crediamo che la migliore risposta da dare alle minacce del terrorismo e della guerra sia,
innanzitutto, quella della conversione personale unita ad un impegno ancora più convinto per la
costruzione della pace, attraverso il dialogo interreligioso e la solidarietà globalizzata, per rendere più
giusti e sostenibili gli equilibri del mondo.
L’impegno come cittadini
Intendiamo caratterizzare il nostro impegno nell’azione educativa, nella testimonianza e nella partecipazione. La prima si sviluppa a partire dalle nostre organizzazioni,anche coinvolgendo centri culturali di eccellenza, in attività di studio e formazione continuare a creare sia al nostro interno, sia
mettendole a disposizione di tutti gli uomini e delle loro organizzazioni. Riteniamo che se il ruolo
della politica è quello di indirizzare e gestire il cambiamento, il ruolo della cultura è quello di offrire gli strumenti per orientarne la direzione. Daremo vita in questi anni a momenti e attività comuni
per conseguire questo obiettivo.
Intendiamo mettere in atto, personalmente e comunitariamente comportamenti e azioni coerenti
alla domanda di vita dignitosa per tutti. Il nostro essere operatori di pace e di giustizia non deve limitarsi alla constatazione dell’ingiustizia, alla ricerca e alla denuncia, ma deve spingersi alla proposta e
alla attuazione di nuovi stili di vita, che permettano coerenza e diano forza alla domanda di riforma
delle regole.
Ci proponiamo quindi di sviluppare e diffondere i comportamenti che stanno sempre più caratterizzando la vita delle nostre organizzazioni: il consumo e il risparmio responsabile, gli esempi di
imprenditoria e cooperazione sociale, il commercio equo e solidale, le attività di cooperazione allo
sviluppo, la finanza etica, le attività di promozione umana in ambito lavorativo, l’azione educativa,
l’orientamento e l’animazione sociale. Non si tratta di attività di nicchia per soddisfare sentimentalismi ingenui, ma di esempi concreti sempre più diffusi di partecipazione alla vita sociale e professionale. In questo modo intendiamo coniugare la sostenibilità economica a quella sociale e ambientale. E’ possibile e il risultato è umanizzante.
In particolare riteniamo che la liberazione dalla povertà comincia da azioni spesso nate da condivisione cristiana, in cui uomini del nord e del sud del mondo camminano insieme senza colonialismi o assistenzialismi in un percorso educativo.
Questi tentativi incentrati prevalentemente sull’azione delle ONG e ispirati sia alla sussidiarietà che
genera opere di sviluppo,coinvolgendo i popoli del Sud del mondo,sia alla promozione di forme di
governo democratico, sono l’unica strada allo sviluppo.
Rifiutiamo ogni fondamentalismo o ideologie quali il liberismo e il marxismo che hanno condotto l’uno ad un dominio incontrastato del mercato quale unica regola della convivenza sociale, l’altro
alla violazione della libertà e dei diritti fondamentali delle persone e al disastro socio-economico.
Non possiamo perciò tacere e dobbiamo denunciare che anche nel sud del mondo esistono regimi
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
oppressivi che discriminano o sono violenti sul piano della libertà religiosa e dei diritti umani e si
ispirano a modelli neocoloniali, integralisti e totalitari.
In questi anni la ricchezza del tessuto associativo, non solo cattolico, è stata risorsa preziosa per lo
sviluppo, sia ieri nel nostro paese, sia oggi nei paesi più impoveriti. Intendiamo proseguire il nostro
impegno perché la promozione umana, a partire da una scelta preferenziale per i poveri, sia caratterizzata dall’interazione fra sussidiarietà e solidarietà e diventi così patrimonio comune per creare un
contesto in cui tutti membri della comunità abbiano l’opportunità di sviluppare i propri talenti.
LA PARTECIPAZIONE
Per costruire la pace e la giustizia abbiamo bisogno di un sistema di regole che orientino i comportamenti della comunità e dei suoi membri verso la promozione dell’uomo. E’ per questo che riteniamo essenziale la responsabilità delle istituzioni nazionali e internazionali, in diversii ambiti:
Tutela della Pace
Occorre ridare ruolo alle Nazioni Unite. E’ urgente un processo credibile e autentico di riforma di
questo organismo internazionale che ne rafforzi democrazia, autorevolezza ed efficacia, in particolare nella sua responsabilità di principale attore in favore della pace nel mondo. In questo quadro, sono
da privilegiare gli approcci ‘locali’, valorizzando anche i contributi di mediazione non governativi,
affrontando tutti i conflitti, anche quelli interni quando violano la libertà delle popolazioni.
Altrettanto necessario è combattere autenticamente il commercio delle armi, adottando meccanismi
di limitazione e controllo a partire dall’informazione su tutte le operazioni di vendita e acquisto.
Nessuna copertura finanziaria pubblica deve essere data a chi produce e vende le armi.
Promozione della persona
Occorre che gli organismi nazionali e internazionali promuovano la collaborazione attiva e costante tra persone del nord e del sud del mondo, per favorire l’affronto congiunto dai problemi, la comunicazione interpersonale, il trasferimento di conoscenze, tecnologie e metodi di lavoro, sempre nel
rispetto delle culture e della libertà dell’uomo assicurando ciò non solo a livello della governance
politica o dell’economia, ma a tutti i livelli.
Debito e mercati finanziari
Proseguire l’azione di cancellazione del debito dei paesi in via di sviluppo attraverso l’assunzione
di parametri di sostenibilità più realistici, non legati al livello di esportazioni ma al fabbisogno di servizi essenziali della popolazione, e la creazione di un processo equo e trasparente di arbitrato. Per
quanto riguarda l’Italia è necessario sottoscrivere nel più breve tempo possibile i singoli accordi bilaterali di cancellazione in modo da rispettare la scadenza triennale prevista dalla legge sul debito per
le azioni di condono. Occorre ostacolare in ogni modo,anche attraverso forme di tassazione da studiare attentamente, le transazioni valutarie speculative al fine di concorrere alla regolamentazione del
mercato finanziario internazionale e raccogliere risorse per il finanziamento dello sviluppo nonché
giungere rapidamente al l’eliminazione dei paradisi fiscali e finanziari.
Riduzione della povertà e aiuto pubblico allo sviluppo
Favorire la elaborazione e la realizzazione di programmi di lotta della povertà nei PVS coinvolgendo nella misura più ampia la società civile e garantendo a tutti i cittadini la soddisfazione dei bisogni fondamentali e in particolare l’accesso alla scuola e ai servizi sanitari. Occorre onorare l’impegno
di finanziare l’aiuto allo sviluppo con lo 0,7% del PIL dei nostri paesi. Tuttora il nostro paese ha
assunto solo l’impegno di arrivare entro il 2006 ad un massimo dello 0,39%, contando in questa cifra
anche le somme di debito cancellate. E’ necessaria da parte del governo del nostro Paese coerenza
morale e culturale sia nell’indicare la necessità di alcuni sacrifici per concorrere alla giustizia internazionale, sia nel promuovere una decisa inversione di tendenza nella quota del PIL da destinare agli
aiuti allo sviluppo a cominciare dalla ormai prossima legge Finanziaria.
Commercio internazionale e agricoltura
Va riconosciuto il diritto al cibo e alla sovranità alimentare insieme alla promozione di modelli di
agricoltura sostenibile. Chiediamo che la commercializzazione dei prodotti agricoli non sia soggetta
alle regole del WTO; occorre invece una politica antitrust globale che eviti la creazione di monopoli
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
che aggirano le leggi nazionali, alterando i termini della competizione economica. Il primo passo in
questa direzione è l’abrogazione delle barriere, anche indirette, all’ingresso sui nostri mercati dei prodotti provenienti dal sud del mondo e l’abolizione delle sovvenzioni alle esportazioni di prodotti
agricoli verso gli stessi paesi.
Consumo e risparmio socialmente responsabile
Sostenere anche fiscalmente, dando attuazione agli impegni più volte dichiarati, le iniziative della
società civile orientate al consumo, al risparmio socialmente responsabile e alla gestione non profit,
promuovendo maggiore informazione e pressione verso il sistema delle imprese ma anche affrontando il necessario tema della certificazione delle diverse realtà operanti nel mondo dell’economia
sociale e nonprofit. Le organizzazioni non governative possono concorrere nella raccolta delle informazioni necessarie per valutare e certificare il grado di responsabilità sociale delle imprese.
Sollecitiamo una legislazione che indirizzi le scelte di investimento finanziario del patrimonio delle
fondazioni in modo da premiare i comportamenti delle imprese in prima linea nella tutela dell’ambiente e del lavoro. Ciò produrrebbe un impatto sulle scelte di responsabilità sociale degli altri operatori e si rafforzerebbe la tendenza già avviata, da parte del sistema industriale, ad aumentare il proprio operato etico per conquistare i risparmiatori socialmente responsabili.
Profitti e salute
Vogliamo che sia modificato l’accordo internazionale (TRIPs) che regola i diritti di proprietà intellettuale. Riteniamo che il diritto alla salute delle popolazioni povere del Sud del mondo sia un valore ovviamente superiore a quello della massimizzazione dei profitti delle grandi industrie farmaceutiche. Chiediamo che i paesi ricchi finanzino più intensamente la ricerca pubblica per lo sviluppo di
farmaci nel campo delle pandemie quali l’AIDS, la malaria e la tubercolosi. La loro diffusione, oltre
a ridurre la vita media di intere popolazioni, vanificano le azioni di educazione e formazione, premessa di ogni sviluppo possibile. Chiediamo che vangano individuati gli strumenti per consentire
alle popolazioni del Sud del mondo di accedere ai farmaci tutelati da brevetti,ad esempio promuovendo sia la produzione e distribuzione controllata di medicinali a prezzo di costo, sia creando fondi
di compensazione per coprire la differenza tra prezzo pieno e prezzo accessibile.
Ambiente e sviluppo sostenibile
Nessuno può negare ad altre persone il diritto di usufruire e godere del creato. Chiediamo quindi
regole comuni di tutela dell’ambiente. In particolare chiediamo che gli stati finanzino programmi nel
Sud del mondo che permettano l’adozione in loco di adeguate normative ambientali. Chiediamo
siano sviluppati programmi con regole e incentivi fiscali per favorire l’utilizzo di tecnologie non
inquinanti. In particolare riteniamo urgente l’impegno di tutte le istituzioni pubbliche a garantire
l’accesso universale all’acqua potabile.
Governance globale
Perché gli effetti della globalizzazione producano vantaggi condivisi da tutte le persone di tutte le
nazioni in un’ottica di giustizia e redistribuzione, si rende necessario costituire un sistema internazionale che regoli tale processo ed individui meccanismi di governance effettiva ed efficace, che coinvolgano le organizzazioni delle società civili del Nord e del Sud del mondo. In questa direzione chiediamo che vengano avviati processi di riforma e di consolidamento delle Nazioni Unite,ad esempio
con l’istituzione di un Consiglio di Sicurezza Economico e Sociale e con una riforma delle istituzioni finanziarie internazionali, al fine di garantire una partecipazione più equa dei Paesi in via di
Sviluppo e delle società civili del Nord e del Sud nei loro processi decisionali.
Noi ci impegnamo a gettare ponti di incontro, di comprensione e di educazione vicendevole tra
nord e sud del mondo: questo è il grande ideale per noi e per tutti. Un ideale che ci spinge a riproporre la bellezza e la necessità di autentiche vocazioni al volontariato internazionale; a sostenere quei
giovani che vogliono impegnare la loro professionalità per opere di giustizia e di sviluppo; a incoraggiare chi vuole consacrare la propria vocazione religiosa ad un impegno missionario; a motivare
noi tutti nel dedicare il meglio delle nostre energie per servire insieme la causa del Vangelo e la causa
dell’uomo.
L’attesa, che l’umanità va coltivando tra tante ingiustizie e sofferenze, è quella di una nuova civiltà all’in24
GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
segna della libertà e della pace. Ma per una simile impresa si richiede una nuova generazione di costruttori
che, mossi non dalla paura o dalla violenza ma dall’urgenza di un autentico amore, sappiano porre pietra su
pietra per edificare, nella città dell’uomo, la città di Dio. A voi Dio affida il compito, difficile ma esaltante, di
collaborare con Lui nell’edificazione della civiltà dell’amore. Nella ricerca della giustizia, nella promozione
della pace, nell’impegno di fratellanza e di solidarietà non siate secondi a nessuno! (Giovanni Paolo II Giornata Mondiale della Gioventù di Toronto, Sabato 27 luglio 2002)
LE ORGANIZZAZIONI FIRMATARIE
(aggiornamento al 31 ottobre 2002)
ACI (Azione Cattolica Italiana); ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani); AGESCI
(Associazione Guide E Scout Cattolici Italiani); Associazione AGIRE; ANSPI (Associazione Nazionale
San Paolo Italia); Associazione Gruppo Ferrara Terzo Mondo; A.GE. (Associazione Italiana Genitori);
ASVA (Associazione Volontariato Aids); CENASCA - CISL; CSI (Centro Sportivo Italiano); CTG
(Centro turistico Giovanile); CVS (Centro Volontari della Sofferenza); Centro Nazionale Apostolato
Giovanile dei Gesuiti Italiani; C.d.O. (Compagnia delle Opere); CIMI (Conferenza Istituti Missionari
in Italia); CIF (Centro Italiano Femminile); C.V.X.(Comunità di Vita Cristiana Italiana); Comunità S.
Egidio; Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia; Francescane Missionarie di Maria; FUCI
(Federazione Universitari Cattolici Italiani); GIFRA (Gioventù Francescana Osservanza Frati Minori);
GIFRA ITALIANA (Gioventù Francescana Osservanza Frati Cappuccini e Conventuali); GI.O.C.
(Gioventù Operaia Cristiana); Giovani per un mondo unito (Movimento dei Focolari); M.C.L.
(Movimento Cristiani Lavoratori); Missionari Comboniani; Missionarie Comboniane; Missionari
della Consolata; Missionarie della Consolata; Missionari Saveriani; Missionarie di Maria (Saveriane);
Missionari d’Africa (Padri Bianchi); Missionarie Nostra Signora degli Apostoli; Missionarie
dell’Immacolata (PIME); Missionari Maristi; Movimento Apostolico Ciechi; Movimento Eucaristico
Giovanile; Movimento Gioventù Smaldoniana; MGC (Movimento Giovanile Costruire); Movimento
Giovanile Missionario (della PP.OO.MM.); M.G.S. (Movimento Giovanile Salesiano); Movimento
Giovanile Trinitario; Movimento Pro Sanctitate; Pax Christi; Associazione Papa Giovanni XXIII; PIME
- Pontificio Istituto Missioni Estere; Rinnovamento Nello Spirito; Scalabriniani Development Agency;
SCS-CNOS (Servizi Civili e Sociali del Centro Nazionale Opere Salesiane); Società Missioni Africane;
Società San Vincenzo de’ Paoli; Tendopoli San Gabriele; UCIIM (Unione Cattolica Italiana Insegnanti
Medi); Verbiti; FOCSIV (Federazione Organismi Cristiani per il Servizio Internazionale Volontario)
L’ANGELUS DEL PAPA
Santo Padre, alla Preghiera dell’Angelus di domenica 22 settembre 2002, fra l’altro ha detto:
Iieril“Rivolgo
uno speciale saluto ai rappresentanti di oltre sessanta associazioni di ispirazione cristiana, che
e oggi, a Firenze, hanno riproposto una visione etica e solidale della globalizzazione, come indicava
il tema dell’incontro: “La pace, condizione essenziale per lo sviluppo globale”. Mi associo di cuore ai
Vescovi della Toscana nell’esprimere apprezzamento per l’iniziativa e incoraggio i promotori a continuare uniti nella costruzione della civiltà dell’amore e della pace”.
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GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO
INDICE
Pagina 3
INTRODUZIONE
Pagina 5
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA
DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE SOCIALI
Pagina 7
GLOBALIZZAZIONE: RESPONSABILITÀ
DELL’UOMO CONTEMPORANEO
Saluto di mons. Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze, al seminario
di studio su «Globalizzazione: responsabilità del’uomo contemporaneo».
Firenze, 26 giugno 2002
Pagina 9
LA CHIESA FIORENTINA È ATTENTA ALLA GLOBALIZZAZIONE
MA NON PARTECIPA AL SOCIAL FORUM EUROPEO
Comunicato stampa dell’Arcidiocesi di Firenze diffuso il 28 agosto 2002
Pagina 10
LA CHIESA FIORENTINA E L’ASSEMBLEA
DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE
Articolo di don Giovanni Momigli, direttore dell’Ufficio di Pastorale Sociale
e Lavoro della Diocesi di Firenze, pubblicato sul numero 30
di Toscana Oggi del 1 settembre 2002
Pagina 12
DARE UN’ANIMA ALLA GLOBALIZZAZIONE
Saluto del Vescovi della Toscana all’assemblea nazionale
delle Sentinelle del Mattino. Firenze, 21 settembre 2002
Pagina 13
DA CRISTIANI NELLA GLOBALIZZAZIONE PER LA PACE
Intervento di mons. Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze, all’assemblea
nazionale delle Sentinelle del Mattino. Firenze 21 settembre 2002
Pagina 17
TANTE ASSOCIAZIONI, UNA SOLA VOCE
PER GLOBALIZZARE LA SOLIDARIETÀ
Intervista a mons. Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze
pubblicata sul numero 34 di Toscana Oggi del 29 settembre 2002
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Pagina 18
I PROCESSI MIGRATORI
NELLA GLOBALIZZAZIONE
Saluto di mons. Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze al seminario su
«I processi migratori nella globalizzazione». Firenze, 3 ottobre 2002
Pagina 20
IL SOCIAL FORUM PUÒ DIVENTARE OCCASIONE POSITIVA
SOLO SE CHI PARTECIPA PRENDERÀ LE DISTANZE DA ATTEGGIAMENTI VIOLENTI
Articolo di don Giovanni Momigli, direttore dell’Ufficio Diocesano
di Pastorale Sociale e Lavoro dell’Arcidiocesi di Firenze, pubblicato
sul numero 36 di Toscana Oggi del 13 ottobre 2002
Pagina 22
LA PACE CONDIZIONE ESSENZIALE
PER LO SVILUPPO GLOBALE
Manifesto delle Sentinelle del Mattino 2002
presentato a Firenze sabato 21 settembre 2002
Pagina 28
INDICE
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