Nasce a Clapham (un sobborgo di Londra), da
una famiglia middle class
1862. Entra al St John's College, Cambridge
Concorre al Mathematical Tripos il concorso più
prestigioso dei laureati di Cambridge, e nel 1865
arriva secondo dopo il futuro Lord Rayleigh
- Il successo nel
Tripos gli fa
guadagnare una
fellowship al St.
John’s
- sposta i suoi interessi
dalla matematica alla
filosofia, all’etica, alla
psicologia, e
finalmente approda
all’economia politica.
- 1877. sposa Mary Paley, sua allieva alla
Newnham Hall e una delle prime donne laureate
a Cambridge
Per il matrimonio con Mary deve abbandonare il
St John’s perché vigeva la regola del celibato per
i docenti dell’Università di Cambridge.
Diventa professore di Economia Politica
all’University College di Bristol
1883. Si sposta a Oxford dove ottiene una
lectureship al Balliol College
1885: cattedra di economia politica a
Cambridge. Resta fino al 1908, dando vita a una
delle più prestigiose scuole di economia del
Novecento
1890. Pubblica i Principles of
Economics (8a ed. 1920)
Lavora anche a temi di
economia applicata, ma solo tra
il 1919 ed il 1923 pubblica due
grossi volumi intitolati
rispettivamente Industry and
Trade e Money, Credit and
Commerce.
Fin dall’introduzione, Marshall rivela i motivi sociali che hanno
ispirato il suo interesse per l’economia politica.
1. Political economy or economics is a study of mankind in the
ordinary business of life; it examines that part of individual and social
action which is most closely connected with the attainment and with
the use of the material requisites of wellbeing.
Thus it is on the one side a study of wealth; and on the other, and
more important side, a part of the study of man. For man's character
has been moulded by his every-day work, and the material resources
which he thereby procures, more than by any other influence unless it
be that of his religious ideals; and the two great forming agencies of
the world's history have been the religious and the economic.
For the business by which a person earns his livelihood generally
fills his thoughts during by far the greater part of those hours in
which his mind is at its best; during them his character is being
formed by the way in which he uses his faculties in his work, by the
thoughts and the feelings which it suggests, and by his relations to
his associates in work, his employers or his employees.
And very often the influence exerted on a person's character by the
amount of his income is hardly less, if it is less, than that exerted by
the way in which it is earned. It may make little difference to the
fulness of life of a family whether its yearly income is £1000 or
£5000; but it makes a very great difference whether the income is
£30 or £150: for with £150 the family has, with £30 it has not, the
material conditions of a complete life…
The hope that poverty and ignorance may gradually be extinguished,
derives indeed much support from the steady progress of the
working classes during the nineteenth century…
This progress has done more than anything else to give practical
interest to the question whether it is really impossible that all
should start in the world with a fair chance of leading a cultured
life, free from the pains of poverty and the stagnating influences
of excessive mechanical toil; and this question is being pressed
to the front by the growing earnestness of the age. The question
cannot be fully answered by economic science. For the answer
depends partly on the moral and political capabilities of human
nature, and on these matters the economist has no special means
of information: he must do as others do, and guess as best he
can. But the answer depends in a great measure upon facts and
inferences, which are within the province of economics; and this
it is which gives to economic studies their chief and their highest
interest.
Per primo usa il termine “economics”: l’economia è una
scienza. E’ affine non tanto alle scienze fisiche quanto a
quelle storico-sociali ( Schmoller) e, tra quelle naturali,
alla biologia ( Spencer).
Ritiene che tra economia classica ed economia marginalista
non ci sia discontinuità metodologica. La ‘nuova’ teoria è
‘neoclassica’
Metodo complesso: combinazione di rigore logico-analitico e
di ricorso all’esperienza storica.
Riteneva utile l’uso della matematica, ma solo per
la statica economica.
I concetti economici devono essere espressi in un
linguaggio semplice e accessibile. L’analisi
economica deve servire a interpretare la realtà.
metodo del caeteris paribus: far variare un
elemento solo alla volta e osservarne le
conseguenze: statica comparata.
A differenza di Walras non è interessato all’EEG, ma
ai c.d. equilibri parziali:
Costruire, con riferimento ad un determinato
mercato, una relazione funzionale tra le quantità
domandate di un bene e il suo prezzo in un
determinato istante di tempo, nell’ipotesi che
rimangano costanti i prezzi degli altri beni, i
redditi e i gusti dei consumatori
Marshall sapeva che nell’economia i mercati
erano interdipendenti.
La procedura era valida solo a livello di prima
approssimazione.
Minore rigore compensato da un livello di
formalizzazione minore: più facile utilizzazione
pratica.
Ma la statica comparata è solo un primo passo;
non spiega le leggi di sviluppo delle società 
analisi dinamica, con concetti tratti dalla
biologia.
La teoria marshalliana del valore si propone come
sintesi tra marginalisti e classici:
Sui valori di scambio incidono:
-le scelte soggettive degli agenti (utilità
marginale), alla base della domanda
- i costi di produzione, alla base dell’offerta.
Marshall cerca di capire come si passa da una curva di utilità
marginale decrescente a una curva di domanda.
L’utilità è difficilmente misurabile, ma possono essere osservati i
prezzi che l’agente paga.
Concetto di “disponibilità a pagare”: l’utilità marginale può essere
misurata in termini della quantità di moneta che un determinato
consumatore è disposto a sacrificare per ottenere una unità di bene in
più.
(tale quantità di moneta è un indice dell’utilità attribuita all’unità
aggiuntiva di bene).
PROBLEMA: affinché la moneta possa essere considerata una buona
unità di misura, occorre presupporre che abbia una utilità marginale
(MUm) costante. Marshall la assume come ipotesi
Definizione: prezzo marginale di domanda (pmx) = prezzo massimo che
un determinato consumatore è disposto a pagare per ottenere una unità
aggiuntiva (x) di un determinato bene.
In equilibrio il consumatore acquista quella quantità x di merce in
corrispondenza della quale pmx è uguale al prezzo di mercato del bene
(px).
Ora, pmx è uguale per definizione al rapporto tra l’utilità marginale del
bene (MUx) e l’utilità marginale della moneta (MUm). Ne segue che in
equilibrio:
px = pmx = MUx/MUm
[1]
La [1] può essere scritta:
MUx = px MUm
Ora, se px si riduce ne deriva che Mux  px MUm.
Per ritornare all’eguaglianza occorre che il consumatore acquisti una
maggiore quantità del bene: ciò, in virtù del principio della utilità
marginale decrescente, determina una riduzione di MUx.
Abbiamo dunque una prima dimostrazione della pendenza
negativa della curva di domanda.
Sommando le varie schede di domanda individuali, si perviene alla
domanda di mercato relativa a un determinato bene.
 basata sui costi dei fattori produttivi, essenzialmente lavoro e
capitale.
a. Il salario reale (costo del lavoro) è una funzione crescente
della quantità di lavoro  la curva di offerta individuale di
lavoro è inclinata positivamente (disutilità marginale
crescente).
b. Il costo del capitale è crescente perché l’accumulazione di beni
capitali richiede risparmio e questo a sua volta è funzione
crescente del tasso di interesse.
Sommando le curve di offerta individuali, si perviene alla offerta di
mercato relativa ad un determinato bene.
Il valore di scambio è dato dall’incrocio tra la curva di domanda e
la curva di offerta.
S
p
p*
D
0
q*
q
“Due lame della forbice”: non ha senso chiedersi se, ai fini della
determinazione del valore, sia più rilevante l’utilità o il costo di
produzione.
Domanda e offerta influenzano diversamente il prezzo a seconda del
periodo considerato:
1. periodo di mercato:
• l’offerta è fissa. La curva di offerta è verticale.
• il prezzo è determinato sostanzialmente dalla domanda.
• i costi di produzione non esercitano influenza apparente sui
prezzi.
p
S
p*
D
q
0
q*
2. Breve periodo:
• la quantità offerta può essere aumentata
• la capacità produttiva è data (impianti dati)
•La curva di offerta è crescente perché i costi marginali sono crescenti
al crescere della produzione.
•Prezzi e quantità di equilibrio vengono determinati simultaneamente
dai costi e dalla domanda.
S
p
p*
D
0
q*
q
p
P*
S
D
0
q*
q
3. Lungo periodo:
• la capacità produttiva è variabile
• le imprese possono modificare:
• impianti
• organizzazione produttiva
•quantità di lavoro impiegato
• il numero delle imprese in una determinata industria è variabile
•  rendimenti di scala costanti, la curva di offerta dell’industria
sarà orizzontale
• i prezzi di equilibrio vengono determinati dall’offerta
• le quantità vengono determinate dalla domanda
Differenze tra Marshall e Walras nella spiegazione dell’equilibrio di
mercato.
• le funzioni marshalliane di domanda e di offerta esprimono i prezzi
in funzione delle quantità
p = f (q)
•le funzioni walrasiane di domanda e di offerta esprimono le quantità
in funzione dei prezzi
q = f (p)
•Per Marshall, cioè, ogni operatore ha in mente prezzi di offerta e
di domanda “normali” e in base a essi aggiusta via via le quantità
acquistate o vendute sul mercato.
•Per Walras, invece, compratori e venditori sono price takers e
reagiscono ai prezzi gridati dal banditore aggiustando le quantità
domandate e offerte
S
p
p1
p*
p2
D
0
q1D q2S q*
q1S q2D
q
p
S
p2S
p1D
p*
p2D
D
p1S
0
q1
q*
q2
q
differenza tra la somma massima che
il consumatore sarebbe disponibile a pagare
per una determinata quantità di un bene
(calcolata sulla base di prezzi marginali di domanda
decrescenti) e il suo effettivo esborso monetario
p
a
p*
e
D
0
q*
L’area aep* rappresenta
la rendita del consumatore
q
Lato dell’offerta. Marshall ha introdotto concetti basilari:
Industria = insieme di imprese che produce la stessa merce
Economie di scala = “economie derivanti da un aumento della scala di
produzione di un qualunque genere di merci”; due categorie:
a. quelle dipendenti dallo “sviluppo generale dell’attività produttiva”
(economie esterne)
b. quelle derivanti dalle “risorse delle singole imprese” e dalla
“efficienza della loro amministrazione” (economie interne)
Impresa rappresentativa = impresa “media”, caratterizzata da funzioni
di costo e da tecniche produttive tipiche di una particolare industria
Surplus o rendita del produttore = somma delle differenze tra i prezzi
minimi ai quali l’imprenditore sarebbe disposto a vendere le diverse
unità del bene prodotto e la somma complessiva effettivamente
percepita
 Distretto industriale (Principles, libro IV, cap. 10; Industry and
Trade) = area territoriale circoscritta con una particolare vocazione
produttiva, caratterizzata da un numero elevato di imprese di
dimensioni medio-piccole, da una peculiare cultura economica e da
una specifica rete associativa e istituzionale.
Marshall riteneva che le economie di mercato tendessero verso
imprese di grandi dimensioni (rendimenti di scala crescenti).
Tuttavia in alcuni settori industriali l’attività produttiva si prestava ad
essere svolta nell’ambito di un network di imprese di piccole e medie
dimensioni, basate sul lavoro artigianale.
Economie esterne all’impresa ma interne all’area.
Un distretto agevola l’introduzione e la trasmissione di innovazioni e
di miglioramenti, anche minimi.
“Atmosfera industriale” di una particolare area agisce da
catalizzatore di nuove energie esterne all’area stessa  rafforzamento.
La critica di Sraffa
Problema: l’equilibrio marshalliano di lungo periodo prevede
rendimenti costanti.
In realtà Marshall pensava che nel lungo periodo i rendimenti
fossero crescenti (la curva di offerta è inclinata negativamente).
Ciò è incompatibile con l’ipotesi di concorrenza e sembra aprire
la strada al monopolio: ogni impresa è infatti incentivata ad
estendere la scala di produzione, abbassando i prezzi e scalzando
dal mercato i concorrenti più piccoli.
“Sulle relazioni tra costo e quantità prodotta”, Annali di Economia, 1925;
“The Laws of Returns Under Competitive Conditions”, Economic Journal, 1926.
Anni 1920
Critiche
John Clapham (1873-1946): le definizioni marshalliane di
rendimenti di scala costituivano delle “empty boxes”, prive di
rilevanza empirica.
Piero Sraffa: superare le ipotesi poco realistiche di concorrenza
perfetta e di impresa rappresentativa e definire forme di mercato
intermedie tra concorrenza e monopolio, in cui le imprese possono
influenzare il prezzo dei prodotti offerti
Anni 1930
Modelli di concorrenza imperfetta e concorrenza monopolistica.
Joan Robinson e Edward Chamberlin
 moderna teoria delle forme di mercato
La teoria monetaria
Marshall è all’origine della teoria delle “scorte liquide”, una
versione della teoria quantitativa della moneta che pone l’accento
sulle scelte soggettive dei singoli agenti.
1871. Saggio sulla moneta. Prima esposizione del concetto di
“scorte liquide”.
La moneta si differenzia dagli altri beni per il fatto di essere
convertibile senza costi aggiuntivi in un qualunque altro bene o
servizio offerto sul mercato;
La moneta, d’altra parte, è per definizione infruttifera;
 mantenendo una parte delle proprie disponibilità in forma liquida,
l’agente economico deve rinunciare ai proventi che avrebbe potuto
percepire investendo tali somme in attività finanziarie o di tipo
produttivo.
La quantità di moneta detenuta da ogni singolo individuo, ovvero
la sua domanda di circolante, è la risultante di una valutazione
individuale dei vantaggi e degli svantaggi conseguenti a tale scelta.
Il valore della moneta utilizzata negli scambi è pari per definizione
a quello del complesso dei beni scambiati.  se tutti gli individui di
un determinato stato decidessero di detenere in media 1/10 delle
proprie disponibilità in forma liquida, lo stock di moneta all’interno
di tale stato avrebbe un valore pari a 1/10 del prodotto complessivo.
Se gli individui decidono di detenere in forma liquida una
proporzione minore di moneta, il valore della moneta diminuisce
In sostanza Marshall, pur ritenendo che la teoria quantitativa fosse
analiticamente corretta, sottolinea come essa sia applicabile solo
adottando una serie di ipotesi restrittive: i) lo strumento monetario
deve essere esogeno e non suscettibile di utilizzazioni alternative;
ii) le abitudini di spesa degli agenti economici devono rimanere
invariate; iii) il prodotto complessivo deve essere dato.
“Condivido la dottrina che i prezzi, a parità di tutto il resto,
aumentino in proporzione alla quantità di metalli che sono
usati come moneta. [Tuttavia] penso che le variazioni delle
circostanze che devono essere considerate immutate siano
molto spesso […] più importanti delle variazioni delle
quantità dei metalli preziosi”
(testimonianza alla Gold and Silver Commission, 1887-88 )
Nel corso degli anni ottanta e novanta Marshall intervenne a più
riprese sul tema della stabilità dei prezzi.
Periodo di deflazione  aspettative pessimistiche.
Secondo alcuni la causa era l’adozione simultanea da parte di molti
paesi del gold standard.  smonetizzazione dell’argento non
accompagnata da un aumento sufficiente della offerta di oro 
contrazione della base monetaria.
Soluzione: ripristino del sistema bimetallico oro - argento.
Marshall: la deflazione è dannosa perché, data la rigidità dei salari
verso il basso, riduce i margini di profitto. L’inflazione al contrario
stimola l’attività produttiva ma erode il potere d’acquisto dei salari.
Tuttavia la deflazione degli anni ’80 era dovuta a fattori reali
(riduzione dei costi).  il bimetallismo non avrebbe risolto il
problema. Marshall propone tuttavia una versione rinnovata del
bimetallismo e meccanismi di indicizzazione dei salari
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Unità 11.Marshall e l`economia neoclassica