SOMMARIO FERMENTI DI COMUNIONE E PARTECIPAZIONE MAGISTERO La gioia pasquale di Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Vincenzo Carmine Orofino 1 EDITOrIALE “Amatevi come io ho amato voi” di Giuseppe Abbate 3 CONVEGNO DIOCESANO Il Convegno diocesano: un evento di grazia per una Comunità in cammino di Giuseppe Abbate L’azione formativa deve permeare tutte le attività pastorali Relazione di MONS. VINCENZO OROFINO I nuovi Orientameni pastorali “Educare alla vita buona del Vangelo” Relazione di MONS. MARIANO CROCIATA 4 5 12 VITA DIOCESANA Vivere la fede, amare la vita - L’impegno educativo dell’AC di Giuseppina Piliero Intervento Assemblea Diocesana di Michele D’Avino Avviata la Scuola di Teologia per i candidati al diaconato permanente di Paolo Ambrico Spagna 2011, capolinea del Mondo Giovanile. La peregrinatio della Croce dei Giovani di Anna Giammetta La Chiesa diocesana visitata dal Pastore di Giuseppe Daraio Ministri straordinari della Comunione di Vito Sacco 16 17 20 21 22 24 TERRITORIO Basilicata: una Regione sott’acqua ed un popolo in sofferente apnea di Anna Giammetta 25 CULTURA Signoria della tecnica e depotenziamento della coscienza di Rocco Gentile 27 dalle parrocchie Una festa attesa per i ragazzi e i giovani di Gorgoglione di Teresa Spagnuolo e Maria Teresa Gagliardi Garaguso: ammalati e nonni in festa di Anna Santoro Il lettorato e l’accolitato come ministeri di Cristo per l’edificazione della Chiesa 29 SOMMARIO 30 31 AGENDA Aprile/Maggio/Giugno 2011 33 Anno XXI - Nuova serie - n. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 Direttore Responsabile: Giuseppe Abbate Redazione: Giuseppe Daraio, Rocco Gentile, Anna Giammetta, Vito Sacco, Domenico Rizzo. Sede Redazione: c/o Curia Vescovile, 75019 Tricarico (MT) Piazza Raffaello Delle Nocche - tel. e fax 0835.723052 - e mail: [email protected] N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 La gioia pasquale “Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate N iil luogo dove era stato deposto” (Mt 28,5-6). Con queste parole ll’Angelo del Signore rassicura le donne che, andate a visitare la ttomba in cui era stato deposto il corpo di Gesù, nel vederla vuota, sono prese da un grande spavento. v Come per le don donne così anche per gli Apostoli e per tutti gli altri che ricevono l’annuncio imprevisto della risurrezione di Gesù i “fatti di Pasqua” destano sconcerto, meraviglia, timore, turbamento perché vanno “oltre” la loro logica e le loro esperienze empiriche, non sono immediatamente comprensibili come invece accade per i “fatti di Natale” con la nascita del Bambino Gesù. La nascita di un bambino e la tenerezza che desta sono facilmente comprensibili, la risurrezione di un morto immediatamente suscita incredulità e sconcerto. Anche per noi, spesso, è così. Anche noi di fronte all’annuncio sempre nuovo della risurrezione di Gesù molte volte siamo increduli e dubbiosi. Nonostante sia questa la notizia più attesa dal nostro cuore. Il cuore di Maria di Magdala e dell’altra Maria, pur turbato e sgomento, è pervaso dalla gioia: “Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli” (Mt 28,8). L’annuncio dell’angelo ha trovato accoglienza nel cuore delle donne e ha provocato tanta gioia. Una gioia straripante e debordante, e nello stesso tempo trepidante. È la gioia pasquale! È la gioia che deriva dall’annuncio sorprendente e sconvolgente che la morte è stata vinta. Per sempre e per tutti. È la gioia di una novità assoluta e travolgente che pervade e illumina tutti gli ambiti della vita, tutte le circostanze della vita, tutta la vita. È la gioia cristiana che tutto permea e tutto illumina, che cambia il cuore e trasfigura lo sguardo, che non cambia con il mutare degli umori e delle situazioni perché è fondata sulla fedeltà di Dio e non sulle nostre capacità. Custodiamo la gioia! Alimentiamo la gioia! Ravviviamo la gioia! Viviamo nella gioia! Comunichiamo la gioia! Saremo testimoni di una nuova vita, bella e sovrabbondante. Gesù è risorto! Una nuova misura è entrata nel mondo. Una nuova vita è stata destata. Una vita donata a tutti e di cui possiamo fare esperienza gioiosa e piena nella Chiesa. Oggi. Qui. Nelle nostre piccole comunità. Nelle nostre case. Dalla risurrezione di Gesù è scaturita per tutti noi una vita realmente e profondamente nuova, come sottolinea a più riprese il Sommo Pontefice, Benedetto XVI, nel suo libro su Gesù di Nazaret – seconda parte: “Solo se Gesù è risorto, è avvenuto qualcosa di veramente nuovo che cambia il mondo e la situazione dell’uomo. Allora Egli, Gesù, diventa il criterio del quale ci possiamo fidare. Poiché allora Dio si è veramente manifestato (...). Se nella risurrezione di Gesù si fosse trattato soltanto del miracolo di un cadavere rianimato, essa ultimamente non ci interesserebbe affatto. Non sarebbe infatti più importante della rianimazione, grazie all’abilità dei medici, di persone clinicamente morte. Per il mondo come tale e per la nostra esistenza non sarebbe cambiato nulla. (...) Nella risurrezione di Gesù è avvenuto un salto ontologico che tocca l’essere come tale, è stata inaugurata una dimensione che ci interessa tutti e che ha creato per tutti noi un nuovo ambito della vita, dell’essere con Dio” (Libreria Editrice Vaticana (2011), pp. 270. 271. 304). 1 La risurrezione di Gesù è, dunque, una nuova creazione. È un avvenimento che ha cambiato radicalmente la direzione della storia, vincendo per sempre il male e orientandola definitivamente verso il bene. Gesù è risorto! Questo è l’annuncio centrale, decisivo e fondamentale che la Chiesa è chiamata a portare ai suoi fratelli, poiché “se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede” (1Cor 15,14). È questa la notizia più attesa dal cuore di ogni uomo, giacché noi sappiamo che “Colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui” (2Cor 4,14). Questa, perciò, è l’unica notizia che vale la pena ascoltare per vivere pienamente, per sperare certamente, per amare intensamente. Questa è l’unica “Buona Notizia” che genera tante “belle notizie”. La risurrezione di Gesù è la causa della nostra letizia, della nostra speranza, della nostra voglia di vivere e di operare. La risurrezione di Gesù è la condizione essenziale per ogni nostro impegno e per qualsiasi autentico progresso, personale e comunitario. È Pasqua! Accogliamo nella nostra vita, con il cuore e con l’intelligenza, Colui che è la causa della nostra gioia, facendo n nostro il programma di vita cristiana ttracciato da San Paolo nella lettera ai Colossesi: “Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; C rivolgete il pensiero alle cose di lassù, r non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra C vita, sarà manifestato, allora anche voi v apparirete con lui nella gloria” (3,1-4). a Auguro a ciascuno di voi di gustare in pienezza l’abbondanza di vita che sgorga dal Mistero Pasquale, celec brato b e vissuto nelle azioni liturgiche della Settimana Santa. Il Signore ci conceda il dono della vita nuova. Per l nostre persone e la nostra Comunile tà t diocesana. Auguri di Santa Pasqua. A tutti. Il vostro vescovo Gesù risorto, Bott. dell’Italia meridionale sec. XIX, Parrocchia di S. Maria Assunta Montemurro (PZ) 2 SOMMAR IO N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 “Amatevi come io ho amato voi” di Giuseppe Abbate Cari amici lettori, questo numero vi giunge in prossimità della Pasqua che vedrà tutti noi impegnati nel vivere i momenti salienti della settimana santa con intensità di preghiera, nell’attesa della Veglia Pasquale dove esplode la gioia della Risurrezione. Cristo è risorto, sì: Cristo è realmente risorto! E noi cristiani siamo chiamati a riaffermarlo con sempre maggiore convinzione, chiarezza e attualizzazione. La convinzione nasce dalla consapevolezza di aver ricevuto un dono, il dono della fede da parte di Dio, dalla coscienza della nostra fragilità, dalla nostra tendenza al peccato e dall’essere amati, spesso senza nostra consapevolezza. Dice Benedetto XVI: “Dio non si è dato per vinto, anzi il “no” dell’uomo è stato come la spinta decisiva che l’ha introdotto a manifestare il suo amore in tutta la sua forza redentrice. È il mistero della Croce che ci rivela appieno la potenza incontenibile della misericordia del Padre celeste. Per riconquistare l’amore della sua creatura, Egli ha accettato di pagare un prezzo altissimo: il sangue del suo Unigenito Figlio”. La chiarezza deriva dall’aver sperimentato la verità della risurrezione di Cristo. Egli è passato dalla morte alla vita e vuole portare tutti gli uomini in questa realtà, dal peccato alla grazia, dalle tenebre alla luce. Fare chiarezza, per noi cristiani, comporta l’entrare nella nostra coscienza e comunicare al Signore tutti i nostri dubbi e le nostre perplessità, davanti alla complessità della vita giornaliera, e lasciar parlare Lui. Attualizzare la Resurrezione di Cristo comporta per noi un sussulto di dignità nell’ordine della fede, della speranza e della carità. In un mondo lacerato dalle divisioni e dalla sindrome della casualità, noi siamo chiamati ad essere portatori, testimoni, lievito di speranza con gli atteggiamenti del Risorto (conferma gli apostoli e continua a spezzare il pane con loro) e i comportamenti degli amici di Gesù: andare, annunciare e donare la vita per i fratelli. È soprattutto sulle parole di Gesù “amatevi come io ho amato voi” che noi siamo chiamati a verificare il come stiamo attualizzando la nostra fede. “Amatevi come io ho amato voi”. Questo comandamento di Gesù deve convincerci a non creare divisioni nella nostra comunità dando adito a pettegolezzi di persone spregiudicate cui unico intento è quello di creare confusione e discordia. Amare l’altro vuol dire anche tacere in alcuni momenti. Ed è l’augurio che, con questo numero di Fermenti, vuole giungere a tutti voi da parte di tutta la redazione. Numero nel quale si è dato ampio spazio all’evento Convegno Diocesano che ci ha visti impegnati per tre giorni a Policoro in un lavoro attento e preciso dove, grazie alla guida del nostro Vescovo, abbiamo approfondito i nuovi Orientamenti pastorali dei Vescovi Italiani “Educare alla vita buona del Vangelo”. Abbiamo voluto riportare alcuni stralci della relazione di Mons. Orofino e di Mons. Crociata per permettere a ciascuno di rileggere con attenzione quanto detto nei giorni del convegno e, semmai, assimilarne i concetti con i tempi che ad ognuno servono. Ma oltre a questo non mancano le consuete rubriche dove troverete notizie ed approfondimenti sulla visita Post-Pastorale che il Vescovo sta ultimando nelle Parrocchie, sul Diaconato Permanente che vede alcuni nostri amici impegnati in un ottimo cammino di formazione, della peregrinatio della croce della GMG, e tante altre notizie pronte a rendere tutti partecipi della vita di questa Chiesa locale. Auguri di Buona Pasqua. 3 CONVEGNO DIOCESANO Il Convegno diocesano: un evento di grazia per una Comunità in cammino u convegno DIOCESANo di Giuseppe Abbate 4 Il convegno diocesano sui nuovi Orientamenti Pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010 – 2020, “Educare alla vita buona del Vangelo”, che si è tenuto a Policoro nei giorni 25 – 27 febbraio 2011, è stato un autentico evento di grazia per tutti coloro che vi hanno partecipato e per l’intera Diocesi. A Policoro si è riunita una comunità viva, serena, motivata. Una comunità in cammino ben disposta a programmare la propria azione pastorale per raggiungere i traguardi, personali e comunitari, indicati dal proprio Pastore. Al convegno hanno partecipato circa duecento delegati in rappresentanza di tutte le parrocchie della Diocesi, delle Associazioni e dei Movimenti ecclesiali, delle Religiose e dei Religiosi, delle Istituzioni civili e in particolare delle Amministrazioni comunali e delle scuole, oltre a tutti i sacerdoti e ai membri del Consiglio Pastorale Diocesano. Sono stati tre giorni di intensa e serena vita ecclesiale, scanditi da puntuali momenti di preghiera, di canto, di riflessione, di meditazione, di testimonianza e di proposte. Ci hanno aiutato a conoscere meglio gli orientamenti pastorali il nostro vescovo Mons. Vincenzo Orofino che ha dato il via al convegno, venerdì 25, con la sua relazione introduttiva e il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana S. E. Mons. Mariano Crociata proponendoci, nella giornata di ieri, sabato 26, due relazioni sui contenuti specifici del documento “Educare alla vita buona del Vangelo”. Per meglio comprendere l’ottica del Convegno, nelle pagine successive, riportiamo ampi stralci delle relazioni tenute dal nostro vescovo, mons. Vincenzo Orofino, e dal Segretario Generale della CEI, mons. Mariano Crociata. Celebrazione conclusiva del Convegno CONVEGNO DIOCESANO N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 L’azione formativa deve permeare tutte le attività pastorali Relazione di MONS. VINCENZO OROFINO (Stralci della relazione tenuta nel pomeriggio del 25 febbraio 2011) 1. Obiettivi del Convegno. Studiare gli Orientamenti pastorali per il nuovo decennio all’interno della situazione pastorale ed ecclesiale della nostra diocesi, così come è emersa dalla visita pastorale e permane ancora oggi. Operare un discernimento comunitario per leggere, interpretare e comprendere le esigenze e le istanze della nostra comunità, evidenziandone le ricchezze, i limiti e i punti problematici, onde rendere più adeguata e più efficace la nostra azione pastorale. Presentare i nuovi Orientamenti (cfr. relazione di Mons. Crociata) sapendo che non sono uno studio sull’educazione, ma un documento pastorale che offre indirizzi per l’azione pastorale che si svolge nelle diocesi, evitando, perciò, sia di ignorarli che di ripeterli pedissequamente. Partendo dalla nostra situazione e dalle proposte dei nuovi Orientamenti, individuare e proporre possibili linee pastorali per il futuro (temi, soggetti, azioni, metodi), partendo da ciò che già c’è e funziona (racconti di vita buona), correggendo ciò che non va e proponendo nuove iniziative (proposte di azioni ecclesiali). 2. Il contesto generale. E’ importante capire il contesto socio-culturale-ecclesiale e religioso nel quale la Chiesa si trova a svolgere la sua missione educativa, poiché “L’opera educativa della Chiesa è strettamente legata al momento e al contesto in cui essa si trova a vivere” (EVBV, n. 7). (....) Ebbene! Non viviamo più in un prevalente “contesto di cristianità”, disposto ad accogliere con immediatezza e con favore la proposta cristiana, ma in un contesto di più o meno velata ostilità o comunque di essenziale indifferenza. “La fede cristiana tende a essere sradicata dai momenti più significativi dell’esistenza, quali i momenti del nascere, del soffrire e del morire. (…) Certamente urge dovunque rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali” (GIOVANNI PAOLO II, CfL, 34). (...) convegno DIOCESANo “La presente relazione ha il compito di introdurci nel lavoro di questi giorni, indicando alcuni punti nodali: gli obiettivi del Convegno, il contesto generale (culturale, ecclesiale, religioso...) in cui viviamo e si svolge la nostra azione pastorale, le motivazioni di una rinnovata e urgente azione educativa, la situazione pastorale della nostra diocesi, le linee fondamentali dalle quali ripartire. 5 convegno DIOCESANo CONVEGNO DIOCESANO 6 Restano ancora oggi valide le osservazioni che nel 1944 faceva il grande teologo e cardinale H. De Lubac “Oggi il Cristianesimo non è più contrastato soltanto in uno dei suoi fondamenti o in una delle sue conseguenze: si mira direttamente al suo cuore. La concezione cristiana della vita, la spiritualità cristiana, l’atteggiamento interiore che definisce il cristiano: ecco ciò che è in discussione” (Il dramma dell’umanesimo ateo, Jaca Book (1992), p. 96). Ma la responsabilità è anche di noi cristiani, poiché: “Considerato nel suo insieme, il nostro cristianesimo è diventato insipido. Malgrado i meravigliosi sforzi per ridargli vita e freschezza, si è svigorito, assuefatto, sclerotizzato. Cade nel formalismo e nell’abitudine. Così come noi lo pratichiamo, e prima di tutto lo pensiamo, è una religione debole, inefficace; religione di cerimonie e di devozioni, di ornamenti e di vile consolazione, senza serietà profonda, senza reale incidenza sull’attività umana, talvolta perfino senza sincerità. Religione fuori della vita, o che pone noi stessi fuori della vita. Ecco dunque cosa è diventato nelle nostre mani il Vangelo, che cosa è diventata quell’immensa speranza che si era alzata nel mondo! Molti tra noi oggi non si professano forse cattolici per le stesse ragioni di intimo conforto e di conformismo sociale che venti secoli fa avrebbero loro fatto respingere l’inquietante novità della Buona Novella? (...) Cristianesimo clericale, cristianesimo formalista, cristianesimo spento e indurito” (Il dramma dell’umanesimo ateo, Jaca Book (1992), p. 105). Per cui è quanto mai opportuna la domanda del poeta inglese Thomas Stearns Eliot: “È la Chiesa che ha abbandonato l’umanità, o è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa? (Poesie, Mondatori, Verona 1971, p. 34). A tal proposito J. Guitton in un’intervista a “30 giorni”, nel 1987 (V, n°2, p. 34), si esprime così: “Questa crisi del sacro che attanaglia l’umanità intera si è infiltrata anche nella Chiesa Cattolica. Del resto Paolo VI era preoccupato per la forza che il pensiero non cattolico stava acquistando nella Chiesa”. Un pensiero analogo è stato espresso da Benedetto XVI nel suo discorso al Convegno di Verona (2006) quando ha esortato i convegnisti a imparare dalla Madonna “a resistere a quella <secolarizzazione interna> che insidia la Chiesa nel nostro tempo, in conseguenza dei processi di secolarizzazione che hanno profondamente segnato la civiltà europea.” “Però mai – avverte lo stesso De Lubac nell’opera La Rivelazione divina e il senso dell’uomo (Jaca Book, 1985, p.212) – il Cristianesimo è stato soltanto questo. Ne siamo ben lontani! La fiamma si è sempre trasmessa.” 3. Conseguenze antropologiche: L’attuale crisi religiosa comporta profonde e decisive conseguenze nella concezione dell’uomo. All’uomo unificato e definito dal suo rapporto con Dio subentra l’uomo autosufficiente e dio di se stesso, che non riconosce nessuno al di sopra di sé, che risulta potente in un aspetto o nell’altro dell’esistenza umana, lacerato e diviso in se stesso. (...) Alla teologia deve subentrare l’antropologia, dice Feuerbach, perché l’uomo, per essere felice, deve riprendersi quegli attributi di cui si era spogliato per donarli a Dio: “la svolta della storia sarà il momento in cui l’uomo prenderà coscienza che il solo Dio dell’uomo è l’uomo stesso. Homo homini Deus!” (L’essenza del Cristianesimo, Feltrinelli, Milano 1971, p. 27). Ma l’uomo che si proclama Dio di se stesso e misura di tutte le cose è un essere che si chiude dentro un orizzonte limitato e circoscritto (dentro una gabbia) che rende impossibile ogni novità per la sua vita. L’uomo che sfratta Dio dalla sua vita, in realtà, distrugge se stesso, perché distrugge la fonte, la meta e la consistenza di sé. L’umanesimo assoluto è sempre un umanesimo disumano. La storia ha documentato e documenta ogni giorno che il rifiuto di Dio ha comportato e comporta l’annientamento della persona, della sua libertà e dei suoi valori (cfr. i totalitarismi del secolo scorso e quelli attuali ...). Quando l’uomo organizza il mondo senza Dio, in realtà l’organizza contro se stesso. 4. Emergenza educativa. Da ciò deriva il fatto che “siamo di fronte a «una grande ‘emergenza educativa’, confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita» (Benedetto XVI, lettera alla diocesi di Roma sul compito urgente dell’educazione del 21 gennaio 2008)”. Di fronte a questa situazione la Chiesa ha un grande compito educativo, che è nello stesso tempo permanente e nuovo. N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 Un compito permanente. Nel senso che la Chiesa ha educato e deve educare sempre, a prescindere dalle condizioni in cui si trova, a prescindere da ogni tipo di crisi e di “emergenza”, educativa e morale. Senza rincorrere il mondo e le sue derive. Educare alla fede fa parte del compito permanente della Chiesa. Educare è il suo compito di sempre. Perché da sempre la Chiesa si è preoccupata di accompagnare i suoi figli nel cammino della vita per condurli alla piena maturità di fede. La missione educativa della Chiesa non è identificabile con un ambito particolare dell’azione pastorale. Essa è una dimensione che deve attraversare e permeare tutte le attività della Chiesa: “In modo vario, ma sempre organico, tale missione riguarda unitariamente tutta la vita del cristiano: la conoscenza sempre più profonda e personale della fede; la sua appartenenza a Cristo nella Chiesa; la sua apertura agli altri; il suo comportamento nella vita” (CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il rinnovamento della catechesi, 38). L’opera educativa riguarda tutti gli aspetti della vita dell’uomo. “L’opera educativa si gioca sempre all’interno delle relazioni fondamentali dell’esistenza; è efficace nella misura in cui incontra la persona, nell’insieme delle sue esperienze” (EVBV, n. 33). Un compito nuovo. Nel senso che oggi, per i motivi detti prima, la sfida educativa si pone in tutta la sua gravità e radicalità, con accenti sconosciuti fino a questo momento. Un compito sempre difficile da assolvere, specialmente oggi che “dobbiamo fare i conti con gli ostacoli frapposti dal relativismo, da una cultura che mette Dio tra parentesi e che scoraggia ogni scelta davvero impegnativa e in particolare le scelte definitive, per privilegiare invece, nei diversi ambiti della vita, l’affermazione di se stessi e le soddisfazioni immediate” (BENEDETTO XVI, La trasmissione della fede ai giovani, convegno DIOCESANo CONVEGNO DIOCESANO 7 convegno DIOCESANo CONVEGNO DIOCESANO 8 discorso alla Conferenza Episcopale Italiana, Roma 29 maggio 2008, in La Traccia (2008),n° 5, p.669). Un compito difficile ma possibile, necessario, urgente e inderogabile. A livello personale e comunitario. Si! Educare alla fede è una vera emergenza esistenziale. È un’emergenza che riguarda anche noi e le comunità in cui viviamo. È una “sfida” decisiva per la nostra vita. L’emergenza educativa, riguarda innanzitutto noi adulti, chiamati a formarci continuamente e a convertirci per “maturare una fede adulta e pensata, capace di tenere insieme i vari aspetti della vita facendo unità di tutto in Cristo” (CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, N. 50). E questo accade se, nella sequela docile e consapevole a coloro che il Signore ha scelto come nostre guide, ci lasciamo “educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia come Lui, a giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come insegna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo” (CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il rinnovamento della catechesi, 38). 5. Situazione della nostra diocesi Come appare la situazione socioculturale, ecclesiale e religiosa della nostra diocesi? Riporto sinteticamente alcuni giudizi da me espressi nella Lettera scritta alla Comunità diocesana dopo aver compiuto la Visita Pastorale (2006 – 2008), “Colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento (Fil 1,6)” e nel Decreto generale finale: la situazione generale (Lettera pastorale, nn. 9.10); le parrocchie (Lettera pastorale, nn. 13.14.15); la liturgia (Decreto generale, p.24); la catechesi (Lettera pastorale, nn. 18.19; Decreto generale, pp. 12.25.26); la carità (Decreto generale, p. 8; Lettera pastorale, n. 20); la Dottrina sociale della Chiesa (Decreto generale, pp. 7 – 8); la famiglia (Decreto generale, pp. 8.9); i giovani (Decreto generale, p. 25); le Associazioni e i Movimenti ecclesiali (Decreto generale, p. 26); i fedeli laici (Decreto generale, p. 32). (...) Nella Lettera dopo la Visita pastorale così ho sintetizzato la nostra situazione ecclesiale e spirituale: “La Visita Pastorale mi ha offerto un’ulteriore opportunità per compiacermi di ciò che fate nella Chiesa e per la Chiesa. Ma questo non basta! Non basta fare le attività della Chiesa. Non basta se questo vi fa stare tranquilli e non vi sprona ad aspirare ai “carismi più grandi” (cfr. 1Cor 12,31). Non basta se gli impegni pastorali vi “occupano il tempo” e non vi conducono alla conversione del cuore e al cambiamento della vita quotidiana. Non possiamo accontentarci di come viviamo e di quello che facciamo” (Lettera dopo la Visita, n. 29). Siamo, infatti, fondamentalmente demotivati e piuttosto “increduli”, poco fieri della nostra fede e della nostra appartenenza alla Chiesa. Non ci “arde il cuore” di fronte a ciò che abbiamo incontrato, perché non ne riconosciamo la sconvolgente novità per la nostra vita personale. (...) Anche quando facciamo tutto quello che ci viene chiesto non sempre è evidente che la fonte e la causa del nostro vivere e del nostro operare è Gesù Cristo e l’edificazione della Chiesa. Spesso ci capita di vivere le circostanze della vita e anche di fare le azioni ecclesiali dimenticando o dando per ovvio l’avvenimento della fede, che concretamente non c’entra con quello che viviamo e facciamo. Sia chiaro! Dal modo con cui viviamo le circostanze diciamo (anche solo implicitamente) a chi apparteniamo, chi amiamo, chi ci interessa (Dio o l’Imperatore). Facciamo le cose della Chiesa ma spesso non le facciamo per Dio, a causa di Dio, perché Dio regni, perché siamo di Dio. Nel fare le cose siamo “prima” di .... (paese, famiglia, partito, ...) e poi di Cristo e della Chiesa. “L’intelligenza della fede non è ancora intelligenza della realtà”, per cui la fede non è modo specifico di essere e di vivere negli ambienti di vita. Anche i rapporti con gli altri non sono definiti dalla comune appartenenza alla Chiesa, ma soprattutto da altro (interessi economici, simpatia, politica...). Anche quando facciamo tutto .... manca l’esperienza della fede. La nostra pratica religiosa non incide davvero sui momenti quotidiani della vita familiare, del lavoro e della professione e più in generale della convivenza civile. “Resta anche tra noi lo spettacolo della fede dei <semplici>. Venendo tra voi sono stato edificato dalla vita cristianamente vissuta da tanti uomini e donne, di ogni età e condizione sociale, nel silenzio e nell’umile grandezza della vita quotidiana, e spesso nella sofferenza e nella tribolazione. Quante volte ho incontrato persone con una formazione spirituale salda e profonda, la cui vita è ritmata dalle “cose di Dio” e dalla vita della Chiesa: dalla preghiera personale, dalla meditazione guidata, dalla Messa quotidiana, dalla confessione settimanale, dalla direzione spirituale mensile, dalla carità come stile di vita. La testimonianza di queste persone cristiane è un vero tesoro che rende bella e attraente la vita dei nostri paesi” (Lettera pastorale, n. 21). 6. Da dove ripartire? La nostra futura attività pastorale deve tener conto degli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010 – 2020 e della situazione socio-culturale, ecclesiale e religiosa in cui viviamo. Deve, cioè, ripartire da noi e dalla Chiesa, perché si compia nelle nostre persone e nella nostra Comunità diocesana la vocazione propria di N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 ciascuno: dei discepoli del Signore e del Popolo santo di Dio. Siamo chiamati a essere (diventare) quello che siamo ontologicamente (per vocazione). Dobbiamo ripartire da noi. Da quello che già c’è: riconoscendolo, facendolo crescere, comunicandolo, imparandolo. “Non può esserci vera riforma della Chiesa se prima non c’è la nostra personale riforma e la conversione del nostro cuore” (Benedetto XVI, catechesi all’Udienza generale di mercoledì 23 febbraio 2011, in Avvenire, 24.02.2011, p.25). Perciò al centro delle nostre attività pastorali ci dobbiamo essere noi, le nostre persone, le domande del nostro cuore. Il primo “programma” che siamo chiamati a portare a compimento è la nostra vita, nella sua irriducibile unicità, così come il Creatore l’ha donata a ognuno di noi (corrispondere alla propria vocazione). (...) Per educarci dobbiamo fare tutto il percorso della fede come è arrivata a noi (senza rotture e discontinuità, interpretazioni e aggiustamenti), come ci è stata donata, come è stata destata in noi la prima volta. Ciò che è accaduto all’inizio è il fenomeno sempre iniziale, sempre originale, sempre nuovo di ogni momento della vita. (...) Occorre che riaccada per ognuno di noi ciò che è accaduto all’inizio. Non “come“ è accaduto all’inizio (perché ogni incontro è unico e sorprendente), ma “quello che” è accaduto all’inizio (cfr. Avvenire del 26 febbraio 2011, pagina diocesi di Tricarico). Non la nostalgia di un evento passato, ma un nuovo incontro, un vero incontro capace “di dare alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus Caritas Est, 1). “Il nostro bisogno è di vivere il cristianesimo più virilmente, più efficacemente, più fortemente, più eroicamente se occorre. Ma di viverlo così com’é. Non v’è nulla da cambiare, nulla da correggere, nulla da aggiungere; non convegno DIOCESANo CONVEGNO DIOCESANO 9 convegno DIOCESANo CONVEGNO DIOCESANO 10 occorre adattarlo alla moda del giorno. Occorre restituirlo a se stesso nelle nostre anime. Occorre restituirgli le nostre anime” (H. De Lubac, Il dramma dell’umanesimo cristiano, p. 107). Nella nostra opera educativa deve essere prioritaria la centralità delle persone e della loro vita, più che delle strutture e della loro organizzazione. Servire la fede delle persone: questo deve essere l’obiettivo di ogni nostro impegno educativo e missionario. Occorre dare credito ai gesti educativi della tradizione ecclesiale e all’insegnamento attuale del Magistero, cogliendone le ragioni profonde e l’importanza per la vita delle persone e della comunità. Anche in questo dobbiamo crescere! Dobbiamo acquisire una rinnovata coscienza del nostro essere Chiesa, liberandoci da ogni tentazione sociologica e funzionale, immergendoci nel “mistero della vita ecclesiale” per farne esperienza. E’ urgente e indispensabile rieducarci a guardare la Chiesa come continuità di Cristo nel tempo e nello spazio e di crescere nella corresponsabilità ecclesiale. Una corresponsabilità da incrementare in tutte le parrocchie, vincendo ogni forma di clericalismo e favorendo l’inserimento attivo dei fedeli laici nella loro vita e nella loro missione. Nella vita della Chiesa formazione e missione vanno sempre insieme. Mentre, perciò, siamo chiamati ad una vasta opera educativa siamo ugualmente invitati a uscire dalle “sacrestie” e dagli schemi propri di una “pastorale di conservazione” per andare “oltre” e parlare a tutti di Gesù Cristo in modo esplicito e deciso, chiaro e convincente, persuasivo e coinvolgente. Il diffondersi anche tra noi di un marcato “infantilismo spirituale” e di un certo “analfabetismo religioso” esige che si ridicano con chiarezza e senza riduzioni tutte le ragioni della fede e si imparino tutte le principali verità che i cristiani cattolici sono chiamati a credere. Occorre un rinnovato primo annuncio di Gesù Cristo e del Suo messaggio. La Chiesa ha sempre il dovere di annunciare Gesù Cristo. Esiste per questo: “evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda” (Paolo VI, Evangeli nuntiandi, 14). L’evangelizzazione “costituisce il primo servizio che la Chiesa può rendere a ciascun uomo e all’intera umanità nel mondo odierno” (Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Redemptoris Missio, 2). Per questo motivo Benedetto XVI ha istituito il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e ha dedicato a questo tema il prossimo Sinodo dei Vescovi del 2012. Per educarci ed essere bravi educatori “occorre ridare a Dio il primato nella nostra vita, intensificando la preghiera e imparando a pregare sempre meglio e sempre di più, con la convinzione che il momento della preghiera è il più importante della nostra giornata e che la preghiera è la vera priorità pastorale delle nostre comunità” (Lettera dopo la Visita, n. 53). Se l’azione pastorale non è radicata nella preghiera e da questa non è alimentata non darà mai frutti. Si dissecca, come un albero a cui manca l’acqua. “Prima delle tante iniziative, che spesso affaticano e frammentano l’azione pastorale, è necessario recuperare anzitutto l’andare e lo stare con Gesù, credendo nella sua Parola e mangiando il pane dato da lui stesso” (Consiglio Episcopale Permanente, Messaggio d’invito al XXV Congresso Eucaristico Nazionale). “E’ venuto il momento di riaffermare l’importanza della preghiera di fronte all’attivismo e all’incompente secolarismo di molti cristiani impegnati nel mondo del lavoro caritativo” (Benedetto XVI, Deus Caritas Est, 37). Il metodo educativo comporta sempre la sequela di qualcuno che il Signore ci pone dinanzi per la santità di vita o per l’autorevolezza che ha di fronte a Dio e nella Chiesa. Nella sequela la vita è custodita e assicurata. Nessuno diventa un bravo maestro se non continua a rimanere un fedele discepolo. L’educatore è colui che pone se stesso in questa sequela, che si fa un tutt’uno con l’esperienza di vita incontrata, che diventa “autorità” e autorevole per la sequela che vive. (...) “L’azione educativa delle nostre parrocchie deve impegnare tutti i suoi soggetti (siamo tutti educatori) e deve permeare tutte le sue attività (siamo sempre educatori). Le parrocchie, in concreto, devono incrementare o continuare a svolgere tutte quelle attività che normalmente caratterizzano la vita delle comunità che ben si distinguono per esemplarità di prassi pastorale. Devono farlo, però, con la consapevolezza che ogni attività ha una valenza educativa in ordine alla crescita spirituale delle persone e delle comunità. Devono farlo in modo essenziale e secondo la verità oggettiva dei singoli gesti per viverli come “azioni di Dio in mezzo al Suo Popolo” e non come semplici “manifestazioni” religiose. Ogni nostra attività pastorale deve servire per l’incremento della fede personale e per migliorare la qualità cristiana della vita delle nostre comunità parrocchiali. Il nostro metodo pastorale deve essere la comunione, sempre più chiaramente, più decisamente e più incisivamente. La comunione ecclesiale come stile di vita personale e comunitario: “Tutte le parrocchie devono acquistare la consapevolezza che è finito il tempo della parrocchia autosufficiente” (CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 11). In conclusione. Nonostante tutto ... siamo certi che ancora oggi è possibile vivere di Gesù Cristo ed educare alla vita buona del Vangelo. Anche noi, come Fedor Dostoevskij, siamo convinti che “l’uomo non può vivere senza Dio”, N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 perché, come insegna Benedetto XVI, “Senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia” (Caritas in veritate, 78). Con De Lubac crediamo che “le povere donne del popolo avranno la meglio sugli scienziati (ndr. .... e sugli esperti di strategie pastorali!), perché in esse si esprime lo slancio insopprimibile dell’anima fatta a immagine di Dio” (Il dramma dell’umanesimo ateo, Jaca Book (1992), p. 281). Questa fiducia non deriva da ragionamenti e fattori umani, ma dalla certezza che la “La fede in Dio, che nulla potrà strappare dal cuore dell’uomo, è la sola fiamma nella quale si conserva, umana e divina, la nostra speranza. (...) “Sempre, dopo le negazioni e le esclusioni, rinasce un aldilà dell’uomo che si impone all’uomo e gli impedisce di prendere se stesso per Dio” (H. DE LUBAC, Il dramma dell’umanesimo ateo, Jaca Book (1992), pp. 14.24). Chiediamo al Signore che ci faccia il dono di essere autentici educatori. Educatori come li vuole il Papa: “Essere educatori significa avere una gioia nel cuore e comunicarla a tutti per rendere bella e buona la vita; significa offrire ragioni e traguardi per il cammino della vita, offrire la bellezza della persona di Gesù e far innamorare di Lui, del suo stile di vita, della sua libertà, del suo grande amore pieno di fiducia in Dio Padre. Significa soprattutto tenere alta la meta di ogni esistenza verso quel “di più” che ci viene da Dio” (Benedetto XVI, agli educatori dell’AC). Il Signore non fa mai mancare al suo Popolo persone o momenti di vita di persone nelle quali egli traspare, che vale la pena seguire e alle quali poter guardare per dare una direzione decisiva alla propria esistenza. Il Signore dona sempre nuovi santi alla Sua Chiesa. Anche oggi. Anche tra noi. + Vincenzo Orofino convegno DIOCESANo CONVEGNO DIOCESANO 11 CONVEGNO DIOCESANO I nuovi Orientamenti pastorali “Educare alla vita buona del Vangelo” Relazione di Mons. Mariano Crociata (Stralci della relazione tenuta nella mattina del 26 febbraio 2011. convegno DIOCESANo Trascrizione della relazione non rivista dall’autore) 12 Il riferimento più importante di questo lavoro è il capitolo quinto di cui vorrei raccogliere due indicazioni. La prima è riferita all’alleanza educativa come condizione per un rilancio dell’azione educativa. L’idea che sta dietro è che non può essere compiuto alcun rilancio in questo campo che si limiti ad una iniziativa isolata ma richiede, al contrario, una mobilitazione, una convergenza delle energie, delle risorse, delle esperienze in modo particolare tra famiglia, scuola, parrocchia, come punto di raccordo e nella prospettiva della educazione cristiana. Questo mi sembra un punto qualificante. In questo orizzonte un ruolo importante ha la formazione degli operatori. Una formazione che, ancora una volta, non può essere isolata. Ho provato a condensare in tre formule, funzionali a richiamare cose importanti con ordine: 1) Qualificare le persone attraverso un accompagnamento responsabile. 2) Qualificare le relazioni educative partendo dalla formazione degli educatori e degli adulti. 3) Qualificare l’ambiente sociale attraverso rinnovate alleanze educative. Se l’attenzione alla persona è la nuova prospettiva del cammino pastorale della Chiesa che è in Italia, l’accompagnamento attento e responsabile delle persone è una dimensione imprescindibile di tutta l’azione pastorale. Qui anticipo una preoccupazione che ho e manifesto quando mi è possibile, e cioè il fatto che non esiste, in generale nell’azione pastorale ma nemmeno nell’ambito educativo su cui ci vogliamo inserire, una tecnica o proposta organizzativa dell’emergenza del problema che ci troviamo ad affrontare. Non c’è un tipo di impegno per il quale si possa dire fai questo e il problema è risolto. Per cui come si fa a non parlare della formazione degli educatori. Ma anche questo che è un compito imprescindibile non è una formula risolutiva, nel senso che nel frattempo, mentre tu formi gli adulti, i bambini crescono, i giovani hanno bisogno di essere accompagnati, l’iniziazione cristiana deve essere portata avanti. Allora si tratta di non perdere mai questo sguardo d’insieme, questo sguardo unitario, e di fare scelte differenziate che permettano alle categorie di persone di essere seguite e aiutate in maniera più possibile competente. In questo senso sono importati le forme di collaborazione, di alleanze che si riescono a esprimere e a promuovere. Alleanze educative tra Parrocchie, tra movimenti e gruppi e comunità parrocchiali, tra settori di pastorale diversi. Qualificare le persone attraverso un accompagnamento responsabile: le persone degli educandi e degli educatori, le persone che fanno parte della comunità dal punto di vista ecclesiale. Dobbiamo avere cura gli uni degli altri non solo come persone private ma rispetto al servizio che le persone compiono. Accompagnare il Vescovo come si accompagna la singola catechista, come si accompagna il parroco, come si accompagna il fedele che viene a chiedere soltanto un servizio religioso, come si accompagna un bambino. Qualificare le relazioni avendo attenzioni gli uni per gli altri. Qualificare le relazioni educative partendo dalla formazione degli educatori e degli adulti. Indubbiamente ci vuole un’attenzione specifica alle persone che hanno responsabilità educativa. Questo significa organizzare, pensare, proporre formazione Qualificare l’ambiente sociale attraverso rinnovate alleanze educative. Questa sarà una sfida importante, la capacità di collegare insieme i soggetti, le istituzioni. E potrà essere fatto in modo parziale, settoriale, mirato ad un obiettivo specifico in modo più generalizzato. Qui è tutto un campo che si offre all’inventiva, alla creatività, alla capacità di lavoro serio e continuativo. Vorrei qui sviluppare il discorso con due considerazioni correlative. Abbiamo accennato alla centralità che ha la relazione educativa. Mi soffermo per sottolineare una dimensione importante che il documento richiama più volte, quella della capacità di dedizione, di passione, di continuità, della dedizione educativa da parte dell’educatore. Sentire che il compito educativo è una vocazione, è risposta ad una vocazione non soltanto di chi svolge il lavoro di educatore come i docenti, gli insegnanti nei vari ordini della scuola. Penso ai sacerdoti che dovrebbero tenere in alta considerazione la dimensione educativa della loro vocazione e della N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 loro missione. In un certo senso il sacerdote è il coordinatore, il modello dell’educatore che deve avere queste caratteristiche di passione, di continuità di presenza, di costanza. L’educatore ha una caratteristica tt i ti fondamentale: lui c’è. Una delle cose che oggi si lamentano degli adulti in genere e dell’educatore in particolare è che non ci sono, sono sempre altrove, non si trovano, sono sempre occupati in altro. Chi cresce ha bisogno di una presenza assidua. Il dramma è che tante volte questo vale persino per i genitori. Un’espressione di qualche anno fa diceva “una società senza padri”. E spesso i padri non ci sono. Sono latitanti. Ma vale un po’ per gli educatori in genere e non so se vale anche per bravi parroci che sono occupati in tantissime cose e che non fanno sentire la presenza dell’esserci in maniera seria e responsabile, da adulti che sanno sempre di dover essere modello e quindi altro dal compagno, dall’amico. In rapporto all’azione educativa ha una caratteristica fondamentale: la asimmetria. Il padre e la madre non può essere mai un buon amico, una buona amica e basta. C’è una asimmetria strutturale, rotta la quale non si capisce più come stanno le cose perché è come se l’ordine del mondo venisse meno. Bisogna essere all’altezza, ne latitanti ne asfissianti. Il mondo sta cambiando, non siamo più in una società coerente, integrata, in cui grosso modo la pensiamo tutti allo stesso modo, ci ritroviamo per le stesse cose fondamentali. Una società che rischia di diventare disintegrata, certamente lacerata, frammentata, pluralistica, legittimata da un pluralismo divisivo in cui ognuno ha il diritto di pensarla come vuole. Per educare ci vuole un orizzonte integrato, altrimenti si finisce, come molti fanno, con il negare la legittimità, la possibilità della educazione stessa. L’educazione è introduzione nella convegno DIOCESANo CONVEGNO DIOCESANO 13 convegno DIOCESANo CONVEGNO DIOCESANO 14 realtà. Educazione è inserimento in un mondo di significati, è integrare in un mondo che ha senso, in cui tutto ha senso. Ma un tale mondo deve avere una qualche coerenza, deve avere una forma di compatibilità fra tutte le f dimensioni. Oggi, invece si teorizza e si pratica che non esiste più un tale mondo e non deve esistere. Ognuno si crea il proprio mondo. Però questo diventa un dramma dal punto di vista educativo, perché come si insegna a uno che viene al mondo a stare al mondo, ad inserirsi in un mondo coerente se non deve esistere un tale mondo. O mi si dice al massimo creati tu il mondo che vuoi salvo non nuocere nessuno. Ecco allora cosa c’è dietro questa formula “alleanze educative”. Dico che c’è la responsabilità, la chiamata a realizzare, a costituire o a consolidare, più esattamente, mondi vitali, coerenti, capaci di essere spazi di accoglienza e prefigurazione del mondo come totalità significativa per la vita dei singoli e dei gruppi, delle famiglie, delle comunità. Questi mondi vitali, capaci di anticipare, prefigurare, fa intravedere il mondo come è fatto per me, questi mondi sono le nostre comunità. Possono essere le nostre comunità. Il compito fondamentale del decennio è rafforzare le comunità per fare diventare mondi significativi che fermentano la società, e che collegandosi tra di loro fanno intravvedere che al mondo si può vivere in maniera significativa e che la proposta cristiana della visione della realtà, delle persone, delle relazioni, è capace di dare significato al mondo intero e di trasformare la società, di rendere migliore questo mondo perché capace di far crescere persone vere, persone riuscite. All’interno si capisce bene come le relazioni educative possono prendere corpo, realizzarsi, tutte quelle che si intrecciano, da quelle familiari a quelle tra catechisti a tutta la comunità. Nella vita della comunità parrocchiale diversi compiti chiedono l’impegno educativo specifico, penso all’iniziazione cristiana come il luogo, il paradigma di tutta l’opera educativa della Chiesa. Si potrebbe pensare anche ad altri aspetti e dimensioni, penso ad esempio a come aiutare i genitori ad accompagnare la crescita dei bambini prima del loro ingresso nel completamento della iniziazione cristiana, quindi della catechesi che accompagna la prima Comunione, la Cresima, la Confessione. Penso all’accompagnamento degli adolescenti e dei giovani nella vita della comunità. Penso all’accompagnamento dei gruppi specifici, quelli che si occupano della carità, quelli che si occupano della liturgia, quelli che si occupano dello sport, quelli che fanno l’università. Vorrei richiamare la vostra attenzione su un luogo: c’è un luogo in cui il mondo di significati che la comunità cristiana è chiamata a realizzare è già presente, operante, è realizzato e anticipato, diciamo pure nella forma rituale. Ma il rito per i cristiani non è solo rito, è liturgia, è celebrazione, è evento in cui la vita accade e nella vita accade la presenza e l’intervento efficace della grazia di Dio: è la Liturgia con al culmine la Celebrazione Eucaristica. Si capisce molto bene sulla base di quanto abbiamo detto a proposito dello Spirito Santo come attore protagonista di ogni opera educativa cristiana. Lo Spirito, evidentemente, è attivo nella mamma, nel papà di famiglia, nel catechista, nella catechista, nel sacerdote, nell’insegnante credente che sente anche il suo servizio scolastico come missione. Ma l’azione dello Spirito è formalmente piena ed efficace, salva la libertà di Dio di agire dove e come vuole, laddove opera il Sacramento, laddove si celebra il Mistero della salvezza. Lì troviamo l’azione dello Spirito, l’azione dell’educatore cristiano, l’azione dell’educando. Nella forma più piena, più del momento catechistico, più del momento formativo, più del momento esperienziale, più del momento operativo manuale di qualsiasi tipo, più del momento del dialogo, della direzione spirituale, dell’accompagnamento spirituale. Lo Spirito agisce mediante il Sacramento ed è la forma efficace più piena che si possa trovare nella realtà. L’educatore, rappresentante tipico di questo è il sacerdote che presiede la Celebrazione, compie la sua azione nella forma più perfetta, più efficace anch’egli, per quello che compete a lui. L’educando si trova lì con la più grande capacità e disponibilità di partecipazione perché nessuno lo costringe. Chi viene a messa viene perché ci vuole venire, dunque, è con tutto se stesso che, nelle condizioni ideali, quantomeno potenziali, di massima apertura e disponibilità alla grazia di Dio, all’azione dello Spirito. Lì, dunque, le persone vengono plasmate e vengono messe nelle condizioni di esprimere se stesse secondo la propria identità più vera di persone umane, di credenti. Per queste ragioni noi troviamo nella Liturgia il luogo esemplare ed eminente di azione educativa cristiana. Dalla Liturgia discende l’accresciuta capacità di svolgere il proprio servizio, il proprio compito, nella maniera più N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 piena, nella maniera più adeguata. Unica cosa che devo aggiungere è che nella Liturgia si verifica un altro aspetto che vale anche da un punto di vista antropologico, umano come tale. Noi facciamo, e dobbiamo ffarla, l lla distinzione fra educatori ed educandi. È una distinzione necessaria, dicevo della asimmetria, perché ci siano persone ci vogliono dei genitori, e i genitori non sono mai allo stesso livello dei figli né viceversa. Noi crescendo, in un certo senso tendiamo a riassumere in noi stessi, in vario modo, tutte le dimensioni. Noi siamo innanzitutto figli, poi fratelli, alla fine anche genitori, senza finire di essere figli e senza finire di essere fratelli. È importante non dimenticare mai la compresenza, in forma diversa, in noi di queste dimensioni, che emergono, riemergono in vario modo nella vita. Così dal punto di vista educativo noi siamo educandi, siamo coeducandi e siamo, poi, educatori in quanto adulti e coeducatori. Senza dimenticare che, come educandi, impariamo a lasciarci educare educando noi stessi, e ad educare noi stessi lasciandoci educare. Nella Liturgia impariamo che, in un certo senso, non finiamo mai di essere educati, e non finiamo mai di imparare a lasciarci educare dalla vita, da noi stessi, anche dagli altri. Io credo che i genitori ad un certo punto imparino anche dai loro figli. hanno bisogno di lasciarsi educare dai loro figli. noi Vescovi dai nostri sacerdoti e dai nostri fedeli. Il Parroco dai suoi fedeli. C’è una reciprocità che non porta ad una confusione, ad una perdita dell’asimmetria e dei ruoli. Però l’educazione porta alla saggezza della vita. Il luogo della saggezza è la Liturgia perché è il luogo in cui l’evento della vita salvata, l’evento del Signore che salva rimette sempre in comunione con sé e tra di noi nel luogo della pienezza della vita, anticipata, accresciuta, e quindi della saggezza della vita. convegno DIOCESANo CONVEGNO DIOCESANO 15 VITA DIOCESANA VIVERE LA FEDE, AMARE LA VITA. L’impegno educativo dell’AC VITA DIOCESANA Di Giuseppina Piliero 16 Con l’arrivo della primavera l’Azione Cattolica Diocesana ha concluso la prima parte del cammino assembleare che ha portato al rinnovo graduale degli incarichi parrocchiali e all’elezione del nuovo consiglio diocesano. Il cammino assembleare è un’esperienza che per quanto “speciale”, fa parte della vita ordinaria dell’Associazione e ne rappresenta la garanzia dell’esercizio della corresponsabilità come presa in carico della vita associativa da parte di tutti. Condividere il cammino percorso e quello da fare sia a livello parrocchiale che diocesano è elemento essenziale per vivere in modo corale, condiviso e sostanziale la individuazione di nuove responsabilità e la programmazione della vita associativa. L’intero percorso è stato strutturato in due fasi: la prima ha visto le associazioni parrocchiali e la Presidenza Diocesana impegnate in un’intensa attività di verifica del cammino percorso a partire dagli impegni che l’Assemblea Nazionale aveva consegnato nel triennio 2008-2011 (far crescere e maturare la fede, suscitare percorsi di ricerca e riscoperta della fede, promuovere il bene comune, la cura della formazione, la cura del legame associativo); la seconda, l’Assemblea Diocesana del 20 marzo, ha posto le basi per la riprogettazione della vita associativa per il triennio 2011-2014, fortemente orientata dalle coordinate ecclesiali e civili su cui si sviluppa la realtà italiana. Tale momento è stato reso particolarmente significativo dalla presenza di Michele D’Avino, collaboratore centrale dell’AzioneCattolica Italia, che ha esposto in maniera eccellente le nuove linee programmatiche contenute nella Bozza del Documento Assembleare “Vivere la fede, amare la fede. L’impegno educativo dell’AC”. Citando Don Bosco, D’Avino ha ricordato più volte che l’impegno educativo è questione di cuore, è innanzitutto un’esperienza d’amore, come anche l’Azione Cattolica è innanzitutto un’esperienza d’amore vissuta da uomini e donne innamorati di Gesù, che portano la luce di Gesù nelle cose di tutti i giorni, che desiderano conformare la propria vita a Lui. Per tale motivo, ha sottolineato ancora, l’AC, affrontando il tema dell’educazione, in vista della prossima Assemblea nazionale, non ha potuto fare a meno di legare questo tema all’amore per la vita, che vuol dire vivere fino in fondo la propria fede. Vivere una fede incarnata, che sa farsi impegno civile, che spinge a spendersi per la promozione della dignità dell’uomo. Ecco perché dunque l’impegno educativo diventa per il laico di AC impegno di vita. Impegno che fa della proposta associativa una proposta diversa da quella di qualsiasi altra agenzia educativa, perché caratterizzata sì, da competenza, esperienza, passione, ma soprattutto da una scelta di senso: la scelta di porre Cristo al centro. Una scelta di senso, una scelta, cioè, che dà anche la direzione: Cristo! Ed è così, avendo chiara la direzione che ha preso inizio il lavoro del nuovo Consiglio che fa propria la sfida di rendere l’AC diocesana un’Ac “fedele all’impegno educativo”, che accoglie la propria vocazione al servizio della Chiesa e della società, ma che soprattutto ama il futuro e scommette sui sogni di Dio. D’Avino, Piliero, Mons. Orofino, Nardozza all’assemblea VITA DIOCESANA N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 INTERVENTO ASSEMBLEA DIOCESANA Michele D’Avino Collaboratore centrale dell’Azione Cattolica Italiana A Ami la vita? Sì, amo la vita. Allora hai fatto metà del cammino. A (Dostoevskij, I fratelli Karamanzov) “Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore”, ci ricorda San Giovanni Bosco. i i di A i tt li sono innanzitutto uomini e donne innamorati di Gesù, che I llaici Azione cattolica portano la luce di Gesù nelle cose di tutti i giorni, che desiderano conformare la propria vita a Lui! Per questo l’AC, affrontando il tema dell’educazione, in vista della prossima Assemblea nazionale non ha potuto fare a meno di legare questo tema all’amore per la vita. Amare la vita vuol dire vivere fino in fondo la nostra fede. Vuol dire vivere una fede incarnata, che sa farsi impegno civile, che ci spinge a spenderci per la promozione della dignità dell’uomo. Per noi dunque l’impegno educativo è impegno di vita. Come realizzare quest’impegno? Gli Orientamenti pastorali per il decennio 20102020 definiscono l’Azione Cattolica “scuola di formazione cristiana” (n.43). Quello che caratterizza la proposta associativa rispetto a quella di una qualunque agenzia impegnata nel servizio all’educazione, dunque, sono sì competenza, esperienza, passione, ma soprattutto una scelta di senso: la scelta di porre Cristo al centro. Una scelta di senso, una scelta, cioè, che ci dà anche la direzione: Cristo! Il socio di Ac non è un tecnico della pastorale, ma un laico che si impegna a vivere la santità nel quotidiano. Un laico dalla coscienza viva, che si sformza di comprendere il presente per osare il futuro! Questa bella esperienza al servizio dell’evangelizzazione, amando la vita, è possibile solo se trae ispirazione ed energia da una profonda dimensione interiore dell’esistenza: una vita secondo lo Spirito, radicata nell’incontro personale con il Signore, nella fede in Lui! E la fede, se fondata in Cristo, non rinnega la vita, non la rinchiude! Non corriamo il rischio di quei cristiani che sembrano essere predicatori di cose morte! Non corriamo il rischio di trasformare la vita in un enorme sbadiglio! Crediamo in un Dio che ha sconfitto la morte, crediamo nel Dio della Vita! La vita non è statica, ma estatica, come scrive Ermes Ronchi. Un cammino verso qualcosa che è al di là di sè. E’ estasi, è divenire, è movimento. La vita non è etica, ma estetica. Nel suo senso letterale estetico significa sensibile, il suo contrario non è il brutto, ma, letteralmente, l’anestetico, l’insensibile, l’immobile. Potremmo anche dire: la vita è darsi una mossa per seguire davvero Gesù, e non stare lì a poltrire, a guardarlo da lontano. Chi è innamorato si mette in cammino, non si ferma un attimo. Se siamo innamorati VITA DIOCESANA L’impegno educativo è innanzitutto un’esperienza d’amore! L’Azione Cattolica è innanzitutto un’esperienza d’amore! 17 VITA DIOCESANA VITA DIOCESANA 18 di Gesù non desideriamo altro che accompagnarlo per le vie del mondo, che condividerne la bellezza con le nuove generazioni ... Non renderemo alcun servizio all’educazione, nessun servizio alla Speranza se non fossimo capaci di sentire la passione per tutto il finito e l’infinito che abitano nell’uomo, se non fossimo capaci di attendere e soprenderci dinanzi all’inatteso. La vita associativa, la vita dei laici di AC, è al servizio dell’educazione: da e-ducere, far crescere. L’Ac ci fa crescere, insieme, da laici, stando dentro la Chiesa, in compagnia dei pastori. E così facendo educa, fa crescere la stessa comunità ecclesiale e civile. Nel Documento preparatorio alla 46ma Settimana Sociale, facendo eco alle sollecitidini del papa, si legge: In un momento di emergenza educativa, c’è una particolare risorsa che va liberata. Si tratta di quelle persone adulte che non vengono meno alla vocazione a crescere come persone e ad accompagnare nell’avventura educativa i giovani e i piccoli. Non c’è bene comune se ai soggetti dell’educazione non viene riconosciuto per intero il loro prezioso e insostituibile ruolo anche pubblico. (“Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”) L’Ac, in questo contesto emergenziale, è un serbatoio di risorse che non può andare sprecato: non solo l’esperienza maturata nella cura educativa di ragazzi, giovani e adulti, ma anche l’esercizio concreto della partecipazione democratica, della corresponsabilità, della solidarietà intergenerazionale. Un’Ac “fedele all’impegno educativo” allora non è solo un’Ac che accoglie la propria vocazione al servizio della Chiesa e della società, ma è soprattutto un’Ac che ama il futuro e scommette sui sogni di Dio. Un serbatoio di speranza che, però, va costantemente alimentato: attraverso l’esercizio della gratuità! L’emergenza educativa si manifesta come grave crisi di bene comune. (Benedetto XVI) Oggi si parla di stanchezza della democrazia, sfiducia nelle istituzioni. È importante recuperare il senso e la difesa delle istituzioni democratiche. Non possiamo girare la faccia dall’altra parte! La nostra vera sfida è dimostrare che tutto può ricominciare! Imparare a guardare oltre il limite: - credendo che sia possibile l’impossibile, non per opera di qualche supereroe (!) piuttosto attraverso una trama di vite buone! VITA DIOCESANA N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 diventando esperti nell’arte del dono, in un mondo che misura tutto con la logica dello scambio! - testimoniando con la coerenza di vita che non può esservi una scissione tra sfera privata e sfera pubblica! E per questo vivere la fede ci ricorda che la vita va vissuta secondo il Vangelo! - impegnandoci a rendere credibili e umanamente partecipabili le cose in cui crediamo!. È la vita buona, la vita del Vangelo di Gesù, l’unica vita degna di essere vissuta! È questa vita che caratterizza il nostro impegno educativo! Per far fronte a questa “grave crisi di bene comune” l’Ac deve continuare ad essere se stessa, a fare bene “l’Azione cattolica”, insegnando - che è possibile fare scelte coraggiose e controcorrente; - allenando il proprio sguardo sulla realtà alla luce della Speranza: facciamo ad esempio un censimento dei segni di speranza nella Diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi – Conza – Nusco – Bisaccia! - restando fedele alla dimensione comunitaria, nella Chiesa: il miracolo del noi! La dimensione comunitaria e la vita democratica e di gruppo dell’Azione cattolica sono un enorme patrimonio! Il più grande errore che possiamo fare è pensare che si fa prima a fare da soli! In Azione Cattolica impariamo a camminare e a crescere insieme, sempre, in ogni tempo della vita. Non si può amare la vita da soli! “Rilanciare con forza la partecipazione attiva di tutti dentro l’associazione è un modo per restituire vivacità all’associazione e, al tempo stesso, può costituire un significativo esempio di che cosa significa essere corresponsabili nella Chiesa e buoni cittadini nella società.” (cit. Documento preparatorio alla XIV Assemblea Nazionale “Vivere la fede, amare la vita”). Si tratta, dunque di essere buoni cittadini, appartenendo, però a due citta: la città di Dio e quella dell’uomo! Si tratta di essere ponti tra Chiesa e mondo, essere ponti tra fede e vita. In AC adulti e giovani si incontrano e si confrontano, dialogano e si ascoltano reciprocamente! Il discernimento comunitario: un esercizio mai scontato e sempre attuale. Non possiamo dare le risposte di ieri ai problemi di domani! I veri attori dello sviluppo non sono i mezzi economici, ma le persone! (CEI, Chiesa Italiana e Mezzogiorno) All’AC, pronta ad impegnarsi nel servizio educativo, mettendo le persone e la loro umanità al centro, spetta prendersi a cuore le loro domande di vita, sforzarsi sempre più di incontrare gli uomini e le donne di oggi, di parlare la lingua delle loro fatiche e delle loro gioie. Vivere la fede è amare la vita! - è fare la differenza! (il peggior peccato verso i nostri simili non è odiarli, ma essere indifferenti! – Bernard Shaw), risvegliare le coscienze, fare ed essere segni concreti di Speranza; - è partecipare ad un progetto di salvezza “inclusivo”, capace di accogliere tutti e “coinvolgente”, in cui tutti sono chiamati a dare il loro originale contributo; - è riappassionarci e riappassionare a partire da ciò che c’è! VITA DIOCESANA - 19 VITA DIOCESANA Avviata la Scuola di Teologia per i candidati al Diaconato Permanente il candidati al diaconato permanente VITA DIOCESANA Di Paolo Ambrico 20 Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha sottolineato della Chiesa la dimensione comunionale e la ministerialità. Tutti i battezzati formano il popolo di Dio, ognuno con il dono ricevuto o il ministero che gli viene affidato, tutti impegnati a edificare la Chiesa. ci sono ministeri ordinati e ministeri non ordinati. I ministeri ordinati sono anzitutto gli ordini sacri: Episcopato – Presbiterato e Diaconato che richiedono uno speciale sacramento, e i ministeri del Lettorato e dell’Accolitato che svolgono un servizio liturgico, i ministeri non ordinati sono quei servizi che ogni laico può assumere nella Chiesa per contribuire alla sua crescita ed edificazione (catechisti, animatori, responsabili di settori pastorale…). Il Concilio ha ripreso anche la presenza del diaconato permanente che viene conferito a persone sposate, mature e di esemplare testimonianza che collaborano con il Parroco e il Vescovo sul piano liturgico e pastorale, soprattutto nel servizio della carità come indica la parola stessa: Diaconia. Mancava nella nostra Diocesi la presenza del Diaconato permanente, il Vescovo Mons. Orofino ha incoraggiato e promosso l’avvio di una scuola di formazione per alcuni candidati al diaconato permanente. Sono cinque le persone che stanno verificando la loro vocazione e hanno iniziato la preparazione necessaria sia culturale che spirituale. Tre corsi di teologia sono stati attivati: il corso di S. Scrittura affidato a don Giovanni Trolio, il corso di Antropologia filosofica al prof. Rocco Gentile e il Catechismo della Chiesa Cattolica come introduzione alla Domenica. I candidati sono: Vito Sacco della Parrocchia Cattedrale in Tricarico, Salvatore Cirillo e Tonino Evangelista della Parrocchia S. Antonio in Tricarico, Salvatore Viggiano della Parrocchia S. Teresa in Stigliano e Vincenzo De Rosa della Parrocchia S. Maria Assunta in Gorgoglione. Le lezioni si tengono presso la Parrocchia Madonna del Rosario di Pompei in Garaguso Scalo, ogni sabato dalle ore 16,00 alle ore 18,30. Questa prima fase si concluderà con una settimana residenziale durante la prossima estate, a cui parteciperanno le rispettive famiglie che comunque restano coinvolte nel cammino formativo che gli aspiranti faranno nei prossimi cinque anni secondo i termini e le modalità stabilite dalla Conferenza Episcopale. La Diocesi deve sentirsi impegnata a seguire con attenzione e con la preghiera questi candidati al diaconato permanente per il prezioso servizio che un giorno potranno rendere alla Diocesi stessa. VITA DIOCESANA N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 Di Anna Giammetta L’estate si avvicina e quest’anno, oltre al caldo che si prevede torrido, porta con sè anche un appuntamento importante: quello della Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà a Madrid dal 15 al 21 Agosto. La nostra Diocesi è già in cammino verso la capitale spagnola attraverso un “cammino di preparazione spirituale”organizzato dalla commissione pastorale diocesana sana che ha iniziato la “Peregrinatio” della Croce dei giovani, nelle parrocchie. La GMG è un pellegrinaggio dei giovani che, zaino in spalla, sacco a pelo e scarpe comode affrontano questa particolare esperienza. Ma oltre ad essere un viaggio materiale, quello della GMG è un pellegrinaggio interiore, una tappa del nostro itinerario spirituale di formazione, fatto di silenzio, di meditazione, di ascolto. “Un cammino di preparazione, per quello che non sarà un evento contingente, ma un rinnovamento per tutta la Chiesa”, dice don Marco Volpe, responsabile della commissione per la pastorale. Anche il pellegrinaggio della Croce, non è un evento celebrativo, specifica don Marco, ma un gesto specifico, in preparazione all’atteso incontro di Agosto, che si pone dentro la cura ordinaria, che noi sacerdoti dobbiamo avere nei confronti dei giovani. La Consulta diocesana ha predisposto un calendario di incontri nelle parrocchie, (partito il 23 gennaio dalla Cattedrale di Tricarico per concludersi il 10 Aprile, ad Aliano), curati dall’ufficio di Pastorale giovanile. Incontri articolati in diversi step, costituiti da un primo momento di preghiera, (subito dopo l’Accoglienza della Croce), seguito dalla catechesi e da momenti di animazione . Accanto a questo, la Consulta fornisce dei sussidi (schema di preghiera, canti, schema per l’adorazione Eucaristica) che ogni Parroco può utilizzare per organizzare i momenti parrocchiali. L’Ufficio Diocesano, dunque, diventa “missionario” per aiutare i giovani nella vita ordinaria. Importante novità è il momento dedicato al “brainstorming”, in cui una lista di domande e di esigenze, legate al mondo giovanile, si trasforma nella stesura di un programma di lavoro con condiviso. Ma per i giovani che parteciperanno alla GMG si prospettano, fino alla partenza per la Spagna, almeno altre tre giornate diocesane specifiche. Una vocazionale a maggio; una che racchiuda in sè un’esperienza di carità (probabilmente presso una comunità tossico terapeutica)a giugno ed un ritiro spirituale a luglio. Un vero e proprio percorso formativo, dunque, impostato sui giovani come cammino di preparazione, da farsi nella Chiesa che ha come centro il messaggio del Papa: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”. Questa preparazione è una sorta di esperienza straordinaria che deve inserirsi, però nella pastorale ordinaria della Chiesa. Le GMG rappresentano un’occasione straordinaria di incontrare giovani provenienti dalle chiese di tutto il mondo. E’ una grande emozione scoprire che anche nei paesi più lontani del nostro, ci sono giovani che, pur nella diversità di cultura e di lingua, fanno un cammino di fede a e di crescita comune a tutti. La GMG è un’esperienza di Chiesa “giovane” non solo perché vi partecipano tanti giovani, ma anche per l’attualità del messaggio che porta in sè. La strada da fare è sempre tanta durante le giornate mondiali ma la fatica sarà sicuramente meno sentita se condivisa da tutti i fedeli. Madrid, non è l’unica coinvolta nell’evento. VITA DIOCESANA Spagna 2011, capolinea del Mondo Giovanile. la peregrinatio della Croce dei Giovani 21 VITA DIOCESANA La Chiesa diocesana visitata dal Pastore di Giuseppe Daraio VITA DIOCESANA Con la santa Messa Crismale del 19 marzo del 2008, tre anni fa, il nostro Vescovo chiudeva la Visita Pastorale alle comunità cristiane della Chiesa diocesana, indetta l’8 dicembre del 2006. Dopo aver riunito a convegno a Paestum dal 24 al 26 aprile i delegati delle Parrocchie, dei movimenti e delle associazioni e aver discusso il cammino pastorale alla luce del risultato della santa Visita anche con il Consiglio Presbiterale e il Consiglio Pastorale Diocesano, il giorno 8 settembre, con una solenne concelebrazione nella nostra Cattedrale, egli consegnava a tutta la nostra Chiesa la Lettera dopo la Visita Pastorale per una rinnovata opera di educazione alla fede “Colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento” (Fil 1, 6). Nello stesso giorno Mons. Orofino affidava a tutti i parroci i decreti attuativi ovverosia i documenti contenenti le disposizioni del Vescovo in materia amministrativa e pastorale per ogni singola parrocchia, disposizioni necessarie per rendere efficace la Visita stessa. Il Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi Apostolorum Successores, pubblicato nel 2001, dice, infatti, al n. 224 «Conclusa la visita pastorale alle parrocchie, è opportuno che il Vescovo rediga un documento che testimoni l’avvenuta visita per ciascuna parrocchia, dove ricordi la visita svolta, apprezzi gli impegni pastorali e stabilisca quei punti per un cammino più impegnato della comunità, senza tralasciare di far presente lo stato dell’edilizia di culto, delle opere pastorali e di altre eventuali istituzioni 22 Immagine di repertorio pastorali». Dando seguito a una decisione più volte espressa nel corso di questi ultimi anni, il nostro Vescovo ha ripreso da gennaio a visitare le comunità parrocchiali. Il Pastore visita le comunità sempre con la volontà di edificare il Corpo di Cristo che è la Chiesa; è per tutti noi un grande segno di speranza perché dalla parola del Vescovo il nostro cammino viene confermato e può ritrovare sempre nuovo slancio: ci riscopriamo insieme fondati in Cristo, pietra angolare della nostra vita e di tutta la storia umana, esistenziamente legati a Lui, appartenenti a Dio nostro Padre perché figli nel Figlio, per sua grazia e per dono del suo amore infinito. Non siamo noi i giudici di noi stessi e il nostro essere con Cristo ha bisogno di essere corretto e confermato dal giudizio della Chiesa intera e, in modo proprio, da colui che guida la nostra Chiesa presiedendola nell’unità dell’amore. Questa verifica del cammino pastorale si svolge in due momenti. Ogni singolo parroco viene a Tricarico a far visita al Vescovo in un giorno prestabilito e viene ricevuto dapprima negli uffici della Curia. Qui può presentare tutti i documenti necessari per una verifica della sua amministrazione della Parrocchia alla luce delle disposizioni del decreto attuativo della santa Visita: i registri contabili della Parrocchia, il libretto bancario o postale del deposito della Parrocchia intestato al parroco protempore, il libretto intestato al parroco in quanto presidente del Comitato Festa, i documenti di proprietà dei beni immobili (chiese, casa parrocchiale, locali di ministero e altri beni dei quali la parrocchia è proprietaria), i documenti aggiornati del catasto riguardanti queste strutture, il registro dei verbali del Consiglio per gli affari economici, il registro dei verbali del Consiglio Pastorale Parrocchiale, il libro di inventario dei beni mobili della parrocchia e altri documenti utili. Subito dopo l’incontro N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 con Mons. Orofino nel quale la verifica si fa ascolto, dialogo e confronto circa tutti i punti riguardanti nello specifico la guida amministrativa e pastorale della propria comunità parrocchiale. Il Vescovo poi trascorre normalmente il fine settimana nella parrocchia visitata, incontrando il Consiglio Pastorale e il Consiglio per gli affari economici e celebrando nel giorno di Domenica la santa Messa insieme alla comunità durante la quale spesso amministra il Sacramento della Cresima. Allora il Pastore esercita la sua guida paterna, fa crescere il popolo di Dio con la Parola del Signore da lui spezzata e con l’Eucarestia che è il nutrimento per tutti noi che desideriamo e vogliamo essere sempre più Corpo di Cristo all’interno della storia delle nostre comunità, chiamati a vivere perché Chiesa «la missione di annunziare e instaurare in tutte le genti il regno di Cristo e di Dio», ed essere «il germe e l’inizio» di questo Regno. VITA DIOCESANA VITA DIOCESANA Immagine di repertorio 23 VITA DIOCESANA VITA DIOCESANA di Vito sacco 24 I ministri straordinari della comunione della Diocesi di Tricarico hanno cominciato sabato 11 dicembre 2010 il cammino di formazione per l’anno pastorale 2010/2011. Guidati dal direttore dell’Ufficio liturgico diocesano, monsignor Paolo Ambrico, stanno incontrandosi la domenica mattina, nel salone della parrocchia Madonna di Pompei di Garaguso scalo, per approfondire il senso del proprio ministero, portare l’eucaristia alle persone anziane, ammalate e impedite. La formazione è intesa a far capire ai ministri straordinari che il loro ministero è un servizio della Chiesa e, quindi, della parrocchia svolto attraverso di loro e che non è un fatto puramente meccanico: i ministri straordinari della comunione devono avere coscienza che ci vuole una cura particolare alle persone a cui si porta il viatico. Durante gl’incontri del 13 febbraio e del 13 marzo scorsi, il tema della riflessione è stata la sofferenza. Due gl’interrogativi posti: perché? Perché io? Il primo è un interrogativo che interpella la persona soprattutto quando è chiamata a vivere un’esperienza segnata dal dolore e dalla sofferenza, di fronte alla quale o resta disorientato o passa alla ribellione, al rifiuto, al rigetto se non proprio alla disperazione. Accettare la vita, però, significa anche mettere in conto la sofferenza sia fisica, sia morale e spirituale e la stessa morte. Il secondo interrogativo, invece, si riferisce alla drammaticità dell’esperienza della sofferenza quando tocca a ognuno, personalmente. Perché proprio a me? A che cosa mi può servire? Come reagire? Perché agli altri no e sono felici? Questi sono gl’interrogativi che ciascuno si pone quando è toccato personalmente da un’esperienza di dolore o di sofferenza e che alimentano inquietudine e ribellione che possono portare alla depressione a alla disperazione. Un messaggio semplicemente consolatorio però, ha spiegato don Paolo Ambrico, aiuta le persone ad accettare passivamente e con rassegnazione la propria condizione, condannandole alla tristezza e a una maggiore solitudine. Invece, “far capire il valore della sofferenza sul piano spirituale – ha proseguito – è una scoperta che aiutiamo a far fare agli ammalati: sono quelli più vicini al mistero di Cristo che ha salvato la storia umana attraverso la sofferenza, perché sono stati chiamati a collaborare con lui per salvare la storia umana di oggi attraverso la sofferenza”. Quindi, aver cura di un ammalato significa aiutare a fargli capire che il suo compito, in quel momento, è fondamentale per i bisogni della Chiesa e dell’umanità; aiutarlo a capire questo significa aiutarlo a dare un senso alla propria condizione. In questo senso va la testimonianza della Serva di Dio Maria Marchetta la quale, dopo aver provato la ribellione e il rifiuto per la sua malattia che l’ha costretta a letto, ha capito il compito che il Signore le ha affidato attraverso la sofferenza e ha offerto la sua vita per l’unità dei cristiani. I ministri straordinari della comunione s’incontreranno ancora il 22 maggio, per poi terminare con il ritiro spirituale nel Seminario di Potenza il 2 giugno, durante il quale sarà programmato l’annuale pellegrinaggio e il calendario degli incontri dell’anno pastorale 2011/2012 da inserire nella prossima agenda pastorale diocesana. Basilicata: una Regione sott’acqua ed un popolo in sofferente apnea Di Anna Giammetta Lo scorso 1° Marzo la nostra Regione è stata interessata, per diverse ore, da una pioggia fitta e battente. È emergenza maltempo in Basilicata. I fiumi Bradano, Basento, Agri, Sinni, Cavone e il torren- Il Cupone - Tricario N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 te Bilioso esondano. La protezione civile rende noto che “il 90 per cento delle strade provinciali e statali sono chiuse o impraticabili”. L’appello agli automobilisti è a non mettersi in viaggio. Situazione critica sulla superstrada Basentana, nei pressi dello svincolo per Pisticci e nelle strade di collegamento Ferrandina e a Salandra. Numerose frane e numerosi automobilisti in difficoltà. I centralini dei vigili del fuoco sono sommersi dalle telefonate. Rallentamenti sulle strade statali 655 Bradanica nei pressi della zona industriale di San Nicola di Melfi dove ha sede la Fiat, 598 di Fondovalle d’Agri e 401 dell’Alto Ofanto e del Vulture. Sospesa, ad un certo punto, la circolazione ferroviaria tra Salandra e Ferrandina mentre sulla Metaponto-Potenza la sede ferroviaria è allagata. È il crollo! Il crollo di strade, cunette, pezzi di montagne, argini di fiumi che trascinano tra il fango ed i detriti anche l’economia di questa terra tanto ricca di territori variegati quanto povera, da anni, di politiche di sviluppo risolutive. Travolto da detriti, fango ed acqua cede anche il ponte, Caciano 2, sulla Strada Provinciale 407 Basentana, unica spina dorsale di asfalto tra Matera e Potenza. Il fondo stradale si sbriciola creando un dislivello di due metri e la strada viene chiusa al traffico. Ci vorranno ben tre settimana (e tutti gli elogi dei mezzi di informazione all’Anas Regionale per la celerità) per decidere di riaprire una carreggiata del ponte a doppio senso. Già, ben tre settimane per stimare la pericolosità o l’idoneità dei pilastri. Tanto c’è voluto per stilare una TERRITORIO TERRITORIO 25 TERRITORIO TERRITORIO 26 perizia, mentre gli automobilisti ed i tanti pendolari erano costretti a percorrere una interminabile deviazione di circa 30 chilometri, inerpicandosi lungo i tornanti di Tricarico. Eppure, abbiamo letto qualche giorno fa, sul Corriere della Sera, di un’autostrada, in Giappone, completamente ricostruita dopo solo una settimana dal tremendo terremoto che l’aveva distrutta squarciandola in due. Ma stiamo parlando di un altro Stato. Dall’altro capo del mondo. Torniamo, invece, alla nostra Basilicata, ed alla sua ultima disavventura atmosferica. Un disastro più volte annunciato. Lo stesso pilone ceduto, dal 2004, era sotto controllo dell’Autorità di bacino, e già dal 2003 presentava l’affioramento delle fondazioni su cui si poggiava, e quindi esposto alla forza erosiva del fiume. Ma non solo il pilone crollato presentava queste criticità, anche altri. Nel 2005 si provvide con la costruzione di gabbioni per evitare la continua erosione, ma anche questo sistema subì deformazioni causate dalla forza dell’acqua. Lo stato di allarme ci fu fino al 2007. Allarme poi rientrato negli anni successivi. Il resto è cronaca di questi giorni. Calciano 2 diventa così, tristemente il simbolo di una giornata apocalittica ma anche dell’incuria dell’uomo e dell’abbandono della politica regionale. Come al solito, infatti, le tragedie non sono mai completamente colpa della natura. E quei 100 mm di pioggia in 48 ore Viadotto V Vi d C Calciano l i 2 non avrebbero causato questo disastro se non ci fossero stati alcuni importanti variabili idrogeologiche e umane. C’è sempre, infatti, la mano dell’uomo, il suo intervento, la sua assenza o comunque la sua complicità nel dissesto del territo che aggrava gli effetti e le conseguenze dei fenomeni naturali. Si fatica a pensare che forse il futuro può dipendere anche dalla nostra capacità di ‘abbandonare’, o forse gestire meglio, i traguardi che si sono raggiunti nella scienza e nella tecnica. Per molti è inconcepibile immaginare o progettare un futuro, con una vita più semplice e sobria,(più colture, più alberi, più rispetto per i corsi d’acqua ecc..) quasi fosse un ‘tornare indietro: sarebbe come un dover confessare che, quello che si credeva progresso, era di fatto un camminare fuori strada!Ma sta di fatto che oggi ci ritroviamo con una Regione sott’acqua ed un popolo in sofferente apnea. CULTURA N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 di Rocco Gentile Come giungere ad una vera Carità, cioè ad una Carità nella Verità? Approfondendo questa domanda ci chiediamo: cosa blocca l’uomo del III millennio sul percorso verso una vera Carità? La risposta che Benedetto XVI dà riguarda l’uomo, ogni uomo, e lo sviluppo dei popoli. Senza vera Carità non c’è uno sviluppo vero, cosa che significa che non vi è uno sviluppo che corrisponde esattamente al bene dell’uomo. Il blocco è da ricercare nell’atteggiamento, già indicato nei precedenti articoli, che l’uomo ha nei confronti di se stesso, della sua vita e della natura. In realtà, l’uomo di cui parla il Papa, Teologo e Filosofo, è quello moderno e postmoderno che, nel riconoscere l’ampio spazio di possibilità della propria libertà, si spinge persino oltre la propria natura e perciò stesso oltre il rispetto di se stesso. Da buon interprete della modernità il Pontefice mira a mostrare il difetto che intravide l’uomo moderno e che attua l’uomo postmoderno, dedicando il sesto capitolo dell’Enciclica a “Lo sviluppo dei popoli e la tecnica”. Come i maggiori filosofi del Novecento, anche Benedetto XVI sottolinea la problematicità dell’uso della tecnica, in particolare da parte di un uomo che si considera soggetto (subiectum) autod e t e r m i n a n t e s i nell’espressione delle proprie abilità, delle proprie conoscenze e delle proprie possibilità che non devono avere nessun tipo di “freno” perché la propria azione sul mondo non può che portare progresso e sviluppo. Questo atteggiamento, che ritiene la tecnica stessa un semplice strumento neutro (spesso si usa l’espressione riguardo al bene o al male di una determinata tecnica o tecnologia: “dipende dall’uso che se ne fa!”)e giudicabile “buono” o “cattivo” solo in base al risultato che fa ottenere, “diminuisce” la coscienza morale dell’uomo nel senso che la “depotenzia”. Il distacco della coscienza dalla realtà in questo modo è quasi certo, dal momento che non si giudica più la realtà per quella che è, ma per quella che potrebbe essere e che possiamo raggiungere attraverso un determinato pro- cedimento tecnico. Ciò che conterà sarà appunto soltanto il risultato che si raggiungerà. In tale percorso lo sviluppo di un uomo e dell’umanità diventa sempre più la conquista di mete mitiche e di risultati insperati, per i quali non ha più importanza il come li si ottengono e le strade attraverso le quali si raggiungono. Si potrà pensare persino di compiere un male per ottenere un bene! E, nell’epoca della tecnica, è sempre più comune questo giudizio fino alla neutralizzazione morale degli atti che si compiono perché, in fondo, c’è sempre un motivo buono (o comunque dove “non c’è nulla di male!”) per compierlo. Neutralizzato l’atto dal punto di vista morale (che razionalmente significa dal punto di vista del suo senso e del suo valore) il “novus homo” è autosufficiente nell’agire e nella giustificazione del suo agire in base a ciò che maggiormente gli torna a vantaggio eliminandogli difficoltà, sacrificio e fatica. <<Lo sviluppo tecnologico può indurre l’idea dell’autosufficienza della tecnica stessa quando l’uomo, interrogandosi solo sul come, non considera i tanti perché dai quali è spinto ad agire. È per questo che la tecnica assume un volto ambiguo. Nata dalla creatività umana quale strumento della CULTURA Signoria della tecnica e depotenziamento della coscienza 27 CULTURA CULTURA 28 libertà della persona, essa può essere intesa come elemento di libertà assoluta, quella libertà che vuole prescindere dai limiti che le cose portano in sé>> (Benedetto XVI, Caritas in Veritate,n. 70). Pensare di poter raggiungere posizioni comode e che facilitano il lavoro o, in generale, la vita quotidiana, non può far dimenticare (anche se l’atteggiamento –oserei dire- esce dalle “maglie” della semplice volontà entrando in quello di un vero e proprio automatismo che quasi obbliga a comportamenti “senza riflessione”, come possono giudicarsi gli automatismi)che ogni atto, anche il semplice alzare o abbassare un interruttore, è atto umano e perciò stesso libero e responsabile. Su questo ci si dovrebbe spendere più diffusamente. Qui basti comprendere che di fatto la tecnica cambia la percezione e il giudizio su un atto cambiandone la comprensione e manifestazione della libertà. Oggi infatti, il ragazzo della playstation o di Facebook dà una lettura decisamente meno propria della libertà, come anche l’adulto delle biotecnologie e delle nanotecnologie. Una libertà che però non risponde (responsabilità!) alla umanità di quel ragazzo o di quell’adulto è una libertà destinata a consumare l’umano senza valorizzarlo veramente. <<La tecnica attrae fortemente l’uomo, perché lo sottrae alle limitazioni fisiche e ne allarga l’orizzonte. Ma la libertà umana è propriamente se stessa, solo quando risponde al fascino della tecnica con decisioni che siano frutto di responsabilità morale. Di qui l’urgenza di una formazione alla responsabilità etica nell’uso della tecnica. A partire dal fascino che la tecnica esercita sull’essere umano, si deve recuperare il senso vero della libertà, che non consiste nell’ebbrezza di una totale autonomia, ma nella risposta all’appello dell’essere, a cominciare dall’essere che siamo noi stessi>> (Ibidem). Il Papa vuole sottolineare che non vi può essere uno sviluppo degli uomini e dei popoli che salti a piè pari questa problematica, cioè che non si renda conto di quanto pericolosa possa essere “eccedenza” di tecnica rispetto alla natura umana. L’uomo stesso diventa altro e, nell’alleanza che si crea tra produzione e mercato, di quanto pericolosa possa essere la dittatura dell’interesse economico che, sfruttando le velocizzazioni tecniche nel “sonno” della coscienza morale, crea in serie le mine per una vera e propria esplosione dell’umano oltre che dell’ambiente dentro cui vive. Ciò che si potrebbe realizzare, e che si è realizzato in molti pas- saggi della storia fino alla recente crisi, è la crescita di una impersonalità individuale (cioè dei singoli individui) e sociale. In altri termini, è come se si sia diffusa la convinzione che tutto ciò che accade nel mondo è il frutto di un terzo che non ha un volto e perciò stesso non ha una coscienza e che, quindi, si può fare tutto perché non vi è mai una coscienza che possa rendersi conto criticamente dei fatti, dei pericoli delle produzioni tecnico-scientifiche come della “immoralità” di alcune (per essere buoni!) speculazioni finanziarie. Persino la pace – dice l’Enciclica al numero 71- rischia di essere considerata una mera costruzione umana dove prevale la ricerca tecnica di equilibri piuttosto che la crescita della coscienza che è pienamente informata dal Valore. <<Questa possibile deviazione della mentalità tecnica dal suo originario alveo umanistico è oggi evidente nei fenomeni della tecnicizzazione sia dello sviluppo che della pace. Spesso lo sviluppo dei popoli è considerato un problema di ingegneria finanziaria…(…) Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune>> (n. 71). DALLE PARROCCHIE N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 Il 19 dicembre 2010, a Gorgoglione, nel salone della Chiesa di S. Domenico Savio, è stato inaugurato l’oratorio sotto la guida del nuovo Parroco Don Paolo Dinota. Tutta la comunità ha accolto con gioia l’iniziativa, sicuramente tra le più attese dopo l’arrivo del nuovo Parroco. Infatti è opinione condivisa che i ragazzi e i giovani, oltre la famiglia e la scuola, debbano avere un luogo di riferimento certo, aperto alle loro esigenze di incontro e di confronto tra pari, in un tempo concordato e condiviso e con una guida umana e spirituale carismatica grazie alla quale possano sentirsi accolti, rispettati, aiutati, inseriti in un contesto ospitale e su misura delle loro più autentiche esigenze, in una parola un luogo e un tempo nei quali sentirsi protagonisti della propria crescita. La cerimonia di inaugurazione è stata semplice e coinvolgente, erano presenti non solo i ragazzi e i giovani direttamente interessati, ma anche le loro famiglie, tanti ospiti di tutte le età, il Sindaco e le autorità locali e il Vescovo Mons. Vincenzo Orofino, che con la sua paterna e autorevole presenza ha dato il sigillo del valore umano, sociale e spirituale all’iniziativa. Il Vescovo ha tagliato il nastro ed è entrato per primo nel salone, seguito da tutti i presenti, poi ha presentato l’oratorio per ciò che di fatto è nella sua autenticità: un luogo di incontro e di crescita integrale per tutti, non solo per i giovani, per cui tutti sono chiamati a contribuire alla cura e alla riuscita dell’iniziativa. Il buffet, perfetto nell’allestimento, preparato dalle mamme con gusto e cura dei particolari, era ricco di colori ma soprattutto di leccornie di ogni tipo, ce n’era per ogni gusto! I ragazzi del corso di chitarra hanno allietato con le loro performans il momento della festa. L’oratorio è aperto tre giorni a settimana dalle 18,00 fino alle 20,00 circa; oltre gli incontri di rito ci sono state già iniziative straordinarie tra cui ricordiamo: la tombolata di Natale, la proiezione di film educativi e di attualità a cui fa seguito la discussione, la festa di Carnevale. Teresa Spagnuolo Maria Teresa Gagliardi DALLE PARROCCHIE Una festa attesa per i ragazzi e i giovani di Gorgoglione 29 DALLE PARROCCHIE Garaguso: ammalati e nonni in festa DALLE PARROCCHIE Di Anna Santoro 30 Nella ricorrenza della memoria della Madonna di Lourdes, anche la comunità parrocchiale di Garaguso ha celebrato la XIX Giornata dell’Ammalato che nell’occasione è diventata una “Festa dei nonni”. Un considerevole gruppo di anziani si è ritrovato nel pomeriggio nella piccola e accogliente Cappella sita nella casa delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico. Oltre che un momento forte dal punto di vista spirituale, la giornata è risultata essere una importante occasione di incontro tra gli anziani, i loro famigliari, e una parte della comunità molto giovane. Il pomeriggio ha avuto inizio alle 16:30 con la preghiera del rosario, seguita dalla Celebrazione Eucaristica presieduta da don Giuseppe Abbate. Dopo la celebrazione si è vissuto insieme un altro momento significativo. Gli anziani e gli ammalati presenti nella sala della casa delle suore hanno potuto assistere ad una piccola rappresentazione tenuta dai bambini della quinta elementare. I ragazzi, incoraggiati e preparati dalla dinamica Sr. Rosalba, hanno intrattenuto per qualche ora quanti erano presenti, con una serie di scenette e di poesie in dialetto, costringendo alla fine anche i meno giovani a scatenarsi con loro in una atipica tarantella. Ha chiuso la giornata un momento di condivisione. Un’esperienza sicuramente da ripetere. Una interazione straordinaria tra due generazioni sempre più distanti. Un invito chiaro, soprattutto ai più giovani, perché siano maggiormente sensibili ai temi della sofferenza e della solitudine, consapevoli dei doveri che l’intera comunità dovrebbe avere verso queste persone. Come di consueto, nei primi vespri della prima domenica d’Avvento, sabato 27 novembre 2010, la Comunità del Seminario Maggiore Interdiocesano di Basilicata in Potenza, si è radunata presso la Cappella dell’Immacolata Concezione” per vivere un momento di particolare rilievo nell’iter formativo dei giovani seminaristi; ovvero il conferimento del sacri ministero del Lettorato a otto ragazzi del IV anno e dell’Accolitato a 6 del V anno. A presiedere la Solenne Concelebrazione Eucaristica è stato S. E. Rev.ma Mons. Vincenzo Carmine Orofino, Vescovo di Tricarico, con i rispettivi parroci di origine e di pastorale di ciascun seminarista. Questo momento è stato preparato già dall’inizio dell’anno con le catechesi quindicinali tenute dal vice-rettore, don Filippo Nicolò, che prendendo in esame la “Sacrosanctum Concilium”, la Ratio Formationis dei Vescovi Italiani, il documento “ministeriam quaedam” di papa Paolo VI si è soffermato su ciò che comporta essere ministri istituiti nella Chiesa, sia da lettori che da accoliti. A tal proposito ha esposto i contenuti teologici, pastorali e la prassi liturgica che essi presuppongono per chi si accinge a riceverli. Oltre a questo momento di “catechesi” e riflessione tutta la comunità si è radunata per invocare l’assistenza e la protezione di Gesù Cristo e dello Spirito Santo, nella veglia-adorazione eucaristica che si è svolta giovedì 25 novembre 2010, presieduta da don Pasquale Giordano, animatore del Biennio filosofico. N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 Vincenzo Cantore riceve il Ministero dell’Accolitato Con spirito di umiltà e di accettazione dei doni di Dio che, in modo gratuito elargisce nella nostra vita, siamo giunti al giorno della Celebrazione dell’istituzione. Essa che ha avuto inizio con la chiamata dei candidati da parte del diacono e la successiva risposta con l’esclamazione “eccomi” da parte degli istituendi. Alla chiamata ha fatto seguito l’omelia di Mons. Orofino in cui in prima istanza il vescovo ha delineato il tempo liturgico che stava iniziando, soffermandosi sulle letture proclamate nella liturgia della Parola. In seguito ha incentrato la sua riflessione sul senso della vocazione come una libera e amorosa chiamata da parte di Dio, a cui segue una libera e responsabile adesione del chiamato. Tale risposta viene esplicitata e seguita nella Comunità Ecclesiale dal proprio Vescovo, dal Seminario, dal parroco e dalla famiglia. Su quest’ultimo ambito il Vescovo si è soffermato in modo particolare per esprimere la sua vicinanza alle famiglie dei seminaristi, e le ha invitate a dare DALLE PARROCCHIE DALLE PARROCCHIE 31 DALLE PARROCCHIE DALLE PARROCCHIE 32 fiducia e responsabilità ai propri figli e ad accompagnarli con la preghiera. Inoltre il Vescovo rivolgendosi ai lettori li ha sollecitati affinché la Parola di Dio che proclameranno la sappiano accogliere, meditare ogni giorno per acquistare una conoscenza più viva e penetrante per poi saper rendere testimonianza con la loro vita al Signore Gesù Cristo. Infine e rivolgendosi agli accoliti li ha a invitati a vivere sempre più ù intensamente il sacrificio dell Signore nella Celebrazione e Eucaristica, per conformar-vi sia il proprio essere che ill proprio operare, diventando o parte dell’unico corpo misti-co di Cristo, la comunità deii credenti, così da amare con n sincerità e dedizione le sue e componenti più deboli e più ù povere. Significative sono sta-te le parole pronunciate dall Vescovo sia ai lettori: “ricevii il libro delle sante Scritture e trasmettere fedelmente la Pa-rola di Dio, perché germogli e fruttifichi sia nella propria vita a che nel cuore di tutti gli uomi-ni “; che agli accoliti: “ricevi ill vassoio con il pane per la cele-brazione dell’Eucarestia, e la a tua vita sia degna del servizio o alla mensa del Signore e della a Chiesa”. La giornata si è conclusa a con un momento di festa e dii fraternità con i sacerdoti, fa-miliari e amici. L’augurio espresso aii lettori e agli accolti è stato o quello di non svolgere solo o un servizio tecnico-liturgico o ma i gesti che si compiranno o nell’atto liturgico, possano o divenire espressione di una a vita di fede e di sequela a totalmente conformata a Cristo presente nella Parola e nell’Eucarestia, così da poterr essere veri testimoni perr l’umanità di oggi. N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011 17 D Le Palme 20 M Messa Crismale S. Antonio Tricarico 23 S Sabato Santo. Accettura: Ritiro Universitari e Giovani Lavoratori 24 D Pasqua di Risurrezione 30 S Garaguso Scalo Incontro Unitalsi. AC: Educazione al Bene comune (a cura del Settore adulti di AC) 1 D Pellegrinaggio diocesano al Santuario di Fonti Cursillos: Pellegrinaggio a Pompei 2 L AC: Incontro formativo per responsabili diocesani 3 M Gorgoglione: Incontro di Clero Potenza: ore 19,30: Incontro Universitari (Principe di Piemonte) 8 D Pastorale Familiare: Festa della mamma. 14 S AC: Sichem (Ritiro spirituale) 15 D AC: Sichem (Ritiro spirituale). Corso di preparazione al matrimonio: zona Val Basento-zona Val D’Agri. Scuola di formazione per catechisti - Ritiro spirituale 18 M Bari: ore 18,30: Incontro Universitari (Villaggio del Fanciullo) 21 S Unitalsi. Pellegrinaggio regionale a San Giovanni Rotondo 23 L Roma: ore 18,30: Incontro Universitari (Chiesa S. Ippolito) 24 M Siena: Incontro Universitari 29 D Garaguso Scalo Incontro Unitalsi 8 19 22 26 M Potenza: ore 19,30: Incontro Universitari (Principe di Piemonte) D Santissima Trinità. Cursillos: Adesione al Movimento M Santuario di Fonti: Incontro di Clero D Corpus Domini. Garaguso Scalo Incontro Unitalsi 33