SOMMARIO
FERMENTI DI COMUNIONE E PARTECIPAZIONE
MAGISTERO
La gioia pasquale
di Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Vincenzo Carmine Orofino
1
EDITOrIALE
“Amatevi come io ho amato voi”
di Giuseppe Abbate
3
CONVEGNO DIOCESANO
Il Convegno diocesano: un evento di grazia per una Comunità in cammino
di Giuseppe Abbate
L’azione formativa deve permeare tutte le attività pastorali
Relazione di MONS. VINCENZO OROFINO
I nuovi Orientameni pastorali “Educare alla vita buona del Vangelo”
Relazione di MONS. MARIANO CROCIATA
4
5
12
VITA DIOCESANA
Vivere la fede, amare la vita - L’impegno educativo dell’AC
di Giuseppina Piliero
Intervento Assemblea Diocesana
di Michele D’Avino
Avviata la Scuola di Teologia per i candidati al diaconato permanente
di Paolo Ambrico
Spagna 2011, capolinea del Mondo Giovanile. La peregrinatio della Croce dei Giovani
di Anna Giammetta
La Chiesa diocesana visitata dal Pastore
di Giuseppe Daraio
Ministri straordinari della Comunione
di Vito Sacco
16
17
20
21
22
24
TERRITORIO
Basilicata: una Regione sott’acqua ed un popolo in sofferente apnea
di Anna Giammetta
25
CULTURA
Signoria della tecnica e depotenziamento della coscienza
di Rocco Gentile
27
dalle parrocchie
Una festa attesa per i ragazzi e i giovani di Gorgoglione
di Teresa Spagnuolo e Maria Teresa Gagliardi
Garaguso: ammalati e nonni in festa
di Anna Santoro
Il lettorato e l’accolitato come ministeri di Cristo per l’edificazione della Chiesa
29
SOMMARIO
30
31
AGENDA
Aprile/Maggio/Giugno 2011
33
Anno XXI - Nuova serie - n. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
Direttore Responsabile: Giuseppe Abbate
Redazione: Giuseppe Daraio, Rocco Gentile, Anna Giammetta, Vito Sacco, Domenico Rizzo.
Sede Redazione: c/o Curia Vescovile, 75019 Tricarico (MT)
Piazza Raffaello Delle Nocche - tel. e fax 0835.723052 - e mail: [email protected]
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
La gioia pasquale
“Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso.
Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate
N
iil luogo dove era stato deposto” (Mt 28,5-6). Con queste parole
ll’Angelo del Signore rassicura le donne che, andate a visitare la
ttomba in cui era stato deposto il corpo di Gesù, nel vederla
vuota, sono prese da un grande spavento.
v
Come per le don
donne così anche per gli Apostoli e per tutti gli altri che ricevono
l’annuncio imprevisto della risurrezione di Gesù i “fatti di Pasqua” destano sconcerto,
meraviglia, timore, turbamento perché vanno “oltre” la loro logica e le loro esperienze
empiriche, non sono immediatamente comprensibili come invece accade per i “fatti
di Natale” con la nascita del Bambino Gesù. La nascita di un bambino e la tenerezza
che desta sono facilmente comprensibili, la risurrezione di un morto immediatamente
suscita incredulità e sconcerto.
Anche per noi, spesso, è così. Anche noi di fronte all’annuncio sempre nuovo
della risurrezione di Gesù molte volte siamo increduli e dubbiosi. Nonostante sia
questa la notizia più attesa dal nostro cuore.
Il cuore di Maria di Magdala e dell’altra Maria, pur turbato e sgomento, è
pervaso dalla gioia: “Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le
donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli” (Mt 28,8). L’annuncio dell’angelo
ha trovato accoglienza nel cuore delle donne e ha provocato tanta gioia. Una gioia
straripante e debordante, e nello stesso tempo trepidante. È la gioia pasquale!
È la gioia che deriva dall’annuncio sorprendente e sconvolgente che la morte è stata
vinta. Per sempre e per tutti. È la gioia di una novità assoluta e travolgente che
pervade e illumina tutti gli ambiti della vita, tutte le circostanze della vita, tutta la
vita. È la gioia cristiana che tutto permea e tutto illumina, che cambia il cuore e
trasfigura lo sguardo, che non cambia con il mutare degli umori e delle situazioni
perché è fondata sulla fedeltà di Dio e non sulle nostre capacità. Custodiamo la
gioia! Alimentiamo la gioia! Ravviviamo la gioia! Viviamo nella gioia! Comunichiamo
la gioia! Saremo testimoni di una nuova vita, bella e sovrabbondante.
Gesù è risorto! Una nuova misura è entrata nel mondo. Una nuova vita è stata
destata. Una vita donata a tutti e di cui possiamo fare esperienza gioiosa e piena nella
Chiesa. Oggi. Qui. Nelle nostre piccole comunità. Nelle nostre case. Dalla risurrezione
di Gesù è scaturita per tutti noi una vita realmente e profondamente nuova, come
sottolinea a più riprese il Sommo Pontefice, Benedetto XVI, nel suo libro su Gesù di
Nazaret – seconda parte: “Solo se Gesù è risorto, è avvenuto qualcosa di veramente
nuovo che cambia il mondo e la situazione dell’uomo. Allora Egli, Gesù, diventa il
criterio del quale ci possiamo fidare. Poiché allora Dio si è veramente manifestato (...).
Se nella risurrezione di Gesù si fosse trattato soltanto del miracolo di un cadavere
rianimato, essa ultimamente non ci interesserebbe affatto. Non sarebbe infatti più
importante della rianimazione, grazie all’abilità dei medici, di persone clinicamente
morte. Per il mondo come tale e per la nostra esistenza non sarebbe cambiato nulla.
(...) Nella risurrezione di Gesù è avvenuto un salto ontologico che tocca l’essere come
tale, è stata inaugurata una dimensione che ci interessa tutti e che ha creato per
tutti noi un nuovo ambito della vita, dell’essere con Dio” (Libreria Editrice Vaticana
(2011), pp. 270. 271. 304).
1
La risurrezione di Gesù è, dunque, una nuova creazione. È un avvenimento
che ha cambiato radicalmente la direzione della storia, vincendo per sempre il male
e orientandola definitivamente verso il bene. Gesù è risorto! Questo è l’annuncio
centrale, decisivo e fondamentale che la Chiesa è chiamata a portare ai suoi fratelli,
poiché “se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche
la vostra fede” (1Cor 15,14). È questa la notizia più attesa dal cuore di ogni uomo,
giacché noi sappiamo che “Colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche
noi con Gesù e ci porrà accanto a lui” (2Cor 4,14). Questa, perciò, è l’unica notizia
che vale la pena ascoltare per vivere pienamente, per sperare certamente, per amare
intensamente. Questa è l’unica “Buona Notizia” che genera tante “belle notizie”. La
risurrezione di Gesù è la causa della nostra letizia, della nostra speranza, della nostra
voglia di vivere e di operare. La risurrezione di Gesù è la condizione essenziale per
ogni nostro impegno e per qualsiasi autentico progresso, personale e comunitario.
È Pasqua! Accogliamo nella nostra vita, con il cuore e con l’intelligenza, Colui
che è la causa della nostra gioia, facendo
n
nostro il programma di vita cristiana
ttracciato da San Paolo nella lettera ai
Colossesi: “Se dunque siete risorti con
Cristo, cercate le cose di lassù, dove è
Cristo, seduto alla destra di Dio;
C
rivolgete
il pensiero alle cose di lassù,
r
non a quelle della terra. Voi infatti siete
morti e la vostra vita è nascosta con
Cristo
in Dio! Quando Cristo, vostra
C
vita,
sarà manifestato, allora anche voi
v
apparirete
con lui nella gloria” (3,1-4).
a
Auguro a ciascuno di voi di gustare in pienezza l’abbondanza di vita
che
sgorga dal Mistero Pasquale, celec
brato
b
e vissuto nelle azioni liturgiche
della Settimana Santa. Il Signore ci
conceda il dono della vita nuova. Per
l nostre persone e la nostra Comunile
tà
t diocesana.
Auguri di Santa Pasqua. A tutti.
Il vostro vescovo
Gesù risorto, Bott. dell’Italia meridionale sec. XIX, Parrocchia di S. Maria Assunta Montemurro (PZ)
2
SOMMAR
IO
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
“Amatevi come io ho amato voi”
di Giuseppe Abbate
Cari amici lettori,
questo numero vi giunge in prossimità della
Pasqua che vedrà tutti noi impegnati nel vivere i momenti
salienti della settimana santa con intensità di preghiera,
nell’attesa della Veglia Pasquale dove esplode la gioia
della Risurrezione.
Cristo è risorto, sì: Cristo è realmente risorto! E
noi cristiani siamo chiamati a riaffermarlo con sempre
maggiore convinzione, chiarezza e attualizzazione.
La convinzione nasce dalla consapevolezza di aver
ricevuto un dono, il dono della fede da parte di Dio, dalla
coscienza della nostra fragilità, dalla nostra tendenza al
peccato e dall’essere amati, spesso senza nostra consapevolezza. Dice Benedetto XVI:
“Dio non si è dato per vinto, anzi il “no” dell’uomo è stato come la spinta decisiva che
l’ha introdotto a manifestare il suo amore in tutta la sua forza redentrice. È il mistero
della Croce che ci rivela appieno la potenza incontenibile della misericordia del Padre
celeste. Per riconquistare l’amore della sua creatura, Egli ha accettato di pagare un prezzo
altissimo: il sangue del suo Unigenito Figlio”.
La chiarezza deriva dall’aver sperimentato la verità della risurrezione di Cristo.
Egli è passato dalla morte alla vita e vuole portare tutti gli uomini in questa realtà, dal
peccato alla grazia, dalle tenebre alla luce. Fare chiarezza, per noi cristiani, comporta
l’entrare nella nostra coscienza e comunicare al Signore tutti i nostri dubbi e le nostre
perplessità, davanti alla complessità della vita giornaliera, e lasciar parlare Lui.
Attualizzare la Resurrezione di Cristo comporta per noi un sussulto di dignità
nell’ordine della fede, della speranza e della carità. In un mondo lacerato dalle divisioni e
dalla sindrome della casualità, noi siamo chiamati ad essere portatori, testimoni, lievito
di speranza con gli atteggiamenti del Risorto (conferma gli apostoli e continua a spezzare
il pane con loro) e i comportamenti degli amici di Gesù: andare, annunciare e donare la
vita per i fratelli.
È soprattutto sulle parole di Gesù “amatevi come io ho amato voi” che noi siamo
chiamati a verificare il come stiamo attualizzando la nostra fede.
“Amatevi come io ho amato voi”. Questo comandamento di Gesù deve convincerci
a non creare divisioni nella nostra comunità dando adito a pettegolezzi di persone
spregiudicate cui unico intento è quello di creare confusione e discordia. Amare l’altro
vuol dire anche tacere in alcuni momenti.
Ed è l’augurio che, con questo numero di Fermenti, vuole giungere a tutti voi da
parte di tutta la redazione. Numero nel quale si è dato ampio spazio all’evento Convegno
Diocesano che ci ha visti impegnati per tre giorni a Policoro in un lavoro attento e preciso
dove, grazie alla guida del nostro Vescovo, abbiamo approfondito i nuovi Orientamenti
pastorali dei Vescovi Italiani “Educare alla vita buona del Vangelo”. Abbiamo voluto
riportare alcuni stralci della relazione di Mons. Orofino e di Mons. Crociata per
permettere a ciascuno di rileggere con attenzione quanto detto nei giorni del convegno
e, semmai, assimilarne i concetti con i tempi che ad ognuno servono. Ma oltre a questo
non mancano le consuete rubriche dove troverete notizie ed approfondimenti sulla visita
Post-Pastorale che il Vescovo sta ultimando nelle Parrocchie, sul Diaconato Permanente
che vede alcuni nostri amici impegnati in un ottimo cammino di formazione, della
peregrinatio della croce della GMG, e tante altre notizie pronte a rendere tutti partecipi
della vita di questa Chiesa locale.
Auguri di Buona Pasqua.
3
CONVEGNO DIOCESANO
Il Convegno diocesano:
un evento di grazia per una Comunità in cammino
u
convegno DIOCESANo
di Giuseppe Abbate
4
Il convegno diocesano sui nuovi Orientamenti Pastorali dell’Episcopato
italiano per il decennio 2010 – 2020, “Educare alla vita buona del Vangelo”, che si
è tenuto a Policoro nei giorni 25 – 27 febbraio 2011, è stato un autentico evento
di grazia per tutti coloro che vi hanno partecipato e per l’intera Diocesi. A Policoro
si è riunita una comunità viva, serena, motivata. Una comunità in cammino ben
disposta a programmare la propria azione pastorale per raggiungere i traguardi,
personali e comunitari, indicati dal proprio Pastore.
Al convegno hanno partecipato circa duecento delegati in rappresentanza di
tutte le parrocchie della Diocesi, delle Associazioni e dei Movimenti ecclesiali, delle
Religiose e dei Religiosi, delle Istituzioni civili e in particolare delle Amministrazioni
comunali e delle scuole, oltre a tutti i sacerdoti e ai membri del Consiglio Pastorale
Diocesano.
Sono stati tre giorni di intensa e serena vita ecclesiale, scanditi da puntuali
momenti di preghiera, di canto, di riflessione, di meditazione, di testimonianza e di
proposte.
Ci hanno aiutato a conoscere meglio gli orientamenti pastorali il nostro vescovo
Mons. Vincenzo Orofino che ha dato il via al convegno, venerdì 25, con la sua relazione
introduttiva e il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana S. E. Mons.
Mariano Crociata proponendoci, nella giornata di ieri, sabato 26, due relazioni sui
contenuti specifici del documento “Educare alla vita buona del Vangelo”.
Per meglio comprendere l’ottica del Convegno, nelle pagine successive,
riportiamo ampi stralci delle relazioni tenute dal nostro vescovo, mons. Vincenzo
Orofino, e dal Segretario Generale della CEI, mons. Mariano Crociata.
Celebrazione conclusiva del Convegno
CONVEGNO DIOCESANO
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
L’azione formativa deve permeare
tutte le attività pastorali
Relazione di
MONS. VINCENZO OROFINO
(Stralci della relazione tenuta nel pomeriggio del 25 febbraio 2011)
1. Obiettivi del Convegno.
Studiare gli Orientamenti pastorali per il nuovo decennio all’interno della
situazione pastorale ed ecclesiale della nostra diocesi, così come è emersa dalla
visita pastorale e permane ancora oggi. Operare un discernimento comunitario per
leggere, interpretare e comprendere le esigenze e le istanze della nostra comunità,
evidenziandone le ricchezze, i limiti e i punti problematici, onde rendere più adeguata
e più efficace la nostra azione pastorale.
Presentare i nuovi Orientamenti (cfr. relazione di Mons. Crociata) sapendo che
non sono uno studio sull’educazione, ma un documento pastorale che offre indirizzi
per l’azione pastorale che si svolge nelle diocesi, evitando, perciò, sia di ignorarli che
di ripeterli pedissequamente.
Partendo dalla nostra situazione e dalle proposte dei nuovi Orientamenti,
individuare e proporre possibili linee pastorali per il futuro (temi, soggetti, azioni,
metodi), partendo da ciò che già c’è e funziona (racconti di vita buona), correggendo
ciò che non va e proponendo nuove iniziative (proposte di azioni ecclesiali).
2. Il contesto generale.
E’ importante capire il contesto socio-culturale-ecclesiale e religioso nel quale
la Chiesa si trova a svolgere la sua missione educativa, poiché “L’opera educativa
della Chiesa è strettamente legata al momento e al contesto in cui essa si trova a
vivere” (EVBV, n. 7). (....)
Ebbene! Non viviamo più in un prevalente “contesto di cristianità”, disposto ad
accogliere con immediatezza e con favore la proposta
cristiana, ma in un contesto di più o meno velata
ostilità o comunque di essenziale indifferenza. “La
fede cristiana tende a essere sradicata dai momenti
più significativi dell’esistenza, quali i momenti del
nascere, del soffrire e del morire. (…) Certamente
urge dovunque rifare il tessuto cristiano della
società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il
tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali”
(GIOVANNI PAOLO II, CfL, 34). (...)
convegno DIOCESANo
“La presente relazione ha il compito di introdurci nel lavoro di questi giorni,
indicando alcuni punti nodali: gli obiettivi del Convegno, il contesto generale
(culturale, ecclesiale, religioso...) in cui viviamo e si svolge la nostra azione pastorale,
le motivazioni di una rinnovata e urgente azione educativa, la situazione pastorale
della nostra diocesi, le linee fondamentali dalle quali ripartire.
5
convegno DIOCESANo
CONVEGNO DIOCESANO
6
Restano ancora oggi
valide le osservazioni che nel
1944 faceva il grande teologo
e cardinale H. De Lubac “Oggi
il Cristianesimo non è più
contrastato soltanto in uno dei
suoi fondamenti o in una delle
sue conseguenze: si mira direttamente
al suo cuore. La concezione cristiana
della vita, la spiritualità cristiana,
l’atteggiamento interiore che definisce il
cristiano: ecco ciò che è in discussione” (Il
dramma dell’umanesimo ateo, Jaca Book
(1992), p. 96).
Ma la responsabilità è anche di
noi cristiani, poiché: “Considerato nel
suo insieme, il nostro cristianesimo è
diventato insipido. Malgrado i meravigliosi
sforzi per ridargli vita e freschezza, si
è svigorito, assuefatto, sclerotizzato.
Cade nel formalismo e nell’abitudine.
Così come noi lo pratichiamo, e prima
di tutto lo pensiamo, è una religione
debole, inefficace; religione di cerimonie
e di devozioni, di ornamenti e di vile
consolazione, senza serietà profonda,
senza reale incidenza sull’attività umana,
talvolta perfino senza sincerità. Religione
fuori della vita, o che pone noi stessi fuori
della vita. Ecco dunque cosa è diventato
nelle nostre mani il Vangelo, che cosa è
diventata quell’immensa speranza che
si era alzata nel mondo! Molti tra noi
oggi non si professano forse cattolici
per le stesse ragioni di intimo conforto
e di conformismo sociale che venti
secoli fa avrebbero loro fatto respingere
l’inquietante novità della Buona Novella?
(...) Cristianesimo clericale, cristianesimo
formalista,
cristianesimo
spento
e
indurito” (Il dramma dell’umanesimo
ateo, Jaca Book (1992), p. 105).
Per cui è quanto mai opportuna la
domanda del poeta inglese Thomas Stearns Eliot: “È la Chiesa che ha abbandonato l’umanità, o è l’umanità che ha
abbandonato la Chiesa? (Poesie, Mondatori, Verona 1971, p. 34).
A tal proposito J. Guitton in
un’intervista a “30
giorni”, nel 1987
(V, n°2, p. 34),
si esprime così:
“Questa crisi del
sacro che attanaglia
l’umanità intera si
è infiltrata anche
nella
Chiesa
Cattolica.
Del
resto Paolo VI era
preoccupato per la
forza che il pensiero
non cattolico stava
acquistando nella
Chiesa”.
Un pensiero
analogo è stato espresso da Benedetto
XVI nel suo discorso al Convegno di Verona (2006) quando ha esortato i convegnisti a imparare dalla Madonna “a resistere a quella <secolarizzazione interna>
che insidia la Chiesa nel nostro tempo, in
conseguenza dei processi di secolarizzazione che hanno profondamente segnato
la civiltà europea.”
“Però mai – avverte lo stesso De
Lubac nell’opera La Rivelazione divina
e il senso dell’uomo (Jaca Book, 1985,
p.212) – il Cristianesimo è stato soltanto
questo. Ne siamo ben lontani! La fiamma
si è sempre trasmessa.”
3. Conseguenze antropologiche:
L’attuale crisi religiosa comporta
profonde e decisive conseguenze nella
concezione dell’uomo. All’uomo unificato e definito dal suo rapporto con Dio
subentra l’uomo autosufficiente e dio di
se stesso, che non riconosce nessuno al
di sopra di sé, che risulta potente in un
aspetto o nell’altro dell’esistenza umana,
lacerato e diviso in se stesso. (...)
Alla teologia deve subentrare
l’antropologia, dice Feuerbach, perché
l’uomo, per essere felice, deve riprendersi
quegli attributi di cui si era spogliato per
donarli a Dio: “la svolta della storia sarà
il momento in cui
l’uomo
prenderà
coscienza che il
solo Dio dell’uomo
è l’uomo stesso.
Homo
homini
Deus!” (L’essenza
del Cristianesimo,
Feltrinelli, Milano
1971, p. 27).
Ma
l’uomo
che si proclama
Dio di se stesso e
misura di tutte le
cose è un essere
che si chiude dentro un orizzonte limitato e circoscritto (dentro una gabbia)
che rende impossibile ogni novità per la
sua vita. L’uomo che sfratta Dio dalla
sua vita, in realtà, distrugge se stesso,
perché distrugge la fonte, la meta e la
consistenza di sé. L’umanesimo assoluto
è sempre un umanesimo disumano.
La storia ha documentato e
documenta ogni giorno che il rifiuto
di Dio ha comportato e comporta
l’annientamento della persona, della sua
libertà e dei suoi valori (cfr. i totalitarismi
del secolo scorso e quelli attuali ...).
Quando l’uomo organizza il mondo senza
Dio, in realtà l’organizza contro se stesso.
4. Emergenza educativa.
Da ciò deriva il fatto che “siamo
di fronte a «una grande ‘emergenza
educativa’, confermata dagli insuccessi a
cui troppo spesso vanno incontro i nostri
sforzi per formare persone solide, capaci
di collaborare con gli altri e di dare un
senso alla propria vita» (Benedetto XVI,
lettera alla diocesi di Roma sul compito
urgente dell’educazione del 21 gennaio
2008)”.
Di fronte a questa situazione la
Chiesa ha un grande compito educativo,
che è nello stesso tempo permanente e
nuovo.
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
Un compito permanente.
Nel senso che la Chiesa ha
educato e deve educare sempre,
a prescindere dalle condizioni
in cui si trova, a prescindere da
ogni tipo di crisi e di “emergenza”,
educativa e morale. Senza
rincorrere il mondo e le sue derive. Educare
alla fede fa parte del compito permanente
della Chiesa. Educare è il suo compito di
sempre. Perché da sempre la Chiesa si
è preoccupata di accompagnare i suoi
figli nel cammino della vita per condurli
alla piena maturità di fede. La missione
educativa della Chiesa non è identificabile
con un ambito particolare dell’azione
pastorale. Essa è una dimensione che
deve attraversare e permeare tutte le
attività della Chiesa: “In modo vario, ma
sempre organico, tale missione riguarda
unitariamente tutta la vita del cristiano:
la conoscenza sempre più profonda e
personale della fede; la sua appartenenza
a Cristo nella Chiesa; la sua apertura agli
altri; il suo comportamento nella vita”
(CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA,
Il rinnovamento della catechesi, 38).
L’opera educativa riguarda tutti gli aspetti
della vita dell’uomo. “L’opera educativa
si gioca sempre all’interno delle relazioni
fondamentali dell’esistenza; è efficace
nella misura in cui incontra la persona,
nell’insieme delle sue esperienze” (EVBV,
n. 33).
Un compito nuovo. Nel senso che
oggi, per i motivi detti prima, la sfida
educativa si pone in tutta la sua gravità
e radicalità, con accenti sconosciuti fino
a questo momento. Un compito sempre
difficile da assolvere, specialmente
oggi che “dobbiamo fare i conti con gli
ostacoli frapposti dal relativismo, da una
cultura che mette Dio tra parentesi e che
scoraggia ogni scelta davvero impegnativa
e in particolare le scelte definitive, per
privilegiare invece, nei diversi ambiti
della vita, l’affermazione di se stessi e le
soddisfazioni immediate” (BENEDETTO
XVI, La trasmissione della fede ai giovani,
convegno DIOCESANo
CONVEGNO DIOCESANO
7
convegno DIOCESANo
CONVEGNO DIOCESANO
8
discorso
alla
Conferenza
Episcopale Italiana, Roma 29
maggio 2008, in La Traccia
(2008),n° 5, p.669). Un compito
difficile ma possibile, necessario,
urgente e inderogabile. A livello
personale e comunitario. Si!
Educare alla fede è una vera emergenza
esistenziale. È un’emergenza che riguarda
anche noi e le comunità in cui viviamo. È
una “sfida” decisiva per la nostra vita.
L’emergenza
educativa,
riguarda
innanzitutto noi adulti, chiamati
a
formarci continuamente e a convertirci
per “maturare una fede adulta e pensata,
capace di tenere insieme i vari aspetti
della vita facendo unità di tutto in
Cristo” (CONFERENZA EPISCOPALE
ITALIANA, Comunicare il Vangelo in
un mondo che cambia, Orientamenti
pastorali dell’Episcopato italiano per
il primo decennio del 2000, N. 50). E
questo accade se, nella sequela docile e
consapevole a coloro che il Signore ha
scelto come nostre guide, ci lasciamo
“educare al pensiero di Cristo, a vedere la
storia come Lui, a giudicare la vita come
Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a
sperare come insegna Lui, a vivere in Lui
la comunione con il Padre e lo Spirito
Santo” (CONFERENZA EPISCOPALE
ITALIANA, Il rinnovamento della catechesi,
38).
5. Situazione della nostra diocesi
Come appare la situazione socioculturale, ecclesiale e religiosa della
nostra diocesi? Riporto sinteticamente
alcuni giudizi da me espressi nella Lettera
scritta alla Comunità diocesana dopo aver
compiuto la Visita Pastorale (2006 – 2008),
“Colui che ha iniziato in voi quest’opera
buona, la porterà a compimento (Fil 1,6)” e
nel Decreto generale finale: la situazione
generale (Lettera pastorale, nn. 9.10);
le parrocchie (Lettera pastorale, nn.
13.14.15); la liturgia (Decreto generale,
p.24); la catechesi (Lettera pastorale, nn.
18.19; Decreto generale, pp. 12.25.26);
la carità (Decreto generale, p. 8; Lettera
pastorale, n. 20); la Dottrina sociale
della Chiesa (Decreto generale, pp. 7
– 8); la famiglia (Decreto generale, pp.
8.9); i giovani (Decreto generale, p. 25);
le Associazioni e i Movimenti ecclesiali
(Decreto generale, p. 26); i fedeli laici
(Decreto generale, p. 32). (...)
Nella Lettera dopo la Visita
pastorale così ho sintetizzato la nostra
situazione ecclesiale e spirituale: “La
Visita Pastorale mi ha offerto un’ulteriore
opportunità per compiacermi di ciò che
fate nella Chiesa e per la Chiesa. Ma
questo non basta! Non basta fare le
attività della Chiesa. Non basta se questo
vi fa stare tranquilli e non vi sprona ad
aspirare ai “carismi più grandi” (cfr.
1Cor 12,31). Non basta se gli impegni
pastorali vi “occupano il tempo” e non vi
conducono alla conversione del cuore e al
cambiamento della vita quotidiana. Non
possiamo accontentarci di come viviamo
e di quello che facciamo” (Lettera dopo la
Visita, n. 29).
Siamo, infatti, fondamentalmente
demotivati e piuttosto “increduli”, poco
fieri della nostra fede e della nostra
appartenenza alla Chiesa. Non ci “arde
il cuore” di fronte a ciò che abbiamo
incontrato, perché non ne riconosciamo
la sconvolgente novità per la nostra vita
personale. (...) Anche quando facciamo
tutto quello che ci viene chiesto non
sempre è evidente che la fonte e la
causa del nostro vivere e del nostro
operare è Gesù Cristo e l’edificazione
della Chiesa. Spesso ci capita di vivere
le circostanze della vita e anche di fare
le azioni ecclesiali dimenticando o dando
per ovvio l’avvenimento della fede, che
concretamente non c’entra con quello
che viviamo e facciamo. Sia chiaro! Dal
modo con cui viviamo le circostanze
diciamo (anche solo implicitamente) a
chi apparteniamo, chi amiamo, chi ci
interessa (Dio o l’Imperatore). Facciamo
le cose della Chiesa ma spesso non le
facciamo per Dio, a causa di Dio, perché
Dio regni, perché siamo di Dio. Nel fare
le cose siamo “prima” di .... (paese,
famiglia, partito, ...) e poi di Cristo e
della Chiesa. “L’intelligenza della fede
non è ancora intelligenza della realtà”,
per cui la fede non è modo specifico di
essere e di vivere negli ambienti di vita.
Anche i rapporti con gli altri non sono
definiti dalla comune appartenenza alla
Chiesa, ma soprattutto da altro (interessi
economici, simpatia, politica...). Anche
quando facciamo tutto .... manca
l’esperienza della fede. La nostra pratica
religiosa non incide davvero sui momenti
quotidiani della vita familiare, del lavoro
e della professione e più in generale della
convivenza civile.
“Resta anche tra noi lo spettacolo
della fede dei <semplici>. Venendo
tra voi sono stato edificato dalla vita
cristianamente vissuta da tanti uomini e
donne, di ogni età e condizione sociale,
nel silenzio e nell’umile grandezza della
vita quotidiana, e spesso nella sofferenza
e nella tribolazione. Quante volte ho
incontrato persone con una formazione
spirituale salda e profonda, la cui vita
è ritmata dalle “cose di Dio” e dalla vita
della Chiesa: dalla preghiera personale,
dalla meditazione guidata, dalla Messa
quotidiana, dalla confessione settimanale,
dalla direzione spirituale mensile, dalla
carità come stile di vita. La testimonianza
di queste persone cristiane è un vero
tesoro che rende bella e attraente la vita
dei nostri paesi” (Lettera pastorale, n. 21).
6. Da dove ripartire?
La nostra futura attività pastorale
deve tener conto degli Orientamenti
pastorali dell’Episcopato italiano per il
decennio 2010 – 2020 e della situazione
socio-culturale, ecclesiale e religiosa in
cui viviamo. Deve, cioè, ripartire da noi
e dalla Chiesa, perché si compia nelle
nostre persone e nella nostra Comunità
diocesana la vocazione propria di
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
ciascuno: dei discepoli del
Signore e del Popolo santo
di Dio. Siamo chiamati a
essere (diventare) quello che
siamo ontologicamente (per
vocazione). Dobbiamo ripartire
da noi. Da quello che già c’è:
riconoscendolo,
facendolo
crescere,
comunicandolo, imparandolo. “Non può
esserci vera riforma della Chiesa se prima
non c’è la nostra personale riforma e la
conversione del nostro cuore” (Benedetto
XVI, catechesi all’Udienza generale di
mercoledì 23 febbraio 2011, in Avvenire,
24.02.2011, p.25).
Perciò al centro delle nostre attività
pastorali ci dobbiamo essere noi, le nostre
persone, le domande del nostro cuore. Il
primo “programma” che siamo chiamati
a portare a compimento è la nostra vita,
nella sua irriducibile unicità, così come
il Creatore l’ha donata a ognuno di noi
(corrispondere alla propria vocazione).
(...) Per educarci dobbiamo fare tutto
il percorso della fede come è arrivata
a noi (senza rotture e discontinuità,
interpretazioni e aggiustamenti), come
ci è stata donata, come è stata destata
in noi la prima volta. Ciò che è accaduto
all’inizio è il fenomeno sempre iniziale,
sempre originale, sempre nuovo di ogni
momento della vita. (...) Occorre che
riaccada per ognuno di noi ciò che è
accaduto all’inizio. Non “come“ è accaduto
all’inizio (perché ogni incontro è unico e
sorprendente), ma “quello che” è accaduto
all’inizio (cfr. Avvenire del 26 febbraio
2011, pagina diocesi di Tricarico). Non
la nostalgia di un evento passato, ma un
nuovo incontro, un vero incontro capace
“di dare alla vita un nuovo orizzonte e con
ciò la direzione decisiva” (Benedetto XVI,
Lettera Enciclica Deus Caritas Est, 1).
“Il nostro bisogno è di vivere il
cristianesimo
più
virilmente,
più
efficacemente,
più
fortemente,
più
eroicamente se occorre. Ma di viverlo così
com’é. Non v’è nulla da cambiare, nulla
da correggere, nulla da aggiungere; non
convegno DIOCESANo
CONVEGNO DIOCESANO
9
convegno DIOCESANo
CONVEGNO DIOCESANO
10
occorre adattarlo alla moda
del giorno. Occorre restituirlo a
se stesso nelle nostre anime.
Occorre restituirgli le nostre
anime” (H. De Lubac, Il dramma
dell’umanesimo cristiano, p.
107).
Nella nostra opera educativa deve
essere prioritaria la centralità delle
persone e della loro vita, più che delle
strutture e della loro organizzazione.
Servire la fede delle persone: questo deve
essere l’obiettivo di ogni nostro impegno
educativo e missionario. Occorre dare
credito ai gesti educativi della tradizione
ecclesiale e all’insegnamento attuale
del Magistero, cogliendone le ragioni
profonde e l’importanza per la vita delle
persone e della comunità.
Anche in questo dobbiamo crescere!
Dobbiamo acquisire una rinnovata
coscienza del nostro essere Chiesa,
liberandoci da ogni tentazione sociologica
e funzionale, immergendoci nel “mistero
della vita ecclesiale” per farne esperienza.
E’ urgente e indispensabile rieducarci a
guardare la Chiesa come continuità di
Cristo nel tempo e nello spazio e di crescere
nella corresponsabilità ecclesiale. Una
corresponsabilità da incrementare in
tutte le parrocchie, vincendo ogni forma
di clericalismo e favorendo l’inserimento
attivo dei fedeli laici nella loro vita e nella
loro missione.
Nella vita della Chiesa formazione e
missione vanno sempre insieme. Mentre,
perciò, siamo chiamati ad una vasta opera
educativa siamo ugualmente invitati a
uscire dalle “sacrestie” e dagli schemi
propri di una “pastorale di conservazione”
per andare “oltre” e parlare a tutti di Gesù
Cristo in modo esplicito e deciso, chiaro
e convincente, persuasivo e coinvolgente.
Il diffondersi anche tra noi di un marcato
“infantilismo spirituale” e di un certo
“analfabetismo religioso” esige che si
ridicano con chiarezza e senza riduzioni
tutte le ragioni della fede e si imparino
tutte le principali verità che i cristiani
cattolici sono chiamati a credere. Occorre
un rinnovato primo annuncio di Gesù
Cristo e del Suo messaggio. La Chiesa
ha sempre il dovere di annunciare Gesù
Cristo. Esiste per questo: “evangelizzare
è la grazia e la vocazione propria della
Chiesa, la sua identità più profonda”
(Paolo VI, Evangeli nuntiandi, 14).
L’evangelizzazione “costituisce il primo
servizio che la Chiesa può rendere a
ciascun uomo e all’intera umanità nel
mondo odierno” (Giovanni Paolo II,
Lettera Enciclica Redemptoris Missio,
2). Per questo motivo Benedetto XVI
ha istituito il Pontificio Consiglio per la
Promozione della Nuova Evangelizzazione
e ha dedicato a questo tema il prossimo
Sinodo dei Vescovi del 2012.
Per educarci ed essere bravi
educatori “occorre ridare a Dio il primato
nella nostra vita, intensificando la
preghiera e imparando a pregare sempre
meglio e sempre di più, con la convinzione
che il momento della preghiera è il più
importante della nostra giornata e che
la preghiera è la vera priorità pastorale
delle nostre comunità” (Lettera dopo la
Visita, n. 53). Se l’azione pastorale non
è radicata nella preghiera e da questa
non è alimentata non darà mai frutti. Si
dissecca, come un albero a cui manca
l’acqua. “Prima delle tante iniziative, che
spesso affaticano e frammentano l’azione
pastorale, è necessario recuperare
anzitutto l’andare e lo stare con Gesù,
credendo nella sua Parola e mangiando
il pane dato da lui stesso” (Consiglio
Episcopale
Permanente,
Messaggio
d’invito al XXV Congresso Eucaristico
Nazionale). “E’ venuto il momento di
riaffermare l’importanza della preghiera
di fronte all’attivismo e all’incompente
secolarismo di molti cristiani impegnati nel
mondo del lavoro caritativo” (Benedetto
XVI, Deus Caritas Est, 37).
Il metodo educativo comporta
sempre la sequela di qualcuno che il
Signore ci pone dinanzi per la santità di
vita o per l’autorevolezza che ha di fronte
a Dio e nella Chiesa. Nella sequela la
vita è custodita e assicurata. Nessuno
diventa un bravo maestro se non
continua a rimanere un fedele discepolo.
L’educatore è colui che pone se stesso
in questa sequela, che si fa un tutt’uno
con l’esperienza di vita incontrata, che
diventa “autorità” e autorevole per la
sequela che vive. (...)
“L’azione educativa delle nostre
parrocchie deve impegnare tutti i suoi
soggetti (siamo tutti educatori) e deve
permeare tutte le sue attività (siamo
sempre educatori). Le parrocchie,
in concreto, devono incrementare o
continuare a svolgere tutte quelle attività
che normalmente caratterizzano la vita
delle comunità che ben si distinguono per
esemplarità di prassi pastorale. Devono
farlo, però, con la consapevolezza che
ogni attività ha una valenza educativa
in ordine alla crescita spirituale delle
persone e delle comunità. Devono farlo
in modo essenziale e secondo la verità
oggettiva dei singoli gesti per viverli come
“azioni di Dio in mezzo al Suo Popolo”
e non come semplici “manifestazioni”
religiose. Ogni nostra attività pastorale
deve servire per l’incremento della fede
personale e per migliorare la qualità
cristiana della vita delle nostre comunità
parrocchiali.
Il nostro metodo pastorale deve
essere la comunione, sempre più
chiaramente, più decisamente e più
incisivamente. La comunione ecclesiale
come stile di vita personale e comunitario:
“Tutte le parrocchie devono acquistare la
consapevolezza che è finito il tempo della
parrocchia autosufficiente” (CONFERENZA
EPISCOPALE ITALIANA, Nota pastorale Il
volto missionario delle parrocchie in un
mondo che cambia, 11).
In conclusione. Nonostante tutto
... siamo certi che ancora oggi è possibile
vivere di Gesù Cristo ed educare alla
vita buona del Vangelo. Anche noi,
come Fedor Dostoevskij, siamo convinti
che “l’uomo non può vivere senza Dio”,
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
perché, come insegna Benedetto
XVI, “Senza Dio l’uomo non
sa dove andare e non riesce
nemmeno a comprendere chi
egli sia” (Caritas in veritate, 78).
Con De Lubac crediamo che “le
povere donne del popolo avranno
la meglio sugli scienziati (ndr. .... e sugli
esperti di strategie pastorali!), perché in
esse si esprime lo slancio insopprimibile
dell’anima fatta a immagine di Dio” (Il
dramma dell’umanesimo ateo, Jaca Book
(1992), p. 281). Questa fiducia non deriva
da ragionamenti e fattori umani, ma
dalla certezza che la “La fede in Dio, che
nulla potrà strappare dal cuore dell’uomo,
è la sola fiamma nella quale si conserva,
umana e divina, la nostra speranza. (...)
“Sempre, dopo le negazioni e le esclusioni,
rinasce un aldilà dell’uomo che si impone
all’uomo e gli impedisce di prendere se
stesso per Dio” (H. DE LUBAC, Il dramma
dell’umanesimo ateo, Jaca Book (1992),
pp. 14.24).
Chiediamo al Signore che ci faccia
il dono di essere autentici educatori.
Educatori come li vuole il Papa: “Essere
educatori significa avere una gioia nel
cuore e comunicarla a tutti per rendere
bella e buona la vita; significa offrire
ragioni e traguardi per il cammino della
vita, offrire la bellezza della persona di
Gesù e far innamorare di Lui, del suo
stile di vita, della sua libertà, del suo
grande amore pieno di fiducia in Dio
Padre. Significa soprattutto tenere alta la
meta di ogni esistenza verso quel “di più”
che ci viene da Dio” (Benedetto XVI, agli
educatori dell’AC).
Il Signore non fa mai mancare al
suo Popolo persone o momenti di vita di
persone nelle quali egli traspare, che vale
la pena seguire e alle quali poter guardare per dare una direzione decisiva alla
propria esistenza. Il Signore dona sempre nuovi santi alla Sua Chiesa. Anche
oggi. Anche tra noi.
+ Vincenzo Orofino
convegno DIOCESANo
CONVEGNO DIOCESANO
11
CONVEGNO DIOCESANO
I nuovi Orientamenti pastorali
“Educare alla vita buona del Vangelo”
Relazione di
Mons. Mariano Crociata
(Stralci della relazione tenuta nella mattina del 26 febbraio 2011.
convegno DIOCESANo
Trascrizione della relazione non rivista dall’autore)
12
Il riferimento più importante di questo
lavoro è il capitolo quinto di cui vorrei
raccogliere due indicazioni. La prima
è riferita all’alleanza educativa come
condizione per un rilancio dell’azione
educativa. L’idea che sta dietro è che
non può essere compiuto alcun rilancio
in questo campo che si limiti ad una
iniziativa isolata ma richiede, al contrario,
una mobilitazione, una convergenza delle
energie, delle risorse, delle esperienze in
modo particolare tra famiglia, scuola,
parrocchia, come punto di raccordo
e nella prospettiva della educazione
cristiana. Questo mi sembra un punto
qualificante. In questo orizzonte un
ruolo importante ha la formazione degli
operatori. Una formazione che, ancora
una volta, non può essere isolata.
Ho provato a condensare in tre
formule, funzionali a richiamare cose
importanti con ordine: 1) Qualificare le
persone attraverso un accompagnamento
responsabile. 2) Qualificare le relazioni
educative partendo dalla formazione degli
educatori e degli adulti. 3) Qualificare
l’ambiente sociale attraverso rinnovate
alleanze educative.
Se l’attenzione alla persona è la nuova
prospettiva del cammino pastorale della
Chiesa che è in Italia, l’accompagnamento
attento e responsabile delle persone
è una dimensione imprescindibile di
tutta l’azione pastorale. Qui anticipo
una preoccupazione che ho e manifesto
quando mi è possibile, e cioè il fatto
che non esiste, in generale nell’azione
pastorale ma nemmeno nell’ambito
educativo su cui ci vogliamo inserire,
una tecnica o proposta organizzativa
dell’emergenza del problema che ci
troviamo ad affrontare.
Non c’è un tipo di impegno per il
quale si possa dire fai questo e il problema
è risolto. Per cui come si fa a non parlare
della formazione degli educatori.
Ma anche questo che è un compito
imprescindibile non è una formula
risolutiva, nel senso che nel frattempo,
mentre tu formi gli adulti, i bambini
crescono, i giovani hanno bisogno di essere
accompagnati, l’iniziazione cristiana
deve essere portata avanti. Allora si
tratta di non perdere mai questo sguardo
d’insieme, questo sguardo unitario, e di
fare scelte differenziate che permettano
alle categorie di persone di essere
seguite e aiutate in maniera più
possibile competente. In questo
senso sono importati le forme
di collaborazione, di alleanze
che si riescono a esprimere e a
promuovere. Alleanze educative
tra Parrocchie, tra movimenti e
gruppi e comunità parrocchiali,
tra settori di pastorale diversi.
Qualificare
le
persone
attraverso
un
accompagnamento
responsabile: le persone degli educandi
e degli educatori, le persone che fanno
parte della comunità dal punto di vista
ecclesiale. Dobbiamo avere cura gli uni
degli altri non solo come persone private
ma rispetto al servizio che le persone
compiono. Accompagnare il Vescovo come
si accompagna la singola catechista,
come si accompagna il parroco, come si
accompagna il fedele che viene a chiedere
soltanto un servizio religioso, come si
accompagna un bambino. Qualificare le
relazioni avendo attenzioni gli uni per gli
altri.
Qualificare le relazioni educative
partendo dalla formazione degli educatori
e degli adulti. Indubbiamente ci vuole
un’attenzione specifica alle persone che
hanno responsabilità educativa. Questo
significa organizzare, pensare, proporre
formazione
Qualificare l’ambiente sociale attraverso
rinnovate alleanze educative. Questa
sarà una sfida importante, la capacità di
collegare insieme i soggetti, le istituzioni.
E potrà essere fatto in modo parziale,
settoriale, mirato ad un obiettivo specifico
in modo più generalizzato. Qui è tutto
un campo che si offre all’inventiva, alla
creatività, alla capacità di lavoro serio e
continuativo.
Vorrei qui sviluppare il discorso
con due considerazioni correlative.
Abbiamo accennato alla centralità che ha
la relazione educativa. Mi soffermo per
sottolineare una dimensione importante
che il documento richiama più volte,
quella della capacità di dedizione, di
passione, di continuità, della dedizione
educativa da parte dell’educatore.
Sentire che il compito educativo è una
vocazione, è risposta ad una vocazione
non soltanto di chi svolge il lavoro di
educatore come i docenti, gli insegnanti
nei vari ordini della scuola. Penso ai
sacerdoti che dovrebbero tenere in
alta considerazione la dimensione
educativa della loro vocazione e della
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
loro missione. In un certo senso
il sacerdote è il coordinatore, il
modello dell’educatore che deve
avere queste caratteristiche
di passione, di continuità di
presenza, di costanza.
L’educatore
ha
una
caratteristica
tt i ti
fondamentale: lui c’è. Una delle cose
che oggi si lamentano degli adulti in
genere e dell’educatore in particolare è
che non ci sono, sono sempre altrove,
non si trovano, sono sempre occupati
in altro. Chi cresce ha bisogno di una
presenza assidua. Il dramma è che tante
volte questo vale persino per i genitori.
Un’espressione di qualche anno fa diceva
“una società senza padri”. E spesso i
padri non ci sono. Sono latitanti. Ma vale
un po’ per gli educatori in genere e non so
se vale anche per bravi parroci che sono
occupati in tantissime cose e che non
fanno sentire la presenza dell’esserci in
maniera seria e responsabile, da adulti
che sanno sempre di dover essere modello
e quindi altro dal compagno, dall’amico.
In rapporto all’azione educativa ha
una caratteristica fondamentale: la
asimmetria. Il padre e la madre non può
essere mai un buon amico, una buona
amica e basta. C’è una asimmetria
strutturale, rotta la quale non si capisce
più come stanno le cose perché è come
se l’ordine del mondo venisse meno.
Bisogna essere all’altezza, ne latitanti ne
asfissianti.
Il mondo sta cambiando, non siamo
più in una società coerente, integrata,
in cui grosso modo la pensiamo tutti
allo stesso modo, ci ritroviamo per le
stesse cose fondamentali. Una società
che rischia di diventare disintegrata,
certamente
lacerata,
frammentata,
pluralistica, legittimata da un pluralismo
divisivo in cui ognuno ha il diritto di
pensarla come vuole. Per educare ci
vuole un orizzonte integrato, altrimenti si
finisce, come molti fanno, con il negare la
legittimità, la possibilità della educazione
stessa. L’educazione è introduzione nella
convegno DIOCESANo
CONVEGNO DIOCESANO
13
convegno DIOCESANo
CONVEGNO DIOCESANO
14
realtà. Educazione è inserimento
in un mondo di significati, è
integrare in un mondo che ha
senso, in cui tutto ha senso. Ma
un tale mondo deve avere una
qualche coerenza, deve avere
una forma
di compatibilità fra tutte le
f
dimensioni. Oggi, invece si teorizza e si
pratica che non esiste più un tale mondo
e non deve esistere. Ognuno si crea il
proprio mondo. Però questo diventa un
dramma dal punto di vista educativo,
perché come si insegna a uno che viene
al mondo a stare al mondo, ad inserirsi
in un mondo coerente se non deve
esistere un tale mondo. O mi si dice al
massimo creati tu il mondo che vuoi
salvo non nuocere nessuno. Ecco allora
cosa c’è dietro questa formula “alleanze
educative”. Dico che c’è la responsabilità,
la chiamata a realizzare, a costituire o
a consolidare, più esattamente, mondi
vitali, coerenti, capaci di essere spazi di
accoglienza e prefigurazione del mondo
come totalità significativa per la vita dei
singoli e dei gruppi, delle famiglie, delle
comunità. Questi mondi vitali, capaci di
anticipare, prefigurare, fa intravedere il
mondo come è fatto per me, questi mondi
sono le nostre comunità. Possono essere
le nostre comunità.
Il compito fondamentale del decennio è
rafforzare le comunità per fare diventare
mondi significativi che fermentano la
società, e che collegandosi tra di loro
fanno intravvedere che al mondo si può
vivere in maniera significativa e che la
proposta cristiana della visione della
realtà, delle persone, delle relazioni, è
capace di dare significato al mondo intero
e di trasformare la società, di rendere
migliore questo mondo perché capace
di far crescere persone vere, persone
riuscite. All’interno si capisce bene come
le relazioni educative possono prendere
corpo, realizzarsi, tutte quelle che si
intrecciano, da quelle familiari a quelle
tra catechisti a tutta la comunità. Nella
vita della comunità parrocchiale diversi
compiti chiedono l’impegno educativo
specifico, penso all’iniziazione cristiana
come il luogo, il paradigma di tutta l’opera
educativa della Chiesa.
Si potrebbe pensare anche ad altri
aspetti e dimensioni, penso ad esempio a
come aiutare i genitori ad accompagnare
la crescita dei bambini prima del loro
ingresso
nel
completamento
della
iniziazione
cristiana,
quindi
della
catechesi che accompagna la prima
Comunione, la Cresima, la Confessione.
Penso
all’accompagnamento
degli
adolescenti e dei giovani nella vita della
comunità. Penso all’accompagnamento
dei gruppi specifici, quelli che si
occupano della carità, quelli che si
occupano della liturgia, quelli che si
occupano dello sport, quelli che fanno
l’università. Vorrei richiamare la vostra
attenzione su un luogo: c’è un luogo in
cui il mondo di significati che la comunità
cristiana è chiamata a realizzare è
già presente, operante, è realizzato e
anticipato, diciamo pure nella forma
rituale. Ma il rito per i cristiani non è
solo rito, è liturgia, è celebrazione, è
evento in cui la vita accade e nella vita
accade la presenza e l’intervento efficace
della grazia di Dio: è la Liturgia con al
culmine la Celebrazione Eucaristica. Si
capisce molto bene sulla base di quanto
abbiamo detto a proposito dello Spirito
Santo come attore protagonista di ogni
opera educativa cristiana. Lo Spirito,
evidentemente, è attivo nella mamma,
nel papà di famiglia, nel catechista, nella
catechista, nel sacerdote, nell’insegnante
credente che sente anche il suo servizio
scolastico come missione. Ma l’azione
dello Spirito è formalmente piena ed
efficace, salva la libertà di Dio di agire
dove e come vuole, laddove opera il
Sacramento, laddove si celebra il Mistero
della salvezza. Lì troviamo l’azione dello
Spirito, l’azione dell’educatore cristiano,
l’azione dell’educando. Nella forma più
piena, più del momento catechistico,
più del momento formativo, più del
momento esperienziale, più del momento
operativo manuale di qualsiasi tipo, più
del momento del dialogo, della direzione
spirituale,
dell’accompagnamento
spirituale. Lo Spirito agisce mediante il
Sacramento ed è la forma efficace più
piena che si possa trovare nella realtà.
L’educatore, rappresentante tipico di
questo è il sacerdote che presiede la
Celebrazione, compie la sua azione
nella forma più perfetta, più efficace
anch’egli, per quello che compete a lui.
L’educando si trova lì con la più grande
capacità e disponibilità di partecipazione
perché nessuno lo costringe. Chi viene
a messa viene perché ci vuole venire,
dunque, è con tutto se stesso che, nelle
condizioni ideali, quantomeno potenziali,
di massima apertura e disponibilità alla
grazia di Dio, all’azione dello Spirito. Lì,
dunque, le persone vengono plasmate
e vengono messe nelle condizioni di
esprimere se stesse secondo la propria
identità più vera di persone umane, di
credenti. Per queste ragioni noi troviamo
nella Liturgia il luogo esemplare ed
eminente di azione educativa cristiana.
Dalla Liturgia discende l’accresciuta
capacità di svolgere il proprio servizio,
il proprio compito, nella maniera più
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
piena,
nella
maniera
più
adeguata. Unica cosa che devo
aggiungere è che nella Liturgia
si verifica un altro aspetto che
vale anche da un punto di vista
antropologico, umano come
tale. Noi facciamo, e dobbiamo ffarla,
l lla
distinzione fra educatori ed educandi. È
una distinzione necessaria, dicevo della
asimmetria, perché ci siano persone
ci vogliono dei genitori, e i genitori non
sono mai allo stesso livello dei figli né
viceversa. Noi crescendo, in un certo
senso tendiamo a riassumere in noi
stessi, in vario modo, tutte le dimensioni.
Noi siamo innanzitutto figli, poi fratelli,
alla fine anche genitori, senza finire
di essere figli e senza finire di essere
fratelli. È importante non dimenticare
mai la compresenza, in forma diversa, in
noi di queste dimensioni, che emergono,
riemergono in vario modo nella vita. Così
dal punto di vista educativo noi siamo
educandi, siamo coeducandi e siamo, poi,
educatori in quanto adulti e coeducatori.
Senza dimenticare che, come educandi,
impariamo a lasciarci educare educando
noi stessi, e ad educare noi stessi
lasciandoci educare.
Nella Liturgia impariamo che, in un certo
senso, non finiamo mai di essere educati,
e non finiamo mai di imparare a lasciarci
educare dalla vita, da noi stessi, anche
dagli altri. Io credo che i genitori ad un
certo punto imparino anche dai loro
figli. hanno bisogno di lasciarsi educare
dai loro figli. noi Vescovi dai nostri
sacerdoti e dai nostri fedeli. Il Parroco
dai suoi fedeli. C’è una reciprocità che
non porta ad una confusione, ad una
perdita dell’asimmetria e dei ruoli. Però
l’educazione porta alla saggezza della
vita. Il luogo della saggezza è la Liturgia
perché è il luogo in cui l’evento della vita
salvata, l’evento del Signore che salva
rimette sempre in comunione con sé e tra
di noi nel luogo della pienezza della vita,
anticipata, accresciuta, e quindi della
saggezza della vita.
convegno DIOCESANo
CONVEGNO DIOCESANO
15
VITA DIOCESANA
VIVERE LA FEDE,
AMARE LA VITA.
L’impegno educativo dell’AC
VITA DIOCESANA
Di Giuseppina Piliero
16
Con l’arrivo della primavera l’Azione
Cattolica Diocesana ha concluso la prima
parte del cammino assembleare che ha
portato al rinnovo graduale degli incarichi
parrocchiali e all’elezione del nuovo
consiglio diocesano. Il cammino assembleare è un’esperienza che per quanto
“speciale”, fa parte della vita ordinaria
dell’Associazione e ne rappresenta la
garanzia dell’esercizio della corresponsabilità come presa in carico della vita
associativa da parte di tutti. Condividere
il cammino percorso e quello da fare sia
a livello parrocchiale che diocesano è
elemento essenziale per vivere in modo
corale, condiviso e sostanziale la individuazione di nuove responsabilità e la
programmazione della vita associativa.
L’intero percorso è stato strutturato in
due fasi: la prima ha visto le associazioni
parrocchiali e la Presidenza Diocesana
impegnate in un’intensa attività di
verifica del cammino percorso a partire
dagli impegni che l’Assemblea Nazionale
aveva consegnato nel triennio 2008-2011
(far crescere e maturare la fede, suscitare
percorsi di ricerca e riscoperta della fede,
promuovere il bene comune, la cura della
formazione, la cura del legame associativo); la seconda, l’Assemblea Diocesana
del 20 marzo, ha posto le basi per la
riprogettazione della vita associativa per
il
triennio
2011-2014,
fortemente
orientata dalle coordinate ecclesiali e
civili su cui si sviluppa la realtà italiana.
Tale momento è stato reso particolarmente
significativo dalla presenza di Michele
D’Avino, collaboratore centrale dell’AzioneCattolica Italia, che ha esposto in
maniera eccellente le nuove linee
programmatiche contenute nella Bozza
del Documento Assembleare “Vivere la
fede, amare la fede. L’impegno educativo
dell’AC”. Citando Don Bosco, D’Avino ha
ricordato più volte che l’impegno educativo è questione di cuore, è innanzitutto
un’esperienza d’amore, come anche
l’Azione Cattolica è innanzitutto un’esperienza d’amore vissuta da uomini e
donne innamorati di Gesù, che portano
la luce di Gesù nelle cose di tutti i giorni,
che desiderano conformare la propria
vita a Lui. Per tale motivo, ha sottolineato
ancora, l’AC, affrontando il tema
dell’educazione, in vista della prossima
Assemblea nazionale, non ha potuto fare
a meno di legare questo tema all’amore
per la vita, che vuol dire vivere fino in
fondo la propria fede. Vivere una fede
incarnata, che sa farsi impegno civile,
che spinge a spendersi per la promozione
della dignità dell’uomo. Ecco perché
dunque l’impegno educativo diventa per
il laico di AC impegno di vita. Impegno
che fa della proposta associativa una
proposta diversa da quella di qualsiasi
altra agenzia educativa, perché caratterizzata sì, da competenza, esperienza,
passione, ma soprattutto da una scelta
di senso: la scelta di porre Cristo al
centro. Una scelta di senso, una scelta,
cioè, che dà anche la direzione: Cristo!
Ed è così, avendo chiara la direzione che
ha preso inizio il lavoro del nuovo
Consiglio che fa propria la sfida di rendere
l’AC diocesana un’Ac “fedele all’impegno
educativo”, che accoglie la propria vocazione al servizio della Chiesa e della
società, ma che soprattutto ama il futuro
e scommette sui sogni di Dio.
D’Avino, Piliero, Mons. Orofino, Nardozza all’assemblea
VITA DIOCESANA
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
INTERVENTO ASSEMBLEA DIOCESANA
Michele D’Avino
Collaboratore centrale dell’Azione Cattolica Italiana
A
Ami
la vita? Sì, amo la vita.
Allora hai fatto metà del cammino.
A
(Dostoevskij, I fratelli Karamanzov)
“Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore”, ci ricorda
San Giovanni Bosco.
i i di A
i
tt li sono innanzitutto uomini e donne innamorati di Gesù, che
I llaici
Azione
cattolica
portano la luce di Gesù nelle cose di tutti i giorni, che desiderano conformare la
propria vita a Lui! Per questo l’AC, affrontando il tema dell’educazione, in vista della
prossima Assemblea nazionale non ha potuto fare a meno di legare questo tema
all’amore per la vita.
Amare la vita vuol dire vivere fino in fondo la nostra fede.
Vuol dire vivere una fede incarnata, che sa farsi impegno civile, che ci spinge
a spenderci per la promozione della dignità dell’uomo. Per noi dunque l’impegno
educativo è impegno di vita.
Come realizzare quest’impegno? Gli Orientamenti pastorali per il decennio 20102020 definiscono l’Azione Cattolica “scuola di formazione cristiana” (n.43).
Quello che caratterizza la proposta associativa rispetto a quella di una qualunque
agenzia impegnata nel servizio all’educazione, dunque, sono sì competenza,
esperienza, passione, ma soprattutto una scelta di senso: la scelta di porre Cristo
al centro. Una scelta di senso, una scelta, cioè, che ci dà anche la direzione: Cristo!
Il socio di Ac non è un tecnico della pastorale, ma un laico che si impegna a vivere
la santità nel quotidiano. Un laico dalla coscienza viva, che si sformza di comprendere il presente per osare il futuro!
Questa bella esperienza al servizio dell’evangelizzazione, amando la vita, è possibile solo se trae ispirazione ed energia da una profonda dimensione interiore dell’esistenza: una vita secondo lo Spirito, radicata nell’incontro personale con il Signore,
nella fede in Lui!
E la fede, se fondata in Cristo, non rinnega la vita, non la rinchiude!
Non corriamo il rischio di quei cristiani che sembrano essere predicatori di cose
morte! Non corriamo il rischio di trasformare la vita in un enorme sbadiglio!
Crediamo in un Dio che ha sconfitto la morte, crediamo nel Dio della Vita!
La vita non è statica, ma estatica, come scrive Ermes Ronchi. Un cammino verso
qualcosa che è al di là di sè. E’ estasi, è divenire, è movimento.
La vita non è etica, ma estetica. Nel suo senso letterale estetico significa sensibile, il
suo contrario non è il brutto, ma, letteralmente, l’anestetico, l’insensibile, l’immobile.
Potremmo anche dire: la vita è darsi una mossa per seguire davvero Gesù, e non
stare lì a poltrire, a guardarlo da lontano.
Chi è innamorato si mette in cammino, non si ferma un attimo. Se siamo innamorati
VITA DIOCESANA
L’impegno educativo è innanzitutto un’esperienza d’amore! L’Azione Cattolica è innanzitutto un’esperienza
d’amore!
17
VITA DIOCESANA
VITA DIOCESANA
18
di Gesù non desideriamo
altro che accompagnarlo
per le vie del mondo, che
condividerne la bellezza
con le nuove generazioni
...
Non renderemo alcun
servizio
all’educazione, nessun servizio alla
Speranza se non fossimo capaci di sentire
la passione per tutto il
finito e l’infinito che
abitano nell’uomo, se
non fossimo capaci di
attendere e soprenderci dinanzi all’inatteso.
La vita associativa, la
vita dei laici di AC, è al servizio dell’educazione: da e-ducere, far crescere.
L’Ac ci fa crescere, insieme, da laici, stando dentro la Chiesa, in compagnia dei
pastori. E così facendo educa, fa crescere la stessa comunità ecclesiale e civile.
Nel Documento preparatorio alla 46ma Settimana Sociale, facendo eco alle
sollecitidini del papa, si legge:
In un momento di emergenza educativa, c’è una particolare risorsa che va
liberata. Si tratta di quelle persone adulte che non vengono meno alla vocazione a
crescere come persone e ad accompagnare nell’avventura educativa i giovani e i
piccoli. Non c’è bene comune se ai soggetti dell’educazione non viene riconosciuto
per intero il loro prezioso e insostituibile ruolo anche pubblico. (“Cattolici nell’Italia
di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”)
L’Ac, in questo contesto emergenziale, è un serbatoio di risorse che non può andare sprecato: non solo l’esperienza maturata nella cura educativa di ragazzi, giovani
e adulti, ma anche l’esercizio concreto della partecipazione democratica, della corresponsabilità, della solidarietà intergenerazionale.
Un’Ac “fedele all’impegno educativo” allora non è solo un’Ac che accoglie la propria
vocazione al servizio della Chiesa e della società, ma è soprattutto un’Ac che ama il
futuro e scommette sui sogni di Dio.
Un serbatoio di speranza che, però, va costantemente alimentato: attraverso
l’esercizio della gratuità!
L’emergenza educativa si manifesta come grave crisi di bene comune.
(Benedetto XVI)
Oggi si parla di stanchezza della democrazia, sfiducia nelle istituzioni.
È importante recuperare il senso e la difesa delle istituzioni democratiche. Non
possiamo girare la faccia dall’altra parte! La nostra vera sfida è dimostrare che tutto
può ricominciare! Imparare a guardare oltre il limite:
- credendo che sia possibile l’impossibile, non per opera di qualche supereroe (!) piuttosto attraverso una trama di vite buone!
VITA DIOCESANA
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
diventando esperti nell’arte del dono, in un mondo che misura tutto con la
logica dello scambio!
- testimoniando con la coerenza di vita che non può esservi una scissione tra
sfera privata e sfera pubblica! E per questo vivere la fede ci ricorda che la
vita va vissuta secondo il Vangelo!
- impegnandoci a rendere credibili e umanamente partecipabili le cose in cui
crediamo!.
È la vita buona, la vita del Vangelo di Gesù, l’unica vita degna di essere vissuta!
È questa vita che caratterizza il nostro impegno educativo!
Per far fronte a questa “grave crisi di bene comune” l’Ac deve continuare ad essere
se stessa, a fare bene “l’Azione cattolica”, insegnando
- che è possibile fare scelte coraggiose e controcorrente;
- allenando il proprio sguardo sulla realtà alla luce della Speranza: facciamo
ad esempio un censimento dei segni di speranza nella Diocesi di Sant’Angelo
dei Lombardi – Conza – Nusco – Bisaccia!
- restando fedele alla dimensione comunitaria, nella Chiesa: il miracolo del
noi!
La dimensione comunitaria e la vita democratica e di gruppo dell’Azione cattolica
sono un enorme patrimonio!
Il più grande errore che possiamo fare è pensare che si fa prima a fare da soli!
In Azione Cattolica impariamo a camminare e a crescere insieme, sempre, in ogni
tempo della vita. Non si può amare la vita da soli!
“Rilanciare con forza la partecipazione attiva di tutti dentro l’associazione è un
modo per restituire vivacità all’associazione e, al tempo stesso, può costituire un significativo esempio di che cosa significa essere corresponsabili nella Chiesa e buoni
cittadini nella società.” (cit. Documento preparatorio alla XIV Assemblea Nazionale
“Vivere la fede, amare la vita”).
Si tratta, dunque di essere buoni cittadini, appartenendo, però a due citta: la città
di Dio e quella dell’uomo! Si tratta di essere ponti tra Chiesa e mondo, essere ponti
tra fede e vita.
In AC adulti e giovani si incontrano e si confrontano, dialogano e si ascoltano
reciprocamente! Il discernimento comunitario: un esercizio mai scontato e sempre
attuale. Non possiamo dare le risposte di ieri ai problemi di domani!
I veri attori dello sviluppo non sono i mezzi economici, ma le persone!
(CEI, Chiesa Italiana e Mezzogiorno)
All’AC, pronta ad impegnarsi nel servizio educativo, mettendo le persone e la loro
umanità al centro, spetta prendersi a cuore le loro domande di vita, sforzarsi sempre
più di incontrare gli uomini e le donne di oggi, di parlare la lingua delle loro fatiche
e delle loro gioie. Vivere la fede è amare la vita!
- è fare la differenza! (il peggior peccato verso i nostri simili non è odiarli,
ma essere indifferenti! – Bernard Shaw), risvegliare le coscienze, fare
ed essere segni concreti di Speranza;
- è partecipare ad un progetto di salvezza “inclusivo”, capace di accogliere
tutti e “coinvolgente”, in cui tutti sono chiamati a dare il loro originale
contributo;
- è riappassionarci e riappassionare a partire da ciò che c’è!
VITA DIOCESANA
-
19
VITA DIOCESANA
Avviata la Scuola di Teologia per
i candidati al
Diaconato
Permanente
il candidati al diaconato permanente
VITA DIOCESANA
Di Paolo Ambrico
20
Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha
sottolineato della Chiesa la dimensione
comunionale e la ministerialità.
Tutti i battezzati formano il popolo di Dio,
ognuno con il dono ricevuto o il ministero
che gli viene affidato, tutti impegnati a
edificare la Chiesa. ci sono ministeri
ordinati e ministeri non ordinati.
I ministeri ordinati sono anzitutto gli
ordini sacri: Episcopato – Presbiterato e
Diaconato che richiedono uno speciale
sacramento, e i ministeri del Lettorato e
dell’Accolitato che svolgono un servizio
liturgico, i ministeri non ordinati sono
quei servizi che ogni laico può assumere
nella Chiesa per contribuire alla sua
crescita ed edificazione (catechisti,
animatori,
responsabili
di
settori
pastorale…). Il Concilio ha ripreso anche
la presenza del diaconato permanente
che viene conferito a persone sposate,
mature e di esemplare testimonianza che
collaborano con il Parroco e il Vescovo
sul piano liturgico e pastorale, soprattutto
nel servizio della carità come indica la
parola stessa: Diaconia.
Mancava nella nostra Diocesi la presenza
del Diaconato permanente, il Vescovo
Mons. Orofino ha incoraggiato e promosso
l’avvio di una scuola di formazione per
alcuni candidati al diaconato permanente.
Sono cinque le persone che stanno
verificando la loro vocazione e hanno
iniziato la preparazione necessaria sia
culturale che spirituale. Tre corsi di
teologia sono stati attivati: il corso di
S. Scrittura affidato a don Giovanni
Trolio, il corso di Antropologia filosofica
al prof. Rocco Gentile e il Catechismo
della Chiesa Cattolica come introduzione
alla Domenica.
I candidati sono: Vito Sacco della
Parrocchia Cattedrale in Tricarico,
Salvatore Cirillo e Tonino Evangelista
della Parrocchia S. Antonio in Tricarico,
Salvatore Viggiano della Parrocchia S.
Teresa in Stigliano e Vincenzo De Rosa
della Parrocchia S. Maria Assunta in
Gorgoglione. Le lezioni si tengono presso
la Parrocchia Madonna del Rosario di
Pompei in Garaguso Scalo, ogni sabato
dalle ore 16,00 alle ore 18,30. Questa
prima fase si concluderà con una
settimana
residenziale
durante
la
prossima estate, a cui parteciperanno le
rispettive famiglie che comunque restano
coinvolte nel cammino formativo che gli
aspiranti faranno nei prossimi cinque
anni secondo i termini e le modalità
stabilite dalla Conferenza Episcopale.
La Diocesi deve sentirsi impegnata a
seguire con attenzione e con la preghiera
questi candidati al diaconato permanente
per il prezioso servizio che un giorno
potranno rendere alla Diocesi stessa.
VITA DIOCESANA
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
Di Anna Giammetta
L’estate
si
avvicina
e
quest’anno, oltre al caldo che
si prevede torrido, porta con
sè anche un appuntamento
importante:
quello
della
Giornata Mondiale della
Gioventù che si terrà a
Madrid dal 15 al 21 Agosto.
La nostra Diocesi è già in
cammino verso la capitale
spagnola
attraverso
un
“cammino di preparazione
spirituale”organizzato dalla
commissione pastorale diocesana
sana che ha
iniziato la “Peregrinatio” della Croce dei
giovani, nelle parrocchie.
La GMG è un pellegrinaggio dei giovani
che, zaino in spalla, sacco a pelo e scarpe
comode affrontano questa particolare
esperienza. Ma oltre ad essere un
viaggio materiale, quello della GMG è un
pellegrinaggio interiore, una tappa del
nostro itinerario spirituale di formazione,
fatto di silenzio, di meditazione, di
ascolto.
“Un cammino di preparazione, per quello
che non sarà un evento contingente, ma
un rinnovamento per tutta la Chiesa”,
dice don Marco Volpe, responsabile della
commissione per la pastorale.
Anche il pellegrinaggio della Croce,
non è un evento celebrativo, specifica
don Marco, ma un gesto specifico,
in preparazione all’atteso incontro
di Agosto, che si pone dentro la cura
ordinaria, che noi sacerdoti dobbiamo
avere nei confronti dei giovani.
La Consulta diocesana ha predisposto un
calendario di incontri nelle parrocchie,
(partito il 23 gennaio dalla Cattedrale di
Tricarico per concludersi il 10 Aprile,
ad Aliano), curati dall’ufficio di Pastorale
giovanile. Incontri articolati in diversi
step, costituiti da un primo momento
di preghiera, (subito dopo l’Accoglienza
della Croce), seguito dalla catechesi e da
momenti di animazione .
Accanto a questo, la Consulta fornisce dei
sussidi (schema di preghiera,
canti, schema per l’adorazione
Eucaristica) che ogni Parroco
può utilizzare per organizzare
i momenti parrocchiali.
L’Ufficio Diocesano, dunque,
diventa “missionario” per
aiutare i giovani nella vita
ordinaria.
Importante novità è il momento dedicato al “brainstorming”,
in cui una lista di domande e
di esigenze, legate al mondo
giovanile, si trasforma nella
stesura di un programma di
lavoro con
condiviso. Ma per i giovani che
parteciperanno alla GMG si prospettano,
fino alla partenza per la Spagna, almeno
altre tre giornate diocesane specifiche.
Una vocazionale a maggio; una che
racchiuda in sè un’esperienza di carità
(probabilmente presso una comunità
tossico terapeutica)a giugno ed un
ritiro spirituale a luglio. Un vero e
proprio percorso formativo, dunque,
impostato sui giovani come cammino di
preparazione, da farsi nella Chiesa che
ha come centro il messaggio del Papa:
“Radicati e fondati in Cristo, saldi nella
fede”.
Questa preparazione è una sorta di
esperienza straordinaria che deve
inserirsi, però nella pastorale ordinaria
della Chiesa. Le GMG rappresentano
un’occasione straordinaria di incontrare
giovani provenienti dalle chiese di tutto il
mondo. E’ una grande emozione scoprire
che anche nei paesi più lontani del nostro,
ci sono giovani che, pur nella diversità di
cultura e di lingua, fanno un cammino di
fede a e di crescita comune a tutti.
La GMG è un’esperienza di Chiesa
“giovane” non solo perché vi partecipano
tanti giovani, ma anche per l’attualità del
messaggio che porta in sè.
La strada da fare è sempre tanta durante
le giornate mondiali ma la fatica sarà
sicuramente meno sentita se condivisa
da tutti i fedeli. Madrid, non è l’unica
coinvolta nell’evento.
VITA DIOCESANA
Spagna 2011, capolinea del Mondo Giovanile.
la peregrinatio della Croce dei Giovani
21
VITA DIOCESANA
La Chiesa
diocesana
visitata
dal Pastore
di Giuseppe Daraio
VITA DIOCESANA
Con la santa Messa Crismale del 19 marzo
del 2008, tre anni fa, il nostro Vescovo
chiudeva la Visita Pastorale alle comunità
cristiane della Chiesa diocesana, indetta
l’8 dicembre del 2006. Dopo aver riunito
a convegno a Paestum dal 24 al 26 aprile
i delegati delle Parrocchie, dei movimenti
e delle associazioni e aver discusso il
cammino pastorale alla luce del risultato
della santa Visita anche con il Consiglio
Presbiterale e il Consiglio Pastorale
Diocesano, il giorno 8 settembre, con
una solenne concelebrazione nella nostra
Cattedrale, egli consegnava a tutta la
nostra Chiesa la Lettera dopo la Visita
Pastorale per una rinnovata opera di
educazione alla fede “Colui che ha iniziato
in voi quest’opera buona, la porterà a
compimento” (Fil 1, 6).
Nello stesso giorno Mons. Orofino affidava
a tutti i parroci i decreti attuativi ovverosia
i documenti contenenti le disposizioni
del Vescovo in materia amministrativa
e pastorale per ogni singola parrocchia,
disposizioni necessarie per rendere
efficace la Visita stessa.
Il Direttorio per il ministero pastorale
dei Vescovi Apostolorum Successores,
pubblicato nel 2001, dice, infatti, al n.
224 «Conclusa la visita pastorale alle
parrocchie, è opportuno che il Vescovo
rediga un documento che testimoni
l’avvenuta visita per ciascuna parrocchia,
dove ricordi la visita svolta, apprezzi gli
impegni pastorali e stabilisca quei punti
per un cammino più impegnato della
comunità, senza tralasciare di far presente
lo stato dell’edilizia di culto, delle opere
pastorali e di altre eventuali istituzioni
22
Immagine di repertorio
pastorali».
Dando seguito a una decisione più volte
espressa nel corso di questi ultimi anni,
il nostro Vescovo ha ripreso da gennaio a
visitare le comunità parrocchiali.
Il Pastore visita le comunità sempre con
la volontà di edificare il Corpo di Cristo
che è la Chiesa; è per tutti noi un grande
segno di speranza perché dalla parola
del Vescovo il nostro cammino viene
confermato e può ritrovare sempre nuovo
slancio: ci riscopriamo insieme fondati in
Cristo, pietra angolare della nostra vita e
di tutta la storia umana, esistenziamente
legati a Lui, appartenenti a Dio nostro
Padre perché figli nel Figlio, per sua grazia
e per dono del suo amore infinito. Non
siamo noi i giudici di noi stessi e il nostro
essere con Cristo ha bisogno di essere
corretto e confermato dal giudizio della
Chiesa intera e, in modo proprio, da colui
che guida la nostra Chiesa presiedendola
nell’unità dell’amore.
Questa verifica del cammino pastorale
si svolge in due momenti. Ogni singolo
parroco viene a Tricarico a far visita
al Vescovo in un giorno prestabilito
e viene ricevuto dapprima negli uffici
della Curia. Qui può presentare tutti i
documenti necessari per una verifica
della
sua
amministrazione
della
Parrocchia alla luce delle disposizioni
del decreto attuativo della santa Visita:
i registri contabili della Parrocchia, il
libretto bancario o postale del deposito
della Parrocchia intestato al parroco protempore, il libretto intestato al parroco
in quanto presidente del Comitato
Festa, i documenti di proprietà dei beni
immobili (chiese, casa parrocchiale,
locali di ministero e altri beni dei quali
la parrocchia è proprietaria), i documenti
aggiornati
del
catasto
riguardanti
queste strutture, il registro dei verbali
del Consiglio per gli affari economici, il
registro dei verbali del Consiglio Pastorale
Parrocchiale, il libro di inventario dei
beni mobili della parrocchia e altri
documenti utili. Subito dopo l’incontro
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
con Mons. Orofino nel quale la verifica si
fa ascolto, dialogo e confronto circa tutti i
punti riguardanti nello specifico la guida
amministrativa e pastorale della propria
comunità parrocchiale.
Il Vescovo poi trascorre normalmente il
fine settimana nella parrocchia visitata,
incontrando il Consiglio Pastorale e
il Consiglio per gli affari economici e
celebrando nel giorno di Domenica la
santa Messa insieme alla comunità
durante la quale spesso amministra
il Sacramento della Cresima. Allora il
Pastore esercita la sua guida paterna, fa
crescere il popolo di Dio con la Parola del
Signore da lui spezzata e con l’Eucarestia
che è il nutrimento per tutti noi che
desideriamo e vogliamo essere sempre
più Corpo di Cristo all’interno della storia
delle nostre comunità, chiamati a vivere
perché Chiesa «la missione di annunziare
e instaurare in tutte le genti il regno
di Cristo e di Dio», ed essere «il germe e
l’inizio» di questo Regno.
VITA DIOCESANA
VITA DIOCESANA
Immagine di repertorio
23
VITA DIOCESANA
VITA DIOCESANA
di Vito sacco
24
I ministri straordinari della comunione della Diocesi
di Tricarico hanno cominciato sabato 11 dicembre
2010 il cammino di formazione per l’anno pastorale
2010/2011. Guidati dal
direttore dell’Ufficio liturgico diocesano,
monsignor Paolo Ambrico, stanno incontrandosi la domenica mattina, nel salone
della parrocchia Madonna di Pompei di
Garaguso scalo, per approfondire il senso del proprio ministero, portare l’eucaristia alle persone anziane, ammalate e
impedite.
La formazione è intesa a far capire ai
ministri straordinari che il loro ministero
è un servizio della Chiesa e, quindi, della
parrocchia svolto attraverso di loro e che
non è un fatto puramente meccanico: i
ministri straordinari della comunione
devono avere coscienza che ci vuole una
cura particolare alle persone a cui si porta il viatico.
Durante gl’incontri del 13 febbraio e del
13 marzo scorsi, il tema della riflessione
è stata la sofferenza. Due gl’interrogativi
posti: perché? Perché io?
Il primo è
un interrogativo che interpella la persona
soprattutto quando è chiamata a vivere
un’esperienza segnata dal dolore e dalla
sofferenza, di fronte alla quale o resta disorientato o passa alla ribellione, al rifiuto, al rigetto se non proprio alla disperazione. Accettare la vita, però, significa
anche mettere in conto la sofferenza sia
fisica, sia morale e spirituale e la stessa
morte.
Il secondo interrogativo, invece, si riferisce alla drammaticità dell’esperienza della sofferenza quando tocca a ognuno,
personalmente. Perché proprio a me?
A che cosa mi può servire? Come reagire?
Perché agli altri no e sono felici?
Questi sono gl’interrogativi che ciascuno si pone
quando è toccato personalmente da un’esperienza di dolore o di sofferenza
e
che
alimentano
inquietudine e ribellione
che possono portare alla
depressione a alla disperazione. Un messaggio semplicemente consolatorio però, ha spiegato don Paolo
Ambrico, aiuta le persone ad accettare
passivamente e con rassegnazione la
propria condizione, condannandole alla
tristezza e a una maggiore solitudine.
Invece, “far capire il valore della sofferenza sul piano spirituale – ha proseguito –
è una scoperta che aiutiamo a far fare
agli ammalati: sono quelli più vicini al
mistero di Cristo che ha salvato la storia
umana attraverso la sofferenza, perché
sono stati chiamati a collaborare con lui
per salvare la storia umana di oggi attraverso la sofferenza”. Quindi, aver cura di
un ammalato significa aiutare a fargli capire che il suo compito, in quel momento,
è fondamentale per i bisogni della Chiesa
e dell’umanità; aiutarlo a capire questo
significa aiutarlo a dare un senso alla
propria condizione. In questo senso va la
testimonianza della Serva di Dio Maria
Marchetta la quale, dopo aver provato la
ribellione e il rifiuto per la sua malattia
che l’ha costretta a letto, ha capito il
compito che il Signore le ha affidato
attraverso la sofferenza e ha offerto la
sua vita per l’unità dei cristiani.
I ministri straordinari della comunione
s’incontreranno ancora il 22 maggio,
per poi terminare con il ritiro spirituale
nel Seminario di Potenza il 2 giugno,
durante il quale sarà programmato l’annuale pellegrinaggio e il calendario degli
incontri dell’anno pastorale 2011/2012
da inserire nella prossima agenda pastorale diocesana.
Basilicata:
una Regione
sott’acqua
ed un popolo
in sofferente
apnea
Di Anna Giammetta
Lo scorso 1° Marzo la nostra Regione è
stata interessata, per diverse ore, da
una pioggia fitta e battente. È emergenza
maltempo in Basilicata. I fiumi Bradano,
Basento, Agri, Sinni, Cavone e il torren-
Il Cupone - Tricario
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
te Bilioso esondano. La protezione civile
rende noto che “il 90 per cento delle strade provinciali e statali sono chiuse o impraticabili”. L’appello agli automobilisti è
a non mettersi in viaggio.
Situazione critica sulla superstrada
Basentana, nei pressi dello svincolo per
Pisticci e nelle strade di collegamento
Ferrandina e a Salandra. Numerose frane
e numerosi automobilisti in difficoltà.
I centralini dei vigili del fuoco sono
sommersi dalle telefonate. Rallentamenti
sulle strade statali 655 Bradanica nei
pressi della zona industriale di San
Nicola di Melfi dove ha sede la Fiat,
598 di Fondovalle d’Agri e 401 dell’Alto
Ofanto e del Vulture.
Sospesa, ad un certo punto, la circolazione
ferroviaria tra Salandra e Ferrandina
mentre sulla Metaponto-Potenza la sede
ferroviaria è allagata.
È il crollo! Il crollo di strade, cunette,
pezzi di montagne, argini di fiumi che
trascinano tra il fango ed i detriti anche
l’economia di questa terra tanto ricca di
territori variegati quanto povera, da anni,
di politiche di sviluppo risolutive.
Travolto da detriti, fango ed acqua cede
anche il ponte, Caciano 2, sulla Strada
Provinciale 407 Basentana, unica spina
dorsale di asfalto tra Matera e Potenza.
Il fondo stradale si
sbriciola creando un
dislivello di due metri e
la strada viene chiusa
al traffico. Ci vorranno
ben
tre
settimana
(e tutti gli elogi dei
mezzi di informazione
all’Anas
Regionale
per la celerità) per
decidere di riaprire
una carreggiata del
ponte a doppio senso.
Già, ben tre settimane
per
stimare
la
pericolosità o l’idoneità
dei pilastri. Tanto c’è
voluto per stilare una
TERRITORIO
TERRITORIO
25
TERRITORIO
TERRITORIO
26
perizia, mentre gli automobilisti ed i tanti
pendolari erano costretti a percorrere
una interminabile deviazione di circa
30 chilometri, inerpicandosi lungo i
tornanti di Tricarico. Eppure, abbiamo
letto qualche giorno fa, sul Corriere della
Sera, di un’autostrada, in Giappone,
completamente ricostruita dopo solo una
settimana dal tremendo terremoto che
l’aveva distrutta squarciandola in due.
Ma stiamo parlando di un altro Stato.
Dall’altro capo del mondo. Torniamo,
invece, alla nostra Basilicata, ed alla
sua ultima disavventura atmosferica.
Un disastro più volte annunciato. Lo
stesso pilone ceduto, dal 2004, era sotto
controllo dell’Autorità di bacino, e già
dal 2003 presentava l’affioramento delle
fondazioni su cui si poggiava, e quindi
esposto alla forza erosiva del fiume. Ma
non solo il pilone crollato presentava
queste criticità, anche altri. Nel 2005 si
provvide con la costruzione di gabbioni
per evitare la continua erosione, ma
anche questo sistema subì deformazioni
causate dalla forza dell’acqua. Lo stato
di allarme ci fu fino al 2007. Allarme poi
rientrato negli anni successivi. Il resto è
cronaca di questi giorni.
Calciano 2 diventa così, tristemente il
simbolo di una giornata apocalittica
ma anche dell’incuria dell’uomo e
dell’abbandono della politica regionale.
Come al solito, infatti, le tragedie non
sono mai completamente colpa della
natura. E quei 100 mm di pioggia in 48 ore
Viadotto
V
Vi
d
C
Calciano
l i
2
non avrebbero causato questo disastro
se non ci fossero stati alcuni importanti
variabili idrogeologiche e umane.
C’è sempre, infatti, la mano dell’uomo,
il suo intervento, la sua assenza o
comunque la sua complicità nel dissesto
del territo che aggrava gli effetti e le
conseguenze dei fenomeni naturali.
Si fatica a pensare che forse il futuro può
dipendere anche dalla nostra capacità
di ‘abbandonare’, o forse gestire meglio,
i traguardi che si sono raggiunti nella
scienza e nella tecnica. Per molti è
inconcepibile immaginare o progettare
un futuro, con una vita più semplice e
sobria,(più colture, più alberi, più rispetto
per i corsi d’acqua ecc..) quasi fosse un
‘tornare indietro: sarebbe come un dover
confessare che, quello che si credeva
progresso, era di fatto un camminare
fuori strada!Ma sta di fatto che oggi ci
ritroviamo con una Regione sott’acqua ed
un popolo in sofferente apnea.
CULTURA
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
di Rocco Gentile
Come giungere ad una
vera Carità, cioè ad una
Carità nella Verità? Approfondendo questa domanda
ci chiediamo: cosa blocca
l’uomo del III millennio sul
percorso verso una vera
Carità? La risposta che
Benedetto XVI dà riguarda
l’uomo, ogni uomo, e lo
sviluppo dei popoli. Senza
vera Carità non c’è uno
sviluppo vero, cosa che significa che non vi è uno
sviluppo che corrisponde
esattamente
al
bene
dell’uomo. Il blocco è da ricercare nell’atteggiamento, già indicato nei precedenti articoli, che l’uomo
ha nei confronti di se stesso, della sua vita e della
natura. In realtà, l’uomo
di cui parla il Papa, Teologo e Filosofo, è quello moderno e postmoderno che,
nel riconoscere l’ampio
spazio di possibilità della
propria libertà, si spinge
persino oltre la propria natura e perciò stesso oltre il
rispetto di se stesso. Da
buon interprete della modernità il Pontefice mira a
mostrare il difetto che intravide l’uomo moderno e
che attua l’uomo postmoderno, dedicando il sesto
capitolo dell’Enciclica a
“Lo sviluppo dei popoli e la
tecnica”. Come i maggiori
filosofi del Novecento, anche Benedetto XVI sottolinea
la
problematicità
dell’uso della tecnica, in
particolare da parte di un
uomo che si considera
soggetto (subiectum) autod e t e r m i n a n t e s i
nell’espressione delle proprie abilità, delle proprie
conoscenze e delle proprie
possibilità che non devono
avere nessun tipo di “freno” perché la propria azione sul mondo non può che
portare progresso e sviluppo. Questo atteggiamento,
che ritiene la tecnica stessa un semplice strumento
neutro (spesso si usa
l’espressione riguardo al
bene o al male di una determinata tecnica o tecnologia: “dipende dall’uso
che se ne fa!”)e giudicabile
“buono” o “cattivo” solo in
base al risultato che fa ottenere, “diminuisce” la coscienza morale dell’uomo
nel senso che la “depotenzia”. Il distacco della coscienza dalla realtà in questo modo è quasi certo, dal
momento che non si giudica più la realtà per quella
che è, ma per quella che
potrebbe essere e che possiamo raggiungere attraverso un determinato pro-
cedimento tecnico. Ciò che
conterà sarà appunto soltanto il risultato che si
raggiungerà. In tale percorso lo sviluppo di un
uomo e dell’umanità diventa sempre più la conquista di mete mitiche e di
risultati insperati, per i
quali non ha più importanza il come li si ottengono e le strade attraverso le
quali si raggiungono. Si
potrà pensare persino di
compiere un male per ottenere un bene! E, nell’epoca della tecnica, è sempre
più comune questo giudizio fino alla neutralizzazione morale degli atti che si
compiono perché, in fondo, c’è sempre un motivo
buono (o comunque dove
“non c’è nulla di male!”)
per compierlo. Neutralizzato l’atto dal punto di vista morale (che razionalmente significa dal punto
di vista del suo senso e del
suo valore) il “novus homo”
è autosufficiente nell’agire
e nella giustificazione del
suo agire in base a ciò che
maggiormente gli torna a
vantaggio
eliminandogli
difficoltà, sacrificio e fatica. <<Lo sviluppo tecnologico può indurre l’idea
dell’autosufficienza della
tecnica stessa quando
l’uomo,
interrogandosi
solo sul come, non considera i tanti perché dai
quali è spinto ad agire.
È per questo che la tecnica
assume un volto ambiguo.
Nata dalla creatività umana quale strumento della
CULTURA
Signoria della tecnica e depotenziamento della coscienza
27
CULTURA
CULTURA
28
libertà della persona, essa
può essere intesa come
elemento di libertà assoluta, quella libertà che vuole
prescindere dai limiti che
le cose portano in sé>>
(Benedetto XVI, Caritas in
Veritate,n. 70). Pensare di
poter raggiungere posizioni comode e che facilitano
il lavoro o, in generale, la
vita quotidiana, non può
far dimenticare (anche
se l’atteggiamento –oserei
dire- esce dalle “maglie”
della semplice volontà entrando in quello di un vero
e proprio automatismo che
quasi obbliga a comportamenti “senza riflessione”,
come possono giudicarsi
gli automatismi)che ogni
atto, anche il semplice alzare o abbassare un interruttore, è atto umano e
perciò stesso libero e responsabile. Su questo ci
si dovrebbe spendere più
diffusamente. Qui basti
comprendere che di fatto
la tecnica cambia la percezione e il giudizio su un
atto
cambiandone
la
comprensione e manifestazione della libertà.
Oggi infatti, il ragazzo
della playstation o di Facebook dà una lettura decisamente meno propria
della libertà, come anche
l’adulto delle biotecnologie
e delle nanotecnologie.
Una libertà che però non
risponde (responsabilità!)
alla umanità di quel ragazzo o di quell’adulto è una
libertà destinata a consumare l’umano senza valorizzarlo veramente.
<<La tecnica attrae fortemente l’uomo, perché lo
sottrae alle limitazioni fisiche e ne allarga l’orizzonte. Ma la libertà umana è
propriamente se stessa,
solo quando risponde al
fascino della tecnica con
decisioni che siano frutto
di responsabilità morale.
Di qui l’urgenza di una formazione alla responsabilità etica nell’uso della tecnica. A partire dal fascino
che la tecnica esercita
sull’essere umano, si deve
recuperare il senso vero
della libertà, che non consiste nell’ebbrezza di una
totale autonomia, ma nella
risposta all’appello dell’essere, a cominciare dall’essere che siamo noi stessi>> (Ibidem).
Il Papa vuole sottolineare
che non vi può essere uno
sviluppo degli uomini e dei
popoli che salti a piè pari
questa problematica, cioè
che non si renda conto di
quanto pericolosa possa
essere “eccedenza” di tecnica rispetto alla natura
umana. L’uomo stesso diventa altro e, nell’alleanza
che si crea tra produzione
e mercato, di quanto pericolosa possa essere la dittatura dell’interesse economico che, sfruttando le
velocizzazioni tecniche nel
“sonno” della coscienza
morale, crea in serie le
mine per una vera e propria esplosione dell’umano
oltre che dell’ambiente
dentro cui vive. Ciò che si
potrebbe realizzare, e che
si è realizzato in molti pas-
saggi della storia fino alla
recente crisi, è la crescita
di una impersonalità individuale (cioè dei singoli individui) e sociale.
In altri termini, è come se
si sia diffusa la convinzione che tutto ciò che accade nel mondo è il frutto di
un terzo che non ha un
volto e perciò stesso non
ha una coscienza e che,
quindi, si può fare tutto
perché non vi è mai una
coscienza che possa rendersi conto criticamente
dei fatti, dei pericoli delle
produzioni tecnico-scientifiche come della “immoralità” di alcune (per essere
buoni!) speculazioni finanziarie. Persino la pace –
dice l’Enciclica al numero
71- rischia di essere considerata una mera costruzione umana dove prevale
la ricerca tecnica di equilibri piuttosto che la crescita della coscienza che è
pienamente informata dal
Valore.
<<Questa possibile deviazione della mentalità tecnica dal suo originario alveo umanistico è oggi evidente nei fenomeni della
tecnicizzazione sia dello
sviluppo che della pace.
Spesso lo sviluppo dei popoli è considerato un problema di ingegneria finanziaria…(…)
Lo sviluppo è impossibile
senza uomini retti, senza
operatori
economici
e
uomini politici che vivano
fortemente
nelle
loro
coscienze l’appello del
bene comune>> (n. 71).
DALLE PARROCCHIE
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
Il 19 dicembre 2010, a Gorgoglione, nel
salone della Chiesa di S. Domenico
Savio, è stato inaugurato l’oratorio sotto
la guida del nuovo Parroco Don Paolo
Dinota. Tutta la comunità ha accolto
con gioia l’iniziativa, sicuramente tra le
più attese dopo l’arrivo del nuovo
Parroco. Infatti è opinione condivisa
che i ragazzi e i giovani, oltre la famiglia
e la scuola, debbano avere un luogo di
riferimento certo, aperto alle loro
esigenze di incontro e di confronto tra
pari, in un tempo concordato e condiviso
e con una guida umana e spirituale
carismatica grazie alla quale possano
sentirsi accolti, rispettati, aiutati,
inseriti in un contesto ospitale e su
misura delle loro più autentiche
esigenze, in una parola un luogo e un
tempo nei quali sentirsi protagonisti
della propria crescita. La cerimonia di
inaugurazione è stata semplice e
coinvolgente, erano presenti non solo i
ragazzi e i giovani direttamente
interessati, ma anche le loro famiglie,
tanti ospiti di tutte le età, il Sindaco e le
autorità locali e il Vescovo Mons.
Vincenzo Orofino, che con la sua
paterna e autorevole presenza ha dato
il sigillo del valore umano, sociale e
spirituale all’iniziativa. Il Vescovo ha
tagliato il nastro ed è entrato per primo
nel salone, seguito da tutti i presenti,
poi ha presentato l’oratorio per ciò che
di fatto è nella sua autenticità: un
luogo di incontro e di crescita integrale
per tutti, non solo per i giovani, per cui
tutti sono chiamati a contribuire alla
cura e alla riuscita dell’iniziativa.
Il buffet, perfetto nell’allestimento,
preparato dalle mamme con gusto e
cura dei particolari, era ricco di colori
ma soprattutto di leccornie di ogni tipo,
ce n’era per ogni gusto! I ragazzi del
corso di chitarra hanno allietato con le
loro performans il momento della festa.
L’oratorio è aperto tre giorni a settimana
dalle 18,00 fino alle 20,00 circa; oltre
gli incontri di rito ci sono state già
iniziative
straordinarie
tra
cui
ricordiamo: la tombolata di Natale, la
proiezione di film educativi e di attualità
a cui fa seguito la discussione, la festa
di Carnevale.
Teresa Spagnuolo
Maria Teresa Gagliardi
DALLE PARROCCHIE
Una festa attesa per i ragazzi e i giovani di Gorgoglione
29
DALLE PARROCCHIE
Garaguso: ammalati e nonni in festa
DALLE PARROCCHIE
Di Anna Santoro
30
Nella ricorrenza della memoria della
Madonna di Lourdes, anche la comunità
parrocchiale di Garaguso ha celebrato
la XIX Giornata dell’Ammalato che
nell’occasione è diventata una “Festa
dei nonni”. Un considerevole gruppo
di anziani si è ritrovato nel pomeriggio
nella piccola e accogliente Cappella sita
nella casa delle Suore Discepole di Gesù
Eucaristico. Oltre che un momento forte
dal punto di vista spirituale, la giornata è
risultata essere una importante occasione
di incontro tra gli anziani, i loro famigliari,
e una parte della comunità molto giovane.
Il pomeriggio ha avuto inizio alle 16:30
con la preghiera del rosario, seguita
dalla Celebrazione Eucaristica presieduta da don Giuseppe Abbate.
Dopo la celebrazione si è vissuto insieme
un altro momento significativo. Gli anziani
e gli ammalati presenti nella sala della
casa delle suore hanno potuto assistere
ad una piccola rappresentazione tenuta
dai bambini della quinta elementare.
I ragazzi, incoraggiati e preparati dalla
dinamica Sr. Rosalba, hanno intrattenuto
per qualche ora quanti erano presenti,
con una serie di scenette e di poesie in
dialetto, costringendo alla fine anche
i meno giovani a scatenarsi con loro
in una atipica tarantella. Ha chiuso la
giornata un momento di condivisione.
Un’esperienza sicuramente da ripetere.
Una interazione straordinaria tra due
generazioni sempre più distanti. Un invito
chiaro, soprattutto ai più giovani, perché
siano maggiormente sensibili ai temi della
sofferenza e della solitudine, consapevoli
dei doveri che l’intera comunità dovrebbe
avere verso queste persone.
Come di consueto, nei
primi vespri della prima
domenica
d’Avvento,
sabato 27 novembre 2010,
la Comunità del Seminario
Maggiore Interdiocesano
di Basilicata in Potenza,
si è radunata presso la
Cappella dell’Immacolata
Concezione” per vivere un
momento di particolare
rilievo nell’iter formativo
dei giovani seminaristi;
ovvero il conferimento
del sacri ministero del
Lettorato a otto ragazzi del
IV anno e dell’Accolitato a 6
del V anno. A presiedere la
Solenne Concelebrazione
Eucaristica è stato S. E. Rev.ma Mons.
Vincenzo Carmine Orofino, Vescovo di
Tricarico, con i rispettivi parroci di origine
e di pastorale di ciascun seminarista.
Questo momento è stato preparato
già dall’inizio dell’anno con le catechesi
quindicinali tenute dal vice-rettore, don
Filippo Nicolò, che prendendo in esame la
“Sacrosanctum Concilium”, la Ratio Formationis dei Vescovi Italiani, il documento “ministeriam quaedam” di papa Paolo
VI si è soffermato su ciò che comporta
essere ministri istituiti nella Chiesa, sia
da lettori che da accoliti. A tal proposito
ha esposto i contenuti teologici, pastorali
e la prassi liturgica che essi presuppongono per chi si accinge a riceverli. Oltre
a questo momento di “catechesi” e riflessione tutta la comunità si è radunata
per invocare l’assistenza e la protezione
di Gesù Cristo e dello Spirito Santo, nella veglia-adorazione eucaristica che si è
svolta giovedì 25 novembre 2010, presieduta da don Pasquale Giordano, animatore del Biennio filosofico.
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
Vincenzo Cantore riceve il Ministero dell’Accolitato
Con spirito di umiltà e di accettazione
dei doni di Dio che, in modo gratuito
elargisce nella nostra vita, siamo giunti al
giorno della Celebrazione dell’istituzione.
Essa che ha avuto inizio con la chiamata
dei candidati da parte del diacono e la
successiva risposta con l’esclamazione
“eccomi” da parte degli istituendi. Alla
chiamata ha fatto seguito l’omelia di
Mons. Orofino in cui in prima istanza il
vescovo ha delineato il tempo liturgico
che stava iniziando, soffermandosi sulle
letture proclamate nella liturgia della
Parola. In seguito ha incentrato la sua
riflessione sul senso della vocazione
come una libera e amorosa chiamata
da parte di Dio, a cui segue una libera e
responsabile adesione del chiamato. Tale
risposta viene esplicitata e seguita nella
Comunità Ecclesiale dal proprio Vescovo,
dal Seminario, dal parroco e dalla famiglia.
Su quest’ultimo ambito il Vescovo si
è soffermato in modo particolare per
esprimere la sua vicinanza alle famiglie
dei seminaristi, e le ha invitate a dare
DALLE PARROCCHIE
DALLE PARROCCHIE
31
DALLE PARROCCHIE
DALLE PARROCCHIE
32
fiducia e responsabilità ai propri figli e ad accompagnarli con la preghiera.
Inoltre il Vescovo rivolgendosi ai lettori li ha sollecitati affinché la Parola di Dio
che proclameranno la sappiano accogliere, meditare ogni giorno per acquistare una
conoscenza più viva e penetrante per poi saper rendere testimonianza con la loro vita
al Signore Gesù Cristo. Infine
e
rivolgendosi agli accoliti li ha
a
invitati a vivere sempre più
ù
intensamente il sacrificio dell
Signore nella Celebrazione
e
Eucaristica, per conformar-vi sia il proprio essere che ill
proprio operare, diventando
o
parte dell’unico corpo misti-co di Cristo, la comunità deii
credenti, così da amare con
n
sincerità e dedizione le sue
e
componenti più deboli e più
ù
povere. Significative sono sta-te le parole pronunciate dall
Vescovo sia ai lettori: “ricevii
il libro delle sante Scritture e
trasmettere fedelmente la Pa-rola di Dio, perché germogli e
fruttifichi sia nella propria vita
a
che nel cuore di tutti gli uomi-ni “; che agli accoliti: “ricevi ill
vassoio con il pane per la cele-brazione dell’Eucarestia, e la
a
tua vita sia degna del servizio
o
alla mensa del Signore e della
a
Chiesa”.
La giornata si è conclusa
a
con un momento di festa e dii
fraternità con i sacerdoti, fa-miliari e amici.
L’augurio espresso aii
lettori e agli accolti è stato
o
quello di non svolgere solo
o
un servizio tecnico-liturgico
o
ma i gesti che si compiranno
o
nell’atto liturgico, possano
o
divenire espressione di una
a
vita di fede e di sequela
a
totalmente conformata a
Cristo presente nella Parola e
nell’Eucarestia, così da poterr
essere veri testimoni perr
l’umanità di oggi.
N. 114 - gennaio/febbraio/marzo 2011
17 D Le Palme
20 M Messa Crismale S. Antonio Tricarico
23 S Sabato Santo. Accettura: Ritiro Universitari e Giovani Lavoratori
24 D Pasqua di Risurrezione
30 S Garaguso Scalo Incontro Unitalsi. AC: Educazione al Bene comune (a cura
del Settore adulti di AC)
1
D
Pellegrinaggio diocesano al Santuario di Fonti
Cursillos: Pellegrinaggio a Pompei
2 L AC: Incontro formativo per responsabili diocesani
3 M Gorgoglione: Incontro di Clero
Potenza: ore 19,30: Incontro Universitari (Principe di Piemonte)
8 D Pastorale Familiare: Festa della mamma.
14 S AC: Sichem (Ritiro spirituale)
15 D AC: Sichem (Ritiro spirituale).
Corso di preparazione al matrimonio: zona Val Basento-zona Val D’Agri.
Scuola di formazione per catechisti - Ritiro spirituale
18 M Bari: ore 18,30: Incontro Universitari (Villaggio del Fanciullo)
21 S Unitalsi. Pellegrinaggio regionale a San Giovanni Rotondo
23 L Roma: ore 18,30: Incontro Universitari (Chiesa S. Ippolito)
24 M Siena: Incontro Universitari
29 D Garaguso Scalo Incontro Unitalsi
8
19
22
26
M Potenza: ore 19,30: Incontro Universitari (Principe di Piemonte)
D Santissima Trinità. Cursillos: Adesione al Movimento
M Santuario di Fonti: Incontro di Clero
D Corpus Domini. Garaguso Scalo Incontro Unitalsi
33
Scarica

fermenti 114.indd