CORSO FGLAW
MAGISTRATURA – AVVOCATURA
RASSEGNA DI DIRITTO ITALIANO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
UDIENZA PUBBLICA
DEL 23/10/2014
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARLO GIUSEPPE BRUSCO
Dott. CLAUDIO D'ISA
Dott. FELICETTA MARINELLI
Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO
Dott. LUCIA ESPOSITO
- Presidente - Consigliere - Consigliere - Consigliere -
S2T1-.1g.k
N.
5.12044.
REGISTRO GENERALE
N. 13345/2014
- Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorsi:p propost4 da:
ZAN1VAN GIANLUCA N. IL 02/10/1971
FAGNANI GIANMARIA N. IL 15/11/1937
avverso la sentenza n. 294/2012 CORTE APPELLO di TRENTO, del
04/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Ch-Q 4 4-fe-ex. 9~/_
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che ha concluso per ,tt
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Udito, per parte civile, l'Avv
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Ritenuto in fatto
1.La Corte d'Appello di Trento, concedendo a entrambi gli imputati il beneficio della
sospensione condizionale della pena, confermava nel resto la sentenza di primo grado che
aveva ritenuto Zanivan Gianluca e Fagnani Gian Maria, nella rispettiva qualità di direttore dello
stabilimento della ditta Dana SpA e di Presidente legale rappresentante della FASAF srl,
responsabili del reato di cui all'art. 590 commi 3 e 5 c.p., in relazione all'art. 583 comma 1 n. 1
c.p., perché, in cooperazione tra loro, cagionavano lesioni personali a Pesarin Giuseppe,
dipendente della Dana SpA, consistite nella frattura pluriframmentaria di tibia e malleolo
peronale della gamba sinistra. Allo Zanivan era attribuito di avere, nell'inosservanza del
disposto di cui all'art. 35 comma 1 D.Igs. n. 626 del 1994, messo a disposizione del lavoratore
una pressetta a mano di marca FASAF SRL montata su supporto metallico munito di ruote
pivottanti, non idoneo a garantirne la stabilità; al Fagnani di avere, nell'inosservanza del
disposto di cui all'art. 6 comma 2 Digs. n. 626 del 1994, fabbricato e di seguito venduto la
suddetta pressetta a mano, così che, nello spostare la pressetta dalla sua sede abituale per
portarla in manutenzione con l'aiuto di un collega, arrivato in prossimità di un tunnel
passacavi, le ruote si impuntavano e giravano, provocando lo sbilanciamento della pressetta,
che cadeva addosso al lavoratore cagionandogli le indicate lesioni.
2.0sservavano i giudici del merito che la pressa, per come concepita, assemblata e usata non
offriva alcuna garanzia di sicurezza durante gli spostamenti su ruote, in presenza di ostacoli di
normale prevedibilità in un ambiente di lavoro. In ragione della immediata percepibilità della
pericolosità della macchina, ravvisavano la sussistenza tanto della colpa generica, quanto dei
profili di colpa specifica contestati.
3. Rilevavano che dall'ordinativo della macchina era possibile ricavare che essa era stata
commissionata come munita di carrello con ruote, talché il produttore si sarebbe dovuto dare
carico di produrre e mettere a disposizione un attrezzo sicuro non suscettibile di inciampi e
rovesciamenti durante l'uso.
5. Avverso la sentenza propongono ricorso per Cassazione gli imputati.
6. Zanivan deduce, con riguardo all'addebito di colpa generica, "mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione: difetto di accertamento e di prova dell'elemento
psicologico; errata interpretazione ed applicazione di norme giuridiche: violazione art. 606 co.
1 lett. b), c) ed e) con riferimento agli artt. 40, 41 e 43 c.p. e artt. 516, 521 e 522 c.p.p.".
6.1.0sserva che la Corte aveva travalicato l'ambito dell'accusa, poiché nell'imputazione non
era stato indicato quale addebito di responsabilità la mancata adozione di "correttivi
riequilibratori" per ovviare alla pericolosità dell'attrezzatura, profilo di colpa ritenuto, invece, in
sentenza. Rileva che la struttura del supporto carrellabile era piramidale e non a forma di
parallelogramma come affermato in sentenza. Evidenzia, inoltre, che la Dana, richiedendo la
pressetta su carrello di supporto con ruote, aveva commissionato alla Fasaf un macchinario
munito di certificazione di conformità CE e che il carrello era stato progettato e realizzato dalla
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ditta produttrice, che aveva anche scelto la tipologia delle ruote. Osserva che non era
comprensibile il ragionamento della Corte secondo cui, a fronte di una certificazione CE che
garantisce l'acquirente, l'imputato avrebbe dovuto dubitare della conformità dell'attrezzatura e
predisporre autonomamente i controlli. Evidenzia, altresì, che la Corte non aveva tenuto conto
che per la verifica in concreto del rispetto della normativa di sicurezza era stata individuata
una specifica figura di preposto, il quale era colui che era presente al fatto e aveva dato
l'ordine al lavoratore, scegliendo le modalità operative per lo spostamento.
6.2. Con il secondo motivo deduce mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione: errata interpretazione ed applicazione di norme di diritto, procedurali e
sostanziali: violazione art. 606 co. 1 lett. c) ed e) con riferimento agli artt. 40, 41 e 42 c.p.
Rileva che non si chiarisce quale verifica avrebbe potuto compiere l'imputato in presenza di
una certificazione CE che garantiva tale verifica come fatta dal produttore e certificatore,
anche in relazione al carrello, indissolubilmente collegato con l'attrezzatura, non essendo
richiesto allo Zanivan di effettuare autonome prove per verificare la rispondenza
dell'attrezzatura alle norme di settore.
6.3. Deduce, ancora, violazione di legge e vizio motivazionale in punto di estromissione e
risarcimento dei danni della parte civile. Rileva che, anche se presentatasi in udienza in
prosecuzione del giudizio di primo grado, la parte civile aveva intrapreso autonomo giudizio
civile e che la Corte aveva rigettato l'eccezione formulata dalla difesa ai sensi dell'art. 84 c.p.
Evidenzia di aver regolarmente adempiuto alla propria quota di soccombenza in relazione
anche alle spese processuali, talché doveva essere riformata la sentenza in punto di condanna
alla provvisionale e alle spese legali.
7. Fagnani, a sua volta, deduce con il primo motivo violazione dell'art. 27 della Costituzione,
degli artt. 40, 41, 43 e 113 c.p., nonché degli artt. 192, 544 e 546 c.p.p. e correlati vizi
motivazionali sotto molteplici profili:
A) erronea individuazione dell'imputato quale soggetto penalmente responsabile, nella qualità
di Presidente e legale rappresentante della società venditrice del prodotto, ancorché costui non
avesse curato la gestione dell'affare nelle varie fasi, dal ricevimento dell'ordine commissione
alla consegna del macchinario e del libretto di istruzioni. Rileva che la Corte territoriale aveva
dichiarato la responsabilità dell'imputato perché "aveva posto in circolazione l'apparecchiatura
malsicura", senza considerare che la società FASAF s.r.l. per statuto è amministrata da un
consiglio di amministrazione composto da tre membri; che per prassi consolidata l'ordinaria
amministrazione era stata svolta sempre dai singoli consiglieri e che del ricevimento e della
trattazione del macchinario in argomento si era occupato altro amministratore, sig. Pietro
Franchino; che il Giudice di prime cure aveva errato quando aveva affermato che non vi era
documentazione probante la ripartizione dei compiti, potendo desumersi la delega di
responsabilità anche in assenza di atto scritto, come nella specie, in cui il Franchino aveva
trattato e curato personalmente l'operazione commerciale. Rileva che non poteva applicarsi
alla fattispecie contestata la normativa speciale (art. 16 Dlgs. N. 81/1998) che impone la
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delega scritta per scriminare da responsabilità penale il datore di lavoro nei confronti dei propri
dipendenti.
B) insussistenza di colpa specifica (inosservanza del disposto dell'art. 6 comma 2° D. leg.vo
19/9/1994 n. 626) nella condotta ascritta all'imputato. Osserva che la norma citata vieta "la
vendita di attrezzature di lavoro.., non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari
vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro"; che la sentenza non precisa quali delle
suddette norme la condotta ascritta all'imputato avrebbe violato; che, stante l'omissione, non
poteva dichiararsi, pertanto, la ricorrenza di colpa specifica. Rileva che la pressetta in
argomento non necessitava di dichiarazione certificatoria CE, segnatamente in punto di
sicurezza delle fasi di spostamento; che ai sensi dell'art. 1 co. 5 lett. a) DPR n. 459, "sono
esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento : a) le macchine la cui unica fonte
di energia sia quella prodotta dalla forza umana direttamente applicata ad eccezione delle
macchine per il sollevamento di carichi o persone" e, di conseguenza, la pressetta in
discussione, la cui unica fonte di energia è quella prodotta dalla forza umana, non deve essere
certificata. Rileva, inoltre, che la pressetta rispondeva alla normativa in tema di sicurezza,
essendo dotata delle necessarie certificazioni previste dalla legge. Osserva che il libretto di
istruzioni, prevedendo che il macchinario "per il trasporto ... deve essere appoggiato su un
"pallet a norma europea" e fissato allo stesso tramite cinghie o reggie", conteneva
l'avvertimento all'acquirente circa il rischio di ribaltamento, tanto che il trasporto sulle ruote
pivottanti era vietato. Dalle richiamate indicazioni del libretto di istruzioni doveva concludersi
che non era consentito alcun uso difforme, pena l'inefficacia della certificazione contenuta nel
libretto e l'esclusione di ogni responsabilità e garanzia da parte della venditrice.
Rileva, inoltre, che la pressetta era stata sottoposta ad esame certificatorio commissionato a
terzo soggetto dotato di necessarie autorizzazioni amministrative allo scopo, talché, anche in
ragione del principio dell'affidamento, non poteva affermarsi che la colpa dell'incaricato
dell'opera di certificazione possa traslarsi al committente. Rileva che sul punto, ancorché
dedotto come motivo di gravame, la Corte d'Appello non si è pronunciata.
C) insussistenza di colpa generica. Rileva che l'assunto secondo cui la pericolosità era di
immediata percepibilità non era rispondente al vero per le caratteristiche in fatto della
macchina e del suo supporto; che era smentito dalle deposizioni dei testi che le ruote si fossero
girate provocando lo sbilanciamento; che era incontrovertibile che la pressetta si era
impuntata sul tunnel passacavi; che, esulando tale circostanza dal novero delle prestazioni
ordinarie, quindi prevedibili, era da escludersi che il costruttore-venditore fosse tenuto a
evitare l'evento in questione; che, nonostante ciò, nel libretto di istruzioni la Fasaf s.r.l. aveva
avvertito del rischio di ribaltamento, invitando l'utente alla massima attenzione.
D) insussistenza di nesso eziologico ex art. 41 c.p. tra l'atto illecito ascritto al prevenuto e
l'evento lesivo occorso. Rileva che la pressetta era dotata di ruote pivottanti per
microspostamenti e non per superare ostacoli di una certa dimensione come il tunnel
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passacavi. La causa esclusiva del danno era quindi imputabile etiologicamente agli operanti e
non alla venditrice.
Considerato in diritto
1.11 ricorso avanzato da Zanivan Gianluca è infondato e va rigettato.
1.1.Con riferimento alla motivo di ricorso sub 1), l'infondatezza del primo rilievo si apprezza
ove si consideri che la mancata adozione di correttivi riequilibratori della macchina è enunciata
in sentenza a completamento del principale addebito, quale possibile e non realizzata emenda
connessa alla carenza di base di un macchinario creato dal fabbricante come insicuro e
incautamente posto a disposizione dei dipendenti dai datore di lavoro. Ne consegue che
nessuna violazione del disposto degli artt. 516, 521 e 522 c.p.p. è ipotizzabile. Quanto, poi,
alla presunta individuazione di un preposto alla verifica del concreto rispetto della normativa di
sicurezza, si osserva che essa vale ai fini dell' esonero da responsabilità esclusivamente nel
caso di esistenza di una delega esplicita o implicita della posizione di garanzia, quest'ultima
ravvisabile nell'incarico conferito, anche in assenza di atto espresso, a una figura prevenzionale
specificamente preposta a garantire gli obblighi attinenti alla sicurezza, con la precisazione che
la delega non espressa presuppone una ripartizione di funzioni imposta dalla complessità
dell'organizzazione aziendale, che dipende comunque dalle dimensioni dell'impresa (Sez. 4,
Sentenza n. 16465 del 29/02/2008 Rv. 239537). In assenza di allegazione riguardo alla
presenza di siffatta delega nessun esonero di responsabilità è, pertanto, ipotizzabile.
1.2.In ordine al secondo profilo, si osserva che i marchi di conformità limitano la loro efficacia
(D. Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, artt. 6 e 36) a rendere lecita la produzione, il commercio
e la concessione in uso delle macchine che, caratterizzate dal marchio, risultano essere
rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nelle disposizioni legislative e
regolamentari vigenti, "ma la dotazione di tali marchi non da ingresso ad esonero dalle norme
generali del codice penale come è specificamente fatto chiaro anche dal testo del D.Lgs. 19
settembre 1994, n. 626, art. 35, comma 3, lett. b) e art. 37" (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 36889
del 22/05/2009 Rv. 244984). Ne consegue che correttamente è stata ravvisata la
responsabilità del datore di lavoro in relazione all'uso di una macchina che, prescindendo dalla
conformità CE, per come assemblata e in concreto utilizzata negli spostamenti, esponeva i
lavoratori a rischi del tipo di quello in concreto verificatosi.
1.3.In relazione al terzo motivo, si evidenzia che i rilievi riguardanti le statuizioni nei confronti
delle parti civili difettano di autosufficienza, in mancanza di allegazioni riguardo al tenore della
presunta domanda avanzata in sede civile e agli adempimenti risarcitori dell'imputato.
2. Diverso esito s'impone con riguardo al ricorso proposto dal Fagnani.
Ed invero in relazione al primo motivo di ricorso si evidenzia che in sede di appello erano state
sviluppate doglianze motivate, mediante riferimento a specifiche testimonianze che indicavano
tale Franchino Pietro, pure componente del consiglio di amministrazione, come l'interlocutore
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per l'azienda nell'acquisto del macchinario. Stando alle citate risultanze, costui avrebbe curato
la gestione dell'affare, a partire dall'ordine-commissione fino alla consegna, dal suo ufficio
personale, in sede diversa da quella ove operava l'imputato. Secondo ulteriore allegazione,
inoltre, ciascuno degli amministratori della Fasaf s.r.l. seguiva personalmente un suo pacchetto
clienti, talché il Fagnani nulla sapeva dell'esistenza dell'operazione commerciale. Rileva la
Corte che sui punti indicati difetta una compiuta disamina da parte della Corte d'Appello.
La sentenza, pertanto, va annullata con rinvio alla Corte d'Appello di Trento, con assorbimento
degli altri profili di doglianza, sui quali in ogni caso dovrà soffermarsi il giudice del rinvio.
3. Al rigetto del ricorso nei confronti di Zanivan Gianluca segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata nei confronti di Fagnani Gianmaria con rinvio per
nuovo esame alla Corte d'Appello di Trento.
Rigetta il ricorso di Zanivan Gianluca che condanna al pagamento delle spese processuali.
4
Così deciso in Roma il 23/10/2014
Il Co Sigl iere relatore
L cia Esp9sito
1A9(
2
))
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONEI
IV Sezione Penale
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
28 NOV. 2014
JNZICNARIO GIUDIZIARIO
Don Giovanni Rli
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