FLESSIBILITA’
anno scol. 2006/07
Classi: II sez. A – C – D
III sez. B
MOTIVAZIONE DELL’INTERVENTO
In un mondo globalizzato e sempre più
complesso percorso da conflitti religiosi,
economici, sociali, ambientali e da forti
flussi migratori, nasce la necessità di un
percorso educativo per un vivere sempre
più articolato ed attento ai valori della
convivenza civile e nel rispetto della
diversità. La tolleranza è una delle
prerogative per poter realizzare una
società aperta, democratica, civile e
multiculturale.
CONTENUTI - ATTIVITA’
 Passi scelti della S. Bibbia
 Ricerca di documenti sul tema
 Passi scelti da: ”Lettera sulla Tolleranza” di Locke

“
“
“
“Trattato sulla Tolleranza “ di Voltaire

“
“
“
“I sommersi e i salvati” di Levi
OBIETTIVI FORMATIVI SPECIFICI E TRASVERSALI
 Favorire lo sviluppo dell’autonomia, del senso di
responsabilità e dello spirito d’iniziativa;
 Educare a conoscere le ‘Alterità’;
 Costruire collaborazioni;
 Apprezzare le differenze;
 Accettare e promuovere il ‘meticciato culturale’;
 Accrescere la consapevolezza che le scelte e le azioni
individuali e collettive permettono la costruzione non
solo del presente, ma anche del futuro;
 Realizzare un mondo diverso, tollerante e sostenibile.
Rauschenberg
Rauschenberg
KAHLO
Il vostro Dio è il Signore dei signori, che non
usa parzialità e non accetta regali, rende
giustizia all’orfano e alla vedova, ama il
forestiero e gli dà pane e vestito: amate dunque
il forestiero , poiché anche voi foste forestieri
nel paese dell’Egitto.
Dt. 10,17-19
E voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno
solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli:
non chiamate nessuno sulla terra “padre”,
perché uno solo è il Padre vostro, quello del
cielo.
Mt. 23,8-9
Quando un forestiero dimorerà presso di voi nel vostro
paese, non gli farete torto. Il forestiero dimorante fra di
voi lo tratterete come colui che è nato tra di voi; tu lo
amerai come te stesso, perché anche voi siete stati
forestieri nel paese d’Egitto.
Lv. 19, 33-34
Così dovete educarvi: la nostra mente rimarrà
immacolata e parole offensive non usciranno dalle
nostre labbra. Dimoreremo gentili e compassionevoli,
senza malevolenza nel cuore. Abbracceremo ogni
persona in un flusso inesauribile di pensieri amorevoli,
e irraggeremo il mondo intero con pensieri di
benevolenza: ampia, espansiva, illimitata, libera da
ostilità, libera da superbia. Educate così voi stessi.
Scritture buddhiste
OSVALDO
LICINI
Voltaire: “Odio quello che dici,
ma difenderò fino alla morte il
tuo diritto di dirlo”
Locke: “Nessuno può dirsi
cristiano se impone ad altri la
sua religione con la forza e la
violenza”
Yellow Christ
GAUGUIN
TRATTATO SULLA TOLLERANZA
Nella Francia della metà del Settecento sono ancora
presenti forti contrasti ideologico - religiosi. La pratica della
tortura e dell'incriminazione sommaria è più che in uso e
basta poco perché un clima tanto avvelenato esploda in
ritorsioni estremamente violente verso gli esponenti della
parte avversa, quale che sia in quel momento.
In questo ambiente culturale Voltaire si batte contro quella
che definisce come "superstizione": un misto di fanatismo
religioso, irrazionalità e incapacità di vedere le gravi
conseguenze del ricorso alla violenza gratuita, alla
sopraffazione, alla tortura e diffamazione, che spesso
spazza via intere famiglie.
In particolare Voltaire rivolge la sua attenzione e l'opera
della sua penna a diversi casi di clamorosi errori
giudiziari finiti in tragedia. Tra i vari merita ricordare i più
famosi: il caso Calas, il caso Sirvet, e quello di La Barre.
Nella Francia del 1761 viene trovato morto, perché
impiccato ad un trave del suo granaio, il giovane Marc Antoine
Calas, figlio di un pastore protestante
ugonotto. Del ragazzo si vociferava che fosse sul punto
di convertirsi al cattolicesimo. In un clima ancora
ammorbato dai fanatismi religiosi e sospetti, la vox
populi comincia a mormorare che il ragazzo sia stato
ucciso dal suo padre, Jean Calas, per impedirne la
conversione. L'uomo viene imprigionato, giudicato
colpevole e mandato a morte "per ruota", cioè per
tortura, il 9 marzo 1762.
Voltaire predica, al posto di tanta inutile violenza, la carità
poiché "là dove manca la carità la legge è sempre crudele"
mentre "la debolezza ha diritto all'indulgenza". "La tolleranza
è una conseguenza necessaria della nostra condizione
umana. Siamo tutti figli della fragilità: fallibili e inclini
all'errore.
Non
resta,
dunque,
che
perdonarci
vicendevolmente le nostre follie. È questa la prima legge
naturale: il principio a fondamento di tutti i diritti umani". "Il
diritto all'intolleranza è assurdo e barbaro: è il diritto delle
tigri; è anzi ben più orrido, perché le tigri non si fanno a
pezzi che per mangiare, e noi ci siamo sterminati per dei
paragrafi"
Lo stesso pluralismo religioso diventa strumento diffusore di libertà
in quanto: "più sette ci sono meno ciascuna è dannosa; la
molteplicità le indebolisce; tutte sono regolate da giuste leggi, che
impediscono le assemblee tumultuose, le ingiurie, le rivolte, e che
vengono fatte rispettare con la forza". La libertà di credo è la via
per una società che non affondi le proprie radici nel sangue e la
propria giustizia nella ragione del (in quel momento) più forte.
Merita ricordare che, come nel Candide argomenterà la bontà
morale degli Anabattisti, nel Trattato paragona l'obbrobrio
dell'intolleranza religiosa con la pace costruita in Pennsylvania dai
Quaccheri: “Che cosa dire dei primitivi che sono chiamati
« Quaccheri » per derisione, e che, con usi forse ridicoli, sono stati
comunque così virtuosi e hanno insegnato inutilmente la pace agli
altri uomini? Vivono in Pennsylvania in centomila; la discordia, la
disputa teologica sono ignorate nella felice patria che essi si sono
costruita; già il solo nome della loro città Philadelphia, che ricorda
loro in ogni istante che gli uomini sono tutti fratelli, è di esempio e
di vergogna per i popoli che non conoscono ancora la tolleranza”
Preghiera a Dio
Il Trattato sulla Tolleranza è un'opera agile e breve, un
piccolo capolavoro di polemica civile e politica prima che
storica e filosofica. Due sono i passi, ormai divenuti veri e
propri classici del pensiero interconfessionale, liberale e/o
laico: la Preghiera a Dio, tratta dal capitolo e l'epigrafe.
Oltre al messaggio di tolleranza religiosa Voltaire permea il
suo scritto con una forte vena malinconica, poetica.
Rivolgendosi a Dio chiede agli uomini di comprendere che
le variazioni umane sono minime variabili all'interno del
cosmo, nella dimensione dell'infinito. In questo senso
Voltaire è incredibilmente attuale e in lui, nella concezione
pessimistica dell' universo e della estrema finitudine
umana, si ritrova un'alta voce della lirica italiana: Giacomo
Leopardi.
Preghiera a Dio
Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo, ma a te, Dio di tutti gli esseri, di
tutti i mondi, di tutti i tempi:
se è lecito che delle deboli creature, perse nell'immensità e impercettibili al
resto dell'universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato,
a te, i cui decreti sono e immutabili e eterni, degnati di guardare con
misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura.
Fa' sì che questi errori non generino la nostra sventura.
Tu non ci hai donato un cuore per odiarci l'un l'altro, nè delle mani per
sgozzarci a vicenda;
fa' che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita
penosa e passeggera. Fa' sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i
nostri deboli corpi,
tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole,
tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate,
tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti
a te,
insomma che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati
"uomini" non siano altrettanti segnali di odio e di persecuzione.
Fa' in modo che coloro che accendono ceri in pieno giorno per celebrarti
sopportino coloro che si accontentano della luce del tuo sole;
che coloro che coprono i loro abiti di una tela bianca per dire che bisogna
amarti, non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana
nera;
che sia uguale adorarti in un gergo nato da una lingua morta o in uno più nuovo.
Fa' che coloro il cui abito è tinto in rosso o in violetto, che dominano su una
piccola parte di un piccolo mucchio di fango di questo mondo,
e che posseggono qualche frammento arrotondato di un certo metallo,
gioiscano senza inorgoglirsi di ciò che essi chiamano "grandezza" e "ricchezza",
e che gli altri li guardino senza invidia: perché tu sai che in queste cose vane
non c'è nulla da invidiare, niente di cui inorgoglirsi.
Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli!
Abbiano in orrore la tirannia esercitata sulle anime,
come odiano il brigantaggio che strappa con la forza il frutto del lavoro e
dell'attività pacifica!
Se sono inevitabili i flagelli della guerra, non odiamoci, non laceriamoci gli uni
con gli altri nei periodi di pace,
ed impieghiamo il breve istante della nostra esistenza per benedire insieme in
mille lingue diverse,
dal Siam alla California, la tua bontà che ci ha donato questo istante.
Il diritto alla tolleranza nella codificazione internazionale
La tolleranza non può essere considerata come un corollario dei diritti di libertà inerente
la natura umana testimoniando l’evoluzione socio-politica di una nazione, ma come diritto
soggettivo tutelato dagli strumenti nazionali ed internazionali.
Il valore della tolleranza deve tradursi nell’educazione all’applicazione e al rispetto dei diritti
umani, secondo la fratellanza.
Già nella Bibbia si raccomandava il rispetto per lo straniero e la dignità umana, ma poi con
l’evoluzione storica del diritto di libertà religiosa si colse la reale esigenza di formulare diritti
in nome della diversità.
Fu nel XVII secolo, secondo l’elaborazione sistematica del giusnaturalismo, che nacque il
concetto di Nazione e di Stato, e si affermò l’esigenza di una dipendenza comune tra gli
uomini.
Lo stesso Thomas Hobbes parlò di “mutua dipendenza” tra gli uomini come di un valore
pubblico, e John Locke affermò che tutte le religioni umane hanno il diritto di essere
professate, ricordando che “ognuno si unisce volontariamente alla società nella quale
crede di aver trovato quella professione di fede che più risponde ai dettami della sua
coscienza”.
Il pensiero illuminista formulò il concetto di tolleranza connesso al concetto di società;
quello francese lo pose come base di una riforma sociale e statale. E fu in seguito alla
rivoluzione francese che si affermò il diritto alla libertà di pensiero.
La tolleranza trovava così la sua prima definizione quale diritto soggettivo; l’individualismo
divenne il superamento della concezione organica dello Stato assoluto.
Il principio di “fraternità” trovava la sua specificazione nel diritto alla tolleranza con
riferimento alla libertà di pensiero e di culto.
Nell’evoluzione borghese del concetto di Stato il principio di fratellanza o tolleranza
divenne corollario sia del principio di libertà che di eguaglianza. Ma a causa delle alterazioni
influenzate dalle nascenti teorie statocratiche il principio di tolleranza venne esautorato
dalle ideologie totalitarie, a partire da quella nazista fino a quella comunista.
In seguito poi al secondo conflitto mondiale si posero le basi per la nascita di un
umanesimo integrale che proponeva una “città fraterna”. Nel 1948, nella Dichiarazione dei
diritti dell’uomo, nell’art. 18 trovò spazio l’esplicazione del diritto alla libertà di pensiero, di
religione, di coscienza, implicandone la necessità, la illimitatezza, e la facoltà di
cambiamento di convinzione nell’ambito delle credenze, delle libere manifestazioni, in
pubblico quanto in privato.
Ciononostante non si riuscì a svincolare l’individuo dalla soggezione allo Stato.
Fu raggiunto l’obiettivo solo nel 1965, quando l’ONU si preoccupò di eliminare tutte le forme
di discriminazione razziale, mentre la Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948 rese
maggiormente vincolante l’osservanza dei diritti attraverso la petizione, adattandola alle
diverse realtà geografiche e geopolitiche.
Si collocano per l’attivismo nel medesimo ambito: la Convenzione europea dei diritti
dell’uomo firmata a Roma il 4 novembre 1950, cui sono correlati l’Atto finale di Helsinki
dell’agosto 1975, la Dichiarazione sull’intolleranza adottata dal Comitato dei ministri del
Consiglio d’Europa il 14 maggio 1981, la Dichiarazione sulla libertà di espressione ed
informazione adottata dal Comitato dei Ministri del consiglio d’Europa il 29 aprile 1982 ed in
ultimo la raccomandazione n.R(87) 8 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa agli
Stati membri relativa all’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio adottata il 9
aprile 1987.
La Convenzione europea del 4 novembre 1950 ha assunto un valore
giuridico fondamentale denunciando principi programmatici, tutelando
l’applicazione e il rispetto degli specifici diritti, e facendo valere le posizioni
giuridiche soggettive attive.
In base a questo sistema giurisdizionale di controllo sopranazionale la Corte
Europea dei diritti dell’uomo ed il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa
hanno il potere di emettere decisioni o condanne vincolanti a carico degli Stati
firmatari in tema di lesioni dei diritti fondamentali, in seguito ad una procedura
contenziosa promossa nei loro confronti dalle singole persone o gruppi di
organizzazioni non governative.
Nell’attuazione della tutela giurisdizionale dei diritti dell’uomo, infatti, ad ogni
individuo (o gruppi di individui) che ritenesse leso un proprio fondamentale
diritto -sia pure dopo avere esaurito le vie (interne) di ricorso giurisdizionalesi è riconosciuto il potere di chiamare lo Stato sul banco degli imputati.
I due organismi hanno stabilito il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza, di
religione, di espressione e di riunione pacifica e di associazione.
La Convenzione ha inoltre assunto maggiore valore solo con il tempo, anche
se appare necessaria tuttora una rilettura alla luce delle tragiche sfide
politiche.
Ma in primo luogo il diritto alla tolleranza trova il suo ambito di applicazione in
relazione alla garanzia dei diritti di libertà religiosa.
La Corte Europea invece ha affrontato il problema sotto il profilo della
tutela individuale e dell’appartenenza ad un credo di minoranza, mentre la
Convenzione Europea ha permesso che al di fuori del patrimonio religioso
di uno Stato sia riconosciuto, ad ognuno, la propria laicità.
Il problema invece della presenza di sette religiose o di nuovi movimenti
religiosi nello strato connettivo delle società ha interessato il Parlamento
europeo e l’Assemblea parlamentare del Consiglio europeo.
Tuttavia il sistema di società aperta appare in crisi, minato dal paradosso
del liberalismo giuridico secondo cui sarebbe più o meno doveroso
predisporre, sul piano del diritto, la libertà di coloro che possono
minacciare la convivenza pacifica dei popoli e dei consociati.
In altri termini si sostiene il diritto di essere intolleranti nei confronti delle
“intolleranze”, ma le numerose manifestazioni di violenza e arroganza
mostrano quanto poco ancora si sia fatto nel trovare le soluzioni giuridiche
e politiche per garantire il diritto alla tolleranza atta, al tempo stesso, a
respingere ogni fenomeno di integralismo e discriminazione.
I sommersi e i salvati è l’ultima opera pubblicata da Levi, nel 1986;
un anno dopo si suicidò, forse incapace di sopportare ancora
tormentosi ricordi del Lager di Auschwitz, in cui era stato prigioniero
quarant’anni prima.
Il titolo dell’opera, allude all’Olocausto come a una sorta di “bufera
infernale”: quando essa è terminata,costatiamo che la maggioranza
delle vittime è rimasta tra i sommersi quelli atrocemente sterminati;
solo una piccolissima minoranza di salvati può ancora rendere
testimonianza – e Levi è tra questi ultimi.
Subito, però, l’autore ci chiarisce una terribile
implicazione:”sopravvivevano i peggiori, gli egoisti, i violenti, gli
insensibili, i collaboratori della “zona grigia”, le spie...Sopravvivevano i
peggiori, cioè i più adatti: i migliori sono morti tutti.”
La narrazione descrive con lucidità e distacco i meccanismi che
portano alla creazione di “zone grigie” di potere tra oppressori e
oppressi, la corruzione economica e morale delle persone che vivono
nei sistemi concentrazionari, gli scopi e gli utilizzi politici e sociali di
tali sistemi, la replica di analoghe dinamiche comportamentali nelle
realtà quotidiane odierne.
“…Costituivano una fauna pittoresca: scopini, lava-marmitte,
guardie notturne, stiratori dei letti, controllori di pidocchi e
di scabbia, portaordini, interpreti, aiutanti degli aiutanti.
Poveri diavoli che per mezzo litro di zuppa si adattavano a
svolgere queste ed altre funzioni terziarie…
Il giudizio si fa più delicato e più vario per coloro che
occupavano posizioni di comando: i capi (Kapos)…. Erano liberi
di commettere sui loro sottoposti le peggiori atrocità, a
titolo di punizione o per qualche trasgressione o senza motivo
alcuno…”
“Un caso limite di collaborazione è rappresentato dai
SonderKommandos di Auschwitz e degli altri lager di sterminio…
Con la denominazione “Squadra Speciale”, veniva indicato dalle
SS il gruppo di prigionieri a cui era affidata la gestione dei
crematori. A loro spettava
mantenere l’ordine fra i nuovi
arrivati che dovevano essere introdotti nelle camere a gas;
estrarre dalle camere i cadaveri; cavare i denti d’oro dalle
mascelle; tagliare i capelli femminili; smistare e classificare gli
abiti, il contenuto dei bagagli; trasportare i corpi ai crematori e
sovraintendere al funzionamento dei forni; estrarre ed eliminare
le ceneri.
Queste squadre speciali non sfuggivano al destino di
tutti;…ognuna rimaneva in funzione qualche mese, poi veniva
soppressa, ogni volta con un artificio diverso per prevenire
eventuali resistenze, e la squadra successiva, come iniziazione,
bruciava i cadaveri dei predecessori…”
N
I
T
A
Z
O
N
L
A
L
R
E
DISASTROMONDO
LA PIETA’
MICHELANGELO
… AMORE
CHAGALL
KLIMT
Haring
… DIVERSITA’
…
BELLOFATTO PAOLA CONCETTA
BUONAIUTO GIACOMO
CASCIELLO SARA
D’APOLITO VIRGINIA
de FALCO MARIA GIOVANNA
DI PALMA DANIELA
GUILLOT VITTORIO
IZZO SERENA
LIPPIELLO DAVIDE
LITTO VINCENZO MARCO
MAFFETTONE ANGELO
MANZI GIANMARCO
MILOSA FABIOLA
NAPOLITANO CIRO
PARADISO CATERINA
PIERRO FRANCESCO
PIGNATELLI TERESA
SCHETTINO CAROLINA
SEPE FILIPPO
SEPE SALVATORE
VACCHIANO LINDA GIOVANNA
AMBROSINO FRANCESCA
BARBATO MANUELA
BELLOISI DOMENICO
CARRELLA ANIELLO
CICCONE GRAZIELLA
D’APOLITO ANTONELLA
DE LUCA FELICE
DEL VECCHIO GIUSEPPINA
DI DONATO ANTONELLA
FERRARO ELISABETTA
GIUGLIANO LEONARDO
GUBITOSI CARMEN
IANNELLI GIOACCHINO
NAPPI ELVIRA
PIROZZI LUCIA
ROMANO LUISA MARIA
SCHETTINO LUCA
SIMONELLI FELICE
TAFURO CRISTINA
TARANTINO SALVATORE
TRINCHESE ROSSELLA
ACIERNO MARINA
AMATO MARIANGELA
AMATO PALMIRA
BARRACANO ADELE
COLUCCI MARIA FRANCESCA
COSTANZO VITTORIO
D’AVANZO CLELIA SERENA
DE LUCA CONCETTA
DE MARTINO GIUSI
ERCOLINO FRANCESCA
ESPOSITO CHIARA
FERRARO ANGELO
FUSCO ANTONIETTA
GIUGLIANO MARIA
IZZO OLGA
MANZO DOMENICA
MAROTTA MILENA
NAPOLITANO GINA
NAPPI ANNALISA
PROVVISIERO MARINELLA
PULERA’ LORENZO
SASSO MARGHERITA
SCAFURO ANTONIETTA
ASCHETTINO VERONICA
CACCAVALE ANGELA
CIRIELLO LUCIA
CUCCINIELLO MARIA
DE CAPUA GIUSEPPINA
DE SENA VERONICA
DONATI GRETA
FELICELLA PAMELA
GALASSO JONE
GRASSO ROSANNA
IACOPINELLI SIMONA
LA MANNA DOMENICA
LA MARCA IRENE
LA MARCA LUCIA
LIGUORI VELIA
LIMMATOLA ANNA
MAUTONE CAMILLA
NAPOLITANO GIUSEPPE
PARISI ANNARITA
PISCITELLI ROSA MARIA
RUCCO ROBERTO
RUSSO CHIARA
VINCI NICOLE
Si ringrazia il prof. di Storia dell’arte
CASTRENSE DI Giovanni per la consulenza artistica
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