IL FOGLIO DI SAN FERMO - informazioni e riflessioni della Comunità di San Fermo in Bergamo
tel. 035 220487 - e.mail: [email protected] - fotocopiato in proprio - anno II n° 13 - maggio 2008
SAN FERMO
UNA COMUNITÀ
Ogni barriera ci rende più poveri
Abbiamo ancora tanti muri da abbattere
LO SPIRITO È SU DI NOI
È PENTECOSTE
LO SPIRITO E’ SU DI NOI
Quando Gesù nel Cenacolo, nell’imminenza di lasciare i suoi, ha voluto rivolgere loro parole di rassicurazione e di conforto, ha promesso loro l’invio di “un altro” Paraclito. Un altro: infatti il primo Paraclito era lui
stesso. Questo significa che già nel vivere con Gesù, seguirlo, sentire la sua presenza, ascoltare le sue parole,
gli apostoli avevano sperimentato cosa significa essere col Paraclito. Paraclito è una parola di origine greca
che nel Vangelo di Giovanni significa il soccorritore. Gesù è stato per i suoi il soccorritore. L’incontro con
lui infatti ha cambiato la loro vita: hanno lasciato il loro lavoro per stare con lui; vedendo i segni che compiva e ascoltando le sue parole, il loro cuore si era appassionato per quel “regno di Dio” di cui parlava. Si sentivano felici e al sicuro sapendosi amati da quel Padre che lui chiamava con infinita fiducia abbà. Quando ha
capito che li avrebbe dovuti lasciare, si è premurato di promettere loro un altro soccorritore. La comunità dei
credenti fin dai primi tempi ha riconosciuto in queste parole di Gesù la promessa dello Spirito Santo.
Noi ora siamo, come i discepoli di Gesù dopo la sua morte, nel tempo dello Spirito.
Ma che significa che lo Spirito è su di noi? Significa anzitutto sapere che Gesù non è più tra i morti, ma è
vivente tra noi; che la sua presenza continua e noi possiamo far conto su di essa. Significa che ancora le sue
parole possono risuonare alle nostre orecchie e noi possiamo guardare al mondo e alla vita con la stessa fiducia che avevano i suoi quando erano con lui. Significa anche che in noi portiamo la certezza che il futuro non
è un andare verso il nulla, ma verso una vita in pienezza come lui ci ha promesso. In una parola si potrebbe
dire che avere con noi lo Spirito è continuare a vivere come i discepoli in compagnia di Gesù.
Non dobbiamo pensare allo Spirito Santo come ad una realtà astratta, ma come quella forza che fa sì che il
passaggio nella storia di Gesù di Nazareth non sia soltanto un evento chiuso nel passato, ma una presenza
che continua e dalla quale possiamo ancora attingere luce e forza per il nostro vivere di oggi. Quando diciamo che lo Spirito ci è stato donato, in realtà diciamo che la storia di Gesù non è passata, ma permea di sé la
nostra storia.
Ai nostri occhi, alla nostra esperienza di ogni giorno il mondo in cui viviamo è quanto mai lontano dal manifestarci questa presenza. Solo la nostra fede ci permette di vederla. E grazie ad essa, pur in un mondo come il
nostro, possiamo osare di continuare a porre i gesti di amore che ci ha mostrato Gesù di Nazareth.
Aldo
Voler vivere
Se un giorno alla gente venisse voglia
di vivere
allora il fato dovrà rispondere,
e la notte dovrà aprirsi
e le catene spezzarsi
chi vivere desidera il corpo non trattiene
s’evapora e svanisce nel vasto cielo della vita
gli esseri, gli esseri tutti così mi hanno detto
così mi ha parlato il loro spirito celato
in cima alla montagna, nel più segreto albero
nel mare scatenato, ascolta il mormorio dei venti:
che io mi volga verso un luogo al mondo
indossi la speranza, mi spogli di prudenza
Non temo sentieri rigorosi
né fuochi alteri.
Rifiutare la alte vette
non è vivere per sempre nel fossato?
Abul’l-Qasim Al Shabbi
(Tunisia 1909—1934)
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ARTE IN SAN FERMO: IDEE E PROGETTI
I lumi sul tavolo della Chiesa si sono fusi in un grande cero, a testimoniare che l'impegno diretto delle
persone può diventare un unico simbolo di luce. Ciclo e riciclo. Un ciclo si chiude e un altro si apre.
Si delineano nuove prospettive per il gruppo (ancora informale) degli "Artisti di S. Fermo" che ha focalizzato la sua attenzione su due punti fermi: accompagnare le liturgie con una significativa presenza del
visivo e promuovere il coinvolgimento di tutti i membri della comunità nella realizzazione dei progetti.
Merita una riflessione più profonda e condivisa la possibilità di stabilire un fattivo collegamento con la
casa "I Tralci", nato come luogo della creatività sociale comunitaria e della solidarietà. Nell'oggettività
dei risultati, l'arte può manifestarsi sia nella religiosità dell'opera sia nella destinazione liturgica. Anche
un artista non credente, o di altra confessione religiosa, può fare opere di "arte sacra" se manifesta il naturale impegno in una profonda ricerca. L'opera d'arte è pur sempre un'opera umana e un'espressione
della cultura. Non va confusa con la preghiera. Semmai può aiutare a riflettere e diventare un veicolo
verso la contemplazione.
In questo senso, si potrà elaborare un progetto espositivo annuale o biennale aperto alla città. Un progetto non invasivo degli spazi del culto, capace di richiamare opere che stiano in equilibrio con la sacralità
del luogo, opere da scoprire più che da ammirare, opere nascoste...Il progetto ha bisogno di una più concreta elaborazione in accordo con il Consiglio della Comunità ed eventualmente con le altre istituzioni
museali cittadine come il Museo Diocesano, la Galleria di Arte Moderna e Contemporanea, la Scuola
dell'Accademia Carrara.
Sem Galimberti
IMMAGINI
Pag. 1 e 2 : Domenico Theotokopulos
detto El Greco, Pentecoste, olio su tela,
Museo del Prado, Madrid.
Pag. 4: Beato Angelico,
Il sermone della montagna, Affresco,
Museo di S. Marco, Fiesole (FI)
Roberto Capelli, rappresentante di Libera della nostra comunità, fa sapere che mette a disposizione di chi è interessato
un filmato realizzato per ricordare la strage di Capaci in cui
vi sono interventi di Don Ciotti
e Antonino Caponetto.
Pag. 15: Installazione di Jesus Rafael Soto
ERRATA CORRIGE: nell’ultimo numero del giornale, nel testo a firma Roberto Capelli
“Misericordia io voglio” era stata omessa la
provenienza dell’articolo. Ce ne scusiamo.
L’articolo è tratto da:
“l’abbraccio benedicente”
(meditazione sul ritorno del figlio prodigo)
Di Henri J.M. Nouwen
Edizioni Queriniana
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QUALE COMPITO PER LA COMUNITA’ DI S. FERMO ?
Mi rendo conto che la domanda del titolo che mi
sono posto, sotto moltissimi aspetti, è inutile o sbagliata. Di per sé non c’è
certo bisogno che venga
posto alla comunità cristiana di S. Fermo questo
interrogativo, che ha già
una risposta chiara e dura,
ma prevedibile: c’è solo
(solo? Si fa per dire…),
per noi come per tutte le
altre esperienze cristiane, l’impegno di cercare di
essere fedeli discepoli di Gesù e di dare ragione
della Speranza che abbiamo con la Parola, se richiesta, e con la vita, per quanto riusciamo, riconoscendo innanzitutto il nostro bisogno di essere
salvati e il dono di Grazia che abbiamo ricevuto.
Fu saggezza della comunità evitare ogni cortocircuito che identificasse la fede con la scelta politica:
si volle mantenere la “distinzione” fra i due ambiti,
ma si era convinti che non potessero essere
“separati”, nella convinzione che la fede fosse da
vivere nella storia.
La comunità faceva molte assemblee, dettate da un
forte senso di appartenenza, ma anche dal fatto che
la vita sociale urgeva con le sue domande e la comunità di fede aveva al centro la vita sociale.
Non c’era la preoccupazione che si finisse con il
ridurre la fede e la partecipazione comunitaria ai
momenti di culto. Con questa sua particolare fisionomia S. Fermo svolgeva sicuramente una limitata,
ma significativa, funzione storica e l’evidenza dei
movimenti esistenti confermava la convinzione
della possibile fecondità storica della fede cristiana.
E pazienza se quelli di S. Fermo venivano impropriamente identificati con “i cristiani di sinistra”,
con l’equivoco diffuso di interpretare come un cedimento alle mode correnti lo sforzo di fedeltà a
Gesù e a noi stessi che era nelle intenzioni.
Nei decenni che sono passati la comunità ha continuato questo sforzo di ricerca di fede rispondendo
alle nuove domande delle nuove persone che partecipano alla comunità.
E’ stata saggezza continuare, nella fatica del tempo
che passa, nell’impegno di fedeltà a liturgia, preghiera, lettura della Bibbia, e nello stile di accoglienza, che è percepito dai nuovi partecipanti come una nostra fondamentale caratteristica.
La Grande Chiesa ha dato nella sua storia, anche
recente, importanti esempi di questa consapevolezza autocritica.
Ma la mia domanda non ha questa presunzione e si
pone nella limitata prospettiva della nostra piccola
situazione storica. Mi domando quindi se, nella
situazione di oggi della nostra città e della nostra
diocesi, non dovremmo avere il coraggio di interrogarci su possibili orientamenti da assumere.
Non ho l’intenzione di scrivere la storia di S. Fermo, ma faccio un riferimento a 38 anni fa per farmi
capire. Quando è nata S. Fermo (la cosa per i più
non ha alcun interesse, perché sono arrivati dopo e
la comunità non è meno “loro” di quanto lo sia per
chi c’era quando è nata … ma lo dico per spiegare
il mio punto di vista) eravamo nel 1970, negli anni
del post Concilio e della contestazione sessantottina: anche nella chiesa di Bergamo forte era la spinta al rinnovamento, si voleva dar vita a nuove esperienze ecclesiali basate su partecipazione, ascolto
della parola, spirito comunitario, e ci si sentiva
senza troppo sforzo anche in sintonia con i movimenti antiautoritari di trasformazione sociale. I riferimenti teologici condivisi collocavano la fede
nel cuore della storia e della vita. S. Fermo fu per
anni luogo di transito di coloro che cercavano una
possibile conciliazione fra la loro radicale scelta
politica (che spesso si immaginava dovesse coinvolgere le stesse scelte pratiche di vita) e la ricerca
di fede. Sulla scia della “Gaudium et Spes”
avevamo una spontanea simpatia con il mondo e il
tempo che ci circondava.
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Nelle cose che facciamo siamo come una piccola
parrocchia molto accogliente, ma con maggiori
difficoltà di ricambio nell’assunzione dei ruoli di
partecipazione e di direzione. E’ bello però che i
legami con S. Fermo siano vissuti in misura larga e
flessibile, che vi siano continuamente allontanamenti e ritorni… Qui smetto perché non posso certo impegnarmi in una ricostruzione storica!
Per fortuna gli imperativi della carità e della misericordia ci costringono a fare i conti con determinate contraddizioni della realtà sociale! Comunque le
assemblee della comunità da tempo sono poco partecipate… Forse perché non c’è nessuna urgenza di
vita sociale che le renda doverose?
Non ho ricette o attività da proporre come rimedio
a questi rischi, intuisco che bisognerebbe muoversi
in tre direzioni di ricerca, che potrebbero caratterizzare la comunità anche e soprattutto nel suo sforzo
educativo:
Voglio venire all’oggi. Non c’è dubbio che alcune
evidenze, anche recenti, sul piano politico, degli
stili di vita e delle pratiche religiose fanno risaltare
clamorosamente come ora siamo in un contesto
storico molto diverso non solo dagli anni settanta,
ma anche dai decenni più recenti. Lo sintetizzo
brutalmente in questi punti: 1) la spinta alla trasformazione sociale è finita da tempo, lo stile e il modo
di pensare dominanti rispondono al modello dell’individualismo consumista che non trova significativi momenti pubblici di contestazione, tantomeno da parte dei giovani, e che tende invece pericolosamente ad esprimere atteggiamenti di difesa
nei confronti di chi si teme possa mettere a rischio
la prosperità conquistata; 2) la politica è tornata ad
essere una “carriera” separata (ricordate? In una
politica che è solo far carriera…Dio è morto) ed
anche il volontariato (grande spinta emergente negli anni Ottanta, quando cominciava ad essere indebolita quella all’impegno politico) coinvolge in
misura limitatissima i giovani; 3) la spinta conciliare si è molto affievolita; 4) la secolarizzazione anche a Bergamo ha fatto passi da gigante e il dominante spirito laico (?) tende a cancellare la dimensione religiosa dalla vita pubblica, anche perché
non vuole alcuna trasformazione sociale, ma solo
l’adeguamento allo stato di cose presenti; 5) si parla di appiattimento sul presente, di assenza di memoria e di progetto, per la fine di ogni “grande narrazione” per cui il nichilismo sarebbe “l’ospite inquietante”: questo può essere un attentato mortale
per la fede cristiana che si fonda sulla “grande memoria”…
Credo necessario sviluppare una riflessione che
evidenzi con maggior forza il carattere antagonistico della fede cristiana rispetto allo stile culturale dominante, senza integrismi o presunzioni,
ma con la convinzione di indicare spazi possibili
di impegno anche ai membri più giovani, che
hanno urgentemente bisogno di avvertire che hanno compiti importanti da assolvere;
Perché non cercare un impegno pubblico nella
città che renda evidente che la nostra comunità di
fede pratica il nesso fondamentale fra fede e storia (la pace? Il carcere? La cooperazione internazionale? ) e si confronta con le esigenze dell’analisi critica della situazione contemporanea?
Sul piano ecclesiale potremmo sforzarci di assumere scelte di sperimentazione che tentino risposte innovative alla situazione un po’ stagnante.
Personalmente non sono contento della mediocrità del dibattito pubblico nella Chiesa, ma soprattutto del fatto che S. Fermo sembra che non ne
abbia interesse.
Gian Gabriele Vertova
In questo contesto culturale la fede è ricondotta alla
sola dimensione della credenza privata, dello sforzo etico sul piano personale e della partecipazione
ai momenti della “religione”.
Non so se la comunità percepisce questo rischio e
se si rende conto che la sua attività è sempre di più
volta a momenti di vita religiosa: liturgia, gruppi
biblici, catechesi, riflessione teologiche.
Il nostro porticato accoglie le persone nella loro
diversità (forse in una dimensione troppo individuale? ) ma in gran parte mi pare che lasci fuori la
storia della città e della vita sociale, anche perché
queste più non incalzano nelle coscienze di tutti.
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IL PRIMATO DELLA PAROLA
Non amo molto le statistiche perché per lo più risentono dell’umore del momento di chi è intervistato, ma il sondaggio eseguito da Famiglia Cristiana, mi ha fatto molto pensare.
Il sondaggio documenta che il 70% degli italiani
non ha mai letto, in vita sua, i quattro Vangeli e
l’82% non ha mai preso in mano un libro di argomento religioso nell’ultimo anno.
La scarsa conoscenza dei Vangeli è l’aspetto che
più colpisce: soltanto il 16% degli italiani dichiara
di aver letto i quattro Vangeli, e un altro 15% l’ha
fatto solo in parte. Si tratta di dati difficilmente
inquadrabili in una nazione in cui il battesimo dei
figli o il funerale religioso sono ancora scelte assai
diffuse e dove molti matrimoni continuano a celebrarsi in chiesa.
Lo scenario non cambia se si pensa alla lettura di
libri religiosi. Solo meno di un italiano su cinque è
stato coinvolto dalla lettura di testi di argomento
religioso. Tra i libri religiosi più gettonati, spiccano
le biografie dei santi e i saggi di storia religiosa,
mentre ci si indirizza meno su testi a più alto contenuto spirituale.
Il debole interesse per questo tipo di libri e di letture sembra mettere in discussione l’idea che i valori
dello spirito siano oggi assai diffusi, in un’epoca
segnata da molte inquietudini e paure.
La domanda di significato ultimo coinvolge certo
molte persone, ma spesso essa tende a manifestarsi
più come uno stato d’animo che come un cammino
spirituale.
Questa “meditazione” mi ha fatto riandare agli inizi
della nostra Comunità, quando si parlava della necessità di riappropriarci della PAROLA.
Nel testo di MASSA E MERIBA, si scriveva:
“La lettura della PAROLA, non è per noi una
attività tra le altre, ma qualcosa di costitutivo e
fondante per la nostra vita di fede. La Bibbia
diventa PAROLA di Dio per chi si affida con
fede alla sua testimonianza e quindi a Dio e a
Gesù Cristo stesso, in essa manifestati.
La Scrittura orienta costantemente oltre se
stessa. Andare alla Scrittura non significa fermarvisi, restarne prigionieri, recitarla ritualmente… Significa, al contrario, essere invitati
alla fede in colui che la Scrittura annuncia senza mai possedere…
E ancora:
“Nella Comunità l’annuncio della PAROLA
passa incessantemente attraverso il compimento di gesti profetici: la fraternità con gli
ultimi, storicamente determinati; la denuncia
del “mondo”, il dono della vita in atteggiamenti precisi, sono l’unica via per cui non si
compia una lettura biblica falsa.
La comunità credente, diviene così la profezia
dell’umanità. Questi segni profetici diventano,
nell’ambito della comunità, dei segni sacramentali del Regno. Quindi si pone il problema
della Liturgia.
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La Liturgia non può che nascere dalla profezia. Se il servizio liturgico nasce da quello profetico, allora il confronto con la PAROLA è
vivo all’interno della comunità. Altrimenti vi è
solo un “pensare”, uno “studiare” il testo biblico nel contesto rituale.
Il servizio profetico può determinare nuove e
originali forme rituali del servizio liturgico.”
Da quegli anni Ottanta, che cosa è cambiato nell’ascolto della PAROLA tra i cristiani?
Si deve dire che vi è stata una rinnovata e fruttuosa
riscoperta della PAROLA di Dio, sia attraverso le
letture bibliche, sia grazie ai numerosi gruppi biblici, alla Scuola della PAROLA, alla Lectio Divina.
Ma si ha la sensazione che la PAROLA non produca ancora nella coscienza dei fedeli uno spazio di
gratuità e contemplazione, e un rapporto profetico
con la storia.
Il rischio è che la PAROLA rimanga lontana ed
estranea rispetto alle pratiche concrete della fede e
alla iniziative della comunità.
Nel capitolo dedicato alla “PAROLA di Dio”, il
37° Sinodo della Chiesa di Bergamo dice che nonostante si intravede “una fruttuosa realizzazione
dell’istanza conciliare di mettere al centro la PAROLA di Dio, dall’altra rimane un capitolo sempre
da riprendere”.
E ancora: “ La diffusa ignoranza di e su Dio che
caratterizza l’attuale clima culturale e la coscienza
di molti cristiani dimostra che, il pur generoso sforzo di rinnovamento della catechesi, non sta producendo un corrispondente livello accettabile degli
elementi fondamentali della fede cristiana, soprattutto nell’età adulta. Probabilmente la predicazione
non risulta sufficiente a plasmare una conoscenza e
una coscienza cristiana, e l’atto di fede rimane esposto a una forte incertezza e indeterminatezza” (paragrafo 156).
L’esortazione del Sinodo ci riguarda.
Coniugare PAROLA e VITA è stato ed è lo sforzo
della nostra Comunità che chiede a tutti e a tutte di
legare la PAROLA con le parole, la PAROLA con
la vita.
È un compito sempre antico e sempre nuovo, che ci
deve trovare “pronti” per poter dare al “mondo”
una testimonianza “profetica” della nostra fede.
Non essendo trascorsi molti anni, ci rendiamo conto che la PAROLA è sempre nuova e sempre ci
interpella nel tessuto concreto della vita.
Biagio
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“I MILLE VOLTI DI GESÚ”
Mi spingeva in questo oltre che l’interesse per il
tema affrontato, in continuità con la ricerca del
biblista scomparso, l’impulso alquanto velleitario
del neofita di poter ritrovare e possibilmente riordinare molti degli stimoli incontrati nelle varie conferenze ascoltate in Comunità o presso La Porta.
Ripenso infatti a quegli incontri e ricordo come a
volte fosse arduo seguire il dipanarsi del discorso
di Barbaglio dove l’estrema densità di pensiero
portava ad un accavallarsi di temi e di spunti nell’ambito dello stesso periodo tali da rendere difficile individuarne una lineare consequenzialità.
D’altra parte in me rimaneva ancora viva l’impressione dell’illuminante contributo portato da Yann
Redalié lo scorso dicembre nell’incontro “Tra ebrei
e pagani: nuove prospettive su Paolo”, relativo a un
tema cui Barbaglio aveva dedicato gran parte del
suo impegno di studioso e credente.
A questo aggiungo anche la volontà di portare una
specie di tributo di partecipazione, un’attestazione
di simpatia e di condivisione alle giornate che si
preannunciavano cariche di significato non solo dal
punto di vista dell’approfondimento di studio ma
anche dal punto di vista della testimonianza di amicizia e di originali percorsi di fede, di impegno politico e sociale portati avanti con impegno e rigore
da tante persone unite nella loro diversità da un
affetto comune per Giuseppe Barbaglio.
Allora, all’inizio del convegno, udendo il saluto
della moglie Carla, mi è tornata alla memoria l’ultima volta in cui l’avevo ascoltato, ospite di Gabriella Caramore alla trasmissione “Uomini e profeti”,
quando la sua voce, e forse anche il suo spirito già
affaticato, sembravano tradire la difficoltà nel mantenere la consueta lucidità di pensiero che lo contraddistingueva.
Un convegno a Roma
per ricordare Giuseppe Barbaglio.
A un anno dalla morte inaspettata di Giuseppe
Barbaglio, un gruppo di amici lo hanno voluto
ricordare con un convegno. Attraverso la voce
di alcuni studiosi, che con lui avevano condiviso la ricerca biblica, e di alcuni amici, che ne
conservano nel cuore il ricordo e l’affetto, è
stato possibile rivivere momenti di intensa partecipazione.
Giuseppe era stato per la nostra comunità fin
dai suoi inizi una presenza costante e preziosa.
Grazie a lui ci è stato possibile iniziare quel
cammino di conoscenza biblica che volevamo
fosse uno dei capisaldi del nostro costituirci
come comunità cristiana. Ma soprattutto in lui
abbiamo trovato non solo lo studioso, ma il
credente che la ricchezza di fede che dalle scritture scaturisce, ce l’ha testimoniata. Non potevamo perciò mancare all’appuntamento romano, presso la Facoltà Valdese che ha ospitato il
convegno. Pur essendo solo in quattro (Beppe e
Margherita, Paolo e chi scrive), eravamo consapevoli che molti più di noi erano spiritualmente
presenti. Del resto il convegno è stato una espressione quanto mai significativa di quei due
aspetti ricordati sopra e per i quali Giuseppe è
stato per noi una presenza importante. Gli amici
studiosi hanno mostrato quanto la sua ricerca
sia stata profonda e stimolante per successivi
passi e approfondimenti; e le testimonianze di
chi l’ha incontrato e ne ha condiviso l’amicizia,
ce ne ha fatto rivivere il ricordo e risentire la
gratitudine. Ci auguriamo che i testi delle relazioni possano essere resi disponibili, magari sul
sito a lui dedicato (www.giuseppebarbaglio.it):
potrebbero essere così una continuazione di
quel ministero della Parola di cui lui ha fatto
ricca la sua vita.
Aldo
Non sono in grado di rilanciare gli spunti di studio
e di riflessione emersi dalle relazioni presentate nei
giorni 29 e 30 marzo a Roma presso la facoltà teologica valdese. Mi limito quindi a riferire alcune
impressioni che ho colto, a livello soprattutto emozionale, al contorno e nel contesto dell’occasione a
cui ho avuto la possibilità di essere presente.
Fin dal primo momento in cui avevo saputo del
convegno proposto a Roma dagli amici di Giuseppe Barbaglio ed avevo letto il programma ed il nome dei relatori che sarebbero intervenuti, mi aveva
subito attirato l’idea di potervi partecipare.
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In seguito, nel susseguirsi degli interventi e dei
momenti di dibattito, le due giornate si sono rivelate intense, ricche, rispondenti alle attese, credo anche di molti convenuti, non solo alle mie personali.
Uno dei tratti che connotava l’insieme dell’evento
e che mi ha colpito fra gli altri è stata la variegata
provenienza sia dei partecipanti che dei contributi
portati da persone appartenenti al mondo cattolico,
al mondo protestante, da studiosi variamente motivati, e anche da esponenti della società civile. Anche questo ben rappresenta il contesto e l’ambiente
a cui si rivolgeva e nel quale si muoveva la ricerca
di Giuseppe Barbaglio, e qui mi scuso se forzo la
mano e l’intenzione con una interpretazione personale. Mi è sembrato dunque di raccogliere un invito, un aiuto e un indirizzo rivolto ad ognuno di noi
a perseguire un proprio cammino nel tentativo di
individuare qualcuno dei molti volti di Gesù, dalla
ricerca biblica, nella varietà dell’esperienza cristiana e oltre le chiese, come recitavano i titoli delle
varie sezioni del seminario. Da qui, mi sembra, di
conseguenza l’esigenza di interpretare, sulla scorta
della missione dell’apostolo Paolo, il lieto annuncio evangelico proclamato per tutti e per ciascuno,
in modo indiscriminato e calato nelle molteplici
specificità e libertà di appartenenza delle diverse
genti.
Così alla fine dei lavori e direi in modo semplice e
spontaneo, conformemente al clima di fraternità e
di reciproca accoglienza che si era instaurato tra i
convenuti, la celebrazione della liturgia della Cena
del Signore ha costituito un’occasione di offerta di
preghiera e di culto evangelico vissuti con spirito
autenticamente comunitario.
Paolo Parimbelli
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LA VITA E LA BIBBIA
Il “piacere” della lettura,
dello studio e del confronto
La Redazione del GIORNALINO ha
chiesto a Roberto di fare una ricerca
tra alcune persone che frequentano i
Gruppi biblici di San Fermo. E lui ha
fatto pervenire loro una lettera per
raccogliere alcune impressioni sull’
esperienza di partecipazione ad un
gruppo biblico e far sapere alle persone che non li frequentano l’importanza
che per alcuni di noi essi hanno.
Perché partecipo a un gruppo biblico?
Anzitutto perché credo che nella Bibbia si trovino i
fondamenti del nostro pensare religioso e della nostra vita di fede; da qui l’esigenza di farne una lettura
regolare e continua che, almeno nel mio caso, è assicurata molto più dagli incontri collettivi nel gruppo
che da una lettura personale. Questa, anche se supportata da testi di commenti validi, resta affidata alla
buona volontà o all’interesse del momento.
Mi è stato poi sempre più evidente che i partecipanti
con le loro conoscenze e sensibilità diverse, arricchiscono l’approccio di tutti al testo e alle problematiche che esso suscita per le nostre decisioni di fede e
per le nostre scelte di vita.
Infine si stabiliscono tra i componenti del gruppo
anche legami di amicizia, di simpatia, di stima personale che si prolungano ben aldilà dell’ambito e del
tempo dell’incontro.
Carla Zilocchi
Frequento il gruppo Biblico da parecchio tempo,
però solo da quest'anno la mia frequenza è più assidua per cui credo di comprendere forse qualcosa in
più rispetto al tempo passato! Sono ai miei primi
passi, il "bello" ancora non lo vivo e il mare di dubbi è sempre grande! Il gruppo quest'anno mi sta
dando una grande opportunità: nella semplicità, il
confronto!
Quest’anno la mia partecipazione al gruppo biblico
ha avuto una motivazione particolare.
Come cristiano evangelico della Comunità Valdese
di Bergamo ho cercato di far vivere il mio desiderio
di un gruppo biblico ecumenico. La mia sola presenza non può però dar vita a un gruppo ecumenico.
Questo potrà avvenire con una scelta ufficiale della
Chiesa di Bergamo e della Chiesa Valdese di Bergamo (che dal mese di settembre avrà un nuovo Pastore, anzi Pastora!) e, perché no, della comunità africana ghanese, che condivide il culto della domenica
con la comunità Valdese.
Dalle opinioni che ho raccolto quest’anno tra alcuni
componenti delle varie comunità e dallo stesso don
Rota Scalabrini, sono molto fiducioso che possa nascere un gruppo biblico ecumenico.
Bice Curcio
Enzo Catini
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E’ mercoledì sera, esco per l’incontro con il gruppo
biblico. Nel pomeriggio ho letto i due capitoli di
Genesi che commenteremo stasera e qualche pagina di un esegeta o di un teologo. Oppure non ho
letto niente: so che un altro/a si è incaricato/a di
preparare l’incontro e posso permettermi di andare
un po’ a rimorchio.
Forse è inverno e sono stanca, ma non rinuncio
all’appuntamento: non lo sento come un dovere.
Dopo molti anni, ancora mi attrae.
So che cominceremo leggendo e ascoltando la Parola; che poi, grazie allo studio e alle conoscenze di
qualcuno, potremo meglio situare il testo nel tempo
e nella cultura in cui si è formato, che capiremo il
significato di alcune parole e i riferimenti ad altri
passi e autori della Bibbia: l’esegesi ci aiuterà nel
nostro sforzo di comprendere, di non travisare, di
penetrare il senso di quanto leggiamo. E’ molto.
Non è tutto.
La Bibbia, oltre ad essere una affascinante, eterogenea, stratificata biblioteca letteraria, racconta le
storie di uomini e donne che hanno incontrato il
nostro stesso Dio, hanno creduto, sperato in lui,
l’hanno pregato, interrogato e tradito, si sono ribellati ed arresi, hanno stabilito leggi, combattuto e
resistito in suo nome, sperimentato la sua tenerezza
e il suo silenzio. Proprio come noi.
Attraverso le loro storie è a noi che parla questa
Parola.
Nel gruppo si vive la libertà e la responsabilità di
dire ciò che la Parola ascoltata suscita in noi e come incide nella nostra esperienza acquisendo nuove coloriture, osare magari un’interpretazione non
del tutto ortodossa ma vitale, avere l’audacia di
riempire immaginando il non detto del testo, ammettere i propri dubbi ed incomprensioni, accettare
la parzialità delle proprie parole sapendola inevitabile, eppure necessaria e ricca.
Tutto questo tra persone di cui ci si fida, in una
circolarità in cui le parole ed i silenzi si rispondono
e suscitano pensieri ed emozioni condivise.
Perché sempre più, sempre meglio la Parola che ci
è donata sia respiro vitale, pane che nutre, acqua
che disseta, vita delle nostre vite.
Partecipare agli incontri del martedì è ormai da 25
anni, per noi, un modo per “vivere la Comunità”,
per confrontarci con la Parola che si riflette nella
vita di tutti i componenti del gruppo. E’ un’occasione non solo per conoscere di più le Scritture, ma
anche per riflettere sulla portata che esse hanno
nella nostra quotidianità. E’ un luogo privilegiato
per esprimersi e per ascoltare e accettare le opinioni di altri. Infine è anche un momento di allegria e
di amicizia, un modo per vivere un paio d’ore di
serenità.
Elisa Erroi e Alberto Foresti
Faccio parte di un gruppo biblico (non sempre lo
stesso) da quando sono stati creati a San Fermo.
Sono sempre stati per me un momento indispensabile di partecipazione alla Comunità e naturalmente
di crescita personale. Al gruppo che frequento ora,
quello del Giovedì a casa di Carla Zilocchi vado da
più di 10 anni. Ci sono ormai dei legami affettivi
molto forti, una grande stima per ciascuno dei partecipanti, il clima, grazie anche all’accogliente atmosfera della casa di Carla, è gradevolmente rilassato, per cui ci vado volentieri. Ma non è questa la
motivazione principale. A differenza degli altri
membri del gruppo, che leggono e approfondiscono
un sacco di cose, io sono piuttosto pigra, voglio
dire che difficilmente mi capita di leggere testi su
argomenti che riguardano la Bibbia, la fede e simili. Perciò il gruppo biblico è per me un’occasione
insostituibile per riflettere su alcuni temi e discuterne insieme ad altri. Quello che ci manca è un salto
di qualità che ci consenta di confrontarci in modo
più personale sui problemi di fede e non, che ci
coinvolgono. Ma forse non è il caso di denunciare i
difetti, dato che vogliamo invitare altri a fare l’esperienza del gruppo.
Antonella Fermi
Liliana Bozzetto
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ma leggendo Genesi nel gruppo biblico abbiamo
visto come essi fossero uomini normali, capaci sì di
grandi gesti di generosità e di fiducia, ma anche di
gesti assai poco nobili, frutto di debolezza, paura,
viltà, fragilità, peccato. Come tutti noi.
E allora li abbiamo sentiti più abbordabili, più vicini e ho compreso meglio che la frase non significava sono il Dio di uomini eccelsi, ma sono il Dio di
Silvio, di Roberto, di Antonella, di Biagio, ..., il
Dio che si è messo al nostro fianco, che ci accompagna, che si prende cura di noi, che comprende e
perdona, che suggerisce la strada giusta perché la
nostra vita sia migliore, più piena e ricca.
E insieme nel gruppo, con persone che hai imparato a stimare e a capire, si parla e si vede come forse
tante volte questa cura attenta è partita da lontano
anche per noi, nella nostra vita. E ti senti amato.
Non è mai poco, tanto più se è Dio che ti ama.
Ci siamo accorti che a volte anche per noi è stato
vero quello che Giuseppe, il patriarca, dice ai suoi
fratelli timorosi di vendetta per averlo venduto:
"Non temete. Se voi avevate pensato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene,
per compiere quello che oggi si avvera: far vivere
un popolo numeroso" (Genesi 50,19), abbiamo
meditato sul fatto che anche a lui, venduto dai fratelli, ficcato nel fondo della galere del faraone, Dio
non ha potuto evitare sofferenze atroci, ma in queste sofferenze gli è stato vicino. Lo ha aiutato a
capire e crescere fino a far sì che divenisse per i
suoi fratelli, per il suo popolo fonte di salvezza secondo la promessa. Sono infinite le cose che si potrebbero raccontare, la “magia” della Bibbia sta nel
fatto che ogni volta che la leggi ti senti interpellato
e coinvolto, ogni volta stimolato in modo diverso:
in gruppo questo spesso si traduce in incontri di
grande ricchezza, a volte di forte emotività, spesso
di utile approfondimento per la conoscenza di sé,
della vita, dei fratelli e delle sorelle che ti accompagnano in questo percorso.
Ritrovarsi con un gruppo per leggere insieme la
Bibbia significa prendersi del tempo con degli amici che vogliono fare la stessa esperienza, per cercare di capire perché scegliamo di essere cristiani e
come lo viviamo.
L’apporto e il confronto di ciascuno del gruppo e
l’aiuto dei commenti dei biblisti contribuiscono
alla riflessione sulla Parola fino al suo divenire
chiara pratica di vita.
Leggere insieme la Bibbia quindi perché:
- sia una costante “scuola” di vita,
- vissuta nel gruppo diventa impegno continuativo
sì, ma piacevole, scelto, non costretto od obbligato,
- per avere una guida, un aiuto nelle proprie scelte
quotidiane affinché siano allineate allo stile proposto dal Cristo,
- sia un educazione alla verifica della coerenza del
proprio cammino,
- sia di conforto il ritrovarsi nei percorsi dei personaggi biblici con le stesse difficoltà e gli stessi limiti,
- sia liberatorio l’affidarsi all’azione dello Spirito,
- consolante avere la conferma di essere comunque
abbracciati dall’amore di Dio.
Angela Manzoni
Silvio Pacati
Rispondo alla richiesta di Roberto con un piccolo
esempio:
Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il
Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe". (Esodo 3,6)
Così si presenta a Mosè il Dio di Israele.
La frase mi ha sempre fatto pensare ai grandi patriarchi come persone eccezionali, irraggiungibili
nella loro fede, nella loro totale dedizione a Dio.
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Il foglio di San Fermo n. 13
maggio 2008
Il gruppo che frequento inizia con il commento
delle letture della Messa della domenica successiva. E’ in questa fase preliminare che cerchiamo
quel messaggio da capire, benevolmente contestare, accettare. La corale riflessione si traduce in intenzioni di preghiera che precedono la Mensa Eucaristica.
Per me l’intima partecipazione a questa Eucaristia
è l’incontro con un Dio che in altri momenti colpevolmente “dimentico”.
Ferruccio Cattaneo
Apre sul libro di Tobia e legge:
“ …Da’ il tuo pane a chi ha fame e fa parte dei tuoi
vestiti agli ignudi…In ogni circostanza benedici il
Signore e che giungano a buon fine i tuoi sentieri e
desideri…”
Da quella notte il libro di Tobia è diventato per me
quasi un copione, un canovaccio che mi accompagna. Penso anche a don Raimondo, una bella figura
di curato di campagna che ci raccontava a scuola
gli episodi della “Storia Sacra”: Giuseppe e i suoi
fratelli, Sansone, Davide e Golia, Giuditta…
Poi sono arrivati per me gli anni di studio sistematico alla scuola di Teologia del Seminario, l’incontro prezioso con biblisti che mi hanno accompagnato a “girare le pagine” con più consapevolezza,
viaggiando tra generi letterari, traduzioni, diverse
epoche storiche, diversi autori.
E però ad un certo punto ti accorgi che tanti sono
gli autori ma uno solo è l’AUTORE, che è in dialogo con te e ti aspetta, perché tu hai necessità del
libro, però anche il libro ha necessità di te, della tua
vita, delle tue storie, avventure, emozioni, accoglienza, della tua convivialità. E ringrazi chi ti ha
consegnato questo tesoro.
Graziella Alessandrini
Non ricordo proprio quando ho incontrato per la
prima volta le pagine della Bibbia; mi vengono in
mente situazioni lontane tra di loro, nel tempo e
nello spazio. Forse “seduti in un caffè” con Paola e
Peppino, due sposini ai quali ero stata proposta
(“profferita” in marchigiano) da mio fratello, in
tempi in cui non c’era ancora l’abitudine di fare il
libretto delle letture per il giorno del matrimonio.
Era stato mio fratello ad indirizzarli: “mia sorella
vi potrebbe andar bene, sento che parla della Bibbia in maniera non convenzionale, non come se
fosse roba da preti; penso che possa darvi una mano volentieri a scegliere insieme dei testi”.
E lì, sui tavolini in piazza, con davanti i bicchieri
dell’aperitivo, è stato bello far passare le pagine di
Ruth, Qoelet, Paolo ai Romani, il Cantico, Tobia…
Tobia che mi aveva risolto un problema grosso alla
grotta di Lourdes, quando, ero quasi ancora una
ragazzina, ero andata in pellegrinaggio con il treno
malati. Tante persone mi avevano chiesto
“ricordami alla grotta, ti domando il regalo di una
preghiera”. Ero stata assegnata in servizio in cucina, tempo per pregare ce n’era poco, e la sera prima
della partenza avevo ancora da assolvere questo
compito, ero un po’ preoccupata. Ne avevo parlato
con un ragazzo più grande, che mi piaceva molto,
purtroppo non ho saputo mai il nome, era un po’
sul genere sessantottino, serio, però disinvolto. Mi
propone di andare insieme a pregare con la Bibbia,
senza fare la contabilità delle preghiere, ma ricordando le persone care con un pensiero affettuoso, e
poi leggere insieme qualche bella pagina.
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Il foglio di San Fermo n. 13
maggio 2008
LO SPIRITO VERRA SU DI NOI
Quando Don Biagio ci ha domandato cosa ci
aspettiamo dalla Cresima, noi abbiamo espresso il desiderio che lo Spirito Santo ci
possa dare i suoi doni, che Egli possa avvicinarci di più a Dio, che possa illuminare le nostre scelte e rafforzare la nostra fede per aver
un maggior dialogo con Dio, che la Cresima ci
aiuti ad arricchire il nostro cammino cristiano,
a partecipare di più alla vita della Comunità,
ad assumere un ruolo da protagonisti, a dare
un significato pieno alla parola “credere”.
Tutte queste speranze rischiano di essere solo
parole nella vita di tutti i giorni, quando siamo
presi da troppi impegni, quando non pensiamo
al senso delle cose che stiamo facendo, quando siamo superficiali, quando vorremmo fare
solo le cose che ci piacciono: guardare la TV,
giocare, uscire con gli amici, fare shopping.
Dalla Cresima ci aspettiamo di riuscire a riconoscere Dio anche in questi momenti
Alla Comunità che ci ha accompagnato fin qua
chiediamo di essere aiutati a continuare il nostro cammino di fede, perché nella fede si cresce meglio insieme.
Il gruppo dei cresimati
Ci presentiamo: siamo Agnese, Alessandro, Alice, Arianna, Antonio, Elia, Erica, Federica, Francesca, Francesco, Giorgia, Giulia, Laura, Lorenzo, Marta, Michele, Sara, Valeria.
Il nostro gruppo nasce dall’unione di due gruppi: di 2^ e di 3^ media. Pur non abitando nello
stesso paese ci sentiamo molto uniti: ci conosciamo da tanti anni e siamo giunti a S. Fermo
accompagnati dai nostri genitori che hanno
scelto la comunità per il loro e per il nostro
cammino di fede. Molti di noi hanno fatto la
Prima Comunione a S. Fermo e con il gruppo
di S. Fermo abbiamo vissuto molte esperienze, tra cui l’inizio di ciascun anno catechistico
a Rota Imagna e parecchie uscite per riflettere
su argomenti diversi come la “Partenza” di Abramo, l’ “Alleanza” di Mosè e Dio, ed il recente Pellegrinaggio a Mapello e Fontanella.
Dopo questo cammino siamo arrivati a questa
tappa importante: la Cresima.
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Il foglio di San Fermo n. 13
Maggio 2008
I GENITORI SI CONFRONTANO
Il Gruppo Genitori da tempo si confronta sui temi
dell’educazione alla fede dei figli e sul senso di
appartenenza alla Comunità di S. Fermo.
Riflettendo c’è sembrato importante coinvolgere in
questo percorso con i genitori alcune figure significative presenti nella Comunità: un genitore e un
testimone privilegiato di San Fermo.
Nel primo incontro, che si è tenuto il 1 marzo,
Marcella ci ha raccontato l’esperienza di catechesi
delle figlie, ormai adulte, dal punto di vista del genitore. Ha affermato che nonostante le naturali difficoltà emerse nel periodo dell’adolescenza che le
hanno portate ad allontanarsi, le figlie hanno riconosciuto che il percorso a San Fermo ha dato loro
maggior senso critico, offrendo spunti di ricerca
interiore, e che le successive scelte di vita sono
state “anche” influenzate dal percorso fatto in Comunità negli anni della catechesi.
Con Antonella, membro “storico” della Comunità,
abbiamo riflettuto sul senso di responsabilità che i
genitori hanno nei confronti dei figli.
Ci ha raccontato la sua storia di appartenenza a San
Fermo e ha sottolineato l’importanza della
“continua costruzione comune del senso della vita,
della morte, del dolore” e della “ relazione tra la
fede e la vita” che “passa attraverso le nostre biografie.”
Da questi spunti di riflessione è iniziato il confronto di esperienze tra i genitori e si sono raccolti i
loro racconti personali, scambio che è proseguito in
un secondo incontro.
Il 5 aprile Antonella ci ha posto delle domande chiave:
Perché si viene a S. Fermo?
Perché si resta ?
Quali aspettative di educazione alla fede abbiamo
per i nostri figli? E per noi stessi?
Quali desideri per il futuro?
Dalle risposte è emerso che San Fermo è un
“luogo di inclusione”, dove si può sperimentare
una gratuità di relazione con un Dio tenero che
accoglie; è un luogo che aiuta a riflettere sulle
cose davvero importanti e che ci invita alla coerenza tra l’esperienza religiosa e la vita.
Nel terzo incontro, il 10 maggio, Antonella ha proposto tre parole quali spunti di riflessione: esperienza, relazione, patrimonio. Ci siamo soffermati in particolare sull’ultima chiedendoci quale patrimonio di
valori, derivato dall’esperienza a san Fermo, ci piacerebbe rimanesse ai nostri figli. Dal confronto sono
usciti quali valori importanti: la capacità di fare scelte e progettare la propria vita, la consapevolezza di
poter dare un proprio contributo, la coerenza, il rispetto, la testimonianza, il dare un senso alle proprie
esperienze, la familiarità con Dio e la Parola, la spiritualità, i gesti d’amore.
Sono anche emerse alcune proposte per il prossimo
anno:
- incontri di “confronto-verifica” sul patrimonio di
valori che ha lasciato San Fermo con i ragazzi che
hanno già fatto la Cresima;
- incontri mensili su temi importanti (esperienze di
senso) come il perdono, la morte, il dolore …
- incontri di lettura biblica.
Angelo Pacchiana
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Il foglio di San Fermo n. 13
Maggio 2008
GRUPPI BIBLICI
Anno 2007-2008
denominazione
tema
luogo
frequenza e giorno
referente
BERESHIT
Lettere di Paolo
Quindicinale
Lunedì ore 21.00
Cesarina
035 245473
CASA DEI TRALCI
Lettera ai Romani di
Paolo
Chiesa di S. Fermo
Sacrestia
Casa dei Tralci
Via Lorenzi 9
Bergamo
Quindicinale
Lunedì ore 21.00
Giorgio
035 251480
del MARTEDI’
Letture della Messa
domenicale o festiva:
commento preparatorio
Chiesa di S. Fermo
Sacrestia
Settimanale
Martedì ore 21.00
Ferruccio
035 215 498
del MERCOLEDI’
Genesi (Gn 1-50)
Chiesa di S. Fermo
Sacrestia
Quindicinale
Mercoledì ore 21.00
Antonella
035 347 633
del GIOVEDI’
Confronto fra Paolo e
Gesù
Via Torni 1 – BG
presso Carla Zilocchi
Quindicinale
Giovedì ore 21.00
Carla
035 257954
GRUPPI CON VARI TIPI DI ATTIVITA’
denominazione
tema
luogo
frequenza e giorno
referente
GIORNALINO
Redazione
Sacrestia
Chiesa San Fermo
Mercoledì/frequenza
da concordare
Silvio
035 460155
UNIVERSITARI
Letture bibliche
Scuola Media Petteni
Via Codussi
Quindicinale
Sabato ore 17.00
Paolo
035 253596
INSIEME E’ MEGLIO
Attività
ricreative e culturali
della Terza Età
Via S. Fermo, 7
da concordare
Adriana
035 218603
Via San Fermo, 7
mensile
Marina
035 244421
CATECHISTI
La fede dei ragazzi e
dei giovani
PREGHIERA SILENZIOSA
In silenzio davanti al
Signore
San Fermo
2° e 4° Venerdì del
mese ore20,45
Ai Tralci
Gli altri Venerdì del
mese ore20,45
Roberto
035 246001
GRUPPO TAIZE’
Incontro di preghiera
Chiesa di S. Fermo
Terzo venerdì del mese ore 21.00
Biagio
035 220487
ASSOCIAZIONE
I TRALCI
Condivisione e accoglienza
casa I Tralci
via Lorenzi, 9 BG
da definire
Maria Grazia e
Giorgio 035 251480
INFORMAZIONI
PER L’AFFIDO
Affido di bambini e
giovani a famiglie
da concordare
da concordare
Elisa e Alberto
035 261230
CORO
Canti per la liturgia
Chiesa di S. Fermo
Quindicinale
Lunedì ore 21.00
Maurizio
035 226086
GRUPPO
GENITORI
Crescere nella fede accanto ai ragazzi
Scuola Media Petteni
Le messe a S. Fermo
Sabato ore16,30 / frequenza da concordare
Miriam 035 527941
le messe a San Fermo
Mercoledì
ore 17.00
Sabato
ore 18.00
Domenica
ore
8,30
- 10,30
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Il foglio di San Fermo
Maggio 2008
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