La nuova normativa sull’esercizio in sicurezza delle Attrezzature a Pressione V. Rizzi, G. de Gennaro, N. Altamura ISPESL dipartimento di Bari Il recepimento della Direttiva Europea 97/23 CE-PED, avvenuto col D. Lgs 25/2/00 n.93 e che disciplina la classificazione, nonché i principi fondamentali in fase di progettazione, fabbricazione e collaudo delle Attrezzature a Pressione, ha sconvolto totalmente l’intero impianto normativo nazionale previgente. Di conseguenza l’ introduzione del Decreto del Ministero delle Attività Produttive 1 dicembre 2004, n. 329 era la strada obbligata per dare continuità alla filosofia ed all’impostazione della citata direttiva, nella fase di esercizio delle attrezzature a pressione. Nella presente relazione, dopo una panoramica generale sul nuovo Decreto, al fine di trovare un filo conduttore tra le diverse disposizione di carattere nazionale ed europeo si fa riferimento ai serbatoi contenenti fluidi criogenici come esempio che, al meglio, rappresenta il complesso percorso della sicurezza delle attrezzature a pressione Introduzione L’adeguamento delle normative nazionali concernenti la sicurezza dei prodotti industriali alle Direttive Europee attraversa una difficile fase di transizione mettendo a dura prova il meccanismo stesso della marcatura CE. Oltre al recepimento delle direttive europee di prodotto si tratta, infatti, di “legare” la loro filosofia con le disposizioni nazionali riguardanti l’esercizio. In Italia l’impostazione che l’ Autorità preposta ha dato finora, conferma il precedente assetto normativo nazionale che vede la vita delle attrezzature a pressione divisa in due sfere: quella della fabbricazione, rappresentata dal D. Lgs. 25/2/00 n.93, e quella dell’esercizio rappresentata dal nuovo D.M. 329/04. L’introduzione del Decreto del Ministero delle Attività Produttive 1 dicembre 2004, n. 329 intitolato “Regolamento recante norme per la messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi di cui all’articolo 19 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 93” di seguito denominato “Decreto”, era la strada obbligata per dare continuità alla filosofia ed all’impostazione della direttiva PED nella fase di esercizio delle attrezzature a pressione. Il difficile percorso dello studio della sicurezza di un impianto nell’intero arco della sua vita esige, però, un filo conduttore che lega le due sfere: l’anello di congiunzione non può che essere l’analisi e la valutazione dei rischi, metodologia tra l’altro richiamata dalle direttive di prodotto e dalle direttive sociali, la quale partendo dalla fase di progettazione e fabbricazione prosegue il percorso nelle fasi di installazione, esercizio e manutenzione. 1 Il caso dei serbatoi per il contenimento di gas criogenici sembra essere particolarmente efficace per dare un esempio di tale percorso che abbraccia, oltre la normativa generale di fabbricazione e di esercizio, anche una serie di disposizioni particolari. 1. Il nuovo Decreto e il campo di applicazione La direttiva PED, in base alla tipologia di fluido contenuto, classifica le attrezzature a pressione in quattro categorie, dalla I alla IV, caratterizzate da gradi di pericolosità crescente in base ai seguenti parametri: • PS: Pressione Massima Ammissibile • TS: Temperatura Massima Ammissibile • V: Volume • DN: Diametro Nominale ( per le tubazioni ). In linea con tali criteri di classificazione delle attrezzature il Decreto associa, a ciascuna categoria, un diverso regime delle verifiche di I impianto e di riqualificazione periodica. Il campo di applicazione del Decreto comprende: • tutte le attrezzature di cui all’ art. 3 lettere a), b) e c) della direttiva PED, salvo quelle escluse ai sensi dell’art. 2 del Decreto; • tutte le attrezzature collaudate, in costruzione, con la norme previgenti la direttiva PED e dotate di libretto matricolare rilasciato dall’ISPESL, in seguito denominate attrezzature “ante PED”; • i recipienti per liquidi e le tubazioni ( aventi DN > 80) per liquidi, vapori e gas preesistenti e già posti in esercizio alla data del 29 maggio 2002, non sottoposti ad alcuna omologazione nazionale (in sede di costruzione), da classificare secondo i fluidi e le categorie previste dal D.Lgs n. 93/2000 (in altri termini rientrano nel Decreto i recipienti e le tubazioni che, messi in esercizio prima del 29 maggio 2002, non erano soggetti ad alcuna specifica norma di costruzione, ma date le caratteristiche PS, TS, Volume e DN, sarebbero soggette alla PED se fossero state costruite ex novo dopo il 29 maggio 2002); • gli apparecchi semplici a pressione disciplinati dal D.Lgs. 27 settembre 1991 n. 331 Nei riguardi del nuovo Decreto l’iter procedurale che gli utilizzatori di attrezzature e insiemi a pressione devono seguire, è schematicamente rappresentato nel flow chart di figura 1. 2 Campo di Applicazione del DM 329, art.1 Esclusioni, art. 2 SI Nessuna adempienza per l'utilizzatore nei riguardi del D.M. 329/04. Obblighi dell'utilizzatore nei riguardi del 626/94 e s.m.i. - uso in sicurezza e manutenzione delle attrezzature di lavoro. NO Esclusioni verifica I° imp., art. 5 SI NO Verifica di I° impianto, art.4 Dichiarazione di messa in servizio, art.6 esclusioni dalle verifiche di riqu. periodica, art. 11 SI Obblighi dell'utilizzatore nei riguardi del 626/94 e s.m.i. - uso in sicurezza e manutenzione delle attrezzature di lavoro. NO verifiche di riqualificazione periodica artt. 10, 12, 13 FIG. 1 3 1.1 Verifica di I impianto La verifica di I impianto, ovvero della messa in servizio, consiste nella verifica che l’attrezzatura è correttamente installata sull’impianto; in particolare gli accessori di sicurezza necessari (in termini di tipologia e dimensionamento degli stessi), in funzione delle condizioni di installazione e di esercizio, nonché nella verifica di efficienza degli stessi e del buon funzionamento dell’attrezzatura. Il tutto secondo le specifiche tecniche in vigore al momento della verifica (art. 3 del Decreto) e delle istruzioni per l’uso e la manutenzione rilasciate dal fabbricante dell’attrezzatura. A seguito dell’avvenuta Verifica positiva di I impianto, se prevista, da parte del “Soggetto Verificatore”, l’utilizzatore deve effettuare la “Dichiarazione di Messa in Servizio” che consiste in una documentazione da presentare contestualmente all’ISPESL e alla AUSL/ARPA di competenza e contenente: 1) l’elenco delle singole attrezzature con i rispettivi valori di pressione, temperatura, capacità e fluido di esercizio 2) una relazione tecnica, con lo schema dell’impianto, recante le condizioni d’installazione e di esercizio, le misure di sicurezza, protezione e controllo adottate; 3) una espressa dichiarazione da parte dell’installatore attestante che l’installazione è stata eseguita in conformità a quanto indicato nel manuale d’uso; 4) il verbale della verifica di cui all’art.4 del Decreto, ove prescritta; 5) un elenco dei componenti operanti in regime di scorrimento viscoso o sottoposti a fatica oligociclica. Per quanto riguarda i “Soggetti Verificatori”, che possono effettuare le verifiche di I impianto e le verifiche di riqualificazione periodica, il Ministero delle Attività Produttive dovrà, con apposito provvedimento, stabilire i criteri e i requisiti cui gli stessi devono soddisfare. 1.2 Verifiche di riqualificazione periodica Le verifiche di riqualificazione periodica, ai sensi dell’art. 10 del Decreto, si dividono in: 1) verifiche di funzionamento che consistono nella constatazione della rispondenza delle condizioni di effettivo utilizzo con quanto indicato nelle istruzioni per l’uso dell’attrezzatura e nella dichiarazione di messa in servizio, e dell’efficacia degli accessori di sicurezza a corredo dell’attrezzatura; 2) verifiche di integrità strutturale che consistono nell’ispezione, visiva e/o strumentale, atte a “valutare” lo stato di conservazione delle membrature costituenti le attrezzature. Per quest’ ultime, periodicità più restrittive (rispetto a quelle indicate nelle tabelle A e B del Decreto) possono essere indicate nel libretto d’uso e manutenzione rilasciato dal fabbricante a corredo delle 4 attrezzature; come anche metodologie di studio, internazionalmente riconosciute, basate sull’analisi del rischio, tipo Risk Based Inspection – RBI, possono indicare periodicità più ristrette. Infine il Decreto dà la possibilità, all’ utilizzatore, di mantenere in esercizio le attrezzature a pressione se rilievi (in tal senso trovano ampio campo di applicazione i Controlli Non Distruttivi) analisi e valutazioni “dimostrano” che l’attrezzatura, pur presentando un quadro di danneggiamento non già tollerato in sede di collaudo di costruzione, può ancora essere esercìta per un “determinato tempo” ( oppure tra due ispezioni successive ) in condizioni di sicurezza. Vengono, pertanto, implicitamente acclamate le tecniche di studio sull’ affidabilità e durabilità di componenti in servizio quali ad esempio la Fitness for Service - FFS, in quanto tecniche di valutazione internazionalmente riconosciute e rappresentanti, pertanto, lo “stato dell’arte” in materia. 2. Il caso dei serbatoi per gas criogenici I serbatoi per gas criogenici sono dei contenitori di materia fredda. Se si pensa che l’Ossigeno liquido alla temperatura di -184° C ed alla pressione atmosferica, genera un volume di vapore-gas pari a circa 800 volte quello iniziale del liquido, si può immediatamente cogliere il vantaggio di avere a disposizione grandi quantità di fluido in fase gassosa partendo da piccole quantità in fase liquida. Chiaramente non tutte le utenze sfruttano tale vantaggio e preferiscono utilizzare una batteria di bombole contenenti il fluido allo stato gassoso ad elevate pressioni ed a temperatura ambiente . Le maggiori utilizzazioni riguardano fluidi come ossigeno, anidride carbonica, azoto, protossido d’azoto e argon e si ritrovano negli ospedali, negli ambienti sanitari in genere, nel processo industriale di inertizzazione, nell’industria alimentare, etc. La tabella che segue dà un’idea delle temperature ( in ° C); a pressione atmosferica i seguenti gas liquefano al di sotto delle temperature indicate: ossigeno - 183 azoto - 196 argon - 186 Anidride carbonica - 88 Protossido d’azoto - 88 5 2.1 Contenitori. Sono costituiti principalmente da due contenitori di cui uno interno all’altro, creando uno spazio intercapedine in cui si realizza un sistema di isolamento dal sistema esterno mediante tre accorgimenti tecnici: • riduzione dei punti di contatto fra l’involucro esterno e quello interno in modo da evitare la trasmissione di calore dall’esterno all’interno mediante conduzione; • realizzazione del vuoto per evitare la trasmissione di calore per convezione; • riempimento di sostanze altamente isolanti per evitare l’irraggiamento. Come noto per le basse temperature si utilizzano materiali adatti aventi contemporaneamente sia una buona duttilità e sia una ottima resistenza meccanica, nonché tutte le caratteristiche di compatibilità con il fluido da contenere. Generalmente tali materiali sono inclusi nella gamma degli acciai inossidabili: alcuni di questi acciai mantengono le loro caratteristiche meccaniche, metallurgiche e chimiche anche a bassissime temperature come appunto – 196 °C. L’involucro esterno è generalmente realizzato con materiali aventi una buona resistenza meccanica a temperatura ambiente, con spessori resistenti al solo vuoto interno ed alle funzioni di supporto e connessione all’impianto. 2.2 Quadro normativo. Trattandosi di apparecchi a pressione i serbatoi per gas criogenici sono costruiti, installati e eserciti secondo una precisa disciplina fatta di leggi, norme e codici ben precisa che si riepilogano brevemente nelle seguenti tabelle distinte per periodi: PERIODO ANTE 29.05.2002 COSTRUZIONE • • • ESERCIZIO • RACCOLTA “VSR ISPESL 1995 ED. 1999” ( STATUS DI NORMA DI LEGGE); CIRCOLARI ISPESL RELATIVE. RACCOLTA “ E” DELL’ISPESL: SPECIFICAZIONI TECNICHE APPLICATIVE DEL D.M. 21.05.1974. NORME INTEGRATIVE DEL REGOLAMENTO APPROVATO CON R.D. 12 MAGGIO 1927, N° 824, E DISPOSIZIONI PER L’ESONERO DA ALCUNE VERIFICHE E PROVE STABILITE PER GLI APPARECCHI A PRESSIONE; CIRCOLARI ISPESL RELATIVE. PERIODO POST 29.05.2002 • • • • COSTRUZIONE • • • • DIRETTIVA 97/23/CE; D.LGS N° 93 DEL 25.02.2000; NORME EN ARMONIZZATE ALLA DIR. 97/23/CE; ALTRE DIRETTIVE DI PRODOTTO COINVOLTE NELLA PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE E NORME EN RELATIVE; RACCOLTA “VSR ISPESL 1995 ED. 1999” ( STATUS DI CODICE DI CALCOLO E RIF. TECNICO); CIRCOLARI ISPESL RELATIVE IN ESCLUSIVO COORDINAMENTO CON LA RACC. VSR ISPESL; ALTRI CODICI DI CALCOLO E METODI SPERIMENTALI; INTRODUZIONE DEI SISTEMI DI QUALITA’ AZIENDALI NELLA SFERA COSTRUTTIVA E PRODUTTIVA. 6 • ESERCIZIO • RACCOLTA “ E” DELL’ISPESL: SPECIFICAZIONI TECNICHE APPLICATIVE DEL D.M. 21.05.1974. NORME INTEGRATIVE DEL REGOLAMENTO APPROVATO CON R.D. 12 MAGGIO 1927, N° 824, E DISPOSIZIONI PER L’ESONERO DA ALCUNE VERIFICHE E PROVE STABILITE PER GLI APPARECCHI A PRESSIONE; CIRCOLARI ISPESL RELATIVE. PERIODO 29.05.2002 – 09.11.2004 • • • • COSTRUZIONE • • • • • ESERCIZIO • • DIRETTIVA 97/23/CE; D.LGS N° 93 DEL 25.02.2000; NORME EN ARMONIZZATE ALLA DIR. 97/23/CE; ALTRE DIRETTIVE DI PRODOTTO COINVOLTE NELLA PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE E NORME EN RELATIVE; RACCOLTA “VSR ISPESL 1995 ED. 1999” ( STATUS DI CODICE DI CALCOLO E RIF. TECNICO); CIRCOLARI ISPESL RELATIVE IN ESCLUSIVO COORDINAMENTO CON LA RACC. VSR ISPESL; ALTRI CODICI DI CALCOLO E METODI SPERIMENTALI; INTRODUZIONE DEI SISTEMI DI QUALITA’ AZIENDALI NELLA SFERA COSTRUTTIVA E PRODUTTIVA. RACCOLTA “ E” DELL’ISPESL: SPECIFICAZIONI TECNICHE APPLICATIVE DEL D.M. 21.05.1974. NORME INTEGRATIVE DEL REGOLAMENTO APPROVATO CON R.D. 12 MAGGIO 1927, N° 824, E DISPOSIZIONI PER L’ESONERO DA ALCUNE VERIFICHE E PROVE STABILITE PER GLI APPARECCHI A PRESSIONE; CIRCOLARE 09/2004 DEL 19 LUGLIO 2004 E CIRCOLARE 11/2004 DEL 09.NOVEMBRE.2004 CIRCA L’ESERCIZIO DEGLI IMPIANTI CRIOGENICI; CIRCOLARI ISPESL RELATIVE. PERIODO 09.11.2004 – 12.02.2005 • • • • COSTRUZIONE • • • • • • • ESERCIZIO • • DIRETTIVA 97/23/CE; D.LGS N° 93 DEL 25.02.2000; NORME EN ARMONIZZATE ALLA DIR. 97/23/CE; ALTRE DIRETTIVE DI PRODOTTO COINVOLTE NELLA PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE E NORME EN RELATIVE; RACCOLTA “VSR ISPESL 1995 ED. 1999” ( STATUS DI CODICE DI CALCOLO E RIF. TECNICO); CIRCOLARI ISPESL RELATIVE IN ESCLUSIVO COORDINAMENTO CON LA RACC. VSR ISPESL; ALTRI CODICI DI CALCOLO E METODI SPERIMENTALI; INTRODUZIONE DEI SISTEMI DI QUALITA’ AZIENDALI NELLA SFERA COSTRUTTIVA E PRODUTTIVA. D.M. 329 DEL 01.12.2004 IN ATTUAZIONE DELL’ART.19 DEL D.LGS. 93 DEL 25.02.2000 LETTERA CIRCOLARE DEL M.A.P. N° 2117 DEL 02.03.2005, IN RIFERIMENTO ALL’UTILIZZO DELLA NORMATIVA PREVIGENTE. RACCOLTA “ E” DELL’ISPESL: SPECIFICAZIONI TECNICHE APPLICATIVE DEL D.M. 21.05.1974. NORME INTEGRATIVE DEL REGOLAMENTO APPROVATO CON R.D. 12 MAGGIO 1927, N° 824, E DISPOSIZIONI PER L’ESONERO DA ALCUNE VERIFICHE E PROVE STABILITE PER GLI APPARECCHI A PRESSIONE ( STATUS DI RIFERIMENTO PREVALENTEMENTE TECNICO); CIRCOLARE 09/2004 DEL 19 LUGLIO 2004 E CIRCOLARE 11/2004 DEL 09.NOVEMBRE.2004 CIRCA L’ESERCIZIO DEGLI IMPIANTI CRIOGENICI; CIRCOLARI ISPESL RELATIVE. 7 Come si potrà notare dal 2002 si è innescato un meccanismo di adeguamento della normativa nazionale a quella di respiro europeo, a cui si sono sommate, a causa di un gravissimo incidente avvenuto nel 2002, diverse circolari ISPESL appositamente realizzate a partire dal 23.12.2003 per gli impianti dei gas criogenici ( circc. 53/2003 del 23.12.2003 – 03/2004 del 09.03.2004 – 09/2004 del 19.07.2004 – 11/2004 del 09.11.2004). Tali circolari non fanno esplicito riferimento ad una particolare normativa ma si occupano del particolare pericolo di infragilimento dei materiali operanti accidentalmente alle basse temperature, con conseguente decadimento delle caratteristiche meccaniche e improvviso aumento del rischio di rottura. 2.3 Pericolo di infragilimento materiale. Ai consueti pericoli di sovrapressione, sollecitazioni dinamiche, vibrazioni, fatica, sollecitazioni localizzate, urti, incendio dall’esterno, ecc., a cui un apparecchio a pressione e l’impianto di utilizzazione ad esso connesso può essere sottoposto, si aggiunge il pericolo di “intrusione di fluido a bassissime temperature in impianti o recipienti a pressione realizzati con materiali non resilienti”. I materiali non resilienti, come ad esempio l’acciaio al carbonio, hanno, alle basse temperature, una scarsa duttilità e quindi tendono ad avere un comportamento della caratteristica meccanica che vede il valore della tensione di snervamento pericolosamente coincidere con quello di rottura. La resilienza misura il “lavoro” che occorre eseguire per rompere il materiale ad una ben precisa temperatura: è chiaro che tanto maggiore sarà questo lavoro, tanto più duttile tale materiale sarà, e quindi tanto di più il diagramma della caratteristica meccanica assumerà l’andamento elasto-plastico classico con la tensione di snervamento adeguatamente lontana da quella di rottura. Purtroppo le basse temperature, il contatto con l’ossigeno o l’azoto ( che hanno potere “invecchiante”) causano un abbassamento della resilienza. E’ anche per questo che ogni materiale utilizzato per la costruzione di apparecchi ed impianti a pressione ha un ben preciso intervallo termico di utilizzazione. Se nelle normali condizioni di funzionamento una parte dell’impianto sarà attraversata da fluido criogenico opportunamente gassificato da un evaporatore ( ad aria, a vapore, ad acqua, ecc.), e quindi la temperatura del gas non sarà inferiore a quella ambiente, il progettista può essere indotto a realizzare quella parte con materiali non resilienti. Il pericolo che del fluido criogenico possa superare l’evaporatore in avaria, senza essere gassificato opportunamente e quindi entrare in contatto con materiale non adatto, e per di più anche con una certa pressione, è un pericolo che non sempre si è fronteggiato adeguatamente o che lo si è lasciato interpretare in maniera diversa dai vari operatori del settore. Purtroppo l’incidente citato è avvenuto a causa di tale pericolo. 8 2.4 Nuove soluzioni. Oltre ai classici dispositivi di controllo e protezione già previsti dalla normativa generale sull’esercizio (manometri, termometri, indicatore di livello, valvole di sicurezza per la sovrapressione, disco di rottura per l’involucro esterno) occorre realizzare un’efficace separazione fra la parte di impianto a monte e la parte di impianto a valle dell’evaporatore, quando i materiali utilizzati in tali partizioni sono rispettivamente resilienti e non resilienti (fig. 2). L’ ISPESL ha ritenuto opportuno far inserire un dispositivo capace di effettuare una sicurezza del tipo “attivo”. Questo potrà essere costituito da una valvola di blocco o, in alcuni casi anche da una valvola modulante; non si escluderanno a priori dispositivi funzionanti con una logica di sicurezza attiva azionati da fonti energetiche differenti ( logiche computerizzate di controllo e protezione): l’importante è che si raggiunge un equivalente livello di sicurezza attiva. Alla luce dell’analisi e valutazione dei rischi equamente condivisa tra i vari soggetti chiamati in causa (proprietario, gestore ed utilizzatore), al fine di ridurre e se possibile eliminare i rischi, possono essere adottate soluzioni progettuali “nuove” che sfruttano anche l’elettronica creando ridondanze con sistemi elettromeccanici o solo meccanici. Ne discende che molti dei nuovi dispositivi dovranno essere collaudati e certificati al fine di garantirne l’efficacia e, soprattutto, l’affidabilità; ciò costituisce il vero passaggio obbligato a cui non si potrà facilmente sfuggire vista anche la libera circolazione delle merci. E’ chiaro che ogni impianto ha una sua connotazione ed esige soluzioni appropriate e soprattutto “integrate”; in generale, la pecca delle previgenti normative è stata proprio la mancata integrazione tra le varie parti singolarmente “in regola”. In definitiva la valutazione dei rischi e la relativa relazione, insieme allo schema a blocchi dell’impianto, rappresentano il coacervo di documenti che devono essere presentati in sede di Dichiarazione di Messa in Servizio. Nasce allora una procedura di controllo e verifica che oltre a prevedere il solito confronto fra la documentazione e la realizzazione sull’impianto, richiama il Soggetto Verificatore ad un ulteriore sforzo che è costituito dal monitoraggio delle intersezioni fra diverse Direttive di prodotto in ossequio alle quali parti delle attrezzature in questione o le attrezzature stesse sono progettate e costruite ( Direttiva ATEX, Direttiva delle attrezzature funzionanti a bassa tensione, Direttiva sulla compatibilità elettromagnetica, Direttiva macchine, ecc..). D’altro canto è questo il compito arduo a cui una relazione tecnica presentata in sede di messa in servizio deve riferirsi; ed è in tal senso che il D.Lgs. 626/94 e s.m.i. diventa una piattaforma normativa comune fra le varie norme tecniche armonizzate alle rispettive Direttive, coinvolte e richiamate in qualsiasi misura nell’installazione. L’ ISPESL, infine, non ha trascurato un altro aspetto apparentemente secondario a quello operativo: l’interfacciamento proprietario – gestore - utilizzatore. Occorre creare non solo una catena chiara di responsabilità fra il proprietario dell’impianto, il gestore del recipiente criogenico e l’utilizzatore finale del servizio, ma anche un rapporto sinergico fatto di confronto costruttivo, propositivo e analitico circa 9 i pericoli ed i conseguenti rischi connessi ad un impianto criogenico. E’ per tale motivo che l’ISPESL ha intrapreso una campagna di “audit” con i vari gestori, con uno spirito sinergico e collaborativo, al fine di mediare le diverse proposte per le adempienze di cui alla circolare 09/2004. 10 FIG. 2 11 Bibliografia • D.Lgs. 25 febbraio 2000 n. 93: Attuazione della direttiva 97/23/CE in materia di attrezzature a pressione. • Decreto del Ministero delle Attività Produttive 1 dicembre 2004, n. 329: Regolamento recante norme per la messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi di cui all’articolo 19 del D.Lgs. 25 febbraio 2000 n. 93 • Circolari ISPESL–Dipartimento Omologazione e Certificazione n. 53/2003, 03/2004, 09/2004 e 11/2004 • V.Rizzi, G. de Gennaro, N. Altamura: Il nuovo regolamento per la messa in servizio e l’utilizzazione di Attrezzature a Pressione – Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica n. 2/2005 12