UNITA’ LOCALE SOCIO SANITARIA DELLA REGIONE VENETO
Borgo Cavalli n. 42 – 31100 TREVISO
Cod. Ente 050-109 – Cod. Fisc. 03084880263
DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE
SPISAL
SERVIZIO DI PREVENZIONE, IGIENE E SICUREZZA NEGLI AMBIENTI DI LAVORO
Rischi collegati alla presenza di METANO
nelle acque di pozzo
Un recente infortunio mortale avvenuto a Motta di Livenza, causato dal
metano presente nell’acqua di pozzo, rende necessaria una puntuale informazione
sulle dinamiche di accadimento di questo tipo di incidenti chimici e sulle misure di
prevenzione da adottare per scongiurare il ripetersi di tali
tragici avvenimenti. L’episodio verificatosi non è stato un
H
evento né unico né raro. Nel 2006 un infortunio mortale è
accaduto in circostanze analoghe in un’azienda di
Montegaldella (VI). L’ARPAV dell’Emilia Romagna nel suo
sito web (www.arpa.emr.it/pubblicazioni) comunica questo
C
H
H tipo di rischio che “interessa tutti i comuni della media e
bassa pianura”, indicando i provvedimenti e le cautele da
adottare negli impianti e ambienti per lo stoccaggio delle
H
acque.
Il metano è un gas naturale che può trovarsi disciolto, anche in elevate
concentrazioni, nelle acque di falda della Pianura Padana e della Pianura Veneta,
generalmente oltre i 60 metri di profondità. A differenza di quello distribuito nella
rete urbana, che è artificialmente e fortemente odorizzato con mercaptani, quello
presente naturalmente nell’acqua è inodore. Il metano è un gas infiammabile,
che per la sua pericolosità ha la seguente classificazione ed etichettatura (se
confezionato in bombola), secondo il recente Regolamento CE n. 1272/2008,
relativo alla classificazione, etichettatura ed imballaggio delle sostanze e miscele:
classe
categoria
Pittogramma GHS
Gas infiammabile
Cat. 1
avvertenza
Indicazione di pericolo
Consigli di prudenza
PERICOLO
H22O - gas altamente infiammabile
P210 – tenere lontano da fonti di calore/scintille/fiamme
libere/superfici riscaldate – non fumare
P377 – in caso di incendio dovuto a perdita di gas, non
estinguere a meno che non sia possibile bloccare la perdita
senza pericolo
P381 – eliminare ogni fonte di accensione se non c’è pericolo
P403 – conservare in luogo ben ventilato
Trasporto merci pericolose
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SPISAL - Sede di Oderzo: Via Manin, 46 – 31046 Oderzo - tel. 0422 715645 - fax 0422 715631
SPISAL - Sede di Treviso: Via Castellana, 2 – 31100 Treviso – tel. 0422 323820 – fax 0422 323743
La presente relazione è stata consegnata per la sua pubblicazione solo a Sicurezzaonline.it
Chiunque ripubblichi sul web o sotto qualsiasi altra forma il presente documento deve obbligatoriamente indicarne
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Le sue proprietà chimico-fisiche, elencate nella tabella sottostante, caratterizzano la
sua pericolosità intrinseca e i rischi che ne possano derivare durante l’utilizzo:
Peso molecolare
Densità relativa (aria=1)
Punto di ebollizione
Temperatura critica
Solubilità in acqua a 20 °C e 1 atm
Aspetto fisico
Temperatura di autoaccensione
Limite di Esplosività Inferiore
Limite di Esplosività Superiore
16 g/mole
0,6
-161 °C
-83 °C
26 mg/L
Incolore, inodore
595 °C
5 % (volume metano/volume aria)
15 % (volume metano/volume aria)
Il suo peso molecolare comporta una sua minore densità rispetto all’aria, ne
consegue una sua stratificazione verso l’alto, se è libero di muoversi. Con l’aria si
miscela molto facilmente in tutte le proporzioni e se la sua concentrazione è
collocata all’interno dell’intervallo di esplosività (5% - 15%), può infiammarsi ed
esplodere con deflagrazione (esplosione in regime subsonico). Non è necessaria,
come innesco, una fiamma o una scintilla, è sufficiente il contatto con una
superficie calda, a temperatura superiore a 595 °C (temperatura di
autoaccensione).
Il metano ha anche un effetto narcotico e tale da provocare, se presente in
concentrazione superiore al 3-4 % nell’aria, fenomeni di anossia anossica. Questo
è un tipo d’asfissia che si manifesta all’interno di atmosfere “sotto-ossigenate”,
dovute alla presenza di gas che non sono tossici (metano, azoto, elio,
idrogeno, ecc…) ma che abbassano la pressione parziale dell’ossigeno, in modo
che l’ossigeno non può venire utilizzato, a livello degli alveoli polmonari, in quantità
sufficiente). Una tabella che descrive gli effetti delle atmosfere sotto-ossigenate è
riportata di seguito:
EFFETTI DELLE ATMOSFERE SOTTO-OSSIGENATE
Aria inalata
conc. di ossigeno
effetti
21%
Percentuale nell’aria non inquinata
− Diminuzione della visione notturna
17%
− Aumento dell’aria inspirata
− Accelerazione del ritmo cardiaco
16%
− vertigini
− Turbe dell’attenzione, delle capacità valutative, del coordinam.
15%
− Episodi di apnea
− Affaticamento
− Perdita di controllo della motricità
− Forte perturbazione delle capacità valutative e di coordinam.
12%
− Perdita di coscienza
− Lesione cerebrali irreversibili
− Incapacità di muoversi
10%
− Nausea
− vomito
− Respirazione spasmodica
6%
− Movimenti convulsi
− Morte in 5-8 minuti
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Un documento che tratta in maniera esauriente i pericoli da carenza di
ossigeno, riportando anche una ventina di casi verificatisi, ha il titolo “Pericoli
relativi ai gas inerti e alla carenza di ossigeno”, prodotto da FederchimicaAssogastecnici; è scaricabile da internet.
Analizzando le modalità di accadimento dei due infortuni citati in premessa, si
è riscontrato quanto segue.
Nel primo incidente (2006), occorso in provincia di Vicenza, all’interno di
una ditta di produzione di tappi in gomma per contenitori di farmaci, un
manutentore esperto, dovendo aprire la flangia di un serbatoio in vetroresina da 30
m3, utilizzato per l’accumulo dell’acqua proveniente da 2 pozzi artesiani, ha
constatato che le viti di fissaggio della flangia erano arrugginite e quindi non
svitabili. Pertanto si è accinto a tagliarle con una smerigliatrice portatile dotata di
disco abrasivo. Per raggiungere la parte alta del serbatoio ha utilizzato una cesta
autosollevante. Le scintille provocate, o il calore sviluppatosi, hanno innescato
un’esplosione, che proiettava la parte superiore del serbatoio sul tetto dello
stabilimento. L’infortunato veniva proiettato a distanza e decedeva per
politraumatismi. L’analisi dell’acqua di pozzo, effettuata dall’ARPAV su incarico dello
SPISAL, evidenziava la presenza di metano in concentrazione pari a 39 mg/L nel
primo pozzo e pari a 55 mg/L nell’altro pozzo. La quantità d’acqua accumulata nel
serbatoio, la presenza di un volume d’aria in testa al serbatoio, era compatibile con
la formazione di una miscela aria – metano con concentrazione di metano
all’interno dell’intervallo di esplosività (5% - 15%)
Nel secondo incidente (2010), verificatosi in provincia di Treviso
all’interno di un caseificio, un manutentore esperto, dipendente di una ditta esterna
che aveva l’incarico di effettuare lavori di manutenzione meccanica e idraulica degli
impianti, stava eseguendo lavori di modifica su di un serbatoio in acciaio inox da 13
m3 . Questo serbatoio era parte di un impianto per la potabilizzazione dell’acqua
prelevata da un pozzo, pescante a ca. 230 metri di profondità. La modifica
comportava anche la chiusura di un tronchetto di sfiato di 10 cm di diametro, posto
sulla sommità del serbatoio. Dopo aver puntato con 2 punti di saldatura TIG il disco
di copertura, trascorso qualche
minuto,
alla
ripresa
della
saldatura,
il
serbatoio
esplodeva e la parte superiore si
staccava dalla base e veniva
proiettata a circa 120 m di
distanza, andando a cadere in
un parcheggio, rimbalzando poi
ad una decina di metri dal punto
di impatto, fortunatamente senza
colpire persone. L’operaio, che si
era fatto impropriamente portare
in quota da un dipendente del
committente
utilizzando
un
bancale posto sulle forche di un
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muletto, veniva proiettato, assieme alle forche e all’attrezzatura per la saldatura,
contro un portone, posto a 15 metri di distanza, di una azienda confinante.
Decedeva per politraumatismi. L’analisi dell’acqua di pozzo, effettuata dall’ARPAV
su incarico dello SPISAL, evidenziava la presenza di metano in concentrazione pari
a 26 mg/L. Questa concentrazione è di poco superiore alla solubilità del metano in
acqua alla temperatura di esercizio (16-17°C), pari a 24 mg/L. Questa però è una
concentrazione in condizioni di equilibrio termodinamico; per giustificare
l’esplosione bisogna pensare ad una situazione di non equilibrio. Al momento
dell’incidente era attività una pompa di pescaggio con portata di 12 m3/h; la
quantità d’acqua accumulata nel serbatoio era di ca. 11 m3; l’aria era contenuta in
uno spazio di testa pari a ca. 2 m3. All’interno di questo spazio di testa è giocoforza
che si sia formata una miscela aria – metano con concentrazione di metano
nell’intervallo di esplosività (5% - 15%).
L’analisi delle cause di tali incidenti evidenziano la scarsa
consapevolezza del rischio da parte delle persone coinvolte (Datori di
lavoro, Responsabili dei Servizi di Prevenzione e Protezione Aziendali,
Preposti, Lavoratori, progettisti, costruttori e installatori di impianti).
Le misure preventive e protettive da adottare negli impianti e negli ambienti
dove sono trattati e/o stoccati acque di pozzo attinte in profondità (> 60 m) sono le
seguenti:
1. accertarsi della assenza di metano tramite analisi chimica dell’acqua; in
mancanza di analisi si deve presumere che ci possa esserci presenza di
metano e si attua quanto previsto ai successivi punti.
2. il datore di lavoro deve valutare il rischio da agenti chimici (TITOLO IX capo I del D. Lgs. 81/2008) per atmosfere sotto-ossigenate e il rischio di
atmosfere esplosive (TITOLO XI del D. Lgs. 81/2008).
3. informare e formare dirigenti, preposti, lavoratori in merito ai rischi, di cui
al precedente punto 2
4. il datore di lavoro committente deve comunicare i rischi specifici esistenti
nel proprio ambiente di lavoro nei contratti d’appalto o d’opera, secondo
le previsioni dell’art. 26 del D. Lgs. 81/2008.
5. rivolgersi a progettisti, fabbricanti, installatori di impianti qualificati e che
rilascino una dichiarazione di conformità dell’impianto alle disposizioni
legislative e regolamentari vigenti. L’impianto deve essere corredato di
libretto d’uso e manutenzione.
6. I serbatoi e le vasche di accumulo/trattamento devono essere aperti.
7. L’impianto deve essere munito di idoneo sistema di degasaggio dell’acqua
attinta. L’unità di degasaggio deve essere collocata in locali adeguatamente
ventilati.
8. I locali degli impianti di trattamento / accumulo devono essere aerati in
maniera permanente, tramite griglie di ventilazione a filo pavimento e a filo
soffitto.
9. Gli impianti elettrici devono avere caratteristiche idonee al luogo di
installazione.
10. Gli elementi dell’impianto devono essere collegati elettricamente a terra.
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11. Apporre idonea segnaletica di sicurezza nei luoghi pertinenti gli impianti
di cui sopra, indicando:
PERICOLO
Atmosfera
Potenzialmente esplosiva
a.
b.
c.
d.
e.
f.
Atmosfera potenzialmente esplosiva
atmosfera potenzialmente asfissiante
Ventilare prima di qualsiasi operazione
Non fumare
Non usare fiamme libere
Non eseguire saldatura ossiacetilenica, ossidrica, elettrica, senza un
permesso di lavoro, in cui vengono indicate le misure preventive e
protettive in merito al pericolo derivante dalla possibile presenza di
metano
g. Non provocare accumuli di elettricita’ statica
12. Predisporre un piano di emergenza interno e di primo soccorso, che
consideri i rischi da atmosfere sotto-ossigenate e atmosfere esplosive.
Treviso, 24 novembre 2010
IL DIRIGENTE CHIMICO
dr. Lucio ROS
visto: IL DIRETTORE SPISAL
dr. Luciano PILLON
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