ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
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Rassegna
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10 luglio 2008
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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SOMMARIO
Pag. 3 OUA: La giustizia come le infrastrutture (italia oggi)
Pag. 4 OUA: Riformare la magistratura onoraria ripartendo dalla proposta Mastella
(mondo professionisti)
Pag. 5 OUA: Giustizia: Oua, ora riforma magistratura onoraria (agenzie ansa e agi)
Pag. 6 RIFORME GIUSTIZIA: Cambia la "blocca-processi" (la stampa)
Pag. 7 RIFORME GIUSTIZIA: Napolitano firmerà il lodo: «È una scelta obbligata»
(il corriere della sera)
Pag. 9 PROFESSIONI: L’Antitrust chiede più apertura agli Ordini (il sole 24 ore)
Pag.10 PROFESSIONI: Cessione quote, ok dall'Antitrust (italia oggi)
Pag.11 STUDI LEGALI: Innovazione e controllo dei costi per uscire dal coro
di Giulia Picchi e Silvia Hodges
Pag.13 EUROPA: Cooperazione giudiziaria lenta (italia oggi)
Pag.15 EUROPA: Direttive europee, Italia promossa (il sole 24 ore)
Pag.16 EUROPA: Europa, Commissione lumaca (italia oggi)
Pag.17 MINISTERO GIUSTIZIA: Più informatica che diritto (italia oggi)
Pag.18 ANTIRICICLAGGIO: Denaro «sospetto» legato all’evasione (il sole 24 ore)
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ITALIA OGGI
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MONDO PROFESSIONISTI
Riformare la magistratura onoraria ripartendo dalla proposta Mastella
«Occorre definire una volta per tutte la disciplina della magistratura onoraria, questione
indispensabile per un corretto riassetto del sistema. Alcune previsioni del ddl Mastella-Scotti,
presentato nella scorsa legislatura, che accoglievano significativamente proposte da tempo
avanzate dall’Oua, rappresentano una buona base di partenza. Penso, soprattutto, alla creazione
di una figura unica di giudice onorario, alla necessità di prevedere un corretto trattamento
previdenziale ed economico, e un sistema che garantisca indipendenza e qualità delle decisioni.
Vanno però evitati gli eccessi, che giungono a snaturare l’istituto, che va pur sempre ritenuto di
carattere eccezionale e temporaneo, rispetto alla giurisdizione affidata alla magistratura
ordinaria. Ciò soprattutto con riferimento alla competenza, che in un’ottica meramente
emergenziale tende ad essere costantemente accresciuta, e invece dev’essere limitata al primo
grado e ai diritti disponibili». L’Assemblea dell'Oua ha approvato un deliberato (disponibile in
allegato) nel quale si chiede di varare finalmente una disciplina organica della magistratura
onoraria. L’Assemblea Oua ritiene che si possa ripartire dal DDL Scotti-Mastella presentato
nella fase finale della scorsa legislatura, anche se non approvato dal Consiglio dei Ministri,
mantenendo alcune proposte, come:
- La creazione di una unica figura di “magistrato onorario” superando la precedente assurda
moltiplicazione di GDP, GOT, GOA, VPO, con una disciplina unica per tutte le funzioni.
- La previsione di un trattamento previdenziale; per gli avvocati obbligatorio presso la Cassa
Forense; per i non avvocati, facoltativo, presso i fondi di previdenza volontari.
- Un preciso regime di incompatibilità, un procedimento disciplinare garantista e serio,
un tirocinio ed una seria selezione, una valutazione professionale ed un aggiornamento
professionale.
L’Oua auspica anche una serie di modifiche per le quali è stato elaborato un pacchetto di
emendamenti. In particolare si chiede di:
- Limitare la competenza dei giudici onorari ai giudizi di primo grado, relativi a diritti
disponibili;
- Privilegiare gli avvocati nell’accesso alla magistratura onoraria;
- Non creare nuove sezioni stralcio;
- Rafforzare il regime d’incompatibilità, estendendole al distretto a non solo al circondario
- Sostituire il pagamento a cottimo, con un indennità fissa pari al 70% dello stipendio dei
magistrati ordinari che non hanno ancora superato la prima valutazione di professionalità
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ANSA
Giustizia: Oua, ora riforma magistratura onoraria
(ANSA) - ROMA, 9 LUG - Definire ''una volta per tutte'' la disciplina della magistratura
onoraria, ''questione indispensabile per un corretto riassetto del sistema''. E' quello che chiede
l'Organismo unitario dell'avvocatura, convinto che ''una buona base di partenza'', possano essere
alcune previsioni del ddl Mastella-Scotti, presentato nella scorsa legislatura.
Occorre la creazione di una ''figura unica di giudice onorario'', spiega il presidente Michelina
Grillo, e c'e' la necessita' di prevedere un ''corretto trattamento previdenziale ed economico, e un
sistema che garantisca indipendenza e qualita' delle decisioni''.
''Vanno pero' evitati gli eccessi, che giungono a snaturare l'istituto, che va pur sempre ritenuto di
carattere eccezionale e temporaneo, rispetto alla giurisdizione affidata alla magistratura
ordinaria- avverte l'Oua- Cio' soprattutto con riferimento alla competenza, che in un'ottica
meramente emergenziale tende ad essere costantemente accresciuta, e invece dev'essere limitata
al primo grado e ai diritti disponibili''.
(ANSA).
AGI
Giustizia: Oua su riforma giudici onorari, ok proposta Mastella
(AGI) - Roma, 9 lug. - Riformare la magistratura onoraria ripartendo dalla proposta che era
stata messa a punto dall'allora Guardasigilli Clemente Mastella. E' quanto auspica Michelina
Grillo, presidente dell'Organismo unitario dell'Avvocatura, secondo la quale "occorre definire
una volta per tutte la disciplina della magistratura onoraria, questione indispensabile per un
corretto riassetto del sistema.
Alcune previsioni del ddl Mastella-Scotti, presentato nella scorsa legislatura rappresentano una
buona base di partenza".
In particolare, il disegno di legge preparato nella scorsa legislatura prevedeva, ricorda
l'Avvocatura, "la creazione di una figura unica di giudice onorario, alla necessita' di prevedere
un corretto trattamento previdenziale ed economico, e un sistema che garantisca indipendenza e
qualita' delle decisioni".
Per l'Oua, "vanno pero' evitati gli eccessi, che giungono a snaturare l'istituto, che va pur sempre
ritenuto di carattere eccezionale e temporaneo, rispetto alla giurisdizione affidata alla
magistratura ordinaria". Questo, soprattutto con riferimento "alla competenza, che in un'ottica
meramente emergenziale tende ad essere costantemente accresciuta, e invece dev'essere limitata
al primo grado e ai diritti disponibili". (AGI)
Red/Oll 091527 LUG 08
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LA STAMPA
Cambia la "blocca-processi"
Il governo: sospesi quelli con pene fino a tre anni e per delitti precedenti al 2006
Questa sera Silvio Berlusconi, appena rientrato da Tokyo, avrà in regalo dalla Camera l’approvazione
del Lodo Alfano che lo mette al riparo dai «fastidiosi attacchi delle toghe rosse» che, a suo dire, non
lasciano governare. Ma domani farà anche il «bel gesto» di modificare la contestatissima norma
«blocca-processi»: non c’è più la sospensione automatica di un anno; riguarderà reati con pena edittale
fino a 3 anni e non più fino a 10; saranno i presidenti dei tribunali a decidere l’ordine dei processi da
celebrare e quali da rinviare; cade la tagliola del 30 giugno 2002 e ci si ricollega alla data dell’indulto,
cioè maggio 2006. Tutto questo verrà inserito in un emendamento al decreto sicurezza, che il governo
presenterà domani alla Camera.
A Palazzo Chigi spiegano che ciò è quanto vogliono i magistrati e soddisfa in pieno il capo dello Stato.
E dovrebbe essere gradito anche dal Pd. Ma il colpo di scena ha un altro obiettivo: spiazzare il Pd che
oggi nell’aula di Montecitorio farà fuoco e fiamme, facendo scendere in campo tutti i suoi big contro il
Lodo Alfano. Veltroni, D’Alema, Franceschini, Fassino, Soro, tutti a gridare al vulnus istituzionale per
avere imposto al Parlamento l’approvazione di una legge in 48 ore. Il Pd, che affannosamente cerca di
svincolarsi da Di Pietro, voterà contro quello che considera un lodo ad personam. Per non farsi prendere
in castagna, Veltroni potrà dire che è un suo successo aver fatto fare marcia indietro al governo, senza
nemmeno scendere a compromessi e avere accettato scambi sotto banco. E comunque questa mossa del
Cavaliere non spegnerà la polvere da sparo dei Democratici. «Non si può essere costretti - afferma
D’Alema - a decidere in tre giorni su un tema delicato come quello della giustizia solo perché
Berlusconi ha un problema da risolvere». Secondo l’ex premier il lodo è un «provvedimento rozzo e
inappropriato», oltre che «costituzionalmente molto discutibile». D’Alema non è contrario in linea di
principio a discuterlo, ma non si può fare con questa urgenza che serve solo al premier.
L’Udc, invece, si asterrà sul lodo, ma Casini questo pomeriggio spiegherà il «baratto» con
l’emendamento blocca-processi. Probabilmente l’ex presidente della Camera già ieri sapeva cosa
bolliva nella pentola di Berlusconi e che il Quirinale era d’accordo. In ogni caso per il leader centrista,
questo lodo «non è la soluzione del problema, non scioglie il nodo del rapporto insoluto tra politica e
magistratura». E’ «solo un rattoppo: tuttavia il danno è ridotto perché così almeno i processi non
vengono bloccati».
Nella discussione a Montecitorio il muro contro muro è continuato per tutta la giornata, con decine di
deputati del Pd che hanno letto in aula interventi-fotocopia. «L’emergenza del nostro Paese - è stato il
tormentone - non è quella che voi mettete al primo posto. A voi interessa solo garantire impunità al
Presidente del Consiglio». Ma l’altro motivo di scontro destinato a crescere nei prossimi giorni è la
presentazione dei gruppi Pdl di Camera e Senato della modifica del regolamento parlamentare della
Camera. Viene riconosciuto lo Statuto dell’opposizione (cioè il governo ombra) ma, tra le altre cose,
c’è un contingentamento dei tempi (60 giorni) per l’approvazione delle leggi volute dal governo. Il Pd
ha rimandato al mittente la proposta. «È quantomeno sorprendente - hanno sostenuto Marina Sereni e
Gianclaudio Bressa, vice presidenti dei deputati - che il Pdl scelga di presentare le sue proposte
all’indomani di una straordinaria forzatura nell’applicazione delle regole di normale funzionamento del
Parlamento». Amedeo La Mattina
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IL CORRIERE DELLA SERA
Napolitano firmerà il lodo: «È una scelta obbligata»
La linea del Colle: la precedente sentenza della Consulta riconobbe l'«interesse» dell'immunità
ROMA - Tiene il punto e si prepara a firmare. Ed è pronto a farlo anche perché non ha alcuna
alternativa. Per quanto sia allarmato dal muro contro muro tra governo e opposizione e per quanto abbia
sempre sollecitato «dialogo» e scelte «le più larghe e condivise possibile», Giorgio Napolitano non
avrebbe ormai dubbi sulla propria sigla di ratifica al lodo Alfano. Se il disegno di legge che uscirà dal
voto della Camera (previsto per stasera) e dal successivo voto del Senato (prima della pausa estiva)
resterà nella formulazione già sottoposta al vaglio del Quirinale a fine giugno, il presidente della
Repubblica darà senz'altro il via libera allo scudo concepito per difendere le quattro alte cariche dello
Stato, sospendendo tutti i processi che dovessero eventualmente investirli. Una «decisione obbligata»,
per diversi motivi. La gran parte dei quali è riconducibile a un paio di precedenti, che il Colle non può
in ogni modo ignorare. Il primo è «l'autorizzazione » che il suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi
concesse al lodo Schifani, di cui la soluzione studiata oggi dal ministro della Giustizia Angelino Alfano
è un adattamento aggiornato e corretto. Il secondo e decisivo precedente è la sentenza con la quale la
Corte Costituzionale bocciò quel provvedimento, nel 2004. Il dispositivo messo nero su bianco dalla
Consulta diceva infatti alcune cose importanti, che sgombrano i dubbi avanzati da coloro i quali —
politici e giuristi — pretenderebbero un secco «no» del capo dello Stato. Anzitutto, a uscire bocciato
quattro anni or sono «per illegittimità costituzionale » era un solo articolo della legge, il numero uno,
che nella versione attuale risulta tolto di mezzo. Infatti, riflettono al Quirinale, la norma approvata
dall'attuale Consiglio dei ministri «è risultata corrispondere ai rilievi formulati allora». C'è poi il
giudizio di «un interesse apprezzabile » formulato dalla suprema Corte, a proposito della norma
originaria. Ossia il riconoscimento della «tutela del bene costituito dall'assicurazione del sereno
svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche», interesse che «può essere tutelato
in armonia con i princìpi fondamentali dello Stato di diritto». Un riconoscimento, dunque, che appare
«filosoficamente» non ostativo delle finalità positive della legge. Infine, a sgombrare certe obiezioni
affiorate nell'ultima ora, Napolitano è incalzato da un'altra osservazione vincolante scritta dal cosiddetto
«giudice delle leggi ». Questa: «La Corte non sancì che la norma di sospensione di quei processi
dovesse essere adottata con legge costituzionale ».
Il che fa appunto piazza pulita delle critiche di chi afferma esattamente il contrario. Ecco
l'impalcatura giuridica studiata dai tecnici del Colle e di fronte alla quale il presidente della Repubblica
si ritrova con le mani legate. Anche perché il suo non è comunque mai un giudizio sostanziale o di
merito, ciò che spetta appunto alla Consulta, ma un giudizio definibile come «tecnico-formale». Quasi
dovuto, a certe condizioni. Di sicuro c'è che non avallerà il contestatissimo lodo a cuor leggero (sempre
che non esca stravolto al termine del percorso in aula), consapevole com'è delle ricadute della propria
scelta in questa aspra stagione di confronto tra politica e magistratura. Ha cercato vie d'uscita
praticabili, Napolitano. Ha attivato la moral suasion dei momenti difficili in un'ininterrotta
triangolazione con i vertici di Senato e Camera. Ha incaricato un team di «pontieri » di irrigare i canali
diplomatici con Gianni Letta, sottosegretario di Palazzo Chigi e ambasciatore dialogante del
centrodestra. Ha suggerito a tutti (Veltroni e Casini compresi) un «metodo» per uscire dall'impasse,
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indicando il tracciato più condivisibile senza che il suo intervento potesse prefigurare una condivisione
anticipata delle mosse dell'esecutivo, tale da pregiudicare l'esercizio delle sue stesse prerogative. Basti
ricordare l'«inflessibile » diniego fatto trapelare dal Quirinale a proposito dell'emendamento bloccaprocessi, che i falchi del Popolo della libertà volevano a ogni costo inserire nel decreto sicurezza prima
d'infilare provvisoriamente il provvedimento in un «binario morto» parlamentare. Un'ipotesi per lui
«inaccettabile». Che si aggiungeva alla preoccupazione per la tentata forzatura compiuta dal premier
Berlusconi per varare un decreto in materia di intercettazioni. Il nodo giustizia dovrebbe quindi essere
sciolto in fretta. E il capo dello Stato confida che, passato il guado, si attenuino le crescenti tensioni
dell'ultimo mese. Culminate l'altra sera nei duri attacchi echeggiati dal palco di Piazza Navona, affollata
di migliaia di girotondini, attacchi dei quali è stato lui stesso oggetto per bocca in particolare di Beppe
Grillo. Le dichiarazioni di solidarietà incassate ieri da Palazzo Madama e i numerosi messaggi «di
dissociazione e vicinanza» recapitati al Colle lo hanno in parte risarcito dell'amarezza provata leggendo
i resoconti delle agenzie di stampa. Con il paradosso di vedersi attaccato da sinistra (quella estrema e
dispersa) e difeso (soprattutto ma non solo) da destra. «Si è andati ben oltre le ironie della satira»,
dicono a denti stretti gli intimi di Napolitano. I quali non vogliono però esprimere alcun commento e
ostentano semmai il distacco di chi in fondo se l'aspettava. Nessuna sorpresa, insomma, «data la
maniera con la quale la manifestazione era stata organizzata». E, aggiungiamo noi, dati gli ospiti
d'onore scelti per l'occasione. Marzio Breda
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IL SOLE 24 ORE
Professionisti. Incontro tra il presidente dei commercialisti e l’Authority
L’Antitrust chiede più apertura agli Ordini
Siciliotti: tetto agli incarichi nelle Spa anche per i manager
Prevedere una componente “laica”, all’interno degli Ordini professionali, per favorire l’apertura ad altre
componenti della società e attenuare l’atteggiamento di chiusura e di difesa degli Albi, soprattutto sul
fronte della deontologia e della gestione della correttezza professionale. Ad affermano, ieri, il
presidente dell’Authority Antitrust, Antonio Catricalà, nel corso di un incontro con il presidente del
Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, Claudio Siciliotti. «Il senso di
difesa degli Ordini si stempererebbe — ha detto Catricalà— se alloro interno ci fosse una minoranza
laica», sottolineando anche che questo non dovrebbe far venire meno «il loro valore, il senso e il
prestigio». Catricalà ha, infatti, ricordato come queste figure — i cosiddetti “laici”, ovvero personalità
esterne alla professione — siano entrate nella magistratura e ritiene che dovrebbero essere introdotte
«almeno negli organismi disciplinari». Se questi (rappresentanti diversi dalle espressioni di categoria»
debbano essere magistrati, associazioni dei consumatori o funzionari ministeriali, il presidente
dell’Authority non lo specifica. «La quota laica - ha concluso Catricalà — che auspico, è materia del
Parlamento», ribadendo solo «l’importanza, per Ordini e Collegi, di accogliere espressioni e istanze che
non siano esclusiva voce della propria professione». In merito alle questioni di governance societaria e
dei limiti al cumulo degli incarichi, Siciliotti ha invece sottolineato l’incongruenza tra la norma che
limita il cumulo degli incarichi (che per i sindaci nelle società di capitali è stata differita dalla Consob
dal 30 giugno al 30 agosto) e quella che disciplina gli amministratori. «Tra fonte normativa e
successivo regolaménto — ha spiegato Siciliotti —si è andati a configurare un sistema che pone dei
limiti solo nel caso in cui si rivesta un incarico di controllo in una Spa ‘aperta” (ossia quotata o
comunque4 diffusa tra il pubblico). In altre parole, se io rivesto in società di quel tipo solo incarichi di
amministratore, continuo a non essere soggetto ad alcun tipo di limitazione. Viceversa, se rivesto un
incarico di sindaco, ecco che il limite al cumulo degli incarichi si applica tenendo conto anche di quelli
eventualmente assunti come amministratore in altre società». Posizione in linea conl’Antitrust che
proprio poche settimane fa, come si legge nella relazione annuale che lo stesso Catricalà ha presentato
al Parlamento, ricordava come fossero tutt’altro che infrequenti casi di persone che siedono
contemporaneamente in consigli di amministrazione di imprese tra loro concorrenti, con conseguenti
problemi di conflitto di interessi. Non poteva mancare un riferimento al tema “sensibile’ delle cessioni
di quote societarie. L’Antitrust ritiene «assolutamente opportuno» l’intervento prospettato dal Governo
di estendere, con invio telematico, anche ai commercialisti, il depòsito, presso il Registro delle imprese,
degli atti di cessione di quote di SrL - Laura Cavestri
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ITALIA OGGI
L'apertura di Catricalà nel corso di un faccia a faccia con il presidente del Cndcec, Siciliotti
Cessione quote, ok dall'Antitrust
Con l'estensione ai commercialisti cade un'area di esclusiva
L'Antitrust apre alla liberalizzazione per la cessione delle quote per le srl. Che d'ora in poi, se
l'emendamento al dl 112/08 dovesse passare inalterato in sede di conversione, saranno valide non solo
davanti a un notaio ma anche di fronte a un commercialista o a un esperto contabile abilitato alla firma
digitale. Una novità che rischia di aprire un nuovo contrasto nel mondo professionale, ma che dal
Presidente dell'Antitrust Antonio Catricalà, intervenuto in un faccia a faccia con il presidente dei dottori
commercialisti, Claudio Siciliotti, viene vista come la caduta «di un'area di esclusiva purché, certo, sia
supportata da un'analisi costi benefici». Costi che, per quanto riguarda le cessioni di quote, ammontano
a oltre 300 milioni di euro per un totale di 160 mila atti di cessioni di quote l'anno, ognuna del valore di
circa 2 mila euro. Tutti i numeri che, per il presidente del Cndcec, somigliano più a «un prestito
all'Italia che a una prestazione che raggiunge veramente tali requisiti di valore». Insomma una misura
che, per i commercialisti va nella giusta direzione dell'abolizione di tutti quei lacci alle imprese che
devono competere a livello europeo, dove per esempio il costo di una stessa operazione ammonta a soli
35 euro. E sempre in tema di liberalizzazioni, Catricalà ha ricordato come spesso ordini e corporazioni
abbiano resistito strenuamente ad aprirsi alla concorrenza. Ecco perché per il numero uno dell'Antitrust
non sarebbe male se negli ordini entrassero anche «dei laici. Sono per ordini che mantengano il loro
senso, valore, prestigio, ma credo che il senso di difesa che c'è in molti ordini si stempererebbe se ci
fosse una minoranza laica». Il garante per la concorrenza ha spiegato che tale presenza potrebbe essere
attuata almeno negli organismi disciplinari. Sul tappeto anche il nuovo codice deontologico della
professione riformata che, per Catricalà, va nella giusta direzione soprattutto per quanto riguarda i
minimi tariffari e la pubblicità. «Condividiamo come vi siete orientati in questi due settori ha ribadito il
garante» che riserva una sola annotazione legata alla tariffa considerata come elemento per assicurare la
qualità del servizio. Una correlazione molto stretta, che per il presidente dell'Antitrust non è poi così
scontata. Non poteva mancare come argomento di dibattito il tema della governance societaria che per i
dottori commercialisti risponde a norme precise che limitano il cumulo di incarichi sindacali, tutti
quegli incarichi cioè di controllo nelle società quotate. In sostanza è sufficiente aver un incarico nelle
società per far scattare un meccanismo di determinazione nel quale contano anche gli incarichi di
amministrazione. E questa è per Siciliotti una legislazione «troppo forte perché limita fortemente e la
preoccupazione che questa categoria ha non è difendere chi gli incarichi già li ha, ma chi invece li deve
ottenere.
Il risultato è che ci sono pochi professionisti che si occupano di quotate e comunque una stretta
oligarchia del controllo contabile». Per il numero uno del Cndcec questa norma coglie solo un parte
della realtà senza avere il coraggio di disciplinarla tutta. Ecco perché per Siciliotti è opportuno che la
politica ritorni su questo tema. Benedetta P. Pacelli
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ITALIA OGGI
A lezione di marketing
Innovazione e controllo dei costi per uscire dal coro
di Giulia Picchi e Silvia Hodges
Negli articoli precedenti (vedi ItaliaOggi del 12 giugno 2008) abbiamo esaminato le prime tre strategie
competitive che è possibile adottare per riuscire a sottrarsi dalle morse dell'economia fotocopia: entrare
nel mercato da dominatori, creare un'offerta di servizi «irresistibili» e portare i clienti in luoghi
impensabili. In questo articolo parleremo dell'ultima «regola» del gioco per uscire dal coro.
Rendere l'innovazione pervasiva a tutti i livelli. Che le definiate «operazioni di back-office» o più
semplicemente «lavoro dietro le quinte», tutto ciò che rende possibile l'offerta di un servizio eccellente
merita di essere attentamente considerato. Sembrerà una affermazione scontata ma è di primaria
importanza mettere tutti quanti operano in studio nelle condizioni di migliorare l'efficienza con cui
svolgono il loro lavoro. Credere di risparmiare evitando di dotare chi ne ha bisogno di strumenti
all'avanguardia, si pensi ai portatili o ai palmari, e/o di software aggiornati (per esempio per svolgere al
meglio l'attività di Crm) e/o ancora, di procedure di lavoro semplificate, è un errore che si paga caro. La
velocità di cui abbiamo già parlato, quella che può diventare quel qualcosa in più attraverso cui
fidelizzare i clienti, è anche frutto di tutto ciò che contribuisce a rendere le diverse attività necessarie a
offrire un servizio impagabile, realizzabili in maniera più affidabile e con il minimo sforzo possibile. La
prima conseguenza che si produce, internamente, è quella di poter liberare risorse da utilizzare per fare
dell'altro. La seconda, che riguarda invece l'esterno, è quella di poter offrire servizi a prezzi più
competitivi o, meglio ancora, di realizzare maggiori margini.
La seconda buona attitudine che discende dalla grande passione per l'efficienza, riguarda l'attenzione
verso il continuo controllo dei costi. Non è in contraddizione con quanto appena detto: tutti possono
tagliare qualsiasi cosa venga etichettata come superflua, in maniera più o meno compulsiva. Non tutti,
invece, sono capaci, o almeno dimostrano il desiderio di farlo, di razionalizzare i costi seguendo un
disegno preciso, valutando attentamente la catena di fornitura e i rapporti con i terzi (per esempio con
altri professionisti) non come una semplice sequela di transazioni commerciali ma come un'opportunità
per dare vita a possibili partnership e/o esternalizzare parte delle proprie attività. In più di un'occasione
ci siamo sentite raccontare che i clienti stessi avevano convocato i loro avvocati (increduli) per
informarli, con delle sorte di listini alla mano, che se non si fossero adeguati alle nuove tariffe, da loro
stabilite, si sarebbero rivolti a qualcun altro. Abbiamo sinora detto che si deve fare di tutto per evitare di
essere trascinati in logoranti guerre di prezzo e lo confermiamo ma d'altra parte è anche vero che se i
vostri principali clienti arrivano a tanto, una riflessione è bene farla. La prima domanda ovviamente è:
sono davvero i vostri migliori clienti? Siete certi che perderli non sia invece l'opportunità che cercavate
per poter liberare risorse da utilizzare per focalizzarvi meglio su altri obiettivi? Se la prima risposta è sì
e la seconda è no, allora non potete permettervi di essere estromessi. Di fronte all'idea di abbassare i
prezzi per adeguarvi alle loro richieste avete due possibilità: disperarvi perché vedete ridotti
notevolmente i vostri margini oppure cogliere questa come un'opportunità per cominciare a valutare
attentamente tutti i vostri costi, sia che provengano dall'interno che dall'esterno. Fate attenzione però: il
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prezzo è solo l'ultima delle componenti di un prodotto o di un servizio. Avere un piano efficace per
razionalizzare le spese non implica mettere in fila le cifre e tagliare quelle più elevate ma esprimere un
giudizio complessivo sulla propria «catena di fornitura» che consideri anche altri parametri quali: la
velocità di risposta, la capacità di innovare, la flessibilità, la reperibilità, la volontà di collaborare, la
qualità della relazione, l'assenza di attriti ecc. Se fate bene i conti tagliare chi ha tutte queste
caratteristiche a favore di chi costa solo meno rischia di tradursi, in verità, in un maggiore onere in
termini di:
- necessità di maggiore coordinamento;
- impegno aggiuntivo di altre risorse;
- rifacimenti/riacquisti ecc.
Infine, un'ultima considerazione. Non restate ostaggio dei vostri fornitori. Se avete deciso di
intraprendere la strada dell'innovazione per uscire dal coro, pretendete lo stesso da chi lavora con e per
voi. Troppo spesso la struttura o i fornitori esterni finiscono col «remare contro» e rallentare l'attività
dello studio. Di peggio del fatto di dover imparare a usare un nuovo software o insegnare «il mestiere»
a una nuova risorsa c'è solo il rischio di vedersi superati da concorrenti più intraprendenti.
Ringraziando quanti finora ci hanno voluto scrivere, continuiamo a raccogliere le Vostre esperienze: se
volete, potete inviare i Vostri commenti e le Vostre riflessioni a: [email protected]
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ITALIA OGGI
Terzo rapporto annuale della Commissione. Cala il tasso di perseguimento degli obiettivi
Cooperazione giudiziaria lenta
Nei settori penale e sicurezza processi decisionali inefficaci
Rallenta il cammino della cooperazione giudiziaria europea. Lo testimonia il terzo rapporto annuale
pubblicato in settimana dalla Commissione europea sui progressi compiuti nei settori giustizia, libertà e
sicurezza, grazie all'implementazione del Programma dell'Aja. Il tasso di raggiungimento degli obiettivi
prefissati è infatti calato dal 53% fatto registrare nel 2006, al 38% dello scorso anno. Il Programma
dell'Aja, che copre il quadriennio 2005-2009, è quello che ha fatto seguito al Programma di Tampere,
che ha riguardato il periodo dal 1999 al 2004. I progressi più significativi compiuti lo scorso anno dagli
stati membri hanno riguardato, secondo Bruxelles, i settori dell'immigrazione e della gestione delle
frontiere, oltre che quello della lotta al terrorismo. Mentre la lacuna attualmente più evidente, a parere
della Commissione, è quella di un inefficace processo decisionale nelle materie che riguardano il Titolo
VI del Trattato europeo (cooperazione giudiziaria nel settore penale e di polizia).
I propositi di Barrot. Il vicepresidente della Commissione, Jacques Barrot, responsabile dei settori
giustizia, libertà e sicurezza, ha dichiarato: «Abbiamo mantenuto la nostra promessa di sviluppare lo
Spazio unico di libertà, sicurezza e giustizia. Durante il 2007 abbiamo compiuto significativi progressi
nei settori dell'immigrazione e della gestione delle frontiere, nella Lotta al terrorismo e nella
cooperazione giudiziaria nel settore civile. Intendo invitare gli stati membri a continuare nei loro sforzi
prodotti nell'ultimo biennio del Programma dell'Aja».
Il piano di Bruxelles.Per raggiungere al meglio gli obiettivi strategici fissati dal Programma dell'Aja, è
dunque necessario secondo Bruxelles «adottare nuove iniziative, non incluse in origine nel piano
d'azione». Già nel 2007 si è operato in questo senso, e la strategia è testimoniata da alcune iniziative
adottate, quali: il pacchetto anti-terrorismo, la comunicazione sulla migrazione circolare e le partnership
sulla mobilità fra l'Unione europea e i paesi terzi, la proposta di direttiva del Consiglio sulle condizioni
di ingresso e residenza di cittadini di paesi terzi e l'obiettivo di dare lavoro a professionalità altamente
qualificate, la proposta di Direttiva del Consiglio sull'introduzione di una procedura unica europea per il
permesso di residenza ai cittadini di paesi terzi che già risiedono e lavorano in uno stato membro e sui
diritti comuni da accordare ai lavoratori cittadini di paesi terzi che legalmente risiedono in uno stato
membro. Il terzo rapporto sottolinea, inoltre, che alcuni stati membri hanno fatto registrare progressi
significativi nella trasposizione delle norme comunitarie in leggi nazionali. Tuttavia quasi la metà degli
stati membri non ha portato a compimento gli impegni entro i tempi prefissati a livello comunitario o ha
mancato del tutto la trasposizione dei provvedimenti Ue negli ordinamenti nazionali. Quest'ultima
tendenza, in particolare, è stata riscontrata relativamente ad atti adottati nell'area della cooperazione
giudiziaria in materia penale e di polizia, che non prevede la possibilità da parte della commissione di
avviare procedure d'infrazione.
La comunicazione sulla giustizia. Per tentare di sanare questo vulnus e dare nuovo slancio all'azione
comunitaria, la Commissione intende il prossimo anno presentare una comunicazione sul futuro delle
politiche in materia di giustizia, libertà e sicurezza. Il documento costituirà la base di discussione e
preparazione del nuovo Programma quadro in materia di giustizia, libertà e sicurezza, per il periodo
2010-2014, che seguirà Tampere e L'Aja. Perciò la Commissione lancerà presto una consultazione
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pubblica sulle future priorità da sviluppare nei settori giustizia, libertà e sicurezza. Che il settore
soffrisse da tempo di lacune di efficienza era già stato testimoniato dal secondo rapporto, i cui risultati
riponevano fiducia in un eventuale intervento («necessario»), da parte della Conferenza
intergovernativa, che ponesse in questo modo fine all'incertezza riguardo alla riforma del trattato
sull'Unione europea.
Un bilancio contrastato. Il bilancio globale del rapporto 2007 si presentava contrastato e aveva
sottolineato come «i progressi non sono stati della stessa entità in tutti i settori». L'allora Commissario,
Franco Frattini, aveva aggiunto che «quasi una su cinque delle principali iniziative della Commissione
riguarda il settore giustizia, libertà e sicurezza. I progressi registrati a fine 2007 rafforzano la
convinzione di una cooperazione giudiziaria che marcia a due velocità. Giustizia civile, strategia in
materia di droga, asilo e migrazione, politiche dei visti e controlli di frontiera da una parte, e
cooperazione giudiziaria in materia penale e di polizia dall'altro. Non si va avanti soprattutto nelle
materie in cui l'Unione europea non ha alcun potere coercitivo effettivo nei confronti degli stati membri
che implementano con ritardo (o peggio ancora affatto), i provvedimenti comunitari. Un esempio su
tutti quello dell'accordo unanime in materia di libera circolazione (datato 2004), ancora oggi sotto
osservazione e che fino alla fine del 2007 contava in ben 19 su 27, i paesi che non lo avevano recepito
nei termini prefissati a Bruxelles. Gli stati non solo non rispettano i tempi dovuti, ma in alcuni casi non
comunicano nemmeno a Bruxelles le iniziative nazionali, neanche in materie quali la lotta alla
criminalità o il riciclaggio di denaro sporco, i proventi di azioni criminose e la tratta di esseri umani,
tradizionalmente materie sulle quali appare indispensabile la sinergia a livello comunitario. E neanche è
possibile pensare a un passaggio a vuoto temporaneo riguardo alle percentuali di implementazione dei
provvedimenti, in quanto anche il 53% del 2007 (su dati 2006), aveva rappresentato una diminuzione al
rapporto 2006 (su dati 2005), che aveva invece fatto segnare un ottimo 65%. Causa principale del
continuo rallentamento, secondo Bruxelles, è soprattutto la maggiore lentezza dei progressi nei settori
della cooperazione di polizia, della prevenzione della criminalità organizzata e della cooperazione
giudiziaria in materia penale. Paolo Bozzacchi
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IL SOLE 24 ORE
Regole Ue. Migliora il trend
Direttive europee, Italia promossa
L’Italia migliora nell’applicazione delle direttive europee, ma resta maglia nera per numero di
procedimenti di infrazione. E’ quanto emerge dallo «scoreboard», la pagella messa a punto dagli uffici
del commissario per il Mercato interno, Charlie McCreevy. La Commissione Ue rileva come il «deficit
di trasposizione» delle direttive europee sia sceso quest’anno all’1%, a fronte del 1,2% del dicembre
2007. Diciotto Stati membri hanno quindi già raggiunto l’obiettivo dell’1% fissato per il 2009, o si
trovano al di sotto ditale percentuale, mentre la Bulgaria è l’unico paese a registrare un deficit pari a
zero. L’Italia invece conserva un deficit del 1,2%, corrispondente a 21 direttive non adottate. Peggio
hanno fatto solo la Repubblica Ceca (2,5%), il Portogallo (1,9%), la Polonia (1,8%), la Lituania (1,8%),
Cipro (1,7%), Grecia e Belgio (1,4%). L’Italia figura però tra i dieci Stati che hanno ottenuto
quest’anno il miglior risultato in assoluto nella trasposizione delle norme Ue sul mercato interno,
insieme a Belgio, Germania, Slovacchia, Estonia, Grecia, Francia, Irlanda, Lussemburgo e Romania. Il
nostro Paese ha registrato anche la maggior riduzione di procedure d’infrazione, 7 in meno, seguita
dalle 6 di Gran Bretagna e Irlanda. Rimane tuttavia in testa nella classifica di procedure di infrazione
ancora aperte, che resta quasi immutata rispetto al dicembre 2007. Secondo i dati relativi al primo
maggio scorso, sono ancora 127 le procedure a carico dell’Italia, che è seguita da Spagna (108), Francia
(94), Grecia (88), Germania(87). Il Paese più virtuoso sotto questo punto di vista è la Danimarca, con
sole 25 procedure. All’origine dei provvedimenti continuano ad esserci le norme ambientali (23’o),
seguite da quelle in materia di fiscalità e unione doganale (18%). Sono diminuiti dell’1% i procedimenti
di infrazione nei settori dell’energia, dei trasporti, degli appalti pubblici e dei servizi. Dario Aquaro
Resta il record di 127 procedure di infrazione
127 Le infrazioni. Sono le procedure di infrazione ancora aperte a carico dell’Italia per La mancata
trasposizione delle direttive Ue del mercato interno
7 Le chiusure. Da dicembre 2007 a maggio 2008 sono stati chiusi sette procedimenti di infrazione a
carico dell’Italia
1,2% Il deficit di trasposizione. E’ la percentuale di deficit di recepimento delle direttive Ue registrato
dall’Italia. L’obietto da raggiungere entro il 2009 è dell’1 per cento
21 Le direttive inattuate. Sono le direttive non ancora adottate e corrispondenti al deficit di
trasposizione dell’l,2 percento
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ITALIA OGGI
Indagine del Mediatore Ue sui progetti sovvenzionati dall'Unione. Attesa media, 48 giorni
Europa, Commissione lumaca
In ritardo 1/5 dei pagamenti verso cittadini e imprese
La Commissione europea non brilla certo per puntualità. Nel 2007, uno su cinque dei pagamenti che
l'Esecutivo comunitario ha effettuato verso i cittadini, le imprese, le università, le Ong e le altre
organizzazioni implicate in progetti sovvenzionati dall'Unione europea, è avvenuto in media con 48
giorni di ritardo. Le vittime sono state principalmente i cittadini, le associazioni e le piccole e medie
imprese ai quali Bruxelles doveva somme modeste.
I misfatti sono emersi dall'inchiesta avviata a dicembre 2007 dal Mediatore Ue Nikiforos
Diamandouros in merito alla politica dei pagamenti della Commissione Ue. I risultati, che sono stati
resi noti lunedì, mostrano che negli ultimi sette anni il Mediatore si è trovato di fronte a più di una
trentina di reclami sui ritardi dei pagamenti, provenienti da Ong, aziende, centri di ricerca, università e
associazioni. Per fare un esempio: una piccola impresa che ha partecipato al «Progetto Europeo
Galileo» si è appellata al Mediatore riguardo al mancato pagamento della somma arretrata di 13.000
euro.
Eppure, la situazione negli anni è migliorata: tra il 2005 e il 2007 la percentuale dei ritardi si è ridotta
della metà ed è stata inserita una semplificazione delle procedure e un miglioramento del processo
interno.
Il problema però ha origini antiche ed era stato oggetto di una prima inchiesta nel 2001. Allora la
Commissione presieduta da Romano Prodi si era limitata a promettere che avrebbe preso dei
provvedimenti per risolvere il problema. Questa volta, invece, quella di Josè Manuel Barroso si difende
promettendo di versare anche gli interessi. Peccato però che non siano i funzionari ad aprire il
portafoglio per pagare il costo della propria inefficienza, ma i siano i contribuenti a doverci rimettere,
finanziando gran parte del bilancio comunitario con le loro tasse. Ma la Commissione Ue non pecca
solo per lentezza. Sempre contro l'eurogoverno è stato rivolto il più alto numero di denunce fatte dai
cittadini comunitari al Mediatore Ue per casi di cattiva amministrazione nelle istituzioni europee. Lo
dimostra lo stesso rapporto che raccoglie l'attività compiuta da Diamandouros nel 2007. L'anno scorso,
infatti, al pari degli anni precedenti, la maggior parte delle indagini (413, vale a dire il 64% del totale)
ha interessato proprio l'esecutivo comunitario. Queste le accuse: mancanza di trasparenza e rifiuto di
fornire informazioni (28% dei casi), iniquità o abuso di potere (18%), carenze procedurali (13%), ritardi
evitabili (9%), discriminazione (8%), negligenza (8%), errori giuridici (5%).
Secondo Diamandouros quindi, nonostante i passi avanti compiuti dalla Commissione Ue, resta ancora
molto da fare. E per verificare l'impegno dell'esecutivo comunitario, il difensore civico ha annunciato
che condurrà una nuova indagine all'inizio del 2009 per verificare la situazione dei pagamenti effettuati
durante il 2008. Sabina Pignataro
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ITALIA OGGI
Il bilancio del piano formativo del ministero della giustizia per il 2007
Più informatica che diritto
Per 23 mila dipendenti 5600 giorni di studio
Il piano formativo del ministero della giustizia guarda soprattutto all'informatica e all'area giuridico-normativa.
Oltre 23 mila dipendenti per oltre 37 mila ore e 5.600 giornate: questi i volumi di formazione realizzati nel 2007.
Più donne, fatta eccezione per l'area dirigenziale dove la tendenza è invertita, e in prevalenza nell'area
informatica che guida la classifica delle preferenze con 11.436 partecipanti seguita a ruota dai 6.699 dell'area
giuridico-normativa. Fanalino di coda dell'affluenza per area tematica, la formazione iniziale dei neoassunti con
solo 178 partecipanti. Sono i dati emergenti del piano Formazione del personale del ministero della giustizia
messo a punto dal Dipartimento dell'organizzazione e accessibile on-line dal sito www.giustizia.it. Una disamina
a tema a cavallo tra il 2007 e il 2008 che riunisce dati singoli distretto per distretto e aggregati assieme alle
iniziative formative recenti e non, già previste nel 2007 o in agenda per il 2008. Strategico il ruolo assunto in
questi ultimi anni dall'informatica, senza la quale non troverebbero spazio i nuovi software attinenti alla
giurisdizione civile e penale destinati ad avere un impatto determinante sull'organizzazione degli uffici. Il
riferimento va al Sicp per il processo di cognizione penale che prevede un volume di oltre 20 mila utenti in
formazione per due anni, segnalati dalla Direzione generale dei servizi informatizzati, anche il progetto Sies –
Sistema informativo esecuzione e sorveglianza e il Siip – Sistema informativo prefetture e procure e gli
applicativi del processo civile telematico Sicid per la cognizione ordinaria e Siecic per le esecuzioni.
In quasi 200 pagine si analizzano distretto per distretto gli uffici addetti alla formazione: una panoramica da
Catanzaro a Trieste mirata a individuare gli investimenti coordinati per migliorare le funzionalità degli uffici
giudiziari e quindi il servizio all'utenza. A Roma, la formazione ha seguito più strade: i magistrati sono stati
coinvolti in progetti e giornate di studio sull'organizzazione degli uffici, i funzionari sulla semplificazione delle
attività di contabilità e le riforme del processo civile, gli amministrativi sulla sicurezza del lavoro e i bibliotecari
in corsi di biblioteconomia per imparare a gestire le raccolte e la comunicazione istituzionale delle biblioteche.
Di interesse, i corsi organizzati dall'Archivio di stato sulla gestione dei documenti e della Sioi in diritto europeo e
inglese giuridico rivolti all'area linguistica. Per il 2008, la scuola di formazione di Roma prevede due azioni: una
rivolta all'area statistica e l'altra all'area manageriale. Nel primo caso, si tratta di creare una rete di referenti
distrettuali per la statistica per una più corretta gestione del dato statistico e l'individuazione di indicatori della
qualità del sistema giudiziario. Nel secondo, di linee guida per la riorganizzazione della gestione documentale
del Dog e per progettare una carta servizi per il personale delle biblioteche del polo giuridico destinata ai centri
di documentazione distrettuali che coordinati dall'amministrazione centrale, concorrano alla realizzazione di una
sala di consultazione virtuale per la comunicazione giuridica rivolta ai giuristi e al personale interno. E a giro per
i distretti si trovano anche diverse iniziative innovative come il laboratorio per le tecnologie applicate alla
giustizia di Bologna (già trattato da ItaliaOggi, ndr) che nel 2007 ha vinto il premio Basile per la formazione
nella p.a. o progetti come il «libretto formativo delle competenze on-line» della Corte d'appello di Ancona o
l'«approccio per progetti e processi» della Corte d'appello di Torino. A Trento e Bolzano, nell'elenco delle
prossime iniziative, c'è un osservatorio sulle spese di giustizia e l'avvio di focus group per raccogliere e
documentare le questioni più rilevanti. A Sassari, già dal 2007 è partito «il foglio notizie» su spese, procedure e
responsabilità alla luce del T.u. sulle spese di giustizia: intervento complesso curato dai dirigenti amministrativi
del distretto di Cagliari che quest'anno entra nella seconda fase con la realizzazione di workshop su tre sedi
distrettuali per un totale di oltre 80 ore di aula. A Reggio Calabria, sempre per quest'anno, c'è in programma la
costituzione di una banca dati del personale avviato a formazione per creare gradualmente la mappa delle
competenze da mettere a disposizione degli uffici. Novità anche da Perugia dov'è stato creato un osservatorio per
dirigenti, pratica che nei due anni dalla sua costituzione, ha permesso un confronto costruttivo interno diventando
punto di riferimento per le strategie e i relativi interventi formativi nel distretto. Marzia Paolucci
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IL SOLE 24 ORE
Riciclaggio. Operazioni segnalate
Denaro «sospetto» legato all’evasione
In gran parte (più di 1.500) nascondono tentativi di evadere il Fisco. Ma le più ‘ricche” (in totale
valgono 327,74 milioni) sono connesse a indagini giudiziarie. E numerose (336 per un importo di 13,7
milioni) sono anche collegate a illeciti commessi da cittadini cinesi. E’ questa la mappa degli illeciti più
ricorrenti emersi dalle segnalazioni delle operazioni a rischio di riciclaggio o sospette di veicolare
finanziamenti al terrorismo trasmesse all’ufficio italiano cambi da intermediari e professionisti nel
corso del 2007. I dati — contenuti nella relazione annuale al Parlamento — sono stati anticipati
dall’unità di informazione finanziaria (che dal i gennaio scorso ha preso il posto dell’Uic) nel corso del
convegno sull’antiriciclaggio organizzato da Assosim a Milano (si veda anche «Il Sole 24 Ore» di ieri).
L’anno scorso sono state 12.503 le segnalazioni di operazioni sospette arrivate all’Uic. Molte di queste
dovrebbero essere state archiviate direttamente dai tecnici dell’ufficio perché infondate: delle 10.323
segnalazioni inviate nel 2006, sono state archiviate dall’Uic ed è probabile che il trend sia rispettato
anche per il 2007. Mentre altre sono state approfondite — mediante, tra l’altro, la raccolta di
informazioni dal segnalante e da altri intermediari collegati, dalle Camere di commercio e da banche
dati estere, dall’Anagrafe tributaria e dall’Archivio dei conti — e su di loro è stata condotta l’analisi
finanziaria. E’ stato questo percorso di verifica a consentire, in alcuni casi, di ricondurre le operazioni
sospette ad attività illecite. Tra le più ricorrenti, oltre all’evasione fiscale (che vale 128,98 milioni), alle
operazioni legate ad attività giudiziarie o alla comunità cinese, c’è il fenomeno — in crescita— del
phishing, vale a dire il tentativo di catturare i dati personali per accedere a conti o depositi: se nel 2006
erano state 376 le operazioni derivanti dal phishing, nel 2007 sono state 413, per un importo di 1,14
milioni. Numerosi sono poi stati i casi di irregolarità riscontrate nell’invio dei soldi nel Paese di origine
da parte degli immigrati, spesso veicolare dal circuito dei money transfer: 301 nel 2007, per un valore
di 3,2 milioni. Ancora: gli episodi di usura sono stati 261 (per 6,07 milioni),le truffe 228 (per 17,07
milioni) e l’evasione di Iva intracomunitaria è stata riscontrata 133 volte (per un importo di 29,46
milioni. E nella lista degli illeciti debutta anche lo smaltimento di rifiuti, individuato 12 volte (per 3,08
milioni). A loro volta; però, non tutte le segnalazioni trasmesse agli organi investigativi vengono
ulteriormente approfondite. Nel periodo che va da luglio 2007 a giugno 2008, per esempio, il Nucleo
speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza ha deciso di indagare a fini antiriciclaggio sul
68,09% delle segnalazioni trasmesse. Restano piccoli, infine, i numeri delle procedure di sospensione
decise dall’Uic delle operazioni chieste dai clienti. Sono state 79 dal 1997al 2007, 13 delle quali l’anno
scorso: in linea, peraltro, con le 12 del 2006 e le 9 del 2005. Il picco risale al 2004, quando il crack
Parmalat aveva spinto le sospensioni a 17. Valentina Maglione
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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani