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DELLA DOMENICA
[email protected]
ANNO XVI - N. 24
DOMENICA 23 gIugNO 2013
SPED. ABB. POST. - DL 353/2003
(Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art.1, Comma 1, DCB) ROMA
TAXE PERCUE - TASSA RISCOSSA - ROMA ITALY
EURO 1,50
S
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I
A
N
A
L
Il Governo
del cambiamento,
e il cambiamento
del Governo
Presentato il progetto di legge del PSI per regolamentare l’attività di lobbying
Mauro Del Bue
Dario Borriello*
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C
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L
Lotta all’evasione fiscale:
i Signori del Mondo dicono basta
D
alla montagna che Grillo ha costruito sul panorama squallido
della politica italiana cominciano a
cadere i primi sassi: ne seguiranno altri e sarà una frana.
Un tale soggetto, il Movimento 5 Stelle, non può –restando se stesso- mettere radici in un paesaggio che con tutti
gli innumerevoli difetti, ha natura politica.
Dicevano i romani (Orazio): “Naturam expellas furca, tamen usque recurret”. E la politica non la puoi
espellere dal terreno della politica. La
classe dirigente italiana, tranne poche
individuali eccezioni, è di bassissimo
livello: non adempie il suo compito
primordiale: risolvere i problemi della
“gente”. E la gente si rivolta: astenendosi dal voto o votando per formazioni che esprimono la sua rabbia. Ma
se tale rabbia non trova canali costruttivi (risolve i problemi) essa diventa delusione e provoca l’allontanamento di chi ci ha creduto.
Prendete il fascismo. Mussolini giocò
tutto sul malcontento dell’Italia uscita
dalla guerra e sull’inerzia della classe
dirigente. Ma non usò il “blog”, cioè
parole: usò la violenza piegando – con
l’appoggio della classe dominante –
la resistenza, imponendo la sua dittatura e facendo piazza pulita con un
nuovo regime. Ma vilipendere col blog
classe e sistema dominante non presentando un’alternativa è velleitario.
Le “camicie nere” di Mussolini erano
i manipoli che dovevano fare “bivacco” dell’“aula sorda e grigia” e non
deputati e senatori che con tutti i distinguo e le opposizioni finiscono per
integrarsi nel sistema; il quale seguendo la sua logica li assimila, li
snatura. E alle sparate di Grillo, cominciano a reagire, prendendole per
“sparate”.
Un sassolino, una pietra dietro l’altra,
la montagna di Grillo si sgretolerà e
partorirà un topolino.
Se hai giurato guerra al sistema, guerra deve essere: altrimenti sono urla
scomposte. La seduzione del potere,
l’attrazione mass-mediatica, la routine dei meccanismi parlamentari disgregheranno il Movimento.
dal blog della Fondazione Nenni
L’indimenticato Sindaco di Milano
Il socialismo
di Antonio Greppi
Nicola Del Corno a pag. 3
Maurizio Ballistreri
L’
ultimo Vertice del G8 a Belfast
si è svolto come, ormai, da consolidato e un po’ stanco copione.
Le proteste contro la globalizzazione
in primo luogo, all’insegna dello slogan, bello e immaginifico, “Un altro
mondo è possibile”, animate soprattutto dal Comitato Nordirlandese del
Congresso Irlandese dei Sindacati. Il
complottismo poi, dopo l’ultimo incontro del Bilderberg, nel sobborgo
londinese di Watford, ecco il G8 dei
“Signori del Mondo” svolgersi in un
esclusivo hotel a Lough Erne, villaggio della contea di Enniskillen, scelta
A
Camera: Psi, componente
autonoma nel gruppo Misto
Impegni globali nel vertice del G8 contro i ‘paradisi fiscali’
Giuseppe Tamburrano
T
Quello che non
vi hanno detto di noi
no, Riccardo Nencini, primo firmatario del disegno di legge che disciplina la rappresentanza di interessi privati, depositato in Senato nei giorni scorsi e presentato martedì 11 alla Camera dei deputati al fianco del professor Giuseppe Mazzei, presidente
de “Il Chiostro”, la prima associazione nazionale dei responsabili di rapporti istituzionali, e del professor Gianluca Sgueo, docente di Istituzioni di Diritto dell’Unione
europea. Questo testo sulle lobby fa parte di un ‘poker’ – esordisce il leader socialista -, perché rientra in un bouquet di quattro norme: sul conflitto d’interessi, sui criteri che precedono la scelta delle nomine pubbliche e sul tetto alle pensioni e alle indennità di quelli che prima venivano chiamati i ‘boiardi’ di Stato”.
a pagina 2
La montagna
di Grillo partorirà
un topolino ...
S
- Stampa e Tv -
Nencini, sulle lobby pronti
a stravolgere i vecchi criteri
are attività di lobby in Italia non sarà più un tabù, ma una realtà alla luce del son un’interessante intervista
F
le, trasparente e legale, con tanto di norme dello Stato e un Registro dei portatori
da la Repubblica,
Il’expubblicata
di interessi particolari. È questo l’obiettivo del segretario del Partito socialista italiasegretario del Pd Pierluigi
Bersani rilancia il progetto del
governo di cambiamento. Che
dovrebbe portare in premessa altri due cambiamenti: quello di
una parte di grillini che si dovrebbero distaccare dal loro
gruppo e quello del governo Letta, che dovrebbe andarsene a casa.
A giudizio di Bersani potrebbe
essere messo in crisi addirittura
dallo stesso Berlusconi. Il primo
cambiamento, di casacca, si sta
già consumando. Già due parlamentari dei Cinque stelle, in polemica col loro tandem di guru
Grillo-Casaleggio, hanno aderito
al gruppo misto. Poi c’è l’affare
Adele Gambaro, accusata di lesa
maestà e in odore di espulsione,
ma difesa a spada tratta da decine di parlamentari che minacciano una vera e propria scissione.
Sono trascorsi solo quattro mesi
e dall’altare delle politiche il movimento di Grillo sta già conoscendo la polvere della possibile
dissoluzione, dopo il tragico bilancio delle amministrative. Se le
cose avranno un’accelerazione
potrebbe determinarsi una situazione nuova, quella auspicata da
Bersani subito dopo il voto, anzi,
quella che lui stesso dava per certa qualora Napolitano avesse deciso di incaricarlo di formare il
governo e di inviarlo alle Camere. Bastava infatti la dissociazione di una ventina di senatori tra i
Cinque stelle per rendere possibile il suo governo. Difficile affermare con sicurezza che quel
che potrebbe verificarsi adesso si
sarebbe verificato anche a marzo. Tuttavia una maggioranza alternativa al centro-destra, capace di contare sul voto del Pd, di
Sel, del centro di Monti, e dei
grillini dissidenti, potrebbe davvero proiettarsi in un orizzonte
nemmeno tanto remoto, anche se
dalla matematica alla politica,
ad esempio la possibilità di conciliare Monti con Sel, ci passa il
mare.
A quel punto, sostiene Bersani, si
dovrebbe far fronte alle pretese
di Berlusconi con molta fermezza e sapendo di poter contare su
una maggioranza numerica alternativa che renderebbe evitabile il ricorso alle urne.
Non si capisce, però, perché mai
dovrebbe essere Berlusconi, alla
luce di una tale eventualità, a tirare la corda, a far fallire il governo Letta e a mandarlo in crisi, per finire diritto all’opposizione. Neanche fosse Comunardo
Nicolai, l’uomo simbolo di tutti
gli autogol. Potrebbe essere invece il Pd, una sua parte, magari lo
stesso Bersani, a tentare il ribaltone, visto che potrà disporre di
una soluzione diversa. Ma a quel
punto, ammesso che questa, e
non lo credo, sia la linea maggioritaria del Pd, sarà necessario un
terzo cambiamento. E cioè quello del candidato premier, che non
sarà più Bersani.
Il cambiamento del segretario
implicherà anche un cambia-
I
contestata a causa della coincidenza
con la stagione delle marce lealiste. Infine il protagonismo del premier inglese, David Cameron, passato dall’incontro ultrasegreto del Bildelberg (dipinto
come l’avverarsi del “complotto demoplutocratico-giudaico-massonico” del
turbocapitalismo planetario o, se si preferisce, dello “Stato Imperialista delle
Multinazionali”, se lo si guarda rispettivamente dalle destre e dalle sinistre totalitarie e, comunque, occasione di incontri per “orientare” le tendenze del
mercato globale) al G8 come capo del
Governo del Paese attualmente alla presidenza del Vertice.
a pagina 2
“Dall’11 giugno scorso è ufficialmente parte del Gruppo Misto della
Camera, la componente autonoma
denominata “Partito Socialista
Italiano (PSI) - Liberali per l’Italia
(PLI)”. Lo ha comunicato il presidente dell’Assemblea di Montecitorio. Della componente fanno parte: i
deputati Lello Di Gioia, Marco Di
Lello, Pia Elda Locatelli e Oreste
Pastorelli. Capogruppo Di Lello.
Riforme: Schifani
contraddice Quagliariello
“Quagliariello ha svolto una relazione tecnica, Schifani ha contraddetto
politicamente il Ministro. Perché?
L’inizio del cammino delle riforme è
decisamente in salita”. Lo ha detto
Riccardo Nencini, intervenendo il 12
giugno scorso in Aula al Senato per
la votazione della procedura d’urgenza richiesta dal governo sul ddl
costituzionale che istituisce il comitato parlamentare per le riforme.
“L’unica giustificazione ad una deroga della Carta e la possibilità che il
governo si è auto-conferito di stabilire i tempi può essere la condizione
di emergenza e di eccezionalità alle
quali faceva riferimento anche il
Presidente Letta riferendo in Aula.
Quando si riscrive l’ordinamento
dello Stato, è necessario che tutte le
parti ordinamentali siano tenute in
considerazione, dagli Enti locali, alle
Regioni, fino alla forma di Governo.
Basta con interventi settoriali. Si
sarebbe dovuta dare priorità alla
modifica della legge elettorale, separandola da questo percorso. É necessario un referendum per chiedere
agli italiani la loro opinione: non si
cambia la Costituzione senza passare da chi mantiene la sovranità”.
La voce delle istituzioni
culturali arriverà in Parlamento
“Come membro della VII Commissione (Istruzione pubblica, beni culturali,
ricerca scientifica, spettacolo e sport)
del Senato ho intenzione - ha affermato Riccardo Nencini - di incontrare
personalmente le istituzioni culturali
per poterne rappresentare le istanze in
Parlamento. A loro sono destinati, nel
2013, circa 14 milioni di euro, il 18%
in meno del 2009. Il ciclo di incontri
parte dalla mia regione, la Toscana
incontrando tutte le sovrintendenze e i
responsabili dei maggiori musei e
fondazioni del territorio. È giusto ridare voce e dignità a quel comparto che
maggiormente garantisce prestigio, il
5% del totale degli occupati italiani,
turismo, sviluppo economico, occupazione e competitività al nostro Paese.
Eppure il più mortificato dai tagli della
spending review”.
Le responsabilità di Pd e Pdl
Quel maledetto
imbroglio
della legge
elettorale
Alberto Benzoni
M
aledetto imbroglio. Non pasticciaccio brutto. Perché la questione della riforma è in sé semplice.
Mentre, a complicarla sino alla paralisi sono i politici; con la loro capacità
inesausta di imbrogliare gli altri ma,
in primo luogo, loro stessi. A dire il
vero, il primo responsabile di questa
vicenda è il Pd. Perché, l’anno scorso,
ha avuto la possibilità di cambiare la
legge, con l’assenso del centro-destra;
e l’ha scientemente buttata via.
a pagina 3
La sinistra riformista riparte
dalle elezioni comunali
“La sinistra riformista - ha detto
Riccardo Nencini - riparte dai comuni.
Alla vittoria nella Capitale si aggiungono vittorie a Brescia, Treviso e in
altri centri, compresi quelli ‘minori’, e
la Lega si avvia sul viale del tramonto. É la conferma del desiderio di un
forte cambiamento che i cittadini ci
chiedono incessantemente di mettere
in opera. Ci sono ora due cose da fare:
lasciar lavorare il governo e il suo
presidente del Consiglio e al contempo lavorare con urgenza perché la
sinistra delle riforme torni a sedersi
allo stesso tavolo. Dopo tre mesi superato il Piave!”.
DELLA DOMENICA
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www.partitosocialista.it
ANNO XVI - N.24 - DOMENICA 23 GIUGNO - 2013
Presentato il progetto di legge del PSI
Con la crisi mondiale i ‘paradisi fiscali’ sono divenuti insopportabili a tutti
Nencini: Sulle lobby, pronti
a stravolgere i vecchi criteri
Evasione fiscale, il G8 prende un impegno
Maurizio Ballistreri
L’
ultimo Vertice del G8 a Belfast si è svolto come, ormai, da consolidato e un po’ stanco copione.
Le proteste contro la globalizzazione in primo luogo, all’insegna dello slogan, bello e immaginifico, “Un altro mondo
è possibile”, animate soprattutto dal Comitato Nordirlandese del Congresso Irlandese dei Sindacati (Northern Ireland
Committee of the Irish Congress of Trade Unions).
Il complottismo poi, dopo l’ultimo incontro del Bilderberg,
nel sobborgo londinese di Watford, ecco il G8 dei “Signori
del Mondo” svolgersi in un esclusivo hotel a Lough Erne,
villaggio della contea di Enniskillen, scelta fortemente contestata a causa della coincidenza con la stagione delle marce lealiste e i rischi di attacchi di repubblicani dissidenti.
Infine il protagonismo del premier inglese, il conservatore David Cameron, passato dall’incontro ultrasegreto del Bildelberg
(dipinto come l’avverarsi del “complotto demo-plutocraticogiudaico-massonico” del turbocapitalismo planetario o, se si
preferisce, dello “Stato Imperialista delle Multinazionali”, se
lo si guarda rispettivamente dalle destre e dalle sinistre totalitarie e, comunque, occasione di incontri per “orientare” le tendenze del mercato globale) al G8 come capo del Governo del
Paese attualmente alla presidenza del Vertice.
Il summit, costato 60 milioni di sterline (circa 70,5 milioni
di euro) dovrebbe servire a Cameron per rallentare la sua
notevole caduta di consensi in Gran Bretagna, a causa della
crisi economica, della disoccupazione di massa e dei tagli al
Welfare. E probabilmente, la proposta agli altri “Grandi”
della Terra (ma mancano ormai Paesi dalle economie in costante crescita come Cina, India e Brasile, ma anche Sud
Africa) di una ferrea lotta all’evasione fiscale aveva come
obiettivo quello di recuperare consensi su di un tema sensibile per le classi popolari e il ceto medio, attraverso l’istituzione di un “registro centrale” delle tasse per “sradicare” il
fenomeno delle “società segrete in luoghi segreti” a livello
internazionale, attraverso i cosiddetti “paradisi fiscali”.
Ecco, quindi, che il G8 di Belfast è diventato il vertice delle
tre T, trade, taxation and trasparency (commercio, tassazione e trasparenza), con gli impegni in agenda per la riduzione della fame nei Paesi poveri, presi già nel 2005 a Gleneagles. Una discussione che, probabilmente, circa gli esiti finali e, quindi, i risultati, ha risentito dell’emergenza della
guerra civile in Siria e della rivolta in Turchia, area geopolitica strategica sia per i Paesi della Nato che per la Russia. E
la lotta all’evasione fiscale quindi? Come nel “Cinque Maggio” di Alessandro Manzoni: “Fu vera gloria? Ai posteri
l’ardua sentenza”.
IN BRICIOLE
BREVI
Epifania
Il segretario del Pd, il puntuale Guglielmo, ha detto in tivù che vede meglio
Matteo Renzi alla guida del governo che alla segreteria del partito. Un pensierino per sé?
Infine esclude che il governo Letta possa essere messo in crisi dal Pd, mentre
Veltroni assicura che nessuno deve lavorare per dividere i grillini. E chi mai
ha sostenuto la tattica dello scauting?
La più bella è quella attribuita a Bersani. Secondo Epifani l’ex segretario del
Pd ha lavorato per un governo di servizio, cioè di larghe intese. Avevamo visto
un altro film, anche in streaming...
Talebani contro dissidenti
Ormai non se ne può più. E il corpo elettorale lo ha perfettamente capito. Il
grillismo dalla possibile terapia per curare i mali del Paese e diventato una
malattia. E anche grave. I più feroci critici del grillismo sono diventati i suoi
adepti che l’hanno conosciuto bene e l’hanno sopportato sulla loro pelle.
L’on. Pinna ha detto proprio così: “Siamo divisi tra talebani e dissidenti”. Il
vero dramma è che i talebani, i dissidenti li mettono al muro...
La Gambaro nella Rete
E infatti l’on. Gambaro, rea di aver parlato male del capo, è finita nelle grinfie della rete. Una sorta di tribunale del popolo in stile brigatista, dovrà sancire o meno la sua espulsione. In 42 hanno votato contro. E si apprestano a scindersi dagli altri. Forse non era sbagliata la strategia di Grillo. Ai parlamentari è vietata la parola. E anche il pensiero. Se no è finita.
Casaleggio nipotino di Pilato
Diciamo la verità. Qui esiste un problema grande come una casa. Un
problema di democrazia e di rispetto della Costituzione. I parlamentari non
sono strumenti in mano a un padrone esterno. Una sorta di grande fratello
che li elegge, li guida, li controlla, li caccia. Un potere invisibile che tutto
prestabilisce e poi rimanda a quello della rete che controlla. E a lei si appella. “Volete Gesù o Barabba?”. E tutti: “Barabba”. E adesso: “Volete
l’espulsione o no della Gambaro?”. Da scommetterci: l’espulsione. Con
questo metodo di scelte plebiscitarie, si potrebbe anche chiedere se vuole la
pena di morte per un reato di pensiero, così il nipotino di Pilato potrebbe
diventare nipotino di qualcun altro... Casaleggio, Casaleggio, non c’è
proprio limite al peggio.
Cosimo Mele, sindaco pentito...
Ve lo ricordate no? L’udicino Mele che se la faceva con due escort, con tanto
di droga in un hotel, di Roma, con una che si è sentita male e ha rischiato di
morire? Si è riciclato ed è stato eletto Sindaco del suo comune. Si è pentito, é
stato lasciato dalla moglie, e adesso siede sulla poltrona di primo cittadino
eletto da una messe di voti. Altro che mele marce, Mele mature...
Saltanchè sempre in trincea
Ancora acuti di Daniela la pasionaria. Non ha capito il nuovo clima di
unità nazionale. Anzi, diciamo la verità, non lo sopporta. Non sopporta i
mezzo toni, le voci dolci, i ragionamenti pacati. Lei è sempre in guerra. E
adesso sogna il ribaltone. Che facciano un governo coi grillini, che lo
facciano. Lei non vede l’ora. Peccato che del Paese alla Saltanchè non
interessi proprio nulla. A lei interessa poter continuare a sgambettare e
a urlare per il piacer suo. Una politica per gli interessi delle sue corde
vocali.
Berlusconi e il tre per cento
Certo che il Berlusca è impareggiabile. Tutto si attribuisce. Il governo è
merito suo, il rinvio dell’Imu l’ha proposto lui, il decreto del fare è farina
del suo sacco. Ma l’idea di superare il 3 per cento, limite europeo nel
rapporto tra deficit e Pil, non l’ha detto lui per primo, ma l’estrema sinistra politica e sindacale. Ohè Silvio,non è che invecchiando mi stai diventando comunista?
Direttore Politico
della domenica
Organo ufficiale del
Partito Socialista Italiano
aderente
all’Internazionale Socialista
e al Partito Socialista Europeo
Paceco (TP)
Il sindaco uscente, Biagio Martorana, avrà la maggioranza in consiglio
con 5 consiglieri della lista civica
“L’impegno per Paceco continua”,
due saranno del PSI (l’uscente Leo
Accardo con 160 voti e Francesco
Trapani con 134).
Pozzallo (RG)
Da un’attenta analisi delle ragioni per
le quali si è arrivati alla decisione del
Sindaco di azzerare la Giunta Municipale, il gruppo consiliare del PSI di
Pozzallo ritiene che tutt’ora esistano
le condizioni che hanno fatto aderire
un anno fa il Partito al progetto politico amministrativo di Luigi Ammatuna. “Siamo fermamente convinti che
si possano continuare a coniugare trasparenza e legalità negli atti amministrativi che l’Amministrazione Comunale affronterà. Con l’impegno ed
il grande senso di responsabilità, presente in tutti noi, arriveranno risultati
soddisfacenti per il benessere e lo sviluppo della città e della collettività. Il
PSI, assicurando pieno appoggio al
Sindaco, auspica che, in un prossimo
immediato futuro, possano ritornare a
sussistere le condizioni per portare
avanti con continuità il progetto di
una ‘Pozzallo Migliore’”.
Sessa Aurunca (CE)
“Dinanzi a noi - dichiarano i dirigenti
del PSI di Sessa Aurunca - c’è una
grande sfida. Il Piano commercio del
SIAD può rappresentare una grande
opportunità per il nostro territorio
nonché uno strumento fondamentale
per garantire sviluppo economico e
commerciale. Il Piano, approvato dall’allora amministrazione di centro sinistra nel 2003, ad oggi è oggetto anche di importanti iniziative di modifica presso la Commissione attività
produttive regionali. Occorre prevedere un incontro in virtù delle possibili proposte migliorative in Regione. Il
PSi garantisce il proprio supporto”.
F
are attività di lobby in Italia non sarà più un tabù, ma una realtà alla luce
del sole, trasparente e legale, con tanto di norme dello Stato e un Registro
dei portatori di interessi particolari. È questo l’obiettivo del segretario del
Partito socialista italiano, Riccardo Nencini, primo firmatario del disegno di
legge che disciplina la rappresentanza di interessi privati, depositato in Senato nei giorni scorsi e presentato martedì 11 alla Camera dei deputati al fianco
del professor Giuseppe Mazzei, presidente de “Il Chiostro”, la prima associazione nazionale dei responsabili di rapporti istituzionali, e del professor
Gianluca Sgueo, docente di Istituzioni di Diritto dell’Unione europea.
Questo testo sulle lobby fa parte di un ‘poker’ – esordisce il leader socialista
-, perché rientra in un bouquet di quattro norme: sul conflitto d’interessi, sui
criteri che precedono la scelta delle nomine pubbliche e sul tetto alle pensioni e alle indennità di quelli che prima venivano chiamati i ‘boiardi’ di Stato”.
Nencini vede per l’Italia la possibilità di colmare un gap importante con le altre democrazie occidentali.
“Sia in Usa che nel Parlamento europeo questa è una pratica attuata da anni
con ottimi risultati. In Ue, addirittura – prosegue – c’è un corso universitario
per perfezionare le tecniche di rappresentanza degli interessi privati”. E ovviamente possibilità di sviluppo. “Con questa legge, e i suoi criteri, l’obiettivo è concedere a chiunque di poter avere un appuntamento con questo o quel
‘decisore pubblico’, esercitando dunque un diritto trasparente e legale, senza
più il rischio di ledere gli interessi dei competitor”.
La legge elaborata, si fonda su tre pilastri: trasparenza, buon andamento delle azioni e legalità. “La trasparenza viene garantita attraverso il registro dei
rappresentanti di interessi e attraverso l’assolvimento di una serie di obblighi
di pubblicità da parte dell’organo tenutario del registro”, spiega il segretario
socialista. Che aggiunge: “Il processo di accreditamento garantisce ai rappresentanti di interessi una serie di agevolazioni nel dialogo con i decisori
pubblici. Queste agevolazioni non sostituiscono i canali tradizionali partecipazione concertazione, ma rappresentano un canale supplementare per garantire portatori di interessi la possibilità di rendere nota la posizione ai decisori pubblici”. Non mancano ovviamente le sanzioni per scoraggiare attività non lecite. “La legge mira a scongiurare fenomeni di malaffare e opacità
che hanno interessato le cronache giudiziarie anche recenti – dice Nencini .Il sistema di accreditamento e le sanzioni previste nel testo garantiscono un
maggior rispetto delle procedure e dei principi ai quali si ispira la norma:
pubblicità, partecipazione democratica, trasparenza e conoscibilità dei processi decisionali”.
Il segretario del Partito socialista italiano pone infatti l’accento su un altro
criterio, che definisce fondamentale, della normativa: l’incompatibilità e il
conflitto d’interessi, che servono a proteggere un’attività meritoria e legale
dagli attacchi di chi si trincera dietro questa professione per nascondere i propri obiettivi, che con la legalità non hanno proprio nulla a che fare.
Di grande impatto è stata anche l’analisi dell’impianto normativo svolta dal
professor Giuseppe Mazzei, esperto del settore, nonché presidente de “Il
Chiostro”, prima associazione nazionale dei responsabili di rapporti istituzionali. “Definirei questo testo il migliore tra gli oltre 40 finora presentati in
Italia – sottolinea subito Mazzei -. Innanzitutto ha una maturità di impostazione completamente diversa, poi c’è un principio fondamentale che è quello
della definizione dei ruoli, e infine ci sono le sanzioni per chi viola le regole”. Per l’esperto, dunque, “L’attività di lobby non va imbrigliata, perché se
fatta in maniera trasparente e legale ha molti effetti benefici, ma piuttosto va
regolamentata per evitare abusi e abusivismo professionale”. E in questo senso il ddl del leader riformista è ciò di cui l’Italia ha davvero bisogno. “Durante un incontro internazionale con altre associazioni come la nostra, ho
presentato il testo ai miei colleghi europei – racconta Mazzei -, e lo hanno
trovato di grande interesse. In altri Paesi fare lobby è già una realtà consolidata, mentre in Italia siamo ancora in una fase di dibattito. Con questa legge
potremmo recuperare il gap e, anzi, migliorare la qualità dell’attività”.
A completare la presentazione, sono risultate di grande interesse le valutazioni del professor Gianluca Sgueo, docente di Istituzioni di Diritto dell’Unione europea, che ha dato il proprio contributo alla stesura del testo. “È ottima la regola dell’accessibilità alla professione, perché si tratta di paletti minimi ma necessari, senza quelle restrizioni che in passato abbiamo visto che
non hanno funzionato”. Sgueo si sofferma inoltre sulla positività di rendere
obbligatorio il Registro dei portatori di interessi. “Abbiamo già un esempio
presso il ministero delle Politiche agricole, ma ora questa esperienza, felice,
può essere allargata e resa ancora più efficace”. Così come l’esperto “benedice” l’introduzione di un “codice deontologico, che avrebbe avuto uno scarso funzionamento senza le sanzioni previste dalla norma. Questo testo non è
solo il modo giusto per regolare l’attività di lobby, ma molto di più – conclude Sgueo -. Del resto, avere come criterio la parità del punto di partenza per
tutti non può che rendere migliore il lavoro di chi rappresenta interessi privati, ma anche di chi è chiamato a prendere decisioni dall’altra parte della
scrivania”. Ora la palla passa al governo e al Parlamento.
L’Italia ha un’altra occasione per entrare nel terzo millennio e adeguarsi finalmente agli altri Paesi occidentali.
*da Avantionline
APPUNTAMENTI
Montechiarugolo (PR) sabato 22
giugno, alle ore 9,30 nella Sala Consiliare, dibattito organizzato dalle Federazioni di Parma e Reggio Emilia,
‘Acqua dell’Enza - Ricchezza da non
disperdere’. Presiedono: Arcangelo
Cocconcelli, Gianluca Soliani.
Apertura dei lavori: Claudio Magnani,
Mauro Del Bue
Segreteria di Redazione
Domenico Paciucci
Direttore Responsabile
Dario Alberto Caprio
Società Editrice
Nuova Editrice Mondoperaio srl
Redazione
Carlo Corrér, Emanuele Pecheux
Dario Borriello*
Presidente del Consiglio
di Amministrazione
Oreste Pastorelli
già Presidente della Provincia di Parma. Relazione introduttiva di Emilio
Bertolini, già Presidente dell’Unione
dei Consorzi di Bonifica dell’Emilia
Romagna.
Intervengono: Ing. Alberto Montanari,
Università di Bologna; Amilcare Bodria, Sindaco di Tizzano Val Parma;
Redazione e amministrazione
P.zza S. Lorenzo in Lucina 26 – Roma
Tel. 06/68307666 - Fax. 06/68307659
email: [email protected]
Impaginazione e stampa
Ing. Eugenio Bertolini, Dirigente
IREN. Conclude Mauro Del Bue.
Collecchio (PR), domenica 23 giugno banchetto per la raccolta firme in
Piazza Repubblica organizzato dalla
locale sezione “Sandro Pertini” (Manuel Magnani).
Sottoscrizioni
versamento su c/c postale n. 87291001
intestato a
Nuova Editrice Mondoperaio srl
P.zza S. Lorenzo in Lucina 26
00186 Roma
Chiuso in tipografia il 19/6/2013
L.G. Via delle Zoccolette 25 – Roma
Ufficio Abbonamenti
Roberto Rossi
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La riproduzione è consentita a patto
che sia citata la fonte. Il materiale
ricevuto non viene restituito.
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DELLA DOMENICA
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ANNO XVI - N.24 - DOMENICA 23 GIUGNO - 2013
IL DITO NELL’OCCHIO
Bersanic
Quel maledetto imbroglio della legge elettorale
Alberto Benzoni
M
aledetto imbroglio. Non pasticciaccio brutto. Perché
la questione della riforma è in sé semplice. Mentre, a
complicarla sino alla paralisi sono i politici; con la loro capacità inesausta di imbrogliare gli altri ma, in primo luogo,
loro stessi.
A dire il vero, il primo responsabile di questa vicenda è il
Pd. Perché, l’anno scorso, ha avuto la possibilità di cambiare la legge, con l’assenso del centro-destra; e l’ha scientemente buttata via. Per due volte consecutive.
Nella prima occasione, esisteva la possibilità di uno scambio politico tra modello elettorale francese (da sempre
“bandiera”del Pd in realtà, e comunque un’ottima soluzione) e semipresidenzialismo. In tal modo si sarebbe ottenuto
subito quello che interessava al centro-sinistra. Rinviando,
invece, ad un domani più o meno lontano (anche per i vincoli, temporali e no, legati a qualsiasi provvedimento di
modifica della costituzione) l’attuazione della proposta che
interessava al centro-destra.
E, invece, questa viene rifiutata pregiudizialmente. Con
quella, falsa, indignazione che lo stesso Pd sa esprimere con
costanza degna di miglior causa.
Questione di “valori”? Andiamo! Qui i valori non c’entrano. Mentre c’entrano, e come, gli interessi; leggi la necessità di conservare così com’era un sistema suscettibile di garantire, comunque, al centro-sinistra la maggioranza assoluta dei seggi. “Porcellum”era, e Porcellum rimaneva, nella
propaganda a uso e consumo dei gonzi, ma nel caso specifico, “non olet”.
E che questo fosse il caso sarebbe stato dimostrato, al di là
di ogni ragionevole dubbio, dall’episodio immediatamente
successivo. Quando il centro-destra propone, fra l’altro del
tutto correttamente, di legare la possibilità di conseguire il
premio di maggioranza al raggiungimento di una determinata soglia di consensi: dal 40% in su. Anche in questo caso, sfoggio di indignazione e stracciarsi di vesti. Il tutto senza la benché minima giustificazione se non quella della pura e semplice convenienza.
Di fatto, il porcellum non risponderà alle aspettative. Ma
semplicemente perché non c’è, sulla faccia della terra, una
legge in grado di garantire maggioranze di governo in presenza di tre blocchi tra loro antagonisti e di eguale forza.
Questo per chiarezza e spirito di verità. Oggi “ritorna il dibattito” nella terra di nessuno in cui convivono, i voli pindarici più falsi e la “realpolitik”più volgare. Così da procla-
mare in pubblico che il porcellum è un abominio che va
cancellato qui e subito e da sussurrare in privato che rimarrà così com’è.
Ma non è detto che le cose vadano in questo modo. Perché la
riforma della legge elettorale è possibile. A condizione che le
forze politiche valutino, con un minimo di onestà intellettuale,
i dati oggettivi che condizionano il dibattito in materia.
Il primo ha a che fare con il vincolo di coalizione. E con i
suoi limiti. Nel concreto è assolutamente evidente che l’area antiberlusconiana ha abbondantemente i numeri per far
passare il doppio turno di collegio (tralascio qui le ragioni
che rendono questo modello, in tutti i sensi, infinitamente
superiore - nel rapporto con gli elettori e con i partiti e nel
radicamento territoriale degli eletti - al “mattarellum” da
noi già disastrosamente sperimentato). Ed è altrettanto evidente che questo sistema non piace per nulla al Cavaliere. E
allora delle due l’una. O il tema della legge elettorale è negoziabile. Nel senso di essere affidato al confronto tra le
parti, senza che la scelta finale, se non condivisa, comporti
la rottura delle larghe intese e la conseguente caduta del governo. E allora si può procedere nella direzione della riforma auspicata dal centro-sinistra. O non lo è. E allora qualsiasi ipotesi di riforma può procedere solo se condivisa. E
arriviamo fatalmente alla riforma della legge esistente. Anche sulla scorta del prossimo pronunciamento della Corte
costituzionale. Operazione da fare in tempi brevi (ridicola,
e quindi grossolanamente strumentale, l’opinione del centro-destra, secondo la quale il sistema elettorale debba essere coerente con il sistema istituzionale nel suo complesso e
basti ricordare che, in Francia, l’uninominale a due turni ha
accompagnato l’esistenza della terza come della quinta repubblica) Per evitare che Berlusconi, o chiunque, sia continuamente tentato di far saltare il banco, con il ricorso alla
roulette russa delle elezioni anticipate. E per rispettare le
prossime indicazioni della Corte.
Queste dovrebbero puntare il dito non contro l’intero dispositivo Calderoli, ma sui due punti oggettivamente più scandalosi del medesimo, la famosa “nomina”; e un premio di
maggioranza, anzi di coalizione che consente, caso ripetiamolo unico al mondo, ad una coalizione che ha preso il 29%
dei voti di ottenere il 55% dei seggi (e, per inciso, garantisce al Pd, con lo stesso numero di voti del Movimento 5
stelle, un numero di seggi di quasi tre volte superiore).
Si dirà che una riforma lungo queste linee è stata rigettata
con indignazione dal Pd appena un anno fa. E allora?
[email protected]
Imperia
“La segreteria provinciale del PSI
esprime, a nome dei socialisti della
provincia di Imperia, profonda soddisfazione per l’affermazione di Capacci a sindaco della città. Con il risultato elettorale e la composizione del
nuovo consiglio Comunale –commenta il segretario provinciale PSI, Bruno
Marra- cessa il modello padronale con
cui era gestita la politica cittadina.
Motivo di ulteriore soddisfazione è il
ritorno, dopo circa 15 anni di assenza,
di un Socialista nel Consiglio Comunale di Imperia. All’Amministrazione
tutta, compresi i consiglieri che ‘tifavano’ per altre soluzioni, un auspicio
–conclude Marra- di proficuo lavoro”.
Cesa (CE)
Antonio Esposito è stato nominato
portavoce del PSI di Cesa nella riunione svoltasi domenica 16 giugno nella
sezione intitolata, proprio qualche
settimana fa, a Luigi Infelice. Esposito coordinerà le attività dei socialisti
per i prossimi mesi in attesa del
congresso cittadino, che si dovrebbe
Più tifoso di Bevilacqua che di Coppi, Pierluigi Bersani non si rassegna all’idea dello sconfitto di successo. E sembra propenso a prendere le distanze da
un possibile vincitore, visto che lui non ha vinto. Quel che non stupisce è che
si siano assottigliate le sue truppe. Succede sempre così quando un capo non
vince. I suoi sottomessi capiscono che ha sbagliato tutto e si alleano col
pretendente di turno. In molti hanno già lasciato la barca bersaniana, con
canotti e materassini.
Il primo, il più intelligente, è stato Massimo D’Alema, che senza farsene
scrupolo, ha già chiesto asilo nell’imbarcazione di Matteo Renzi, il quale,
prima di farlo salire, vuole capirne bene le intenzioni. Visto che Massimo è
il più astuto e, da vero ex comunista, non ha alcun problema a trasformarsi
da nemico numero uno ad alleato, con un triplo salto carpiato, come quello
di Togliatti quando nel 1944 scelse la monarchia e scartò la Repubblica.
D’Alema non chiede nulla per sé, ma la sola sua presenza nel fronte dei
rinnovatori, lui simbolo della rottamazione, può provocare qualche scompenso. Veltroni, l’africano mancato, è più etereo e parla di Renzi con chiare
allusioni a se stesso. Il sindaco di Firenze dovrebbe approfondire di più i
temi, ma anche apprezzare di più il cinema, le figurine Panini e la Juventus.
Più che un Veltroni che diventa renziano egli auspica un Renzi veltroniano.
Anche i giovani turchi sono ormai convertiti. Perfino la più bersaniana di
tutti, la bella Alessandra Moretti, la portavoce ufficiale dell’ex segretario, la
donna di fiducia che tutto deve a Bersani, senza il quale mai sarebbe arrivata in Parlamento e a Porta a Porta, ha clamorosamente preso le distanze dal
suo benefattore, si è tuffata come una sirena dalla sempre più povera imbarcazione bersaniana dirigendosi anche lei verso l’ormeggio renziano.
E così pure l’altro Matteo, quell’Orfini che fino a poco fa non sopportava
Renzi, come Fassina e Orlando, e che adesso sostiene addirittura che Bersani è sul Titanic, e precisa, “ma dopo e non prima dell’urto”. Lui dall’urto è
stato sbalzato fuori e adesso nuota tra i marosi convinto di essere tra i pochi
sopravissuti.
Fra un po’, c’è da scommetterci, a Bersani, anzi a Bersanic, resteranno solo
i fidi scudieri Errani e Migliavacca. Anche se, dicono, nella cerchia del
tortello magico si stanno infiltrando nuove tendenze gastronomiche alla
bistecca. Se la mettiamo in politica, visto che qualcuno ha definito la riunione dei bersaniani come un’assemblea di comunisti, non si può che prendere
atto che gli ex diesse sono ormai fuori gioco.
Coloro che provengono dal Pci si sono ormai volatilizzati. Nel 1989 rifiutarono di diventare socialisti. Adesso hanno ceduto il timone agli ex democristiani. Ben gli sta.
mdb
Un libro. Novant’anni di socialismo.
Per Greppi era l’uomo
al centro del socialismo
APPUNTAMENTI
NOTIZIE IN BREVE
Liguria
“I socialisti liguri, - afferma il segretario regionale Maurizio Viaggi - dopo i
ballottaggi che hanno confermato il
successo del centrosinistra, esprimono
la loro soddisfazione, augurando buon
lavoro ai consiglieri e ai sindaci eletti.
Dai territori, dalla passione e dall’impegno degli amministratori locali
possa emergere quella cultura di buon
governo, di rispetto delle istituzioni in
un proficuo rapporto partecipativo con
i cittadini e le nostre comunità. La crisi
sociale, economica e della politica può
trovare, grazie all’opera dei Sindaci e
delle amministrazioni locali, positive
riposte di equità e solidarietà a tutela
dei ceti sociali più deboli, del mondo
del lavoro e dell’impresa. La sinistra
riformista riparte dai comuni: I risultati elettorali sono la conferma del desiderio di un forte cambiamento che i
cittadini ci chiedono. Ora il governo
deve affrontare i gravi problemi del
Paese e i socialisti lavorare con urgenza affinché la sinistra riformista torni a
sedere allo stesso tavolo”.
icono che l’ex segretario del Pd si sia messo alla guida del fronD
te antirenziano. E che la sua parola d’ordine sia: “Mai un uomo
solo al comando”.
svolgere entro la fine dell’anno. Esposito sarà affiancato da: Stanislao
Ciliento, Luigi Esemplare, Luigi
Turco e Domenico Mangiacapra; eletti componenti del direttivo.
S
Frascati (RM).
In attesa del terzo congresso nazionale, che si terrà a Venezia dal 25 al 27
ottobre prossimi, sarà Gianluca Travaglini il coordinatore locale delle
compagne e dei compagni che hanno
richiesto di aderire al PSI a Frascati.
Galatone (LE)
Una catena umana per salvare Galatone
da una minaccia ambientale senza pari
rappresentata dalla costruzione di una
nuova centrale a biogas. Domenica 16 i
cittadini locali, capitanati dal comitato
spontaneo “No Biogas” e dal PSI, si
sono radunati intorno all’ecomostro che,
-dicono- se terminato, arrecherebbe
danni ingenti alla salute pubblica e all’economia locale basata essenzialmente
su turismo e agricoltura. “Abbiamo
cercato di sensibilizzare le istituzioni a
tutti i livelli – spiega Donato Pellegrino,
consigliere rgionale – presentando al
Senato un’interrogazione successivamente condivisa e riproposta anche dal
M5S, e una richiesta di audizione del
comitato ‘No Biogas’ con l’assessore
regionale all’Ambiente”, Lorenzo Nicastro. I cittadini denunciano gravi irregolarità nella costruzione dell’impianto,
nei controlli degli sversamenti di liquami e nella potenza della centrale.
Milano
Il Tribunale di Milano ha condannato
per diffamazione nei confronti del
PSI, Stefano Carluccio per quanto
pubblicato in una newsletter del 4
febbraio 2012 dell’“Avanti! - Critica
Sociale” dal titolo “Tesseramento
Postale (PSI Nencini)”, che riportava
notizie false e calunniose. Il risarcimento chiesto e ottenuto, salvo le
spese processuali, era di 1 euro; un
risarcimento puramente simbolico,
che serve solo a sancire da che parte
sta la verità e a difendere l’onorabilità
del PSI da incredibili e ingiustificabili
aggressioni a mezzo stampa.
(a cura di Barbara Conti)
Nicola Del Corno
Roma, venerdì 21 giugno, alle 17,
Sala degli Atti legislativi, Biblioteca
del Senato, Piazza della Minerva, 38,
presentazione del volume FRATERNITA’ di Maria Rosaria Manieri con
la prefazione di Giuseppe Vacca, Edizioni Marsilio. Intervengono: Giuliano Amato, Franco Cassano, Giuseppe
Vacca. Introduce Luigi Covatta. Sarà
presente l’Autrice. Per adesioni e informazioni Mondoperaio – P.zza S.
Lorenzo in Lucina, 26 - 00186 Roma
– [email protected]
Roma, venerdì 21 giugno, ore 9,30,
presso la Sala delle colonne (Camera
dei deputati) Via Poli, 18 le fondazioni Turati e Altobelli, presentano il volume Argentina Altobelli e “La buona
battaglia” di Silvia Bianciardi (Franco
Angeli editore). Presiede Pierluigi
Bertinelli, introduce Maurizio Degl’Innocenti. Interventi di Giorgio
Benvenuto, Massimo Fiorio, Fiorenza
Taricone, Luigi Tomassini, Tiziano
Treu. Conclude Stefano Mantegazza.
Sarà presente l’autrice Silvia Bianciardi.
e già conosciuta era l’attività pratica di Antonio Greppi (1894-1982)
quale giovane dirigente del PSU, protagonista di primo piano della Resistenza in Lombardia, indimenticato
sindaco della ricostruzione di Milano
dalle macerie della Seconda guerra
mondiale, e infine parlamentare del
PSI negli anni sessanta, meno noto risultava invece il suo impegno di scrittore politico. Per questo motivo dobbiamo essere grati a Jacopo Perazzoli
che ha curato questa antologia di scritti che ripercorre la sua intera traiettoria
politica; il primo testo presentato è infatti datato 1921 mentre l’ultimo, sempre cronologicamente parlando, è una
lettera indirizzata a Claudio Martelli
nel settembre 1980.
Dalle pagine presentate emerge come
filo rosso della produzione a stampa il
particolare socialismo umanitario di
Greppi, ossia la sua costante preoccupazione nel far sì che la politica si facesse costantemente carico del compito di elevare lo stato sociale e culturale, nel senso ampio del termine, dei
ceti subalterni. Cercheremmo infatti
invano nei suoi scritti sottili disquisizioni filosofiche su marxismo, materialismo, revisionismo e così via; l’ansia dello Greppi scrittore era piuttosto
quella di indicare soluzioni immediate
per migliorare le condizioni di vita del
strati popolari più bassi, così come
aveva sempre cercato di fare, e con ottimi risultati, nella sua attività di amministratore del capoluogo lombardo.
«I poveri hanno fretta», questa frase
pronunciata nel 1955 bene testimonia infatti quale fu la mira che contraddistinse l’operare pratico e lo
speculare teorico di Greppi: il socialismo aveva un senso solamente se si
adoperava per trasformare radicalmente la società nella sua integralità,
e questo lo doveva fare subito, senza
aspettare il maturare di più o meno
lunghi tempi storici.
Per fornire risposte immediate e concrete alle richieste provenienti da quelle classi e da quei ceti di cui il socialismo si ergeva a difensore, era necessario, secondo Greppi, che i suoi mili-
tanti abbandonassero qualsiasi forma
di presuntuoso e inutile dogmatismo,
retaggio di un passato dove vigevano
più pseudo valori quali l’ortodossia
che attitudini all’impegno e alla concretezza. Al contrario, «sia il nostro
partito una libera associazione di buoni compagni […] che hanno il coraggio di criticare la loro fede e sanno
avere fede nella loro critica» scriveva
già nel 1921.
La matrice etica e spirituale del socialismo greppiano proveniva dalla sua
profonda religiosità; Greppi non aveva
infatti remore nel definirsi socialista e
cristiano al medesimo tempo, convinto
com’era che solamente un’unione tutta
terrena fra i valori trascendenti del cristianesimo e le istanze pragmatiche del
socialismo potesse risolvere i drammi
della vita terrena: infatti «dal primo
scendono le eterne speranze della libertà interiore e della dignità civile,
mentre il secondo crea i mezzi e le condizioni per la loro attuazione». E in
un’altra occasione rimarcava, facendo
riferimento diretto al pensiero di Ignazio Silone, come quello socialista fosse
il movimento più cristiano fra tutti i
contemporanei dal momento che «si
occupa esclusivamente dell’uomo sotto la specie universale» nel combattere
sempre qualsiasi forma di degradazione dell’umanità quale lo sfruttamento,
la sopraffazione, l’asservimento.
Inoltre, faceva notare Greppi, la stessa
speranza di Marx a proposito di una
nuova società «dove il libero sviluppo
di ciascuno sarà la condizione del libero sviluppo di tutti» si richiamava ad
un concetto di uguaglianza già espresso dal cristianesimo. Peraltro, ricordava Greppi, la stessa militanza socialista era in un certo senso esperienza di
apostolato religioso, una «immolazione» al servizio del progresso dell’umanità, come ben dimostravano le parole
di Matteotti ai suoi carnefici, «voi ucciderete me, ma l’idea che è in me non
l’ucciderete mai», ricordate appunto
dal sindaco milanese.
Antonio Greppi
Novant’anni di socialismo. Scritti
scelti, a cura di Jacopo Perazzoli
L’Ornitorinco edizioni, Milano, 2013
DELLA DOMENICA
4
www.partitosocialista.it
ANNO XVI - N.24 - DOMENICA 23 GIUGNO - 2013
>> DIRITTI & LAVORO
Le funzioni ridistributive ed equitative della fiscalità in un libro di Franco Gallo
Fisco, non solo tasse
Gianfranco Sabattini
N
ell’inserto “La lettura” del Corriere delle Sera del 29
maggio u.s., Sergio Romano ha recensito il volume
“L’uguaglianza tributaria”, che Franco Gallo, attuale Presidente della Consulta, già professore di diritto tributario,
ha pubblicato presso la casa editrice Editoriale Scientifica.
La recensione è lunga ed estesa, ma da molti punti di vista
imprecisa e ricca di omissioni.
Il lavoro di Gallo non può essere compreso nel suo pieno
significato, se si prescinde dall’idea che Gallo ha del ruolo
e della funzione del fisco nei sistemi sociali capitalisti
attuali. Il pensiero del Presidente della Consulta è noto per
essere qui riesposto; basterà ricordare che egli ha sempre
criticato le teorie fiscali deontologiche liberiste e neoliberiste che, rifacendosi ad una considerazione irrealistica
della società, sopravvalutano nelle economie capitaliste i
diritti proprietari, sostenendo il diritto originario e naturale dell’individuo a veder rispettata la “sacralità” della sua
proprietà e del frutto del proprio lavoro, riconoscendo allo
Stato solo il potere di “prelevare” da ognuno lo stretto
necessario per finanziare l’offerta dei beni pubblici tradizionali e i sussidi di mantenimento delle vedove di famiglie numerose. I corifei più moderni di queste teorie sono
tutti coloro, compresi gli ordoliberisti tedeschi attuali, che
condividono l’idea di Friedrich August von Hayek, secondo il quale il mercato non è che un ordine spontaneo naturale pre-politico e i diritti economici non sono che libertà
naturali indipendenti da ogni forma di riconoscimento
costituzionale; tutti i seguaci di tali idee sono indistintamente afflitti da una forma di “autismo” intellettuale che li
chiude alla comprensione, sia dei limiti del loro credo liberista, sia dei problemi dei sistemi capitalisti moderni.
Alle teorie deontologiche liberiste, Gallo ha sempre
contrapposto le teorie “conseguenzialiste”, le quali, pur
non disconoscendo l’importanza dei diritti proprietari, li
considerano, in linea con le moderne teorie sulla natura
delle società, una conseguenza di leggi, di regolamenti e di
regole, anche informali, che hanno come scopo la tutela di
altri valori rilevanti per la conservazione della “tenuta”
della pace sociale, costantemente minacciata e messa in
pericolo dalle disuguaglianze causate dall’operare del
“libero” mercato hayekiano. Le teorie conseguenzialiste,
perciò, si distaccano da quelle proposte e sostenute dai
liberali “duri e puri”; le loro implicazioni ridondano nelle
teorie del liberalismo repubblicano di John Rawls, Ronald
Dworkin e Amartya Sen. Questi autori, pur non allontanandosi dalla teoria deontologica dei diritti, sostengono la
necessità che la libertà sia goduta sorretta da una condizione di uguaglianza solidale dei componenti del sistema
sociale e soprattutto da una condizione di giustizia distributiva del carico fiscale, intesa come equità, adeguata alle
capacità differenziate di ciascuno e al progetto di vita che
ognuno persegue.
Questa è la “cornice” teorica al cui interno può essere inserito, per una sua corretta interpretazione, il senso del libro
di Gallo “L’uguaglianza tributaria”. Sergio Romano, senza
mancare di profondersi in inutili salamelecchi nei confronti dell’autore, ma mancando di tenere nella dovuta considerazione il suo pensiero sul ruolo e la funzione del fisco
nei sistemi sociali moderni, qualifica il suo ultimo lavoro
un “manifesto degli uguali”, “un pamphlet etico-politico
contro l’ideologia del mercato come supremo regolatore
dell’economia moderna ... Se cadesse nelle mani dei noglobal potrebbe addirittura diventare ... il ‘libretto rosso’
del movimento e la lettura obbligata dei militanti”. Per
Romano, il lavoro di Gallo è un segno dei tempi e “l’indice di un cambiamento degli umori dell’opinione pubblica
di fronte a quella che è stata per più di trent’anni la verità
economica delle economie mature...”. Romano, prima di
esprimere il suo giudizio finale sul lavoro di Gallo, ritiene
opportuno di tentare una sintesi del cambiamento degli
“umori dell’opinione pubblica”; ma lo fa unicamente per
criticare la posizione che, per Gallo, lo Stato deve avere
nel campo fiscale, mostrando d’essere orripilato dall’idea,
sostenuta da Gallo, che per realizzare una “società giusta
ed equa” il mercato deve essere regolato e che il “pubblico” deve prevalere sul “privato”; Romano sottolinea di
non condividere che la tassazione debba riguardare, oltre
che la ricchezza materiale, anche il perseguimento dell’uguaglianza e di altri effetti socialmente rilevanti.
Dulcis in fundo, la ciliegina della recensione critica di
Romano a “L’uguaglianza tributaria” va colta laddove l’ex
ambasciatore afferma che la “grande assente nella teoria di
Gallo è la crescita”, perché secondo lui l’autore non crede
evidentemente che fra gli obiettivi di un sistema tributario
vi debba essere anche quello di assicurare, oltre all’equità,
la produzione di ricchezza; anzi, Romano, mostrando di
ignorare le cause della crisi delle società capitaliste attuali, si mostra quasi scandalizzato che dalla lettura del lavoro di Gallo possa emergere “implicitamente” la convinzione che all’origine della ricchezza vi sia “soprattutto fame
di denaro e di potere”. Ciò, per Romano, non è vero, in
quanto la ricchezza “è anche il risultato di una grande
passione, il segno materiale di una vita coronata da successo, il premio dovuto alla capacità d’intraprendere e
rischiare”. Peccato che la rivelazione del segno della
grazia all’imprenditore di successo di weberiana memoria
non si addica all’imprenditorialità asfittica e di routine del
nostro Paese, che, grazie ad una fiscalità permissiva, dopo
essersi impadronita della proprietà dei beni dello Stato, si
è trasformata, con la responsabilità del sistema del credito
e di un sistema massmediatico alimentato da tutti coloro
che la pensano come Romano, in imprenditorialità che
privilegia la rendita al profitto. A danno di tutti.
[email protected]
Giacomo Matteotti, un italiano diverso
Tiziana Ficacci
I
l 10 giugno 1924, per volere di Mussolini (secondo una
rilettura che oggi va per la maggiore lo statista che non
aveva sbagliato un colpo fino all’entrata in guerra) fu assassinato da una banda di sicari Giacomo Matteotti. Un socialista riformista che aveva fatto dell’emancipazione sociale
la ragione della sua vita.
Nonostante la sua biografia sia quella di un uomo esemplare, o forse per questo, la sua memoria non è coltivata. All’indomani del suo funerale Antonio Gramsci gli dedicò un
articolo definendolo «pellegrino del nulla», schiavo di una
idea «la quale non può condurre i suoi credenti e militanti
ad altro che ad un inutile circolo vizioso di lotte, di agitazioni, di sacrifici senza risultati e senza via d’uscita». E ancora Luigi Longo, che fu poi segretario del Pci, disse che la
sua morte fu «tanto più tragica anche perché segna il fallimento della sua concezione, del suo partito, del suo metodo». Non solo: dopo la guerra i socialdemocratici di Giuseppe Saragat e i socialisti di Pietro Nenni lo commemoreranno in due cerimonie distinte, a giugno, anniversario della morte, una domenica i socialdemocratici, quella dopo i
socialisti. L’interesse di questa biografia, che da giudizi poco lusinghieri sull’azione riformista di Matteotti, è nel trovare il socialista vero: antimilitarista, pacifista, anticlerica-
Il l i bro
le, difensore degli ultimi.
Matteotti nasce nel 1885 a Fratta Polesine (Rovigo), una zona poverissima d’Italia, in una famiglia molto agiata. Sebbene cresciuto nella ricca borghesia diventa socialista già
nel 1898. Si laurea in Legge a Bologna e diventa il difensore dei braccianti agricoli. Viene eletto al Parlamento nel
1919. Antimilitarista sarà richiamato per tre anni (19161919), in Sicilia, lontano dal fronte e dal suo partito. Intanto, nel 1916, si sposa con Velia Titta (solo civilmente) e con
lei ha tre figli Giancarlo, Matteo e Isabella. Inviso ai fascisti, proprio per la sua strenua difesa dei braccianti (i fascisti
erano i protettori degli agrari locali), lo perseguirono al punto di impedirgli il rientro in Polesine. Matteotti sarà rieletto
lo stesso nel 1921. Fu, probabilmente, un discorso tenuto il
30 maggio del 1924 davanti a Mussolini che gli costerà la
vita. E’ utile leggere questa vita coraggiosa di uomo con la
schiena dritta, specie in un momento così buio della nostra
giovane Repubblica.
Giampaolo Romanato, autore di questa biografia, è docente
di Storia contemporanea all’Università di Padova ed è nato
a Fratta Polesine come Matteotti.
dal blog liberelaiche
Gianpaolo Romanato
Un italiano diverso. Giacomo Matteotti
Longanesi, € 20
PENSIONE, RETRIBUTIVO O CONTRIBUTIVO?
Oltre che per l’età di pensionamento, la riforma Fornero ha introdotto un’importante novità nel calcolo della pensione, sancendo definitivamente il trionfo del metodo contributivo sul retributivo. Una scelta necessaria per contenere la spesa previdenziale in Italia, anche considerando l’allungamento della
vita media. Una decisione, però, che penalizza il lavoratore.
I due sistemi di calcolo si basano su criteri profondamente diversi:
• retributivo: l’importo della pensione viene calcolato sulla media dei redditi:
- degli ultimi 10 anni di lavoro per i dipendenti,
- degli ultimi 15 anni di lavoro per gli autonomi,
nella misura del 2% di questa media per ogni anno di contribuzione.
• contributivo: l’importo del trattamento di quiescenza viene determinato sulla
contribuzione effettivamente versata nel corso della vita lavorativa (cosiddetto
“montante contributivo”). L’ammontare dei contributi viene rivalutato in base
all’indice Istat delle variazioni quinquennali del Pil e moltiplicato per un “coefficiente di trasformazione” variabile, in base all’età del lavoratore al momento della pensione.
Dal 1° gennaio 2012 il metodo contributivo, è diventato l’unica modalità di
computo per la prestazione pensionistica. Pertanto - tolti i fortunati che sono andati in quiescenza prima che le nuove disposizioni fossero operative,
per i quali non è cambiato nulla e che continueranno a godere del privilegio
del retributivo - anche chi prima dell’entrata in vigore della riforma Fornero avrebbe avuto una rendita previdenziale calcolata del tutto con il metodo
retributivo vedrà ricalcolato l’assegno col contributivo per la quota di anni
di lavoro che ancora gli restano. Insomma il sistema retributivo sopravvive
ancora, ma riferito a un minor numero di anni e per un numero di lavoratori sempre più esiguo.
Tra il 2012 e il 2021 la riforma Fornero darà 80 miliardi di risparmi rispetto
alle normative precedenti tenendo conto dei costi delle salvaguardie. Lo si
legge in un Rapporto dell’area attuariale dell’Inps secondo il quale “la spesa
subisce una notevole contrazione che nel 2019 è di oltre un punto di Pil”. I risparmi si azzerano nel 2045. Nel grafico contenuto nel Rapporto con proiezioni fino al 2050 sulla spesa pensionistica si evidenzia come la riforma Fornero sia quella che dà maggiori risparmi a breve con il picco negativo per la
spesa nel 2019 (poco sopra l’8,6% del pil). Poi la spesa risale restando al di
sotto di quella prevista con le riforme precedenti (e quindi ulteriori risparmi
oltre gli 80 miliardi stimati nel decennio 2012-2021) fino al 2045 quando incrocia e supera le curve delle altre riforme per spesa in termini di percentuale sul Pil (poco sotto il 10,5%).
[email protected]
Matteotti, Saragat, i Fratelli Rosselli. Socialisti
Gianni Lubrano
R
icorrono in questi giorni gli anniversari della scomparsa di tre
martiri socialisti e di una personalità
che più di chiunque altro incarnò e seppe indicare alla sinistra italiana i valori
del socialismo democratico. I fratelli
Rosselli e Giacomo Matteotti, barbaramente trucidati dai fascisti restano i
simboli della lotta che i socialisti e gli
antifascisti condussero in nome della
libertà e della democrazia fino al supremo sacrificio delle loro vite.
Giuseppe Saragat, anch’egli perseguitato dal regime mussoliniano, dopo la
liberazione, fu il socialista dell’eresia
e dell’anticonformismo fino al punto
compiere scelte dolorose che non furono comprese ma anzi avversate e
che oggi si rivelano come profetiche.
Il denominatore comune che ha unito
in un unico filo rosso questi grandi socialisti che ricordiamo con orgoglio è
stato l’amore per la democrazia, l’uguaglianza e la libertà.
E, poiché essi sono un patrimonio della memoria per tutti gli italiani, ci sarebbe piaciuto, che in nome di questi
valori, venissero ricordati non solo da
noi socialisti.
Non si può trasformare un evento laico in una celebrazione religiosa, sia
pure conciliativa”. Così Giuseppe Saragat, presidente della Repubblica italiana dal dicembre 1964 al dicembre
1971, si espresse rivolgendosi a chi
premeva perché a Porta Pia, la mattina del 20 settembre 1970, centenario
di Roma Capitale d’Italia, venisse ce-
Diego Crivellari*
>> L’OSPITE <<
Nel numero precedente abbiamo pubblicato l’intervento di Marco Di Lello alla Camera per ricordare l’assassinio di Giacomo
Matteotti. Subito dopo è intervenuto per commemmorare Matteotti anche un esponente del PD, l’on. Diego Crivellari. Qui di
seguito una sintesi del suo intervento:
Giacomo Matteotti, un nostro contemporaneo
G
entile presidente, gentili colleghi, nel pomeriggio del 10 giugno 1924, il deputato socialista polesano Giacomo Matteotti
veniva rapito sul Lungotevere Arnaldo da Brescia, mentre si stava
recando a Montecitorio.
Sono cinque i fascisti che aggrediscono Matteotti e, dopo una lunga
colluttazione, durante la quale egli cerca di resistere e di farsi cadere
di tasca la tessera di deputato, lo caricano in macchina. A bordo della
vettura, dopo essere stato pestato a sangue, Matteotti viene accoltellato. Muore. Il suo corpo sarà portato sulla via Flaminia e seppellito lontano dal centro della capitale, per essere infine ritrovato soltanto il 16
agosto dello stesso anno. (...) Sono trascorsi 89 anni e l’esempio di
Matteotti non ha cessato di apparire come un riferimento di straordi-
a cura di Carlo Pareto<<
naria importanza per la nostra democrazia e per le sue istituzioni. Tante lotte, tante battaglie sono state combattute nel suo nome, nel suo
Polesine come nel resto d’Italia. Matteotti non volle piegarsi, non volle cedere alla violenza e al sopruso: anche in circostanze così drammatiche cercò con ogni mezzo di affermare la centralità del Parlamento e un principio di legalità e di democrazia che stava per essere
definitivamente travolto dall’avanzare della marea squadrista. Ricordare Matteotti, oggi, significa tuttavia ricordare non soltanto un evento o una storia consegnati irrimediabilmente ad un passato remoto. Significa ricordare l’attualità di una figura straordinaria: la figura di un
parlamentare, ma anche di amministratore moderno, di un dirigente
politico moderno, di caratura europea, che nel panorama asfittico degli anni Venti, in un Vecchio Continente ancora pesantemente condizionato dal fardello dei nazionalismi e dei revanscismi, sceglieva di
coltivare rapporti privilegiati con i laburisti inglesi, con i socialisti
francesi e tedeschi. (...) Nel panorama storico della sinistra italiana,
lebrata una messa, officiata da Sua
Santità in persona. Pressioni in tal
senso provenivano dal Vaticano: l’allora papa Paolo VI fece sapere al governo italiano che il Papa avrebbe
gradito celebrare a Porta Pia una messa la mattina del 20 settembre. Per
quanto l’esecutivo, all’epoca presieduto dal democristiano Emilio Colombo e “alcuni uffici del Quirinale”
(scrive Costantino Belluscio che di
Saragat fu il segretario) fossero favorevoli, Saragat invece fu irremovibile.
Scartata l’ipotesi Paolo VI, il Vaticano insisté per una messa celebrata dal
cardinale vicario Dell’Acqua che però
doveva precedere la sfilata dei bersaglieri e quindi avere luogo di mattina
presto. “Non è possibile – ribadì il
Presidente chiedendo il rispetto da
parte d’oltretevere – iniziare una cerimonia laica e risorgimentale con una
messa”. Certo, alla fine un compromesso fu trovato, messa dopo il discorso di Saragat alle Camere riunite a
Montecitorio, però quel presidente
della Repubblica non si fece mettere i
piedi in testa. Anzi, in incontri ufficiali con l’allora sindaco di Roma Clelio
Darida, il Papa si dispiacque molto
per quella vicenda. Egli avrebbe visto
nella sua personale partecipazione
una rinnovata riconciliazione con l’Italia democratica, senza Mussolini e
Togliatti.
(Gianni, amico e compagno, non è
più tra noi e questo scritto è stato recentemente ritrovato tra i suoi appunti; risale all’agosto 2010)
dal blog liberelaiche
Giacomo Matteotti occupa tuttora una posizione centrale anche per la
forza e per l’originalità del suo pensiero e del suo approccio alle questioni. È stato l’ispiratore instancabile di un socialismo pragmatico, di
un socialismo nella democrazia che doveva essere realizzato attraverso le autonomie locali e la conquista del governo dei municipi da parte delle forze del movimento operaio, attraverso il consolidamento
progressivo di una rete imponente formata dalle tante realtà dell’associazionismo e della cooperazione, calate sul territorio: un insieme di
“leghe”, organizzazioni di massa, rappresentanze sindacali e, quindi, il
partito come luogo essenziale di elaborazione di idee e di strategie. Ecco perché oggi ricordiamo la sua figura guardando al futuro.
Certi di poter ritrovare nell’esempio di Giacomo Matteotti non soltanto un pezzo fondamentale della nostra storia, ma anche un sostegno e un esempio di grande attualità nei momenti in cui la nostra democrazia viene messa alla prova e in cui, più di prima, occorrono lucidità, coraggio, capacità di guardare alle sfide del nostro tempo con
lungimiranza e senso delle istituzioni. Per questi e per molti altri motivi Giacomo Matteotti rimane a tutti gli effetti un nostro contemporaneo, un nostro compagno nel difficile ma quanto mai necessario
cammino della democrazia”.
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