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in fondo c’è altra versione Gesù
bambino
18 giugno 2000
MISTERO BUFFO
EDIZIONE 2000
DI DARIO FO
a cura
della povera Franca
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PROLOGO
I MISTERI
ATTORE “Mistero” è il termine usato già dai
greci
dell’epoca
rappresentazione
arcaica,
sacra:
per
misteri
definire
eleusini
una
e
dionisiaci. Il termine fu ripreso dai cristiani per
indicare i propri riti fin dal II e III secolo dopo
Cristo. Ancora oggi, in chiesa ci capita di ascoltare
il sacerdote che declama: “Nel primo mistero
glorioso... nel secondo mistero...”, e via dicendo.
Mistero significa dunque rappresentazione sacra,
mistero buffo significa rappresentazione di temi
sacri in chiave grottesco-satirica. Ma sia chiaro che
il giullare, cioè l’attore comico popolare del
Medioevo, non si buttava a sbeffeggiare la
religione,
Dio
e i santi, ma piuttosto si
preoccupava di smascherare, denunciare in chiave
comica le manovre furbesche di coloro che
approfittando della religione e del sacro si
facevano gli affari propri.
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Fin dai primi secoli dopo Cristo, i fedeli si
divertivano, sotto la direzione di giullari o preti
particolarmente spiritosi, a mettere in scena
spettacoli in forma ironico-grottesca, proprio
perché per il popolo, il teatro, specie il teatro
comico,
è
sempre
stato
il
mezzo
primo
d’espressione, di comunicazione, ma anche di
provocazione e di agitazione delle idee.
Il teatro era il giornale parlato e drammatizzato
delle cosiddette “classi inferiori”.
ROSA FRESCA AULENTISSIMA
Per quanto riguarda la nostra storia, o meglio la
storia del popolo minuto, uno dei testi primi del
teatro parodistico-grottesco, satirico, è “Rosa
fresca aulentissima” di Ciullo - o Cielo d’Alcamo.
Ebbene, perché noi vogliamo parlare di questo
testo?
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Perché è il testo più mistificato che si conosca
nella storia della nostra letteratura, in quanto
mistificato è sempre stato il modo di presentarcelo.
Al liceo, al ginnasio, quando ci propongono
quest’opera, di fatto ci propinano una vera e
propria truffalderia. Prima di tutto ci fanno credere
che si tratti di un testo scritto da un autore
aristocratico, probabilmente un letterato-poeta alla
corte dell’imperatore Federico II di Svevia, che,
pur usando il volgare, si è dimostrato talmente
dotato da riuscire a tramutare “il fango in oro”.
Egli ha trasformato un tema bassamente triviale,
una situazione rasentante l’osceno, come il dialogo
che prelude a un amplesso d’amore carnale, in una
poesia sublime e “culta”, propria della “classe
dominante”.
Per dimostrarci l’assoluta attendibilità di questa
teoria, i sacri autori illuminati, chiosatori dei testi
scolastici, da De Sanctis al D’Ovidio, eseguono
serie incredibili di capriole e salti mortali da
applauso spaccapalme. E qui voglio svelarvi che il
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primo a eseguire un gioco di prestigio e truffa è
stato Dante Alighieri. Infatti, più o meno
esplicitamente, nel suo De Vulgari Eloquentia,
commentando
sentenzia
con
“Rosa
una
fresca
e
aulentissima”
certa
sufficienza
“…
d’accordo… c’è pure qualche crudezza in questo
“contrasto”, qualche rozzezza, ma certamente
l’autore è da ritenersi un erudito, un colto”.
Non parliamo poi di cosa abbiano escogitato gli
studiosi della poesia trobadorica giullaresca del
Settecento e Ottocento a proposito dell’origine
“alta” di questo testo; il culmine dello spasso
l’abbiamo avuto sotto il fascismo, ma anche poco
prima non si scherzava. Lo stesso Croce,
Benedetto Croce, il filosofo liberale, dichiara: “A
proposito di Ciullo d’Alcamo ci troviamo di fronte
a un autore privo di ogni affinità con giullari o
fabulatori d’origine popolare. Infatti, l’espressione
poetica delle classi culturalmente assoggettate, si
limita immancabilmente a ripetere i temi e le
chiavi stilistiche delle classi dominanti”.
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Il popolo, si sa, non è in grado di creare, di
elevarsi al di sopra della sua innata e normale
banalità. Il volgare è la sua costante vitale e quindi
riesce al massimo a copiare “meccanicamente”
dagli autori aristocratici, i soli in grado di creare
espressioni d’arte. Il poeta di alta conoscenza e
livello morale può trovarsi anche a sguazzare nel
fango... ma ecco che gli basta fare ricorso al
proprio lirico afflatto e... un, due... un saltello, uno
zompo fantasticante... ecco che si libra nell’aria
come un airone leggiadro... miracolo della classe.
Invece, il giullare uso ad esibirsi sui banchi dei
mercati può prendere rincorse a spaccafiato,
sgambarsi,
sbattere
braccia
a
mulinello...
SFLAM!... ricade immancabilmente nella melma
maleodorante da cui nasce e prende linfa.
Ma a buttare all’aria tutta questa bell’impostazione
ecco spuntare all’improvviso due sciamannati
spaccatutto, nel senso cordiale naturalmente del
termine, un certo Toschi e un altro che si chiama
De Bartolomeis; notate bene, due studiosi di
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formazione cattolica, oltretutto. Costoro hanno
combinato una vera e propria carognata, cioè
hanno dimostrato che il “contrasto” in questione è
un testo straordinario, ma opera di un giullare di
estrazione e cultura popolare.
Come? Ecco qua, basta analizzare con attenzione
l’impianto dell’opera e scopriremo che chi parla è
proprio un giullare, ovvero il classico buffone dei
mercati. Il giullare si presenta nei panni di un
gabelliere, più precisamente di un personaggio che
come professione si preoccupa di ritirare la tassa,
che permette di metter banco nei mercati.
Anticamente a questi gabbellieri si appioppava un
soprannome piuttosto curioso, li si chiamava gru o
grue, il noto fenicottero trampoliere. Perché? Per il
fatto che tenevano un libro, un registro, attaccato
ad una coscia con una cinghia e quando dovevano
ritirare i soldi per segnare l’introito incassato dai
vari mercanti si ponevano in questa posizione
piuttosto
curiosa
(solleva
una
gamba,
appoggiando il piede ginocchio della gamba ritta),
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appunto come le gru e tutti i fenicotteri in genere
così poteva comodamente sollevare il gonnellone e
scoprire il registro sul quale andava scrivendo.
Ora questo gru o grue si trova a dichiarare il suo
amore appassionato a una ragazza affacciata a una
finestra. E come il giovane, nascondendosi il libro
che ha sulla coscia con una falda della sottana, si
fa credere nobile e ricco, così anche la ragazza dal
verone, inventa truffaldina di essere la figlia del
proprietario del palazzo. In verità si tratta di una
ragazza a servizio in quella casa, la classica
servetta. Da cosa lo si intuisce? Da un sonetto
ironico recitato dal corteggiatore che così si
esprime: “Di canno - da quando - ti vistìsti di
maiùto - vestita di maiùto, di saio - bella, da quello
jòrno so’ ferùto - ferito”, cioè la ragazza appare
vestita di telo di juta, abbigliamento classico delle
sguattere, delle lavandaie. Il gabelliere, gabba la
ragazza
ricordandole
evidentemente
d’averla
veduta sciacquare i panni nella posizione assisa coi
glutei
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all’aria
frementi
dallo
sbattere
nel
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risciacquo, classica azione che innamora alla follia
i fortunati transitanti a tergo.
Ora conosciamo la collocazione sociale dei due
personaggi: la ragazza che millanta la propria
posizione aristocratica e il giovane che fa
altrettanto.
Il ragazzo declama: “Rosa fresca aulentissima
ch’apàri in ver la stati…” è linguaggio aulico,
raffinato, volutamente caricato per far intendere
che il giovane sta inventandosi spudorato una
propria origine aristocratica.
“Rosa fresca aulentissima ch’apàri invèr’ la state,
le donne te disìano, pulzèll’ e maritate”.
Cioè, sei talmente bella figliola, che tanto le
fanciulle che le maritate vorrebbero fare l’amore
con te. Per non parlare delle vedove!
Ma dico, è una pazzia! Ma pensate voi, a scuola, il
povero professore che dovesse spiegare il dialogo
così come appare in superficie: “ (Con tono
professionale) È normale ragazzi... nel Medioevo
le donne s’accoppiavano tra di loro con molta
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facilità”. Gli arriva un pernacchio misto a risate a
non finire e viene cacciato, spedito a insegnare in
Libia da Gheddafi.
Ecco perché il povero insegnante, che fra l’altro
“tiene famiglia”, è costretto a mentire.
Attenti però, trovandoci noi davanti ad una
giullarata, non dobbiamo mai dimenticarci dei
lazzi a ribaltone che il fabulatore esibisce sempre
in giochi di doppio senso, spesso scurrili. Quindi
declamando rosa fresca e aulentissima, siamo
sicuri che il corteggiatore alluda proprio alla
ragazza? Il verso termina con “c’appari in ver la
stati”. Ma quando mai la rosa fresca e profumata
fiorisce nell’estate? Semmai in primavera. Nel
caldo solleone la rosa si spampana! E allora a che
razza di rosa si allude? E a stati significa proprio
l’estate? No, il giullare nei panni del grue ha
sollevato il gonnellone che, guardacaso nell’antico
linguaggio siciliano si chiamava proprio astati,
cioè una gonna composta da tante “aste di stoffa” .
Quindi quel bocciolo di rosa che spunta da sotto il
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sottano è un fiore di ben altra origine e
consistenza. (Il pubblico immancabilmente esplode
in una fragorosa risata) Ohh!, ecco svelato il
gioco satiresco.
Invero, la preoccupazione di correggere la verità
nasce già al momento di decifrare il soprannome
dell’autore; infatti viene, quasi sempre citato nei
testi di scuola, non come Ciullo d’Alcamo, ma
come Cielo d’Alcamo.
Attenzione, i lombardi sanno cosa significhi il
termine “ciullo”. Senza voler fare della scurrilità
gratuita, “ciullo” allude correttamente al sesso
maschile. Anche ad Alcamo, sopra Palermo, ha il
medesimo significato. Provatevi a recarvi in quel
paese ad apostrofare il primo abitante che
incontrate con “Ehi, testa di ciullo!” vi arriva una
mazzata in fronte che vi stende secchi! Quindi, per
evitare equivoci di sorta vi ribadisco che Ciullo
d’Alcamo significa “sesso maschile d’Alcamo”.
Tornando alla scuola, vi rendete conto che questo
termine
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deve
essere
subito
modificato
e
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naturalmente il professore dice: “C’è un errore!”.
In aiuto degli insegnanti sono giunti alcuni
ricercatori che hanno fatto carte false per indicare
un’altra
lettura.
Prendere
per
buono
un
soprannome tanto scurrile significava accettare che
il Ciullo in questione fosse sicuramente un
giullare, infatti quasi tutti i giullari nel Medioevo si
fregiano di epiteti scopertamente triviali. Abbiamo
“Salsiccia tronfia”, “Ganassa scassa natiche” fino
ad Angelo Beolco Pavan, detto “il Ruzzante” che a
nostro avviso si può ben definire “l’ultimo dei
giullari”. Il suo soprannome viene da “ruzzare”...
qualcuno che è di Padova o delle vicinanze, sa che
“ruzzare” significa “andare con gli animali”. Ma in
che senso “andare”? Ce lo svela un erudito che
così
si
esprime:
“Ruzzante
è
colui
che
s’accompagna agli animali non per andarci a
passeggio ma per accoppiarsi ad essi nei tempi e
nei modi preferiti dai medesimi”. Non si è mai
capito se i medesimi siano i ruzzati o i ruzzanti.
Ma sono particolari di poco conto. Dunque, non si
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può dire “ciullo”. Non si può, in una scuola come
la nostra, dove l’ipocrisia e la morbosità si
manifestano ancora, salvo eccezioni, fin dall’asilo.
Ora, proseguendo nella nostra analisi, scopriamo
un altro gioco satirico verso il linguaggio amoroso
dei due giovani. Il ragazzo supplica: “Tràgemi
d’èste focòra, se t’èste a bolontàte” - fammi uscire
da questo fuoco, se ne hai volontà, ragazza. E si sa
benissimo come riescano le ragazze a far uscire dal
fuoco d’amore e dal desiderio i ragazzi, quando
esse ne abbiano volontà. Ma qui, non si
commenta... sono particolari che non interessano e
si procede con la risposta della ragazza che si
esprime in modo piuttosto greve e scoprendo la
propria autentica origine sociale. Essa più o meno
recita: “Puoi andare ad arare il mare e a seminare
al vento, ma a rotolarti con me in un letto non ci
arriverai mai. Anzi, ti dirò di più, che se tu insisti,
piuttosto di accettare di fare l’amore con te, mi
rinchiudo suora in un convento “li cavèlli
m’aritónno - mi faccio radere i capelli tondo tondo
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- calzando una scodella come copricapo e così non
ti ho più tra i piedi! Ah, come starò bene!” E il
ragazzo risponde: “Ah sì? Tu ti vai a ritónnere li
cavèlli? E allora anch’io mi faccio rapare a tondo
la capigliatura... mi faccio frate... vengo nel tuo
convento, ti confesso... e al momento buono...
sgàcchete!” Lo sgnàcchete l’ho aggiunto io, ma è
implicito.
La ragazza impallidisce e urla: “Ma sei un
anticristo! Sei un infame!... ma come ti permetti
solo di pensarlo un simile sacrilegio?! Guarda,
piuttosto di accettare la tua violenza io mi butto nel
mare e mi annego!”
“Ti anneghi? Anch’io... No, non mi annego: mi
butto nel mare a mia volta, ti vengo a prendere
laggiù, nel fondo, ti trascino sulla riva, ti stendo
sulla spiaggia e, annegata come sei, risgnàcchete!,
faccio all’amore!”
“Un’altra volta?!”
“Sì!”
“Con me, annegata?”
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“Sì!”
“Oheau! - esclama la ragazza con molto candore Ma non si prova nessun piacere a fare l’amore con
le annegate!”
Lei sa già tutto, naturalmente. Una sua cugina era
annegata, distesa sulla rena… è passato uno di lì,
s’è guardato intorno: “Io ci provo”... (Pausa, con
espressione disgustata) Meglio il pescespada!”
La ragazza è sconvolta. Si riprende e lo aggredisce
minacciosa: “Bada a te, se tu solo ti provi a farmi
violenza, io mi metto ad urlare, arrivano i miei
parenti e ti ammazzano a legnate!”
E il ragazzo risponde sbruffone - attenti, recito il
testo originale: “ Se li tòi parenti truòvami e che ci
puòzzon fare?” - Se i tuoi parenti mi trovano
mentre ti faccio violenza e che mi possono fare? “Una defènsa mèttoci di dumìli’ - duemila augostàri! No’ mi toccare patre to’ co’ quanto tene
a Bari. Viva l’imperador grazie a deo! Intendi,
bella quel che te dico eo?” e non si capisce un
ostrega!
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La difficoltà del comprendere il testo non è dovuta
ad una particolare astrusità di linguaggio, ma dal
fatto che ci troviamo dinanzi ad eventi storici e
leggi di cui nulla sappiamo, e normalmente gli
insegnanti si guardano bene di svelarcene il
significato. Cerchiamo di scoprirlo insieme: “Se i
tuoi parenti mi sorprendono mentre ti faccio
violenza e che mi possono fare? Una defènsa
mèttoci di dumìli’ - duemila - augostàri!”
Cos’è l’augustario? Era la moneta dell’Augusto
inteso come Federico II, infatti siamo nel 1231-32,
proprio al tempo in cui in Sicilia governava
Federico
II
di
Svevia.
Duemila
augustàri
equivalevano, più o meno, al costo di due cavalli
di razza.
E che cosa è questa defènsa? Fa parte di un gruppo
di leggi promulgate a vantaggio dei nobili, dei
ricchi signori-possidenti e dei mercanti d’alto
livello, dette “leggi melfitane”, volute proprio
dall’imperatore svevo. In poche parole, si tratta del
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dono di un privilegio particolare a difesa degli
altolocati.
Ecco allora che un ricco poteva violentare
tranquillamente una ragazza; bastava che nel
momento
in
cui
il
padre
o
altri
parenti
dell’aggredita fossero sul punto di intervenire, il
violentatore
estraesse
duemila
augustàri,
li
stendesse vicino al corpo della ragazza, sollevasse
le braccia e declamasse: “Viva lo ‘mperadore,
grazi’ a Deo!” Il rito del versamento della defènsa
era sufficiente a salvarlo. Era come avesse detto:
“Attenti a voi! Chi mi tocca verrà subito
impiccato!” Infatti chi toccava l’altolocato che
aveva pagato la tassa veniva immediatamente
appeso al ramo dell’albero più vicino… sulla
destra!
Grande vantaggio per il violentatore medievale
consisteva nel fatto che, allora, le tasche non
facevano parte dei pantaloni. Erano staccate: borse
che si appendevano alla cintola, il che offriva una
condizione
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vantaggiosissima
all’amatore
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assatanato: nudo, però con la borsa. Così nel caso:
“Oddio, arrivano i castigatori!” trak!, defènsa...
op... “Ecco i quattrini!” Naturalmente bisognava
muoversi sempre con i soldi contati. È logico, non
si può: “Scusi, aspetti un attimo... gli spiccioli!...
Ha da cambiarmi per favore?” Subito, subito, lì,
veloci! È risaputo che in quel tempo una madre di
razza nobile, che avesse a cuore l’incolumità del
proprio figliolo, quando questi stava per uscire di
casa immancabilmente gli chiedeva: “Caro, hai
con te i denari per la defènsa?”.
Ad ogni modo questo vi fa capire quale fosse la
chiave della “legge”, la brutalità di un espediente,
la defènsa, che offriva il vantaggio spudorato ai
soli potenti di uscire indenni da ogni atto di
violenza.
E chi se non un giullare autentico poteva rischiare
esibendosi sulla piazza di scoprire al popolo
minuto, con la sola voce e i gesti di tutto il suo
corpo, quale fosse la sua reale condizione di
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“cornuto e mazziato”, come dicono ancora a
Napoli, cioè bastonato oltre che cornuto.
IL RITO DEI MAMMUTTONES E DEI CAPRI
(Viene proietta sul fondale la foto di un dipinto)
Ecco, questa è l’immagine di una buffonata, cioè
una specie di preparazione agli spettacoli ironicogrotteschi ai quali partecipava in prima persona la
gente delle contrade o quartieri, truccata e
travestita. Li vedete... (indicando i personaggi
diversi della scena proiettata) questo camuffato
addirittura da “mammuttones”.
Cos’è il “mammuttones”?
È un’antichissima maschera mezzo capro, mezzo
diavolo. In Sardegna ancora oggi, i contadini e
pastori durante le feste dei sostizi, primaveraestate, si calzano in viso maschere di animali
diversi, arieti, capri e tori, si addobbano con pelli
varie e si caricano di un gran numero di
campanacci. Così vanno saltelloni per le strade
terrorizzando donne e ragazzine che fuggono
urlando. I mammuttones calzano maschere che
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potete osservare in questa immagine, riproducono
volti di diavoli animaleschi. Ecco, questo è un
giullare, questo è il personaggio del Jolly, il matto
-allegoria del pensiero non ufficiale - e questo è un
altro diavolo... un altro ancora. Ecco un’altra
sequenza. (Seconda proiezione raffigurante una
processione grottesca) Diavoli, streghe e un frate
decorativo
di
passaggio.
Notate
un
altro
particolare: tutti hanno strumenti per produrre
rumore, perché il gioco del fracasso, del frastuono,
era essenziale in queste feste. (Indicando un
personaggio della processione grottesca) Questo
addirittura ha fra le mani un “ciucciuè” del
napoletano composto da un tamburo nel quale è
conficcata un asta che mossa in modo adeguato
produce gemiti e pernacchi strazianti.
Qui c’è un altro buffone con la gamba alzata, che
non ha bisogno di strumenti: è un auto-produttore:
pernacchi e gemiti li produce da sé: esecuzione
naturale. Questi altri emettono suoni differenziati.
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Durante la buffoneria i personaggi mascherati si
riunivano tutti quanti nella piazza e organizzavano
una specie di processo finto ma realistico ai nobili,
ai padroni in genere, tra i quali erano rappresentati
anche mercanti, imperatori, strozzini, banchieri...
che nel Medioevo erano ritenuti della stessa classe
- insisto: solo nel Medioevo… prrocesso con
accuse precise di sfruttamenti e prevaricazioni. In
grande evidenza apparivano anche vescovi e
cardinali.
Non ho mai capito perché nell’evo antico, santi
uomini della chiesa venissero associati ai potenti
ipocriti e simoniaci. Come cambiano i tempi!
Il momento più avvincente del tribunale grottesco
si sviluppava di certo nel finale: una specie
d’inferno nel quale, tutti i “maggiori” , venivano
precipitati deréntro pentoloni stracolmi di olio
bollente, finto, naturalmente.
Alla fine, l’assemblea dei “minori”, donne e
uomini tutti mascherati, preceduti da mimi,
acrobati e pagliacci, entravano in chiesa.
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La chiesa nel Medioevo rispettava il significato
originale di ecclesiam, cioè luogo di assemblea. Al
rito grottesco spesso presenziava il vescovo in
persona
che
attendeva
i
protagonisti
della
buffonata in piedi sul transetto. Il vescovo si
spogliava di tutti i paramenti e li offriva al capo
dei giullari; costui saliva sul pulpito e dava inizio
ad un’omelia, una predica, nella chiave esatta dei
sermoni normalmente tenuti dal vescovo, recitando
in parodia.
Quando capitava un giullare di notevole talento,
riusciva a scatenare vere e proprie ovazioni con
risate allo scompiscio nel pubblico dei fedeli. Un
pubblico che indovinava ad ogni passo l’ironia, le
allusioni, la satira al linguaggio di un potere,
elargito e benedetto, pare, dal creatore in persona.
Si racconta che a Brescia, al tempo dei comuni, il
vescovo, tale Ilario, che durante la concione
carnevalesca del giullare aveva subito lazzi e
ironie feroci, non ebbe più la forza di salire sul
pulpito per tenerci i propri sermone, giacché,
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appena iniziava con la predica i presenti si
lasciavano
andare
a matte risate...
fino
a
singhiozzare in un pianto carico di un autentico
misticismo sganasciante.
Si racconta ancora che un altro vescovo, il primate
di Ferrara, per evitare la faticosa rimonta di
credibilità che doveva produrre dopo ogni zannata
satirica, si rifiutò di consegnare i propri arredi al re
del carnevale... e tentò anche di impedire alla turba
delle maschere di invadere la cattedrale nei quattro
giorni della “Ghignata”. A furor di popolo, quel
vescovo, fu cacciato dalla città.
Andando avanti con le proiezione, (quarta
proiezione) troviamo questa immagine che ci
mostra un’altra rappresentazione sacra, questa
volta drammatica e grottesca insieme. Si tratta di
uno spettacolo che si svolge nelle Fiandre, intorno
al 1360 - la data è segnata sulla tavola.
Osservate… qui c’è una donna con un agnello in
braccio. Ve lo segnalo perché allude allo stesso
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testo sulla passione dei villani che Franca reciterà
tra poco: “La strage degli innocenti”.
Andiamo avanti. (Quinta proiezione) Qui c’è
un’altra immagine abbastanza importante: ci
troviamo ad Anversa nel 1465, esattamente l’anno
prima dell’editto di Toledo. Quello di Toledo è
l’editto che vietò definitivamente al popolo di
rappresentare i misteri buffi. E lo capirete già da
questa immagine, il perché di questa censura.
Osservate: qui è rappresentato Gesù Cristo, un
attore che rappresenta Gesù Cristo, qui due
sgherri. Qui c’è un banditore, un altro attore
s’intente, e il popolo, sotto, che reagisce, replica
alla battuta del banditore.
E cosa propone il banditore? Urla: “Chi volete
sulla cròse? Gesù Cristo o Barabba?” E sotto la
folla risponde urlando: “Jean Gloughert!!”, che era
il sindaco della città.
È risaputo che il maggiorente in questione non
amava le giullarate.
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Una
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rappresentazione
sensibilmente
più
del
violenta
genere,
se
anzi,
vogliamo,
è
raccontata in questo dipinto. (Sesta proiezione)
Parigi, qui siamo nell’antica piazza del Louvre,
sempre intorno allo stesso periodo. Scopriamo in
questo teatrino, un attore che recita il ruolo di
Gesù Cristo, e altri attori. Appresso s’indovina
Ponzio Pilato con la bacinella già pronta, che si
appresta a intingervi le mani, e di fronte a lui ci
sono due vescovi... notate sono due vescovi
cattolici. Dovrebbero esibire costumi del rito
ebraico, no, di foggia ed elementi decorativi
completamente diversi, a partire dal classico
copricapo a cupola da sacerdoti di Israele? Invece i
rozzi allestitori dello spettacolo, fingendo di non
saperne niente di epoche e di costumi, ci hanno
piazzato due vescovi del rito cattolico-apostolicoromano. E credetemi, non si tratta di un lapsus, di
uno sfondone anacronistico.
(Settima proiezione) Ecco un giullare che gioca
sulle
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allegorie
dei
testi
biblici.
È
la
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rappresentazione della famosa sbronza di re
Davide. Nella Bibbia si racconta che Davide un
certo giorno bevve in abbondanza. Durante questa
sbronza se la prende un po’ con tutti, e brillo
com’è canta e danza applaudito da altri ubriachi
come lui, scandalizzando invece gli astemi.
Nell’euforia sollecitata dal vino, si tramuta in un
vero e proprio giullare, facendosi beffe perfino del
padre suo, non solo quello carnale ma anche quello
celeste e in particolare se la prende con i propri
sudditi, specie con “i miseri e gli asserviti”. Il
giullare, vestiti i panni sontuosi che ricordavano
quelli del re, gli faceva il verso sulla piazza e
recitava: “E voi... laggiù... miseri e striminziti urlava - te e te e te e te, e anche le vostre femmine,
lavorerete per me e per tutti quelli che vi
comandano come me e se vi lamentate vi faccio
sbattere all’inferno, come è vero che sono... stato
eletto... e anche unto da Dio! Perdio! Così
imparerete a bervi tutte le frottole che vi
raccontano, a credere che la terra che lavorate sia
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stata assegnata ai vostri signori da Dio in persona.
No, o coglioni, quelli se la sono pappata perché
sono più svelti di voi e poi ve la “sgnaccano” da
lavorare e vi pagano giustamente una miseria!”
Ora capirete la ragione del perché tanto spesso i
giullari venivano cacciati dalle città e anche dalle
campagne.
Ci fu un tale, un certo Hans Holden (indica
l’ottava proiezione)… eccolo…
famoso giullare
tedesco,
questo
bravissimo
in
gioco
dell’ubriacatura di Davide, che si permise di
mettere in piazza questo brano ignorando l’editto
che ne vietava la rappresentazione. Finì sul rogo.
Nel Medioevo si usava anche un particolare
“battage”
pubblicitario,
per
annunciare
gli
spettacoli sacri. Ancora oggi, in Puglia, durante i
festeggiamenti del beato protettore della città, San
Nicola da Bari - un famoso vescovo negro, giunto
dall’Oriente - si celebrano processioni.
Oggi questa festa si è ridotta a una sfilata
generica, nella quale vengono portati intorno
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gonfaloni con scene dipinte di cui
i fedeli ormai
ignorano il significato. In antico quei dipinti
illustravano al pubblico le varie scene che
sarebbero state rappresentate la sera stessa. Dietro
c’erano dei “battuti”, ovvero dei flagellanti, che
andando intorno si appioppavano frustate della
madonna...
non per niente si trattava di uno
spettacolo sacro!
Lo stesso rito viene eseguito ancora nelle
processioni del venerdì santo nel veneto. Si canta,
con tanto di flagellazione, più o meno così:
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LAUDA DEI BATTUTI
Prototipi:
Pordenone,
Brescia,
mantovana.
Ohiohioh… batì’, batìve!
Ehiaiehieh!
Compagnón, metìf in stcera,
batìf forte e volentéra,
n’avì’ dòia d’ésti bóti: batìve!
No’ trambìt de vès isbiòt(i),
no’ trambìt le visigàde,
carne róte e distciuncàde.
Ohiohioh… batì’, batìve!
Ehiaiehieh!
Chi vòl tórse salvasión
c’ol se bata de rüscón
col fragèl a batasciòch,
no’ fi’ mostra de daf bòt: batìve!
C’ol Segnor onniputént(e)
foe batüd veritamént(e).
Ohiohioh… batì’, batìve!
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campagna
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Ehiaiehieh!
Se vorsì’ tór peniténsa
a scuntà la gran senténsa
c’la se pròxima a ‘rivàre
che niün podrà scampàre: batìve!
Che ‘gnirà de contra a noj,
ohi batémose cunt dòj!
Ohiohioh… batì’, batìve!
Ehiaiehieh!
Par salvàrghe d’ol pecàt
Jesus Cristo foe picàt,
’nsu la cróze foe ’nciudàt,
su la fàcia gh’ foe spüdàt: batìve!
E l’aséd gh’ foe dàit a bévar
e no’ gh’éra lì ól sant Pédar.
Ohiohioh… batì’, batìve!
Ehiaiehieh!
E vui segnori de l’usüra,
vui n’avrït malaventüra,
vui c’havìt spüàt a Cristo
col sciorìrve al mal acquìsto: batìve!
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Vui c’havìt turciàt ‘mé l’üga
i dinàri a quièi che süda.
Ohiohioh… batì’, batìve!
Ehiaiehieh!
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TRADUZIONE LAUDE DEI BATTUTI
Ohioihi… battete, battetevi!
Ehiaieehie!
Compagni, mettetevi in schiera (fila),
battetevi forte e volentieri,
non abbiate doglia (non lamentatevi) di queste
botte: battetevi!
Non tremate d’esser nudi,
non tremate (non abbiate paura) delle frustate che
vescicano (fanno vesciche, piaghe),
carni rotte e disgiunte (dalle ossa).
Ohioihi… battete, battetevi!
Ehiaieehie!
Chi vuol prendersi salvezza
che si batta col flagello
con il flagello facendolo schioccare,
non fingete di darvi botte: battetevi!
Ché il Signore onnipotente
fu battuto veramente.
Ohioihi… battete, battetevi!
Ehiaieehie!
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Se volete prendere (fare) penitenza
e scontare la grande sentenza
che è prossima ad arrivare
che nessuno potrà scampare: battetevi!
Che verrà addosso a noi,
ohi battiamoci con dolore.
Ohioihi battete, battetevi!
Ehiaieehie!
Per salvarci (liberarci) dal peccato
Gesù Cristo fu picchiato,
sulla cròse fu inchiodato,
sulla faccia gli fu sputato: battetevi!
e l’aceto gli fu dato a bere
e non c’era lì San Pietro.
Ohioihi battete, battetevi!
Ehiaieehie!
E voi signori dell’usura,
voi ne avrete malaventura,
voi che avete sputato a Cristo
arricchendovi col malacquisto: battetevi!
voi che avete torchiato come (si pigia) l’uva
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i denari a quelli che sudano
ohioihi battete, battetevi!
Ehiaieehie!
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LA STRAGE DEGLI INNOCENTI
Prologo
Qualche anno fa si è tenuta presso Milano,
all’abbazia di Chiaravalle, una straordinaria mostra
di macchine teatrali. Si trattava di splendide statue
lignee e policrome, in cui tutti gli arti erano mobili,
articolati, esattamente come nei burattini o nelle
bambole. Il movimento era regolato da una serie di
leve e di ganci che venivano manovrati da un
burattinaio, posto dietro un apposito fondale,
oppure, nel caso le statue fossero di grandi
dimensioni, nascosto nell’incavo a tergo della
statua in quanto la scultura non era a tutto tondo,
ma costruita solo per la metà anteriore. Tra le altre
era esposta una stupenda Madonna col bambino
del 1100 in cui entrambi i personaggi si
muovevano, braccia, tronco, gomiti e perfino gli
occhi, giocando anche sul trucco del déséquilibre
dei
burattinai
fiamminghi:
per
esempio,
nell’avambraccio, a bilanciere, a snodo deréntro la
mano, c’era un perno, che al minimo spostamento
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provocava una rotazione della mano sul polso,
prima di
ritrovare il proprio equilibrio stabile.
Così succedeva per qualsiasi altra parte del corpo,
che ad ogni sollecitazione si muoveva con una
grazia straordinaria: il che dava l’impressione di
qualcosa di vivo.
Nella cattedrale di san Zeno a Verona, si può
ammirare ancora oggi un Cristo seduto in groppa
ad un asino; l’asino ha infisse negli zoccoli delle
ruote che permettono al cavaliere e alla sua
cavalcatura di essere trascinati in processione nella
rappresentazione del famoso e trionfale ingresso in
Gerusalemme.
Con lo stesso principio è stato costruito un altro
pezzo famoso, il Cristo d’Aquileia: in quella
scultura teatrale gli snodi seppur numerosi, non si
notano perché il suo corpo è interamente ricoperto
da un abito panneggiato.
Perché gli organizzatori dei misteri medioevali
preferivano portare sulla scena per i ruoli dei santi,
queste immagini scultoree? Forse temevano, che
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l’impiego di attori intaccasse la sacralità del
personaggio
divino
e
rischiassero
così,
di
commettere atto di blasfemia? Sì, c’era anche
questa preoccupazione ma il motivo reale che
faceva preferire l’impiego di statue se moventi nel
ruolo di Cristio la Vergine ecc. era determinato dal
maggioe peso che relizzava l’attore fabulante nel
presentare il dramma prestando le voci e i gesti ai
personaggi,
pubblico
commentando
spesso
in
e
tono
rivolgendosi
al
provocatorio
e
trascinandolo in una straordinaria commozione.
Le sculture venivano agite quasi a vista da aiuti
di scena, il fabulatore, muovendosi come un
buttafuori tra quei personaggi indicativi, riusciva
così a meglio sottolineare la passione del figlio di
Dio e quasi in contrappunto il dramma della
condizione umana la disperazione, la fame, il
dolore.
Ho insistito su questo tema delle macchine teatrali,
proprio perché la giullarata che reciterà ora Franca
ne prevede l’impiego, cioè l’entrata in scena di una
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statua sè movente che raffigura la Madonna col
suo bambino in braccio. Con lei nell’azione
drammatica, abbiamo una donna pazza che tiene
tra le braccia, avvolto in uno scialle, un agnello.
Ecco perché, poco fa, vi avevo fatto notare
quell’immagine delle Fiandre, in cui si vede una
donna con un agnello tra le braccia. Si tratta della
stessa situazione drammatica che vi presenteremo
tra poco: una madre, alla quale hanno ammazzato
il bimbo durante la strage degli innocenti che per il
dolore è impazzita. La donna che ha perso la
ragione, ha raccolto in un ovile un agnello, se l’è
preso in braccio e va intorno dicendo ad ognuno
che quello è suo figlio sfuggito alla strage.
L’allegoria è chiara: l’agnello è l’“Agnus Dei”, il
figlio di Dio, quindi questa donna è anche la
Vergine.
Questo doppio ruolo di folle-Madonna è molto
antico, risale addirittura ai greci attici; alla madre,
fuori di senno, è concesso di pronunciare discorsi
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che un’attrice nel ruolo di Maria non può
nemmeno permettersi di accennare.
E’ così che, con l’alibi della follia, la pazza
pronuncia insulti contro il Padre creatore. Essa
dice a gran voce: “...potevi tenertelo presso di te
tuo figlio, se doveva costarci tanto patimento,
tanto dolore!” E continua per lungo tratto su
questo tono.
È certo la più grande bestemmia mai udita in una
rappresentazione sacra.
Con questo espediente scenico, i fedeli di certe
comunità, il cui pensiero ricorda quello di certi
movimenti
catari,
contestano
duramente
il
Padreterno per aver favorito alcune classi sociali a
tutto detrimento della stragrande maggioranza
degli uomini, costretti in una insostenibile
condizione sfruttamento, di ingiustistia e disperata
miseria.
Al contrario Gesù Cristo, non solo è ben accetto,
ma
addirittura
amato,
applaudito
come
un
liberatore. E’ il Dio che si fa uomo e viene sulla
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terra a ridare speranza, ad offrire la primavera e
soprattutto, la dignità. Il discorso della dignità è, in
queste storie del popolo, riproposto
quasi a
tormentone, con un’insistenza incredibile.
Andremo ora a rappresentare “La Strage degli
innocenti. Devo indicarvi soltanto un particolare: il
linguaggio. Il linguaggio, il dialetto, ovvero il
volgare parlato nella piana del Po dal secolo XIII
al XV. L’attore o l’attrice che recitavano quelle
giullarate sacre o profane andavano deambulando
di paese in paese seguendo l’iter delle varie fiere e
delle sagre religiose. E’ risaputo che il volgare di
una vasta regione come la Padania non fosse
assolutamente omogeneo tanto che i giullari per
farsi intendere ogni volta erano costretti ad
adattare il testo inserendo termini del luogo onde
rendere più accessibile la loro parlata.
Ma
quell’espediente era spesso insufficiente quindi i
comici vaganti cominciarono ad inventarsi una
lingua paspartou. Si trattava di una specie di
linguaggio
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franco
composto
da
espressioni
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mutuate da vari dialetti e anche da diversi idiomi:
provenzale, catalano e perfino latino. Ma la chiave
di volta di questa parlata del tutto teatrale era
esaltata dalla onomatopeica. Cioè, si sceglievano
espressioni che già nel suono e nella ritmica
alludevano
chiaramente
ad
un
determinato
concetto o situazione. Esempio: casa squarrata,
caduta a spiccicata, femmina sgualdrappona.
A proposito di espedienti linguistici, vi propongo
l’aneddoto che vede protagonista una ragazza
illibata che si ritrova tra le braccia di un uomo del
quale è follemente innamorata. La giullarata è del
XIV secolo ed è narrata da un giullare di Bologna,
che ci presenta la fanciulla decisa a far l’amore con
l’uomo che ama, ma al momento dell’amplesso
appassionato, ecco che la giovane si blocca, di
colpo ha paura, teme la violenza dell’amplesso.
Tende le braccia, allontana l’uomo da sé e dice
tremante:
“Te pregi, no’ me tocàr a mi,
che mi fiòla son,
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puta son,
zóvina son,
tosa son et garsonètta”.
In poche parole ha ripetuto senza fiato in cinque
idiomi diversi: sono ragazza sono ragazza sono
ragazza sono ragazza sono ragazza. Questo
espediente è chiamato iterazione ma non produce
solo il vantaggio di farsi meglio intendere, produce
anche l’effetto quasi lirico di caricare d’ansia la
situazione drammatica.
Abbiamo accennato poco fa all’impiego dei battuti
nelle sacre rappresentazioni. Spesso questi cantori
che si flagellavano a ritmi ossessivi avevano anche
l’incombenza di introdurre i vari brani tragici o
grotteschi con brevi litanie che eseguivano anche
durante le pause tra un’azione e l’altra del
dramma; soprattutto le loro grida timbrate dai
tamburi chiudevano ogni sequenza tragica e la
commentavano. Esempio particolare è questo
frammento, musicalmente simile a quello che già
conoscete,
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che
introduce
“La
strage
degli
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innocenti”. I battuti si frustavano con violenza ma
ogni flagellante teneva nascosta in pugno una
spugna inzuppata in una broda di color rosso, al
momento della frustata fingendo di asciugarsi
spruzzava sul dorso il liquido vermiglio. Alcuni
penitenti al loro primo ingaggio tra i battuti si
colpivano col flagello per davvero, con violenza
inaudita; vero era il loro urlo di dolore e autentico
lo sgorgar del loro sangue. Sotto i loro capucci i
veterani
della
scompiscio.
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frappata
sghignazzavano
allo
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LA STRAGE DEGLI INNOCENTI
CORO DEI BATTUTI
Ohioihi… batì’, batìve!
Ehiaiehieh!
Cont dulüri e cont laménti
par la straze d'innozénti,
innozént mila fiolìt
i han scanà ‘mé pegurìt,
da le mame stralunàdi
ól Re Erode i ha scarpàdi.
Ohioihi… batì’, batìve!
Ehiaiehieh!
Ahaiaiheih!
(In falsetto acuto) Ahiaeeeee!
In scena troviamo due soldati e una donna. I
soldati stanno per ucciderle il figlio.
PRIMA MADRE 'Sasìn... pòrch... no' tocà ól me
fiòl.
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PRIMO SOLDATO Làsel andà... mòla 'sto fiòl o
at taj le mane... at dagh 'na pesciàda in la panza...
mòla!
DONNA (disperata) Nooo! 'Màsum a mi pitòst...
(Il soldato riesce a strapparle il bimbo dalle
braccia e lo uccide: urlo terribile della madre)
Ahaaa... ahaa... at m'l'hàit ‘masàt, cupàtt. (La
donna allucinata, esce di scena, piangendo
disperatamente, tenendosi stretto al petto il
bambino sgozzato).
Entra un'altra donna, tiene tra le braccia, un bimbo
completamente avvolto in uno scialle.
PRIMO SOLDATO Oh, t'en chi 'n'óltra... Férmet
dóa at sèit, dòna!, o v'infìlzi a tüti e dòi... ti e ól
bambìn!
SECONDA MADRE
Infìlzegh püra, che mi a
prefèrzo...
SECONDO SOLDATO No' far la mata... at sèit
ancmò zúina ti e at hàit ól témp de sfurnàn 'n'altra
dunzéna de fiolìt... Dam chi quèl... fa' la brava...
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Il soldato tenta di strapparle il bimbo
SECONDA MADRE No! Giò 'sti sciampàsc de
doss! (Gli morde una mano).
SECONDO SOLDATO Ahio... a te sgagni eh... e
alóra cata quèst... (le appioppa un violento ceffone)
e mòla 'stu fagòtt!
SECONDA MADRE (difende disperatamente il
bambino) Pità, at prégi... no'l mé masàl... at dagh
tüt quèl che a gh'ho...
Il soldato riesce a strappare il fagotto che la donna
tiene tra le braccia, nella colluttazione, lo scialle
cade a terra e l’uomo si ritrova fra le mani un
agnellino.
SECONDO SOLDATO Ohj, ma se l'è quèst?! Un
pegurìn... un berìn?!
SECONDA MADRE Oh sì, non l'è un bambìn, a
l'è un berìn... mi ne' gh'ho gimài aüdi de bambìn...
no' so' capàze, mi. (Implorante) Ohj te prégi,
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soldàt, no' masàrme 'sto berìn... che non l'è ancmò
Pasqua... e at farìet gram pecàto se at m'lo masi!
SECONDO SOLDATO Oh, dòna! Ti me vòl tòr
par ól de drio o ti è mata de cuntra?
SECONDA MADRE Mi mata? No che no'l son
mata.
PRIMO SOLDATO Végn óltra, làsegh ól berìn...
(il secondo soldato restituisce l'agnello alla
madre) che quèla a l'è vüna che ól s'è ruersà ól
çervèl par ól dulür che gh'èm cupàt ól fiolìn. (Il
secondo soldato si porta le mani al petto e si
preme lo stomaco) 'S'te cata? Meuvete, che agh
n'èm ancmò una gran mügia de scanà.
SECONDO SOLDATO Pècia... ch'am vègn de tra
sü...
PRIMO SOLDATO Bela forza! At màgnet 'mé 'na
vaca: scigùli, muntùn salàdi e poe... Vègn chi al
cantùn… gh'è 'n'ostaria... at fagarò bévar un bel
grapòt.
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SECONDO SOLDATO No, no' l'è par ól mangià!
A l'è par 'stu macèl, ‘sta becarìa de fiulìt ch'èm tràit
in pie, che ól me s'è ruersà el stómegh.
PRIMO SOLDATO
Se ól savévet d'es inscì
delicàt, no' te dovévet 'gnì a fà 'stu mesté d'ól
suldàt.
SECONDO SOLDATO Mi eri 'gnüd suldàt par
masàr òmeni nemìsi...
PRIMO SOLDATO E magari per sbatascià anca
quài dòna ruèrsa sul paión... eh?
SECONDO SOLDATO Bòn, se la capitava... ma
sémper dóna di nemìsi!
PRIMO SOLDATO E scanàgh ól bestiàm...
SECONDO SOLDATO Ai nemìsi!
PRIMO SOLDATO Brüsàgh le case... copàgh i
vègi... le gaìne... e i fiulìt. Fiulìt sémpar di nemìsi!
SECONDO SOLDATO Sì, anca i fiulìt... ma in
guèra! In guèra non l'è desunùr: agh son le trombe
che e sòna, i tamburi che i pica e cansón de batàja
e i bèi paròli d'i capitani a la fin!
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PRIMO SOLDATO Oh, anca par 'sto macèl ti
gh'avrà d'i bèi paròli d'i capitani!
SECONDO SOLDATO
Ma chì, as masa di
inozénti!
PRIMO SOLDATO E perchè, in guèra no' i sont
tüti inozénti? Cosa t'han fàit a ti, quèi? T'han fàit
quajcòsa 'sti poveràz che at cópett e at scani col
sonàr de e trombe? (Sul fondo scorre il manichino
raffigurante la Madonna col bambino) Ch'am
s'débia sguerciàr i ögi se quèla no' a l'è la Vérzen
Maria col so' bambìn che sèm óltra a cercà!
'Ndémegh a prèss inànz che la ghe scapa...
meuvete che '‘sta volta agh caterémo ól prémi, ch'a
l'è gròso!
SECONDO SOLDATO
No' al vòj 'sto prémi
sgaróso, sporcelénto...
PRIMO SOLDATO Bòn, al catarò mi ad zólo!
SECONDO SOLDATO
No, ne manco ti ól
catarét... (Gli sbarra la strada).
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PRIMO SOLDATO Ma ti è 'gnüdo mato? Làsame
pasàr, che gh'èm l'órden de masàrghe ól so' fiòl a
la Vérzen...
SECONDO SOLDATO Agh caghi su l' òrden mi!
No' bogiàrte de lì lòga che at stciùnchi!
PRIMO SOLDATO Disgrasiàd... no' t'è an' mò
capìt che se quèl bambìn ól resterà in vita, ól 'gnirà
lü ól re de Galilea al pòst d'ól'Erode... che gl'hài dit
la profezia, quèl!
SECONDO SOLDATO
Agh caghi anco su
l'Erode e la profezìa, a mi!
PRIMO SOLDATO At gh'hàit besógn de 'ndà de
corpo, minga de stòmegh te, alóra... Fate in d'una
part e láseme pasàre... che mi no' vòi perd ól
prémi, a mi!
SECONDO SOLDATO No, ghe n'hàit abàsta de
vidè amasàr fiulìt!
PRIMO SOLDATO Alóra ól sarà pejòr par ti! (Lo
trafigge con la spada).
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SECONDO SOLDATO
(si porta le mani al
ventre) Ohia... ch'at m'hàit cupàt... Disgraziàt... at
m'hàit sfondàde le buèle.
PRIMO SOLDATO
Am rincrèss... at sèt stàit
impròpi un tarlòch... mi no' vorsévi miga...
SECONDO SOLDATO Am pisa ól sàngu da part
tüt... Oh mama... mama... indùa at sètt, mama... ól
vègn scür... hàit frèc, mama... mama... (Cade a
terra, morto).
PRIMO SOLDATO No' l'hao cupàt mi... quèst a
l'èra già cadàver in dól mumént che l'ha scomenzà
a 'vegh pità: "Suldàt ch'ól sént pità a l'è già bèlo
morto cupà!" ól dis anca ól proverbio! E 'ntànt ól
m'ha fàit pèrd l'ocasión de catà la Vérzen col
bambìn!
Mentre il soldato se ne va trascinando il cadavere
del suo compagno, viene fatto scivolare in scena il
manichino che rappresenta la Madonna. Alle sue
spalle entra la pazza con l'agnello tra le braccia
avvolto nello scialle.
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Il coro dei battuti riprende, sommesso, il
suo
lamento
CORO DEI BATTUTI
Ohioihi batì’, batìve!
Ehiaiehieh!
Cont dulüri e cont laménti
par la straze d'innozénti,
innozént mila fiolìt
i han scanà ‘mé pegurìt,
da le mame stralunàde
ól Re Erode i ha scarpàdi.
Ohioihi batì’, batìve!
Ehiaiehieh!
SECONDA MADRE
(si rivolge al manichino
della Madonna) No' scapìt, Madona... no' curìt…
no' catév pagüra che mi no' sont un soldàt... sunt
‘na dòna... ‘na mama anch'mi col mé bambìn...
Scondìv chi lòga tranquìla, che i suldàt i sont
andàit via... No' gh’avìt pagüra… l'è fornìto ól
masàcro, l'è fornìto ól masèlo… No' plangìt, no'
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trambìt… Sentéve, pòra dòna, che n'avìt fàito d'ól
curìr... Fèime vardà ól vostro fiolì'... Oh ‘mé l'è bèl
et culorìt! Bèlo, bèlo... ‘mé l'è alégher... Ma che
fàcia sempàtega che ól gh'ha! Ne farà de strada
quèsto, cara! Quant témp ól gh'ha? Ol dév avérghe
giùsta ól témp d'ól mé... ‘Mé ól gh'ha nom? Jesus?
L'è un bèl nom! (Al bambino) Jesus! Bèlo bèlo...
Jesulìn... ól gh'ha già dòi dencìt! Ohi che
simpàtech! Ol mé n'ól gh'ha ancmò fàit i dénci... l'è
stàito un pòch malàd ól mes pasàt, ma adés ól ‘sta
bén... l'è chì che ól dòrma pròpi ‘mé un angiulìn...
(lo chiama) Marco? (A Maria) Ol gh'ha nóm
Marco... ól dorma pròpi de güst! (Al figlio) Oh
cara, ‘mé t'sét bèl! Sét bèl anca ti Marcolìn! (Alla
Madonna) L'è anca vera che nojàltre mame a sèm
fàit in d'una manéra che anco se ól nòster fiolìn ól
gh'ha qualche difècto... nünch, no' l' vidèm miga.
Agh vòj tanto de quèl bén a 'sto bestiolìn, che se
m'al purtàsen via a 'gnirìa mata!
Se agh pénsi al grand dulùr… stremìzi che gh'ho üt
stamatìna, quand che mé sont desvegiàta… ho
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sentìt criàre… sont andàda a la cüna e la gh'ho
truvàda svöja… piéna de sàngu e ól mè fiulìn ól
gh'éra piú... e gh'ho sentìt criàre… plorìr e plangi
de foravìa… sunt andàda coréndo a la porta… in la
strada a gh’éra suldàt che scanàva fiulìt… matri
che chiagnéva desperàt… e sangu… sangu d
‘partüto! "Me l'hann masàito! Me l'hann masàito ol
mé fiulìn! - me son metùa a vusà stramortìta… Me l'hann masàito!"
Par fortüna che no' l'éra vera nagòt... che a l'éra
domà un sógn… ma mi n'ól savévi miga che a l'éra
un sógn… tant che de lì a pòch mé sont desvegiàda
ancmò sota l'impresiün d'ól 'sognamént, e tüta
desesperàda che parévi 'na mata, sunt andàda de
föra in d'la curt e gh'ho scomensà a biastemà
contra al Segnür: "Deo treménd e spietàt - agh
criàvi - at l'hàit comandàt ti 'sto 'mazamént... a
l'hàit vorsüdo ti 'sto sacrifìzi in scambi de fagh 'gni
giò ól to' fiòl: mila fiolìt scanàt par vün de ti! Un
fiüm de sàngu par 'na tasìna! T'ól podévet bén
tegnìl in prèsa a ti, 'sto fiòl, se agh duéva costàrghe
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tanto sacrifìzi a nunch pòver crist... Oh, at 'gnirà a
cumprénd in fin anca ti, se ól veur di' crepàr de
dulùr in t'ól dì che 'gnirà a murìte ól fiòl in su la
cróse. At 'gnirà anca a comprénd infìna co l'è stàit
ben grand treménd castigo che t'hàit picàt a i
òmeni in eterno... (Accorata) Patre… no' ti è bòn,
ti… no' ti è padre! Che niùno patre in sü la tèra no'
gh'avarìa gimài üt ól coeur de 'mpórghe a un so’
fiòl l’incrusàda… per quant c'ól fudèss malvàz."
Ero smarìta, Madona… mé capìt?…
Biastemàvo
parchè
no'
ól
savéve…
Ero
immatìda… De bòt… mé son sentìda ciamàr dal
mé fiolìn… ho voltà là i ögi e dénter a l’uvìl, in
mèz a i pegurì, ho descovèrto ól mé bambìn che ól
piagnéva! Mé ciamàva: "Bèèè, bèèèè…" ‘mé 'na
pégura… A l'éra el mè fiulìn! De sübet agh l'ho
recognosüd... Sun cùrsa in de l'ovìl… Ma cossa el
ghé faséva el mè fiolìn tra i pegùr?! A l’éra lì lòga,
gatóni… ingrupàt… L'hàit catàt in ti brazi... l'ho
stringiùo… l'ho basàt… e ho scomensà a piàngere
de consolaziùn: "At domandi pardon Segnur
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misericurdiùs par 'sti brüti paròli che t'hàit criàti,
che mi no' le penzàva miga... che o l'è stàit ól
diàvul... sì, ól è stàit ól diàvul a sugerìmei! Ti è
tanto bòn, Segnur, che te ml'hàit salvàd ól fiòl de
mi!... E ti gh'ha fàit de manéra che tüti ól ciàpa par
ün pegurìn-berìn veràz. E anco i soldàt no' se n'
incòrge miga e am lo làseno campare!”
Dovarò giüsta stagh aténta… in campana, in t'ól dì
che 'gnirà la Pasqua, che quèl a l'è ól témp che as
masa pegurìt-berìn compàgn che incoeu bambìn.
A 'gniràn i becàri, i maselàri a cercàmel... ma mi
agh metarò 'na scufièta in su la crapa e ól faserò
tüto de pèssa... in manére che ól scàmbia per un
bambìn. Ma a près, de sübet, a varderò bén che
n'ól débian recognósarlo gimài plú, par un
bambìn... anze, ól menarò a pascolare e agh fagarò
'mparàre a magnàr l'erba in manéra che ól
sembrerà... par tüti un pegurìn... imparchè ól
vegnirà plu fazile, a 'sto mé fiòl, campàr de pégura,
che non d'òmo, in 'sto mundo infamàt! (Cambia
tono) Oh, ól s'è desvegià... ól ride! Vardìt, Madona
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se no' l'è bèl de catà ól mé Marcolìn... (La donna
scosta
lo
scialle e mostra
alla
Madonna
l’agnellino che tiene tra le braccia. La Vergine ha
un malore) Oh Madona, av sentì mal? Cossa hai
fàìto?… Parchè trambìt, parchè gh'avìt pagüra
Madona?… No' ghè nisciuno… i soldat i son
andàit via… ól gh'è el sole che l'è covèrto de
nìvole… vegnirà a piòver e tüto el sangu che gh'è
par tèra ól se laverà Madona… Suridéme Maria…
suridéme… Oh, surìd anca ól fiolìn caro…
Varda… bèlo! Jesulìn?… Ol gh'ha vója de
durmì… Anca ól mé ól gh'ha sògno… I niném
insémbia Maria? Voi niné el vostro e mi nino el
méo… i ninémo insèmbia tüti e dòi… li fémo
dormire…
Vòj
cantare
Madona?
l'agnello canta)
Nana, nana,
bel bambìn de la tua mama.
La Madona la ninava
'tant che i àngiuli cantava,
San Giusep in pie ól dormiva,
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(Cullando
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e Gesù bambìn rideva
e l'Erode ól biestemàva,
mila fiolìt in zel volava,
nana, nana…
nan, nana…
Mentre si abbassa lentamente la luce, alla voce
della madre si sovrappone il canto dei battuti.
CORO DEI BATTUTI
Ohioihi… batì’, batìve!
Ehiaiehieh! Cont dulüri e cont laménti
par la straze d'innozénti,
innozént mila fiolìt
i han scanà ‘mé pegurìt,
da le mame stralunàdi
ól Re Erode i ha scarpàdi.
Ohioihi… batì’, batìve!
Ehiaiehieh!
E fàite laude al Segnore
che tanto pietoso l’è de core,
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da far sortìr de çervèllo i desesperàdi
che pi’ no’ réze per ól grand dolore!
Ohioihi… batì’, batìve!
Ehiaiehieh!
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LA STRAGE DEGLI INNOCENTI
Traduzione
CORO DEI BATTUTI
Ohiohi battete, battetevi!
Eheiaiehieh!
Con dolori e con lamenti
per la strage degli innocenti,
innocenti mille bimbetti,
li han scannati come capretti,
dalle mamme stralunate
re Erode li ha strappati.
Ohiohi battete, battetevi!
Ehiaiehieh!
DONNA Assassino... porco... non toccare il mio
bambino.
PRIMO SOLDATO Lascialo andare... molla 'sto
bambino o ti taglio le mani... ti do un calcio nella
pancia... molla!
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DONNA
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Nooo! Ammazza me piuttosto... (Il
soldato le strappa il bambino e lo uccide) Ahia...
ahaa... me lo hai ammazzato, accoppato. (La
donna disperata esce di scena)
Entra un'altra donna, tiene tra le braccia un bimbo
completamente avvolto in uno scialle.
SECONDO SOLDATO Oh, eccone qui un'altra...
Fermati dove sei, donna... o v'infilzo tutte due... te
e il tuo bambino!
MADRE Infilzaci pure, che io preferisco...
SECONDO SOLDATO
Non far la matta... sei
ancora giovane tu e hai il tempo di sfornarne
un'altra dozzina di bambini... Dammi qui quello...
fa' la brava.
Il soldato tenta di strapparle il bambino.
MADRE No... giù queste zampacce di dosso (Gli
morde una mano).
SECONDO SOLDATO
Ahia... mordi eh... e
allora prendi questo (le appioppa un gran ceffone)
e lascia 'sto fagotto!
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MADRE
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(La donna difende disperatamente il
bimbo) Pietà, ti prego... non ammazzarmelo... ti do
tutto quello che ho.
Il soldato riesce a strappare il fagotto che la donna
tiene tra le braccia e si ritrova fra le mani un
agnello.
SECONDO SOLDATO Oh, ma cos'è questo?! Un
pecorino... un agnellino...?
MADRE
Oh sì, non è un bambino, è un
pecorino... io non ho mai avuto bambini... non
sono capace, io. Oh ti prego, soldato, non
uccidermi questo agnello... che non è ancora
Pasqua... e faresti un grande peccato se me lo
ammazzi!
SECONDO SOLDATO
Oh, donna! Mi vuoi
prendere per il didietro... o forse sei matta?
MADRE Io matta? No che non sono matta!
PRIMO
SOLDATO
Vieni
via,
lasciale
l'agnello...(il secondo soldato restituisce l'agnello
alla madre) che a quella si è rovesciato (stravolto)
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il cervello... per il
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dolore che le abbiamo
accoppato il figlio. (Il secondo soldato si porta le
mani all’addome e se lo preme) Cosa ti prende...
muoviti, che ne abbiamo ancora una gran nidiata
da scannare.
SECONDO SOLDATO Aspetta... che mi viene da
vomitare...
PRIMO SOLDATO Bella forza! Mangi come una
vacca: cipolle, montone salato e poi... Vieni qui
all'angolo, c'è un'osteria... ti farò bere un bel
grappotto.
SECONDO SOLDATO
No, non è per il
mangiare! È per questo macello, questa scannatoio
di bambini che abbiamo messo in piedi, che mi si è
rovesciato la stomaco.
PRIMO SOLDATO
Se sapevi di essere così
delicato non dovevi venire a fare questo mestiere
del soldato.
SECONDO SOLDATO Io ero venuto soldato per
uccidere uomini nemici...
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PRIMO SOLDATO E magari anche per sbattere
riversa qualche donna sul paglione... eh?
SECONDO SOLDATO
Beh, se capitava... ma
sempre donna di nemici!
PRIMO SOLDATO E scannargli il bestiame...
SECONDO SOLDATO Ai nemici!
PRIMO
SOLDATO
Bruciargli
le
case...
uccidergli i vecchi... le galline e i bambini...
Bambini sempre di nemici.
SECONDO SOLDATO Sì, anche i bambini... ma
in guerra! In guerra non è disonore: ci sono le
trombe che suonano, i tamburi che rullano e
canzoni di battaglia e le belle parole dei capitani
alla fine!
PRIMO SOLDATO Oh, anche per questo macello
avrai delle belle parole dai capitani.
SECONDO SOLDATO Ma qui, si ammazzano
degli innocenti!
PRIMO SOLDATO E perché, in guerra non sono
tutti innocenti? Cosa hanno fatto a te quelli?
T'hanno fatto forse offeso a sangue quei poveracci
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che uccidi e scanni col suono delle trombe? (Sul
fondo
scorre
il
manichino
raffigurante
la
Madonna col bambino).
PRIMO SOLDATO Che mi si possano accecare
gli occhi se quella non è la Vergine Maria col suo
bambino
che
stiamo
cercando!
Andiamole
appresso, prima che ci scappi... muoviti, che
questa volta prenderemo il premio, che è grosso.
SECONDO SOLDATO Non lo voglio 'sto premio
schifoso, infame!
PRIMO SOLDATO Bene, lo accatterò
io solo!
SECONDO SOLDATO
No, neanche tu te lo
pigli... (gli sbarra la strada).
PRIMO SOLDATO Ma sei diventato matto?
Lasciami
passare,
che
abbiamo
l'ordine
di
ammazzare il figlio suo alla Vergine...
SECONDO SOLDATO Ci cago sull'ordine io!
Non muoverti da lì o ti stronco!
PRIMO SOLDATO Disgraziato... non hai ancora
capito che se quel bambino resterà in vita,
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diventerà lui il re di Galilea al posto di Erode... che
gliel'ha detto la profezia, quello!
SECONDO SOLDATO Cago anche su l'Erode e
la profezia, io!
PRIMO SOLDATO
Hai bisogno di andar di
corpo tu, mica di stomaco, allora... Vai in un prato
e lasciami passare... che non voglio perdere il
premio, io!
SECONDO SOLDATO No, ne ho abbastanza di
veder accoppare bambini!
PRIMO SOLDATO Allora sarà peggio per te! (Lo
trafigge con la spada)
SECONDO SOLDATO (Si porta le mani al
ventre) Ahia... che mi hai fottuto... Disgraziato...
mi hai sfondato le budella...
PRIMO SOLDATO
Mi rincresce... sei stato
proprio un tarlocco (coglione)... io non volevo...
SECONDO SOLDATO
Mi piscia il sangue
dappertutto... oh mamma... mamma... dove sei,
mamma... Viene scuro... ho freddo, mamma...
mamma... (Cade a terra, morto)
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PRIMO SOLDATO
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Non l'ho accoppato io...
questo era già cadavere al momento che ha
cominciato ad avere pietà. "Soldato che sente pena
è già disteso sulla schiena!" lo dice anche il
proverbio!
E
intanto
mi
ha
fatto
perdere
l'occasione di acchiappare la Vergine col bambino.
I battuti riprendono la litania della strage. Il
soldato esce trascinandosi via il cadavere del
compagno.
Lentamente, portandosi in proscenio entra il
manichino della Madonna, seguita dalla pazza che
tiene l’agnello nascosto deréntro lo scialle.
CORO DEI BATTUTI
Ohiohi battete, battetevi!
Eheiaiehieh!
Con dolori e con lamenti
per la strage degli innocenti,
innocenti mille bimbetti,
li han scannati come capretti,
dalle mamme stralunate
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re Erode li ha strappati.
Ohiohi battete, battetevi!
Ehiaiehieh!
MADRE Non scappate Madonna… non correte...
non abbiate paura ché io non sono un soldato...
sono una donna... una mamma anch'io... col mio
bambino... Nascondetevi qui tranquilla, che i
soldati sono andati via... Non abbiate paura… è
finito il massacro, è finito il macello. Non
piangete, non tremate... Sedetevi povera donna che
ne avete fatto del correre!... Fatemelo guardare il
vostro bambino… Oh, com'è bello e colorito!
Bello, bello... come è allegro... Ma che faccia
simpatica che ha! Ne farà di strada questo, cara!
(A Maria) Quanto tempo ha? Deve avere giusto il
tempo del mio... Come ha nome? Gesù? È un bel
nome!
(Al
bambino)
Gesù!
Bello,
bello...
Gesulino... Ride… ha già due dentini... Ohi, che
simpatico! Il mio non li ha ancora fatti (messi) i
denti... è stato un po' malato il mese passato
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(scorso), ma adesso ‘sta bene... è qui che dorme
proprio come un angiolino... (Lo chiama) Marco?
Ha nome (si chiama) Marco... dorme proprio di
gusto! Oh cara, come sei bello! Sei bello anche tu
Marcolino! (Alla Madonna) È anche vero che
noialtre mamme siamo fatte in una maniera che
anche se il nostro bambino ha qualche difetto...
noi, non lo vediamo mica. Voglio tanto di quel
bene a 'sto bestiolino, che se me lo portassero via
diventerei matta!
Se penso al grande dolore... allo spavento che ho
avuto questa mattina, quando mi sono svegliata…
ho sentito gridare… sono andata alla culla e l'ho
trovata vuota… piena di sangue e il mio figliolino
non c'era più... E ho sentito gridare i soldati fuori
nella strada… sono corsa… madri che piangevano
disperate… e bambini scannati… "Me l'hanno
ammazzato! Me l'hanno ammazzato!"
Per fortuna che non era vero niente... che era solo
un sogno, ma io non sapevo... tanto che di lì a
poco mi sono svegliata ancora sotto l'impressione
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del sogno, e tutta disperata che sembravo una
pazza, sono andata fuori nella corte e ho
cominciato a bestemmiare contro il Signore: "Dio
tremendo e spietato - gli gridavo - l'hai comandato
tu 'sto ammazzamento... l'hai voluto tu questo
sacrificio in cambio di far venir giù (scendere) tuo
figlio: mille bambini scannati per uno tuo! Un
fiume di sangue per una tazzina! Potevi ben
tenerlo vicino a te, 'sto figlio, se doveva costare
tanto sacrificio a noi poveri cristi... Oh, verrai a
comprendere alla fine anche tu, cosa vuol dire
crepare di dolore, nel giorno che verrà a morirti il
figlio sulla croce! Arriverai anche a comprendere
infine che è stato ben gramo e tremendo castigo
che hai imposto agli uomini in eterno!
Padre… non sei buono, tu... Non sei padre!
Ché nessun padre sulla terra non avrebbe giammai
avuto il cuore d'imporre ciò a un suo figlio, per
quanto fosse malvagio!"
Ero smarrita Madonna... mi capite? Bestemmiavo
perché non sapevo… ero impazzita (fuori di testa)!
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Di colpo, ho voltato là (girato) gli occhi e deréntro
l'ovile, in mezzo alle pecore, ho scoperto il mio
bambino che piangeva! Mi chiamava: "Beeeee,
beeee…" come un
agnello… era mio figlio!
Subito l'ho riconosciuto... Sono corsa nell'ovile…
ma cosa ci faceva il mio bambino tra le pecore?
Era lì "gattoni"… L'ho preso tra le braccia... l'ho
stretto… l'ho baciato… e ho cominciato a piangere
di consolazione: "Ti domando perdono Signore
misericordioso per 'ste brutte parole che t'ho
gridato, che io non le pensavo mica... ché è stato il
diavolo… sì, è stato il diavolo che mi sta sempre
qui… appiccicato all’orecchio… è stato lui a
suggerirmele! Tu sei tanto buono, Signore, che mi
hai salvato il figlio mio!... E hai fatto in modo che
tutti lo scambino per un agnello-pecorino, verace.
E anche i soldati non se ne accorgono mica, e me
lo lasciano campare!
Dovrò giusto stare attenta, in campana, nel giorno
che verrà la Pasqua, ché quello è il tempo che si
ammazzano agnelli-pecorini come oggi bambini.
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Verranno i macellai a cercarmelo... ma io gli
metterò una cuffietta in testa e lo fascerò tutto con
le pezze... in modo che lo scambino per un
bambino. Ma appresso, subito, guarderò bene che
non lo debbano riconoscere mai più per un
bambino... anzi, lo porterò a pascolare e gli farò
imparare a mangiare l'erba in modo che sembrerà...
a tutti un pecorino... perché verrà (sarà) più facile,
a 'sto mio figlio, campare da pecora, che non da
uomo, in 'sto mondo infame!"
Oh, si è svegliato... ride! Guardate Madonna se
non è bello da cogliere ('cogliere' come fosse un
fiore) il mio Marcolino... (La donna scosta lo
scialle e mostra alla Madonna la pecorella. La
Vergine ha un malore) Oh, Madonna, vi sentite
male? Cosa vi capita? Perché tremate? Perché
avete paura Madonna?… Non c'è nessuno… i
soldati sono andati via... c'è il sole che è coperto
dalle nuvole… verrà a piovere e tutto il sangue sui
muri e per terra sarà lavato Maria!
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Sorridetemi Madonna, sorridetemi… Oh, sorride
anche
il
bambino
caro…
Guarda...
Bello!
Gesulino… Ha voglia di dormire… anche il mio
ha sonno… Li ninniamo insieme Maria? Li
ninniamo insieme tutti e due... Vuoi cantare
Madonna? (Cullando l'agnello canta)
Nanna, nanna
bel bambino della tua mamma.
La Madonna cullava
intanto che gli angeli cantavano,
San Giuseppe in piedi dormiva,
il Gesù bambino rideva
e l'Erode bestemmiava,
mille bambini in cielo volavano,
nanna, nanna!
A coprire il canto della pazza sale lentamente il
coro dei battuti.
CORO DEI BATTUTI
Battetevi, battetevi,
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con dolore e con lamenti
e fate grazia al Signore
tanto misericordioso
da far uscir di cervello i disperati
che regger non posson il dolore!
E fate laude al Signore
che tanto è pietoso di cuore
da far sortir di cervello i disperati
che non ce la fanno a reggere
per il grand dolore!
Ohiohi battete, battetevi!
Eheiaiehieh!
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MORALITA’ DEL CIECO E DELLO STORPIO
La moralità del cieco e dello storpio. Abbiamo
mostrato in più occasioni come nell’antico teatro
popolare, testi con numerosi ruoli venissero
realizzati da singoli giullari che interpretavano,
uno appresso l’altro, tutti i personaggi dell’opera.
Anche nel contrasto che andremo tra poco ad
eseguire troviamo due giullari interpretati da un
solo mimo-recitante (viene proiettata la lastrina n.
9). Ma spesso, nel medioevo, in particolare questo
contrasto, veniva messo in scena facendo agire due
distinti protagonisti. Arturo Corso, da anni mio
collaboratore, ha infatti ripreso questa chiave in
Belgio, “l’aveugle et le boiteux” affidando i due
ruoli a due diversi interpreti della Compagnia
Fiamminga “Nuovelle Scène”: il gioco contrasto
tra cieco e storpio recitato in coppia funzionava a
meraviglia anche così.
È risaputo che le giullarate nel medioevo venivano
chiamate anche “moralità” e non a caso in questo
gioco grottesco affiora evidente un intento morale
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di altissimo valore. Il tema in questione è quello
della dignità del guadagnarsi la vita. La chiave
della storia è semplice, quasi elementare: un cieco,
abbandonato dal suo cane, si trova disperato in
mezzo alla strada senza sapere come muoversi,
chiede aiuto. Gli risponde d’appresso un infelice
come lui, si tratta di uno storpio che si trascina su
un carrettino; purtroppo le ruote incastrandosi
deréntro i solchi di una carreggiata, si sono
spezzate, così a sua volta chiede aiuto. Il cieco
allora pilotato a voce dal compagno di sventura lo
raggiunge, ha un’idea davvero geniale: si caricherà
sulle spalle lo storpio cosicché egli vedrà
attraverso gli occhi dello sciancato e l’altro
camminerà grazie alle gambe del cieco. Lo storpio
esulta per la stupenda trovata del compare e già
prevede la possibilità di indurre i passanti ad una
maggiore commozione nello scoprire quel tragico
connubio di infelici; quella visione li indurrà a
essere più generosi nell’offrire loro la carità!
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La versione che noi recitiamo è molto simile a
quella francese di André de la Vigne, autore
satirico della fine del ‘400. Se ne conoscono altre
numerose versioni, tutte con varianti diverse, ma
ognuna riprende il tema della dignità di cui
accennavamo poc’anzi. Quando i due scorgono da
fuori scena Cristo legato alla colonna e bastonato,
ne provano pietà. E da qui ha inizio il
capovolgimento della morale.
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MORALITÀ DEL CIECO E DELLO STORPIO
ORIGINALE
EINAUDI
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Versione per due giullari recitanti, nei due ruoli.
Il cieco sta sulla destra della scena. Lo sciancato è
in ginocchio sul lato opposto.
CIECO Aidème, bona zénte... fàiteme la carità, a
mi che son povarèto e
desgrasió, orbo de
dòj ögi, che, oh meno male, no’ me pòdo
vardàrme, che m' gh’avaría gran compassión e
vegnaría disperàt a amatìrme.
STORPIO Ohj zénte de còre, ahibèt pità de mi che
sont consciàt in la manéra che an dól vardàrme am
senti catàr de tanto spavéntu che voraría scapàr de
tüte giàmbe, se no’ fusse che sont storpiàt de no’
mòverme se no’ cont ól carèt.
CIECO (mima di andare a sbattere contro ad una
colonna) TOC! Ohj che no’ pòdi andà intórna che
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pichi a rebatóni co’ la crapa in tüti i culòni e in di
cantún... Aidème quajcün!
STORPIO Ohj che no’ sont pu’ capàze de ‘gnir via
de ‘sta caregiàda, che i me sont s’cepàde le ròde
del caretí’(n)… a ‘gnirò a crepare chí lòga de
fame, se no’ m'aída quajcün!
CIECO Gh'avévi un sí bravo cagnàso che ól me
scumpagnàva... ól m'è scapàd arénta a una cagna
in frégula... almànch mi credi che la sia stada
fèmena ‘sta cagna, che agh vedi miga mi e no’
pòdi es següro... ch'ól podría anch' ess stad un can
sporcèl viziùso, o un gato smorbióso che am l'ha
fàit inamuràt, ól me can. (Con tono sempre più
lacrimevole e lamentoso) Aidéme! Aidéme!
STORPIO Aída, aída... no’ gh'è njùno che gh’àbia
quatro ròde nòve da imprestàme pol mé caretí (n)?
Deo Segnor, fame la gràsia d’avérghe quatro ròde!
CIECO Chi è che s’laménta che ól vòle le ròde de
Deo?
STORPIO Sont mi quèl, ól s’ciancàt instorpiàt coi
ròdi s'cepàdi.
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CIECO Végna arénta de mi, da ‘sta óltra banda
d'la strada, che vedarò d’aidàt.No’ che no’ podarò
védar... almànch d'on miracolo. Ma ben, vedarèm!
STORPIO A no’ pòdo miga ‘gní lilò... Deo
maledìga toeti i ròdi del mundo e a faga ‘gní
quadràde che i no’ pòdan pu’ andà intorno a
rudulà.
CIECO Oh se as poderèse far de manéra de ‘gní
mi de drisàda infína a ti... stat següro, varda, che
agh staría fin a cargàrte in sora a e spale de mi tüto
intrégo… salvo le ròde e ól caretí (n)! Agh
strasfurmarèm int ’na criadüra sola de dòj che
sémo... e gh’avarièm satisfasión intràmboli. Mi
andaría intórna co’ i to ögi de ti e ti co’ i mé
giàmbi de mi.
STORPIO Ohj che pensàda! Dei avérghe on gran
zervèlo ti, piegn de ròde e rodèle. (Spalancando le
braccia verso il cielo) Ohj che el Segnur Deo m'ha
fàito la grasia de 'mprestàrme le ròde del to’
zervèlo per farme andare intùrna de nòvo a
dimandàr la carità!
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CIECO Sigúta a parlà che mé orisùnti... (si avvia)
Vagh ben in ‘sta diresiùn?
STORPIO Sí, végn tranchìll che at sièt sora la róta
ziùsta.
CIECO Par no’ topigàr a l'è mejòr che am büti
gatóni. Ehi, a vagh sémper de drita?
STORPIO ‘Pògia un pòch de manca... No!
Esageràt! Quèla a l'è una viràda... Büta l’àncura e
torna in drio… Bòn... föra i remi, sü le vele...
driza, driza... Ben, végn sigüro adès.
CIECO At m’hàit catàt per un galeón? Slùngame
una man quando at sont après.
STORPIO Ma té 'e slónghi tote e dòje e mane!
Végn, végn, bel fiolí’ de la tòa mama... ch'agh
sèt... No!... ‘craméntu! no’ andar via de derìva...
driza a la drita... Oh, ól mé barcón de salvatàgio!
CIECO At'hàit catàt? At se' ti, proprio ti?
STORPIO A sont mi quèl, o bel sguerción d’ori...
fat imbrasà!
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CIECO Agh stàit pu’ in d'la pèl d'la contentèsa,
caro ól mé sturpiàt! Végn che té carégo... móntame
su e spale...
STORPIO Agh monti sí... rivòltes a l'incontràri...
‘sta' bas con la s'céna... Issa! Agh son!
CIECO Ohj, no’ picàrme i ginögi in le reni... co’ ti
mé s'ciónchi!
STORPIO Perdóname... o l'è la préma voelta co
munti a cavalo, no’ ghe sont abituàt. Ohj ti, fagh
atensión
a
no’
sbortolàrme
de
sóto,
me
aricomàndo!
CIECO Stat següro che at tegnirò caro, compàgn
ch'at fudèset on sach de rape róse. Ti fame da
guida polìto pitòst... de no’ mandàrme a pestà i
buàgne di vacch.
STORPIO Fagarò atensiú’, va' schìscio. Pitòsto,
no’ ti gh'ha un fèro de casciàrte in bóca a fagh de
morso e un para de sìnghie ‘tacàde? Am saría plu
fàzile a menàrte intórna.
CIECO Oh ben: ti m'hàit catàt par un àsin? Ohjamí
come té péset! Come ól va che et cosí pesàntu?
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STORPIO Camìna... scunsüma miga ól fiàt...
(Felice, incitandolo)
Ahrii! Trota, me bel
sguerciòt, e fagh atensión che quand té tiri l'orègia
de manca, ti té duarèt voltar de manca... e quando
tiri...
CIECO Hàit capìt! Hàit capìt... sont miga un àsen.
Ohj! Boia, bèstia, at sèt tròp pesàntu!
STORPIO Pesàntu mi?... Ma ste dìset? Sont 'na
pluma... una parpàja!
CIECO Una parpàja de piombo, che se at lasi
burlàr par tèra at fàit un büso de trovàrghe l'acqua
sorgiva... sanguededìo! T'hàit magnà un incüden
de fèro a colasión?
STORPIO A ti se mato… a son dòj giorni che no’
magno.
CIECO Bòn, ma i saran purànco dòj mesi che no’
ti caghi!
STORPIO Ohj che sberlusciàdi: Deo me végna a
testimoni... a i sont sie die apéna che no’ i vagh de
corpo.
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CIECO Sie die? Dòi pasti almànco al ziorno ai
fano dódese covèrti. San Gerolamo protetór de i
fachìni… son drio a portàrme intórna un magaséno
de scorta par un ano de carestia. Am despiàse ma
mi at scarégo chi lòga e ti am fèt ól sacrosanto
piasér d’andàrte a scaregàr ól ‘magasinaménto
inlegàle!
STORPIO Férmate, no’l senti ‘sto fracàso?
CIECO Sì, ól me pare de zénte che cria e
biastéma! Contra a chi l'è che i vósa?
STORPIO Fàit un pòch plu in drio che agh s’ciàro
de vardàrghe... (imitando il coccchiere quando
frena il cavallo) lilò pògiaaa... Bòn, adèso ól
vedi... Agh l'han con lü... pòvaro Cristo!
CIECO Pòvaro Cristo a chi?
STORPIO A lü, Cristo in la persona... Jesus, fiòl
de Deo!
CIECO Fiòl de Deo? Lo qual?
STORPIO Come: lo qual? Lo ünigo fiòl,
‘gniuràntu! Un fiòl santìsim... e i ghe dise che ól fa
ròbe miràbil, meravegióse. Ol guarìse e maladìe, le
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pejór tremende co gh'è al mundo a chi e sopòrta
con l’ànema zoiósa. Dònca a l'è mejòr che
sbarachéme de ‘‘sta contràda.
CIECO Sbaracàr? E par qual resòn?
STORPIO Parchè mi no’ pòdo tòr ‘sta condisión
con alegrèsa. I dise che se ‘sto fiòl de Deo ól
‘gnise a pasàr de chi lòga, mi ‘gnería miracolàt
d'un bòto... e ti anca, a la misma manéra...
Pénsaghe un pòch, se davéro ghe cata a tüti e dòj
la desgràzia de vès liberàdi di nostri desgràzi! D'un
bòto agh s'trovarìam in la cundisión d'es obligàt a
tòr via un mestér per impodér campare.
CIECO Mi a digaría d’andàrghe incóntra a ‘sto
santo, che ól ghe traga föra de ‘sta sventüra
malarbèta.
STORPIO At dighi de bòn? At ‘gniràt miracolàt,
bòn, e at tocherà crepar de fame... che toeti i té
criaràn: “Vagj a lavorar!”
CIECO Ohj che me cata i sudori frègi in del
pensàrghe...
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STORPIO “Vagj a lavorar, vagabondo - i té diserà
- brasce robàde a la galera!” E a perderèsmio ól
gran previléz che gh’avémo in pari ai siòri, ai
paróni, de tór gabèla: lori col slongàr i truchi de la
lége, nojàrtri con la pità. Li dòj a gabàr cojóni!
CIECO Andémo, scapémo via de ‘sto incontro col
santo, che mi a vòj pitòsto morir. Ohj mama de
mi... 'ndèm... 'ndèm de vulàda al galòp... ‘tàchete a
e orège, da guidàrme pi’ lontan che ti pòl de ‘sta
çità! Andarèm föra anch de Lombardia... Andarèm
in Franza o in un sito dove no’ podarà ‘rivàr gimài
‘sto Jesus fiòl de Deo. Andarémo a Roma!
STORPIO Sta' calmo, calmo, spiritàt ‘matìdo, che
ti mé sgròpi in tèra...
CIECO Ohi, té pregi, sàlvame!
STORPIO State bòn... che agh salveremo tòt dòj in
compagnia... no’ gh'è anch mo pericolo, co la
procesión che mena ól santo no’ la s'è ancmò
movüda.
CIECO Agh fan cos’è?
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STORPIO L'han ligàt a una colòna... e i è dre' a
picàl. Ohj come i pica, ‘sti scalmanàt!
CIECO Oh poer fiòl... perché ól pìchen? Cos ól
gh'ha fàit a lóri... ‘sti malnàt?
STORPIO L'è ‘gní a parlàgh de vès tüti amorosi,
compàgn de tanti fradèli. Ma ti varda ben de no’
lasàrte miga catàr de cumpassión par lü, che o l'è
ól plù gran perìcol de vès miraculàt!
CIECO No, no... no’ gh'ho compasión... che par
mi no’ l'è nisciùn quèl Crist... che no’ ghe l'ho
gimài cognosüdo mi... Ma dime cosa agh fan
adèso?
STORPIO Agh spùen adòso... sgarùsi purscèl, in
fàcia agh spüen!
CIECO E lü cossa ól fa... cosa ól dise, ‘sto poaràso
santo fiòl de Deo?
STORPIO No’ dise... no’l parla... no’l se rebèla...
e no’ i varda miga d'inrabít a quèi desgrasió...
CIECO E come i varda?
STORPIO I varda con malencunìa...
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CIECO Oh car fiòl... No’ me dighi pù’ nagòta de
quèl che va a sucéd che mi am senti sgriscí ól
stòmego... e frèg al core... che gh'ho pagüra che
àbia vès quajcòs che ‘somégia a la compasión.
STORPIO Anch mi am senti ól fiàt che am
sgiùngia al gargaròz e i sgrìsci in di brasci...
Andèm, andèm via de chi lòga!
CIECO Sí, 'ndèm a intrupàrse in quài lògu dua lü
pòda fa' a mén de ‘gní a descovrìr de ‘sta nostra
comusiùn per ól so’ patimént. Mi cognóso una
hostarìa...
STORPIO ‘Scolta!
CIECO Cosa?
STORPIO ‘Sto gran frecàs chi a rénta…
CIECO No’ sarà miga ól santo fiòl che ‘rìva?
STORPIO Oh Deo grazia, no’ me farme stremìre
che sarèssimo perdúj... Là intórna a la culòna non
gh'è pu’ niùno...
CIECO Ne manco ól Jesus fiòl de Deo? Dove i se
son casciàdi?
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STORPIO I son qua! Ècoi che i ‘riva toeti in
procesión... A sémo ruinàdi!
CIECO A gh'è chí anco ól santo?
STORPIO Sí, a l'è in d'ól mèso... e l'han anca
cargàdo d'una cróse pesànta ól poarèto!...
CIECO No’ stat a pèrderte in compasión...
desbrégate pitòsto a guidàrme in quài lògu indóe
ghe podémo nascondere ai so’ ögi...
STORPIO Sí, andémo... pògia de drita... córi, córi,
prima che ól ghe pòda vardà, ‘sto santo
miracoloso.
CIECO Ohj che me sont inzupàd in d'una
cavégia... che no’ sont piú capàz de mòverme!
STORPIO Té végna un càncaro! Improprio adèso?
No’ ti podévi guardare in do’ té metévi i pie?
CIECO Eh no che no’ podévo vardàre... che mi
sont sguèrcio e no’ me pòdo védar i pie!
(Interrompendosi di colpo, sbalordito) Come no’ i
pòdo?!… Sí che i pòdo védar... me i vedo!! (Quasi
in estasi, scopre tutto quello che lo circolda
partendo dal suo corpo) Me vedo i pie! O che bèi
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dòj pie che gh'ho! Santi, bèi... con tüti i didi...
quanti didi! Sinco par pie... e coi óngi grosète e
picinìne disgradànte in fila! (Rivolto ai piedi) Oh,
vòj basàrve tòti… a un par una! (Si abbassa e lo
storpio crolla a terra disarcionato).
STORPIO (urlando mentre piomba a terra)
Mato... stàite bòn che ti mé stravàchi. Ohj... che ti
m'ha ‘copàd! Desgrasió... at podèsi tór a pesciàdi...
Toi! (Gli molla un calcio).
CIECO (sempre estasiato da quello che vede) Ohj
maravégia... Agh vedi anca ól ciél... e i àrbori... e
le done! (Come se le vedesse passare) Bele le
done!... Miga tüte!
STORPIO (un attimo di meraviglia) Ma sont stàit
pròpi mi che t'ho molàt la pesciàda?! (Pausa:
sbalordito) Fame provàr de nòvo: sí... sí...
(Disperato) Còl sia malarbèto ‘sto ziórno! A sont
roinàt!
CIECO (ispirato) Ol sia benedèto ‘sto fiòl santo
che ól m'ha guarìt! A vedi quèl che no’ gh'ho
gimài vedüo in vida mea... e géri stat grama bestia
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a vorséme scapàr de lü, che no’ gh'è ròba pi’ dólza
e zoiósa al mundo co valga la luz!
STORPIO Ol diàvol gh’hàbia a menàrselo via e
con lü, insèma, lo quèi ch’agh sont recognisénti!
Duéva pròpi es tant malàrbio sfortunàt de vès
vardàt da quèl inamorós? A son desesperàt! Am
tocherà morir de buèle svòje... am magnería ‘ste
giàmbe rinsanìde bele crue, p'ól despèt!
CIECO Mato a géro mi, mo ól véghi ben, a
scapàre del bòn camino par tegnìrme su quèlo
scuro... che non savéva mi ‘sto gran premio co
fusse ól vedérghe! Oh beli i colori coloràdi... i ögi
de e done... i lavri e… ól rest! Beli i formìghi e e
mosche... e ól sole... Agh pòdi pu’ che végna note
par vedégh i stele e ‘gní a l'hostarìa a descovrìr ól
colór del vin! Deo gratias, fiòl de Deo!
STORPIO Ohj me mi... che 'm tocarà andar de sòta
a un padrón a sudar sangu per magnàre... Ohi mala
sventüra sventuràda sporscèla... dovarò 'ndàrme
intórna a cercàrme un altro santo che ól mé faga la
gràsia de storpiàrme de nòvo i garèti! (Alza la
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voce) Zénte, no’ cognosìt qualche dün che ól
cognóse qualche stregognàsso c’ho gh’àbbia un
inguénto e che mé stópia de giàmbe come avanti?
CIECO Fiòl de Deo maravigióso... no’ gh'è parole
né in volgar né in latino che pòden di' de la tòa
pità… l'è un fiüm in piena! Schisciàd sòta ‘na
crose, ti gh'ha ancmò de giünta tanto amor de
pensàrghe pur anco e a desgràsie de nojàlteri
disgrasiàt!
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MORALITA’ DEL CIECO E DELLO STORPIO
TRADUZIONE 1969
CIECO Aiutatemi, buona gente... fatemi la carità,
a me che sono poveretto e disgraziato, orbo di due
occhi, che meno male, non mi posso guardare, che
io avrei tanta compassione e mi dispererei da
ammattirmi.
STORPIO Oh gente di cuore, abbiate pietà di me
che sono conciato in modo che solo a guardarmi
mi sento prendere da tanto spavento che vorrei
scappare a gambe levate, se non fosse che sono
storpiato da non muovermi se non col carretto.
(Mima di andare a sbattere contro una colonna)
CIECO TOC! Ahi che non posso andare intorno
che picchio e ripicchio (a ripetizione) la testa in
tutte le colonne e nei cantoni... Aiutatemi
qualcuno.
STORPIO Ohi che non sono più capace di venir
via (uscire fuori) da ‘sta carreggiata, ché mi si son
rotte le ruote del carrettino, e finirò col crepare qui
di fame, se non mi aiuta qualcuno.
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CIECO Avevo un cosí bravo cagnone che mi
accompagnava... mi è scappato dietro a una cagna
in fregola... almeno io credo che sia stata femmina
‘sta cagna, ché non ci vedo e non posso esser
sicuro... che potrebbe anche essere stato un cane
porcello vizioso, o un gatto smorfioso che me l'ha
fatto
innamorare.
(Con
tono
sempre
più
lacrimevole e lamentoso) Aiutatemi! Aiutatemi!
STORPIO Aiuto, aiuto... non c'è nessuno che
abbia quattro ruote nuove da prestarmi per il mio
carrettino? Dio Signore, fammi la grazia di avere
quattro ruote!
CIECO Chi è che si lamenta che vuole le ruote da
Dio?
STORPIO Sono io quello, lo sciancato storpiato
con le ruote rotte.
CIECO Vieni vicino a me, da quest'altra parte
della strada, che vedrò di aiutarti... No’ che non
potrò vedere... a meno d'un miracolo. Ma bene,
vedremo!
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STORPIO Non posso venire lí... Dio maledica
tutte le ruote del mondo e le faccia divenire
quadrate che non possano piú andare intorno a
rotolare.
CIECO Oh se si potesse fare in modo che venga io
di indrizzata fino a te... sta sicuro, guarda, che ci
starei perfino a caricarti sulle spalle tutto intero,
salvo le ruote e il carrettino! Ci trasformeremo in
una creatura sola da due che siamo... e avremmo
soddisfazione entrambi. Io andrei intorno con i
tuoi occhi e tu con le mie gambe.
STORPIO Oh che pensata! Devi avere un gran
cervello tu, pieno di ruote e rotelle. (Spalanca le
braccia verso il cielo) Oh che il Signore Iddio
m'ha fatto la grazia di prestarmi le ruote del tuo
cervello per farmi andare intorno di nuovo a
domandare la carità!
CIECO Seguita a parlare che mi orizzonto... (Si
avvia) vado bene in ‘sta direzione?
STORPIO Sí, vieni tranquillo che sei sulla rotta
giusta.
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CIECO Per non inciampare è meglio che mi butti
(metta) a gattoni (a quattro zampe). Ehi, vado
sempre a dritta?
STORPIO Appoggia un poco a manca... No!
Esagerato! Quella è una virata... Butta l'ancora e
torna indietro... bene... fuori i remi, su le vele...
raddrizza, raddrizza... bene, vieni sicuro adesso.
CIECO Mi hai preso per un galeone? Allungami
una mano quando ti sono appresso (vicino).
STORPIO Ma te le allungo tutt'e due le mani!
Vieni vieni, bel bambino della tua mamma... che ci
sei... No... sacramento!... Non andare via di
deriva... raddrizza a dritta... Oh, il mio barcone di
salvataggio!
CIECO Ti ho preso? Sei tu, proprio tu?
STORPIO Sono io quello, o bel sguercione
d’oro... fatti abbracciare!
CIECO Non sto piú nella pelle per la contentezza,
caro il mio storpio! Vieni che ti carico... montami
sulle spalle...
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STORPIO Ci monto sí... girati all'incontrario (di
spalle)... stai basso con la schiena... Issa! Ci sono!
CIECO Ohi, non picchiarmi (piantarmi) le
ginocchia nelle reni... che mi stronchi.
STORPIO Perdonami... è la prima volta che monto
a cavallo, non ci sono abituato. Ohi tu, fai
attenzione a non sbattermi (farmi rotolare) di sotto,
mi raccomando.
CIECO Stai sicuro che ti terrò caro, come se tu
fossi un sacco di rape rosse. Tu fammi la guida
pulito (attento) piuttosto... da non mandarmi a
pestare lo scagazzo (merde) delle vacche.
STORPIO
Farò
attenzione,
va'
tranquillo.
Piuttosto, non hai un ferro da cacciarti in bocca
che faccia da morso e un paio di cinghie attaccate?
Mi sarebbe piú facile menarti (portarti) intorno.
CIECO Oh bene: mi hai preso per un asino?
Ohimè come pesi! Come va che sei cosí pesante?
STORPIO Cammina... non consumare il fiato...
(Felice, incitandolo) Ahrii! Trotta, mio bel
sguerciotto, e fai attenzione che quando ti tiro
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l'orecchio di manca (sinistra), tu dovrai girare a
manca... e quando tiro...
CIECO Ho capito! Ho capito... non sono un asino.
Oh! Boia, bestia, sei troppo pesante!
STORPIO Pesante io?... Ma cosa dici? Ma sono
una piuma... una farfalla!
CIECO Una farfalla di piombo, che se ti lascio
cadere per terra fai un buco da trovare l'acqua
sorgiva... sangue di Dio! Hai mangiato un incudine
di ferro a colazione?
STORPIO Sei matto, sono due giorni che non
mangio.
CIECO Bene, ma saranno puranco due mesi che
non caghi.
STORPIO Ohi che sfottuta: Dio mi venga a
testimone... sono sei giorni appena che non vado di
corpo.
CIECO Sei giorni? Due pasti almeno al giorno
fanno dodici coperti. San Gerolamo protettore dei
facchini, sto portandomi intorno un magazzino di
scorte per un anno di carestia. Mi dispiace ma io ti
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scarico qui e tu fai il sacrosanto piacere di andare a
scaricare l'immagazzinamento illegale!
STORPIO Fermati, non senti ‘sto fracasso?
CIECO Sí, mi pare gente che grida e che
bestemmia! Contro chi gridano?
STORPIO Fatti un po' piú indietro che c’è chiaro
da vederci... (Imitando il cocchiere quando frena il
cavallo) T’arresta... così… Bene, adesso lo vedo....
ce l'hanno con lui... povero Cristo!
CIECO Povero Cristo a chi?
STORPIO A lui, Cristo in persona... Jesus, figlio
di Dio!
CIECO Figlio di Dio? Quale?
STORPIO Come: quale? L'unico figlio, ignorante!
Un figlio santissimo... dicono che fa cose mirabili,
meravigliose. Guarisce le malattie, le peggiori e
tremende che ci sono al mondo, a chi le sopporta
con anima gioiosa. Dunque è meglio che
sbaracchiamo da questa contrada.
CIECO Sbaraccare? E per quale ragione?
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STORPIO Perché io non posso accettare ‘sta
condizione con allegria. Dicono che se ‘sto figlio
di Dio venisse a passare da questa parte, io verrei
miracolato di colpo... e tu anche, nella medesima
maniera... Pensaci un poco, se davvero capita a
tutti e due la disgrazia di essere liberati dalle nostre
disgrazie!
Di
colpo
ci
troveremmo
nella
condizione d'essere obbligati a prendere un
mestiere per poter campare.
CIECO Io direi di andare incontro a questo santo,
che ci tragga (tolga) da questa sventura maledetta.
STORPIO Dici davvero? Verrai miracolato, bene,
e ti toccherà crepare di fame... ché tutti ti
grideranno: “ Vai a lavorare!”.
CIECO Ohi che mi vengono i sudori freddi nel
pensarci...
STORPIO “Vai a lavorare, vagabondo - ti diranno
- braccia rubate alla galera! ” E perderemmo il
grande privilegio che abbiamo pari ai signori, ai
padroni, di prendere gabelle: loro arrangiando a
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proprio vantaggio i trucchi della legge, noi con la
pietà. Tutti e due (loro e noi) a gabbare coglioni!
CIECO Andiamo via… scampiamo da questo
incontro con il santo, che io voglio piuttosto
morire. Ohi mamma mia... andiamo... andiamo di
volata al galoppo... attaccati alle orecchie, da
guidarmi il piú lontano che tu puoi da ‘sta città!
Andremo fuori anche dalla Lombardia... Andremo
in Francia o in un luogo dove non potrà arrivare
giammai ‘sto Jesus figlio di Dio. Andremo a
Roma!...
STORPIO Stai calmo, calmo, spiritato ammattito,
che mi scarichi (stravacchi-disarcioni) a terra...
CIECO Ohi, ti prego, salvami!
STORPIO Stai buono... che ci salveremo tutti e
due in compagnia... non c'è ancora pericolo, ché la
processione col santo non si è ancora mossa.
CIECO Cosa fanno?
STORPIO L'hanno legato a una colonna... e stanno
picchiandolo. Ohi come picchiano, 'sti scalmanati!
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CIECO Oh povero figlio... perché lo picchiano?
Cosa gli ha fatto... a 'sti malnati?
STORPIO È venuto a parlargli di essere tutti
amorosi come tanti fratelli. Ma tu guarda bene di
non lasciarti prendere da compassione per lui, che
è il piú gran pericolo di essere miracolati.
CIECO No, no, non ho compassione... che per me
non è nessuno, quel Cristo... che non l'ho gimmai
conosciuto io... Ma dimmi cosa gli fanno adesso?
STORPIO Gli sputano addosso... porci zozzi, in
faccia gli sputano!
CIECO E lui cosa fa... cosa dice, 'sto poveraccio
santo figlio di Dio?
STORPIO Non dice... non parla... non si ribella... e
non li guarda da arrabbiato a quei disgraziati...
CIECO E come li guarda?
STORPIO Li guarda con malinconia.
CIECO Oh caro figlio... non dirmi piú niente di
quello che va succedendo che io mi sento torcere
le budella e freddo al cuore, e ho paura che debba
essere qualcosa che assomiglia alla compassione.
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STORPIO Anch'io sento il fiato che mi strozza il
gargarozzo e i brividi alle braccia... Andiamo,
andiamo via da qui.
CIECO Sí, andiamo a rintanarci in qualche luogo
dove a lui non sia possibile di scoprire questa
nostra compassioneper il suo patire.
STORPIO Ascolta!
CIECO Cosa?
STORPIO ‘Sto grande fracasso qui vicino...
CIECO Non sarà il santo figlio che arriva?
STORPIO Oh, Deo grazia non mi fare spaventare
ché saremmo perduti... Là intorno alla colonna non
c'è piú nessuno...
CIECO Nemmeno Gesú figlio di Dio? Dove si
sono cacciati?
STORPIO Sono qua! Eccoli che arrivano tutti in
processione... Siamo rovinati!
CIECO C'è anche il santo?
STORPIO Sí, è nel mezzo... e l'hanno anche
caricato di una cròse pesante il poveretto!...
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CIECO Non stare a perderti in compassione...
sbrigati piuttosto a guidarmi in qualche luogo dove
ci possiamo nascondere ai suoi occhi...
STORPIO Sí, andiamo... appoggia di dritta... corri,
corri, prima che ci possa guardare, ‘sto santo
miracoloso...
CIECO Ohi, mi sono azzoppato una caviglia... non
sono piú capace di muovermi.
STORPIO Ti venga un cancro, proprio adesso?...
non potevi guardare dove mettevi i piedi?
CIECO Eh no che non potevo guardare... ché io
sono guercio e non mi posso vedere i piedi!
(Interrompendosi di colpo sbalordito) Come non
posso?!... Sí che li posso vedere... me li vedo!!
(Quasi in estasi scopre tutto quello che lo circonda
partendo dal suo corpo) Mi vedo i piedi! Oh che
bèi due piedi che ho! Santi, belli... con tutte le
dita... quante dita! Cinque per piede... e con le
unghie grossette e piccoline degradanti in fila!
(Rivolto ai piedi) Oh, voglio baciarvi tutte, una per
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una. (Si abbassa e lo storpio crolla a terra
disarcionato)
STORPIO (urlando mentre piomba a terra)
Matto... sta buono che mi scarichi abbasso (mi fai
cadere). Ohi... che mi hai accoppato! Disgraziato...
Potessi prenderti a pedate... tieni! (Gli molla un
calcio)
CIECO (sempre estasiato da quello che vede) Oh
meraviglia... vedo anche il cielo... e gli alberi... e le
donne! (Come se le vedesse passare) Belle le
donne!... Mica tutte!
STORPIO (un attimo di meraviglia) Ma sono stato
proprio io che ti ho mollato la pedata? (Pausa:
sbalordito) Fammi provare di nuovo: sí... sí...
(Disperato) Che sia maledetto ‘sto giorno! Sono
rovinato!
CIECO (Ispirato) Sia benedetto ‘sto figlio santo
che mi ha guarito! Vedo quello che non ho
giammai visto in vita mia... ero stato grama bestia
a voler scappare da lui, ché non esiste cosa piú
dolce e gioiosa al mondo che valga la luce!
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STORPIO Che il diavolo abbia a portarselo via e
insieme a lui quelli che gli sono riconoscenti!
Doveva proprio capitarmi tanta scarogna maledetta
da essere guardato da quell'innamoroso (uomo
pieno d'amore)? Sono disperato! Mi toccherà
morire di budelle vuote... mi mangerei ‘ste gambe
risanate belle crude, per il dispetto (la rabbia)!
CIECO Matto ero io, ora lo vedo bene, a scappare
dal buon cammino per tenermi su quello oscuro...
che non sapevo io che grande premio fosse il
vederci! Oh belli i colori colorati... gli occhi delle
donne... le labbra... e il resto! Belle le formiche e
le mosche... e il sole... non ne posso piú che venga
notte per vedere le stelle e andare all'osteria a
scoprire il colore del vino! Deo gratias, figlio di
Dio!
STORPIO Oh povero me... ché mi toccherà andare
sotto a un padrone a sudar sangue per mangiare...
Oh mala sventura sventurata e porca... Dovrò
andarmene intorno a cercarmi un altro santo che
mi faccia la grazia di storpiarmi di nuovo i garretti!
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(Alza la voce) Gente nn conoscete qualcuno che
conosca qualche stregone che abbia un unguento e
che mi storti le gambe come prima?
CIECO Figlio di Dio meraviglioso... non ci sono
parole né in volgare né in latino che possano dire
della tua pietà... è un fiume in piena! Schiacciato
sotto una cròse, hai ancora, in sovrappiù, tanto
amore da pensare puranche alle disgrazie di
noialtri disgraziati!
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MORALITA DEL CIECO E LO STORPIO 2000
TRADUZIONE
Versione per un solo giullare che interpreta
entrambi i ruoli.
CIECO Aiutatemi, buona gente... fate la carità, a
me che sono poveretto e disgraziato, orbo di due
occhi, che per fortuna, non mi posso guardare, che
mi farei una tal compassione disperata da
ammattirmi.
Aiutatemi!
Aiutatemi
che
ho
perduto… (mima di andare a sbattere contro ad
una
colonna)
Ahia!
Merda!
‘Sta
colonna!
Aiutatemi che sono ubriaco... (sbatte contro
un’altra
colonna)
STON!
Ohio!,
un’altra
colonna!... Aiutatemi! (Altra colonna) TON!
(Disperato)
Sono
circondato
da
colonne,
prigioniero di colonne! Datemi una mano… che ho
perduto il cane che mi accompagnava… no... non
l’ho perduto: mi è scappato... lo tenevo con una
corda... m’ha dato uno strattone... e ‘sto cane
vizioso-degenerato è corso dietro a una cagna in
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fregola, in calore, ubriaco... che non pensano che a
quello ‘sti cagnacci! Beh, almeno io credo fosse
una cagna in calore che me l’ha imbesuito, ma
potrebbe essere stato anche un gatto vizioso che ce
ne sono di quelli che vanno a far moine dietro i
cani degli accecati come me... che nessuno aiuta!
(Mima di sbattere contro un’ennesima colonna)
PAM! Ohi, non mi riesce di sortire da ‘sta
trappola! Non posso andare intorno che picchio e
ripicchio con la crapa in tutte le colonne e in tutti i
cantoni... (A voce spiegata, più che disperato)
Qualcuno mi aiuti! (Si sposta sul lato opposto
della scena ponendosi in ginocchio: all’istante si
trasforma ne “lo storpio”)
STORPIO (quasi piangente) Ohi gente di cuore,
abbiate pietà di me che sono conciato al punto che
nel guardarmi mi sento prendere da tanto spavento
che vorrei scappare a tutte gambe, se non fosse che
sono storpio… non posso muovermi se non con
questo trabiccolo, ma ‘sto mio carretto è andato a
finire
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dentro
‘sti
squarci
che
s’aprono
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all’improvviso nel selciato e tutte quattro le ruote
si sono rotte (spezzate). Aiuto, aiuto! Non c’è
nessuno che abbia quattro ruote nuove da
prestarmi? Dio Signore, fammi la grazia di quattro
ruote sane! Dio aiutami! Se nessuno passa di qua a
farmi la carità, come riuscirò a campare!
Aiutatemi! Abbiate pietà di me! (Si porta sul lato
opposto e riprende il personaggio del “cieco”)
CIECO Chi grida pietà? Oh!, l’ho detto per primo
io, eh! Chi si lamenta che vuole le ruote di Dio?
Chi sei tu?
altro cambio di posizione
STORPIO Sono io che mi lamenta... lo sciancato...
storpio con le ruote spaccate. Mi riconosci?
CIECO Sì, sì… Vieni vicino a me... da quest’altra
banda (parte) della strada, che vedrò di aiutarti...
da questo momento, basteranno piccoli gesti ad
indicare il cambio di personaggio
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STORPIO
Non
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posso,
non
mi
riesce
di
raggiungerti... Dio maledica tutte le ruote del
mondo e le faccia divenire quadrate che non gli
riesca più di andare intorno a rotolare! Vieni qui
tu... che io non ce la faccio a spostarmi da ‘sta
carreggiata!
CIECO: Ma come faccio venire da te che ho tutte
‘ste colonne che non mi fanno passare! Dio
maledica tutte le colonne del mondo… le faccia
crollare sulla crapa di tutti, come tempesta!
Maledette colonne! (Cambia tono) Ho una
pensata: a furia di prendere botti sul cervello mi si
è aperto spalancato! Potrei fare in modo di venire
diritto fino a te… se tu mi parli e mi avverti
quando sto per andar a sbattere contro una
colonna... (parla come fosse lo storpio) “No,
fermo! C’è una colonna… passa di là… abbassati,
c’è un’altra colonna…” io vengo avanti… ti
raggiungo. Guarda, ci starei perfino a caricarti
sulle mie spalle, tutto intero, salvo le ruote e il
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carretto. Ci trasformeremo in una creatura sola di
due che siamo: ti carico in groppa come se tu fossi
un cavaliere a cavallo... in un botto (colpo) io
divento le gambe tue e tu diventi gli occhi miei e
insieme andremo intorno con quattro mani a
domandare carità! Carità! Carità! Carità!… Gran
pietà faremo!
STORPIO Ohi, che pensata! Devi avere un gran
cervello tu, pieno di ruote e rotelle! (Spalancando
le braccia verso il cielo) Ohi, che il Signore Dio
m'ha fatto la grazia di prestarmi le ruote del tuo
cervello per farmi andare intorno di nuovo a pietire
la gente!
CIECO Seguita (continua) a parlare che mi
oriento... (mi orizzonto) (si avvia) Vado bene in
questa direzione?
STORPIO Sí, vai sicuro che sei sulla rotta giusta.
CIECO Vado sempre a dritta?
STORPIO Sì, va tranquillo che ti do (indico) la
direzione.
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CIECO: Vengo... Aiutami… parla, parla… che
arrivo. (Si blocca, minaccioso) Ah, non fare
scherzi a un povero cieco, che se poi t’abbranco, ti
strozzo!
STORPIO: T’ho detto di andare tranquillo!
Partiamo! Va sicuro che non ci sono colonne.
CIECO:
Sicuro?
Non
ci
sono
colonne?
(S’incammina e mima di andare a sbattere contro
una colonna) TON! Ma…
STORPIO: È un albero!
CIECO: (inviperito) Lo so anch’io che non è una
colonna: è un albero... ma spaccano la crapa (testa)
anche gli alberi! Maledetto! Tu mi devi avvisare!
Non solo le colonne, anche gli alberi, anche i
paloni, anche le case! Per non andare a sbattere è
meglio che mi butti gattoni (si pone in ginocchio,
carponi. Cambiando tono) Vengo avanti... posso?
Mi muovo? Sicuro? Mi muovo. (Esegue. Si blocca
e annusa una mano disgustato) Non è una
colonna, non è un albero, ma stratanfa (suono
onomatopeico che sta per) di puzza! È merda! Me
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ne vengo per un’altra strada. Non mi fido dei tuoi
consigli... (va verso lo storpio muovendosi a
rovescio come un granchio) così anche se ci sono
colonne, alberi, merda, sbatto solamente col culo!
Attento che vengo!
STORPIO Vieni, vieni bel bambino della tua
mamma, vieni qui... vieni caro, non aver paura!
Non andar via alla deriva... raddrizza a dritta... Oh,
il mio barcone di salvataggio! (Tra sè orgoglioso)
Sono anche poeta! Vieni bello, vieni... Attento...
attento... che c’è uno smerdazzo di vacca! Ci sei
andato deréntro! D’accordo che sei orbo da tutte e
due gli occhi, ma sei orbo anche di naso se non
senti quel tanfo! Oh povero disgraziato tutto
smerdazzato! Vieni qua meschinaccio...
CIECO (mima di aver trovato l’amico) Ti ho
preso?! Sei proprio tu?
STORPIO
Sono io quello, oh bel sguercione
d’oro! Fatti abbracciare! (Si abbracciano) No con
le mani! (Recita disgusto ripulendosi la faccia)
Vieni qui, caro... che ti do un bacino!
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CIECO: Sono arrivato! Sono arrivato! Oh, grazie
mio
san
Cristoforo!
Adesso
muoviti… su,
montami in spalla… dammi la gamba... La gamba,
non il braccio! (S’interrompe meravigliato) È una
gamba questa?! Che schifo! Sono contento di
essere orbo per non vederla! Dammi l’altra... su,
su... madonna! Oddio... Cosa sei? Un coniglio?
(Tra sè) Oh, mi fa pietà! (Al compare) Vieni su,
su, dammi un colpo (una spinta) col culo… su,
monta con ‘sto culone! Ohi, hai le gambe da
coniglio, ma il culo d’elefante, eh! Vergine Madre!
Andiamo... dammi una spinta forte... daiii! Op,
Op… (Risentito) Ohi, non piantarmi le ginocchia
nelle reni che mi stronchi...
STORPIO Perdonami... è la prima volta che
monto a cavallo, non ci sono abituato. Ohi tu, fai
attenzione
a
non
sbattermi
di
sotto,
mi
raccomando!
CIECO Ferma, ferma! Ohia, che quintalata che
sei!
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STORPIO Quintalata io?... Ma se sono una
piuma... una farfalla!
CIECO Una farfalla di piombo, che se ti lascio
cascare per terra fai un buco da trovarci l’acqua
sorgiva... sangue di dio! Hai mangiato un incudine
di ferro a colazione?
STORPIO Sei matto, sono due giorni che non
mangio.
CIECO Bene, ma saranno puranche due mesi che
non caghi!
STORPIO Ohi che sbroffonate triviali: Dio mi
venga a testimone... sono sei giorni appena che
non vado di corpo.
CIECO Sei giorni? Almeno due pasti al giorno
fanno dodici coperti. San Gerolamo protettore dei
facchini... sto portandomi intorno un magazzino di
scorte per un anno di carestia. Mi dispiace ma io ti
scarico qui e tu mi fai il sacrosanto piacere
d’andare
a
scagazzar
immagazzinamento illegale!
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fuori
‘sto
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STORPIO: Piantala di ciarlare! (Felice) Ohi, che
bel cavallone che sei, orbo! Orco… sono a
cavallo! Com’è bello... Voglio comprare un
cavallo! (Incitandolo) Trotta, mio bel sguerciotto!
Hhhiiii!
CIECO: Non sbattermi in ‘sta maniera che mi si
stroncano le reni!
STORPIO: Oh!, senti: non hai un ferro da
cacciarti-infilarti in bocca a fare da morso con
attaccate un paio cinghie? Mi sarebbe più facile
guidarti intorno... che ti tiro di qui... ti tiro di là e
poi una... Bene... lo farò con le orecchie... stai
attento: quando ti tiro l’orecchio di sinistra, tu vai
a sinistra, quando...
CIECO: Lo so!
STORPIO Fermati! Non senti ‘sto fracasso?
CIECO Sí, mi pare di gente che sbraita e
bestemmia!
STORPIO Contro chi gridano? Fatti un poco più
in dietro che c’è più chiaro e posso vedere
meglio... (Come stesse parlando ad un cavallo)
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Pogiaaaa... leuuuuu! Bene, adesso lo vedo... ce
l’hanno con quello... povero Cristo!
CIECO Povero Cristo a chi?
STORPIO A lui… al Cristo in persona... Jesus,
figlio di Dio!
CIECO Figlio di Dio? Quale?
STORPIO Come, quale? L’unico figlio, ignorante!
CIECO Ah, mi vieni a dire che Dio ne ha uno solo
di figlio? Poveraccio!
STORPIO L’hanno legato a una colonna... e lo
stanno bastonando. Ohi, come pestano, ‘sti
malnati!
CIECO Oh povero figliolo... perché lo picchiano?
Cos’ha ha fatto a ‘sti balordi?
STORPIO È venuto a insegnarci ad essere tutti
amorosi, come tanti fratelli. È un santone-stregone
che non ce n’è un altro eguale! Dicono che fa cose
mirabili, meravigliose: guarisce le malattie, le
peggiori tremende che ci siano al mondo a chi le
sopporta con anima gioiosa. Commozione e amore
sente per te. Non ti chiede se sei d’accordo che ti
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raddrizzi una gamba, che ti faccia vedere da un
occhio: ti miracola e basta! Ma tu guardati bene
dal lasciarti prendere dalla compassione per lui,
che lì sta il rischio maggiore di essere miracolati.
Non lasciarti andare, non sdolcirti (addolcirti) di
pietà! È meglio che sbaracchiamo da ‘sta contrada.
CIECO Sbaraccare? E per quale ragione?
STORPIO Dicono che se a ‘sto figlio di Dio
capitasse solo di passare di qui, io verrei
miracolato all’istante... e tu anche, alla stessa
maniera! Toch! Miracolato, fregato, fottuto!
Saremmo fottuti!
Non capisci? Non posso
accettare ‘sta condizione con allegria. Dovremmo
lavorare sotto padrone, sopportar urla bastonate...
di colpo ci ritroviamo spogliati del privilegio
massimo di cui godiamo!
CIECO Ohi… che son preso da sudori freddi al
solo pensarci! Hai ragione! Il massimo privilegio
che abbiamo è quello di avere pari ai signori, ai
maggiori, di prendere gabelle: quelli, coi libri loro,
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con le spade... noialtri con la pietà! Se ci miracola
addio accattonaggio!
STORPIO:
Oh!
L’hai
capita
finalmente!
Sgombriamo di qui prima che ci capiti addosso
‘sto stregone. Andiamo a “intapparci” in qualche
buco, dove non riesca a trovarci ‘sto miracolatore!
Io conosco un’osteria... Corri, corri!
CIECO: No, dobbiamo andare più lontano! Fuori
dalla città. Andiamo a Ferrara!
STORPIO: Ferrara! Bene, andiamo... Vai, vai, vai!
(Si blocca spaventato) Ferma! Gesù Cristo arriva
di sicuro anche a Ferrara, io lo so!
CIECO Bene, andiamo a Bologna! Andiamo,
andiamo a Bologna!
STORPIO (sconfortato) Fermo! Va anche a
Bologna… Jesus va dappertutto!
CIECO: No! C’è una città dove non arriva!
(Pausa) A Roma! A Roma non va di sicuro!
Andiamo, andiamo... (Mima di scivolare) MUAH!
Disgraziato! Un altro smerdazzo di vacca! Sono
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scivolato! Ohi, mi sono azzoppato... non riesco più
a muovere il piede!
STORPIO Ti venisse un cancro! Proprio adesso?!
Non potevi guardare dove poggi ‘ste zampe?
CIECO: Come faccio a guardare che non ci vedo!
Non ci vedo, non... (interrompendosi di colpo,
sbalordito) Boia! Ci vedo!! Deo grazia, ci vedo!
(Quasi in estasi, scopre tutto quello che lo
circonda partendo dai suoi piedi) Ohoo... i miei
piedi! Guarda che bei piedi! Uno, due, tre, quattro
ditini… Oh che bel ditone!… Guarda! Gli alberi…
i sassi... Ohoo! Guarda l’erba con i fiorellini... mi
voglio chinare a cogliere un…
(esegue e lo
storpio crolla a terra disarcionato).
STORPIO Disgraziato, maledetto! Mi hai fatto
cadere per terra!... (Gli sferra un calcio) TOC! (Un
attimo di sbigottimento) Ma sono stato proprio io
che ti ho mollato la pedata? Fammi provare di
nuovo... (Altra pedata) Sí... sí! (Cambia tono) Non
facciamo scherzi! Chi mi ha sollevato la gamba da
dietro? Chi mi ha alzato la gam... (s’interrompe
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sbalordito:pausa) Due gambe miracolate! Due
gambe in una volta sola! Cristo, esagerato! Che sia
maledetto ‘sto giorno... Sono rovinato!
CIECO:
(continuando
a
guardarsi
intorno,
estasiato) Le formiche, guarda! Belle, care! Le
mosche... queste sono di sicuro le mosche! Ohi che
moscone... no, quello è un uccello... due uccelli!
Le piante… quello è il verde delle foglie... quante
foglie! Oh quante foglie... una due, tre, quattro,
cinque, sei (continua a contare molto velocemente,
quindi
s’interrompe,
cambiando
tono)…
le
conterò dopo! (Spalanca gli occhi rapito) Le
donne! Va che belle le donne! (Sempre più
esaltato) Va che belle le donne! Vuah! (Serie di
suoni
onomatopieci
in
segno
di
grande
apprezzamento. Dopo un lungo sguardo a
“panoramica”)… Mica tutte! (Ispirato) Il cielo, il
cielo che profondo! Ohi che lungo che è! Adesso
capisco cos’è il colore... che bello! Il sole come
picchia! Oh luce, luce, luce… luce che non riesco
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più a rimirarla che mi ubriaca... che mi straripa nel
cervello!
Jesus grazie!
Il miracolo più grande che mi hai fatto è quello di
farmi intendere che dignità non è campare traendo
pietà dagli altri, chieder l’elemosina a chi sgobba e
fatica. Meglio andar sotto padrone ma con le
gambe e gli occhi sani e brigare per cavarti dalle
spalle quelli che ci succhiano il sangue.
STORPIO Ma che discorsi da balengo vai
facendo. Avere padroni, ma farsi scannare per
liberarsene! No, io non ci sto. (Lo spintona con
rabbia) Disgraziato... t’accorgerai quando sarai
sotto padrone, bastonato… e quando la tua donna
andrà a far la puttana e i figli tuoi, schiavi e
costretti a morire di fame... t’accorgerai di cos’è
fatta ‘sta dignità. Io non accetto ‘sta condizione, io
non voglio ‘sto miracolo. Io pretendo di tornare
come prima: accattone! Voglio campare di poco
pane ma di tutta libertà! (Andando intorno come
impazzito, con voce disperata) Gente, non
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conoscete qualche stregone che abbia un unguento
o che mi faccia dei segni con le mani, col fuoco,
col ferro per farmi tornare le gambe storpiate?
Aiutatemi, non conoscete uno... anche femminastrega… (Piangendo) Aiutatemi! Aiutatemi a
storpiarmi le gambe come prima!
Jesus! Dove sei? Jesus! Jesus, pietà! Non ti ho mai
bestemmiato, io! Jesus perché m’hai condannato?
Jesus, Jesus…
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MORALITA DEL CIECO E DELLO STORPIO
(2000)
Versione per un solo giullare che interpreta
entrambi i ruoli.
CIECO Aidème, bona zénte... fàiteme la carità, a
mi che son povarèto e desgrasiò, orbo de dój ògi,
che
meno male, no’ me pòdo vardàrme, che
m'gh’avaría gran compassión de mi e vegnaría
disperàt a ‘matìrme. Aìda mè, aìdame che gh’ho
perdùo… (mima di andare a sbattere contro ad
una colonna) Ahia! Pota! ‘Sta colòna! Aidéme che
so’ inciuchìt… (sbatte contro un’altra colonna)
STON! Ohio!, ‘n’altra colonna!… Aìda mè! (Altra
colonna) TON! (Disperato) Son cirdondà de
colòne, pregionér de colòne! Aidéme che ho
gh’hai perdüo ól can che ól me scumpagnàva…
no… no’ l’hai perdüo: el m’è scapà… ól tegnéva
co’ ‘na corda… m’ha dàito ün stratùn… e ‘sto can
smòrbio l’è andàit via… l’è ‘ndàit drio a ‘na cagna
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in fregola, in calór, imbreàgo… che no’ pensa che
a quèlo, ‘sti cagnàsi! Boh, almén mi créo ch’ol sia
stàito ‘na cagna in calór ma podrìa èser stàit anco
un gato visióso, che ghe ne son de quèi che i van a
far moine drio ai can dei orbàt ‘mé mi… che
nisciùno
aìda!
(Mima
di
sbattere
contro
un’ennesima colonna) PAM! Ohi, no’ sòi capàze
de sortìr! No’ pòdi andà intórna che pichi a
rebatón con la crapa in tüti i culòni e in di cantón...
(A voce spiegata, più che disperato) Aidème
quajcun! (Si sposta sul lato opposto della scena
ponendosi in ginocchio: all’istante si trasforma ne
“lo storpio”)
STORPIO (quasi piangente) Ohj zénte de core,
ahibèt pità de mi che sont consciàt in la manéra
che an dòl vardàrme am senti catàr de tanto
spavéntu che voraría scapàr de tüte giàmbe, se no’
fuèsse che sun storpiàt… no’ pòdo mòverme se
no’ cont ‘sto trabìcul carèt, ma ól mé carèto l’è
andàit a fornìre deréntro ‘sti squaràci intrafesà in
de la strada e tüte quatro le rote a se sont stcepà.
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Aída, aída... no’ gh'è njùno che gh'abia quatro ròde
nòve da imprestàme? Deo Segnor, fame la grasia
d'avérghe quatro ròde sane! Deo aìdame! Se
niscün ól pasa de chi-lòga a darme de carità,
come‘l fagarò a magnàre?! Aìda mé! Pità a mè! (Si
porta sul lato opposto e riprende il personaggio
del “cieco”)
CIECO Chi è che vusa pità? Oh!, a ól dit par
primo mi, eh! Chi s'laménta che ól vòle le ròde de
Deo? Chi è té?
altro cambio di posizione
STORPIO Sont mi quèlo che ól se lamenta… ól
s’ciancàt… instorpiàt… coi ròdi stcepàdi. At mé
recognóset?
CIECO Sì, sì… Végna arénta de mi… da ‘sta óltra
banda d'la strada, che vedarò d'aidàrte...
da questo momento, basteranno piccoli gesti ad
indicare il cambio di personaggio
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STORPIO A no’ pòdo miga ‘gní lilò... Déo
maledìga toeti i ròdi del mundo e a le faga ‘gní
quadràde che i no’ pòdan pu’ andà intórna a
rutulà! Végne chi-lòga ti… végne che mi no’ pòdo
mòverme da ‘sta caregiàda!
CIECO: Ma com’è che pòdo vegnìr de ti che
gh’ho tüte ‘ste colòne che no’ me fano pasàr! Déo
maldìga tüte le colonne del mundo, ól faga
incrodàr su la crapa de tüti, come tempesta!
Maledìcte colòne! (Cambia tono) Oh gh’ho ‘na
pensàda: a furia de ciapàr bòte sü el zervèlo ól mé
s’è avèrto sparancàdo! A podrìa far de manéra de
vegnìr de drisàda infìna a ti. Se ti té mé ciàmet e
mé dise dov’è ‘na colòna… (Parla come fosse lo
storpio) “No, fermo! Gh’è ‘na colonna… pasa de
là… sbàsate, gh’è ‘n’altra colòna…” e mi végno
avanti… ‘rivo. Varda, agh starìa fin a caregàrte in
sòra le mée spale de mi, tüto intrégo, salvo le ròde
e ól carèt. Agh trasfurmerèm in una creadùra sola
de dòj che sémo: té carégo in gropa a mi com té
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fusse un cavajér a cavalo… int un bòto mi devénto
le giàmbe de ti e ti té devién li ögi de mi e
insémbia anderèm intórna con quatro mani a
dimandàr carità! Carità! Carità! Carità!… Gran
pità farèm!
STORPIO Ohj che pensàda! Dei avérghe on gran
zervèlo ti, piégn de ròde e rodèle! (Spalancando le
braccia verso il cielo) Ohj, che el Segnur Deo
m'ha fàit la grazia de 'mprestàrme le ròde del to’
zervèlo per farme andare intùrna de nòvo a
dimandàr la carità!
CIECO Sigúta a parlà che me oriénti... (si avvia)
Vagh ben in ‘sta diresiùn?
STORPIO Sí, végn tranquìll che at sièt sora la róta
giüsta.
CIECO A vagh sémper de drita?
STORPIO Sì, va tranchìlo che té do la diresiùn.
CIECO: A vegnó… Aìdeme… parla, parla che
‘rivo. (Si blocca, minaccioso) Ah, no’ far schèrsi a
un pòver orbiàss, che végni e té strósi!
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STORPIO: T’ho dit de andà tranchilo! Partémo!
Va segùro che no’ ghe son colòne.
CIECO: Següro? No’ gh’è colòne? (S’incammina
e mima di andare a sbattere contro una colonna)
TON! Ma…
STORPIO: L’è un àrbaro!
CIECO: (inviperito) Ol so che ‘no l’è ‘na colòna:
l’è un àrboro… ma spàcan la crapa anche i àrbari!
Maledìcto! Ti mé devi advisàre! No’ solo i colòni,
anca i àrbori, anca i pilon, anche le case! Par no’
topigàr a l'è mejòr che am büti gatóni (si pone in
ginocchio, carponi; cambiando tono) A végni
avanti… pòdo? Me mòvo? Segùro? Me mòvo.
(Esegue. Si blocca e annusa una mano disgustato)
No’ è una colòna, no’ è un àrboro, ma spüsa! L’è
merda! A me végno de ‘n’altra via. No’ me fido de
tòi consèj… (va verso lo storpio muovendosi a
rovescio come un granchio) cossì anco se gh’è e
colòne, àrbori, merda, sbato sojaménte in tel cül!
Aténto che végno!
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STORPIO Végne, végne bel fiolí’ de la tòa mama,
végne de chi-lòga… végne caro, no’ aver pagüra!
No’ andar via de deriva... driza a la drita... Oh, ól
me barcón de salvatàgio! (Tra sè orgoglioso) A
son poeta anca! Végne bèlo, végne… Aténto…
aténto che gh’è una buàgna! Te sèt andàt deréntra!
D’acòrdo che té sèt orbiàt de tüti i dòj ögi, ma té
sèt orbiàt anca de naso si no’ senti la spüsa! Oh,
poér
desgrasiò
tüt
smerdosénto!
Vén
chi
meschinàsc…
CIECO (mima di aver trovato l’amico) At hai
catàt?! At sèt propri ti?
STORPIO A son mi quèlo, oh bel sguerción d’ori!
Fàit imbrasàr! (Si abbracciano) No’ co’ i mani!
(Recita disgusto, ripulendosi la faccia) Végn chilòga, caro… che te do un basìn!
CIECO: A sunt arivàt! Sunt arivàt! Oh, gràsie méo
san Cristòfor! Adés végne… sü, munta in spala…
dam la giàmba… La giàmba, no’ ól braso!
(S’interrompe meravigliato) L’è una giamba
quèsta?! Che schìvio! A sunt contént d’èser orbo
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par no’ vederla! Dame l’óltra… sü, sü… madona!
Oh… cara, cara oh… Cosa sèt? Un cunjo? (Tra
sè) Oh, al me fa pità! (Al compare) Végne sü, sü,
dame un culp cunt ól cül… su, monta con ‘sto
culón! Ohi, té gh’èt le giàmbe de conjo, ma el cül
d’elefànto,
eh!
Vérgene
Madre!
‘Ndémo…
mòlame un trisùn… dahee! Op, Op… (Risentito)
Ohj, no’ picàrme i ginögi in le reni... co’ ti me
stciónchi...
STORPIO Perdonàme... o l'è la préma voelta co
munti a cavalo, no’ ghe sont abituàt. Ohj ti, fagh
atensiùn
a
no’
sbortolàrme
de
soto,
me
aricomàndo.
CIECO Ferma, ferma! Ohia che quintalàda che té
sèt!
STORPIO Quintalàda mi?... Ma se a sont 'na
pluma... una parpàja!
CIECO Una parpàja de piombo, che se at lasi
burlàr par tèra at fàit un büso de trovàrghe l'acqua
sorgiva... sangodedìo! T'hàit magnà ‘n’ incùden de
fèro a colasión?
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STORPIO A ti se mato, a son dòj ziórni che no’
magno.
CIECO Bòn, ma i saran purànco dòj mesi che no’
ti caghi!
STORPIO Ohj che sberlusciàdi...: Déo me végna a
testimòni... a i sont sie die apéna che no’ i vago de
corpo.
CIECO Sie die? Dòj pasti almanco al ziòrno ai
fano dódese covèrti. San Gerolamo protetór de i
fachìni… son drio a portàrme intórna un magaséno
de scorta par un ano de carestia. Am despiàse ma
mi at scarégo chi lòga e ti am fèt ól sacrosanto
piasér
d'andàrte
a
sbrofàr
de
föra
‘sto
‘magasinaménto inlegàle!
STORPIO: Ma no’ dir demiénse, stupidàe!
(Felice) Oih, che bel cavalón che té sèt, orbiàt!
Orco… son a cavalo! Cuma l’è bèlo… Voi comprà
un cavalo! (Incitandolo) Tròta, me’ bel sguerciòt!
Hhhiiii!
CIECO: No’ sbàterme in ‘sta manéra che mé se
stròpian i reni!
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STORPIO: Oh!, senta: no’ té gh’ha un fèro de
casciàrte in boca a fagh da morso con un para de
singhe ‘tacàde. Am sarìa plu fàzile a menàrte
intorno… che te tiro de chi… te tiro de là e pö
‘na… Bòn… ól fagarò co’ le urège… ‘sta aténto:
quando té tiro l’orègia de manca, té ve a manca,
quando…
CIECO: Ol so!
STORPIO Férmate! No’ ól sente ‘sto fracàso?
CIECO Sí, ól me pare de zénte che sbraita e
biastéma!
STORPIO Contra chi l'è che i vusa? Fàit un pòch
plu in drio che agh è ól stciàro de vedérghe...
(Come stesse parlando ad un cavallo) Lilò
pògiaaaa... leuuuuu! Bòn, adèso ól vedi... agh l'han
con lü... pòvaro Cristo!
CIECO Pòvaro Cristo a chi?
STORPIO A lu… ól Cristo in la persona... Jesus,
fiòl de Deo!
CIECO Fiòl de Deo? Lo quale?
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STORPIO Come, lo quale? Lo ünigo fiòl,
‘gniuràntu!
CIECO At mé végne a dir ca Déio ne gh’ha vüno
sol de fiòl? Poeràsso!
STORPIO L'han ligàt a ‘na colòna... e i è dre' a
picàl. Ohj, come i pica, ‘sti manàt!
CIECO Oh poer fiòl... perchè ól pìchen? Cos ól
gh'ha fàit a lori... a ‘sti scalmanàt?
STORPIO L'è ‘gní a parlàgh de vès tüti amorosi,
compàgn
de
tanti
fradèli.
L’è
un
santòn
stregonàsso che no’ ghe n’è un ólter ihuàl! I dise
che ól fa robe miràbil, meravegióse: ól guarìse e
maladìe, le pejòr tremende co’ gh'è al mundo a chi
e sopórta con l'ànema zoiósa. Comosión e amor ul
sente par ti. No’ ti dimanda se té sèt contento se té
drisa una giàmba, se té fa vèder da un ögio: te
miràcula e basta! Ma ti varda ben de no’ lasàrte
miga catàr de cumpassión par lü, che o l'è ól plu’
gran perìcol de vès miraculàt. No’ fàite comosìon,
no’ sdolzìrte de pità! A l'è mejòr che sbarachéme
de ‘sta contràda.
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CIECO Sbaracàr? E par qual resòn?
STORPIO I dise che se ‘sto fiòl de Deo ól ‘gnise
solo a traversàr de chi lòga, mi ‘gnería miracolàt
d'un bòto... e ti anca, a la misma manéra! TOC!
Meracolà, fregà, fotùo! Sarèsmo fotüi! No’ té
comprende? Mi no’ pòdo tór ‘sta condisión con
alegrèssa. Dovarémo lavorar sóto padrón, col criàr,
coi bastùn… perderèsmo ól privilegio mas de cui
vivémo!
CIECO Ohj che me cata i südori frègi in del
pensàrghe! T’è gh’ha rasùn! Ol màsimo priviléz
che gh’avémo l’è quèlo de avérghe in pari ai siòri,
i magióri, de tòr gabèla: lori coi libri lori, con le
spade… nojàrtri co’ la pità! Se ól ghe meràcula a
dio ‘catunàg!
STORPIO: Oh! Te l’hàit capìda finalmént!
Sgomberèm de chi-lòga prima che ól ghe piómba
adòso ‘sto stregonàsso. 'Ndèm a intapàrse in quai
bögio,
dua
miracoladór!
córi!
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no’
riéssa
a
trovàrghe
‘sto
Mi cognóso una hostària... Córi,
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CIECO: No, dovémo andàr plu lontàn! Föra da la
çitàde. Andémo a Ferara!
STORPIO: Ferara! Bòn, ‘démo… Vaì vaì vaì! (Si
blocca spaventato) Ferma! Jesus Cristo ól ‘riva de
següro anco a Ferara, ól sàbie me!
CIECO Bòn, andémo a Bologna! ‘Ndemo,‘ndémo
a Bologna!
STORPIO (sconfortato) Ferma! Ol vai anco a
Bologna… Jesus ól va dapartüto!
CIECO: No! Ol gh’ha una çità dove no’ l’arìva!
(Pausa) A Roma! A Roma no’ ghe va de següro!
‘Démo, ’démo… (Mima si scivolare) MUAH!
Desgrasió! Un’ altra buàgna! Sont ‘ndà a slisegàr!
Ohj che me sont inzupàd... no’ sont plú capàz de
mòverme!
STORPIO Té végna un càncaro! Impròprio
adèso?! No’ ti podévi vardàre in do’ té metévi i
pie?
CIECO: Come fago a vardàr che no’ ghe vedo!
No’
ghe
vedo,
no’…
(interrompendosi
sbalordito:pausa) Bòja! Ghe vedo!! Deo grazie,
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ghe vedo! (Quasi in estasi, scopre tutto quello che
lo circonda partendo dai suoi piedi) Ohoo… i miei
pie! Varda che bèi pie! Ün, dü, tri, quatro didìni…
Oh che bel didón!… Varda! I àrbori… i sasi…
Ohoo! Varda tüti i èrbori coi fiorelìn… mé voi
‘basàre a còjere un… (si abbassa e lo storpio
crolla a terra disarcionato).
STORPIO Desgrasiào, maledècto! Té m’è fàit
tombàr par tèra!… (Gli sferra un calcio) TOC!
(Un attimo di sbigottimento) Ma sont stàit propi mi
che t'ho molàt la pesciàda? Fame provàr de
nòvo… (Altra pedata) Sí... sí! (Cambia tono) No’
fémo schèrsi! Chi me valzà la giàmba de drio? Chi
m’alsà la giàm… (si interrompe sbalordito: pausa)
Dòj giàmbe meracolàt! Dòj giàmbe en una volta
sola! Cristo, esageràt! C'ól sia malarbéto ‘sto
ziórno... A sont roinàt!
CIECO:
(continuando
a
guardarsi
inorno,
estasiato) Le formìgole, varda! Bele, care!
I
moschi… quèsti a son de segùro i moschi! Ohi che
moscón… no, quèlo l’è ‘n’usélo… dòj uséli! Le
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piante, quèlo l’è ól verde de le föje… quante föje!
Oh quante föie… ün, dòj, tri, quater, sinc, sise
(contina a contare molto velocemente, quindi
s’interrompe, cambiando tono)… i conti dopo!
(Spalanca gli occhi rapito) Le done! Va che bele
le done! (Sempre più esaltato) Va che bele le
done! Vuah! (Serie di suoni onomatopieci in segno
di grande apprezzamento, dopo un lungo sguardo
a “panoramica”)… Miga tutte! (Ispirato) Ol
ziélo, ól ziélo che fondo… ohi che lóngo co è!
Adèso comprendo còssa l’è ól colór… che bèlo!
Ol sol còmo es che pica! Oh luz, luz, luz, luz che
no’ riésso plù de mirarla che me inciuchìse… co
mé strarìpa in tèl zervèlo!
Jesus gràsie!
Ol miràculo plu grando che te me fàito l’è quèl de
comprénder che dignitàt no’ ès campàr traiénde
pità a i altri, dimandàr carità a chi sgòba e fadìga.
Mejòr andàr sota padron ma co’ tüte giàmbe e ügi
sani e brigàr par cavarsélo da le spale quèl che te
ciücia ól sangue.
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STORPIO Ma che descórsi de baléngo te vai
faséndo. Avérghe padron ma farse scanàr par
liberàrse. No, mi no’ ghe sto miga! (Lo spintona
con rabbia) Desgrasiò… t’ancorgerìt quando saràit
sóto padròn, bastonàt… e quando la tòa dona
andrà a putàne e i fiöl de té, desclàvi e imbregà a
morir de fame… t’ancorgerìt col’è ‘sta dignitàd.
Mi no’ apzètto ‘sta condisión, mi no’ voi ‘sto
meràcolo.
Mi
pretendo
de
tornar
come
avànte:acatón! (Andando intorno come impazzito,
con voce disperata) Zénte, no’ cognosìt qualche
stregognàsso c’ho gh’àbbia un inguénto o che me
faga dei segni coi man, col fògo, col fèro de fàrme
tornare le giàmbe incrusciàde, storpiàt? Aidème,
no’
cognosìt
vün...
anca
fèmena-stròliga
(Piangendo) Aidéme! Aidéme a storpiàrme le
giàmbe come avanti!
Jesus! Dove sei? Jesus! Jesus, pitàt! No’ té gh’’ho
giamài blasfemàto mi! Jesus parchè m’hai
condanàto? Jesus, Jesus!
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MORALITÀ’ DEL CIECO E LO STORPIO 2000
TRADUZIONE
Versione per un solo giullare che interpreta
entrambi i ruoli.
CIECO Aiutatemi, buona gente... fate la carità, a
me che sono poveretto e disgraziato, orbo di due
occhi, che per fortuna, non mi posso guardare, che
mi farei una tal compassione disperata da
ammattirmi.
Aiutatemi!
Aiutatemi
che
ho
perduto… (mima di andare a sbattere contro ad
una
colonna)
Ahia!
Merda!
‘Sta
colonna!
Aiutatemi che sono ubriaco... (sbatte contro
un’altra
colonna)
STON!
Ohio!,
un’altra
colonna!... Aiutatemi! (Altra colonna) TON!
(Disperato)
Sono
circondato
da
colonne,
prigioniero di colonne! Datemi una mano… che ho
perduto il cane che mi accompagnava… no... non
l’ho perduto: mi è scappato... lo tenevo con una
corda... m’ha dato uno strattone... e ‘sto cane
vizioso-degenerato è corso dietro a una cagna in
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fregola, in calore, ubriaco... che non pensano che a
quello ‘sti cagnacci! Beh, almeno io credo fosse
una cagna in calore che me l’ha imbesuito, ma
potrebbe essere stato anche un gatto vizioso che ce
ne sono di quelli che vanno a far moine dietro i
cani degli accecati come me... che nessuno aiuta!
(Mima di sbattere contro un’ennesima colonna)
PAM! Ohi, non mi riesce di sortire da ‘sta
trappola! Non posso andare intorno che picchio e
ripicchio con la crapa in tutte le colonne e in tutti i
cantoni... (A voce spiegata, più che disperato)
Qualcuno mi aiuti! (Si sposta sul lato opposto
della scena ponendosi in ginocchio: all’istante si
trasforma ne “lo storpio”)
STORPIO (quasi piangente) Ohi gente di cuore,
abbiate pietà di me che sono conciato al punto che
nel guardarmi mi sento prendere da tanto spavento
che vorrei scappare a tutte gambe, se non fosse che
sono storpio… non posso muovermi se non con
questo trabiccolo, ma ‘sto mio carretto è andato a
finire
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dentro
‘sti
squarci
che
s’aprono
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all’improvviso nel selciato e tutte quattro le ruote
si sono rotte (spezzate). Aiuto, aiuto! Non c’è
nessuno che abbia quattro ruote nuove da
prestarmi? Dio Signore, fammi la grazia di quattro
ruote sane! Dio aiutami! Se nessuno passa di qua a
farmi la carità, come riuscirò a campare!
Aiutatemi! Abbiate pietà di me! (Si porta sul lato
opposto e riprende il personaggio del “cieco”)
CIECO Chi grida pietà? Oh!, l’ho detto per primo
io, eh! Chi si lamenta che vuole le ruote di Dio?
Chi sei tu?
altro cambio di posizione
STORPIO Sono io che mi lamenta... lo sciancato...
storpio con le ruote spaccate. Mi riconosci?
CIECO Sì, sì… Vieni vicino a me... da quest’altra
banda (parte) della strada, che vedrò di aiutarti...
da questo momento, basteranno piccoli gesti ad
indicare il cambio di personaggio
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STORPIO
Non
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posso,
non
mi
riesce
di
raggiungerti... Dio maledica tutte le ruote del
mondo e le faccia divenire quadrate che non gli
riesca più di andare intorno a rotolare! Vieni qui
tu... che io non ce la faccio a spostarmi da ‘sta
carreggiata!
CIECO: Ma come faccio venire da te che ho tutte
‘ste colonne che non mi fanno passare! Dio
maledica tutte le colonne del mondo… le faccia
crollare sulla crapa di tutti, come tempesta!
Maledette colonne! (Cambia tono) Ho una
pensata: a furia di prendere botti sul cervello mi si
è aperto spalancato! Potrei fare in modo di venire
diritto fino a te… se tu mi parli e mi avverti
quando sto per andar a sbattere contro una
colonna... (parla come fosse lo storpio) “No,
fermo! C’è una colonna… passa di là… abbassati,
c’è un’altra colonna…” io vengo avanti… ti
raggiungo. Guarda, ci starei perfino a caricarti
sulle mie spalle, tutto intero, salvo le ruote e il
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carretto. Ci trasformeremo in una creatura sola di
due che siamo: ti carico in groppa come se tu fossi
un cavaliere a cavallo... in un botto (colpo) io
divento le gambe tue e tu diventi gli occhi miei e
insieme andremo intorno con quattro mani a
domandare carità! Carità! Carità! Carità!… Gran
pietà faremo!
STORPIO Ohi, che pensata! Devi avere un gran
cervello tu, pieno di ruote e rotelle! (Spalancando
le braccia verso il cielo) Ohi, che il Signore Dio
m'ha fatto la grazia di prestarmi le ruote del tuo
cervello per farmi andare intorno di nuovo a pietire
la gente!
CIECO Seguita (continua) a parlare che mi
oriento... (mi orizzonto) (si avvia) Vado bene in
questa direzione?
STORPIO Sí, vai sicuro che sei sulla rotta giusta.
CIECO Vado sempre a dritta?
STORPIO Sì, va tranquillo che ti do (indico) la
direzione.
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CIECO: Vengo... Aiutami… parla, parla… che
arrivo. (Si blocca, minaccioso) Ah, non fare
scherzi a un povero cieco, che se poi t’abbranco, ti
strozzo!
STORPIO: T’ho detto di andare tranquillo!
Partiamo! Va sicuro che non ci sono colonne.
CIECO:
Sicuro?
Non
ci
sono
colonne?
(S’incammina e mima di andare a sbattere contro
una colonna) TON! Ma…
STORPIO: È un albero!
CIECO: (inviperito) Lo so anch’io che non è una
colonna: è un albero... ma spaccano la crapa (testa)
anche gli alberi! Maledetto! Tu mi devi avvisare!
Non solo le colonne, anche gli alberi, anche i
paloni, anche le case! Per non andare a sbattere è
meglio che mi butti gattoni (si pone in ginocchio,
carponi. Cambiando tono) Vengo avanti... posso?
Mi muovo? Sicuro? Mi muovo. (Esegue. Si blocca
e annusa una mano disgustato) Non è una
colonna, non è un albero, ma stratanfa di puzza!
È merda! Me ne vengo per un’altra strada. Non mi
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fido dei tuoi consigli... (va verso lo storpio
muovendosi a rovescio come un granchio) così
anche se ci sono colonne, alberi, merda, sbatto
solamente col culo! Attento che vengo!
STORPIO Vieni, vieni bel bambino della tua
mamma, vieni qui... vieni caro, non aver paura!
Non andar via alla deriva... raddrizza a dritta... Oh,
il mio barcone di salvataggio! (Tra sè orgoglioso)
Sono anche poeta! Vieni bello, vieni... Attento...
attento... che c’è uno smerdazzo di vacca! Ci sei
andato deréntro! D’accordo che sei orbo da tutte e
due gli occhi, ma sei orbo anche di naso se non
senti quel tanfo! Oh povero disgraziato tutto
smerdazzato! Vieni qua meschinaccio...
CIECO (mima di aver trovato l’amico) Ti ho
preso?! Sei proprio tu?
STORPIO
Sono io quello, oh bel sguercione
d’oro! Fatti abbracciare! (Si abbracciano) No con
le mani! (Recita disgusto ripulendosi la faccia)
Vieni qui, caro... che ti do un bacino!
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CIECO: Sono arrivato! Sono arrivato! Oh, grazie
mio
san
Cristoforo!
Adesso
muoviti… su,
montami in spalla… dammi la gamba... La gamba,
non il braccio! (S’interrompe meravigliato) È una
gamba questa?! Che schifo! Sono contento di
essere orbo per non vederla! Dammi l’altra... su,
su... madonna! Oddio... Cosa sei? Un coniglio?
(Tra sè) Oh, mi fa pietà! (Al compare) Vieni su,
su, dammi un colpo (una spinta) col culo… su,
monta con ‘sto culone! Ohi, hai le gambe da
coniglio, ma il culo d’elefante, eh! Vergine Madre!
Andiamo... dammi una spinta forte... daiii! Op,
Op… (Risentito) Ohi, non piantarmi le ginocchia
nelle reni che mi stronchi...
STORPIO Perdonami... è la prima volta che
monto a cavallo, non ci sono abituato. Ohi tu, fai
attenzione
a
non
sbattermi
di
sotto,
mi
raccomando!
CIECO Ferma, ferma! Ohia, che quintalata che
sei!
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STORPIO Quintalata io?... Ma se sono una
piuma... una farfalla!
CIECO Una farfalla di piombo, che se ti lascio
cascare per terra fai un buco da trovarci l’acqua
sorgiva... sangue di dio! Hai mangiato un incudine
di ferro a colazione?
STORPIO Sei matto, sono due giorni che non
mangio.
CIECO Bene, ma saranno puranche due mesi che
non caghi!
STORPIO Ohi che sbroffonate triviali: Dio mi
venga a testimone... sono sei giorni appena che
non vado di corpo.
CIECO Sei giorni? Almeno due pasti al giorno
fanno dodici coperti. San Gerolamo protettore dei
facchini... sto portandomi intorno un magazzino di
scorte per un anno di carestia. Mi dispiace ma io ti
scarico qui e tu mi fai il sacrosanto piacere
d’andare
a
scagazzar
immagazzinamento illegale!
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fuori
‘sto
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STORPIO: Piantala di ciarlare! (Felice) Ohi, che
bel cavallone che sei, orbo! Orco… sono a
cavallo! Com’è bello... Voglio comprare un
cavallo! (Incitandolo) Trotta, mio bel sguerciotto!
Hhhiiii!
CIECO: Non sbattermi in ‘sta maniera che mi si
stroncano le reni!
STORPIO: Oh!, senti: non hai un ferro da
cacciarti-infilarti in bocca a fare da morso con
attaccate un paio cinghie? Mi sarebbe più facile
guidarti intorno... che ti tiro di qui... ti tiro di là e
poi una... Bene... lo farò con le orecchie... stai
attento: quando ti tiro l’orecchio di sinistra, tu vai
a sinistra, quando...
CIECO: Lo so!
STORPIO Fermati! Non senti ‘sto fracasso?
CIECO Sí, mi pare di gente che sbraita e
bestemmia!
STORPIO Contro chi gridano? Fatti un poco più
in dietro che c’è più chiaro e posso vedere
meglio... (Come stesse parlando ad un cavallo)
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Pogiaaaa... leuuuuu! Bene, adesso lo vedo... ce
l’hanno con quello... povero Cristo!
CIECO Povero Cristo a chi?
STORPIO A lui… al Cristo in persona... Jesus,
figlio di Dio!
CIECO Figlio di Dio? Quale?
STORPIO Come, quale? L’unico figlio, ignorante!
CIECO Ah, mi vieni a dire che Dio ne ha uno solo
di figlio? Poveraccio!
STORPIO L’hanno legato a una colonna... e lo
stanno bastonando. Ohi, come pestano, ‘sti
malnati!
CIECO Oh povero figliolo... perché lo picchiano?
Cos’ha ha fatto a ‘sti balordi?
STORPIO È venuto a insegnarci ad essere tutti
amorosi, come tanti fratelli. È un santone-stregone
che non ce n’è un altro eguale! Dicono che fa cose
mirabili, meravigliose: guarisce le malattie, le
peggiori tremende che ci siano al mondo a chi le
sopporta con anima gioiosa. Commozione e amore
sente per te. Non ti chiede se sei d’accordo che ti
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raddrizzi una gamba, che ti faccia vedere da un
occhio: ti miracola e basta! Ma tu guardati bene
dal lasciarti prendere dalla compassione per lui,
che lì sta il rischio maggiore di essere miracolati.
Non lasciarti andare, non sdolcirti (addolcirti) di
pietà! È meglio che sbaracchiamo da ‘sta contrada.
CIECO Sbaraccare? E per quale ragione?
STORPIO Dicono che se a ‘sto figlio di Dio
capitasse solo di passare di qui, io verrei
miracolato all’istante... e tu anche, alla stessa
maniera! Toch! Miracolato, fregato, fottuto!
Saremmo fottuti!
Non capisci? Non posso
accettare ‘sta condizione con allegria. Dovremmo
lavorare sotto padrone, sopportar urla bastonate...
di colpo ci ritroviamo spogliati del privilegio
massimo di cui godiamo!
CIECO Ohi… che son preso da sudori freddi al
solo pensarci! Hai ragione! Il massimo privilegio
che abbiamo è quello di avere pari ai signori, ai
maggiori, di prendere gabelle: quelli, coi libri loro,
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con le spade... noialtri con la pietà! Se ci miracola
addio accattonaggio!
STORPIO:
Oh!
L’hai
capita
finalmente!
Sgombriamo di qui prima che ci capiti addosso
‘sto stregone. Andiamo a “intapparci” in qualche
buco, dove non riesca a trovarci ‘sto miracolatore!
Io conosco un’osteria... Corri, corri!
CIECO: No, dobbiamo andare più lontano! Fuori
dalla città. Andiamo a Ferrara!
STORPIO: Ferrara! Bene, andiamo... Vai, vai, vai!
(Si blocca spaventato) Ferma! Gesù Cristo arriva
di sicuro anche a Ferrara, io lo so!
CIECO Bene, andiamo a Bologna! Andiamo,
andiamo a Bologna!
STORPIO (sconfortato) Fermo! Va anche a
Bologna… Jesus va dappertutto!
CIECO: No! C’è una città dove non arriva!
(Pausa) A Roma! A Roma non va di sicuro!
Andiamo, andiamo... (Mima di scivolare) MUAH!
Disgraziato! Un altro smerdazzo di vacca! Sono
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scivolato! Ohi, mi sono azzoppato... non riesco più
a muovere il piede!
STORPIO Ti venisse un cancro! Proprio adesso?!
Non potevi guardare dove poggi ‘ste zampe?
CIECO: Come faccio a guardare che non ci vedo!
Non ci vedo, non... (interrompendosi di colpo,
sbalordito) Boia! Ci vedo!! Deo grazia, ci vedo!
(Quasi in estasi, scopre tutto quello che lo
circonda partendo dai suoi piedi) Ohoo... i miei
piedi! Guarda che bei piedi! Uno, due, tre, quattro
ditini… Oh che bel ditone!… Guarda! Gli alberi…
i sassi... Ohoo! Guarda l’erba con i fiorellini... mi
voglio chinare a cogliere un…
(esegue e lo
storpio crolla a terra disarcionato).
STORPIO Disgraziato, maledetto! Mi hai fatto
cadere per terra!... (Gli sferra un calcio) TOC! (Un
attimo di sbigottimento) Ma sono stato proprio io
che ti ho mollato la pedata? Fammi provare di
nuovo... (Altra pedata) Sí... sí! (Cambia tono) Non
facciamo scherzi! Chi mi ha sollevato la gamba da
dietro? Chi mi ha alzato la gam... (s’interrompe
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sbalordito: pausa) Due gambe miracolate! Due
gambe in una volta sola! Cristo, esagerato! Che sia
maledetto ‘sto giorno... Sono rovinato!
CIECO:
(continuando
a
guardarsi
intorno,
estasiato) Le formiche, guarda! Belle, care! Le
mosche... queste sono di sicuro le mosche! Ohi che
moscone... no, quello è un uccello... due uccelli!
Le piante… quello è il verde delle foglie... quante
foglie! Oh quante foglie... una due, tre, quattro,
cinque, sei (continua a contare molto velocemente,
quindi
s’interrompe,
cambiando
tono)…
le
conterò dopo! (Spalanca gli occhi rapito) Le
donne! Va che belle le donne! (Sempre più
esaltato) Va che belle le donne! Vuah! (Serie di
suoni
onomatopieci
in
segno
di
grande
apprezzamento. Dopo un lungo sguardo a
“panoramica”)… Mica tutte! (Ispirato) Il cielo, il
cielo che profondo! Ohi che lungo che è! Adesso
capisco cos’è il colore... che bello! Il sole come
picchia! Oh luce, luce, luce… luce che non riesco
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più a rimirarla che mi ubriaca... che mi straripa nel
cervello!
Jesus grazie!
Il miracolo più grande che mi hai fatto è quello di
farmi intendere che dignità non è campare traendo
pietà dagli altri, chieder l’elemosina a chi sgobba e
fatica. Meglio andar sotto padrone ma con le
gambe e gli occhi sani e brigare per cavarti dalle
spalle quelli che ci succhiano il sangue.
STORPIO Ma che discorsi da balengo vai
facendo. Avere padroni, ma farsi scannare per
liberarsene! No, io non ci sto. (Lo spintona con
rabbia) Disgraziato... t’accorgerai quando sarai
sotto padrone, bastonato… e quando la tua donna
andrà a far la puttana e i figli tuoi, schiavi e
costretti a morire di fame... t’accorgerai di cos’è
fatta ‘sta dignità. Io non accetto ‘sta condizione, io
non voglio ‘sto miracolo. Io pretendo di tornare
come prima: accattone! Voglio campare di poco
pane ma di tutta libertà! (Andando intorno come
impazzito, con voce disperata) Gente, non
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conoscete qualche stregone che abbia un unguento
o che mi faccia dei segni con le mani, col fuoco,
col ferro per farmi tornare le gambe storpiate?
Aiutatemi, non conoscete uno... anche femminastrega… (Piangendo) Aiutatemi! Aiutatemi a
storpiarmi le gambe come prima!
Jesus! Dove sei? Jesus! Jesus, pietà! Non ti ho mai
bestemmiato, io! Jesus perché m’hai condannato?
Jesus, Jesus…
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IL MIRACOLO DELLE NOZZE DI CANA
Foto 10. “La Domenica delle Palme”. Stampa
popolare del secolo XVIII.
Prologo EINAUDI 1969
Un inglese, certo Smith, nell’Ottocento ha
raccolto in un volume parecchie rappresentazioni
sacre d’Italia (viene proietta la foto 10). Ecco,
questa è l’immagine di un “mistero” che ancora
oggi si rappresenta in Sicilia, esattamente nella
Piana dei Greci. Questa azione corale indica tre riti
diversi che si esprimono in una situazione analoga:
l’entrata di Cristo in Gerusalemme applaudito
come re di Israele, attorniato dal popolo festante
che agita rami d’ulivo e tralci di palma. Ancora
rappresenta
Bacco,
il dio
dell’allegrezza e
dell’ebbrezza, in processione con i satiri; e infine
Dioniso accompagnato dai sileni e dalle baccanti
che scende agli inferi. A proposito di questa
divinità della Grecia primitiva, di origine tessalicominoica, dobbiamo ricordare che nelle prime
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catacombe cristiane troviamo la figura di Cristo
rappresentata con la stessa immagine del dio greco
arcaico. Di lui si racconta che preso di immenso
amore per le creature umane, quando Plutone dio
delle tenebre venne sulla terra a rapire CoreProserpina, vergine dea “del novello aprile” (come
si canta in un maggio toscano) per trascinarla
all’inferi e godersela tutta per sé, egli Dioniso, si
sacrificò: salì in groppa a un mulo, scese all’Ade,
pagò di persona, con la propria vita, pur di
restituire agli uomini la dolce fanciulla simbolo
della primavera.
Anche Gesù, appresso, è quel Dio che viene sulla
terra per cercar di ridare la primavera agli uomini.
Questo incastrare le divinità e i loro eventi l’uno
deréntro l’altro, notate bene, non è casuale nella
storia delle religioni di tutti i popoli, assomiglia
piuttosto a un disegno a cerchi susseguenti che
riproducono gli stessi motivi trasformandoli e
riproponendoli all’infinito. A raccontare questo
mistero, sacro e buffo insieme, “Le nozze di Cana”
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abbiamo
il
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personaggio
personaggio-guida
di
questa
dell’ubriacone,
giullarata,
che
racconta come, trovandosi ad una festa nuziale, si
sia ubriacato con il vino fabbricato, inventato
espressamente da Gesù Cristo. Gesù Cristo,
dunque, che diventa Bacco, e che ad un certo
punto è rappresentato all’impiedi, sopra un tavolo,
mentre
esaltato
incita
tutti
i
commensali:
“Imbriaghìve zénte, fèite alegrèssa, inciuchìve, fèit
bòn! No' aspecìt dòpo!” Siate felici, è questo che
conta: non aspettate il paradiso “dopo”, appresso,
il paradiso è anche qua sulla terra.
Proprio il contrario di ciò che ci insegnano a
dottrina, da ragazzini, quando ci spiegano che,
insomma, bisogna pur sopportare... siamo in una
valle di lacrime... non tutti possono essere ricchi,
c’è chi va bene e chi va male, ma poi ognuno viene
ricompensato quando saremo nell’aldilà... State
tranquilli, state buoni e non rompete le scatole.
Questo, più o meno.
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Due sono i personaggi che conducono questa
rappresentazione: l’ubriaco e l’angelo. L’angelo,
meglio un arcangelo, vorrebbe raccontare il
prologo di uno spettacolo sacro, deréntro i canoni
tradizionali; l’ubriaco sproloquiante, vuole a sua
volta, ad ogni costo, raccontare l’evento come lo
ha vissuto di persona a testimoniare della sbronza
procuratasi col vino delle nozze di Cana.
L’angelo parla un veneto aristocratico, elegante,
forbito; l’altro in un volgare rozzo, becero e
fortemente colorito.
I due giungeranno ad un diverbio poco dialettico
che si risolverà con pedate e spintoni: l’angelo sarà
costretto alla fuga.
La giullarata sarà da me realizzata senza l’aiuto
di alcun attore di “spalla”, non per un eccesso di
protagonismo ma perché me lo impone la struttura
monologante del brano. Abbiamo tentato più di
una volta a mettere in scena brani di questo tipo
con diversi interpreti ma abbiamo scoperto che
non reggevano. L’azione nella versione dialogata
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ristagna, si creano continui vuoti di ritmo e spesso
cala ogni tensione comica e drammatica.
Al contrario l’affabulazione del giullare, unico
interprete, realizza effetti di sintesi e velocità
di
sdoppiamenti, che proiettano un fitto gioco
d’azioni allusive, cariche di fantastica teatralità e
che raddoppiano tensione e comicità.
Allora, quando mi troverò da questo lato del
proscenio
(indica
a
sinistra),
rappresenterò
l’angelo, aristocratico, con bei gesti; quando mi
sposterò sull’altro lato (indica a destra), sarò
l’ubriaco.
(Fino a quando il personaggio dell’angelo rimarrà
in scena, ne sarà proiettata sul fondo l’immagine:
foto 11. Un “angelo”, di Cimabue, Assisi, Triforio
di San Francesco
(fine secolo XIII).
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LE NOZZE DI CANA
Presentazione 2000
corretta
“Le nozze di Cana”: si tratta evidentemente della
festa di nozze - il mariazzo - con l’immancabile
miracolo del vino. Il racconto del miracolo è
introdotto da un “contrasto” fra un angelo e un
ubriaco, un beone che si è inciucchito grazie al
vino fabbricato da Gesù Cristo. La descrizione
della qualità di questo vino è espressa in un
linguaggio quasi luculliano, ma la parte più epica
della giullarata è senz’altro la presentazione di
Cristo. L’ubriaco ce lo descrive come una persona
profondamente umana di una simpatia e giovialità
a dir poco divina, forse fin troppo espansivo…
Gesù alla levata dei calici, sferra manate sulle
spalle degli invitati
da procurar loro un
pneumatorace spontaneo! Ad un certo punto, sale
su un tavolo e mesce da bere a tutti, invitando i
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commensali a gran voce ad un brindisi quasi
orgiastico.
Uguale e preciso a quei Gesù che noi conosciamo
grazie la raffigurazione classica del Quattro e
Cinquecento... non so se avete in mente quella
scena, la gran tela delle “Nozze di Cana” dipinta
dal Veronese dove appare un Cristo bellissimo con
boccoli fluttuanti che scendono a cascata fin sulle
spalle... occhi che spargono luce, naso sottile,
barba fitta e riccioluta: Sandokan, tanto per
capirci. Avvolto in un panneggio con pieghe
studiate, proiettanti riflessi, double face. Il dipinto
ci mostra ancora uno stuolo di belle signore
eleganti, tutte ornate di collane splendide, che fan
cerchio al Messia: “Che ci offre oggi, Maestro? Ci
suona qualcosa?” ... e un discepolo le avverte: “ E’
un altro maestro, questo!” Si sa... nei ricevimenti
fastosi si cade spesso in confusione. Proprio un
ambiente da gran signori: colonne a torciglioni,
archi, tendaggi... quassù gli invitati di riguardo,
più sotto quelli della corte bassa che trincano e
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sbevazzano, versando da otri e botticelle il vino
del miracolo... Cristo fra i notabili regge una coppa
di cristallo... Lui beve whisky.
Vi posso ricordare anche di quell’altro Cristo...
quello aristotelico, quasi euclideo, opera sublime
di Piero della Francesca, pittore straordinario.
Vediamo il figlio di Dio collocato deréntro una
perfetta geometria prospettica, capolavoro di
metafisica!
Colonne
in
progressione,
con
trabeazioni a scorcio, lui, Cristo... nudo, legato ad
una colonna... un raggio di taglio, una splendida
luce che mette in risalto il fluire dei capelli... così:
(si atteggia a statua ellenistica, tenendo il viso alto
e
leggermente piegato)…la sua parte buona è
questa (indica un lato del viso)” ... appoggiato su
una gamba, l’altra ripiegata... gioco a basculla
dell’anca, la spalla di destra un poco alzata, il
busto leggermente torto... Prassitele, insomma! Ai
lati del Cristo due energumeni che lo aggrediscono
con flagelli e verghe... froppate della madonna!
Sudati, abbruttiti... nella foga di battere si sono
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Sala di Cesenatico 166
quasi attorcigliati su se stessi, lo percuotono con
furore inaudito e lui è lì... assente che sembra dire
annoiato: “Ne avete ancora per molto?” Non ha
partecipazione umana. D’altra parte è DIO... che
gliene frega: “Il corpo è lì ed è dell’uomo, ma io
sto lassù!”
Invece quest’altro Gesù che vi presentiamo ora è
proprio deréntro tutto il suo corpo; sto parlando
del Cristo descritto dall’ubriaco. Lo vediamo in
piedi sul tavolo che incita i commensali a godere
del
suo
vino:
“Bevét
zénte,
inciuchìve,
imbriachìve... fàit bón... no’ aspecít... dopo... de
morti, a vès felìz!”. Bevete gente… state bene…
subito qua, su questa terra! Non aspettate dopo…
da morti ad essere felici!
In fondo sono proprio gli stessi discorsi, precisi,
che il curato o cugitore ci propinano da ragazzini a
dottrina. Ci spiegano che siamo in una valle di
lacrime, che bisogna sopportare pazienti, che
siamo di transito... come in una sala d’aspetto:
ognuno che attende il proprio turno. (Fa
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immaginare l’ingresso di un angelo-uscere che
legge su un registro) “Alfonso Pierin! Si va !”
(Mima il levarsi di scatto di un’anima) “Tocca a
me... addio gente! (Accenna ad un’ascesa leggera,
quasi danzata, in cielo)” “Fiornina Lazzati: via!”
“Tocca a me! Saluti alla compagnia... ci vediamo!”
I parroci ci assicurano anche che nascere poveri in
un certo senso è una fortuna: “Povero, sei povero!
Beati i poveri di spirito…” “Ah sì?... Ciumbia!!
(Gesto di allegria mistica) Ah, ah, ah... fino a poco
fa mi sentivo un catorcio, un diseredato... ma
adesso che me lo dici tu... mi stento proprio
beato... ah, ah, ah... sto proprio bene, guarda... ah,
ah, ah (sghignazza saltellando felice)... sono
povero, sono povero!” (Cambio rapido di tono e
atteggiamento) Al contrario, per i ricchi: “Porco
cane, mi è andata male, sono nato ricco! Vabbé”.
Senza scherzi: essere ricchi al tempo in cui in
Palestina viveva Gesù era un’autentica iattura,
perché quel Cristo era un santo tosto! Vi ricordate
le insolenze che lanciava... un tremendo moto
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d’accidia verso il ricco, quasi un odio di classe...
non l’ho mai capito.
(Entra nel personaggio di Gesù che s’arresta
indicando lontano con il braccio teso): “Ricco!”
(agita la mano in segno di minaccia, mima di
afferrare il ricco, gettarlo a terra e di schiacciarlo
come un bacherozzo. Alla fine della pantomima
commenta) Tanto che i ricchi in Palestina non
uscivano neanche di casa, vivevano nel terrore di
incontrare Gesù: “Andiamo fuori a prendere una
boccata d’aria?”
“No, no... poi incontro Gesù di Nazaret che mi
punta il dito!”
“Sta tranquillo, è nell’orto dei Getsèmani che
prega. ”
“No, io non esco! ”
Rimanevano chiusi in casa, guardavano attraverso
le imposte. Sono nate in quel tempo le persiane...
per premettere ai ricchi di sbirciare fuori, senza
essere scorti (mima di spiare attraverso le
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imposte). “Non c’è, non c’è (si ritira di colpo,
spaventato)...CRISTO!!”
Ed è lì che è nata questa espressione. Prima
d’allora era assolutamente sconosciuta. Uscivano
solo di notte, quando non c’era anima viva per la
città: “Vieni, respiriamo un po' d’aria fresca... non
c’è nessuno... piano, piano... ah, che bello!”...
TOM! Il dito terribile di Gesù Cristo che spunta
dall’angolo: (in atteggiamento di giudice estremo)
“Ricco, è più facile che un cammello entri nella
cruna di un ago, che tu nel regno mio dei cieli...
ah, ah, ah!” (Sghignazzando agita le braccia e
produce l’immagine di Cristo che spiega le ali e
spicca il volo, salendo in cielo, sempre più piccolo
fino a scomparire nell’infinito).
Io da ragazzo mi chiedevo perché ce l’avessero
tanto con questo povero cammello, al punto di
volerlo ficcare ad ogni costo deréntro la cruna di
un ago. Ma che v’aveva fatto ‘sta povera bestia? E
mi vedevo una banda di energumeni scatenati:
“Dov’è ‘sto cammello... acchiappalo, dai... reggi la
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cruna... spingi, ruzza... forza! Tutti insieme! Dai
che s’infila. No... si è bloccato... maledetta gobba!
Spingiamo... ohohoh”... FLOOP (mima l’infilata
dell’animale nella cruna sventrata dell’ago).
Fatto: vien fuori un cammello senza gobbe... Ecco
come e quando è nato il cavallo.
Torniamo al “dialogo a contrasto” fra l’angelo e
l’ubriaco. Anche qui abbiamo un unico giullare
che rappresenta i due personaggi. Immaginate da
questa parte (indica il lato destro del proscenio)
c’è l’ubriaco, dall’altra l’angelo. Basterà di volta
in volta che io accenni solo al cambio di posizione
e voi indovinerete chi dei due sta parlando.
Il volgare che ascolterete in questa “conta” è
ancora lombardo, ma naturalmente infarcito di
termini provenzali, veneti, romagnoli con qualche
espressione napoletana, tanto per renderlo più
brillante. Il primo a intervenire è l’angelo che si
prepara ad introdurre il mistero del vino in forma
canonico, l’altro lo interrompe per raccontare a sua
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volta il miracolo ma come sua esperienza
personale: lui c’era a quel miracolo. Nel diverbio,
vengono addirittura alle mani.
L’angelo ci appare in tutto il suo splendore,
biondo, occhi grandi e luminosi, slanciato,
elegante in ogni suo gesto... qui (indicando se
stesso) dovrete dimostrare molta fantasia!
(Parte il contrasto )
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LE NOZZE DI CANA
monologo - didascalia
ANGELO (si rivolge al pubblico sollevando le
braccia al cielo ad imitazione degli oranti) Fèite
atensión, brava zénte, che mi vòi parlarve de una
storia vera, una storia che l'è cominzàda...
UBRIACO (interrompendolo) Anco mi ve voi
‘contàre de una storia maravegiósa... de ‘na ciùca
belìsima che me son catàt!
ANGELO 'Briagon!... Cito!
UBRIACO Vorìa ‘contàre anca mi...
ANGELO No! Ti no' te conti! Che mi son lo
spròlogo e débio sprologàre a mi! Föra!
UBRIACO (accenna a parlare) Ma…
ANGELO: Cito! (Al pubblico riprendendo la
posizione iniziale) Brava zénte, tüto quèlo che
anderémo a ‘contàre ól sarà tüto vero, tüto el sorte
dai libri dei vanzéli e quèl pòch che gh'èm tacà de
fantasia...
UBRIACO Mi no’ ghe taco de fantasia, l'è una
storia vera: me son catàt un'imbriagadüra si dólza,
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che non me vògio gimài plù embriagàre al
mundo...
ANGELO Cito! 'Briagón!
UBRIACO No' pòdo nemanco ‘contàre...
ANGELO No!
UBRIACO Eh... ma mi...
ANGELO No, ti no' te ‘cónti! (Al pubblico, come
sopra) Bòna zénte... Tüto quèlo che anderémo a
‘contàrve ól sarà tüto vero, tüto o l'è sortío dei libri
e dei vanzéli e quèl pòch che gh'èm tacàt de
fantasia...
UBRIACO (sottovoce e mimando) Dopo (indica
col dito) ve raconto de quèsta ciòca belìsima...
ANGELO Oh!, imbriagón!
UBRIACO Non fazéva niente!... Solo col dido...
ANGELO Neanche col dido!
UBRIACO Eh, ma non fago rumor col dido!
ANGELO Ti fa' rumor sì... Te fasévi: rrrrr...
UBRIACO No' è vera!
ANGELO: Cito!
UBRIACO: Eh, ma no' pòdo nemanco fiadàre?
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ANGELO: No!
UBRIACO: No' pòdo fiadàre?
ANGELO: No!
UBRIACO: Nemanco col naso?
ANGELO: No!
UBRIACO: Se no' fiàdo a s’ciòpo!
ANGELO S’ciòpa!
UBRIACO Ah ma... se a s'ciòpo a fago rumor, ah!
ANGELO S’ciòpa in silénsio!
UBRIACO: Oh, ma l'è dificile s’ciopàre in
silénsio!
ANGELO: Cito!
UBRIACO (ribadisce) Ma no' son capàze!
ANGELO Citooo! (Al pubblico) De tüto quèlo che
andarémo a ‘contàre ól sarà tüto vero, tüto o l'è
sortío dai livri, dai vanzéli… quèl pòch che gh'èm
tacàt de fantasia...
L'ubriaco si avvicina all'angelo giungendogli a
tergo e gli strappa una piuma.
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UBRIACO (sottovoce, tra sè, mimando di far
volare la piuma) Uhi, che bela pluma coloràda...
ANGELO Briagón!...
UBRIACO (sussulta spaventato, getta la piuma
per aria e mimando fa immaginare che una delle
piume, ricadendo, gli si infili in bocca: tossisce
rumorosamente) Eh... ma... Te me l'hai fàita
magnàre!?... (Si torce come preso da un gran
solletico nello stomaco) I sgrìsoi!... El galìttigo!
ANGELO (indispettito) Cito!
UBRIACO Eh, ma mi... non...
ANGELO Föra!
UBRIACO: Ma mi... (continua a sghignazzare per
il solletico) Oh, oh...
ANGELO (lancia un’occhiataccia all’ubriaco e
riprende il suo discorso) Tüto quèlo che anderémo
a ‘contàr el sarà tüto vero, tüto o l'è sortío dai livri,
dai vanzéli... (L'ubriaco torna vicino all'angelo e
gli strappa, da dietro, altre piume, mima
l'ammirazione per le medesime; ne strappa
un’altra e l’annusa: disgustato la butta. Compone
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le piume a ventaglio, si fa vento e si pavoneggia.
L'angelo se ne accorge) 'Briagón!...
UBRIACO Eh?... (Butta in aria le piume che fa
immaginare ricadano come pioggia) Névega...
ANGELO Ma ti vòl sortìr da ‘sto palco? Se no' ti
sorti subetaménte mi te trago föra a pesciàdi!
UBRIACO: A pesciàdi?!
ANGELO: Sì, a pesciàdi! Föra!
UBRIACO: (al pubblico, indignato) Zénte!... Avìt
ascultàt? Un ànzelo che me vòl casciàr via a
pesciàde... a mi! Un ànzelo!! (Aggressivo,
all’angelo)
Végne,
végne
anzelón,
végne
galinàsso! Che mi te strapo i plume a vuna a vuna,
anco dal cül... dal de drio... Végne, galinón...
Végne!
ANGELO Aído... No’ tocàrme! Aìdo! ‘Sassìnoo...
(Fugge spaventato).
UBRIACO L'ànzelo l'è scapàt e m'ha dit ‘sasìno!
Ma come pòl dirme ‘sasìno a mi? A mi che me
retruòvo con tanta bontà adòso, che me sorte
dolzór de santo anco da le orègie, gràsie a 'sto vin
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che me se deslèngua da partüto, me se sglòsa anca
partèra, de spanzegàrghe de soravìa... Che mi non
imazinàva mia che se saría finìda si bén sta
zornàda, ca o l’éra cominzàda in una manéra
malarbèta, desgrasiàda...
Mi s'eri invitào in un mariazzo, un spusalìsio, in un
loegu chi-lòga che ciàmeno Cana... Cana... che
apòsta, dòpo, ghe digaràno: nosse di Cana. Bón, lì,
mi son andàit!
Son ‘rivào... gh’éra un gran
tavolón con la roba de mangiare soravìa... tanti
invitati... no' sentà, tüti in pie, che o i biastemàva o
i spüdàva par tèra, dàvan pesciàdi tremende a le
piére de rutulàrle. O gh’éra la sposa che la
piagnéva, la madre de la sposa che se strasàva i
cavèi. O gh’éra ól patre de la sposa devànti al
muro che quèl dava testunàti, a rebatùn... catìvo!
"Ma cosa è capitàt?” a domandi. “Oh, desgràsia?”
- “O l’è scapàt el sposo?" - "No! El sposo è quèl
li-lòga (indica) che biastéma pù de tüti!" - "Ma
cosa è capitàt alóra?" - "Oh, desgràsia... émo
descovèrto che un tinàsso empiegnìdo de vino par
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ól banchèto del sponsalìsi, ól s'è rovérso tüto in
aséto!" - "Tüto in asét?! Bòja che disgràsia! Sposa
bagnàda a l'è fortunàda, ma bagnàda in du l'asét a
l'è desgrasiàda de schisciàre e casciàre via!" E tüti
che piangnévan, ól sposo biastemàva, la matre se
strasciàva i cavèi, la sposa la piagnéva, ól padre de
la sposa devànti al muro ch'ól dava testunàde a
rebatùn, catìvo! In quèl mentre ‘riva dénter un
zióvine, un che ghe dìseno Jesus... fiòl de Deo de
sovranóme. No l’éra sulèngo, a no, l’éra
incumpagnàt de la sòa mama, vüna che ghe
dígheno la Madona. Gran bela dona! (Accenna ad
una camminata elegante e fascinosa)
Eveno
invitati de riguardo, che rivàveno un pòch in
ritardo.
Apéna questa sciüra Madona l’è vegnüda a savér
de sto impiastro burlérei che o gh’éra in pie per
‘sto facto che s'era roversàt el vin en asét, la gh'è
andàda visín al so Jesus, fiòl de Deo, fiòl anca de
la Madona, e ól gh'ha dit(si esprime infilando le
parole una dopo l’altra a grande velocità senza
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prender fiato): “Ti fiòl che ti è tanto bòn zóvin
caro che te fa' de robe meravigliose par tüti quèi
che gh'han besógn in quèsto momento de tristìssia
varda se te ha el plasér de traj foera de impiàster
burlérei che i ha infesciàt sta povera zént e daghe
plasér ‘legrèssa che se pòda recordàr de ‘sto santo
ziórno. Alelùia! Alelùia!”. Apéna la Madona l'è
andà a dirghe quèste quattro cialàde al so' fiòl, emo
visto tüti fiorìrghe sui làver del Jesus, un surìso
dólzu, ma cossì dólzu... che se nu’ te stàvet aténtu,
te se stacàvan i rudèli di genöcc a tumburlàrse sui
didón dei pie, par la cumusiùn! E tüto d'un colpo
'sto Jesus l'ha dit: “Bòn, zénte, podarìa ‘verghe
dódeze sidèle o ótri impiegnìde de acqua ciàra e
nèta?”
L'è stat un fülmin, tràchete, dódeze otri son ‘rivà lí
davanti, impiegnìde d'acqua, che mi, vedè tuta
quèl'acqua in un culp sol, me sont sentí infìn
male... me pareva de negare... Bòja!
S'è fai un silénsio che pareva de v’èsser in gésa al
Santus, e ‘stu Jesus l'ha insciunscicà un po' cui
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man, slongàndo (fa il gesto di tirarsi le dita), vun
per vun i didi a s'cioch, e po’ l'ha valzà su tri didi,
sojaménte tri didi, i alter dòi i tegnéva schisciàt... e
l'ha cuminzàt a far di segni suravía a l'acqua... di
segni che fan sojaménte i fiòl de Deo. Mi, che s’eri
distacàt de söravia, che v’ho dito: l'acqua me fa
impressiùn a vardàrla... no’ vardàva... miravo i ögi
in del vòdo co’ tristìssia... s'eri pugià sóra lí, un
po’ tristànso, e d'un bòto me senti ‘rivà de deréntro
i böcc del naso un parfüm come de üga schisciàda!
No pudéva cunfùnderse... a l’éra vino! Bòja, che
vin! Me n'han pasàt ‘na bròca, gh’ho pugià i làver,
hu mandà giò un góto... (come in estasi) bòja!...
Oh... Oh... beati del purgatorio, che vin!... ‘Bucàta
apéna, amareul in tul fund, un frizzìch frizzantìn,
saladín in tèl mèzz, c'ól mandava stralüzz de
garànza e barbàj da par tüt, senza fiùr né bave, tri
an almànco de stagiunadüra... anàta d'ora! Che
l’andava giò slizigàndo par ul gargòzz a gorgogiàr
fin in dul stòmego... ul se freluntàva un pochetìn
fremendo, ul restava lí de rimpiàz, peu, gnòch, ól
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dava un rigatón, turnàva indré a rutulún sü par ól
gargòzz, ól ‘rivàva fina ai böcc del nas, ól se
spantegàva in feura tütt el parfùm... che se pasàva
vun anca a cavalo, de prèscia, (mima l’impennarsi
di
un
cavallo
col
cavaliere
allocchito
in
atteggiamento monumentale) gniuu... bll... “A l'è
primavera! " el vusàva!
Che vin!... E tüti che ‘plaudiva al Jesus, “Bravo
Jesus, at sei divino! ” E tüti che tracanàva,
s’enciuchìva, balàvan, balàva la sposa, cantava lo
sposo. Sojaménte o gh’éra ól patre de la sposa,
devànti a un müro, c'ul dava testunàde a ribatón,
catìvo... che nisciün ól gh’avéa ‘vertìdo del
miracolo!
Ol Jesus a l'éra montàt in còpa a un banco, in pie,
ul masceva vin par tüti. “Bevé zénte, fèite ‘legrìa,
fèite bòn!, inchiuchìve, imbriaghìve, no aspetí ól
paradiso dòpo... sübito, adèso catélo... no’ dopo de
morti!”
D’un bòto ól s’è incurgiùt dela sòa mama:
“Perdunéme
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mama
sunt
andàit
un
po'
in
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barlòcca!... Bévete un góto de vino, mama!" - “No,
no, fiòl, gràsie, at ringràsi, ma mi no’ podi béver,
che mi no’ son abituàda al vino... me fa turnà la
testa... che dopo disi i stupidàdi.”
“Ma no, mama, no’ te pò far mal, te menarà
solamente un po' de alegrèssa! No te pò far mal,
‘sto vino, l'è bòn, l'è santo, a l'è vin s’cèto... a l'ho
fai me!”
E peu, a ghe son amò i canàja malarbèti, che va
intórna a racontàre che ól vino a l'è un'invensiùn
del diàol satànazzo e l'è pecàto. Ma te paresse che
se ól vin ól fudèsse pecàto, ól Jesus ghe l'avaria
dato de bévere a la sua mama? A la sua mama de
lu? Che lu l'è ciapàt de tanto amor par lée, che mi
no gh'ho par tuta la sgnapa de ‘sto mondo! Mi son
següro che se el Deo Padre in la persona, invece de
imparàrghelo al Noè, tanto tempo dòpo, ‘sto truco
meravigióso de schisciàre l'üga, de trar foeura el
vino, ól ghe l'avesse insegnàt sübit, fin dal
prinzìpio, all'Adamo, (levando il tono della voce)
subito, prima de l’Eva, sübit, come l'aveva
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impastàt co' la mota,(mima l’azione di uno scultore
che fabbrica un pupazzo di creta) co' la tèra, cu'
l'hai fàito un prucugnùn (allude alla testa del
pupazzo)... po' gh'aveva fàit dò bögi per i ögi, po'
le balète de i ögi, le palète de le orège par
sentìrghe, ól naso coi bügit, la boca...(infilare due
dita nella bocca del pupazzo) "Sta 'tento co' quei
dencìt de no' cagnàre, veh! Adèso el còlo... spalète,
po’ i brascìt... i gómbeti, i didi... Le fago come ghe
le ho mi… (conta le proprie dita) un, du, tri,
quattro, cinque par parte… cunt ól biro… (mima
con discrezione, di improntare il sesso di Adamo)
ól pisèlo, le ciapète, végni giò coi giambi, coi pie,
anche chi… cinque dida... Mo’ te dago la vida...
(come gli soffiasse in bocca)
FFFPPPHHOO...
respira Adamo... (soffia come un mantice e lo
incita ad aspirare aria con forza) ah, ah, ah, ah...
Vita vita Adamo! Dèrva i ögi, vai che te sèt vivo!
(Mima di sorreggere la creatura costringendola a
camminare) Adèso ‘spècia che te preparo ól
mèsto. (Fa il gesto di approntare un gran mastello
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e invita Adamo ad entrarci) Deréntro, chi-lòga,
deréntro ól mastèlo... adèso l'üga, va che graspi
d'üga, dai schìscia l'üga, dai bala, sgàmba, salta,
via, alè... spantéga! (Lo incita a danzare e a
calpestare il mosto battendo le mani a segnare il
ritmo)”
(Staccandosi dall’azione viene in proscenio e
commenta
con
foga)
Subito
Deo
dovéa
insegnàrghe: “Adamo, uva, Eva, vino!” Non
sarèsmo in ‘sto mundo malarbèto, sarèsmo tüti in
paradiso (fa il gesto di sollevare un bicchiere e
brindare): salüt! Parchè a l’éra a basta che in tèl
ziórno malarbèto che atacàdo... a rénta a l'Adamo a
l'è ‘‘rivàto el serpentùn canàja cont in boca la
pòma che ól diséva: “Magna la pòma, Adamo!
(Come in una danza orientale mima i movimenti a
torciglione del serpente che si annoda intorno
all’Adamo tenendo il pomo nelle fauci spalancate)
Dólze, bòne, dólze le pòme... rosse!, bòne le pòme
‘mé l'üga!”. L'éra basta che l'Adamo gh’avéa aut
nascondùo int tèl de drio un biceròt impiegnìdo de
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vino l'avría catàt á pesciàdi tüti i pomi de la terra,
schisciàt la crapa al serpentón, e l’avrìa criàt
(brindando): "Salüt! Alè! Partì, par lü, ‘legrìa, 'cu
Dio la t’era!".
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NOZZE DI CANA
TRADUZIONE
ANGELO (si rivolge al pubblico sollevando le
braccia
ad
imitazione
degli
oranti)
Fate
attenzione, brava gente, che io voglio parlare di
una storia vera, una storia che è cominciata...
UBRIACO (interrompendolo) Anch’io vi voglio
raccontare una storia meravigliosa… di una
ubriacatura bellissima che mi sono preso!
ANGELO Ubriacone!...Zitto!
UBRIACO Vorrei raccontare anch’io...
ANGELO No! Tu non racconti! Che io sono il
prologo e devo prologare io! Fuori!
UBRIACO: (accenna a parlare).
ANGELO Zitto! (Al pubblico riprendendo la
posizione iniziale) Buona gente, tutto quello che vi
andremo a raccontare sarà tutto vero, tutto sorte
(esce, viene) dai libri e dai vangeli e quel poco
che abbiamo aggiunto di fantasia...
UBRIACO Io non ci attacco niente di fantasia, è
una storia vera: mi sono preso una ubriacatura così
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dolce mi sono presa una ubriacatura così dolce,
che non voglio più ubriacarmi al mondo...
ANGELO Zitto!… Ubriacone!...
UBRIACO Non posso nemmeno raccontare…
ANGELO No!
UBRIACO Eh... ma io...
ANGELO
No, tu non racconti! Sssss!... (Al
pubblico, come sopra) Buona gente... Tutto quello
che andremo a raccontarvi sarà tutto vero, tutto è
sortito dai libri e dai vangeli. Quel poco che ci
abbiamo aggiunto di fantasia...
UBRIACO (sottovoce e mimando) Dopo, (indica
col dito) vi racconto di questa ubriacatura
bellissima...
ANGELO Oh!, ubriacone!
UBRIACO Non facevo niente... solo col dito…
ANGELO Neanche col dito!
UBRIACO Ma non faccio rumore col dito!
ANGELO Sì, fai rumore... facevi: rrrrrr!
UBRIACO Non è vero!
ANGELO Zitto! Te fasévi: rrrrrr!
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UBRIACO E ma non posso nemmeno fiatare
(respirare)?
ANGELO No!
UBRIACO Non posso fiatare?!
ANGELO No!
UBRIACO Nemmeno col naso?...
ANGELO No!
UBRIACO Se non respiro scoppio!
ANGELO Scoppia!
UBRIACO Ah ma... se scoppio farò rumore, eh!
ANGELO Scoppia in silenzio!
UBRIACO: Oh, ma è difficile scoppiare in
silenzio!
ANGELO: Zitto!
UBRIACO (ribadisce) Ma no' son capace...
ANGELO Zittooo! (Al pubblico) Di tutto quello che
andremo a raccontare sarà tutto vero, tutto è sortito
dai libri, dai vangeli: quel poco che abbiamo
aggiunto di fantasia...
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L’ubriaco si avvicina all’angelo giungendogli a
tergo e gli strappa una piuma.
UBRIACO (sottovoce, tra sè, mimando di far
volare la piuma) Oh, che bella piuma colorata...
ANGELO Ubriacone!...
UBRIACO (sussulta spaventato, getta la piuma per
aria e mimando fa immaginare che la piuma,
ricadendo, gli si infilata in bocca: quindi tossisce
rumorosamente)
Eh...
ma...
Me
l'hai
fatta
mangiare!?... (Si torce come preso da un gran
solletico nello stomaco) Il solletico!
ANGELO (indispettito) Zitto!
UBRIACO Eh, ma io... non...
ANGELO Fuori!
UBRIACO: Ma io... (continua a sghignazzare per
il solletico) Oh, oh...
ANGELO (lancia un’occhiataccia all’ubriaco e
riprende il suo discorso) Tutto quello che andremo
a raccontare sarà tutto vero, tutto è sortito dai libri,
dai vangeli... (L'ubriaco torna vicino all'angelo e
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gli strappa, da dietro, altre piume, mima
l'ammirazione per le medesime; ne strappa
un’altra e l’annusa, disgustato la butta. Compone
le piume a ventaglio, si fa vento e si pavoneggia.
L'angelo se ne accorge) Ubriacone!...
UBRIACO Eh?... (Butta in aria le piume che fa
immaginare ricadano come pioggia) Nevica...
ANGELO Ma vuoi sortire da questo palco? Se non
sorti subito io ti caccio fuori a pedate!
UBRIACO A pedate?!
ANGELO Sì, a pedate! Fuori!...
UBRIACO (al pubblico, indignato) Gente!... Avete
ascoltato? Un angelo che mi vuol buttare fuori a
pedate...
all’angelo)
a
me!
Vieni...
Un
angelo!!
vieni
(Aggressivo,
angiolone...
vieni
gallinaccio! Che io ti strappo le penne a una a una,
anche dal culo… dal di dietro... Vieni, gallinone...
Vieni!
ANGELO
Aiuto...
Non
toccarmi!
Assassinoo... (Fugge spaventato).
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Aiuto!
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UBRIACO L’angelo è scappato e m’ha detto
(chiamato) assassino!?!... Ma come può dire
assassino a me? Ma come può dire assassino a me
che mi ritrovo con tanta bontà addosso sono così
buono che mi esce bontà anche dalle orecchie...
grazie a ‘sto vino che mi si scioglie dappertutto, mi
si spampana anche per terra da scivolarci sopra...
Che io non immaginavo che sarebbe finita così
bene questa giornata, che era cominciata in modo
maledetto, disgraziato...
Io ero invitato a un matrimonio, uno sposalizio, in
un luogo qui vicino, che chiamano Cana... Cana...
che apposta, (per questa ragione) dopo, diranno:
“Le nozze di Cana”. Bene, lì io sono andato! Sono
arrivato... c’era un gran tavolo con la roba da
mangiare sopra... tanti invitati… non seduti, tutti
in piedi, che o bestemmiavano o sputavano per
terra, o davano pedate tremende alle pietre
facendole rotolare. C'era la sposa che piangeva, la
madre della sposa che si strappava i capelli. C’era
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il padre della sposa, davanti ad un muro, che dava
testate, a ripetizione, cattivo!
“Ma cosa è successo?” chiedo
io...
“Oh,
disgrazia...” “È scappato lo sposo?...” “No, lo
sposo è quello lì (indica) che bestemmia più di
tutti!”
“E cosa è successo allora?”
“Oh disgrazia... abbiamo scoperto che un tino
pieno di vino preparato per il banchetto del
matrimonio, si è rovesciato in aceto”. “Tutto in
aceto?! Boia che disgrazia! Sposa bagnata è
fortunata, ma bagnata nell’aceto è disgraziata da
schiacciare e cacciare via!”
E tutti che piangevano… lo sposo bestemmiava, la
madre della sposa si stracciava (strappava) i
capelli, la sposa piangeva, il padre della sposa
davanti al muro che dava testate a ripetizione
cattivo!
In quel mentre arriva deréntro un giovane, un certo
Gesù… figlio di Dio di soprannome. Non era solo,
no, era accompagnato dalla sua mamma, una che
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le dicono (la chiamano) la Madonna. Gran bella
donna! (Accenna ad una camminata elegante e
fascinosa)
Erano
invitati
di
riguardo
che
arrivavano giusto con un po’ di ritardo. Appena
questa signora Madonna è venuta a sapere di
questo pasticcio che c’era in piedi (questo fatto)
che si era mutato il vino in aceto, è andata vicino
al suo Gesù, figlio di Dio e anche della Madonna,
e gli ha detto (si esprime infilando le parole una
dopo l’altra a grande velocità senza prender
fiato): “Tu figlio che sei tanto buono giovane caro
che fai delle cose meravigliose per tutti quelli che
hanno bisogno, in questo momento di tristezza
guarda se hai il piacere di tirar fuori da questo
pasticcio
che
ha
imbarazzato
(messo
nell’imbarazzo) questa povera gente e dar loro
piacere allegria che si possano ricordare di ‘sto
santo giorno. Alleluia! Alleluia!”.
Appena la Madonna è andata a dire ‘ste quattro
chiacchiere a suo figlio, abbiamo visto tutti
fiorirgli sulle labbra di Gesù un sorriso così dolce,
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ma così dolce… che se non stavi attento, ti si
staccavano le rotelle (rotule) dalle ginocchia e
tombolavano (cadevano) sui ditoni (alluci) dei
piedi, per la commozione. E tutto d’un colpo ‘sto
Gesù ha detto: “Bene, gente, potrei avere dodici
secchie piene di acqua chiara e pulita?”
È stato un fulmine, tracchete, dodici secchie sono
arrivate lì davanti, piene d’acqua, che io, a vedere
tutta quell’acqua in un colpo solo, mi sono sentito
perfino male… mi sembrava di annegare... Boia!
S’è fatto un silenzio che sembrava di essere in
chiesa al Sanctus, e ‘sto Gesù si è massaggiato le
mani
strofinandosele
e
dando
di
schiocco
(schioccando le dita) (fa il gesto di tirarsi le dita),
e poi ha alzato tre dita… solamente tre dita, ché le
altre due le teneva piegate (contro il palmo), e ha
cominciato a fare dei segni sopra l’acqua... dei
segni che fanno solamente i figli di Dio. Io, che
ero un po’ in là, che ve l’ho detto: l’acqua mi fa
impressione a guardarla… non guardavo, miravo il
vuoto con tristezza… e di colpo mi sento arrivare
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deréntro i buchi del naso un profumo come di uva
schiacciata… non ci si poteva confondere... era
vino!
Boia, che vino!
Me n’hanno passata una brocca, ho appoggiato le
labbra, ne ho mandato giù un goccio... (come in
estasi) boia!... Oh... Oh... beati del purgatorio, che
vino!... Abboccato appena, amarognolo nel fondo,
un poco frizzantino, salatino nel mezzo, che
mandava luccichii (rosso) di garanza e bagliori
dappertutto! Senza fioriture né bave, tre anni di
stagionatura almeno, annata d’oro! Che andava giù
scivolando per il gargarozzo a gorgogliare fin
nello stomaco, si sparpagliava un pocchettino
fremendo, restava lì calmo, come PER PRENDER
FIATO, poi, gnoch!, dava un colpo, tornava
indietro a rotoloni giù per il gargarozzo, arrivava
fino ai buchi del naso, si spargeva fuori tutto il
profumo... che se passava uno anche a cavallo al
galoppo (mima l’impennarsi di un cavallo col
cavaliere
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allocchito
in
atteggiamento
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monumentale)
gniuu...
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bll...
“È
primavera!”
gridava.
Che vino!... E tutti che applaudivano: “Bravo
Jesus, sei divino!”
E
tutti
che
tracannavano,
si
ubriacavano,
ballavano, ballava la sposa, cantava lo sposo. Il
padre della sposa, davanti a un muro, dava testate
a ribattone, cattivo... che nessuno lo aveva
avvertito del miracolo!
Gesù era montato all’impiedi su un tavolo, e
mesceva vino per tutti: “Bevete gente, fate
allegrezza (siate allegri), siate felici!, ubriacatevi,
non aspettate dopo… da morti!.”
All’improvviso si è accorto di sua madre:
“Perdonatemi mamma, sono andato un po’ in
garbuglio di cervello… Bevete un goccio di vino,
mamma!” “No, no, figliolo, grazie, ti ringrazio, ma
io non posso bere, ché io non sono abituata al
vino, mi fa girar la testa... e dopo dico
stupidaggini…”.
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“Ma no, mamma, non ti può far male, ti porterà
solamente un po’ di allegria! Non ti può far male,
‘sto vino è buono, è sano, è vino schietto... l’ho
fatto
io!”
(Al
pubblico,cambiando
tono
e
stteggiamento) E poi, ci sono ancora delle canaglie
maledette, che vanno in giro a raccontare che il
vino è un’invenzione del diavolo satanasso… ma ti
pare che se il vino fosse un’invenzione del
demonio e peccato, Gesù l’avrebbe dato da bere
alla sua mamma? Alla sua mamma di lui? Che lui
è preso da tanto amore per lei, che io non ho per
tutta la grappa di ‘sto mondo!
Io sono sicuro che se il Dio Padre in persona,
invece di insegnarglielo al Noè, tanto tempo dopo,
questo trucco meraviglioso di schiacciare l’uva, di
tirar fuori il vino, glielo avesse insegnato subito,
fino dal principio, all’Adamo, subito, prima
dell’Eva, subito!... come l’aveva costruito con il
fango (inizia a mimare l’impasto della creta per
cavarci una figura) ha impastato un gran
gnocco… gli aveva fatto due buchi per gli occhi,
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poi anche dentro gli occhi le palline… le palette
per le orecchie il naso coi buchi, la bocca… (finge
di infilare due dita in bocca del pupazzo) "Stai
attento con quei dentini di non morsicare veh!" Poi
il collo… le spallette, i gomiti, le dita...: “Le faccio
come le ho io… (conta le proprie dita) una, due,
tre, quattro, cinque per parte… poi sotto la pancia
il bigolo (mima con discrezione, di improntare il
sesso di Adamo) il pisello, le chiappette, vengo giù
con le gambe, coi piedi… anche qui cinque dita...
Ora ti do la vita... (gli soffia in bocca)
FFFPPPHHOO… respira Adamo! Ah, ah, ah,
ah… apri gli occhi… va Adamo, dai che sei vivo
(mima di sorreggere la creatura costringendola a
camminare. Descrive un mastello e invita Adamo
ad entrarci) Dentro, dentro al mastello… adesso
l’uva, va che graspi d’uva… dai schiaccia l’uva,
dai balla via,
alè... (lo incita a danzare e a
calpestare il mosto, battendo le mani a segnare il
ritmo:) Alé! Alé! Subito Dio doveva insegnargli:
Adamo, uva, vino, Eva!
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Non saremmo in questo mondo maledetto,
saremmo tutti in paradiso (fa il gesto di sollevare
un bicchiere e brindare): salute! Perché sarebbe
bastato che in quel giorno maledetto che appresso
all’Adamo è arrivato il serpentone canaglia con in
bocca la mela e che diceva (con tono da
imbonitore): “Mangia la mela, Adamo!... dolci,
buone, dolci le mele, rosse, buone le mele come
l’uva!” Sarebbe bastato che Adamo avesse avuto
nascosto dietro la schiena un bicchierotto pieno di
vino... avrebbe preso a pedate tutte le mele della
terra, schiacciata la testa al serpentone e avrebbe
gridato: “Salute! Alé! Per te, per lui, allegria, come
Dio!”
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LA NASCITA DEL VILLANO
Didascalia all’immagine : “Il contadino e il
pastore” , indicato anche come “Il villano e il suo
padrone” (da un manoscritto del Trecento)
Nell’immagine
ora
proiettata
sono
rappresentati sul lato destro, un angelo con le
ali spiegate che consegna al suo padrone il
servo, appena creato, un villano malconcio e
a piedi nudi,
Questa miniatura ci porta alla memoria una famosa
giullarata il cui testo si ritrova nelle pubblicazioni
che trattano delle origini poetico-satiriche del
volgare italiano. L’autore di questo testo è
conosciuto come Mattacchione da Calignano o da
Carignano, un piccolo borgo della provincia di
Pavia. Per quanto riguarda il tempo in cui fu scritto
e sicuramente recitato, alcuni ricercatori indicano
la
data
sicura
prima
del
Duecento,
altri
propendono per il Quattrocento. Il monologo è
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scritto in un lombardo primordiale con termini
propri dell’ambiente agreste, un lessico specifico
da
contado.
La
giullarata
inizia
con
una
lamentazione dell’uomo, figlio di Adamo, che
ricorda a Dio la promessa di un aiuto e di uno
sconto di pena trascorse le sette generazioni sette:
“ Signore, io non ce la faccio più! Il tuo castigo è
stato davvero pesante: lavorare la terra mi
abbruttisce e la mia donna invecchia anzitempo!
Avevi promesso che, trascorse sette generazioni
sette, mi avresti concesso un aiuto! ”
E il Padre eterno: “ E non è forse stato un aiuto
regalarti l’asino da caricare di ogni sacco, il bue
che trascina l’aratro, il cavallo da porre tra le
stanghe dei carri?”
“Sì, ribatte l’uomo, ma sempre a me tocca spingere
l’aratro, sollevare i sacchi e condurre il cavallo. Io
ti chiedo qualcuno che mi sostituisca in queste
fatiche, così che io possa governare, godere i frutti
del suo lavoro e riposare!”
“Ah, ho capito: tu vorresti un villano.”
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“Chi è ‘sto villano?”
“Se non l’ho ancora creato, come lo puoi
conoscere. Vieni... andiamo a metterlo al modo…
andiamo da Adamo.”
Come
Adamo vede arrivare il Padreterno
accompagnato ad un uomo, subito sospetta che si
voglia ancora usare di lui, si porta le mani al torace
e urla: “Basta Signore! Io di costole non ne mollo
più... ho già pagato con la nascita di Eva!”
“Ecco, va beh, hai ragione anche tu - ammette il
Padreterno - ma adesso come risolvo, io?”
In quel momento passa un asino e al Padreterno gli
fulmina un’idea, che per quello lui è un vulcano
viene un’idea: fa un gesto sollevando la mano e il
ventre dell’asino, all’istante, si gonfia; rimane
ingravidato.
Ecco: da questo punto recito il testo in volgare
lombardo. Il giullare è Matazone da Calignano ma
mi sono permesso di arricchire la fabulata
originale inserendo brani e passaggi grotteschi
tratti da Bescapè e Bonvesin de la Riva il tutto
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condito di detti , proverbi della tradizione popolare
padana. e canzoni del Medioevo.
Inizio dal momento in cui il Signore scorge l’asino
e lo ingravida.
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LA NASCITA DEL VILLANO
In quèl mumént, varda ti l’ucasiùn, pasa de lì un
àseno che ól va intórna bighelón… al Signur ghe
vién ‘na ‘spirasiùn, ól valza ‘na man sura ‘sto
corpaciün e trak, a l’àseno in un bòto ghe se
sgiónfia la panza de stciopà. Per parlà stcèto ól
resta ingravidàd.
Passà i neuv mesi… la panza de la bèstia l'éra
ingrusìda de stciupà... se sént un gran frecàs, l'àsen
ól trà una slòfa treménda e con quèla salta feura ól
vilàn spusénto.
(Commento di un ascoltatore del fabulazzo)
"Ohi che bela natività!"
"Cito ti!"
In de quèl, vègn óltra un tempuràl dilùvi e giò
acqua revèrsa al fiòl de l'asino... e peu gràndina e
torménta e fùlmeni e tüti sul curpasón del vilàn,
parchè ól se faga de sübit cosiénza de la vita che
ghe se presénta.
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'Na volta che l'è ben netàd, 'riva giò l'àngel dol
Signùr, ól ciàma l'òno e ól ghe dise:
"Par ordine del Segnùr, ti, da 'sto moménto, ti serà
patrón e majór, e lü, vilàn minór. Mo' est stabilìcto
et scripto che 'sto vilàn débia aver par victo pan de
crusca con la scigóla cruda, faxòj, fava alèsa e
spüda. C'ól débia dormìr sòra a un pajón che d'ól
so' stato as faga ben rasón. Da po' che lü l'è nato
snudo déighe un tòco de canovàzo crudo… de quèi
c'as dòpra a insacàr saràche, parchè ól se faga un
bel par de brache. Brache spacà in d'ól mèzo e
dislasà, che n'ól débia perd trop témp in d'ól pisà.".
Par inségna d'ól so’ casàt zentìl
mètighe in spala vanga e badìl.
Fal'andà intórna sémper a pié biòt
che tanto niùn ól te dirà nagòt .
De zenàro daghe un furcùn in spala
e càscialo a remundà la stala.
De febràro fa' che ól süda nei campi a frànger i zòl
ma no' fat pena se ól gh'ha i fiàch al col,
se ól 'gnirà impiegnìd de piàghi e cal,
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agh n'avràn vantàg i to’ cavàl
liberàt di móschi e di tafàn
che tüti 'gniràn a stà de casa d'ól vilàn.
Pònighe 'na gabèla sü òmnia ròba ól faga,
métighe 'na gabèla infina a quèl che caga.
De carnovàl làselo pur balàr
e pur cantar che ól s'àbia de ‘legràr,
ma pòch, che no' s' débia smentegàre
co l'è a 'sto mundo par fatigàre.
Anco de marzo falo andar descàlzo.
Faghe podàr la vigna
c'ól se cati la tigna.
Del mese d'avrìle
c'ól stia in d'el ovìl
co' e pégore a dormìr,
dormire desvegiàto
che ól luvo el s'è afamàto.
Se l'afamàto luvo vòl tórse qualche arménto
as' tolga ól vilàn pure, che mè no' mé lamento.
Mandalo a ranzàr l'erba
de màjo con le viole
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ma varda che no' se perda
coréndo le bele fiòle.
Le bele fiòle sane,
n'importa se vilàne,
fale balàr distese
con ti, par tüto ól mese.
Das po' che at 'gnirà noiosa
dàghela al vilàn in sposa,
in sposa già impregnìda
che no 'l débia far fadìga.
De zugno a tòr scirése fàit che ól vilàn vaghi,
su i àrbori de brügne, de pèschi e de mügnàghi,
ma innànz, parchè no' débia sbafàrse le plú bèle
faghe magnàr la crusca che 'agh stòpi le budèle.
De lùlio e de l'agosto,
col caldo che at manda aròsto,
per farghe pasàr la sét
daghe de bévar l'azét
e, s'ól biastéma d'inrabìt,
no' te casciàr de so' pecàt:
che ól vilàn sia bòn o malnàt
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sémpr a l'inferno l'è destinàt.
D'ól mese de setémbre,
par farlo ben desténdre,
màndelo a vendemiàre
le üghe a torcinàre
e i graspi i rèsta a lü fali donàre
ma innànz fali ben schisciàre
che cont quèl vin de sguazza
no'l se pòda imbriagàre.
D'otüber bel, faghe mazà ól purscèl
e a lü par premio làsighe i büdèl
ma non lasàrghele proprio tüte,
che vién bòne par sacàr salsìze.
Al vilàn làseghe i sanguinàzi
che i è venenùsi e intosigàzi.
I bòn parsüti stagni
làsighe a quei vilàni...
làsegheli da salare,
da po' fali menàre a la casa de ti,
che ól sarà un gran bel magnàre.
De novémbre e ancor dezémbre
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c'ól fredo no'l débia oféndre,
par farlo descaldàre
màndelo a caminàre,
màndelo a tajàr legna
e fa' che spèso végna,
ch'ól végna carigàdo
che no' l 'gnirà infregiàdo,
e quando as prèsa al fògu
càsalo in altro lògu,
càsalo föra de l'üss
che ól fògo ól rimbambìs.
Se feura ól pióv de spèsa
digh' che vaga a mèsa,
in gésa l'è riparà
e ól podrà anca pregà...
pregà per pasatémp
che tanto ghe végn niént,
che tant no' gh'n'avrà salvamént,
che l'ànema no' ghe l'ha
e ól Deo nól pòl scultà.
E com podrìa avègh l'ànema 'sto vilàn bèch
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se l'è 'gnì feura d'un àseno cun t'un pèt?
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TRADUZIONE NASCITA DEL VILLANO
TRADUZIONE
In quel momento, guarda tu l’occasione, passa di lì
un asino che va intorno bighellone (bighellonando)
e al Padreterno viene un’ispirazione, gli è
fulminata un'idea… che per quello, lui è un
vulcano!, leva una mano sopra quel corpaccione e
trak!, all’asino gli si gonfia la pancia da scoppio
(scoppiare). In poche parole, per parlare chiaro,
resta ingravidato.
Passati i nove mesi… la pancia - il ventre della
bestia si era ingrossato da scoppiare... si sente un
gran fracasso, l'asino tira una scoreggia tremenda e
con quella, salta fuori il villano puzzolente.
Commento di un ascoltatore del fabulazzo
"Oh che bella natività!"
"Zitto tu!"
In quel (mentre) viene avanti (esplode) un
temporale - diluvio e giú acqua a rovescio sul
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figlio dell'asino… e poi grandine e tormenta e
fulmini e tutti sul corpaccione del villano, perché
si faccia da subito coscienza della vita che gli si
presenta. Una volta che è ben nettato (pulito), ecco
che arriva giú (scende) l'angelo del Signore,
chiama l'uomo e gli dice:
"Per ordine del Signore,
tu, da ‘sto momento,
sarai padrone e maggiore
e lui, villano minore.
Ora è stabilito e scritto
che ‘sto villano debba aver per vitto pane di crusca
con la cipolla a ufo (a volontà),
fagioli, fava lessa e sputo.
Che
debba
(pagliericcio)
dormire
sopra
un
paglione
ché del suo stato si faccia ben
ragione.
Dal momento che lui è nato nudo, dategli un pezzo
di canovaccio crudo… di quelli che si adoperano
per insaccare saracche, perché si faccia un bel paio
di bracche (braghe).
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Braghe spaccate in mezzo a patta slacciata,
che non debba perdere troppo tempo per ogni
pisciata!"
Come insegna del suo casato gentile
mettigli in spalla vanga e badile.
Fallo andare intorno scalzo come un capretto
che tanto nessuno ne avrà dispetto.
Di gennaio dagli un forcone in spalla
e caccialo a ripulire (rimondare) la stalla.
Di febbraio fai che sudi nei campi a franger terra
con le zappe
ma non darti pena se avrà la schiena a fiacche
se verrà pieno (che si riempirà) di piaghe e calli,
ne avran vantaggio i tuoi cavalli
liberati dalle mosche e dai tafani
che tutti verranno (andranno) a star di casa dai
villani.
Ponigli una gabella (tassa) secca sulla paga
mettigli una gabella persino su quel che caga.
Di carnevale lascialo pur ballare
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e pur cantare che s'abbia da allegrare (così che si
possa rallegrare)
ma poco, che non si debba scordare
che è a 'sto mondo per faticare.
Anche di marzo fallo andare scalzo.
Fagli potare la vigna,
che si prenda la tigna.
Nel mese di aprile
che stia all'ovile
con le pecore a dormire,
dormire svegliato (sveglio)
ché il lupo è affamato!
Se l'affamato lupo vuol prendersi qualche armento,
si prenda pure il villano, che io, non mi lamento.
Mandalo a tagliar l'erba
di maggio con le viole,
ma guarda che non si perda (distragga)
rincorrendo le figliole.
Le belle figliole sane,
non importa se villane,
falle ballar distese con te
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per tutto il mese.
Dipoi che ti verrà noiosa (a noia)
dalla al villano in sposa,
in sposa con la pancia ben gonfiata (gravida)
così che la trovi già impregnata.
Di giugno s’arrampichi sui rami lesto
E di ogni frutto ne colga un gran cesto
ciliegie grosse, prugne e pesche toste
ma prima, perché non debba sbaffarsi le più belle
fagli mangiar la crusca che gli stoppi le budelle.
Di luglio e d'agosto,
col caldo che ti manda arrosto,
perché non schiatti assetato
fagli bere acqua e aceto ben salato
e, se bestemmia d’arrabbiato,
non ti dar pena (preoccupare) del suo peccato:
che il villano sia buono o malnato (cattivo)
sempre all'inferno è destinato.
Nel mese di settembre
per farlo ben distendere,
mandalo a vendemmiare
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le uve a premere torchiate
e le sbobbe (scarti) che restan
saranno a lui donate
innanzi anche quei resti falli macerare
affinché con quell’intruglio a sguazzo non si possa
ubriacare.
D'ottobre bello, non gli far scordare di scannare
vivo il tuo maiale
e a lui per premio lasciagli le trippe
ma non lasciargliele proprio tutte, che vengono
buone (possono servire) per insaccare salsicce.
Al villano lasciagli il sangue del porcel sgozzato
che è velenoso e intossicato.
I prosciutti grassi e lisci
ali villan è meglio che lasci
lasciaglieli da salare,
ma una volta stagionati
al tuo desco falli portare
che sarà un gran bel mangiare!
Di novembre , così come in dicembre
perché il freddo non lo debba offendere,
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per farlo riscaldare
mandalo a camminare,
i ciocchi mandalo a tagliare
e fa' che debba poi tornare
che torni caricato
caricato come un mulo addirittura
che così non si catterà (prenderà) l’infreddatura.
E quando si avvicina al fuoco
caccialo in un altro loco,
caccialo fuori dall'uscio
ché il calor lo rimbambisce.
Se fuori l’acqua vien giù spessa
digli che vada a messa,
in chiesa è riparato
e potrà pregare e cantar beato
Pregare senza passion ne carità
ché tanto nessun salvamento n’avrà
lui, l’anima non ce l’ha
e Dio ascoltar non lo potrà.
E come potrebbe avere l'anima ‘sto villan malnato
‘sto disumano mulo
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che non da una femmina è sortito
ma da un ciuco
anzi
con una scoreggia dal suo culo!
Sembra proprio di ritrovarci con certi imprenditori
del nostro tempo!
Andando
in
giro
per
l'Italia,
ci
capita
continuamente di incontrarci con realtà dia dir
poco grottesche. Per esempio,
arrivati a Verona per uno spettacolo ci siamo
ritrovati con il teatro completamente decorato di
striscioni e grandi manifesti, che un centinaio di
ragazze avevano appiccato su ogni parete. Le
scritte denunciavano la loro situazione in fabbrica.
Erano tutte in sciopero per protestare contro il
proprietario della tessitura che aveva imposto un
orario unico per i bisogni corporali delle lavoranti.
Cioè, una sentiva una impellenza fisica: “Scusi,
posso?” “No… e no!” Dovevano andare tutte al
gabinetto alle 11,25: driiiiin, e pipì. E chi non
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aveva in quel momento bisogno, basta, il turno
dopo:17,10.
Avevano minacciato di occupare la fabbrica pur di
conquistare il diritto di mescita ad orario libero.
Quella sera con il pubblico e le ragazze in sciopero
abbiamo scritto una canzone che poi abbiamo
eseguito in “Ci ragiono e canto” *
Se permettete ve la proponiamo.
SIGNOR PADRONE NON SI ARRABBI
Signor padrone non si arrabbi
che al gabinetto vorrei andare
ci sei stato l’altro ieri
tutti i giorni ci vuoi andare
mi vuoi proprio rovinare
la catena fai rallentare.
Signor padrone ci prometto
che da domani non ci vado
mangio solo roba in brodo
e farò solo pipì
la faccio qui!
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Vai, ma sbrigati in tre minuti
come è scritto nel contratto
non si fuma ala gabinetto
né si legge l’Unità
c’è il periscopio che ti vedrà.
Sei secondi per arrivarci
sei secondi per spogliarti
tre secondi per sederti
viene il capo a sollecitarti
non ti resta che sbrigarti
tre secondi per alzarti
due secondi per vestirti
se hai fortuna puoi pulirti
e corri subito a lavorar
a lavorar
a lavorar.
* “Ci ragiono e canto” spettacolo di canti popolari
realizzato da Dario Fo con la collaborazione del
Nuovo Canzoniere Italiano nel 1966:Teatro Odeon
Milano.
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PRESENTAZIONE
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RESURREZIONE
DI
LAZZARO
EINAUDI
Foto 14. “La Resurrezione di Lazzaro”
(disegno di Dario Fo, da una sinopia rinvenuta nel
camposanto di Pisa).
Passiamo ora al miracolo di Lazzaro.
Questo testo è un “cavallo di battaglia” da virtuosi,
perché il giullare si trova a dover eseguire
qualcosa come quindici-sedici personaggi di
seguito, senza indicarne gli spostamenti se non con
il corpo: nemmeno variando la voce, con gli
atteggiamenti soltanto. Quindi è uno di quei testi
che costringe chi lo esegue ad andare un po’ a
soggetto, regolandosi sul ritmo delle risate, dei
tempi e dei silenzi del pubblico. È, in pratica, un
canovaccio sul quale dovrò improvvisare di volta
in volta. Motivo dominante del testo è la satira a
tutto ciò che costituisce il “momento mistico”,
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attraverso l’esposizione di ciò che il popolo
intende normalmente per “miracolo”. La satira si
rivolge contro l’esibizione del miracolistico, della
magia, dello stregonesco, che è una costante di
molte religioni, compresa la cattolica: il fatto cioè
di
esibire
il
miracolo
come
un
evento
soprannaturale, allo scopo di indicare che,
indubbiamente, è Dio che l’ha eseguito: laddove,
all’origine del racconto del miracolo, predomina il
significato di amore e di attaccamento della
divinità al popolo, all’uomo.
Qui, il miracolo è raccontato dal punto di vista dei
fedeli della classe dei “minori”: tutto è visto e
presentato in funzione di uno spettacolo dove più
che “il figlio divino dell’uomo” si esibisce un
grande prestigiatore, un mago, qualcuno che riesce
a
fare
cose
straordinarie
e
immensamente
spettacolose. Nessun accenno a quello che si
pretende ci sia dietro.
In una sinopia del camposanto di Pisa è raffigurata
la resurrezione di Lazzaro. (Sinopia è l’abbozzo
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che precede l’esecuzione dell’affresco: strappato
l’affresco per un restauro, è venuto alla luce
l’abbozzo, ben conservato). Lazzaro non appare
neanche: l’attenzione è tutta concentrata, come
nella giullarata che tra poco reciterò, su una folla
di personaggi attoniti, che esprimono col gesto, la
meraviglia per il miracolo. Si nota anche tra la
folla qualcuno approfittare della tensione che
provoca l’evento, per ficcare le mani nella borsa di
uno spettatore tutto teso a seguire la resurrezione,
per alleggerirlo dei quattrini.
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LA RESURREZIONE DI LAZZARO
PRESENTAZIONE
Nel medioevo il senso della comunicazione e dello
spettacolo era enorme e lo capirete ascoltando il
brano de la “Resurrezione di Lazzaro”. Come mai
era così importante, in particolare questa giullarata
che ora andrò ad eseguire, riproposta decine di
volte come ci testimoniano i testi e i numerosi
frammenti che abbiamo trovato? Perché trattava di
un argomento che stava a cuore alla gente, quello
del mercato delle cose sacre. Infatti, come già
abbiamo spiegato, "Mistero Buffo" significa
rappresentazione sacra, messa in grottesco, nel
senso di fare ironia e satira verso coloro che delle
cose sacre si approfittano per fare mercato.
quel
tempo
è
risaputo,
una
delle
A
grandi
speculazioni e giochi di basso profitto, contro le
quali, con ferocia, si era scagliato Martin Lutero,
era, da una parte il commercio delle reliquie e
dall'altra quello delle indulgenze. Voi sapete che la
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chiesa offriva indulgenze a pagamento, attraverso
messe e altri rituali per le anime dei beati che si
trovavano in purgatorio: si diceva che quando un
ricco andava morendo e l'anima usciva dal corpo
del defunto, otteneva una propellenza spaventosa,
grazie alle orazioni, alle messe cantate, dette,
recitate dal clero, dalle confraternite, dalle
congreghe religiose, che per questa loro assistenza
ricevevano un obolo piuttosto vistoso. L’anima,
caricata di indulgenze, veniva sparata fuori
dal
corpo quasi come un tappo di champagne... e
andava
a proiettarsi verso il
Purgatorio dove
avrebbe dovuto scontare anni e anni per i peccati
commessi, ma trovandosi linda e pulita grazie alle
indulgenze e giaculatorie, non rallentava manco
per prendere fiato, anzi accelerava la sua corsa
verso il Paradiso.
Sotto,
i
penitenti
del
Purgatorio
quando
scorgevano un’anima benedetta: “Ferma che sei
arrivata!”, ma quella imperterrita proseguiva
traforando le nubi per sparire nell’infinito. E non
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s’arrestava manco in vista del Paradiso. C'era San
Pietro che si sbracciava: “Anima benedetta, scendi
a godere delle grazie celesti!”. E l’anima manco
una piega. Travolgeva due angeli e quattro beati e
via WUUUUMMM (gesto di velocità a razzo)!
Tanto che ancor oggi
degli astronauti spesso
scorgono dal loro oblò anime dei beati che vagano
disperate alla ricerca del Paradiso.
Come vi dicevo, un altro oggetto di mercato che
indignava la popolazione nel medioevo era quello
delle reliquie. E’ risaputo che i Santi appena
deceduti, venivano letteralmente spogliati dei loro
abiti e spesso anche delle loro carni, cartilagini e
ossa. Venivano fatti a pezzi, insomma, messi sotto
vetro, portati in teche, venduti, comprati. In poche
parole se una chiesa non possedeva almeno quattro
o cinque pezzi si santi da mostrare non era
neanche da prendersi in considerazione. C’erano
addirittura città come Milano che, oltre ad un santo
patrono - il mitico Ambrogio - poteva esibire altri
due, tre santi protettori di riserva.
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La città di Norcia ha sempre vantato un grande
santo, ma purtroppo, dopo l’ultima guerra, i fedeli
della città si sono resi conto, aprendo l’urna, che le
spoglie
del
saccheggiate.
santo
Il
erano
corpo
state
benedetto
letteralmente
era
stato
smembrato e frammenti del medesimo, venduti a
varie chiese d’Europa. Ma come potevano i norcini
presentare ai visitatori stranieri le due o tre ossa
striminzite rimaste della grande reliquia? Così si
formò un comitato di cittadini che versarono
parecchi denari e ingaggiarono dei ricercatori di
reliquie perché si recassero in tutte quelle chiese
dove le vestigia del loro beato protettore erano
state sparse, col compito di ricomprarle a qualsiasi
prezzo.
Dopo un certo tempo, ecco i ricercatori tornare,
ognuno
col
proprio
sacchetto
contenente
frammenti recuperati. Hanno consegnato il tutto a
una troupe specializzata nell’assemblaggio di pezzi
ossei che, stesi tutti i frammenti su un’enorme
tavola, hanno dato inizio ai lavori fino a
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ricomporre il corpo del santo. Un vero e proprio
puzzle: “ Ecco qua una tibia… due tibie… un
perone… tre peroni?! Ce n’è uno in più (mima di
sbarazzarsene con stizza)! Via!” Così alla fine,
ecco il miracolo: la sacra spoglia è ricomposta. Un
mammut! (Mima le enormi zanne che escono da
sotto il lungo naso del pachiderma)
Non posso garantire sull’autenticità di questa
storia, ma molti cittadini dell’Umbria sono pronti
a giurarci sul mammut…voglio dire… sul santo!
Esiste un altro famoso aneddoto a proposito di
sante reliquie, certamente autentico e suffragato da
testimonianze
storiche:
quello
legato
alla
nascita del regno d’Inghilterra. Voi sapete che
fu Guglielmo il conquistatore, William il
rosso, il normanno terribile, che riuscì a
raccogliere sotto la stessa bandiera, popoli celtici,
angli e sassoni, per farne un’unica nazione. Ma nel
ben mezzo dell’operazione, i preti cristiani che
l’avevano indotto al battesimo, gli fecero notare
che alla creazione effettiva di quel regno mancava
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il Patrono benedetto. Senza quella santa reliquia
non ci si poteva eleggere a nazione. “Beh, cosa
aspettate, trovatemene uno!” - “É una parola!
Questi barbari si sono fatti da poco cristiani e dove
li trovi dei santi barbari?”
Così, Guglielmo fu sollecitato a inviare dei messi
ricercatori di là della Manica per acquistare un
santo degno, con tanto di simboli e bandiera. I
messi sbarcano in Danimarca: “Avete per caso un
bel santo che vi avanzi da venderci?” “Ma che
scherziamo? Ne abbiamo solo uno e pare pure si
tatti di una copia fasulla! Anzi, se andando intorno
ne trovate un paio anche per noi, portateceli!”
I messi ricercatori raggiungono la Francia. Come
si azzardano a raccontare che sono disposti a
comprarsi un santo, per poco non rischiano il
linciaggio: “Ma come vi permettete, inglesi
bastardi! Da quando in qua si comprano i santi
protettori? Un santo è una cosa sacra! Via i barbari
zozzoni!” Quando arrivano in Spagna e ripetono la
richiesta solo per miracolo si salvano dall’essere
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arsi vivi su un enorme rogo. Alla fine, ormai
demoralizzati, giungono in Italia; sbarcano a
Genova. Sulla banchina del porto incontrano
alcuni liguri e, quasi meccanicamente, come in una
tiritera recitata senza speranza, ripetono la loro
richiesta: “Scusate, ci sapreste indicare una
qualche città dove potremmo trovare qualcuno
disposto a venderci un santo, anche di seconda
mano?” Gli interpellati rispondono: “Qui! É inutile
andare d’intorno, vi cediamo il nostro santo
protettore!”
Si sa, a Genova ti venderebbero anche la madre!
Avrete notato dal tono usato, che questa battuta
m’è uscita con un certo timore. La ragione è
dovuta dal fatto che quando l’ho pronunciata in
America per poco non mi succedeva un vero e
proprio disastro. Eravamo nel 1986 a Boston, si
debuttava per la prima volta negli Stati Uniti… Mi
avevano avvertito: “Guada che Boston è una
piazza difficile, il pubblico che viene a teatro ha la
presunzione di possedere un gusto e una cultura
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dello spettacolo eccezionale, sono i figli diretti dei
famosi pellegrini…” Infatti, per tutta la prima
parte dello spettacolo, che era proprio “Mistero
Buffo”, un silenzio in sala da tagliare col coltello.
Spettatori attenti ma manco una risata, un accenno
d’applauso. Ecco però, che come inizio il prologo
del “Miracolo di Lazzaro” proprio il brano che vi
sto presentando, gli spettatori cominciano a
scaldarsi e arriva perfino qualche risata. “Ci siamo
- mi dico - si sono sbloccati!”. Ma appena accenno
la battuta: “Si sa, per denaro i genovesi
venderebbero eccetera” per la miseria, in terza fila
si leva all’impiedi un genovese emigrato a Boston
da chissà quanti anni, un vero e proprio
energumeno che, con un vocione da brividi, urla: “
Non è vero, noi genovesi non vendiamo nostra
madre!”
Un gelo tremendo per tutta la sala. Rapidissimo,
correggendomi, “Beh, se gliela pagano bene!” e lui
“Ah, allora... “ e si risiede soddisfatto.
Ero salvo!
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Come stavo dicendo, nell’XI secolo i genovesi
hanno offerto agli inglesi il loro santo e glielo
hanno pure venduto. E sapete bene qual è il santo
di Genova? San Giorgio!
E guarda caso, oggi, San Giorgio è ancora il santo
degli inglesi. Tutto gli hanno venduto: la mummia
intera con il suo elmo, la corazza con gli spalloni,
insomma la parure al completo. Fateci caso,
com’era la bandiera di Genova? Bianca con una
croce rossa, lunga e stretta… esattamente l’antica
bandiera inglese. E per completare la parure gli
hanno venduto anche il drago… un draghetto un
po’ incartapecorito, tutto torto, avvinghiato a San
Giorgio, che ormai col tempo, era nato un
profondo affetto.
Ebbene due secoli dopo, il Papa, da Roma ha
decretato che San Giorgio era un santo inesistente!
Non vi dico gli inglesi come se la sono presa, se la
sono legata al dito!
La cosa straordinaria è che gli inglesi, qualche
anno fa si sono recati alla loro cattedrale di Saint
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Paul , dove è esposta la teca del santo per
esaminarne la reliquia.
Volevano scoprire da dove provenisse quella
mummia. L’hanno fotografata con gli infrarossi,
l’hanno sezionata, gli hanno analizzato il DNA e,
alla fine, hanno scoperto che si trattava del
cadavere... di un turco! Di un turco! Neanche di un
cristiano! Guarda che bisogna essere proprio
balordi come i genovesi! Inoltre si è scoperto che
il drago non era un vero drago ma un coccodrillo
del Nilo con la scogliosi!
Io e Franca abbiamo recitato per parecchi mesi a
Londra, ebbene tutte le sere quando raccontavo
questo particolare c’era il pubblico inglese che singhioz-zava per la mortificazione. E in fondo alla
sala gli irlandesi che sghignazzavano a crepapelle.
Ma torniamo allo spettacolo.
Perché i giullari sceglievano proprio questo
episodio del Vangelo e non altri per far satira alla
speculazione e al mercato delle cose sacre? Credo
perché nella tradizione popolare legata al Vangelo
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questo fosse il miracolo più importante compiuto
da Gesù Cristo. Inoltre è la sua prima resurrezione,
un miracolo realizzato come gesto d’amore verso
la madre.
La Madonna, era parente stretta di Lazzaro e
Lazzaro era amato da lei come e più di un figlio.
Era un uomo giusto, generoso, capace di offrirle
gran conforto, specie quando il figlio se ne andava
intorno a predicare.
Quel Gesù non si poteva proprio chiamare un
figliolo di casa.
Quando Lazzaro muore, la Madonna è colpita da
un dolore inenarrabile: deperisce a vista d’occhio.
I parenti preoccupati mandano subito a chiamare
Gesù, ma nessuno ha idea di dove si possa trovare.
Il Nazareno non si preoccupava mai di comunicare
un suo programma... andava, tornava... tutto
improvvisato; non era certo organizzato nei suoi
viaggi
come
invece
rappresentante in terra.
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lo
è
il
suo
attuale
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Un gruppo di parenti parte alla sua ricerca: “Avete
visto Gesù?” “Sì, è passato di qua tre giorni fa
seguito da un sacco di gente.” Lo trovano
finalmente
lassù,
in
cima
alla
montagna,
circondato da una folla di fedeli, sistemati come in
un grande anfiteatro che si apprestano ad ascoltare
il suo sermone: appunto, il famoso discorso della
montagna. Uno degli apostoli si rivolge a Gesù e
dice: “Maestro, questa gente non ce la fa più, ha
camminato per tre giorni e nessuno ha toccato
boccone, stanno crollando per l’inedia!”. E Gesù:
“Accidenti, mi era andato via proprio di testa! Voi
apostoli, avete portato qualcosa da mangiare?”
“No, è andato via di testa anche a noi!”
“Cominciamo bene con ‘sta nuova redenzione!”
Il Nazareno si rivolge alla gente: “Qualcuno ha
portato con sè del cibo?” “Io - risponde un fedele ho qui un pezzo di pane!” “E il companatico? Per
caso qualcuno ha con sè carne secca, qualche
legume... formaggi, insaccati?” “Un pesce. Io mi
sono portato un pesce... ce l’ho qua!” Infila una
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mano nella saccoccia e tira fuori un pesce... una
specie di merluzzo che si è tenuto deréntro una
tasca per tre giorni. Infatti sta lì quasi isolato, con
tutti i fedeli che gli stanno alla larga per il tanfo e
imprecano: “Ma chi ci ha addosso ‘sto puzzo da
vomito?!” Tira fuori il pesce, lo offre a Gesù... il
Nazareno lo sistema in un cesto con il pezzo di
pane, scuote il cesto, lo getta per aria: FUAFF! Dal
cielo scende una tempesta di paninoni imbottiti di
pesci con già fuori la lisca e l’oliva già infilzata
insieme al limone. E tutti che azzannano affamati e
urlano: “Che bella religione è questa!”
Uno dei parenti venuto a cercarlo, grida: “Gesù,
Lazzaro è morto!” Il Nazareno si porta le mani al
viso ed esclama: “Oddio!”... espressione tipica di
Gesù. Si sistema nel giusto equilibrio in capo il
cerchio d’oro e scende giù a valle. Appena giunto
alla casa della madre, la trova disperata; sono
giorni e giorni che non mangia, non dorme, piange
come una fontana. Il figlio, vedendo il suo dolore,
è talmente rattristito e preoccupato che decide di
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ridare la vita a Lazzaro. È proprio per lei, per
rivedere il sorriso e la serenità sul viso di sua
madre che realizza questo miracolo.
Il luogo deputato della giullarata è il cimitero.
All’inizio non c’è anima viva, ma ecco apparire tra
le tombe un primo personaggio. È un curioso che
viene a prendere posto per lo spettacolo. Pian
piano ecco, il camposanto si riempie di spettatori
che spingono, s’ammassano, s’insultano; ognuno
vuol godersi il miracolo dal posto più prossimo
alla tomba di Lazzaro. Entra in scena anche un
ambulante che offre sedie alle donne perché
possano godersi lo spettacolo comode. Lo segue
un pescivendolo che offre sardine, acciughe
appena fritte. Per finire ecco un gruppo di
scellerati che tengono banco per le scommesse.
Scommettono sul tempo che impiegherà il Santo
per far tornare in vita il defunto, se ci riuscirà o
meno e se Lazzaro risorto apparirà vispo o
allocchito.
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In poche parole, in questa giullarata viene posto
ben in evidenza come tutta quella folla sia
interessata unicamente allo spettacolo e ignori il
miracolo nel suo senso mistico e nel grande
significato d’amore che esprime.
Come per le altre giullarate anche in quest’ultima
il linguaggio usato è costituito da molti dialetti del
nord Italia e da termini onomatopeici, spesso
inventati.
Un solo giullare interpreta tutti i ruoli dei
personaggi che man mano si avvicendano sulla
scena. Ma, è qui è proprio nello stile dei
cantastorie, essi vengono appena accennati nel loro
particolare ruolo. Basterà un lieve cambio di tono
o cadenza, una piccola variante di atteggiamento o
gestualità perché possiate intuire quali dei presenti
stia parlando.
Inizieremo, come ho già detto,
dall’entrata del
primo personaggio che si rivolge al guardiano del
camposanto e gli chiede dove si trovi la tomba del
miracolando.
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Il
guardiano
prende
da
ogni
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visitatore del denaro per concedere il diritto di
assistere allo spettacolo. Chiede due palanche
anche ad una donna e mezza palanca per il bimbo
che tiene in braccio.
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RESURREZIONE DI LAZZARO
Inizia il dialogo tra il primo visitatore e il
guardiano del camposanto
“Ch'al
scüsa…
oh
l'è
quèsto
ól
simitéri,
campusànto, due che vai a fa’ ól ‘suscitaménto d'ul
Làsaro? Quèlo che l'hano sepelìto da quàter ziórni,
che dòpo ‘riva un santón, un stregonàsso, Jesus…
me pare che se ciàmi…
Fiòl de Déo de
sovranóme… salta föra el morto co' i ögi spiritàt e
tüti che vusa: “L'è vivo! L'è vivo!... e po’ ‘dèm tüti
a béver che s'enciuchémo ‘mé Dio!”. L'è chi lòga?
“(Nel ruolo del guardiano del camposanto) Sí,
dòe baiòcchi se vòi véder ól miracolo!
“(Torna ad interpretare il personaggio del
visitatore) Dòi baiòcchi mi a ti, parchè?”
“(Torna nel ruolo del guardiano del camposanto)
Parchè mi a sont ól guardiàn d'ól camposanto e déa
èsser recompensà’ per tüti i impiastri e burdeléri
che viàltri m'impiantì… che a vegnìt chi… andì sü
i sépi… pesté i tómbi… andé sui crósi, ve senté sui
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crósi… mé storté tüti i brasi de le crósi e me rubìt
tüti i lumìni! (Prende fiato) Dòi baiòcchi, se no
andé in un’óltro camposanto! Vòi véder se lì truvé
un’óltro santo bravo come ól nòster che con do'
segni a tira föra i morti come fungi! Andé, andé!
Anca ti dòna, dòe baiòcchi! Ol bambìn mèso
baiòcco! Nol me importa se nol capìsse negótta,
quando serà grando te ghe dirà: "Pecàto che te s'éri
cusì inscimìt, incrugnìt de crapa, che no' t'è capì
negòta e sul plù bèlo del miracolo te me gh'ha pisà
anca adòso!". (Si rivolge ad un immaginario
ragazzino che cerca di entrare nel cimitero
scavalcando il muro di cinta) Föra! Föra dal müro!
Desgrasió, canàja! Furbàsso… al vö vegnì
deréntro a vedérse ól miracolo a gratis!
(Rientrando nel ruolo del primo visitatore) “Bòja
quante tombe che gh'è! Che simitiéro grande!
Varda quante cróse! (Si rivolge direttamente al
pubblico) Mi son vegnü apòsta a la matìna presto a
tegnì il pòsto parchè me piàse èsser davanti bén
ciàro a la tomba avèrta… a gh'è dei santoni
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stregonàssi che fa' dei trüchi treméndi: i prepara un
morto de soravìa, un vivo de sóta, fa i segni...
TRACCHETE! Se revòlta ól mesté: "L'è vivo! L'è
vivo!". Mi vòi vedérghe ciaro!
L'altra volta son 'rivà chi la matìna presto, dòpo
mèsa ziornàda che stévo chi a ‘speciàre, el
miracolaménto l'han fa' là in fondo e mi son restà
chi come un barlòcco ciolà! Ma 'stavolta me son
interessà, l'è chi-lòga ól Làsaro... Varda quanta
zénte che arìva... (Rivolgendosi alla gente intorno)
Eh! Ve piàse i miracoli, eh? No' gh’avìt niénte de
fare eh? (Mima di perdere l’equilibrio per uno
spintone) Bòja no' spignére! La tomba l'è avèrta!
Bòrlo deréntro, po' ‘riva ól santo: "Vivo! Vivo!"...
e mi éro già vivo! (Indicando intorno a sè) I arìva
anca da la montagna... Ehi montagan, no' gh'avìt
mai visto un miracolo viàltri, eh?... (Commenta
con ironia) Forèsti! (A gesti, fa immaginare la
presenza di un uomo di bassa statura) Oh, pìcolo
no' spìgnere! Pìcolo no' spìgnere!! No' me importa
se te s'èt picinìn e no' te vedi! Pìcoli, nani, e
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stciancàt in ginögio, dée vegnìr la matìna a l'alba a
tórse ól pòsto! (Commenta con ironia) Ah, ah,
ah... còssa te crede de vès in Paradiso, ti? Che i
pìcoli saran i primi e i grandóni in fila, i ültimi?
Ah, ah, ah! (Si rivolge ad un altro personaggio)
Oh, dòna no' spìgnere! No' me importa se te sèt
fèmena! Devànti a la morte sémo tüti uguali!
(Direttamente al pubblico) No' végno miga qua
per ól miracolo, végno per le ridàde che me fago.
(Gridando verso l’esterno) Alóra, arìva ól santo?
No' gh'è qualche d'ün de voialtri che cognósse dóe
sta de casa 'sto santo che lo vaga a ciamàre... a
dighe che sémo tüti preparàdi… che no' se pòl
‘speciàre tüta una ziornàda, andémo… per un
miracolo... Gh’émo altro de fare!... Ma metéghe un
orario a 'sti miracoli! E rispetélo! (Tra sè) ‘Riva?...
(Ai presenti) No' arìva!
(Fa immaginare l’ingresso di un affitta-sedie)
Cadréghe! Chi vòle cadréghe? Dòne! Catéve 'na
cadréga! Dòi bajòchi 'na cadréga! Sentéve, che l'è
grave pericolo restà in pie a vardàrse un
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miracolamento! Che quando ‘riva ól santo, fa dei
ségn, el fa vegní feura ul Làsaro in pie... cui ögi
spiritati... ciapé un tal stremìsio-spavénto, andé
indrìo cunt la crapa… andé a bàter sü un saso...
TACCHETE! Morte! Sèche! (Rivolto al pubblico)
E ul santo ne fa ün sojaméente de miracolo, incöe,
eh! Catéve, catéve la cadréga! Dòe baiòcchi!
(Accenna ad uscire di scenae ritorna ad
interpretare il ruolo del primo visitatore) Pìcul…
te sèt catà 'na cadréga, eh? Per diventar plù
grando! Ma bravo! Monta, monta che t'aìdo! Oplà!
Va che pìcolo-grando! No' apogiàrte chi-lòga sü la
mia spala… te do' un trusùn che te sbato deréntro
la tomba 'vèrta, po' ciàpo ól quèrcio, te lo mèto de
soravìa, (mima di bussare da dentro la tomba)
TON
TON:
silénsio!
TON
TON
etèrnum!
(Sporgendosi verso l’esterno) ‘Rìva 'sto santo?
No’ arìva! Ma no’ se pòl ‘speciàre tanto… végne
scüro! Ghe tóca pisà tüti i lumini, ‘riva il santo, se
sbàja de tomba, va su un'altra tomba e resuscita
un’àlter morto... ‘Riva la mama del Làsaro,
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comincia a piàgnere… tóca ‘masàre ól morto
apéna resuscitato! No' se fa 'ste figure... gh'è i
forèsti!
(All’istante mima l’ingresso di un venditore di
pesce fritto) Ohhhoh! Sardèle, sardèle, bòne,
dólze, frite… dòi bajòchi… catévene un cartòcio.
Bòne!… che i fa ‘suscitare i morti! (Nel ruolo di
un visitatore) Daghe un cartòcio al Làzaro, che se
prepara el stòmego!
(Altro visitatore) Cito, blasfemo!
(Nel ruolo del primo spettatore) Arìva la gént, tüti,
tüti, i apostoli, varda, varda! Tüti in fila col santo...
Quel con tüti i risulìn e la barba lònga l'è Piétro,
quèl'altro con la crapa pelàda e con la barba tüta
rìsula, quèlo là l'è Paolo... quèl'altro... (portando
festoso la voce) Maarcooo!... (Cambio tono:
pavoneggiandosi, al pubblico intorno) Cognósso!
Sta 'tacà de casa mia! (Leva le mani agitandole
vistosamente in segno di saluto, quindi, a gesti,
avverte il santo che lo attenderà a miracolo
avvenuto per invitarlo ad una grande bevuta) Ah,
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guarda quèlo l'è Jesus… quèlo pìcolo... Com a l'è
zióvin... guarda no' gh'ha gniànca la barba... come
l'è delicàt… ól pare un bagài. Mi me l’immazinàva
plu tosto, con una gran crapa de cavèi, cun dei
paletóni (indica le orecchie), cunt un crestón
treméndo, cunt dei dénci, de le manàsse, che
quand faséva i benedisiùn PAA!... faséva in
quattro i fedeli! Che zóvine che o l’è!
(Una voce fra la folla) Jeesuuus! Faghe ‘n'altra
volta ól miracolo de la moltiplicasióne dei pani e
dei pessìt che éran sì bòni... Dio la magnàda che
gh'ho fàito!
(Altro personaggio) Ohi, ma ti no' ti pensi che a
magnàre!?
(Risponde chi ha parlato prima) E per fòrsa! L’è
par via che semo chi-lò, in del çimitério… a mi la
tensiön dei miracoli me svòda ól stòmego in una
manéra che me végne ‘na fame de magnàrmi anco
Dèo!
(Uno dei visitatori) Cito, cito che ól Jesus l’ha
dàito l’órdén de ingiunugiàs! Tüti i santi s'è metü
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in ginögio a pregare... e anco i altri… anca noàltri
dovémo andare in ginögio, se no il miracolaménto
no’ riésse!
(Altro visitatore) Mi no’ ghe vago. Mi no’ ghe
vago! No' me importa! No' ghe credo e no' ghe
vago in ginögio!
(Altro visitatore) Te catàsse un fülmine che te
storpiàsse i giambi! (Mima di camminare da
storpio) Po' va da Jesus: "Jesus, fame ól miracolo
de...". Niénte! Un’altér fülmine... TRAK!, anca le
brasse! (Mima braccia da paralitico)
(Altro personaggio) Cito, cito… gh'ha da' l’órden
de valsà la piéra de la tomba.
(Uno dei presenti urlando, ordina e dirige il
sollevamento della pietra) Vàie insèma! Valzé ‘sto
lastrón! Aténti ai pie!
(Uno spettatore tappandosi il naso) Bòja che
spüssa che végn föra! Che tanfo! Ma cosa gh’han
bütà deréntro... un gato marscìo?
(Altro visitatore) No, no, l'è lü… l'è Làsaro…
Varda come l'è cunscià!
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ALTRO VISITATORE Ohia, l'è descomponìo...
tüti i vèrmini che ghe vegn föra dai ögi... Ah, che
schìvio!
(Altro visitatore) Che schèrso che gh'han fato!
(Altro visitatore) A chi?
(Altro visitatore) Al Jesus! Gh'avéan dito che l'éra
quatro ziórni che l’avéan interà... Sarà almanco un
mese che l'è sóto tèra! No' ghe pòl riussìre 'sto
miracolaménto...
(Altro spettatore) Parchè?
(In risposta) Parchè l'è tròpo infrolàto 'sto morto!
(Altro visitatore) Ghe riésse uguale, parchè quèl lì
è un santón tale, che anco se in de la tomba ghè
derentro quatro òsi marscìdi e tüti sbirulàt, basta
che lü ghe rivolta i ögi al ziélo... due parole a suo
Padre, e 'ste òsa de colpo se riempie de carne, de
muscoli e VUUUMMM!, ól va via ‘mé 'na légura
a saltelón!
(Altro personaggio) No' di' strunsàde!
(Altro
visitatore)
Come
strunsàde?!
Fémo
scomèsa? Sìnquo contro quatro che ghe riésse!
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(Altro visitatore) Sète contro diése che no' ghe
riésse! Tégno banco mi! (Rivolto agli immaginari
spettatori con tono da bookmaker che raccoglie
scommesse) Tre, quattro, dòi... oto che riése… sète
che no’ ghe la fa…
(Altro visitatore, disgustato) Basta! Vergogna! Col
santo ancora lì ch'el prega, e lori a far scomèsa!
Blasfémio! Vergogna!... (All’improvviso) Zìnque
baiòcchi per mi che ghe riésse!
(Altra voce) Cito! Ól santo el punta ól morto e ghe
ordina: "Végne föra Làsaro!".
(Altro personaggio) Ah, ah, vegniràn föra i
vèrmini che l'è impiegnìdo!
(Altro spettatore indignato) Cito blasfémio!
(Altro personaggio, allibito) Ol s'è moeve! Deo
gràsia ól s'è moeve! Ol l'è vivo! (Mima il
movimento di Lazzaro che risorge, barcollando)
Ol Làsaro ól mónta, mónta, mónta... végn sü, végn
sü, végn sü... ól bòrla, ól bòrla, ól bòrla... va giò,
va giò, végn sü! Se scròda come un cagn che
végne föra da l'acqua… tüti i vermèni spantegà!
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(Mima di ripulirsi schifato, faccia e corpo dei
vermi che gli sono arrivati addosso) Oh!
Desgrasiò! Va piàn co' 'sti vèrmeni!
(Altro visitatore cadendo in ginocchio) Miracolo!
Ol l'è vivo! Ol l'ha resüscitàt! Bòja, varda ól ride,
ól piagne.
A turno i personaggi si esaltano per il miracolo
(Altro visitatore, a sua volta in ginocchio)
Meravegióso fiòl de Deo! Mi no' credevo miga che
ti té fudèsse cossì miracolànte... (quindi, veloce
verso il bookmaker) Gh’ho vinciü mi! Sète
baiòcchi cóntra sìnque! (A Gesù) Maravegióso!
Bravo Jesus, bravo!... (All’istante si palpa sul
ventre e sul fianco) La mia borsa!?... Ladro! Bravo
Jesus! (Volto verso l’esterno)
Jesus,
bravo!...
(Esce
Ladro! Ladro!
correndo,
volgendo
ripetutamente il capo sia verso Gesù che verso
l’esterno)
Ladroooo!…
Jesus
bravo,
Ladroooo! Jesus bravo, Jesus! Ladroooo!
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Jesus!
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RESURREZIONE DI LAZZARO
TRADUZIONE
Inizia il dialogo tra il primo visitatore e il
guardiano del camposanto
“Scusi... è questo il cimitero, camposanto, dove
vanno a fare il resuscitamento (la resurrezione) del
Lazzaro? Quello che hanno seppellito da quattro
giorni, che dopo arriva un santone, uno stregone,
Jesus... mi pare che si chiami… Figlio di Dio di
soprannome… salta fuori il morto con gli occhi
spiritati e tutti che gridano: “È vivo! È vivo!... e
poi andiamo a bere e ci ubriachiamo come Dio!”.
È qui?
“(Nel ruolo del guardiano del camposanto) Sì,
due baiocchi se vuoi vedere il miracolo!”
“(Torna ad interpretare il personaggio del
visitatore) Due baiocchi io a te? Perché?”
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“(Torna nel ruolo del guardiano del camposanto)
Perché io sono il guardiano del camposanto e devo
essere ricompensato per tutti gli impiastri e
bordelli che voialtri mi combinate... che venite
qui… mi schiacciate le siepi… calpestate le
tombe… vi sedete sulle croci… mi stortate tutte le
braccia delle croci... e mi rubate pure i lumini!
(Prende fiato) Due baiocchi, se no andate in un
altro camposanto! Voglio vedere se trovate un
altro santo bravo come il nostro che con due segni
tira fuori i morti come funghi! Andate, andate!
Anche tu donna, due baiocchi! Il bambino mezzo
baiocco! Non mi importa se non capisce niente,
quando sarà grande gli diranno: “Peccato che eri
così tonto… imbesuito di testa, che non hai capito
niente e oltretutto, sul più bello del miracolo mi
hai spiaccicato anche addosso! (Si rivolge ad un
immaginario ragazzino che cerca di entrare nel
cimitero scavalcando il muro di cinta) Fuori!
Fuori dal muro! Disgraziato, canaglia! Furbastro,
vuole venire deréntro a vedersi il miracolo gratis!”
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(Rientrando nel ruolo del primo visitatore)
“Bestia, quante tombe che ci sono! Che cimitero
grande!
Guarda
quante
croci!
(Si
rivolge
direttamente al pubblico) Io sono venuto qua
apposta la mattina di buon’ora a prendermi un bel
posto, perché mi piace esser davanti... mi piace
vedere ben chiaro dentro la tomba aperta… ci sono
dei
santoni-stregoni
che
fanno
dei
trucchi
tremendi: sistemano dentro un morto sopra, un
vivo
sotto,
fanno
gesti
da
santoni...
TRACCHETE!, si rivolta il marchingegno: “È
vivo! È vivo!”. Io voglio vederci chiaro!
L’altra volta sono arrivato la mattina presto, dopo
mezza giornata che stavo qui ad aspettare, il
miracolo l’han fatto là in fondo e io sono restato
qui come un imbesuito fottuto! Ma ‘stavolta mi
sono interessato, è qui il Lazzaro... Guarda quanta
gente che arriva... (Rivolto alla gente intorno) Eh!
Vi piacciono i miracoli, eh? Non avete niente da
fare eh? (Mima di perdere l’equilibrio per uno
spintone) Boia non spingete! La tomba è aperta! Ci
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casco dentro, poi arriva il santo: “Vivo! Vivo!”... e
io ero già vivo! (Indicando intorno a sè) Arrivano
anche dalla montagna... Ehi montanari non avete
mai visto un miracolo voialtri, eh?... (Commenta
con ironia) Forestieri! (A gesti, fa immaginare la
presenza di un uomo di bassa statura) Oh, piccolo
non
spingere!
Piccolo non spingere!! Non
m’importa se sei basso e non vedi! Piccoli, gli
storpi nelle ginocchia, devono venire all’alba a
prendersi il posto! (Commenta con ironia) Ah, ah,
ah... credi di essere in Paradiso, dove i piccoli
saranno i primi e i grandoni in fila, gli ultimi? Ah,
ah, ah! (Si rivolge ad un altro personaggio) Oh,
donna non spingere! Non mi importa se tu sei
femmina! Davanti alla morte siamo tutti uguali!
(Direttamente al pubblico) Non vengo mica qua
per il miracolo, vengo per le gran risate che mi
faccio. (Gridando verso l’esterno) Allora, arriva il
santo? Non c’è qualcuno di voialtri che conosca
dove sta di casa ‘sto santo che lo vada a
chiamare... a dirgli che siamo tutti preparati… che
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non si può aspettare tutta una giornata, andiamo…
per un miracolo... Abbiamo altro da fare!... Ma
metteteci un orario a ‘sti miracoli! E rispettatelo!
(Tra sè) Arriva?... (Ai presenti) Non arriva! (Fa
immaginare l’ingresso di un affitta-sedie) Sedie!
Chi vuole sedie? Donne! Affittatevi una sedia!
Due baiocchi una sedia! Assettatevi, che è grave
pericolo stare in piedi e rimirarsi un miracolo! Che
appena arriva il Santo e fa dei segni, sorte il
Lazzaro ritto... con gli occhi spiritati… vi prende
un tale spavento che vi rovesciate all’indietro con
un gran tonfo e sbattete la testa su una pietra...
TACCHETE!
pubblico)
Morte!
Secche!
(Rivolto
al
E il santo ne fa uno solamente di
miracolo oggi, eh! Prendete, affittatevi la sedia!
Due baiocchi! (Accenna ad uscire di scena e
ritorna ad interpretare il ruolo del primo
visitatore) Piccolo… ti sei preso una sedia, eh? Per
diventare più grande! Ma bravo! Monta, sali che ti
aiuto!
Oplà!
Va
che
piccolo-grande!
Non
appoggiarti sulla mia spalla… che ti ammollo una
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spintonata... ti sbatto dentro la tomba spalancata,
poi acchiappo il coperchio, te lo sistemo sopra,
(mima di bussare da dentro la tomba) TON TON:
silenzio! TON TON: eterno!...
(Sporgendosi verso l’esterno) Arriva ‘sto santo?
Non arriva! Ma non si può aspettare così tanto…
viene scuro! Ci tocca appicciare (accendere) tutti i
lumini, arriva il santo, si sbaglia di tomba, va su
un’altra tomba e resuscita un altro morto… Spunta
la mamma di Lazzaro, scoppia a piangere… tocca
ammazzare il morto appena resuscitato! Non si
possono fare ‘ste figure... c’è gente di fuori!
(All’istante mima l’ingresso di un venditore di
pesce fritto) Ohhhoh! Sardine, sardine, buone,
dolci, fritte… due baiocchi…
prendetevene un
cartoccio! Buone!… che fanno resuscitare i morti!
(Nel ruolo di un visitatore) Ehi sardine, danne un
cartoccio al Lazzaro, che si prepara lo stomaco!
(Altro visitatore) Zitto, blasfemo!
(Nel ruolo del primo visitatore) Arriva la gente,
tutti, tutti, gli apostoli... guarda, guarda! Tutti in
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fila con i santo... quell’apostolo lì... è Pietro, con
tutti i ricciolini, la barba lunga... quel altro con la
testa pelata e con la barba tutta riccia, quello è
Paolo... quell’altro... (portando festoso la voce)
Maarcooo!... (Cambio tono: pavoneggiandosi, al
pubblico intorno) Conosco! Sta appresso a casa
mia... (Leva le mani agitandole vistosamente in
segno di saluto, quindi, a gesti, avverte il santo
che lo attenderà a miracolo avvenuto per invitarlo
ad una grande bevuta) Ah, guarda quello è
Gesù… quello piccolo... Come è giovane... guarda
non ha neanche la barba... com’è delicato… pare
un ragazzino. Io me lo immaginavo più tosto, con
una gran testa di capelli... con delle pallettone
(indica le orecchie), una crestona tremenda, con
dei denti, delle manone, che quando cominciava a
benedire: PAA!... troncava in quattro i fedeli! Che
giovane che è!...
(Una voce fra la folla) Jeesuuus! Facci un’altra
volta il miracolo della moltiplicazione dei pani e
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dei pesci che eran così buoni... Dio la mangiata
che ho fatto!
(Altro personaggio) Ohi, ma tu non pensi che a
mangiare!?
(Risponde chi ha parlato prima) E per forza!
Siamo qua, al cimitero... a me la tensione dei
miracoli mi svuota lo stomaco in un modo che mi
viene una fame che mio mangerei anche Dio!
(Uno dei visitatori) Zitto, zitto che Jesus ha dato
l’ordine di inginocchiarsi! Tutti i santi si sono
messi in ginocchio a pregare… e anche gli altri…
anche noi dobbiamo inginocchiarci, se no il
miracolo non riesce!
(Altro visitatore) Io non ci vado. Io non ci vado!
Non mi importa! Non ci credo e non ci vado in
ginocchio!
(Altro visitatore) Ti prendesse (colpisse) un
fulmine che ti storpia le gambe! (Mima di
camminare da storpio) Poi vai da Gesù: “Gesù,
fammi il miracolo di...” Niente! Un altro fulmine...
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TRAK!, anche le braccia! (Mima braccia da
paralitico)
(Altro personaggio) Zitto, zitto… ha dato l’ordine
di sollevare la pietra della tomba. (Uno dei
presenti urlando, ordina e dirige il sollevamento
della pietra) Forza! Insieme! Alzate ‘sto lastrone!
Attenti ai piedi!
(Uno spettatore tappandosi il naso) Boia che
puzza che viene fuori! Che tanfo! Ma cosa ci
hanno buttato dentro... un gatto marcio?
(Altro visitatore) No, no, è lui, è Lazzaro, guarda
come è ridotto!
(Altro visitatore) Ohia, quasi putrefatto… tutti i
vermi che gli sortono dagli occhi... Ah, che schifo!
(Altro visitatore) Che scherzo che gli hanno fatto!
(Altro visitatore) A chi?
(Altro visitatore) A lui, a Gesù! Gli avevano
raccontato che era seppellito da soli quattro
giorni... Sarà almeno un mese che è sotto terra!
Non gli può riuscire ‘sto miracolo...
(Altro spettatore) Perché?
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(In risposta) Perché è troppo frollo ‘sto morto!
(Altro visitatore) Io son sicuro che ce la fa eguale,
perché quello è un santone tale, che anche se nella
tomba ci stanno quattro ossa marce fradice, basta
che lui rivolga gli occhi al cielo... due parole a suo
Padre, e ‘ste ossa di colpo si riempiono di carne, di
muscoli, e VUUUMMM!, va via a saltelloni come
una lepre!
(Altro personaggio) Non dire stronzate!
(Altro visitatore) Come stronzate?! Facciamo
scommessa? Cinque contro quattro che ci riesce!
(Altro visitatore) Sette contro dieci che non ci
riesce! Tengo banco io! (Rivolto agli immaginari
spettatori con tono da bookmaker che raccoglie
scommesse)
(Altro visitatore) Tre, quattro, due… otto che
riesce… sette che non ce la fa…
(Altro visitatore, disgustato) Basta! Vergogna!
Col santo ancora lì, che prega e loro che fanno
scommesse!
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Blasfemi!
Vergogna!...
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(All’improvviso) Cinque baiocchi per me che ci
riesce!
(Altra voce) Zitti! Il santo punta il morto e gli
ordina: “Vieni fuori Lazzaro!”.
(Altro personaggio) Ah, ah, verran fuori i vermi
del ripieno.
(Altro spettatore) Zitto blasfemo!
(Altro personaggio, allibito) Si muove! Deo grazia
si muove! È vivo! (Mima il movimento di Lazzaro
che risorge, barcollando) Il Lazzaro si rizza,
monta, è in piedi... casca, casca, casca... va giù, va
giù, viene su! Si scrolla come un cane che sorte
dall’acqua... tutti i vermi si spargono intorno!
(Mima di ripulirsi schifato, faccia e corpo dei
vermi che gli sono arrivati addosso)
Oh
disgraziato! Va piano con ‘sti vermi!
(Altro visitatore cadendo in ginocchio) Miracolo!
È vivo! L’ha resuscitato! Boia, guarda: ride,
piange.
A turno i personaggi si esaltano per il miracolo
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(Altro visitatore, a sua volta in ginocchio)
Meraviglioso figlio di Dio, io non credevo che tu
fossi così miracoloso! (quindi, veloce verso il
bookmaker) Ho vinto io! Sette baiocchi contro
cinque! (A Gesù) Meraviglioso! Bravo Jesus,
bravo!... (All’istante si palpa sul ventre e sul
fianco) La mia borsa!?... Ladro!
(Volto verso l’esterno) Ladro! Ladro! Gesù, bravo!
(Esce correndo, volgendo ripetutamente il capo
sia verso Gesù che verso l’esterno) Ladroooo!…
Jesus bravo, Jesus! Ladroooo! Jesus bravo, Jesus!
Ladroooo!
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PARTE DA INSERIRE NEL BRANO LA
NASCITA DEL VILLANO MA NON SO DOVE.
ASPETTARE!
L’allusione satirica che definisce il villano privo
d’anima, quindi simile ad un animale che ad un
essere umano ci fa venire in mente un suo simile:
l’homo selvatico che, non bisogna dimenticarlo, è
addirittura considerato, insieme allo zanni, il padre
di Arlecchino. Uno dei più antichi fabulatori di
Francia, detto Adam, ragionando sulla spiritualità
dell’uomo insinuava che l’anima fosse per i figli di
un Dio un peso, una pietra al collo che impedisce
d’essere liberi sinceri e leali con se stessi e con il
loro creatore. Bonvesin de la Riva in una disputa
fra l’anima e il corpo fa dire a quest’ultimo:
“Ringrazia il cielo che tu non abbia forma alcuna
anima mia perché se tu possedessi natiche ti ci
prenderei a pesate fino a farti volare in cielo.
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Punk è il prototipo del ribelle ad ogni costo, una
specie di Pulcinella che manifesta la propria rabbia
verso regole assurde, ingiuste e prevaricando dalla
società dei potenti scaraventano poliziotti e
giudici...... le droghe e ..... la morte. Personaggio
che trae la sua .... anche dall’homo selvatico e
anche dallo zanni primordiale. Mi ricordo di aver
visto in Francia e anche ad un festival di Cervia
spettacoli realizzati con elementi i più assurdi e
inaspettati: cucchiai e forchette che duellavano con
forbici e martelli, ombrelli che recitano scene
d’amore.
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STAMPATI PER EINAUDI
I MISTERI presentazione P.
ROSA FRESCA E AULENTISSIMA
BATIVE
STRAGE
INNOCENTI:
PRESENTAZIONE,
BRANO DIALETTO, TRADUZIONE
MORALITA
CIECO
INTRODUZIONE
E
1969
SRORPIO
DIALETTO,
TRADUZIONE
MORALITA CIECO E SRORPIO 2000 dialetto
traduzione
NOZZE
DI
CANA
introduzione,
dialetto,
traduzione
NASCITA DEL VILLANO - presentazione,
dialetto, traduzione
MIRACOLO DI LAZZARO - presentazione,
brano, traduzione
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II PARTE (sull’altro file)
NASCITA DEL GIULLARE
BONIFACIO VIII - presentazione- brano dialettotraduzione
LE MARIE - napoletano - presentazione- brano
dialetto- traduzione
LE MARIE - lombardo - presentazione- brano
dialetto- traduzione
Maria sotto la croceMATTO - presentazionebrano dialetto- traduzione
MATTO SOTTO LA CROCE - presentaz.- brano
dialetto- traduzione
Gesù bambino
I GRAMMELOTTE - completi da rivedere
presentazioni
VARIANTE 1- AL PROLOGO: GUERRA NEL
GOLFO
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VARIANTE 2
corretto lazzaro
corretto traduzione 2000 credo, cieco e storpio con
Dario
occorre trasportare cambiamentio italiano su
dialetto
Sono un po’ in confusione. Mi devo fermare!
Altra Versione
Il primo miracolo di Gesù bambino
Quando in tòl ziélo impiegnìdo de stèle, de bòto, come
fùlmine, l'è 'rivàdo uno stelón meravegióso con 'sto grande
cuùn sbarluscénto de fògo sbarlazàndo tüte le stèle i se
metüe a criàr: "Ohe, 'craménto! Chi l'è?". Al'éra la stella
cometa che vegnìva dall'oriente per dàrghe l'indicasiùn a i
Re Magi.
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Gh’éra il primo Re Magio, quello vègio, co' al'éra sü un
caval negro, atènti a l'allegurìa, o' l’éra ingrignàt, un nass a
bèch de catìvo che ól trava sacraménti perchè ól gh'avéa
dei bugnùni sul cül che a ògni selàda: toc!, se ne
schisciàvan quatórdese e biastemava 'mé Dio. A gh’éra il
Re Magio biondo, ciàro, sempàtego ch'ól rideva, col
mantelo d'arzento, muntà sü un cavàl bianco, aténti a
l'allegurìa. E appresso a gh’éra il Re Magio negro che è sü
un camèlo griso: un Magio negro... un negro, ma cussì
negro, che contro a 'sto camèlo griso che montava, pareva
più bianco del cavàlo bianco del Magio biondo. Bèlo de
fàcia e tüto ridénte de quaranta dencióni luzénti e con dòi
ögi che sbalusciàva nel scüro a luminàre. E sémpre sóvra
al camèlo andava cantando. E ól cantava de contìnua, 'sta
tiritéra:
"Oh che bèl, che bèl, che l'è andare sül camèl!
Che bèl, che bèl!
Un saltèl, do' saltèl sü le goebe dèl camèl!
Oohh che bèl, che bèl el camèl che va a Betlèm,
Sóta el lüm de mila stèl.
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Sala di Cesenatico 271
La cométa che a cumpàgna
giüsta fin a la capàna
e la Madòna che la nina
el Bambìn che piàgne e frìgna
e Giüsèp che sega, sega.
I angiulìt che i vola e i préga.
L'asinèl e ól boe che i bòfa
el camèl che sgamba e ól sgròpa
balzelóni, vah 'm' el tròta!
Oh che bèl, che bèl, che bèl
che l'è andare sül camèl!
De gran lónga pusé bèl
ch'andar sül cavàl
sul cavàl té scròla i bal
che no' té càpita sul camèl
che bèl, che bèl, che bèl!"
"Baastaa,baastaa! - el vègio Re Magio ól biastemàva - Ma
no' se pòde! O l'è quatro ziórni e quatro nòte col canta che
l'è bèl andare sü 'sto camèl!"
(Il Re Magio negro riprende la tiritera)
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Sala di Cesenatico 272
"E per fòrsa che mé tóca cantare
in sül camèl per farlo andare
perchè se mi no' ghe canto
el camèlo s'indorménta.
S'indorménta, bürla par tèra
s'impantéga e mi stravàco
col camèl che mé sbraga adòso
e ghe rèsto tüto schiscià!
Sì che canto sul camèl!
Oh che bèl, che bèl!
Cossì arìvo a la capàna
co' la Madòna che la nina
San Giüsèp che ól sega ól sega
ól Bambìn che ól frìgna e piàgna
i angiulìt che i vola e i préga.
El camèl che sgròpa e ól tròta
oh che bèl, che bèl, che bèl!
Sóra el camèl bisogna che canto
anca per dàrghe un po' de ritmo
perchè andare sul camèl no' l'è come in gròpa dèl cavàl
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che ól cavàl va col galòpo
e ól camèl ól sgamba a tròto
sciàmpe ambàde una d'avanti e l'altra de drìo,
che se no' se dà el bòn témpo
se intupìca de 'na gamba
se scarpüscia e ól và de sciàmba
borletóni el va, se stciànta
e mi, sóta de roèrsa
tüto schisciàto dal camèlo!
Oh che bèl, che bèl, che bèlo!
Dàrghe ól ritmo e farlo balàre
che a Betlèm mi vòj arivàre, col camèl.
Oohhee che bèl!
Oohhee che bèl!"
"Basta! - ól crìa desperàto ól vègio Re Magio - Té magno
vivo! Té pélo via tüto el negro e mé magno el bianco de
déntro! Té lo magno intiéro!
Già, l'idéa de far venir anco un Re Magio négro, parchè
doveva èsserghe tüta l'umanità! Poteva mìga tiràrghe
aprèso uno giàldo, rosso, coi balìt?... No, negro! E poe co'
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'sti ögi bianchi c'ól gh'ha, co' la sfèrsula négra in mèso...
che quando gh'è scüro ghe végn rossa ch'el par 'na bèstia
feróce. Che l'altro ziórno sunt andà in campagna, che
gh'avéa dèi mè bisogni, che anca se sont un Re Magio
gh'ho i miei bisogni de fare! A gh’éra scüro, sont andàito
in un pràt, mé sont tirato giò le bràghe... perdonéme se ve
la cónto... éro a metà scrusciàdo sü i ginögi, proprio in
quèsta posisiòn, de boto devànti a mi té vedo 'na bestia, dei
denci de bestia, dò ögi... un leon!
Mé sónt cagà sóra le braghe!
E poe l'éra lü, devànti a mi, che ól cagàva e nol cantava!
L'ünica volta che nol cantava.
Mi son cossì inferocìt, desgrasiò, fra i bugnùni che mé
stciòpa, il che bèl, che bèl, che bèl, i spaventi che mé fa
catàre, son cossì nervoso che, se arìvo a Betlème in 'sta
manèra, stròso il bambìn dentro la culla."
In quèl moménto nel ziélo... woom.. ól stelòn grande de la
cométa ól s'è blocàt. "Cus'è capitàt?"
"La s'è fermàda per ciapà un po' el fià!
El voer dì che sèm arivà!
'Rivàti quasi a Betlèm, che bèl, che bèl!"
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"Bastaaa! Mi ghe vago da solo a Betlèmme!" Dise desperà
ól Rè Magio vègio, ghe da de spròn al sò cavàlo e ól va via
come un mato e a drìo, sübito, el Re Magio negro a
seguitàrlo e tüti e dòi i va in fondo nèl scüro e i
scompàre... i scompàre ma se sénte sémpre più baso: "Oh
che bèl, che bèl!" - "Basta!" - "Oh che bèl... " - "Basta!"
(Porta la voce quasi a spegnersi sempre più flebile in
lontananza) "Oh che bèl!" - "Basta!!"
Nel ziélo impiegnìdo de stéle, de bòto l'è spontà l'ànzelo
meravegiòso, co' dei cavèi tüti svarulénti de bòcoli che col
vénto i sbanderàva... Un gran cerchión d'oro tacà,
inciudàd, sü la crapa. Vestìdo de séda che col vénto i
sbratacàva come vele slasàde. E de travèrso, chì sül
stòmego, 'na grande svérzula de séda, ciara, granda, con
scrito sopra: "Angelo!"
Per quèi che no' capìse subito.
E 'stu angelo, co' 'ste grande ali tüte coloràde, andava vdo
'mé 'na poiàna treménda nel ziélo. El vegnìva giò a pignamorta a raspà la tèra e ól criava:
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"Omeni de bòna volontàaauuuaaauvvvv, venì ch'è nato el
redentoreeeeaaaauuuuuuuaaaaaavvv!"
(Mima la picchiata con volo radente dell'angelo)
Con tüti i pastori che se bütàvano per tèra spaventà!
"Oheee... ma té sè mato! Té vo' schisciàrghe? A t'è
spaventà tüti i péguri... che ghe andà via anca el
late!"(Mima un'altra picchiata dell'angelo che per poco
non lo travolge)
"Almànco té capitàsse d'andàr a sbàtere contra la
montagna a scarcagnàrte el çerción fino al còlo, a
spantegàrte tüte le piüme dapartüto. Ga1inàsso!"
E tüti i pastori ghe diséva: "L'è megliór che catémo
quarche ròba da portar al bambìn ch'è nasùo se no questo
ól va avanti e indrìo, tüta la notte, e ghe sega e ghe ara
tüto!" E tüti i ghe andava con un dono, in processiòn. Chi
ghe porta dèl formàjio, chi che ghe porta un cavrèto, dèi
conìli, un altro de le galìne, e chi ghe porta dèl vino, de
l'oli, chi che ghe porta le póme còte e le torte coi maróni. E
po' ghe ne sónt de quèi che arìvan co' la pulénta apòsta da
la bergamàsca. Cu' la pulénta fumànta de lontan! Roba
che, dàrghe de la pulénta a un bambìn apéna nascìdo, ghe
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vòl una bèla testa de cojóni! E lì, a la capàna, tutt'intórno a
gh’éra de la gente che faséva dei baccàni, a gh’éra di quèli
che ségava: Vir, vrom, vir, vrom; e poi quèli che batéva il
fèro: pim, toc, toc pem; e gh’éra quèli co l'ànsema che
dava ól fià: "buò, fir, fuòm, fim; e poi quei che vendéva:
végne, végne, de ün, de dòi, chi valza la man par prim.
"Basta! Vergogna! Tutto 'sto baccàn! 'Sta pòvara dòna, de
la Madòna, so' tre giorni e tre notti che no' la dorme, se
pùò far fracàss in 'sta manéra? Vergogna!" - "Eh, ma
noiàltri vorsémo far el presepio!" E dentro la capàna gh'è
tüti che entra in ginögio coi regali e Sant'Ana cata tüto:
"Andì indrìo, andé a pregàr de fora, dàme qua i regali.
Signor Jesus bambìn ti dovéa nàssere almanco tre volte a
la setimàna, chi farémo una resérva de roba!" Arìva i Re
Magi, i se ingenögia. Gh'è el vègio che el porta el sò
regalo, poe el giovinèto e poe arìva dentro el negro...
"Ohi che bèl, che bèl, che bèl!
Ól Bambìn nèl cavagnèl!"
"Foera negro, via, cito! Spavénta no el fiulìn. Canta de
foera!" El vousa el re vègio.
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In quel mentre 'riva dentro l'ànzelo, Gabriel, gridando:
"Via, sübeto fuga in Egitto che gh'è ól re Erode che taja le
teste ai bambìn come fuósse funghi." E allora Sant'Anna
dise: "Per piasér gh'ho besògn de tre cavàli e tre carétti per
caregàr tüta 'sta roba" - "No, no' gh'è tempo de caregàr,
besògna andàr via sübeto. Via, fuga in Egitto." - "Ah,
furbàsso ànzelo, ti voi catàre tüto ti, eh!" Poi tìren fora
l'àseno che no' sta in pìe, l'è tüto embriàgo, che son tre
giorni e tre notti ch'ól bófa per darghe un po' de calór al
bambìn, no' sta drìsso, ól gh'ha la pànsa quasi par tèra e
cominciano a caregàrghe de roba sulla stciéna, ól va par
tèra, slìsséga. La Madonna ól va en gròpa e San Giüsèppe
ghe dise: "Madona dessénde che 'sta bestia ól crepa!" "Ma mi no' pòdo desséndere, se la zente no' mé vede su
l'àseno no' capìsse che fémo la fuga in Egitto."
In quèl mentre vién dentro un ànzolo, gridando: "Foera,
foera - dise - baterìa!" - "Come bateria!?"
"Traslòco! Via, scapàre!" - "Dove?" - "Fuga in Egìto!" "De già?!" - "Sì, gh'è tüti i soldài de foera che ve çerca." "Aspèta, 'ndemo a tór un carèto - dise Sant'Ana - per
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caregàre tüti i regali che gh'han portà." - "Gnente regali,
no' se porta via niénte!"
Dise la Madòna: "Eh no, i mè regali li vòjo cara, i mè
regali per ól fiolìn, che quando devénta grande... " - "Tira
foera l'áseno!" - "Ma no, no - dise San Giusèpe - no' se pòl
caregàrlo 'st'áseno, a l'è quatro ziórni e quatro nòti che el
bófa, l'è sfiatà compàgn d'una lugànegha insechìda!"
'Gnìva avante infàti 'sto ásen, inciochì che no'l restava in
pìe, ghe se slargàva i giambi apéna che ól caregàven.
Caregàven tüti i fiaschi, i ótri, caregàven i formàj, pachi e
fagòti. E 'sto ásen: wwumm! Wuwmm! el 'ndava sóto,
slargàva i giambi, la pànscia per tèra. A gh'è la Madòna
che monta in còpa al àsen, insentàda col fiolìn in bráscio.
"Madòna - ghe diséva San Giusépe - ven giò, nol se po'
mòvere, el mòre!" - "Ma no' pòdo caro, chè tüta la zénte l'è
abituà, durante la fuga in Egito, a vedérme che mi son
sentàda in sü l'áseno in fin da la parténsa!" ***
E alóra San Giusèpe ól se mète sóta a l'áseno, caréga
l'áseno in gròpa e van via tüti insémbia. Dòpo do ziórni,
trè ziórni, tüta la sacra famégia 'riva davànte a Jaffa. Jaffa
bianca co' tüte le tóri altìsime, maravagióse. E sübito
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l'ànzelo ól vola in ziélo, ól fà un gran cerchio vdo. E
l'àseno ól tira sü la testa... Iiiaaaahhhhhhhhh! (Imita il
ragliare dell'asino) Pprrrooofffff! Slarga le giàmbe, pom,
la pànscia par tèra. Una lofa dèl cül: pluff! L'ànema de
l'àseno la va in ziélo.
La Madòna de in còpa a la bèstia spiràda, la varda:
"Pòvara bèstia... Segno di Dio, voer di' che sémo 'rivàti!"
Van drénto a la cità, tròveno 'na stambèrga, tüto un büso,
che, dèl confronto, la capàna de Betlèm a l'éra 'na réggia.
Giusèpe ól tòpa i büsi. La famégia se mète a dormire.
La matìna sübeto, la Madòna la ciàpa 'na cavàgna, 'na
cesta e la va intórna a cercar pagni de lavare, perchè
besógna che jüta anche le' la faméja. San Giusèpe andava
intórna col martèl, la sega e ciòdi per truà de fare mestè.
El fiolìn in mèso a la strada.
La sera la Madòna l'arìva, morta roversàda, con tüta la
stcéna spacàda, róta.
La se sèta ancmò bagnàda, straca. E San Giusèpe vién de
foera imbestià chè no' gh'ha truvà lavór d'un soldo. Se
punta lì col martèl sul tàvul: Ptum! Ptum! Ptum! Ptum! El
pica sóra i didi, che quèla l'è l'üniga manéra de sfogàrse
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che gh'han i legnamèe. 'Riva dentro ól Gesù Bambìn col
mücc giò dèl naso, fin sü la bóca, tüto strapenàdo, con le
mani vónce, le braghe de travèrso, sénsa gnanca 'na scarpa
ai pìe.
"Mama! A gh'ho fame!"
"Bèla manéra che té gh'è de vegnìr a casa! Invece de
domandàrghe sübet dèl to’' papà, de la tua mama se i son
cunténti, o fategà. Perchè té déve far ti cossì, eh?"
"Eh, mama, ma mi gh'ho fame!"
E la Madòna: "Ma non ti gh'ha vergogna? Proprio ti che té
sèt vegnü apòsta dèl ziélo, che té sèt nasciü al mondo
apòsta per insegnàrghe ai altri a èser bòni, e avérghe
amore e avérghe bòne parole per tüti... e proprio ai primi
dòi cristiani che té ghe déve dar respècto, ti té arìvi a
gnanca saludàrghe!"
E Gesù Bambìn: "Oheu, la madòna!"
Sbianca la Madòna e Giusèpe anche! Se mète a tavola.
"Fiulìn va' a lavàrte i man, nétate i mòcoli dèl naso, mètese
un po' i cavèli a polìto. Va' i bócol... cussì! Fate el segno
de la cróse! No, aspèta, l'è un po' tròpo presto!"
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Poe el Bambìn ól dorme. Dorme la Madòna, dorme
Giusèp.
La matìna Gesù se desvégia , el resta da per lü, solo, no'
gh'è nisciüno. Alóra se mète sü le braghe, mangia un tòco
de pane, va intorno dove che gh'è la strada e vede tüti i
bambini che ziòga: cavalìna, sgiàfa a nascundùn, tòpa
falsa...
"Ehi, bambìn! Féme ziogàr anca mi ai vostri ziòghi!" "Nò!" - "Vo' sóta mi! Fémo la cavalìna. Anca a la sgiàfa" "No! Va' via, Palestina!" - "A córere? Viàltri mé corè drio.
Fémo el ladro. Mi fel ladro?" - "No!" - "Ma perchè?" "Via, Palestina! Terün!"
El fiolìn piange. Piange ól Bambìn coi ögi grandi che cola'
gotón de làgrime. E pur de avérghe la posibilità de ziogàr,
de far festa, de far ziògo e fantasia coi altri fiolìt, el fa un
miracolo. Che la sòa mama gh'avéa sémpre dito: "No' far
miràculi intorno, che i té scopre, che se i capisse che ti té
sèt ól fiolìn de Dèo arìva i sbiri de l'Erode e ghe tóca
scapàre de nòvo!"
Lì, in de la piàsa, gh'éra 'na fontana. E tüta intorna la tèra...
de la tèra créta, de quèla che se 'dòpera per fare i matóni.
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Jesus Bambìn ól ciàpa sü un pagnòco de tèra e ól comincia
con 'sti didìni a lavuràrla: el fa foera un crapìn d'osèlo poe
tüto el corpascìn con le aletìne, la cóa, poe le piüme, fine,
fine. El cata sü ón bastonsìn per farghe le sciampìne...
"Bambìn, varda che bèl osèlo de mòta che gh'ho fàito! De
tèra l'è!"
"Oh che bravo el Palestina, végne apòsta de lontano per
farghe vedere l'uselìn de mòta... oh bravo!" - "Sì, ma mi
sunt capàze de farlo volare." - "Come?" - "Ghe fo' 'na
bufàda." - "Fà vedé?"
"Èco! (Soffia con forza) Pfffuuuuu!" e l'uselìn ól dervìse
tüte le piüme e le ali, se desténde, sbate, sbate: ciup, ciup,
ciup, ciup, viricip, ciup, viriiii, cip! (Con le sole mani
mima l'uccello che svolazza intorno fino a scomparire nel
cielo)
"Bòja, che drago el Palestina! Che stregonàsso! Ohi, l'ha
fàit volàr l'usèl de mòta co' 'na bufàda. De tèra l'éra!" "No' l'è miga véra!" - "Com no? L'ho vidù mi!" - "Ma l'è
un trüco vègio 'mé la Madòna: lü l'ha catà un uselìn de
quèi inturpicà che burlà giò da 'n'albero... l'ha catà sü... poe
l'ha sguatascià ne l'àqua... dòpo l'ha sfrugugnà un pochetìn
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ne la tèra.. poe l'ha metü sóra la man, gh'ha bufà in tèl cül:
brivido... vce, vce, vce... l'è vulà via!" - "Ma no, l'ho visto
mi, l'éra pròpio de tèra! Dai… Faghe védar, dài Palestina...
'n'altro tòc de créta, avanti via, möevess... (mima di creare
un uccellino) dai che l'è fato... via co' le alète... Dai, bufa!"
- "Spèta!"
"Chi?"
'Riva un fiulòt, un bambìn, co' 'na gran testa tüta risulìt
négher: "Fermo, verificare!"
"Chi sèt?"
"Tomaso!"
"Tomaso? Come no' dito!"(Alza le mani, arreso di fronte
alla consuetudine e al personaggio)
Tomaso ciàpa un ciòdo... sum sum sum... sbüsa l'oselìn de
tèra: "Regolamentare, vai!"
"Aténti che bóffi!" (Soffia) Ppfffuuuuuuuu... (Mima
nuovamente il volo dell'uccellino)
cip, cip, cip,
cipcipcipcip!
"Vola! L'osèlo vola! Bravo Palestina! Caro come té voeri
bén! Toh, un basin! Ma perchè té se stàit luntàn cossì tanto
témpo? Che giògo che fémo! Adèso ognuno ól fà un
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osèlo... e ti, poe, Palestina: pffuuuu!, bófa e fa volar i
nostri osèli!"
"Dai Palestina! Che bèl Palestina che té sèt!"
E tüti gh'han comincià a far dèi oselón. V'un gh'ha fàit un
panotún tüto tondo co' una côa drissa, con dèe alète quadri,
con un gran crapón che burlàva giò, poe l'ha fàit dò
giambìne, tum... el burla giò... ghe n'ha metü quatro, poe
cinque zampe.
"Ma no' se pòl un osèl de çinque zampe!"
"Se no' stà in pìe... Importante che vola, no?"
Poe 'n'altro, 'na lugànega, una bissa, 'na bissa salàma, con
dodése ali in fila, sénsa la côa, dódese zampe.
"Lè un cagnòtto..."
Poe 'n'altro l'ha fàit un bugugnùn... paréva 'na torta, co' la
testa drissa in mèzo, sénsa còlo, el bèco su sü... e tüte le
ali, tüte scompagnàde, tüte intorno. E sénsa giàmbe.
"No' so se el vola, vedarèm..."
Poe, 'n'altro, gh'avéa fàit dèi oselìn che pareva de le
cagadìne.
Poe 'n'altro un strunsùn.
E l'ultimo, un gato!
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"No' se pòl far volare un gato!"
"Se vola quèl strunsùn là, volerà ancha el mé gato!"
"No, ma i gati no' se pòl far volare. Un po' de régola!"
"Mama! El Palestina no' vol far volar el mè gato! (Mima la
madre che si affaccia al balcone e grida:) Fa' volàr sübeto
el gato d'el mè fiòl, Palestina! Se no, vegni giò e té
inciòdo!" (Mima il bambino Gesù che si osserva
preoccupato le palme delle mani)
"Tüti i oselón, tüti in fila!"
"Via, che el bófa!" (Mima il volare strampalato dei vari
uccelli)
Pffuuuuu... El pagnutùn: quac, quic, quoc, qua, té, pu, qua,
té.
Pfffeeee... La lugànega: pici, pete, qua, té, ce, che , se, té,
pe.
Pfffeeee... La torta: psu, pse, psu.
Pfuuuu... El strunsùn: pce, pque, pte, pci, pce.
El gato! Pfuuu gniaaaaoooo gna gnum gnam! Magna tüti i
osèli dèl ziélo!
"Ohi! Che bèl, che rìdare a stciepapànza!"
"'N'altra uselàda, avanti tüti inséma!" Tüti che fan i osèli.
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Végnen anche dai altri quartiéri, tüti i fiolìt. Tüta la piàssa
piéna de fiolìt che fan pastròchi con la tèra, tüte le
statuète... Osèl de tüte le forme e culóri.
I ziòga, i ride, i canta!
Ma in quèl moménto: trac! Se spalanca el portón de la
gran piàssa. E se vede 'parìre un cavalìn negro, tüto bardà,
bèlo, con sóvra, a montàl, un fiolìn tüto rubisón, con dei
öci sbricón, con i cavèli bén petenà... le piüme sül capèlo,
vestìt de velùto e de séta, con un coletón de pisso. E gh'éra
dòi soldati d'aprèso: el sovrastòmego de fèro, piüme anca
loro sul capèl, montà sü dòi cavàli bianchi.
Quèl bambìn l'éra ól fiòl dèl parón de tüta la cità. (Mima il
bambino che, dal cavallo, si rivolge ai ragazzini del
quartiere)
"Ehi fiolìn, che cosa ziogàte?"
"No' far mostra de gnénte, Palestina! Quèlo l'è un
rompicojón. L'è ól fiòl d'ól parón. No' darghe trà. No'
darghe corda, fa' finta de gnénte."
"Mi dite a còssa state a giocare? Pòso giocare co' voiàltri?"
"No!"
"E perchè, de gràssia?"
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"Cussì! Perchè tüte le volte che noialtri domandémo de
ziogàr con ti, fiòl dèl patrón, coi to’' cavàli per far un
zirèto, ti té dise no! Perchè tüte le volte che vegnémo a
casa tua, che té gh'è de gran ziòghi, té ne fàit descassàre da
i to’' sbiri! Noiàltri adèso gh'avemo un bèl ziògo, el più bèl
ziògo dèl mondo, ma el Palestina, che quèl l'è al cap dèl
ziògo, l'è nostro. Ti té se sióro ma no' té gh'e ól Palestina.
Palestina l'è par noiàltri. Vero Palestina? (Mima di baciare
Gesù) Pciu, pciu! No' té ne andar co' quèlo ah? No' fa el
Giuda, ah?!"
"Ma se pòl savére che ziògo l'è?"
"Sì, che té lo digo... Noiàltri fasémo i uselón. Poe ól
Palestina, bófa e i fa volare. Ti vol ziogàre anca ti?"
"Oh sì!"
"Bòn, tira fòra el to’' oselìn, bófaghe sóvra, e vedòm se ti è
bòn de farlo volare!" (Gran sghignazzo corale)
Rosso, inrabìto, co l'éra ól fiolìn dèl padrón, co' i i ögi
foera de la testa. Gh'ha catà 'na lanza dèl soldàt, gh'ha dàit
de spròn al so' cavàl, l'è 'rivàt in mèso ai fiòl criàndo 'mé
un mato:
"Se no' ziògo mi, no' ziogàte gnànca voiàltri!"
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Zan, zan, a spacàre coi zòcoli dèl cavàl tüte le stàtue, tüte
le figurine de créta. Tüta par tèra, la tèra spacàda. Coi fiulìt
che piagneva... tiràva bale de mòta; i soldàt coréndo a
cavàl, criava:
"Via! Foera, andìt foera, via! Che el pòl fare quel che el
vòl quèl, parchè l'è ól fiòl dèl padrón!"
Le mame che vegnìveno foera de le finestre: "Catìvo! Un
ziògo si bèlo co l'éra. No' costava gnénte... i nostri fiòl i
l'éra conténti, e ti..."
E i soldai: "Via matre! Via, che ve 'riva le lanze!"
Pfium, pfium, ptum, ptum! Tüte le finestre seràde. La
piàsa vòta.
Gh’éra restà soltanto ól fiolìn dèl parón sul so' cavàlo
negro, coi soldati che i rideva. E nesün gh'avéa scorgiùo
che gh'éra restàt ól Bambìn Jesù visìn a la fontàna.. coi ögi
grandi, impegnìdi de làgrime... che ól vardàva verso ól
ziélo che el s'éra impiegnìdo de nìvole.
"Paadreee, paaadreeeee!"
Le nìvole se son dervìde: broomm, proomm, brooommm!
(Mima il padreterno che si affaccia fra le nuvole)
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"Se gh'è!" (Rifacendo il tono del bambino, che a fatica
trattiene il pianto)
"Padree, son miii, Jesus..."
"Cosa t'è capitàt, Bambìn?"
"Eehh... quèl fiulìn lì l'è catìvo, chè gh'ha stcepàt tüti i
figurìn de tèra che noialtri gh'avémo fato per ziogàre. G'ha
scarcagnà tüto col so' cavàl e (Piange farfugliando)
guduhntuchetugudutu"
"Ma caro, per 'na stupidàda cusì, té gh'ha de far ciapàre un
spavénto cusì grando a to’' pare? Che so' 'rivàto de volàta,
de l'altra parte de l'univèrso che éro... gh'ho sbüsà quasi
dódes nìvoli, gh'ho tirà sóta dódese cherubini, e mé son
stùrta tüto ól triangolo, che ghe voer una eternità a
rimpiasàl a 1'órden!"
"E, ma lü l'è stàit catìvo! Lü l'è ól fiòl dèl parón, gh'ha
tüto! Gh'ha tüti i ziòghi, ma l'istèso, quando gh'ha visto
che noialtri éremo conténti, gh'ha... (Singhiozza) ghidi tüte
tuduuhu stcepàdo tüto... ehheeehhhe... e mi gh'avevo tanto
fadigà..."
"Parla ciàro."
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"E mi che gh'avevo fàto tanta fatìga de far ól miracolo de
far volar gli oselìni... per avérghe dèi amìsi, per ziogàre
insémbia... che dòpo i mè ciamàva Palestina caro toh un
basìn!... E adèso son de nòvo solo, come prima. Che tüti i
amisi mìi son scapati... ehhhee... (Piange) Gh'ho gran
dolore mi, gh'ho gran dolore patre eeehhheeee..."
"Oh té gh'hàit rasón. A dévo bén dir che ól spacàre, ól
stcepàre sogni e ziòghi de plagér de fantasia, o l'è pròpi ól
pejiór de tüte i viòl! Ma quèlo l'è un fiolìt, caro... cosa
devo fare eh?"(Gesù, prima si lascia sfuggire un sospiro di
pianto, poi, con tono, il più candido e normale possibile)
"Màsalo! (Sorride guardando accativante verso l'alto per
ottenere il consenso del padre) Eh!"
"Ma caro, t'ho mandàt giò apòsta dal çiélo in tèra per
imparàrghe la pace fra i òmeni... parlàrghe d'amore. La
prima volta che quaicün té fa quaicòsa, té voi masàrlo! Té
cominci bén la professiòn, eh?"
"È tròpo? Bòn, alora stórpialo... sguèrcialo... eh?
Sguèrcialo e stórpialo..."
"No, no' se pòl far 'ste cose, caro. No' se pòl comensàr co'
la violénza cussì, eh?"
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"No' se pòl? No' té pòl ti? Lo maso mi?"
"E bon, fàit quèl che té pare, che tanto co' ti, no' se pòl
descùtere. Ma non andar intorno a racontàr che so' stado
mi!"
Prrooomm, bbrrraaaamm! I nìvuli sfragùglia da partüto e
el Dèo scompare. No' l'è pasàto ól témpo.
De nòvo a gh'è ól fiolìn dèl padron col ride, coi soldàt che
i se sganàsa a rigolà, e ól Bambìn Jesù visìn, c'ól ciàma:
"Patron... fiòl dèl parón!"
"Eh?"
"Eeehhheeeehhhh! (Ride col compiacimento di chi sta per
preparando uno scherzo atroce) Té ridi, ti, eh? T'è fàit
tüto 'sto sacrapànte d'intorno... t'è spatascià tüti i statuèti, el
nostro ziògo. E ti sèt conténto, tranquìlo... ti pénsi che
nisciün té faga gnénte, eh? Ti è convènso che no'l può
èserghe nisciün che té castiga al mondo. Gnànca to’' pare,
ah?
E se adèso invece mi té fùlmino?
Té ridi, eh? No' té ghe credi, eh?"
Ffvvuuuooommmmm! Un fulmine treméndo è sortì dai ögi
dèl Jesù Bambìn. (Descrive la terribile fiammata) Una
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léngua de fògo! 'Mé 'na bisa-serpénte infiamàda,
l'intorcìga tüto 'sto fiolìn, ól scaravénta, ól revòlta, ól sbate
per tèra, divénta tèra còta come in un forno. Poem!
Fumante!!
Tüte le done dai balcón se büta a criàre: "Stregonàso! Cosa
ti gh'ha combenà de treméndo!?"
I soldàt sbianchìdi de spavénto che scapa sui cavàli.
La Madòna, che gh'ha sentìt criàr de lontàn la 'riva de
corsa: "Cos'è succès? Fiulin cos'hàit fa' ti?"
"Gnénte... ho fa' un miracolo. Mio primo miràculo. Varda,
l'è ancora caldo."
"Ma come... l'è un bambìn?! L'è un fiolìn che t'è trasformà
in tèra cota!!! Ma cos t'è fàit cos? Ma perchè?"
"Eh! Ma lü l'éra catìvo, cara!"
"No' vòj 'scoltàr scüse! Resüsitalo!"
"Noo!"
"Jesus, obidìse! Pénse a la povera mama de 'sto bambìn...
lo strapacòre che gh'averà...! Resüsitalo!"
"Ma non son capàze madre, mi gh'ho imparà soltanto a
fulminare; no' gh'ho ancora imparàt el resùrgit!"
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"No' dir bosìe! Resüsitalo e inprèscia! No' ti capìse che se
'riva i sbiri ghe tóca de scapare de nòvo... mi e to’' patre
che gh'avemo apéna trovà un lavór!"
"Eh, ma però... Èco... no' se pòl fare un miracolo che
bisogna disfarlo sübeto! Bòn, lo resüsito, però co' 'n'a
pesciàda..."
Tum! 'N'a pesciàda in tèl cül de tèra. Prum! El bambìn de
carne e òsa torna in pìe. Se tégne i ciàpi in dèi mani... ól
varda intorno spaventàt: "Cuss'è capitàt, cuss'è sucès
cos'è?"
E el fiolìn Jesus ghe dise: "Mi sont stàit! Ól miracolo...
fulminà... resüsità! Poe l'è 'rivà la mia mama... Ringrasia la
Madòna! Faghe sübit un fiurèt!
Ma ti, té sénte brüsar ól cül per la pesciàda che té ho dada?
Aténto che gh'é un'alegorìa, eh!
Bòn servìsi per quei che son stremìdi... che derénto le
finestre son nascondüdi per gran pagüra. (Indica in alto
tutt'intorno alla piazza)
Se quèli comìnzeno a penzàre, razonàre, bada bén, che ti,
té deventerà grande a forza di pesciàdi che ti ciàpi! El cülo
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té monta, té monta, té monta, té monta: puuummm! E
stciòpa!
In eterno senza cülo!
Amen!"
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IL PRIMO MIRACOLO DI GESU’ BAMBINO
ULTIMO
Quando in tòl ziélo grando e scüro e pién de stèle, de bòto,
come fülmine, l'è 'rivàda la stèla cuméta con 'sto grande
cuùn sbarluscénto de fògo sbarlazàndo 'mé un serpénte
immatìdo cól balo de San Vito… e l'è piombàda deréntro a
'sti lumini de stèle cupàgn d'ón scurbàt-pipistrèll a
spampignà un fròtt de lùciole stremìde… 'ste pòre stèle i se
metüe a criàr: "E ma chi l'è quèsto? 'Craménto!" E 'sto
stelùn spricutàva e ól tornava indrèe, scumparìva de
luntàn, segnàva 'na gran scia che 1'éra proprio el camìno
per i Re Magi.
Infàti a gh'éra tre Regi e Magi che i veniva de luntàn, fin
dèl'oriénte. El pü vègio di tre Magi a l'éra un Rè con tan de
corona d'òra in testa, i cavèli bianchi e una barba grisàda.
La fàcia ingrognìda, un nass a bèch de catìvo che ól
biastemàva e trava sacraménti perchè ól gh'avéa dei
bugnùni sul cül che a ògni selàda: toc!, se schisciàvan de
farlo criàre.
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A ghe n'éra 'n'altro, zóvane, muntà sü un cavàl bianco, in
testa la corona indóva ghe spontáveno risulìn tüti d'ori e
sótta dòi ögi celèstu e sémpre la bóca gh'avéa un sorìso. E
un terso ghe n'éra, terzo Re Magio muntà sü un camèlo:
un Magio negro... un negro, ma cussì negro, che contro a
'sto camèlo griso che montava, pareva più bianco dèl
cavàlo bianco dèl Magio biondo. Bèlo de fàcia e tüto
ridénte de quaranta dencióni luzénti e con dòi ögi che
sbalusciàva nel scüro a luminàre. E sémpre sóvra al
camèlo andava cantando. E ól cantava de contìnua, 'sta
tiritéra:
"Oh che bèl, che bèl, che l'è andare sül camèl!
Che bèl, che bèl!
Un saltèl, do' saltèl sü le goebe dèl camèl!
Oohh che bèl, che bèl el camèl che va a Betlèm,
Sóta el lüm de mila stèl.
La cométa che a cumpàgna
giüsta fin a la capàna
e la Madòna che la nina
el Bambìn che piàgne e frìgna
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e Giüsèp che sega, sega.
I angiulìt che i vola e i préga.
L'asinèl e ól boe che i bòfa
el camèl che sgamba e ól sgròpa
balzelóni, vah 'm' el tròta!
Oh che bèl, che bèl, che bèl
che l'è andare sül camèl!
De gran lónga pusé bèl
ch'andar sül cavàl
sul cavàl té scròla i bal
che no' té càpita sul camèl
che bèl, che bèl, che bèl!"
"Baastaa, baastaa! - el vègio Re Magio ól biastemàva - Ma
no' se pòde! O l'è quatro ziórni e quatro nòte cól canta che
l'è bèl andare sü 'sto camèl!"
(Il Re Magio negro riprende la tiritera)
"E per fòrsa che mé tóca cantare
in sül camèl per farlo andare
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perchè se mi no' ghe canto
el camèlo s'indorménta.
S'indorménta, burla par tèra
s'impantéga e mi stravàco
cól camèl che mé sbraga adòso
e ghe rèsto tüto schiscià!
Sì che canto sul camèl!
Oh che bèl, che bèl!
Cossì arìvo a la capàna
co' la Madòna che la nina
San Giüsèp che ól sega ól sega
ól Bambìn che ól frìgna e piàgna
i angiulìt che i vola e i préga
el camèl che sgròpa e ól tròta
oh che bèl, che bèl, che bèl!
Sóra el camèl bisogna che canto
anca per dàrghe un po' de ritmo
perchè andare sul camèl no' l'è come in gròpa dèl cavàl
che ól cavàl va cól galòpo
e ól camèl ól sgamba a tròto
sciàmpe ambàde una d'avanti e l'altra de drìo,
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che se no' se dà el bòn témpo
se intupìca de 'na gamba
se scarpüscia e ól và de sciàmba
borletóni el va, se stciànta
e mi, sóta de roèrsa
tüto schisciàto dal camèlo!
Oh che bèl, che bèl, che bèlo!
Dàrghe ól ritmo e farlo balàre
che a Betlèm mi vòj arivàre, cól camèl.
Oohhee che bèl!
Oohhee che bèl!"
"Basta! - ól crìa desperàto ól vègio Re Magio - Té magno
vivo! Té pélo via tüto el negro e mé magno el bianco de
déntro! Té lo magno intiéro!
Già, l'idéa de far venir anco un Re Magio négro, parchè
doveva èsserghe tüta l'umanità! Poteva mìga tiràrghe
aprèso uno giàldo, rosso, coi balìt?... No, negro! E poe co'
'sti ögi bianchi c' gh'ha, co' la sfèrsula négra in mèso... che
quando gh'è scüro ghe végn rossa ch'el par 'na bèstia
feróce. Che l'altro ziórno sunt andà in campagna, che
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gh'avéa dèi mè bisogni un po' de corpo de fare... e mé sont
tirato giò le bràghe... perdonéme se ve la cónto... éro a
metà scrusciàdo sü i ginögi, proprio in quèsta posisiòn,
quando té vedo devànti a mi dò ögi de bèstia!
Mé sónt cagà sóra le braghe!
E poe l'éra lü ch'ól cagàva devànti a mi!
El cagàva ma nól cantava!
L'ünica vólta che nól cantava: "Oh che bèl, che l'è cagar
sénza camèl!"
In quèl moménto la stèla cométa la fa' una svoltàda 'mé un
fülmine e de bòta la se ferma in mèzo al ziélo blucáda.
"Cus'è sucèss cus'è?"
E ól negher ghe da la rispòsta con una bèla cantàda:
"La s'è fermàda per ciapà un po' el fià!
El voer dì che sèm arivà!
'Rivàti quasi a Betlèm, che bèl, che bèl!"
Disperà, ól Rè Magio vègio ghe da de spròn al sò cavàlo e
ól va via come un mato e a drìo, sübito, el Re Magio negro
a seguitàrlo e tüti e dòi i va in fondo nèl scüro e i
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scompare... i scompàre ma se sénte sémpre più baso: "Oh
che bèl, che bèl!" - "Basta!" - "Oh che bèl... " - "Basta!"
(Porta la voce quasi a spegnersi sempre più flebile in
lontananza) "Oh che bèl!" - "Basta!!"
E poe un gran silénzio!
In quèl, de bòto in dèl ziélo, se vede un grande anzolón
che aparìsse, co' dei cavèi tüti svarulénti de bòcoli che cól
vénto i sbanderàva... Un gran cerchión d'oro tacà,
inciudàd, sü la testa. Vestìdo de séda che cól vénto i
sbratacàva come vele slasàde. E de travèrso, chì sül
stòmego, 'na grande svérzula de séda con scrito sopra:
"Angelo!"
Apòsta per quèi che no' capìse subito.
E 'stu angelo, co' 'ste grande ali tüte coloràde, andava vdo
'mé 'na poiàna treménda nel ziélo. El vegnìva giò a pignamorta a raspà la tèra e ól criava:
"Omeni de bòna vólontàaauuuaaauvvvv, venì ch'è nato el
redentoreeeeaaaauuuuuuuaaaaaavvv!"
(Mima la picchiata con volo radente dèll'angelo)
Con tüti i pastori che se bütàvano per tèra spaventà!
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"Oheee... ma té sè mato! Té vo' schisciàrghe? A t'è
spaventà tüti i péguri... che ghe andà via anca el
late!"(Mima un'altra picchiata dèll'angelo che per poco
non lo travolge)
"Almànco té capitàsse d'andàr a sbàtere contra la
montagna a scarcagnàrte el çerción fino al còlo, a
spantegàrte tüte le piüme dapartüto. Ga1inàsso!"
E i pastori se metéveno in camìno per andà a la capàna e
ghe portàveno tüta la roba de magnàre el redentore. E chi
ghe porta dèl formàjio, chi che ghe porta un cavrèto, dèi
conìli, un altro de le galìne, e chi ghe porta dèl vino, de
l'óli, chi che ghe porta le póme còte e le torte coi maróni. E
po' ghe ne sónt de quèi che arìvan co' la pulénta apòsta de
la bergamàsca. Cu' la pulénta fumànta de lontan! Roba che
dàrghe de la pulénta a un bambìn apéna nascìdo, ghe vòl
una bèla testa de cojóni!
Ma i dise: "Bisogna far el presépio!"
Sant'Ana, ne la capàna, metéva a pòsto tüti i dóni che ghe
'rivàva. Che tüta la stala l'éra piéna de roba de magnàre,
l'àsino l'éra tüto covèrto de pachi e fagòti che ghe spontàva
fœra solamente la crapa a mèso sofegà.
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La vaca l'éra covèrta che no' se vedeva più. Galìne, formàj,
salami, botisèle dapartüto che paréva d'èsere al merca'!
Arìva i Re Magi, i se ingenögia. Gh'è el vègio che el porta
el sò regalo, poe el giovinèto e poe arìva dentro el negro...
"Ohi che bèl, che bèl, che bèl!
Ól Bambìn nèl cavagnèl!"
"Fœra negro, via, cito! Spavénta no el fiulìn. Canta de
fœra!" el vousa el re vègio.
In quèl moménto se sénten i suldài ch'arìven: i suldài che
van in tüte le capàne a védar se l'è nato ól Redentore, per
'masàrlo. E alóra, l'angiolón se para d'inànzi a la capàna in
dove gh'éra la Madòna e ól Gesù Bambìn con un treméndo
sciabolón! Arìva i suldài, e quèl che sta davanti el sé
blòca: "Férma, vardé d'inànz a quèla capàna che
sacraménto de angelo che gh'è lì, via che el ne spaca in
dòi! Via, via scapare!"
E in quèl moménto nèla cità, (mima di battere sul
tamburo) patatum patatum patatum un banditore: "Ehi
ascoltè mame, ascoltè dòne! Chi è che de voiàltre ha fàit
nàser in 'sti tre ziórni un fiulìn pòle èser conténta, parchè
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ól re Erode ól ha desidìo de darghe un prémio al pü bèl
bambìn che e nasciüdo. Portélo a la réggia e ól re, al
bambìn pü bèlo, donarà 'na curoncìna co' sü scrito: "Oh
come l'è bèl 'sto bambìn! L'è un putèlo quasi plü bèlo d'ól
fiòl de déo!" E anca la dòna che l'ha purturìto o gh'avarà
'na curóna con sóvra stampà: "Quèsta l'è la mama che l'ha
nascìo 'sto bambìn, bèl mé Dio!" "Sant'Ana che l'ha 'scoltà
'stò bordèléri, l'è andàit sübeto de la Madòna: "A gh'è un
prémio, 'ndém, porta sübeto ól t'ho fiolìn al concorso." "No che no' lo vòjo el premio. Mi no' gh'ho besógno
d'avérghe consolaziùn altri che quèla che gh'ho già
avüdo!" "No, no, gh'ha importànsa! Besógna che ól sàpia
tüto el mondo. Ól premio donà dall'Erode non po' catàrselo
'n'altro fiòl! Andémo, andémo! Ubbedìse a la tua mama!"
E fan per sortìre ma po' ghe repénsa e i dise: "Aspèta che
andémo a tór dèi nastri per farlo plù bèlo ól nostro bambìn
e ti Giusèpe, daghe un ögio al fiulìn e sta aténto che no'
ghe capita quaicòs."
Vano fœra e, sübeto San Giusèpe ól pianta lì de ségare e
dise: "Chì ghe deve èser 'na trápula, mi sénto che gh'è 'na
trápula. Gesù Bambìn, cosa té dìset ti? "
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E Gesù Bambìn che l'éra già inteligénte ól fà: " Sì, sì..." e
schìscia l'ögio.
Alóra San Giusèpe ól tira fœra un biciér dove gh'éra
dentro de la ròba négra per pitüràr i cadenàsc. Cunt un
penèlo tac, tac, tac, fa dèi puntini in tüta la fàcia al fiulìn
c'ól faséva i grimàsi p'el galìtico.
"Fermo li!" poe ól se remète a ségar.
Torna Sant'Ana e come la vede ól fiòlin : "Ohaiooh! La
rosolìa!... La rosolìa négra! Quel negro che l'è vegnü
dénter l'ha spaventà ól Bambìn!"
Pœ ciàpa un strascio fru, fru, fri, nèta, nèta, e ól bambìn
devénta tüto netàto, pulito. "Qualchedùn gh'ha pitürà dèi
balìt sül so' facìn dèl Bambìn! Chissà chi l'è stado?" San
Giusèpe che el segàva: "Su nò mi, su nò mi." "Ténto ti,
cun quèla sega, che mi té ségo via quaicòss d'altro, óltre
che ai corna!" Catìva che l'éra Sant'Ana!
Pœ lée e la Madòna van foéra de nòvo a tór dèi inguénti
per darghe un bòn parfümo al fiolìn: "Sta 'ténto che
'ndémo fœra, varda che se capita quaicòsa al fiolìn la cólpa
l'è tùa!"
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San Giusèpe apéna che i dò dòni son sortìde fœra, no' sa
cosa fare... Scòrge sü un muro un bestiolìn... tüto rigàdo
giàldo e negro, una avìs, un ape granda, che l'éra pussè
come un vespón. Cata un biciér... Toc... Cól biciér
l'imprigiona contro ól muro... presón! Un asèta. Soomm!
Ghe tòpa sóra l'òrlo! (E l'imprigiona nel bicchiere)
(Al bambìn gesù)"Scüsa ma dévo farte dar 'na cagnàda
propi sü la ganàsa. Tum! Ploff! (Indica un immediato
rigonfio sulla guancia del bambino) Adèss, dal'altro parte:
Toc! Ploff! Tum! (Indica un rigonfio che spunta sull'altra
guancia) Tum! In sü la fronte! (Come sopra) La trinità dei
bugnoni!"
Pœ, come non fosse, ritorna a far mostra de ségare. ‘Riva
deréntro Sant'Ana: "Aaahhh Dio! Varda lì. Come l'è
cunsciàto... Ooeehh cos'è capità? Che mostro! Varda lì!"
"Ma no' 'stà a piàgner, l'è ròba che va via quasi sübit, dò
mesi al màsimo!" el dise Giusèpe.
"(Indicando i bernoccoli) Cos'è?" "L'è el dénte dèl
giudìssio!"
"De tüte e do parte?"
"Sì."
fronte?" "Se no' gh'ha in testa lü el giudìssio!"
Piange la Madòna, piange Sant'Ana.
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"Anca in
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"Che desgràsia proprio adèso, che gh'éra un bèl premio de
guadagnà, doveva capitàrghe 'sti trè dénti dèl giudìssio !
No' podarémo più portarlo da l’Erode, tanto che l'è
mostruoso."
De lì a un poco, fœra per le strade, se sént a piànzere. Se
sénte criàre desperàde de le dòne, tüte matri, coi so' fiulìt
insanguinàti, tajàti a tòchi.
"Aahhaa! A l'éra 'na trápula! L'Erode, apéna sémo stàe ne
la córte, l'ha fàit seràr tüti i porti. E i soldài sunt vegnü
deréntro a masàrghe tüti i fiulìt... 'Na tràpula l'éra! Tüti
masàdi!"
Alóra Sant'Ana l'ha capito: l'è andàda par tèra in i
ginöegio. Anca la Madòna. E tüte e dòi criàva: "Grazie
Déo, iluminàto con grande mente de inteligénzia! Ti t'è
vorsùo salvàrghe, con quèsta desgràzia finta d'i bognùni,
'sto fiolìn che no' 'rivàse in le sgrinfie de l'Erode. Oho! Che
ménte! Che trovàde che té gh'hai Déo!"
E San Giüsèpe cól segàva de ràbia, cól segàva anca ól
cavalèto, biastemàva: "Cussì, sémpre, sémpre cussì! - el
diséva - Quando un òmo ól gh'ha 'na pensàda de zervèlo,
poe tüti, ringràsien Déo, che no' gh'ha fàit gnénte!"
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In quèl mentre vién dentro un anzolo, gridando: "Fœra,
fœra - dise - baterìa!" - "Come bateria!?"
"Traslòco! Via, scapàre!" "Dove?" "Fuga in Egìto!" "De
già?!" "Sì, gh'è tüti i soldài de fœra che ve çerca." "Aspèta,
'ndemo a tór un carèto - dise Sant'Ana - per caregàre tüti i
regali che gh'han portà." "Gnénte regali, no' se porta via
niénte!"
Dise la Madòna: "Eh no, i mè regali li vòjo cara, i mè
regali per ól fiolìn, che quando devénta grande... "
" (a
San Giüsèppe) Tira fœra l'áseno!" - "Ma no, no - dise San
Giusèpe - no' se pòl caregàrlo 'st'áseno, a l'è quatro ziórni e
quatro nòti che el bófa, l'è sfiatà compàgn d'una lugànegha
insechìda!"
'Gnìva avante infàti 'sto ásen, inciochì che no'l restava in
pìe, ghe se slargàva i giàmbi apéna che ól caregàven.
Caregàven tüti i fiaschi, i ótri, caregàven i formàj, pachi e
fagòti. E 'sto ásen: wwumm! Wuwmm!, el 'ndava sóto,
slargàva i giambi, la pànscia per tèra. A gh'è la Madòna
che monta in còpa al àsen, insentàda cól fiolìn in bráscio.
"Madòna - ghe diséva San Giusépe - ven gió, nòl sé po'
mòvere… el mòre!" "Ma no' pòdo caro, chè tüta la zénte
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l'è abituà, durante la fuga in Egito a vedérme che mi son
sentàda in sü l'áseno in fin da la parténsa!"
E alóra San Giusèpe ól se mète sóta a l'áseno, caréga
l'áseno in gròpa e van via tüti insémbia. Dòpo do ziórni,
trè ziórni, tüta la sacra famégia 'riva davànte a Jaffa. Jaffa
bianca co' tüte le tóri altìsime, maravegióse. E sübito
l'ànzelo ól vola in ziélo, ól fà un gran cerchio vdo. E
l'àseno ól tira sü la testa... Iiiaaaahhhhhhhhh! (Imita il
ragliare dell'asino) Pprrrooofffff! Slarga le giàmbe, POM,
la pànscia par tèra. Una slòfa dèl cül: pluff! L'ànema de
l'àseno la va in ziélo.
La Madòna de in còpa a la bèstia spiràda, la varda:
"Pòvara bèstia a l’è morta!... Segno de Dio, voer di' che
sémo 'rivàti!"
Van drénto a la cità, tròveno 'na stambèrga, tüto un büso,
che, dèl confronto, la capàna de Betlèm a l'éra 'na réggia.
Giusèpe ól tòpa i büsi. La famégia se mète a dormire.
La matìna sübeto, la Madòna la ciàpa 'na cavàgna, 'na
cesta e la va intórna a cercar pagni de lavare, perchè
besógna che jüta anche lée' la faméja. San Giusèpe andava
intórna cól martèl, la sega e ciòdi per truà de fare mestè.
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El fiolìn in mèso a la strada.
La séra la Madòna l'arìva, morta roversàda, con tüta la
stcéna spacàda, róta.
La se sèta ancmò bagnàda, straca. E San Giusèpe vién de
fœra imbestià chè no' gh'ha truvà lavór d'un sóldo. Se
punta 1ì cól martèl sul tàvul: Ptum! Ptum! Ptum! Ptum! El
pica sóra i didi, che quèla l'è l'üniga manéra de sfogàrse
che gh'han i legnamèe. 'Riva dentro ól Gesù Bambìn cól
mücc giò dèl naso, fin sü la bóca, tüto strapenàdo, con le
mani vónce, le braghe de travèrso, sénsa gnanca 'na scarpa
ai pìe.
"Mama! A gh'ho fame!"
"Bèla manéra che té ghé de vegnìr a casa! Invece de
domandàrghe sübet dèl to’' papà, de la tòa mama se i son
cunténti, o fategà... Perchè té déve far cossì, eh?"
"Eh, mama, ma mi gh'ho fame!"
E la Madòna: "Ma non ti gh'ha vergogna? Proprio ti che té
sèt vegnü apòsta dèl ziélo, che té sèt nasciüo al mondo
apòsta per insegnàrghe ai altri a èser bòni…
avérghe
amore e avérghe bòne paròle per tüti... e proprio ai primi
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dòi cristiani che té ghé déve dar respècto, ti té arìvi a
gnanca saludàrghe!"
E Gesù Bambìn: "Oheu, la madòna!"
Sbianca la Madòna e Giusèpe anco! Se mète a tavóla.
"Fiulìn va' a lavàrte i man, nétate i mòcoli dèl naso, mètese
un po' i cavèli a polìto. Va' i bócol... cussì! Fate el segno
de la cróse! No, aspèta, l'è un po' tròpo presto!"
Oh, Giüsèpe, dighe qualcósa al to’ fiòl… l’é al to’ fiòl
anca lü!! O no?
Chi l’é al mé fiòl?
Pœ el Bambìn ól dorme. Dorme la Madòna, dorme Giusèp.
La matìna Gesù se desvégia, el resta da per lü, sólo, no'
gh'è nisciüno. Alóra se mète sü le braghe, mangia un tòco
de pane, va intorno dove che gh'è la strada e vede tüti i
bambini che ziòga: cavalìna, sgiàfa a nascundùn, tòpa
falsa...
"Ehi, bambìn! Féme ziogàr anca mi ai vostri ziòghi!"
"Nò!" "Vo' sóta mi! Fémo la cavalìna. Anca a la sgiàfa"
"No! Va' via, Palestina!" "A córere? Viàltri mé corè drio.
Fémo el ladro. Mi fò ladro?" "No!" "Ma perchè?" "Via,
Palestina! Terün!"
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El fiolìn piange. Piange ól Bambìn coi ögi grandi che cóla'
gotón de làgrime. E pur de avérghe la posibilità de ziogàr,
de far festa, de far ziògo e fantasia coi altri fiolìt, el fa un
miracólo. Che la sòa mama gh'avéasémpre dito: "No' far
miràculi intorno, che i té scopre, che se i capisse che ti té
sèt ól fiolìn de Dèo arìva i sbiri de l'Erode e ghe tóca
scapàre de nòvo!"
Lì, in de la piàsa, gh'éra 'na fontana. E tüta intorna la tèra...
de la tèra créta, de quèla che se 'dòpera per fare i matóni.
Jesus Bambìn ól ciàpa sü un pagnòco de tèra e ól
‘comincia con 'sti didìni a lavuràrla: el fa fœra un crapìn
d'osèlo poe tüto el corpascìn con le aletìne, la côa, poe le
piüme, fine, fine. El cata sü ón bastonsìn per farghe le
sciampìne... "Bambìn, varda che bèl osèlo de mòta che
gh'ho fàito! De tèra l'è!"
"Oh che bravo el Palestina, végne apòsta de lontano per
farghe vedere l'uselìn de mòta... oh bravo!" - "Sì, ma mi
sunt capàze de farlo vólare!"
"Come?" "Ghe fo' 'na
bufàda..." "Fà vedé?"
"Èco! (Soffia con forza) Pfffuuuuu!" e l'uselìn ól dervìse
tüte le piüme e le ali se desténde, sbate, sbate: ciup, ciup,
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ciup, ciup, viricip, ciup, viriiii, cip! (Con le sole mani
mima l'uccello che svolazza intorno fino a scomparire nel
cielo)
"Bòja, che drago el Palestina! Che stregonàsso! Ohi, l'ha
fàit volàr l'usèl de mòta co' 'na bufàda. De tèra l'éra!" "No'
l'è miga véra!" "Com no? L'ho vidùo mi!"
"Ma l'è un
trüco vègio 'mé la Madòna: lü l'ha catà un uselìn de quèi
inturpicà che l’é burlà giò da 'n'albero... l'ha catà sü... poe
l'ha sguatascià ne l'àqua... dòpo l'ha sfrugugnà un pochetìn
ne la tèra.. poe l'ha metü sóra la man, gh'ha bufà in tèl cül:
brivido... vce, vce, vce... l'è vulà via!" "Ma no, l'ho visto
mi, l'éra pròpio de tèra! Dai… Faghe védar, dài Palestina...
'n'altro tòc de créta, avanti via, mœvess... (mima come
fosse Gesù bambino di creare un uccellino) dai che l'è
fato... via co' le alète... Dai, bufa!" - "Spèta!"
"Chi?"
'Riva un fiulòt, un bambìn, co' 'na gran testa tüta risulìt
négher: "Fermo, verificare!"
"Chi sèt?"
"Tomaso!"
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"Tomaso?
(Alza
le
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mani,
arreso
di
fronte
alla
consuetudine e al personaggio) Come no' dito!"
Tomaso ciàpa un ciòdo... sum sum sum... sbüsa l'oselìn de
tèra: "Regolamentare, vai!"
"Aténti che bóffi!" (Soffia) Ppfffuuuuuuuu... (Mima
nuovamente il volo dell'uccellino)
cip, cip, cip,
cipcipcipcip!
"Vóla! L'osèlo vola! Bravo Palestina! Caro, come té vœri
bén! Toh, un basìn! Ma perchè té se stàit luntàn cossì tanto
témpo? Che giògo che fémo! Adèso ognuno ól fà un
osèlo... e ti, poe, Palestina: pffuuuu!, bófa e fa vólar i
nostri osèli!"
"Dai Palestina! Che bèl Palestina che té sèt!" vusa tüti i
fliolìt
E tüti gh'han ‘cominciàt a far dèi oselón. V'un gh'ha fàit un
panotún tüto tondo co' ‘na côa drissa, con dèe alète quadri,
con un gran crapón che burlàva giò, poe l'ha fàit dò
giambìne, tum... el burla giò... ghe n'ha metü quatro, poe
cinque zampe.
"Ma no' se pòl un osèl de çinque zampe!" ól dise Jesus
"Se no' stà in pìe... Importante che vola, no?"
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Pœ 'n'altro, 'na lugànega, una bissa, 'na bissa salàma, con
dodése ali in fila, sénsa la côa, dódese zampe.
"Lè un cagnòtto..."
Pœ 'n'altro l'ha fàit un bugugnùn... paréva 'na torta, co' la
testa drissa in mèzo, sénsa còlo, el bèco su sü... e tüte le
ali, tüte scompagnàde, tüte intorno. E sénsa giàmbe.
"No' so se el vola, vedarèm..."
Pœ, 'n'altro, gh'avéa fàit dèi oselìn che pareva de le
cagadìne.
Pœ 'n'altro un strunsùn.
E l'ultimo, un gato!
"No' se pòl far vólare un gato!"
"Se vola quèl strunsùn là, vólerà ancha el mé gato!"
"No, ma i gati no' se pòl far vólare. Un po' de régóla!"
"Mama! El Palestina no' vól far vólar el mè gato! (Mima la
madre che si affaccia al balcone e grida:) Fa' volàr sübeto
el gato d'el mè fiòl, Palestina! Se no, vegni giò e té
inciòdo!" (Mima il bambino Gesù che si osserva
preoccupato le palme delle mani)
"Tüti i oselón, tüti in fila!"
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"Via, che el bófa!" (Esegue una soffiata panoramica e
mima via via il volare strampalato dei vari uccelli)
Pffuuuuu... El pagnutùn: quac, quic, quoc, qua, té, pu, qua,
té.
Pfffeeee... La lugànega: pici, pete, qua, té, ce, che , se, té,
pe.
Pfffeeee... La torta: psu, pse, psu. Pfuuuu... El strunsùn:
pce, pque, pte, pci, pce. El gato! Pfuuu gniaaaaoooo gna
gnum gnam! Magna tüti i osèli dèl ziélo!
"Ohi! Che bèl, che rìdare a stciepapànza!"
"'N'altra uselàda, avanti tüti inséma!" Tüti che fan i osèli.
Végnen anche dai altri quartiéri, tüti i fiolìt. Tüta la piàssa
piéna de fiolìt che i ziòga, i ride, i canta!... fan pastròchi
con la tèra, tüte le statuète... osèl de tüte le forme e culóri
che i vola.
Ma in quèl moménto: trac! Se spalanca el portón de la
gran piàssa. E se vede 'parìre un cavalìn negro, tüto bardà,
bèlo, con sóvra, a montàl, un fiolìn tüto rubisón, con dei
öci sbricón, con i cavèli bén petenà... le piüme sül capèlo,
vestìt de velùto e de séta, con un coletón de pisso. E gh'éra
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dòi sóldati d'aprèso: el sovrastòmego de fèro, piüme anca
loro sul capèl, montà sü dòi cavàli bianchi.
Quèl bambìn l'éra ól fiòl dèl parón de tüta la cità. (Mima il
bambino che, dal cavallo, si rivolge con arroganza ai
ragazzini del quartiere)
"Ehi fiolìn, che cosa ziogàte?"
"No' far mostra de gnénte, Palestina! Quèlo l'è un
rompicojón. L'è ól fiòl d'ól parón. No' darghe trà. No'
darghe corda, fa' finta de gnénte."
"Mé dit a còssa state a jocàndo? Pòso jocàre co' voiàltri?"
"No!"
"E perchè, de gràssia?"
"Cussì! Perchè tüte le vólte che noialtri domandémo de
ziogàr con ti, fiòl dèl patrón, coi to’' cavàli per far un
zirèto, ti té dise no! Perchè tüte le vólte che vegnémo a
casa tua, che té gh'è de gran ziòghi, té ne fàit descassàre da
i to’' sbiri! Noiàltri adèso gh'avémo un bèl ziògo, el più bèl
ziògo dèl mondo, ma el Palestina, che quèl l'è al cap dèl
ziògo, l'è nostro. Ti té se sióro ma no' té gh'e ól Palestina.
Palestina l'è par noàltri. Vero Palestina? (Mima di baciare
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Gesù) Pciu, pciu! No' té n’andar co' quèlo ah? No' fa el
Giuda, ah?!"
"Ma se pòl savére che ziògo l'è?"
"Sì, che té lo digo... Noiàltri fasémo i uselón. Pœ ól
Palestina, bófa e i fa vólare. Ti vól ziogàre anca ti?"
"Oh sì!"
"Bòn, tira fòra el to’' oselìn, bófaghe sóvra, e védom se ti è
bòn de farlo vólare!" (Gran sghignazzo corale)
Rosso, inrabìto, co l'éra ól fiolìn dèl padrón, co' i i ögi
fœra de la testa. Gh'ha catà 'na lanza dèl soldàt, gh'ha dàit
de spròn al so' cavàl, l'è 'rivàt in mèso ai fiòl criàndo 'mé
un mato: "Se no' ziògo mi, no' ziogàte gnànca voàltri!"
Zan, zan, a spacàre coi zòcoli dèl cavàl tüte le stàtue, tüte
le figürine de créta. Tüta la tèra spacàda. Coi fiulìt che
piagneva... tiràva bale de mòta; i soldàt coréndo a cavàl,
criava: "Via! Fœra, andìt fœra, via! Che el pòl fare quel
che el vòl quèl, parchè l'è ól fiòl dèl padrón!"
Le mame che faciàda a le finestre: "Catìvo! Un ziògo si
bèlo co l'éra. No' costava gnénte... i nostri fiòl i l'éra
conténti, e ti..."
E i soldài: "Via matre! Via, che ve 'riva ‘na lanzàda!"
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Pfium, pfium, ptum, ptum! Tüte le finestre seràde. La
piàsa vòda.
Gh’éra restà sóltanto ól fiolìn dèl parón sul so' cavàlo
negro, coi sóldati che i rideva. E nisciün gh'avéa scorgiùo
che gh'éra restàt ól Bambìn Jesù visìn a la fontàna.. coi ögi
grandi, impegnìdi de làgrime... che ól vardàva verso ól
ziélo che el s'éra impiegnìdo de nìvole.
(A tutta voce) "Paadreee, paaadreeeee!"
Le nìvole se son dervìde: broomm, proomm, brooommm!
(Mima il padreterno che si affaccia fra le nuvole)
"Se gh'è!"
(A fatica trattiene il pianto) "Padree, son miii, Jesus..."
(Amorevole e preoccupato) "Cosa t'è capitàt, Bambìn?"
"Eehh... quèl fiulìn lì l'è catìvo, chè gh'ha s’cepàt tüti i
figurìn de tèra che noialtri gh'avémo fato per ziogàre. G'ha
scarcagnà tüto cól so' cavàl e (piange farfugliando)
guduhntuchetugudutu..."
"Ma caro, per 'na stupidàda cusì, té gh'ha de far ciapàre un
spavénto cusì grando a to’' pare che so' 'rivàto de volàta,
de l'altra parte de l'univèrso che éro? Gh'ho sbüsà quasi
dódes nìvoli, gh'ho tirà sóta dódese cherubini, e mé son
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stùrta tüto ól triangolo, che ghe vœr una eternità a
rimpiasàl a 1'órden!"
"E, ma lü l'è stàit catìvo! Lü l'è ól fiòl dèl parón, gh'ha
tüto! Gh'ha tüti i ziòghi, ma l'istèso, quando gh'ha visto
che noialtri éremo conténti, gh'ha... (singhiozza) ghidi tüte
tuduuhu s’cepàdo tüto... ehheeehhhe... e mi gh'avéo tanto
fadigà..."
"Parla ciàro."
"E mi che gh'avevo fàto tanta fatìga de far ól miracólo de
far vólar gli oselìni... per avérghe dèi amìsi, per ziogàre
insémbia... che dòpo i mè ciamàva Palestina caro toh un
basìn!... E adèso són de nòvo sólo, come prima. Che tüti i
amisi mìi son scapadi... ehhhee... (Piange) Gh'ho gran
dólore mi, gh'ho gran dólore patre eeehhheeee..."
"Oh té gh'hàit rasón. A dévo bén dir che ól spacàre, ól
s’cepàre sogni e ziòghi de plagér de fantasia, o l'è pròpi ól
pejiór de tüte i viòl! Ma quèlo l'è un fiolìt, caro... cosa
devo fare eh?"(Gesù, prima si lascia sfuggire un sospiro di
pianto, poi, con tono, il più candido e normale possibile)
"Màsalo! (Sorride guardando accativante verso l'alto per
ottenere il consenso del padre) Eh!"
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"Ma caro, t'ho mandàt giò apòsta dal çiélo in tèra per
imparàrghe la pace fra i òmeni... parlàrghe d'amore. La
prima vólta che quaicün té fa quaicòsa, té voi masàrlo! Té
cominci bén la professiòn, eh?"
"È tròpo? Bòn, alora stórpialo... sguèrcialo... eh?
Sguèrcialo e stórpialo!"
"No, no' se pòl far 'ste robe, caro. No' se pòl comensàr co'
la violénza cussì, eh?"
"No' se pòl? No' té pòl ti? Lo maso mi?"
"E bon, fàit quèl che té pare, che tanto co' ti, no' se pòl
descùtere. Ma non andar intorno a racontàr che so' stado
mi!"
Prrooomm, bbrrraaaamm! I nìvuli sfragùglia da partüto e
el Dèo scompare. No' l'è pasàto ól témpo.
De nòvo a gh'è ól fiolìn dèl padron cól ride, coi soldàt che
i se sganàsa a rigolà, e ól Bambìn Jesù visìn a la fontàna,
c'ól ciàma: "Patron... fiòl dèl parón!"
"Eh?"
(Ride col compiacimento di chi sta preparando uno
scherzo atroce) “Té ridi, ti, eh? T'è fàit tüto 'sto sacrapànte
d'intorno... t'è spatascià tüti i statuèti, té ruinàt el nostro
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ziògo. E ti sèt conténto, tranquìlo... ti pénsi che nisciün té
faga gnénte, eh? Ti è convènso che no'l pòle èserghe
nisciün che té castiga al mondo. Gnànca to’' pare, ah? E se
adèso invece mi té fùlmino?... Té ridi, eh? No' té ghe
credi, eh?" Ffvvuuuooommmmm! Un fulmine treméndo è
sortì dai ögi dèl Jesù Bambìn. (Descrive la terribile
fiammata) Una léngua de fògo! 'Mé 'na bisa-serpénte
infiamàda, l'intorcìga tüto 'sto fiolìn, ól scaravénta, ól
revòlta, ól sbate per tèra, divénta tèra còta come in un
forno. Pœm! Fumante!!
Tüte le done dai balcón se büta a criàre: "Stregonàso!
Còssa ti gh'ha combenà de treméndo!?"
I soldàt sbianchìdi de spavénto che scapa sui cavàli.
La Madòna, che gh'ha sentìt criàr de lontàn la 'riva de
corsa: "Cos'è succès? Fiulin cos'hàit fa' ti?"
"Gnénte... ho fa' un miracólo! Mio primo miràculo! Varda,
l'è ancora caldo."
"Ma come... l'è un bambìn?! L'è un fiolìn che t'è trasformà
in tèra còta!!! Ma cos t'è fàit còs? Ma parchè?"
"Eh! Ma lü l'éra catìvo, cara!"
"No' vòj 'scoltàr scüse! Resüsitalo!"
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"Noo!"
"Jesus, obidìse! Pénse a la povéra mama de 'sto bambìn...
lo strapacòre che gh'averà! Resüsitalo!"
"Ma non son capàze mama, mi gh'ho imparà sóltanto a
fulminare; no' gh'ho ancora imparàt el resùrgit!"
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"No' dir bosìe! Resüsitalo e inprèscia! No' ti capìse che se
'riva i sbiri ghe tóca de scapàre de nòvo... mi e to’' patre
che gh'avémo apéna trovà un lavór!"
(Lamentandosi) "Eh, ma però... Èco... no' se pòl fare un
miracólo che bisogna disfarlo sübeto...! Bòn, lo resüsito,
però co' 'n'a pesciàda..." (Mima di sferrare una terribile
pedata al bambino disteso a terra)
Tum! 'N'a pesciàda in tèl cül de tèra. Prum! El bambìn de
carne e òsa torna in pìe. Se tégne i ciàpi cont i man... ól
varda intorno spaventàt: "Cuss'è capitàt, cuss'è sucès
cos'è?"
El fiolìn Jesus ghe dise: "Mi sont stàito! Ól miracólo...
fulminà... resüsità!
Pœ l'è 'rivà la mia mama... Ringràsia la Madòna! Faghe
sübit un fiurèt!
Ma ti... tésénte brüsar ól cül per la pesciàda che t’ ho dàit?
Aténto che gh'é un'alegorìa, eh! Bòn servìsi per quei che
son stremìdi... che derénto le finestre son nascondüdi per
gran pagüra. (Indica in alto tutt'intorno alla piazza) Se
quèli comìnzeno a penzàre, razonàre, bada bén, che ti, té
deventerà grande a forza di pesciàdi che ti ciàpi! El cülo té
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monta, té monta, té monta, té monta: puuummm! E
s’ciòpa!
In eterno senza cülo!
Amen!"
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PROLOGHI GRAMMELOT
PROPOSTA PER DARIO NUOVA PRESENTAZIONE
Il GRAMMELOT
LA FAME DELLO ZANNI
Ora, prima di iniziare col Mistero Buffo vero e proprio, mi
permettete di eseguire un salto in avanti nel tempo,
sorpassare il Medioevo vero e proprio e raggiungere il
nostro glorioso Rinascimento. Questo allo scopo di
presentarvi il grammelot.
All’origine e fino a quasi tutto il ‘400, le compagnie di
teatro erano composte da attori dilettanti. Ma nella fine del
XV secolo, cominciàrono a riunirsi in gruppi consociati
con tanto di statuto e contratto. Ebbero subito una certa
fortuna, specie quelle compagnie che godevano della
protezione di nobili e banchieri. Ma ecco che, nella
seconda metà del ‘500, quando esplose la controriforma,
l’attacco condotto dalla Chiesa verso gli intellettuali liberi,
colpì duramente anche le compagnie di attori associati,
cioè i teatranti della Commedia dell’Arte. Costoro furono
costretti a una vera e propria diaspora. Furono centinaia le
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compagnie che dovettero emigrare in tutti i paesi
d’Europa: Spagna, Germania, Inghilterra. La maggior
quantità di quei teatranti si stabilì nella Francia. Altri
raggiunsero la Russia e perfino i Paesi Baltici.
È ovvio che la maggior difficoltà éra quella di farsi
intendere dagli abitanti di quei paesi che non conoscevano
la nostra lingua. È vero che i comici dell’arte possedevano
doti insuperabili di gestualità ed erano veri maestri della
pantomima ma dovettero creare qualche cosa che
permettesse di comunicare più profondamente il discorso
del gioco satirico e tragico. Cossì utilizzarono (o
inventarono?) il grammelot.
Cominciàrono col impiegare un linguaggio che potremmo
chiamare
proto-maccheronico,
cioè
composto
da
sproloqui, apparentemente senza senso compiuto, infarciti
di termini della lingua locale pronunciati con sonorità e
timbri italianeschi. Via via, si perfezionarono fino a
impiegare, oltre una straordinaria gestualità, suoni
onomatopeici carichi di sfondoni lessicali di varie lingue.
Questo gioco imponeva agli spettatori l’impiego di una
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certa dose di fantasia e immaginazione che produceva
l’insostituibile piacere dello scoprirsi intelligenti.
In Francia le compagnie dei “Gelosi” e dei “Raccolti”
furono tra le prime a sviluppare questo genere di
rappresentazione. Esibivano maschere dei vari Zanni fra i
quali l’Arlecchino che possiamo bén chiamare il comico,
massimo campione del grammelot.
Cominciàrono col impiegare un linguaggio che potremmo
chiamare
proto-maccheronico,
cioè
composto
da
sproloqui, apparentemente senza senso compiuto, infarciti
di termini della lingua locale pronunciati con sonorità e
timbri italianeschi. Via via, si perfezionarono fino a
impiegare, oltre una straordinaria gestualità, suoni
onomatopeici carichi di sfondoni lessicali di varie lingue.
Questo gioco imponeva agli spettatori l’impiego di una
certa dose di fantasia e immaginazione che produceva
l’insostituibile piacere dello scoprirsi intelligenti.
In Francia le compagnie dei “Gelosi” e dei “Raccolti”
furono tra le prime a sviluppare questo genere di
rappresentazione. Esibivano maschere dei vari Zanni fra i
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quali l’Arlecchino che possiamo bén chiamare il comico,
massimo campione del grammelot.
Il grammelot è una forma onomatopeica di discorso che è
nata con la Commedia dell'Arte e che realizza una tecnica
di espressione che è impostata tutta sul suono, sul gesto,
sull'onomatopeica cioè sull'andamento che fa assomigliare
a parole il linguaggio ma in verità non si tratta di termini
esatti ma soltanto fonicamente simili. (Fa un esempio di
grammelot in francese, E un altro di grammelot in
napoletano rappresentando Pulcinella)
Cossì potrei andare avanti ad indicarvi grammelot in tutte
le lingue e darvi l'impressione che davvero le parli.
Ma andiamo per ordine e iniziamo dal grammelot più
antico, quello dello Zanni. Lo Zanni è il prototipo di tutte
le maschere della Commedia
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Per questa nuova edizione di "MISTERO BUFFO" 2000
abbiamo creduto opportuno inserire nel prologo dello
spettacolo molti degli avvenimenti che si sono avvicendati
nel nostro Paese in oltre 30 anni di reppliche.
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Presentazioni che si sono susseguite dal 1969 al 9O
MISTERO BUFFO
trascrizione dello spettacolo del 24 marzo 1991 - Torino
La guerra del Golfo
Mistero Buffo è nato la bèllezza di trent’anni fa. In tutto
questo tempo si sono ripetute migliaia di rappresentazioni.
Come mia abitudine nel prologo
sempre accenno agli
avvenimenti e ai fatti di cronaca. Quando, nel 69 scoppiò
la bomba a Milano alla Banca dell’Agricoltura, in Piazza
Fontana, ho improvvisato un intervento in chiave grottesca
sul modo tutt'altro che scentifico su come si stavano
svolgendo le inchieste di polizia. Indagini nella quali si
indovinava chiaramente che all’attimo stesso in cui saltava
per aria la bonca, gli inquirenti avéano già stabilito che i
terroristi non potevano essere che gli anarchici. Ne
arrestarono alcuni. Poi il suicidio - si fa per dire - di
Giüsèppe Pinelli, i processi trasferiti come pacchi per tutto
il sud. Si può dire che ogni settimana ero costretto ad
aggiornare la cronaca. Da quel prologo, è poi nato "Morte
accidentale di un anarchico".
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Cosa che m’è accaduta anche abbastanza di recente
durante la guerra del Golfo, sto parlando della prima,
quella del ‘91. Per darvi un’idea chiara dello stile e del
genere di improvvisazione, tra tanti, abbiamo scelto
proprio l’intervento di quèl conflitto con massacro finale
annunciato e realizzato. Eccovelo. Cossì iniziava lo
spettacolo:
È più di un mese che siamo in guerra... come ai tempi
degli scontri fra cristiani e mussulmani. Io speravo
veramente che si realizzasse in breve tempo una pace
definitiva, invece in IRAQ stanno combattendo ancora, si
spara, c'è gente che crepa; i Curdi stanno scendendo dal
nord, stanno occupano una città dietro l'altra, ci sono gli
sciiti che salgono invece dal sud, c'è Saddam Hussein, che
ha buttato del napal e un po’ di gas nervino che gli éra
avanzato dall’ultimo conflitto, addosso ad intiere comunità
di mussulmani non allineati.
D'altra parte certi prodotti bèllici cossì preziosi non si
possono gettare via... bisogna pure adoperarli!
C'è qualche morto in più... ma che ci vuoi fare!
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Sorvdo sulla tragedia di questa guerra che, secondo gli
esperti avrebbe dovuto risolversi senza neanche un
morto... doveva essere una guerra tranquilla - ci avéano
assicurato - uno scontro quasi dimostrativo e invece gli è
scappata di mano... si parla già di oltre centomila caduti
solo fra i militari iracheni, più altrettanti civili morti a
Bagdad. E siamo solo al prologo. In compenso, fra le
truppe dei “nostri”, neanche un ferito lieve. Tutti bene,
grazie!
La cosa veramente grottesca è il crescere ogni giorno di
notizie che ci fanno scoprire quante frottole ci abbiano
ammannito a proposito di questa guerra, a cominciare dalla
presentazione del personaggio principale, il cattivo per
antonomasia: Saddam Husseim.
Sia chiaro, questo mostro scannaporci l'abbiamo inventato,
costruito noi, diciamo noi occidentali; senza il nostro aiuto
sarebbe rimasto un piccolo delinquente di provincia, un
criminale da strapazzo. Invece, prima di tutto, grazie agli
aiuti militari che gli sono stati forniti dalla coalizione dei
Paesi civili, ecco che è cresciuto come il servo gigante
della lampada di Aladino. Voi sapete che tutti hanno
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concorso a vendergli armi, Pentagono in testa, russi,
polacchi, perfino la Repubblica di San Marino.
Fra l'altro siamo venuti a scoprire che, secondo osservatori
militari europei, Saddam Husseim dispone oggi del quarto
esercito, in scala di valori, del mondo... che è proprio una
notizia da scompisciarsi dal ridere, soprattutto quando si
viene a conoscere il particolare che i carri armati che gli
sono stati venduti dai russi non erano di produzione
sovietica ma erano cinesi di scarto. È risaputo che quando
in Russia un carro armato viene male si dice “c'è uscito un
carro armato cinese!”
Ma ad ogni modo la cosa incredibile, è che lui Saddam
Husseim a sua volta si è convinto di possedere davvero il
quarto esercito del mondo, che lo credessero gli altri éra la
classica bufala, detto da lui è da megalomane con camicia
di forza obbligatoria... ed è per questo che lo hanno
sollecitato a buttarsi, con slancio in questa avventura.
D’altra parte, non è la prima volta che i popoli civili
scatenano massacri a scopo redditiziosentolando la
bandiera della liberà, recitando spudoratamente “l’arrivano
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i nostri!”, ma facendo molta attenzione ai dividendi e agli
interessi maturati.
Vi ricordate la guerra contro Komeini? (RICHIAMO
FONDO PAGINA - 1-: SI ALLUDE ALLA GUERRA
ESPLOSA ,ALLA FINE DELL’8O (?) TRA IRAN
(KOMEINI) E IRAK (Hussein) conflitto apparentemente
causato da motivi religiosi e territoriali, ma in verità la
ragione è da ricercare nella lotta per l’egemonia dei pozzi
petroliferi.) Un milione di morti soltanto. E questa azione a
cui concorsero in primo piano l'America, l'Inghilterra, noi,
ecc... ha fatto si che il grande rais Hussein, poi venisse
logicamente a richiedere il pagamento dell'obolo per il
servizio eseguito. Ma appresso, ‘sto deficiente, si è
permesso anche di occupare il Kuwait come risarcimento
dei danni di guerra subiti dalla sua gente. Giustamente lo
abbiamo mazzolato... pardon, l'hanno mazzolato!
E dire che sono stati proprio i bianchi civili ad allenarlo e a
incitarlo nell’acquisto e nella costruzione degli ordigni
bèllici, a cominciare dall’uso dei gas fulminanti - “oh, chi
si rivedete!” - sono arrivati, come maestri di produzione i
tecnici tedeschi dell’est e dell’ovest, che si sono incontrati
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fuori sede per la prima volta a riprendere la loro tradizione
di gasisti... pardon, gasatori. E tutto, guarda caso, pochi
mesi prima dell’unificazione in una sola grande Germania.
Almeno questa guerra è servita a qualche cosa!
Possiamo immaginare di assistere alla lezione su come si
impiegano i gas: “Stai attento, Hussein... dunque: c'è un
catalizzatore, poi abbiamo un gas inerte, un'altro gas
inerte, solo se uniti col catalizzatore funzionano. Vuoi
provarlo?... Va bene, dimmi su chi li buttiamo. I Curdi?
Sì! I Curdi vanno sempre bene, tanto li ammazzi e nessuno
dice niente... al massimo l'ONU fa un rutto di
indignazione, non più di cossì. Attenzione Saddam… il
Curdo è là, lo vedi? Buttiamo la prima bomba... ecco il gas
che esce, non fa niente perché è inerte. Ne buttiamo una
seconda, non fa niente perché è inerte. STAI ATTENTO
SADDAM!" "Ah chi???" "Là! Adesso ci buttiamo il
catalizzatore... PUM!... Guarda, guarda come fa il Curdo,
lo vedi? Non è un ballo regionale, è che è un pò ubriaco.
Adesso attento alla testina... la inclina... TON! E' morto!
Hai visto? IMPARA!!!" E cossì ha imparato.
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Ma sempre a proposito di frottole straordinarie... la più
criminale si è rivelata quella che ci ha ammannito
addirittura Bush in persona, e io l'ho bevuta, perché non
pensavo che quel Presidente fosse un politico tanto
spudorato da venire a raccontarci una balla di questo
genere, balla che certamente anche voi come mé, l’avrete
bevuta. Si tratta, e
Busch ci ha assicurato che éra
assolutamente necessario entrare immediatamente in
conflitto, perché se si fosse atteso un anno a bloccarlo,
Saddam Hussein certamente in questo tempo sarebbe
riuscito a realizzare una potentissima bomba atomica…
fatta in casa.
Ebbene, qualche giorno fa, il quotidiano più importante di
New York, il "N.Y. Times", ha realizzato un servizioinchiestae ha interrogato Scianagh, l'ultimo padre della
bomba atomica: “Senta professore - gli hanno chiesto cosa ne dice del pericolo che Saddam Hussein possa
costruirsi la bomba atomica?” Lo scienziato ha strabuzzato
gli occhi, è scoppiato in una risata con singhiozzo
inarrestabile. Hanno dovuto portarlo d’urgenza al pronto
soccorso!
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E quei coglioncioni degli americani invece l'hanno bevuta!
A proposito degli americani e del loro candore, ho da
segnalarvi un fenomeno davvero surreale: prima di questo
discorso
sull’atomica
mussulmana,
Bush
poteva
raccogliere un’adesione popolare alla guerra pari al 51%
scarso, ma appena ha tirato fuori, in diretta tv la favola
suddetta, l’adesione alla guerra è salita al 90%. Questo vi
dice l'importanza delle frottole, quando sono giocate bene.
Ma la più criminale di tutte, devo ammettere, si è
dimostrata senz'altro la bufala del cormorano; tutti quanti
ci siamo veramente rattristati e indignati di fronte a quella
immagine. Ve lo ricordate? Quel povero fenicottero
"strapenato", inzozzato, lì sulla spiaggia, con il petrolio
sparato fuori dai pozzi ad insozzare il mare, da questi
bastardi di iracheni. Lui, ficcato nel bagnoasciuga, che
zampettava. Arrivava quest'onda aarburante che lo
travolgeva. Il bipede: BLOOB, BLOOB, rispuntava con
un occhio tappato, faceva appena in tempo a respirare che
BLOOOB, un'altra onda nera e oleosa lo incatramava! A
'sto punto sono sbottato, indignato: "Ma che criminali
bastardi!", e tutti quanti ci siamo sentiti rivoltare lo
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stomaco. Ebbene, adesso vi posso svelare che éra tutta una
balla, una frottola gigantesca! L’intiera categoria degli
scienziati legati all'ornitologia di tutto il mondo, si sono
indignati. I francesi in particolare su "Le Monde" hanno
pubblicato un articolo dove nel titolo si leggeva: "Questa
fandonia del cormorano non l'accettiamo!"
Perché? Perché di cormorani… di baby cormorano come
quello che ci avéa tanto commosso e indignato, sulle coste
del Kuwait, in gennaio, quando è stata effettuata la ripresa,
non ne esisteva nemmeno uno. Quei trampolieri se ne
erano andati via tutti, già in settembre… e normalmente
ritoranno su quelle coste a maggio. Ma col casino
ecologico che c'è stato lì, figurati se fanno ritorno: non li
rivedranno mai più!
E allora ‘sto pellegrino di cormorano da dove è saltato
fuori? Vuoi vedere che è un cormorano in ritardo con
l'orario di migrazione? "Scusate, avete visto qualche
volatile della mia specie? Io devo partire, temo di aver
perso l’ultimo stormo migratore.”
No, raccontata cossì la balla non ‘sta in piedi. La verità è
che tutta la sceneggiata truculenta è stata organizzata in
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grande stile dai fotografi e operatori televisivi. Ma
andiamo per ordine: qualche settimana prima, vi ricordate,
c’è stata la insozzata di petrolio in mare: un milione e
mezzo di barili buttati cossì, da affogarci miliardi di pesci.
In verità, l’abbiamo saputo appresso, sempre dal New
York Times, l’insozzata di petrolio s’è rivelata molto
inferiore, un numero di barili che non raggiungeva i
centomila ma sempre di una schifezza da criminali si
tratta! A ‘sto punto i fotografi e gli operatori si sono detti:
“Qui c’è da fare un bèl servizio! Magari con una bèlla
famiglia di fenicotteri che zampetta incatramata sulla
spiaggia fetente!”. Ma ahimè, il petrolio è stato buttato a
mare solo lassù, nel nord del Kuwait, a trecentocinquanta
miglia da Riad, dove appunto stavano i nostri operatori. E
che fanno i nostri cacciatori di scoop guerreschi? Salgono
su un gommone e a pagaiate risalgono il mare per tre
giorni per poi farsi impallinare come oche di transito dagli
iracheni incazzati? No, neanche ‘sta balla ‘sta in piedi. In
verità la trouppe dei cameramen non si è mossa dalla
spiaggia di Riad, sono andati allo zoo e lì hanno scoperto
che i cormorani, che normalmente sguazzavano nel
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laghetto artificiale, avéano tagliato la corda già dai primi
botti. L’unico fenicottero che hanno trovato éra un
Mabibu, che non è della classe dei cormorani, no, è un
uccello trampoliere che vive esclusivamente nell'Asia
Minore e in particolare negli acquitrini paludosi di acqua
dolce. Come l’hanno individuato, i cameramen: "Scusi,
signor volatile-trampoliere, le spiace venire in spiaggia al
posto del cormorano?" "Ma no! Ma io che c'entro! Io odio
il mare!" "Venga per favore..." Ma questo animale ha
degli strani pennacchi qui in testa… glieli hanno tagliati
all'umberta, cioè alti un dito. Quindi l'hanno portato sulla
spiaggia dove avéano rovesciato un paio di barili di
petrolio, hanno abbrancato il Mabibu e PLOC PLOC,
l’hanno intinto a sguazzo nel bagnasciuga. “Scusi... chiuda
la bocca PIU'PIU'PIU', sorrida... UNO DUE TRE ... ci
basta, grazie, vada pure BLOBLOBLOBLO". E noi tutti,
come tanti boccaloni, ci siamo commossi fino alle lacrime
a questa malandrinata di messa in scena.
Ma la "scommozione", come a dire lo sgonfiamento
emotivo,
l’abbiamo
provata
in
seguito
a
quella
dichiarazione, vi ricordate, di Scwarz Scoop, il generale
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abbondante, uno dei più grandi generali del mondo, nel
senso di dimensione e peso, due metri e dieci di altezza
senza tacchi, un quintale e dieci chili senza l'osso, ve lo
ricordate? Quello che arrivava immancabilmente ad ogni
conferenza stampa, simpatico… con quella faccia rubizza,
che a mé tutte le volte veniva voglia di chiedergli "mi dia
quattro etti di filetto, un ossobuco e un pò di carne per il
gatto". Simpatico dicevo… ebbene, alla quarta conferenza
stampa, è apparso stranamente abbacchiato e perplesso.
Cos’era successo? Ce l’ha confidato lui di persona: le
rampe dei missimi dai quali gli iracheni sparavano su
Riad, dopo essere state centrate dalle bombe lanciate dai
super caccia americani, riapparivano, come nulla fosse, il
giorno dopo. Ma da dove erano spuntate?!
Lo stesso succedeva con i carri armati. Carri armati che
uscivano non si sa da dove, i bombardieri li puntavano ne
buttavano
all’aria
una
decina,
ma
ecco
che
TRACCHETE!, altri dieci ne apparivano dal nulla. A un
certo punto, i generali della coalizione hanno avuto il
sospetto, lui l'ha detto, che si trattasse di falsi carri armati.
Ed éra proprio cossì: erano tutte sagome di carri armati in
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vetro resina. E chi li ha fabbricati questi sè moventi
corazzati? NOI! Noi Italiani! Guardate che siamo dei geni,
dei
cervelloni
leonardeschi!
L’inventore di queste
macchine beffarde è un artigiano di Torino che ha forgiato
qualche migliaio di sagome similcarrarmato, sagome che si
spalancano a scatola e che visti dall’alto, non c’è dubbio,
appaiono autentici Tang d’assalto e sfondamento. Scoperta
l’esistenza di tanto genio, il Comume di Torino ha deciso
di inalzare un monumento all’inventore, nella piazza
principale della città. In quell'occassione c’erano tutte le
televisioni
del
mondo
a
intervistarlo!
L’hanno
letteralmente aggredito con le telecamere e i microfoni:
“Per favore, ci dica come ha potuto fabbricare carri armati
cossì leggeri, agili e facili da trasportare in gran numero?”
“Ecco qua, è semplice! - ha risposto lui e li ha condotti
nell’officina - Ecco, vedete, questi fogli di pressato sono
sagomati per stampa e quindi affiancati l’un l’altro a mo’
di libro. In ogni carico di camion ci stanno quaranta carri
armati, ed è semplicissimo rimontarli, basta seguire il
libretto di istruzioni allegato: A con A, B con B, questo va
a incastro, quest’altro pezzo si inserisce a chiave, non c’è
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un bullone né una vite. Tempo di montaggio 5 minuti. È
cossì facile e divertente assemblarli che gli irachieni lo
fanno fare ai bambini delle elementari, come premio.
Un cronista di Rai 3 ha chiesto: “I piloti, sia inglesi che
americani, giurano che quei carri si muovevano nel
deserto. Come ottenete questo portento?” E il genio
risponde: "Basta una corda molto lunga. Guardi, si lega
qua, uno si mette in una buca e poi tira il carro armato che,
leggerissimo, viene avanti come una slitta." "Sì, ma il
calore emanato dal motore, come lo realizzate?”
Voi sapete che gli attrezzi di rilevamento di cui sono dotati
gli aerei americani, se non registrano l'esistenza del calore
non danno l’ok perché si spari, anzi, emettono una serie di
pernacchi con contrappunto di sghignazzi e l'aereo se ne
va!
"È semplice - risponde il maestro dei carri bidone - noi ci
mettiamo una stufetta a serpentina, loro rilevano il calore e
dicono: ah c'è il motore! E sparano razzi e cannonate come
al carnevale di Rio!" "D’accordo, ma come ve la cavate
col frastuono che produce un carro del genere?” “Sempre
più facile! Ci piazziamo dentro una cassetta con tanto di
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registrazione
di
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cingoli
e
motore
Leopard
BLUUBLUBLU!" “Incredibile! - esclama l’inviato del
New York Times - Nessuno dei nostri lettori crederà mai
che i piloti della Nato si siano lasciate imbrogliare da
mezzi cossì semplici, quasi infantili!”
Non v’è mai capitato di dare un’occhiata dentro la cabina
guida di uno di questi mostri bèllici? Nel cruscotto
centrale di questi super jet, c'è una specie di schermo,
appaiono tutti i disegnini che si muovono come in un
videogame e il pilota non ‘sta neanche a guardare
attraverso il parabrezza ma segue direttamente l’azione
attraverso il cruscotto. C'è una voce che gli comunica tutti
gli elementi, gli dice: "Vai,vai, stai tranquillo, ecco, ecco,
prendi quota, fino a trentacinque abbassa dodici, ecco
rileva, rileva, rileva, la velocità è OK… va, vai che è una
meraviglia, sei splendido, la tua mamma ho saputo che ‘sta
tanto bene, vai vai - e appare la faccia della mamma che
gli manda bacetti - Ti andrebbe una grattatina sulla nuca?
Sì? Procuriamo!" PLOP: una manina spunta dal cruscotto,
viene su leggiadra, gli ammolla degli schiaffeti e gli torce
appena l'orecchio “Oh come mi piace!”
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All’istante scatta il segnale d’attenzione e incursione:
TIEIHIE! Ecco, appare l'immagine assonometrica di un
carro armato, anzi due, tre, quattro, e la voce si fa epica:
“Ecco qui il bersaglio è un 113 di 10 tonnellate, cannone
9-81, c'è, c'è, c'è, eccolo l'ho inquadrato, guarda che c'è!
Dai adesso SCHIACCIA il pulsante rosso! Ci sei! Sei
puntato! SCHIACCIA TI DICO!” Se il pilota è preso da
un crac emotivo, la manina gli afferra il polso e lo
costringe a schiacciare. Parte un razzo tremendo che ha
anche una video camera in testa: tutto intelligente!
L’ordigno avanza inesorabile. Dall'ogiva la radio emette a
livelli frastornanti un canto sul motivo delle Valchirie:
“IRACHENO SCELLERATO, SEI FOTTUTO, SEI
FREGATO!"
Obiettivo
centrato!
PUMPUMPAK!
Frammenti di carro vo per aria, l'aereo risale a quota 2000
con grande impennata… mentre esplode una risata
registrata "AAAHAHAAAA AHA AHA IIIH!", che si
trasforma nell'inno americano.
Il pilota e i suoi generali sono raggianti e non sanno
d’essere stati fregati. Hanno sparato razzi del valore di
miliardi per trappole che costano come un giocattolo per
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poveri trovatelli! È inutile, noi italici come bidonisti,
siamo il massimo!
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Eppure, ci sono stati dei fabbricatori di trucchi inglesi, che
ci hanno superato, hanno sorpassato in ingegno anche i
torinesi. Costoro hanno realizzato addirittura un carro
armato di gomma.
Il carro armato gommoso, alla maniera di un preservativo
gigante viene pressato dentro una valigetta di queste
dimensioni... poco più di una ventiquattr’ore. Viene
consegnato all’iracheno addestrato all’uso, l’iracheno
ammaestrato pone la valigetta a terra, estrae dal coperchio
una pompa del tipo “gonfia-gommoni”, col piede preme su
e giù POT POT POT: spunta il carro armato. Dal principio
informe ma che va prendendo il suo assetto sorprendente
in pochi minuti: coi cingoli, la torretta, i cannoni, ch'è il
punto più delicato, che se non si pompa con forza
sufficiente il cannone rimane moscio cossì... e al pilota di
lassù potrebbe nascere qualche sospetto. Ma quando
appare il super caccia bombardiere, l’iracheno pedala
come
un
disperato
sulla
pompa
PEMPEMPEM
TUNTUNTUN ed ecco la canna ritta come un fallo
orgiastico in fase d’orgasmo multiplo! L’iracheno ha
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giusto il tempo di gettarsi dentro la fossa di protezione che
parte il razzo e colpisce il bersaglio. C’è il commento di un
pilota americano che è veramente divertente, dice: "È
strano come si comportino questi nuovi carri armati
iracheni, perché non esplodono, non deflagrano come gli
altri russi, cinesi. Non so di che marca siano, che nazione
glieli abbia procurati: come li becchi saltellano qua e là nel
deserto TUM PIM TUM PIM, emettono uno strano sibilo
PIHIIIIIIIIII e scompaiono nel nulla.
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Versione introduttiva di “Mistero Buffo” eseguita il 24
marzo ‘91.
Qualche giorno dopo, spinto dai nuovi eventi, ho portato
qualche variante al prologo. Eccovela.
Come dicono i francesi, e hanno proprio ragione, questa è
proprio una "drolle de guerre", una guerra da crepar dal
ridere. Il coronamento di questo conflitto da clown è la
scoperta delle galline da combattimento. No, non è un
lazzo buttato lì tanto per stupire a scompiscio gli alleati
elettro-supercomputerizzati, hanno davvero adoperato le
galline in guerra. È la prima volta nella storia dell’umanità
che assistiamo alla scesa in campo di pollame guerriero
evento del quale noi tutyti dobbiamo essere molto
orgogliosi perché esse sono razza scelta dei nostri pollai,
quindi esultiamo: (intona l’inno nazionale) Oh polli
d’Italia, l’Italia s’è desta!” Forse le superstiti di questo
conflitto
riceveranno una croce particolare di Gladio
(richiamo fondo pagina2: organizzazione clandestina
creata, per un probabile colpo di Stato, con l’apporto
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dell’ex Capo dello governo, Presidente Cossiga); quelle
che rimarranno vive le vedremo sfilare a Taranto (NOTA
FONDO PAGINA: BASE DELLA MARINA MILITARE
ITALIANA E LUOGO DI PARTENZA PER IL
MEDIORIENTE
DEL
NOSTRO
CONTINGENTE
MILITARE) con le pime al vento e una croce di ferro
penzolante sul petto. Noi staremo lì a salutarle orgogliosi e
ritti sull’attenti ci saranno anche i presidenti vari che le
baceranno.
Ma cos’è ‘sta storia del pollame guerresco? È presto detto:
l'avrete visto in uno speciale TV e l’avrete pure letto su “Il
Corriere della Sera” e la “La Repubblica”… non vi
racconto storie: nelle foto si scorgono alcuni marines con
una gallina bianca in mano, razza emiliane e padovane.
Ecco perché dicevo che le croci di guerra verranno tutte
dall'Italia: hanno svuotato interamente le nostre aziende
gallinifere, batterie intiere anche centomila per volta.
Ma veniamo all’utilizzo di questi eroici pennuti. Nella
ripresa televisiva alla quale accennavo, si nota questa
gallina in braccio al marines americano. Il marines calza il
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suo elmo regolamentare bén mimetizzato con la rete, tiene
sulla fronte due occhiali uno per vedere con il sole e il
vento, l'altro per vedere di notte con gli infrarossi. Sul
frontespizio dell’elmo spunta una vistosa lampadina che
parabola automaticamente e scruta l'orizzonte. Qui sul
petto è appeso un tubo che contiene una maschera antigas,
maschera che fuoriesce e si spalanca andando a coprire la
faccia del marines, il tutto con un solo scatto. Dai glutei
del guerriero partono due briglie che trascinano una
cassetta munita di ruote che agisce autonomamente
spostandosi da una parte all’altra per meglio spiare al di là
delle dune. A completare l’assetto, abbiamo una bombola
di ossigeno qui sotto l’ascella, la riserva d'acqua
appoggiata tra le cosce - serve anche da raffreddamento
agli organi delicati - il metano di dietro, una riserva di
petrolio all’altezza del ginocchio... e anche una sigaretta
già accesa infilata nel bocchettone della maschera antigas,
nel caso uno avesse l’impellenza irresistibile di fumare.
Ma ci siamo dimenticati delle galline? No, per carità! Essa,
bipide, ‘sta appollaiata su un pistolone tremendo che il
nostro marines esibisce facendolo scorrere in avanti da
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sotto l’ascella destra. Con quello spara dei proiettili grossi
come uova, che esplodono e producono raggi. Il frastuono
è tremendo, ma la nostra gallina da combattimento rimane
costantemente abbrancata alla cassa del caricatore. Ora mi
chiederete, perché il marines si tiene la gallina sul
mitragliatore? Cossì, per scaramanzia? Niente affatto! La
gallina assolve a un grosso impegno. Essa possiede un
istinto straordinario, cioè ha la facoltà di captare da
lontano, lontanissimo anche una bava di gas nervino... se
un bastardo d’iracheno tira una bombola di gas anche a
centinaia di metri di distanza, la gallina WAW WAW
WAW, fa un baccano d'inferno, starnazza, spara uova a
grappoli e scagazza, scusate il termine, ma è un gergo
tecnologico militare. Ora la cosa fa scattare subito
l'intelligenza e la percezione del marines, il quale fra un
passo e l'altro... dice AH! IL GAS! PIUM, schiaccia un
bottone, gli parte subito la maschera già aperta che gli si
incolla sul viso. Naturalmente la gallina entro dieci
secondi muore secca. Andiamo, non possiamo mica dare la
maschera anche alle galline! (Fingendo di rivolgersi a
qualcuno del pubblico) Sì, signora… alludevo proprio al
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fatto che durante l’ultimo bombardamento a Tel Aviv
all’arrivo dei razzi iracheni che si temeva spargessero gas
letali, si sono distribuite maschere per tutti i cittadini
israeliani ma non se ne sono trovate da destinare ai
palestinesi presenti in città. E anche se lei signora ha
sussurrato appena, l’ho sentita lo stesso. Io ho un orecchio
tremendo, lei ha esclamato risentita: “Ah no! Cosa
c'entrano i palestinesi con le galline!” Ha ragione, le
galline sono molto più utili nel conflitto, infatti non
servono soltanto a dare l’allarme per l’arrivo di gas
nervino, ma soprattutto servono per disinnescare le bombe
a trappola ficcate nel terreno. Voi sapete che a Sadam
Hussein sono state vendute mine da quasi tutti i popoli
della terra. E quante ne ha acquistate lui? Diciotto milioni
di unità... c'è questo deserto del Kuwait che è tempestato
di mine, è incredibile, non si può andare in giro. Se uno,
mentre va sullsulla superstrada, che è l’unico percorso
ripulito, gli vola via un pacchetto… guai se si permette
d’andare a recuperarlo. Come mette piede sulla sabbia:
PAM!, salta in aria! Per disinnescarle l'appalto è stato dato
ai francesi; avrete visto qualche immagine televisiva: loro
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hanno una specie di cannone che spara nel deserto un
aggeggio che srotola una catena lunghissima con un rostro
finale… poi c'è un braccio meccanico che afferra dall'altro
lato la catena e comincia a scuoterla dando ribattoni
terribili, un fracasso d’inferno. Col fracasso tutte le mine
di fabbricazione inglese, francese, russa polacca, svizzera
ecc... PIM PAM PIM PAM saltano per aria che sembra
proprio Piedigrotta, una cosa veramente festosa! Tutte, vi
dico tutte le mine eslpodono... salvo le nostre, le italiane:
le Vasella. Nove milioni gliene abbiamo vendute, nove
milioni di mine VALSELLA: 50% di partecipazione Fiat.
Perché sono tanto richieste e preferite? Perché noi
abbiamo bombe INTELLIGENTI, e non trappole per topi.
Le nostre Valsella quando si fa baccano sbattendo catene
non fanno una piega, anzi, dalla cupola della bomba
escono due manine che sbattendo una conto l’altra (mima
due braccettine con mani annesse che sbattendo una
contro l’altra, altezza gomito, eseguo il classico gesto
scurrile napoletano). Infatti le nostre mine saltano per aria
soltanto a pressione del piede umano, sono proprio a
misura d'uomo, non per niente noi abbiamo creato
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l'umanesimo. Tutti i nostri alleati devono cominciare a
rispettarci come meritiamo perché, d’accordo che in questa
guerra non abbiamo dato un apporto determinante,
soprattutto in materiale umano, ma abbiamo concorso con
materiale meccanico e gallinaceo in partecipazione
straordinaria come nessun popolo al mondo. Devono
piantarla di sfottere e di prendere in giro soprattutto i
nostri ministri quando ci si riunisce al banco, meglio dire
al tavolo, per dividere le situazioni di vantaggio di questa
guerra. Devono piantarla! C'è quèl nostro ministro De
Michelis
(HAMO
FONDO
PAGINA:
MINISTRO
SOCIALISTA AL TEMPO DEL GOVERNO CRAXI)
che tutte le volte che arriva: PAAM!, una porta in faccia,
che ormani ha un faccione cossì e ha dovuto dipingersi gli
occhiali sul muso per quanti gliene hanno spiaccicati.
Dobbiamo ammettere che non fa un bèl vedere con quella
testa, con quei capelli impataccati di catrame schifoso,
CHE E' LUI ... IL CORMORANO! E' LUI! Un cormorano
ripieno! Non vi dico di che cosa. (Esegue una pantomima
dove imita la camminata del fenicottero ctarso di catrame)
A proposito, quasi mi stavo dimenticando di raccontarvi di
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come i nostri polli vengano impiegati nel far brillare i
micidiali ordigni Valsella seminati nel desero. I nostri
polli artificeri con il loro zampettare e col ticchettio del
becco producono lo stesso effetto della pressione di un
piede.
Ma andiamo per ordine: per cominciare ‘sti tecnici
spazzamine mettono in funzione elicotteri appositi che
spandono becchime e lì gli iracheni che stanno nelle
buche… cominciano ad andare in crisi: “Ma come! Ci
buttano il becchime per polli?! Va bene sfotterci ma
questo è un pò pesante... abbiamo fame, ma non
esageriamo!". Poi, una volta steso il becchime ecco che
arriva la gallineria, cioè centinaia e centinaia di polli
ammassati dentro altri elicotteri speciali… i famosi
"apache Vallespluga". Arrivano: WWAAAOOO!, si
spalanca la pancia di questi elicotteri, e scaricano
piovendo dal cielo galline a stormi che inondano il deserto,
sono affamate, da cinque o sei giorni non toccano cibo.
Proprio a livello iracheno! E cominciano TI TO’ TI TO’
TO’ PIIM PAAM PIIM PAAM PEEM PEEM!, con il loro
zampettare e col ticchettio del becco producono lo stesso
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effetto. Vo dappertutto arrosti, galline fritte, alla diavolo
fragrante! Gli iracheni possono
godere finalmente del loro primo pasto caldo. Buon
appetito!
brano tagliato da rosa fresca che forse si può usare altrove.
Ed altre ce n’erano di queste leggi bastarde. Quindi il
giullare éra qualcuno che, nel Medioevo, éra parte del
popolo; come dice il Muratori, il giullare nasceva dal
popolo e al popolo, attraverso l’ironia procurava la
coscenza della propria condizione.
Ed è per questo che nel Medioevo ne ammazzavano con
tanta abbandanza di giullari e si emulgavano leggi
persecutorie proprio per loro. Ma torniamo al “Mistero
Buffo” vero e proprio.
questi brani stavano in fondo non so se doppi o no.
controllare
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PRESENTAZIONE
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DEL GRAMMELOT 1 9 7 6
E’ STAMPATO.
La prima pagina é stata usata da Dario per la nuova stesura
de “La fame dello Zanni” di maggio 1998.
Mistero Buffo che recitiamo questa sera è una edizione
completamente nuova per Roma. Noi abbiamo recitato a
Roma cinque o sei edizioni diverse, questa, soprattutto
nella prima parte è una novità: è in grammelot. grammelot
è l'invenzione di suoni, di termini, di gesti messi insieme,
che nel ritmo, nell'andamento, negli stop di chiusura,
apertura ecc..., nella tessitura musicale indica o allude a
situazioni, a fatti, a cose, a oggetti.
ALIULE CHE TAMUSE CHE TA URI A LUNSINGHET
TÉ LI LE BLEM BLUM TU LI LE BLEM BLAM... ecco!
Questo è il classico grammelot dei bambini. Ora il
grammelot è tutto inventato e di volta in volta ogni sera io
mi ritrovo a reinventare suoni e moduli a soggetto per
ricostruire questo fatto. Qualcuno dice che il grammelot
che è nato prima della commedia dell'arte, molti secoli
prima... è qualche cosa che è stato inventato dagli attori
per cercare di sfuggire alla censura. Gli sbirri, non so se
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sapete, ma quando vengono a vedere il teatro e segnano...
notano certe battute, hanno una specie di codice e
riferiscono. Se si parla il grammelot, cioè se si parla...(fa
un esempio)... quello non riesce più a segnare, non si
ritrova più, straccia e dà le dimissioni... va via dalla
polizia. EFFICACISSIMO! Ma non credo che sia questa la
vera ragione. Credo che la vera ragione del recitare in
grammelot sia il rifiuto dell'accettazione della lingua del
potere. Il potere, sapete benissimo ha sempre inventate
delle lingue per imporre la propria forza, il proprio
prestigio sopra le classi inferiori. Marty, che éra un poeta
provenzale del 1200, diceva come consiglia ad altri poeti:
" Bisogna annodare i termini, il lessico che noi prendiamo
dal volgare, cioè dal popolo, annodare, riprendere termini
e radici latine, greche, comporre una nuova forma, una
nuova grammatica, mettere regole cossì il popolo non
riconoscerà più la propria lingua, si sentirà umiliato,
mortificato, ecco lo sapete benissimo... l'italiano. L'italiano
è una lingua nata, costruita, fatta apposta da una classe
sociale contro e sopra tutti i dialetti, le altre lingue, in
modo da comporre una lingua che il popolo non è più
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capace di intendere e GLIELO IMPONIAMO QUASI
COME COSA SACRA! Infatti da bambino io credevo che
quando sbagliavo nella sintassi... commettevo un peccato!
Sono andato una volta a confessarmi e ho detto un
congiuntivo
sbagliato
PERCHE’
QUESTA
CONVINZIONE TÉ LA METTONO PROPRIO NEL
CRANIO! E' UN PECCATO! E' LA RELIGIONE DEL
LESSICO! Pensate che piacere buttare all'aria tutta questa
religione, tutti questi dogmi... ogni volta...aiutando in un
gioco che il potere non può rifare... Il più antico come
indicazione di grammelot è quello di Molière. Molière
però descrive, da la trama di questo grammelot, la favola
del perché è dovuta al discorso della censura ... in uno dei
momenti in cui venne censurato duramente a proposito di
una sua commedia in quanto il re Sole, il suo protettore, se
ne stava fuori base... ecco che i vescovi, cardinali, nobili,
gli saltarono addosso e gli impedirono di recitare la parte
finale di una sua commedia che avéa messo in piedi. Esiste
veramente la commedia indicata dalla favola ed è una
specie di incastro tra il tartufo e il don Giovanni. Senza la
possibilità di dire determinate frasi, di portarle sul
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palcoscenico Molière éra fregato e allora ricorse ad un
comico dell'arte italiano. Si chiamava Scapino, molto più
anziano di Molière... Molière ne parla in due o tre
occasioni con molto affetto. Dice che il suo vero padre, il
suo vero maestro è stato Scapino! Lo prega di usare la
tecnica che i comici dell'arte avéano portato in Francia alla
loro fuga nel 15OO, esattamente al tempo della
inquisizione in Italia. Ecco questo Scapino, si ricordava
bene la tecnica del grammelot... allora ha cominciato a
parlare... Dicevo che Scapino ha introdotto, forse per
primo o forse éra il più bravo.
Questo tipo di recitazione si chiama grammelot, si scrive
gramelotte perché sui giornali ogni tanto scrivono delle
cose che... i critici che... ignoranti... non avete idea!!!
Ricordandosi del grammelot di Scapino, Molière lo
chiama e gli dice " Senti, salvami, cossì freghiamo i
censori! Tu fai tutti i tuoi sproloqui e le tue
onomatopeiche. Lo sbirro non riesce a ricopiare... e noi
siamo salvi". Scapino che éra già vecchio "dimmi che cosa
devo recitare? Quale personaggio? Che chiave?" "Allora,
tu sei un servo. Ti chiamerai Scapino...servo... il più
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grande, più vecchio, più importante servo di una grande
famiglia dove è morto il padre, il figlio giovane che si è
dato alla pazza gioia e non ha avuto il tempo di imparare
tutte le tecniche per entrare a prendere il potere, deve
sostituire il padre, rimpiazzarlo, e non sa niente e allora ...
il grande insegnamento: come si gioca il gioco del potere."
e Scapino dice "Va beh! Volentieri! Grazie!". Allora
Scapino insegna al giovane il modo di muoversi, di
parlare, di gestire. Prima di tutto gli dice "basta le
parrucche non si portano!" sapete che quello éra il tempo
delle grandi parrucche. Re Sole avéa una parrucca enorme,
non poteva neanche far cossì... immensa con riccioli,
bigodini, contro-bigodini ecc... Ebbene dice "no, non devi
portare parrucche, niente parrucca!". Poi c'éra il problema
dei dantel, dei pizzi, pizzi dappertutto che uscivano dalla
giacca, dal collo, che arrivavano su fin qua, poi
riscendevano, poi uscivano dalla camicia... anzi éra molto
distinto avere... insomma uno che viveva pieno di pizzi...
non so... pensate voi,éra un supplizio!! "Niente pizzi
neanche!" Poi i mantelli, si calcolava che la grandezza dei
mantelli éra nel giusto rapporto della posizione e della
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forza economica e soprattutto nobiliare di chi li possedeva.
Mantelli che per portarli bisognava avere una forza
enorme, trascicare come... quasi sempre c'erano dei nani.
L'origine del nano di corte è proprio per portare dal di
sotto senza essere visti. La condizione del nano è tremenda
perché deve sempre... ce n'è uno della... qui.. che... la
cariatide... COMPLIMENTI! Siete velocissimi! Proprio
ieri sera facevo caso che i teatranti hanno delle specie di
sonde... sapete come quando si assaggia la carne che si
adopera una forchetta particolare e ci sono dei punti
dove... e la nostra forchettata sono tre o quattro battute. Le
proviamo per vedere a che punto è il pubblico... a che
punto di cottura è insomma... di intelligenza!
Allora dicevi, insomma c'erano anche allora... c'erano già i
presidenti che tenevano su... che è un grosso compito...
Pare che sia andato anche questa notte ad incollare i
manifesti sapete. Fa un lavoro incredibile. Fa tutto! Tutto!
E' una cosa...E' qui a Roma che gira per le sezioni, con la
bicicletta...con la canna del... perché i manifesti con cossì e
allora con la canna li tira su... poi va in giro con le
trombe... poco fa è passato di qua con la tromba...
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ELETTORI! ELETTORI!... ma non ha niente, lo fa con la
mano cossì ELETTORI! ELETTORI!...Ma che bravo che
è... velocissimo scende dalla macchina, da sotto, c'ha un
buco cossì, non ha la portiera perché... Poi entra c'ha il suo
cossì... ELETTORI! ELETTORI!... E' formidabile!
Allora dicevo che c'erano questi mantelli enormi e ogni
tanto... non vi dico quando c'éra il vento perché éra una
cosa incredibile tenerli cossì tutti i nanetti attaccati cossì...
Allora...eravamo???... Non cossì in modo tronfio, non
parrucche, non pizzi... devi... modesto, grigio negro scuro
e poi pallido, mi raccomando, pallido, sempre su té stesso
devi stare... non so se vi fa venire in mente qualcuno! Poi
importante ... la camminata. IMPORTANTE! Stati
attenti... non piega le ginocchia... non so se avete visto nei
films, non ci sono c'ha delle cose dritte... per potersi
inchinare e c'ha questa sofferenza... non gli vedete mai i
denti... gli vedete soltanto un dentino qua. E' una tecnica
incredibile... delle ore davanti allo specchio ... li vedrete
tutti questi personaggi... quelli coi doppi menti qua... beh,
quell'altro lo conoscete... poi...
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Tutti i personaggi in fila... c'è anche la brava persona
anche... è veramente una brava persona io dico...
Zaccagnini... che è una brava persona davvero... perché
ogni tanto dice basta! Lo tengon giù, lo tirano... "tu stai
qua per Dio!"... "E no! Ma qui siete degli sozzoni" "Ah!
Mé ne frega niente! Tu stai qua! Stai qua!...Ci abbiamo
bisogno della brava persona!" E" brava persona soltanto
perché non ruba!! Abbiamo una brava persona... perché
che ha fatto??? Forse durante il Vietnam ha detto basta?!
"Questo è uno schifo, io non accetto l'atteggiamento di
Moro verso... e poi il bombardamento... no, no, non c'éra
... éra là. Il fatto del colpo di stato è forse corso a Roma?
Infami! Voglio la democrazia!" NOO assolutamente, non
si è mai visto! Brava persona soltanto perché quando ha
visto rubare... "Cosa fate? Rubate?... Ah rubate!"
Va beh! Cominciamo Scapino. Scapino che fa il maestro a
questo giovane che deve entrare nel mondo della politica.
Il grammelot è francese, ovvio, quindi quelli che
conoscono il francese saranno handicappati perché
cercheranno di seguire le parole francesi... che non
esistono. Cercheranno di capire " perché ho studiato!
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Porco cane, non riesco a capire una parola!" Non
capiranno e chiederanno che cosa ho detto a quello vicino
che capisce tutto! Infatti non conosce una parola di
francese. Il grammelot.
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PRESENTAZIONE DEL GRAMMELOT
LA CADUTA DEL POTERE
NON
C' E' L A
D A T A
E’ STAMPATO.
E arriviamo a Mistero Buffo vero e proprio. Mistero
Buffo... io ho sempre la voglia di farvi un pezzo al di fuori
di
quello
che
è
il programma.
Pandolfi,
vostro
concittadino, grosso partigiano morto qualche anno fa, ha
raccolto centinaia di canovacci. C'è un canovaccio che mi
ha sempre molto sollecitato l'idea di riprenderlo in
grammelot. Il grammelot prima di tutto è una forma di
teatro onomatopeica (s'nterrompe)... c'è qualcuno che
bussa... la tenda... è rimasto fuori...forse nella gabbia delle
scimmie...o delle antilopi. Nel grammelot ogni tanto ci
sono parole indicative, ma il capire, individuare il tema è
dovuto ad intelligenza e il rapporto che c'è tra il giullare,
l'attore, e il pubblico, la fantasia. Ora, fantasia ne avete!
Devo dire che la velocità d'antenna che ha il pubblico
romano, non sto a blandirvi per carità... è veramente
eccezionale! Siete superati dai fiorentini e anche dai
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napoletani che addirittura ti precedono... si mettono a
raccontare loro... e tu SEI FREGATO! Noi lombardi
siamo un pò più gniucchi... abbiamo la testa schiacciata...
sono stati i Savona che ci hanno... non so se avete mai
visto il berretto che avéano nella... éra cossì (esegue)...
schiacciato! Allora, questo pezzo che cos'è "la morte del
potere", un grande personaggio che ha dentro l'allegoria di
un
potere
che
sta
andandosene
a
rotoli.
Molto
probabilmente éra stato scritto apposta per ricordare lo
sfranamento dei grandi nobili che ormai erano schiacciati
dalla borghesia progressista del tempo; è un pezzo legato
al 500. I vescovi, cardinali ecc... sono preoccupati di
tenere ancora vivo questo potere ma sentono che gli sta
sfuggendo... che sta sradicando. C'è una porta, della gente
entra, esce, ci sono preti, c'è gente con siringhe, acqua
calda, fredda, passa gente che non ha capito bene, che
entra a sproposito, lamenti, la vedova che piange... l'altra
che ride, quell'altro che viene fuori urlando, le liti tra di
loro,
lo
scannamento...
CHI
SI
PRENDERA'
IL
POTERE?... come sgraffignarlo, come sostituirsi, il
funerale,
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discussione sui soldi,
gli ultimi denari,
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insomma... LA DEMOCRAZIA CRISTIANA! L'avete
capito, no? M'è venuto in mente perché è proprio preciso
identico il canovaccio nell'indicazione, uguale preciso a
quello che sta succedendo oggi. E' difficile perché il
termine è la velocità di queste entrate, uscite... 'sta bolgia!
Ad ogni modo a soggetto si fa sempre, spero di fare... di
cadere in piedi come è successo ieri.
MISTE
RO BUFFO ROMA 11-12-89
BONIFACIO VIII-E’ STAMPATO.
NO
Mi ricordo una delle sue prime apparizioni che avéa
stordito tutti, ché avéa voluto far la messa a tremila e tanti
metri... C'éra una tormenta spaventosa,
poi
lo hanno
pregato di andar fuori, e ha salvato due o tre cani san
Bernardo che si sono perduti, con la fiaschetta qua, è
andato a raspare, éra l'unico che riusciva a muoversi...
Ebbene con questa papalina, che per mé gliela avvitano...
ha una vite qua TRAC... che se l'avvita da solo, oppure
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gliela dipingono fresca tutte le mattine... si mette cossì... e
gliela dipingono; e quel pirulino che gli spunta qua è suo
personale, anche da bambino, lui è nato cossì ...EHI
PIRULINO! Ché Wojtyla infatti in polacco vuol dire
pirulino. WOJTYLA! Beh,
lasciamolo lì questo uomo
straordinario dicevo, che niente ha a che vedere invece con
Bonifacio VIII.Bonifacio VIII si prepara alla funzione, i
chierici
tutti
in
torno
ripassano
i pezzi per
la
vestizione...Lui molto duro, arrogante, severo... ed ecco
che va in processione. Io canto, come naturalmente nella
chiave del canto religioso di Bonifacio VIII, un canto
antico gregoriano del X sec., ed è autentico. E' un canto
che è metà latino e metà, cossì di colpo... di Barcellona,
ecco ...Catalano,cossì di colpo non mi ricordavo più il
termine "catalano", catalano che proviene da Alghero,voi
sapete che ad Alghero parlano il catalano ancora oggi.
Ecco questo canto è autentico, dicevo, e voglio
sottolineare la straordinaria abilità con cui io riesco ad
emettere suoni, ma non è casuale, non è determinata
soltanto da una mia dote, no, è dovuta allo studio e
esercitata da bambino... io da bambino, è una cosa che vi
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svelo adesso per la prima volta, non l'ho mai detto, cantavo
in chiesa, ero proprio il ragazzino del coro. Poi mi hanno
dispensato,non perché non avessi più la voce adatta, ma
perché andavo a soggetto inventandomi delle parole che
mi piacevano di più...e al prete non piaceva. Va bene,
comincio senz'altro.
Bonifacio VIII si prepara per la funzione religiosa:
Canto gregoriano interrotto da: "el capelo", "el capelun,
quelo grande","BOIA DESGRASIAAA!!! l'è de fero!! deo
andare in guera a gueregiare!! Dame quelo leggero che
devo
andare
(cantato)
a
passeggiare"
"speciu...speciu,speciu" "guanto" "GUANTO!" "l'oltro,no
gò una mano sola no, vo m'là taje???
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BRANI IN PIU’
ed è stata la prima volta che gli iracheni hanno avuto il
loro pasto caldo, un pò bruciacchiato ma... Tutte le volte
che io mi ritrovo ad avere davanti una tragedia come è
stata quella della guerra, di istinto vado a vedere cosa
hanno scritto di situazioni analoghe gli antichi, e mi è
capitato quest'anno di trovare oltre che forse il più geniale
è Aristofane. Aristofane avéa scritto la bèllezza di quattro
opere sulla guerra in particolare "La Pace", magnifica, e
cosa ho ritrovato?... le cose di cui non m'ero accorto
quando lo avevo letto prima.I discorsi che fanno questi
uomini politici che cercano di coinvolgere Atene nella
guerra che è già iniziata ad opera di Sparta, sono gli stessi,
identici discorsi che abbiamo sentito fare dai nostri politici
"la pace è una cosa sacra e non bisognerebbe mai violarla,
ma in questo momento noi dobbiamo rompere ogni
indugio e unirci ai nostri alleati perché altrimenti facciamo
la figura dei soliti vigliacchi , femminucce, non abbiamo
dignità, bisogna diventare virili ecc.". Tutti i discorsi,
anche i luoghi comuni, soltanto che nella "La pace" di
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Aristofane c'è una personaggio che a un certo punto urla
"MI
AVETE
COMMOSSO!
SIETE
ARRUOLATI
TUTTI! e loro, questi politici, uno muore sul colpo, l'altro
ha un coccolone e rimane con la paralisi eterna, l'altro se la
fa addosso due scappano e tre svengono sul momento.
Pensate come sarebbe stato bèllo poter fare lo stesso coi
nostri uomini politici cioè alzarsi e poter dire "Vi
arruoliamo", per esempio Spadolini arruolato nei mezzi da
sbarco anfibi, lui proprio un mezzo da sbarco, sdraiato, i
marines sopra con la pagaia che vanno nel golfo... oppure
Giuliano Ferrara mezzo cingolato con sta' pancia
BOLUBLUBLU, con le bretelle da lancio TOCCHETA
per lanciare bombe, oppure Forlani, già mimetizzato
colore neutro paglierino color sabbia e sempre giallino tale
che nudo nel deserto non lo vedi più. FORLANI??? Non
c'è! Poi Craxi non c'è bisogno neanche di mettergli un
elmetto basta fargli una riga qua e lui è già corazzato. Poi,
mezzo
terroristico
di
persuasione
occulta,
Giulio
Andreotti, basta sollevarlo da una duna IIIHAAAA, tutti si
arrendono. Fra l'altro avete saputo che Andreotti stava per
partire la sera del bombardamento? Il giorno in cui hanno
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bombardato Bagdad lui alle cinque, prima non si sapeva
ancora che ci sarebbe stato questo bombardamento, lui éra
stato incaricato da tutti i ministri degli esteri europei e
naturalmente anche dai presidenti di tentare l'ultima
chance, cioè di recarsi da Saddam Husseim e di
convincerlo a nome dell'Europa ecc... e l'ha dichiarato lui
stesso. Alle sei éra a Ciampino con un aereo speciale che
doveva partire soltanto che gli hanno detto "fermi un
attimo c'è un piccolo guasto, un' inezia , è un bullone con
vite particolare che si ammollato e non troviamo come
sostituirlo immediatamente ma adesso lo mandiamo a
prendere, tempo due o tre ore ci siamo." All'una è pronto
per partire, lo vengono ad avvertire "no, onorevole, non si
può partire
perché Bagdad è sotto il bombardamento
ventimila tonnellate di bombe che stanno buttando gli
americani".Per un bullone, che se non ci fosse stato quel
bullone lui éra LA', a BAGDAD, con queste bombe che
arrivavano, non ce lo avrebbero restituito più; pensate a
che cosa è legata la storia di un popolo, a un bullone,
siamo scarognati sapete...una scarogna tremenda!! Ma la
cosa che mi preoccupa davvero, scusate se ve lo dico,e
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qui vi prego di credere che il mio è un patema terribile, è
la condizione particolare in cui si trova il nostro
presidente, sono preoccupato, ormai parla solo a ruota
libera non lo fermi più. Dice delle cose...io volevo oggi
portare il giornale dove dice delle cose sconclusionate
senza capo nè coda, torna indietro, va avanti, perde i pezzi,
ogni tanto fa dei tic terribili... Bisogna aiutarlo, non si può
lasciarlo cossì da solo. Sono preoccupato davvero, già dà
le medaglie ai fascisti, e fra poco chiede scusa all'MSI,
prima ancora che il giudice abbia dato la sentenza dice che
la P2 sono dei patrioti, anzi dovremmo iscriverci tutti alla
P2 se no siamo fregati. Ma la cosa che mi preoccupa
veramente è quello come ha cominciato con quel povero
giornalista della Roiter che avéa detto che l'Italia non avéa
grande importanza nel conflitto in quanto avéa partecipato
solo collateralmente, e lui s'è risentito e gli ha dato del
figlio di p.... poi ci ha ripensato dice "non dico neanche
che è un figlio di p....perché per essere un figlio di p.
bisognerebbe essere superiore, io andrei ad offendere la
professione più antica del mondo, che è appunto il figlio di
p.", roba dell'altro mondo... Un presidente che fa tutto un
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gioco sulle p. le loro origini, la loro storia, ha fatto un
saggio sull'origine dei figli di ... e delle p.... nella storia
dell'umanità. Ma porca di una miseria. E poi quando ha
incominciato ad insultare i giudici, già i giudici è un anno
e mezzo che li insulta, ma questi qua attraverso la
costituzione hanno stabilito che éra illegale entrare in
guerra, si è imbestialito, li ha chiamati vigliacchi, infami,
terroristi... gente che ha rischiato di saltare in aria trenta
volte, gli hanno fatto anche degli attentati... gli ha dato dei
terroristi. Poi dice "troppo comodo sbandierare la
costituzione da dietro una scrivania non esposta",... perché
ci sono le scrivanie "esposte" e ci sono quelle "non
esposte", ci sono quelle che vanno per la strada, avete
visto quante scrivanie vanno per la strada, uno pedala con
la scrivania...ci sono anche quelle che vanno sulla neve...
E poi dice "un conto è parlare dietro una scrivania e un
conto è da su una tolda di una nave di battaglia", infatti lui,
il presidente parla solo da su la tolda delle navi. Lui ha una
tolda costruita al quirinale, tutta con delle molle e ci sono
dietro dei corazzieri che gli danno il colpetto, lui è cossì...
poi ha un ventilatore da cinema, quelli col risucchio
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BOOAAAAAA
in
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modo che lui sia sempre in
disequilibrio come la niche di Sabotracia e ogni tanto c'è
un corazziere con un secchio d'acqua che passa
e
GNACCHETTA... CHE MARE OGGI!!! E lui parla solo
da lì.
 MILANO 20.O1.91
LA GUERRA NEL GOLFO-E’ STAMPATO
Io sono felicissimo che questo teatro sia cossì saturo,
esaurito di persone, in quanto sentivo proprio oggi in
televisione un'inchiesta sui teatri in Italia durante la quale
si diceva che i teatri in questo periodo hanno avuto un
crollo sul piano della presenza di pubblico perché
qualcuno si sente a disagio,qualcuno teme incidenti... ma il
fatto che voi siate qua mi riempie di soddisfazione anche
se nello stesso tempo sono angosciato come voi per la
paura che questa guerra si stia allargando.Ci sono state
persone che si sono risentite per il prologo che io in questo
periodo faccio, legato all'attualità, anche perché l'attualità
è il fondamento principale del nostro teatro; da sempre il
nostro obiettivo è di inserire quello che è la cronaca nel
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teatro e meno male che oggi possiamo parlarne
liberamente. C'è stato un tempo che il parlare a soggetto ci
éra impedito, addirittura abbiamo avuto denunce... c'éra il
questore o il commissario che stava in quinta per verificare
che quello che dicevamo corrispondesse al testo che avéa
l'imprimato di Andreotti allora, che éra ministro dello
spettacolo... e che verificava se eravamo apposto, se
avéamo proprio il timbro. Noi abbiamo avuto una cosa
come 40 denunce per gli svicolamenti e quando uno éra
risentito per quello che si diceva non stava neanche a
rimbeccarti direttamente, telefonava alla questura ,
arrivava immediatamente il commissario di turno, o se éra
in sala, saliva sul palcoscenico a verificare col copione.
Ora siamo arrivati ad un clima straordinario però, a
proposito della guerra e se éra proprio necessario entrarci a
piedi giunti, il presidente della repubblica Cossiga è
intervenuto l'altro giorno dicendo che è ora che noi si
diventi adulti... in poche parole nel nostro paese si può
polemizzare, dibattere però una volta che il governo ha
deciso di intervenire SILENZIO, NESSUNO ROMPA
PIU' LE SCATOLE, LASCIATECI LAVORARE! Credo
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che sia proprio il contrario di quello che è la democrazia,
il parlare sempre e il ribadire le proprie opinioni credo sia
il minimo.D'altra parte, e anche Andreotti l'ha detto questa
mattina, "E' ARRIVATO IL MOMENTO DI ... TACERE
E BASTA NON ROMPETECI LE SCATOLE!".E' da un
pò di tempo devo dire che succedono delle cose... per
quanto riguarda il nostro presidente della repubblica, lo
sottolineano tutti i giornali devo dire, anche Montanelli,
che addirittura è arrivato a dire che ha bisogno di uno
psichiatra... io non sono d'accordo, dico che è dovuto al
nervosismo come quando ha incominciato ad insultare i
giornalisti i giudici dicendo che erano dei venduti, dei
bottegai, dei giornalisti ha detto delle cose ignobili, che
sono degli infami... Ad ogni modo il fatto particolare è
incominciato quando gli è sfuggito " PER L'ITALIA SI
PUO' ANCHE MORIRE"... che a mé è venuto subito un
brivido lungo la schiena, mi è venuto subito in mente
quando da ragazzino mi insegnavano " CHI PER LA
PATRIA
MUOR
VISSUTO
E'
ASSAI"
tarappappappete... D'altra parte è la stessa frase lanciata da
Frankestain, voi sapete chi è Frankestain ...
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Saddam
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Hussein è veramente il classico Frankestain, che non è
nato cossì da solo ma è stato inventato da noi NOI LO
ABBIAMO CREATO! Io mi ricordo gli applausi quando è
partito contro Komeini... FANATICI!! Invece lui avéa i
piedi in terra... quando ha detto tre giorni e Komeini è
fottuto ARMI! Gli abbiamo dato le armi noi! Lo abbiamo
allenato noi, gli abbiamo insegnato come si fa la guerra...
NOVE anni è durato e adesso dimostra che ci sa fare. Lo
diceva oggi quel generale di cui i storpio sempre il nome,
diceva "ma scherziamo, non abbiamo mica a che fare con
un cretino... nove anni che... l'abbiamo allenato noi,
AVRA' IMPARATO QUALCOSA!! Per forza non ha
tirato fuori ancora le armi , perché diceva ma perché non
intervenite, perché non lanciate nel deserto i vostri marines
e la facciamo finita. La borsa avéa avuto una euforia
incredibile, eravamo arrivati a guadagnare quattro punti,
cinque punti... e adesso cosa aspettate, dice, NON SONO
MICA IL GENERALE KUSTER IO, io fin quando non li
ho spianati, ammorbiditi"... non si dice massacrati, si dice
ammorbiditi ... guardate che il lessico di guerra è
straordinario. A parte che non si dice "andare il guerra" ma
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"compiere un'operazione di polizia", ce l'ha insegnato
Andreotti. La mia preoccupazione è questo atteggiamento
che hanno quasi tutti i giornali "chi non è per la guerra è
una femminuccia, un disfattista, in fondo un mammone
uno che fondamentalmente è VILE! Insomma un uomo
vero, coi muscoli , col coraggio è subito per la guerra...
interviene per l'onore, per l'orgoglio di una nazione che
non può sempre rimanere assente davanti ai fatti". Quello
che è successo esattamente a Kabul quando ad un certo
punto i russi sono entrati con le truppe e l'ONU avéa detto
alla stessa maniera BISOGNA INTERVENIRE! NOI
ITALIANI SIAMO INTERVENUTI! E subito Andreotti
dice "BISOGNA PARTIRE" manco una piega!! Cossì ad
esempio per il fatto della Palestina... gli interventi
dell'ONU per far rispettare le leggi internazionali e la
libertà e la dignità di un popolo riguardo la Palestina sono
la bèllezza di diciotto! Ma neanche han fatto UH UH
neanche! E quando questo frankestain ha
ammazzato
cinquemila persone in venticinque minuti, cioè le ha
asfissiate col nirvino, donne, bambini, BRACCHETA! C'è
stato l'ONU che ha detto... EH NO! EH NO! E tutti noi
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abbiamo detto bisogna partire bisogna bloccarlo...
NIENTE!
Questa è una guerra per il petrolio, lo abbiamo visto nel
gioco del salire delle azioni riguardo a quella situazione...
stiamo
combattendo
dell'interesse,
del
per
il
vantaggio
problema
e
via
del
prezzo,
dicendo
e
a
dimostrazione c'è un fatto di cronaca: la televisione ha
fatto un inchiesta sul fatto che la gente non gira più con
tanto entusiasmo per le balere, per i night, per i luoghi di
divertimento e veniva mostrata una balera moderna
completamente vuota e il padrone diceva " la gente non ha
voglia, non viene a ballare e a divertirsi... ce n'erano
quattro li ho fatti entrare gratis ma non avéano voglia" e lei
cosa dice "E' UNA GUERRA SCHIFOSA".
C'è un'altra cosa che mi ha angosciato a proposito del
valore di certe frasi, io a malapene ne parlo perché ci sono
di mezzo due piloti che fra l'altro sono di una compagnia
di cui ho visto alcune esibizioni e sono tra i più preparati
tecnicamente a livello mondiale, tant'è vero che hanno
battuto in sfide sull'abilità di colpire un bersaglio, volo in
quota ecc... anche gli americani e perfino gli isdraeliani. Il
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presidente della repubblica ha detto "buon viaggio, buon
lavoro, fatevi onore" GGGNNNACCC, la sfiga fino in
fondo. Scusate, forse qualcuno di voi dirà che sono
cattivo, ma io temo che QUELLO LI", non bisogna
neanche nominarlo... MENAGRAMO!!! Ha detto siamo
adulti ... POMPETA! Che quello parte ... "il carrello!!!
Porco cane!"... e in volo subito turbolenza atmosferica... ci
sono mille e cinquecento aerei fra inglesi e americani che
vo tranquilli NO! c'è una nube schifosa
con scritto
PRESIDENT! Le "vacche" si chiamano, questi aerei che
contengono benzina in quantità e che tranquillamente con
una pompa che va a finire nel serbatoio dell'aereo... l'aereo
va, ritorna indietro, gli danno ancora un pò di benzina...
OH! la prima volta nella storia che si spacca tutto TUM
BOOORLOCHE, uno solo che prende e poi non torna
OHHH! Io non dico più niente, ma non lo nomino più! E
imparate a farlo anche voi!
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Stagione Teatrale 1990/91
Dario Fo in MISTERO BUFFO
Questa sera il Mistero Buffo viene recitato anche a Londra
in lingua arcaica del Galles, a Barcellona da da un attore
dei Comediants in catalano, naturalmente, nella prigione di
Norfolk, in lingua scozzese, da un condannato a 20 anni, a
Bolzano da un attore svizzero di Berna, in Jugoslavia, a
Zagabria in croato, negli Stati Uniti da un famoso
fabulatore negro, in Argentina da Carlos Jampos, in
Bolivia da un attore indio, in Israele sia da un attore
palestinese che da un israelita...e potremmo continuare per
qualche pagina con l'elenco, ma non vogliamo strafare...e
non c'è neanche bisogno di commento.
"Mistero" è il termine usato già nel II° e III° secolo dopo
Cristo per indicare uno spettacolo, una rappresentazione
sacra. Ancora oggi, durante la Messa, sentiamo il
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sacerdote che declama: "Nel primo mistero glorioso...nel
secondo mistero..." e via dicendo.
Mistero vuol dire, dunque: rappresentazione sacra.
Mistero buffo vuol dire: spettacolo grottesco.
Chi ha inventato il mistero buffo è stato il popolo.
Fin dai primi secoli dopo Cristo il popolo si divertiva, e
non éra solo un divertimento, a muovere, a giocare, come
si diceva, spettacoli in forma ironico-grottesca, proprio
perchè il teatro , specie il teatro grottesco, è sempre stato il
mezzo primo d'espressione popolare, di comunicazione,
ma anche di provocazione e di agitazione delle idee.
I giullari recitavano nei mercati, nei protiri delle chiese,
nei cortili e, qualche volta, addirittura dentro le chiese.
I giullari, e più tardi i comici dell'arte, sono gli inventori e
i perfezionatori del grammelot, termine di origine francese,
coniato dai buffoni-clown-giullari.
I comici dell'arte lo usavano a piene mani, perchè costretti
sia dalla situazione di viaggiatori in mezzo a lingue
diverse, sia dalle leggi censorie che imponevano loro di
non recitare in lingua: al massimo mimare e articolare
suoni senza senso compiuto.
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Grammelot sta a significare, appunto, gioco onomatopeico
che è in grado di trasmettere, con l'apporto di gesti, ritmi e
sonorità particolari, un intero discorso compiuto.
Dalla tradizione dei comici dell'arte sono giunte a noi
storie di esibizioni di grandi interpreti del grammelot.
I brani più famosi sono: "La fame dello Zanni,
"Arlecchino che beve la pozione magica" (entrambi in
grammelot bergamasco), "La lezione di Scapino" (detta
anche di Moliere), evidentemente in grammelot francese.
Esiste anche un "Grammelot dell'Avvocato inglese",
caricatura
con
sproloquio
di
tipo
anglosassone-
magniloquente, eseguita dai comici del XVII° secolo.
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MILANO 20.01.91
DISCORSO
DEL
GRANDE
TECNOCRATE
IN
GRAMELO' AMERICANO- E’ STAMPATO.
Io e Franca avéamo pensato di realizzare il solito schema
di "mistero buffo" riguardo il gramelò: "la fame dello
Zanni", poi quello francese legato a scapino e a Molière e
poi quello dell'avvocato inglese che difende lo stupratore.
Sono tre forme diverse ma legate allo stesso spirito, cioè
d'ironia e di satira e soprattutto legate al potere, la
spocchia di ogni potere quando esprime violenza. Ecco si
trattava di realizzare questi due brani di cui il primo,
quello francese, vede Scapino che insegna la tecnica di
gestire il potere al giovane signore che è rimasto orfano ed
è un banchiere. Scapino comincia con la descrizione della
parrucca , delle vesti, del mantello e dell'incedere, del
camminare, con un passaggio riguardo trine e i merletti
che portavano i signori, cossì ampi e cossì sparsi per tutto
il corpo, per cui avéano trine che uscivano ecc... per cui
quando andavano a fare pipì non riuscivano poi ad usare
l'estrazione... del mezzo adatto, uscivano soltanto merletti,
se la facevano addosso ma con grande dignità... per cui
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esisteva questa stupenda camminata, nata proprio allora,
dell'aristocratico. Il linguaggio éra il gramelò francese, di
cui esistevano soltanto tre termini: parucche,manteau, e,
dentelle, tutti gli altri erano termini inventati ed éra molto
bèllo vedere che
in Francia pensavano che fosse un
particolare linguaggio del cinquecento che éra sfuggito
alla loro memoria e alla loro conoscenza. Poi c'éra quello
in inglese. Ma Franca mi ha suggerito di riprendere un
tema legato a vent'anni fa, cioè alla guerra del Vietnam e
ci fu un importante personaggio di origine tedesca che
avéa studiato i primi razzi a lunga gittata, i quali poi
saranno inseriti in macchinamenti incredibili, che in un suo
discorso all'università avéa dichiarato che lì stata
l'avvenire anche spirituale degli uomini, che gli uomini
avrebbero cambiato il modo di essere, di esistere, la loro
morale si sarebbe trasformata in conseguenza dell'alta
tecnologia, cioè l'uomo diventava soggetto alla propria
macchina, alla propria invenzione, alla robotica ecc...
Questo stava ad indicare che il Vietnam sarebbe stato
schiacciato inesorabilmente da questi armamenti, che
avrebbero determinato una velocizzazione dei conflitti,
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cioè la guerra come partiva éra già finita grazie a questa
straordinaria importanza, cosa che non è stata cossì. Io ho
pensato di riprendere lo stesso tema che è di un'attualità
incredibile. C'è questo grande tecnico, e voi dovete
sforzarvi di immaginare di essere a vostra volta della gente
a conoscenza delle terminologie, immaginate di essere la
platea di quella volta che ascolta questo discorso forbito
ricco di questi termini particolari. Questo simpatico
tecnico descrive la tecnologia della robotica, dei computer,
lo svolgimento del cervello meccanico ecc... poi va a
semplificare la nascita dei grandi macchinamenti di guerra,
partendo addirittura dai primordi, da quando l'uomo ha
cominciato a capire che doveva fare qualche cosa per
volare, gli incidenti, poi arriva il motore a scoppio degli
aerei, lì veramente è il colpo di fulmine, lo scatto, fino agli
aerei
con
razzi
e
macchinamenti
straordinari,
completamente robotizzati e diretti al di fuori del pilota, il
pilota è soltanto un supporto allo svolgimento di un'azione
con tutto quello che consegue. Io uso il gramelò, cioè
fingo di parlare inglese, meglio un americano colto da
tecnocrate, tecnologico e voi capirete tutto di questo
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discorso, a meno che non ci sia qualcuno che conosce
molto bene l'inglese, l'americano e la tecnologia. Questo è
pericoloso perché cercherà di intendere e di seguire parola
per parola quello che vado dicendo e si perderà nel nulla,
invece coloro che non conoscono assolutamente l'inglese,
se seguiranno la propria fantasia, immaginazione e intuito,
capiranno tutto e spiegheranno quello che io dico a quelli
che conoscono l'inglese. Questa sera è il trionfo
dell'ignoranza.
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PRESENTAZIONE
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DEL
TECNOCRATE
1976-E’
STAMPATO.
Come si usa... è stato usato l'antico, si può usare il
grammelot nel teatro legato alla qualità. Anzi parlare delle
cose più vicine a noi anche in senso drammatico... parlare
di guerre, parlare di macchine, parlare di rumori che ci
sono addosso, che ormai abbiamo nella testa, nella
memoria e che sono linguaggio, sono parola anche
quello... sono grammelot. Io mi ricordo... sono stato una
volta ad una lezione di fisica superiore e ho sentito per
tutto il pezzo parlare in grammelot... Ecco il personaggio
che mi porta al grammelot attuale: è un fisico matematico,
uno scienziato, un grande tecnico veramente di classe
internazionale di origine tedesca però vive da molti anni in
America e qualcuno lo chiama Braum. E' un soprannome,
non ciarli, è un altro questo grandissimo tecnico
scienziato... tiene una lezione, un corso per altri scienziati
e dimostra come le macchine, l'evoluzione dal primordiale
che ha intuito, capito, sviluppato, sono arrivati armai al
punto tale da essere il centro della terra, sono il cervello, la
macchina, la vera potenza, la mano che tiene il mondo.
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C'éra un certo Kissinger, un imitazione di Sordi lo sapete
benissimo... Questo Kissinger
ha detto una frase
abbastanza robuante " i nostri mezzi, la nostra tecnica... il
livello che abbiamo raggiunto... voi vedrete... domineremo
il mondo". La moglie dice basta... ma lui éra convinto... e
l'altro, il pensionato Nixson e il prossimo pensionato Ford,
anche quelli, tutti e due, erano lì vicini e Nixon ha detto
"APPLAUDI!2 e Ford... (batte le mani). E non so se avete
visto l'espressione vera di Ford, quello che scende dagli
aerei... che arriva l'aereo... subito FERMA FERMA... ché
non è quella la scala e lo tengono indietro e poi quando c'è
la scala...c'è la scala... si può andare TUM TUM TUM
BUTUM BUTUM BUTUM AH AH AH. E qui a Roma
quando arrivò, l'interprete dice il presidente... éra lì ... il
presidente... e lui ha dato la mano all'interprete...
"piacere!" "no! E' quello!" e si è nascosto dietro la signora
Leone... mi perdo sempre... faremo un pezzo in meno
questa sera...no, no, sul biglietto ci sono tutti... uno
cancella ogni pezzo che faccio dice "quello l'ha fatto??"
"va beh! Adesso vediamo, vediamo un pò se li fa tutti!
Perché tutti li voglio stassera, sono qua... contratto"...è che
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io non mi ricordo più dove eravamo... Ma si! Eravamo
all'arrivo di Ford, no Kissinger c'éra un'altro, un tale... un
maoista di quelli tremendi, proprio fissati, un certo Tel
Tunc, il quale invece diceva " è vero noi abbiamo meno
tecniche, abbiamo meno mezzi, siamo indietro di anni di
ricerche, abbiamo commesso diversi errori, siamo degli
arretrati, siamo al periodo della pietra rispetto a voi in
quanto a scienza tecnica ecc... ma noi abbiamo un grosso
vantaggio che in ogni nostro lavoro mettiamo sempre
L'UOMO AL PRIMO POSTO!" Ecco ... Oh Dio!
Basterebbe l'esempio del Vietnam, una frase di questo
genere Ocimin poteva averla detta lui tranquillamente ... e
l'ha dimostrata soprattutto... e si sa tutto quello che è
successo nel Vietnam con tutta la grande tecnica, le
invenzioni, le infamità, l'aver bruciato terre che ancora
oggi non danno raccolto e non lo daranno per anni,
qualcuno dice per secoli!! Acque addirittura svuotate del
loro elemento fondamentale... sono acque morte!! Anche
qui per secoli hanno defogliato, hanno bruciato, hanno
inventato macchine incredibili... suoni che facevano
impazzire il gas TUTTO HANNO ADOPERATO! Poi alla
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fine la valigia! Non so se avete notato, ma questo gesto la
fanno già anche qua EH EH! Avete visto con Umberto che
dice " Ma dove andate, ma no!Rimanete... state qua, la
Iuventus vince... neanche la Iuventus non vince più, gli va
tutto male...
Allora il grammelot del tecnico americano che spiega
come si arriverà a guadagnare tutto... e alla fine il
risvolto... lo capirete benissimo! Noterete la grande
differenza tra l'inglese del 500 e questo americano.Io so
che voi che siete sottili avrete molto piacere. Ah come
capisco!
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PRATO 25. 5 91 SITUAZIONE DI
GOVERNO-E’
STAMPATO
Lo
spettacolo
è
Mistero
Buffo
un
genere
di
rappresentazione che viene dal medioevo, "mistero"
significa rappresentazione, sacra in particolare e "buffo"
significa grottesco, è chiaro da sé solo. Prima di entrare in
merito al Mistero Buffo vero e proprio io, come facevano
del resto i giullari che lo rappresentavano, prendo il
pretesto per parlare della situazione che viviamo, anche
per introdurlo su un livello non distaccato nel tempo ma
che sia attuale, legato ai nostri tempi. Una delle
osservazioni che devo fare subito è una delle più bèlle
battute che ho sentito nei tempi, credo che è da eleggere la
più importante in questo secolo quasi... a proposito della
situazione del governo. Avete visto che questo governo è
stato una delle più grosse beffe mai viste, e l'unica
situazione di ricambio, invece delle riforme, hanno
cambiato l'assetto strutturale, cioè i repubblicani sono stati
messi da parte e da chiunque partito è diventato
quadrupede come ha detto qualcuno. Ora questo governo
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nato con questo scarto ha determinato una frase veramente
straordinaria da parte del responsabile
del partito
repubblicano La Malfa, il quale ha già un padre La
Malfa... UGO! Questo La Malfa ha dimostrato di essere
l'uomo più candido che esista in Europa perchè ad un certo
punto ha dichiarato "CREDEVO CHE ANDREOTTI
FOSSE UN UOMO ONESTO!" Uno che vive da quando è
nato vicino a questo governo e che non si rende conto...
insomma è veramente DA FUCILARE!! QUA AL
MURO! "Lei ricorda suo padre che éra già con Andreotti...
anche il nonno éra già con Andreotti... ancora con il
governo di Giolitti c'éra Andreotti che portava la
cartellina... già un pò curvo, cominciava già allora , con le
palette di direzione.
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B O N I F A C I O VIII
MANCA
LA
D A T A- E’ STAMPATO.
NO
Andiamo a Bonifacio VIII. Bonifacio VIII éra un figlio di
buona donna che non finiva più, ne avéa fatte di tutti i
colori, avéa rubato, massacrato, bruciato, raso al suolo
città, organizzato spedizioni punitive, torture, tutto avéa
fatto! Avéa perfino rapito il seggio pontificio, l'avéa
fregato ad un altro... sapete Celestino, anima dolce éra
sceso dal convento "Vieni a fare il papa" "No, grazie" "Ma
si, vieni"... e poi l'avéa terrorizzato, più o meno gli avéa
fatto "Cretino quando... ehm... CLOC" più o meno, un pò
in sintesi ma è cossì. Fece stragi, massacri, distrusse città
tipo Tortona e soprattutto organizzò anche all'estero, éra
conosciuto anche all'estero. Il movimento primo che
conosciamo dei tessitori, dei muratori insieme dei
contadini, quelli delle Fiandre, organizzato per combattere
contro lo strapotere dei padroni del tempo. La nascita di
una borghesia mercantile che avéa attraverso le proprie
corporazioni strozzato ogni possibilità di azione di tutti
quelli che facevano mestieri cossì detti minuti , un pò
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come la storia che precede quella dei ciombi, quella dei
senza braghe e quella del bruco, cioè tutte le lotte italiane
dei tessitori, e come vedremo poi, di fra Dolcino. Questi
tessitori si organizzarono con tanta forza e soprattutto
ragione, coscienza, che riuscirono a stangare il più grosso
esercito che fosse stato messo in campo di quel periodo. Si
trattava addirittura dell'esercito de Speron d'Oro. Gli
Speron d'Oro erano tutti cavaglieri nobili, gente nata per
far la guerra, professionisti della guerra, talmente ricci e
importanti che ognuno si éra messo speroni d'oro
massiccio... qualcuno va beh, éra d'argento dorato ma non
stiamo a sottolineare. Gente di guerra, nata per la guerra...
presero una legnata, un esercito completamente distrutto...
da chi?? Dai tessitori operai d'accordo con contadini ,
gente che non éra abituata a far la guerra. Ma le trappole ,
l'ingegno, le invenzioni, la scaltrezza, le trovate che
ebbero, sono degne di un film comico. Circa diecimila
morti durante questa battaglia, quasi tutti di parte
padronale. Bonifacio VIII venne a sapere la notizia nella
notti di natale del 1200, avéa sovvenzionato questo
esercito... c'erano i borbunghi dentro, c'erano i re di
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Francia, e anche, naturalmente, i nobili fiamminghi,
c'erano gli inglesi, i bretoni ecc.. ecc... Un esercito
colossale! Soldi ce n'erano dentro! Quando lo venne a
sapere ebbe un coccolone. La notte di natale arrivò
velocissimo qualcuno a cavallo. Éra un nobile che si éra
salvato dalla strage, arrivava dalle Fiandre, avéa sfiancato
tre o quattro cavalli, non dormiva da giorni e giorni, arrivò
a Roma, suonarono le trombe, entrò impolverato,
inriconoscibile, grondante di sudore ed anche di sangue si
buttò ai piedi di Bonifacio VIII che si éra appena alzato...
avéa un camicione con un ventre pieno di cibo e di vino...
éra a letto con sua moglie... éra sposato civilmente, tutti lo
sanno... non si poteva sposare in chiesa. Questo cavagliere
si buttò ai piedi di Bonifacio e Bonifacio appena ebbe la
notizia, digrignò i denti, cercò di bestemiare TOC... rimase
bloccato, gli prese un coccolone, come dite voi a Roma, e
non si mosse più. Una leggera bava gli scese dalla bocca,
strabuzzò gli occhi, lo presero, lo portarono via ingessato.
Tutte le domeniche da quel tempo a cinque anni prima del
giorno della sua morte, lo portavano alla mattina della
domenica e delle feste comandate al balcone perché desse
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la benedizione ai fedeli... gli tiravano su il braccio, c'éra un
tecnico venuto dall'estero e via... vita piena di interesse per
cinque anni. Però prima di arrivare a quella condizione
avéa raso al suolo Cortona, cose che non studiamo a
scuola. E la cosa che mi ha meravigliato quando sono
andato a leggere questa storia dell'assedio di Cortona
messo in piedi dal papa... progressista, non dico
rivoluzionario, di questa popolazione che voleva dignità,
voleva diritti, voleva gestirsi in proprio... sugli spalti chi
trovo?
Jacopone
da
Todi....................................................................................
Un'altro grosso ribèlle, addirittura rivoluzionario, anche se
grottesco del nord, éra Ségarello da Parma. Ségalello o
Ségarello, come volete, il suo vero nome di famiglia éra
Ségalello da Parma, ma siccome all'inizio della sua
carriera di predicatore avéa una verve incredibile, avéa un
chiodo fisso... éra molto giovane, poi cambiò e capì come
stavano veramente le cose, ma un chiodo fisso... nei suoi
discorsi ogni tanto incominciava a dire "Guai a voi
cristiani che pensate al sesso e alla fornicazione e nei
vostri pensieri e nei vostri sogni ci sono sempre gli
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amplessi, uomini e donne che siete uno contro l'altro
abbracciati, carne nella carne... CHE E' PECCATO! Voi
nell'inferno soffrirete..." Oh la miseria! Al che il popolo
l'ha chiamato SÉGARELLO da Parma. Da Ségalello...
Ségarello. Lui accettò il gioco, éra diventato uno
straordinario giullare, un provocatore, per far prendere
coscienza alla gente andava, per esempio, in mezzo ai
contadini e incominciava "Ehi contadino, è bèlla la vita , il
sole, miracolo, tu sei la mano di Dio, per Dio, senza di té
saremmo tutti morti, affamati, a strascicare, a mangiare
radici, e tu ci dai da mangiare, il sole. A proposito del sole,
stai attento che sta venendo giù in verticale che ti spacca la
testa, vai sotto la pianta e riposati un pò che già hai
lavorato, è dall'alba che lavori, per Dio, guarda che
bèllezza, hai arato, seminato, concimato, hai potato, c'è da
mangiare per té, per la tua famiglia... e anche per mé,
quando ti vengo a trovare, grazie.... Eh?? Non m'invita,
non m'invita? Come? Devi lavorare ancora??? Perché, per
chi?? Altra terra devi arare... ma... per il padrone???
Questa è bèlla! Padrone di chi... della terra... ah! c'è un
padrone della terra! La terra è di un padrone, bèlla questa!
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Non l'avevo mai sentita. Io avevo letto la bibbia e non ho
mai trovato che una volta il padreterno abbia consegnato
un pezzo di terra a Tizio piuttosto che a Caio...
COGLIONE, T'HAN FREGATO!! Il padrone è un
furbastro di sette cotte, è arrivato prima di té lì, ha messo
un paletto qua, un paletto là... da qui a là è mio, anche da
qui a là è mio, anche lassù fino al fiume ed anche dopo il
fiume è mio. DIO MÉ L'HA DATO E GUAI A CHI MÉ
LO TOCCA! Dio si! Guarda qua il contratto, mé lo ha
firmato lui... come no... sai leggere tu? NO??? Allora cosa
parli! COGLIONE LA TERRA E' DI CHI LA
LAVORA!!!". Pensate, nel medioevo andare in giro a dire
ai contadini "la terra è di chi la lavora", è da deficienti... da
pazzi andare a dirlo ancora oggi ai contadini, pensate nel
medioevo. E l'hanno beccato e l'hanno bruciato vivo e con
lui tutta la sua banda di predicatori detti insaccati. Si
vestivano soltanto con un sacco, gli tagliavano gli angoli...
qui per la testa OPLA! Camiciola e via. Uno solo si salvò
della banda... frà Dolcino. Frà Dolcino non éra per niente
dolce e gentile, se non altro nell'aspetto, éra un gigante,
una montagna, un "armadio con la testa", diceva un
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cronista di quel tempo, e fu la ragione, dice un'altro
cronista, che si salvò frà Dolcino, perché nessun sbirro
ebbe il coraggio di andare ad arrestarlo, potete vederlo da
voi: "FRA' DOLCINO SEI IN ARRESTO!!" "EH???"
"EHM, LA STRADA PER MODENA SCUSI???". Frà
Dolcino si salvò, andò nel trentino, conobbe Margherita da
Trento che divenne la sua donna, una donna straordinaria,
intelligente, i cronisti di parte avversa dicono addirittura
che fosse la più bèlla donna che si fosse vista in Italia in
quel tempo, e con coraggio, con una testardaggine,
soprattutto una perspicacia nelle situazioni. Incredibile!
Insieme andarono e con altri cossì... sobillatori oggi
diremo...provocatori, gente un pò sbandata... andarono
fino in Croazia. In Croazia mossero la presa di coscienza
di molta gente poi vennero ancora in Lombardia
esattamente a Romagnano Sesia, vicino a Novara, vicino a
Vercelli anche che éra la patria di frà Dolcino. In quella
zona c'éra stato già qualche fermento. Quando arrivò frà
Dolcino ci fu addirittura una ribèllione, potremo dire una
rivoluzione senza sbagliare in eccesso. Tutti i tessitori,
rieccoli i tessitori, gli operai organizzati insieme ai
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muratori, agli artigiani, ai contadini della zona cacciàrono
via i grassi borghesi che attraverso le corporazioni
cercavano di soffocare, sfruttare fino in fondo questa gente
che lavorava con le braccia, fatto stà che organizzarono la
prima comunità che si conosce nella storia. Si chiamavano
tutti fra di loro Comunitari. E' la prima volta che troviamo
la credenza per intiero. La credenza è quell'armadio che
abbiamo in cucina tutti quanti, in tutti i paesi d'Italia,
perfino all'estero, in Francia per esempio, in Spagna si
chiama credenza o con altri termini, ma hanno sempre le
stesse radici. La credenza, che viene da credere, credere
in... credenza nella comunità di S. Ambrogio, ecco una
delle prime organizzazioni comunitarie. Questi comunitari
tenevano come fisso per tutti quanti questo enorme, ideale
armadio nel quale si metteva tutto il mangiare, tutto il
raccolto, tutto quello che si éra prodotto e tutto veniva
distribuito, attenti, questo è il particolare importante, non
secondo di quello che uno avéa dato ma a secondo di
quello che uno avéa bisogno. Se uno avéa dato per dieci
persone e avéa bisogno per se solo, riceveva per se solo.
Ancora una cos a importante è il rapporto fra l'uomo e la
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donna nella comunità di frà Dolcino. Le donne e gli
uomini si trovavano per la prima volta alla pari. La donna
ha gli stessi diritti e doveri degli uomini. Badate bene in un
tempo in cui come si pensa ancora adesso, non è ancora
stata cancellata questa forma... sapete bene che i dotti della
chiesa, i santi padri della chiesa avéano decretato che
l'anima nelle femmine entra quasi tre mesi dopo l'entrata
dell'anima nel maschio. Sto dicendo quando è feto nel
ventre della madre, arriva l'anima... è maschio, è maschio
PLUF... arriva l'anima... dice è femmina, io non ci vado ah
no... e determina che dobbiamo amare le nostre donne con
dignità. Amiamole come uomini! Amiamole come esseri
umani, non come femmine.Ora un simile modo di vivere
avéa fatto interessare moltissimi contadini, servi della
gleba, operai e via dicendo, che arrivarono proprio a fronte
di quella zona e i padroni incominciavano a preoccuparsi,
vedevano i contadini e gli operai sgusciar loro di mano,
non potevano più sfruttarli, li rincorrevano, andavano a
prenderli e organizzavano delle spedizioni punitive. La più
grossa fu quella organizzata dal conte del Monferrato il
quale riuscì a beccare un centinaio di comunitardi vicino a
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Prato Sesia, li portò a Novara dove c'éra la Roccaforte
appunto del conte e il reggente di questa roccaforte
appunto éra l'arcivescovo di Novara, suo cugino, che
diede ordine di prendere tutti questi comunitardi e far
tagliare loro mani e piedi, mozzarli e poi sconciarci a
quella maniera, ridotti a tronconi furono messi sul dorso di
muli, cavalli e asini e mandati, legati come salami alla
volta di Romagnano Sesia. Quando i fratelli di questi
sconciati videro questo orrore, non bestemiarono, non
insultarono, partirono in silenzio ma con una rabbia
tremenda, dice una canzone di quel tempo che le
montagne, i fiumi, le pietre e gli alberi si mossero insieme,
con tal slancio arrivarono a Novara, entrarono al primo
slancio, beccarono tutti gli sbirri, li ammazzarono e un
cronista del tempo racconta che al tramonto si vide il
vescovo di Novara con il suo grande mantello, la cappa, il
cappello, il pastorale, il grande libro d'oro, salire pian
piano verso il cielo, controluce, lentamente e qualcuno
notò che c'éra una corda che lo aiutava... la repressione fu
tremenda, ci fu un massacro, ma il massacro fu all'inizio
proprio per gli imperiali, per gli uomini del papa ecc...
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perché le trappole che organizzarono un'altra volta i
dolciniani furono qualche cosa di sorprendente. Per due
anni ne presero di santa ragione, poi incominciàrono a
capire la lezione, a organizzare e a girare, fatto stà che
dopo tre anni furono beccati proprio sul monte Rubèllo,
monte dei ribèlli, si chiama ancora oggi cossì, e messi in
piazza e squartati vivi, tanto Margherita da Trento che frà
Dolcino e tutti gli altri. Ora ci riempie il cuore, ci sentiamo
fremere e devo dire che da un pò di tempo siamo
bravissimi ad applaudire e commuoverci davanti alle storie
che appartengono al passato, "i nostri padri si sono
sacrificati ma per Dio NE VALEVA LA PENA!!" Bravi!
Bravi! E applaudiamo. Poi per quanto riguarda noi ci sono
dei livelli per cui bisogna stare attenti. Va mediato. La
posizione storica non è un'attualità concorde con quello
che sono i risultati internazionali. Quello che io vi ho
raccontato naturalmente sui libri di testo di scuola non c'è
niente, e io ho raccontato molto veloce ma è logico, mica
son fessi i professori, i ministri ecc..., andare a raccontare
nei libri di testo... Frà Dolcino éra già un uomo
straordinario, il primo rivoluzionario che lega le lotte di
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classe alla religione cristiana primitiva... la prima forma di
comunismo ecc... VIVA FRA' DOLCINO, gridano subito i
ragazzini eccitati ABBASSO IL PAPA! Ed è pericoloso
perché è offensivo per un papa come quello che abbiamo
oggi... scherziamo... no, no, non sto scherzando perché
dico, oh, quello éra uno zozzone ma il nostro è delicato e
soprattutto devo dire spiritoso... Eh? No??... Il fatto della
bicicletta voi non l'avete seguito? Merk, il corridore
fiammingo, dopo tante vittorie è arrivato... la cosa più cara
che avéa...è arrivato su coi calzoncini... e davanti al papa
ha detto "Padre accetti la cosa più bèlla che ho" e lui non
ha detto "no, grazie non pedalo"... un altro papa... "no,
l'accetti"
"Non
pedalo!"...
"GRAZIE,
BÈLLA!",
spiritosissimo, però per mé lui è stato ingenuo perché è un
candido, perché Merk è fiammingo... vuoi vedere che c'è
sotto tutta una cosa atavica di odio verso i pontefici per via
che suo nonno, bisnonno éra tessitore anche lui ... e allora
se io gliela... infatti guardate bene la bicicletta, adesso non
è una malignità a vuoto, la bicicletta ... è forse una
bicicletta di strada quella che gli ha regalato? NO! E' una
bicicletta da pista... sono senza freni... la malignità...
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quello va a Castel Gandolfo, poi viene su... troppo! Ma
capite ancora prima che ve l'ho scritto! Lasciatemi almeno
la soddisfazione di dire qualchecosa!... E vede tutto il
nastro della strada che va giù "oh che bèllo... io quasi
quasi ci vado... ", di nascosto perché non vogliono che lui
vada fuori in bicicletta... i preti... "guai se ti vedo eh?" e lui
fuori OPPLA!... La mitria con la visiera... con sotto scritto
FIAT... adesso sappiamo che corre per la Fiat, c'ha un bèl
ingaggio anche... per tutte le lezioni... insomma... e via.
Insomma fate voi a vostra fantasia, io non metto piede,
però la cosa veramente ... e qui non scherziamo... l'altra
commovente è stato il gesto generoso, veramente di grande
calore, quando è sceso tre anni fa dentro la galleria , il
tunnel che avéano fatto per l'autostrada del Sasso, sasso
d'Italia , no... Gran Sasso d'Italia, che hanno bucato...
voraggine dentro... che non si sa dove siano finiti... il
ministro dice "adesso vengono, vengono fuori... son qua
TUM TUM... dove siete? Dove siete?" Chissà dove sono
andati a finire... ebbene lui è sceso... notte di Natale, a dire
la messa per i suoi operai, lì in questo antro... una cosa
incredibile! Perché se uno non crede al diavolo ci va... col
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suo lanternino... oh, ma quello si è messo il caschetto da
minatore bianco e giallo, due chiavi qua... perché lui al
diavolo ci crede! E pensa il coraggio che ha avuto ad
andare in casa del diavolo, col diavolo là in fondo con la
coda, coda lunghissima... Ha avuto il coraggio di andare a
dire la messa per i suoi operai... per i suoi operai... perché
l'impresa che ha fatto il tunnel, la galleria, è del vaticano...
non tutta!... L'85% delle azioni! L'85% delle azioni sono
loro... le cosiddette buone azioni da chiesa! La voglia che
ho, non ne avete idea, di vedere, essere spettatore a mia
volta, perché poi quando immancabilmente, ma tutte le
sere, non si sballa, quando comincio a parlare del papa, io
vede... c'è sempre qualcuno che... proprio lì si vede perché
mentre... non è proprio il caso! La trovo anche una
questione di buon gusto... c'è vicino la moglie che sbaga
AH AH... almeno tu... almeno tu. Ecco allora dicevo che
non c'è niente da fare, non si può pretendere che i padroni
scrivano la storia cossì come dovrebbero, con un minimo
di civiltà insomma... un minimo... il 30% di verità toh! Ma
neanche per idea... mica son fessi AH AH! D'altra parte
non c'è niente da fare, lo diceva anche quel Tse Tung di
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prima, diceva... "il popolo è lui che fa la storia... da secoli,
con la sua invenzione, le sofferenze, la rabbia, il problema
di sopravvivere", inventa la storia... ma poi sono i padroni
che ce la raccontano! E io lo immagino sempre un ... un
pazzo... un giovane... lo sogno un giovane, un ragazzo che
si mette di notte con un bèl secchione di vernice a suo
piacimento, si metta a scrivere sulla facciata dell'università
DA SEMPRE IL POPOLO FA LA STORIA MA POI
SONO I PADRONI CHE CE LA RACCONTANO!
Grande AH AH! E arriva una mattina il ministro
dell'educazione... Malfatti... nome onomatopeico, notate
bene... uno non può sbagliare... ministro dell'educazione
MALFATTI... AH AH... arriva... la borsa col portafoglio...
e mica la lascia in macchina... con l'ambiente di ladri in cui
vivono! E brutto fare il ministro della DC... non si può più
dire NO! NON SONO UN LADRO! Quando gli dicono
LADRO... embè AH AH AH... e facciamo i compromessi
con quelli lì! Malfatti arriva, quando vede lì... TUM, e lo
portano via... no anzi non va via da solo, arrivano dei
giovani di comunione-liberazione ALE' OP OP OP...
Dovete permettermi una malignità... UNA... non ne ho
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dette... no! sono tutte cose vere quelle che ho detto,
sacrosante!... Questa invece è una malignità... proprio una
cattiveria cossì, ma fra compagni... tanto per raccontarla...
no prego... siccome prima ho salutato dei compagni del
PCI, non se la prendano, è una... cossì anche per far buon
sangue eh! Non té la prendi, no? E' quello che ha detto
basta? E' il più spiritoso di tutti. E' proprio quello che noi
chiamiamo l'aperto... va beh, dicevo... no... simpatico... poi
té la racconto! Vedrai che ti faranno!... Allora, dicevo che
arrivano TUM TUM i giovani comunione e liberazione e
di dietro c'è uno, un altro giovane che non ha bén inteso le
nuove direttive dei superiori... un giovane della FGC,
anch'io!... uno solo eh? In questo gioco la preoccupazione
del tenere in piedi, salvare, andare a lezione ma non
troppo, sbragare ma per carità che la DC non frani
dappertutto perché se no porco cane è un disastro qui
come mettiamo il problema della... una preoccupazione
enorme soprattutto dei dirigenti.
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PRESENTAZIONE DEL GRAMMELOT
LA CADUTA DEL POTERE
NON
C' E' L A
D A T A
E’ STAMPATO.
E arriviamo a Mistero Buffo vero e proprio. Mistero
Buffo... io ho sempre la voglia di farvi un pezzo al di fuori
di
quello
che
è
il programma.
Pandolfi,
vostro
concittadino, grosso partigiano morto qualche anno fa, ha
raccolto centinaia di canovacci. C'è un canovaccio che mi
ha sempre molto sollecitato l'idea di riprenderlo in
grammelot. Il grammelot prima di tutto è una forma di
teatro onomatopeica (s'nterrompe)... c'è qualcuno che
bussa... la tenda... è rimasto fuori...forse nella gabbia delle
scimmie...o delle antilopi. Nel grammelot ogni tanto ci
sono parole indicative, ma il capire, individuare il tema è
dovuto ad intelligenza e il rapporto che c'è tra il giullare,
l'attore, e il pubblico, la fantasia. Ora, fantasia ne avete!
Devo dire che la velocità d'antenna che ha il pubblico
romano, non sto a blandirvi per carità... è veramente
eccezionale! Siete superati dai fiorentini e anche dai
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napoletani che addirittura ti precedono... si mettono a
raccontare loro... e tu SEI FREGATO! Noi lombardi
siamo un pò più gniucchi... abbiamo la testa schiacciata...
sono stati i Savona che ci hanno... non so se avete mai
visto il berretto che avéano nella... éra cossì (esegue)...
schiacciato! Allora, questo pezzo che cos'è "la morte del
potere", un grande personaggio che ha dentro l'allegoria di
un
potere
che
sta
andandosene
a
rotoli.
Molto
probabilmente éra stato scritto apposta per ricordare lo
sfranamento dei grandi nobili che ormai erano schiacciati
dalla borghesia progressista del tempo; è un pezzo legato
al 500. I vescovi, cardinali ecc... sono preoccupati di
tenere ancora vivo questo potere ma sentono che gli sta
sfuggendo... che sta sradicando. C'è una porta, della gente
entra, esce, ci sono preti, c'è gente con siringhe, acqua
calda, fredda, passa gente che non ha capito bene, che
entra a sproposito, lamenti, la vedova che piange... l'altra
che ride, quell'altro che viene fuori urlando, le liti tra di
loro,
lo
scannamento...
CHI
SI
PRENDERA'
IL
POTERE?... come sgraffignarlo, come sostituirsi, il
funerale,
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discussione sui soldi,
gli ultimi denari,
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insomma... LA DEMOCRAZIA CRISTIANA! L'avete
capito, no? M'è venuto in mente perché è proprio preciso
identico il canovaccio nell'indicazione, uguale preciso a
quello che sta succedendo oggi. E' difficile perché il
termine è la velocità di queste entrate, uscite... 'sta bolgia!
Ad ogni modo a soggetto si fa sempre, spero di fare... di
cadere in piedi come è successo ieri.
MISTE
RO BUFFO ROMA 11-12-89
BONIFACIO VIII-E’ STAMPATO.
NO
Mi ricordo una delle sue prime apparizioni che avéa
stordito tutti, ché avéa voluto far la messa a tremila e tanti
metri... C'éra una tormenta spaventosa,
poi
lo hanno
pregato di andar fuori, e ha salvato due o tre cani san
Bernardo che si sono perduti, con la fiaschetta qua, è
andato a raspare, éra l'unico che riusciva a muoversi...
Ebbene con questa papalina, che per mé gliela avvitano...
ha una vite qua TRAC... che se l'avvita da solo, oppure
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gliela dipingono fresca tutte le mattine... si mette cossì... e
gliela dipingono; e quel pirulino che gli spunta qua è suo
personale, anche da bambino, lui è nato cossì ...EHI
PIRULINO! Ché Wojtyla infatti in polacco vuol dire
pirulino. WOJTYLA! Beh,
lasciamolo lì questo uomo
straordinario dicevo, che niente ha a che vedere invece con
Bonifacio VIII.Bonifacio VIII si prepara alla funzione, i
chierici
tutti
in
torno
ripassano
i pezzi per
la
vestizione...Lui molto duro, arrogante, severo... ed ecco
che va in processione. Io canto, come naturalmente nella
chiave del canto religioso di Bonifacio VIII, un canto
antico gregoriano del X sec., ed è autentico. E' un canto
che è metà latino e metà, cossì di colpo... di Barcellona,
ecco ...Catalano,cossì di colpo non mi ricordavo più il
termine "catalano", catalano che proviene da Alghero,voi
sapete che ad Alghero parlano il catalano ancora oggi.
Ecco questo canto è autentico, dicevo, e voglio
sottolineare la straordinaria abilità con cui io riesco ad
emettere suoni, ma non è casuale, non è determinata
soltanto da una mia dote, no, è dovuta allo studio e
esercitata da bambino... io da bambino, è una cosa che vi
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svelo adesso per la prima volta, non l'ho mai detto, cantavo
in chiesa, ero proprio il ragazzino del coro. Poi mi hanno
dispensato,non perché non avessi più la voce adatta, ma
perché andavo a soggetto inventandomi delle parole che
mi piacevano di più...e al prete non piaceva. Va bene,
comincio senz'altro.
Bonifacio VIII si prepara per la funzione religiosa:
Canto gregoriano interrotto da: "el capelo", "el capelun,
quelo grande","BOIA DESGRASIAAA!!! l'è de fero!! deo
andare in guera a gueregiare!! Dame quelo leggero che
devo
andare
(cantato)
a
passeggiare"
"speciu...speciu,speciu" "guanto" "GUANTO!" "l'oltro,no
gò una mano sola no, vo m'là taje???
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BRANI IN PIU’
ed è stata la prima volta che gli iracheni hanno avuto il
loro pasto caldo, un pò bruciacchiato ma... Tutte le volte
che io mi ritrovo ad avere davanti una tragedia come è
stata quella della guerra, di istinto vado a vedere cosa
hanno scritto di situazioni analoghe gli antichi, e mi è
capitato quest'anno di trovare oltre che forse il più geniale
è Aristofane. Aristofane avéa scritto la bèllezza di quattro
opere sulla guerra in particolare "La Pace", magnifica, e
cosa ho ritrovato?... le cose di cui non m'ero accorto
quando lo avevo letto prima.I discorsi che fanno questi
uomini politici che cercano di coinvolgere Atene nella
guerra che è già iniziata ad opera di Sparta, sono gli stessi,
identici discorsi che abbiamo sentito fare dai nostri politici
"la pace è una cosa sacra e non bisognerebbe mai violarla,
ma in questo momento noi dobbiamo rompere ogni
indugio e unirci ai nostri alleati perché altrimenti facciamo
la figura dei soliti vigliacchi , femminucce, non abbiamo
dignità, bisogna diventare virili ecc.". Tutti i discorsi,
anche i luoghi comuni, soltanto che nella "La pace" di
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Aristofane c'è una personaggio che a un certo punto urla
"MI
AVETE
COMMOSSO!
SIETE
ARRUOLATI
TUTTI! e loro, questi politici, uno muore sul colpo, l'altro
ha un coccolone e rimane con la paralisi eterna, l'altro se la
fa addosso due scappano e tre svengono sul momento.
Pensate come sarebbe stato bèllo poter fare lo stesso coi
nostri uomini politici cioè alzarsi e poter dire "Vi
arruoliamo", per esempio Spadolini arruolato nei mezzi da
sbarco anfibi, lui proprio un mezzo da sbarco, sdraiato, i
marines sopra con la pagaia che vanno nel golfo... oppure
Giuliano Ferrara mezzo cingolato con sta' pancia
BOLUBLUBLU, con le bretelle da lancio TOCCHETA
per lanciare bombe, oppure Forlani, già mimetizzato
colore neutro paglierino color sabbia e sempre giallino tale
che nudo nel deserto non lo vedi più. FORLANI??? Non
c'è! Poi Craxi non c'è bisogno neanche di mettergli un
elmetto basta fargli una riga qua e lui è già corazzato. Poi,
mezzo
terroristico
di
persuasione
occulta,
Giulio
Andreotti, basta sollevarlo da una duna IIIHAAAA, tutti si
arrendono. Fra l'altro avete saputo che Andreotti stava per
partire la sera del bombardamento? Il giorno in cui hanno
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bombardato Bagdad lui alle cinque, prima non si sapeva
ancora che ci sarebbe stato questo bombardamento, lui éra
stato incaricato da tutti i ministri degli esteri europei e
naturalmente anche dai presidenti di tentare l'ultima
chance, cioè di recarsi da Saddam Husseim e di
convincerlo a nome dell'Europa ecc... e l'ha dichiarato lui
stesso. Alle sei éra a Ciampino con un aereo speciale che
doveva partire soltanto che gli hanno detto "fermi un
attimo c'è un piccolo guasto, un' inezia , è un bullone con
vite particolare che si ammollato e non troviamo come
sostituirlo immediatamente ma adesso lo mandiamo a
prendere, tempo due o tre ore ci siamo." All'una è pronto
per partire, lo vengono ad avvertire "no, onorevole, non si
può partire
perché Bagdad è sotto il bombardamento
ventimila tonnellate di bombe che stanno buttando gli
americani".Per un bullone, che se non ci fosse stato quel
bullone lui éra LA', a BAGDAD, con queste bombe che
arrivavano, non ce lo avrebbero restituito più; pensate a
che cosa è legata la storia di un popolo, a un bullone,
siamo scarognati sapete...una scarogna tremenda!! Ma la
cosa che mi preoccupa davvero, scusate se ve lo dico,e
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qui vi prego di credere che il mio è un patema terribile, è
la condizione particolare in cui si trova il nostro
presidente, sono preoccupato, ormai parla solo a ruota
libera non lo fermi più. Dice delle cose...io volevo oggi
portare il giornale dove dice delle cose sconclusionate
senza capo nè coda, torna indietro, va avanti, perde i pezzi,
ogni tanto fa dei tic terribili... Bisogna aiutarlo, non si può
lasciarlo cossì da solo. Sono preoccupato davvero, già dà
le medaglie ai fascisti, e fra poco chiede scusa all'MSI,
prima ancora che il giudice abbia dato la sentenza dice che
la P2 sono dei patrioti, anzi dovremmo iscriverci tutti alla
P2 se no siamo fregati. Ma la cosa che mi preoccupa
veramente è quello come ha cominciato con quel povero
giornalista della Roiter che avéa detto che l'Italia non avéa
grande importanza nel conflitto in quanto avéa partecipato
solo collateralmente, e lui s'è risentito e gli ha dato del
figlio di p.... poi ci ha ripensato dice "non dico neanche
che è un figlio di p....perché per essere un figlio di p.
bisognerebbe essere superiore, io andrei ad offendere la
professione più antica del mondo, che è appunto il figlio di
p.", roba dell'altro mondo... Un presidente che fa tutto un
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gioco sulle p. le loro origini, la loro storia, ha fatto un
saggio sull'origine dei figli di ... e delle p.... nella storia
dell'umanità. Ma porca di una miseria. E poi quando ha
incominciato ad insultare i giudici, già i giudici è un anno
e mezzo che li insulta, ma questi qua attraverso la
costituzione hanno stabilito che éra illegale entrare in
guerra, si è imbestialito, li ha chiamati vigliacchi, infami,
terroristi... gente che ha rischiato di saltare in aria trenta
volte, gli hanno fatto anche degli attentati... gli ha dato dei
terroristi. Poi dice "troppo comodo sbandierare la
costituzione da dietro una scrivania non esposta",... perché
ci sono le scrivanie "esposte" e ci sono quelle "non
esposte", ci sono quelle che vanno per la strada, avete
visto quante scrivanie vanno per la strada, uno pedala con
la scrivania...ci sono anche quelle che vanno sulla neve...
E poi dice "un conto è parlare dietro una scrivania e un
conto è da su una tolda di una nave di battaglia", infatti lui,
il presidente parla solo da su la tolda delle navi. Lui ha una
tolda costruita al quirinale, tutta con delle molle e ci sono
dietro dei corazzieri che gli danno il colpetto, lui è cossì...
poi ha un ventilatore da cinema, quelli col risucchio
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BOOAAAAAA
in
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modo che lui sia sempre in
disequilibrio come la niche di Sabotracia e ogni tanto c'è
un corazziere con un secchio d'acqua che passa
e
GNACCHETTA... CHE MARE OGGI!!! E lui parla solo
da lì.
 MILANO 20.O1.91
LA GUERRA NEL GOLFO-E’ STAMPATO
Io sono felicissimo che questo teatro sia cossì saturo,
esaurito di persone, in quanto sentivo proprio oggi in
televisione un'inchiesta sui teatri in Italia durante la quale
si diceva che i teatri in questo periodo hanno avuto un
crollo sul piano della presenza di pubblico perché
qualcuno si sente a disagio,qualcuno teme incidenti... ma il
fatto che voi siate qua mi riempie di soddisfazione anche
se nello stesso tempo sono angosciato come voi per la
paura che questa guerra si stia allargando.Ci sono state
persone che si sono risentite per il prologo che io in questo
periodo faccio, legato all'attualità, anche perché l'attualità
è il fondamento principale del nostro teatro; da sempre il
nostro obiettivo è di inserire quello che è la cronaca nel
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teatro e meno male che oggi possiamo parlarne
liberamente. C'è stato un tempo che il parlare a soggetto ci
éra impedito, addirittura abbiamo avuto denunce... c'éra il
questore o il commissario che stava in quinta per verificare
che quello che dicevamo corrispondesse al testo che avéa
l'imprimato di Andreotti allora, che éra ministro dello
spettacolo... e che verificava se eravamo apposto, se
avéamo proprio il timbro. Noi abbiamo avuto una cosa
come 40 denunce per gli svicolamenti e quando uno éra
risentito per quello che si diceva non stava neanche a
rimbeccarti direttamente, telefonava alla questura ,
arrivava immediatamente il commissario di turno, o se éra
in sala, saliva sul palcoscenico a verificare col copione.
Ora siamo arrivati ad un clima straordinario però, a
proposito della guerra e se éra proprio necessario entrarci a
piedi giunti, il presidente della repubblica Cossiga è
intervenuto l'altro giorno dicendo che è ora che noi si
diventi adulti... in poche parole nel nostro paese si può
polemizzare, dibattere però una volta che il governo ha
deciso di intervenire SILENZIO, NESSUNO ROMPA
PIU' LE SCATOLE, LASCIATECI LAVORARE! Credo
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che sia proprio il contrario di quello che è la democrazia,
il parlare sempre e il ribadire le proprie opinioni credo sia
il minimo.D'altra parte, e anche Andreotti l'ha detto questa
mattina, "E' ARRIVATO IL MOMENTO DI ... TACERE
E BASTA NON ROMPETECI LE SCATOLE!".E' da un
pò di tempo devo dire che succedono delle cose... per
quanto riguarda il nostro presidente della repubblica, lo
sottolineano tutti i giornali devo dire, anche Montanelli,
che addirittura è arrivato a dire che ha bisogno di uno
psichiatra... io non sono d'accordo, dico che è dovuto al
nervosismo come quando ha incominciato ad insultare i
giornalisti i giudici dicendo che erano dei venduti, dei
bottegai, dei giornalisti ha detto delle cose ignobili, che
sono degli infami... Ad ogni modo il fatto particolare è
incominciato quando gli è sfuggito " PER L'ITALIA SI
PUO' ANCHE MORIRE"... che a mé è venuto subito un
brivido lungo la schiena, mi è venuto subito in mente
quando da ragazzino mi insegnavano " CHI PER LA
PATRIA
MUOR
VISSUTO
E'
ASSAI"
tarappappappete... D'altra parte è la stessa frase lanciata da
Frankestain, voi sapete chi è Frankestain ...
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Saddam
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Hussein è veramente il classico Frankestain, che non è
nato cossì da solo ma è stato inventato da noi NOI LO
ABBIAMO CREATO! Io mi ricordo gli applausi quando è
partito contro Komeini... FANATICI!! Invece lui avéa i
piedi in terra... quando ha detto tre giorni e Komeini è
fottuto ARMI! Gli abbiamo dato le armi noi! Lo abbiamo
allenato noi, gli abbiamo insegnato come si fa la guerra...
NOVE anni è durato e adesso dimostra che ci sa fare. Lo
diceva oggi quel generale di cui i storpio sempre il nome,
diceva "ma scherziamo, non abbiamo mica a che fare con
un cretino... nove anni che... l'abbiamo allenato noi,
AVRA' IMPARATO QUALCOSA!! Per forza non ha
tirato fuori ancora le armi , perché diceva ma perché non
intervenite, perché non lanciate nel deserto i vostri marines
e la facciamo finita. La borsa avéa avuto una euforia
incredibile, eravamo arrivati a guadagnare quattro punti,
cinque punti... e adesso cosa aspettate, dice, NON SONO
MICA IL GENERALE KUSTER IO, io fin quando non li
ho spianati, ammorbiditi"... non si dice massacrati, si dice
ammorbiditi ... guardate che il lessico di guerra è
straordinario. A parte che non si dice "andare il guerra" ma
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"compiere un'operazione di polizia", ce l'ha insegnato
Andreotti. La mia preoccupazione è questo atteggiamento
che hanno quasi tutti i giornali "chi non è per la guerra è
una femminuccia, un disfattista, in fondo un mammone
uno che fondamentalmente è VILE! Insomma un uomo
vero, coi muscoli , col coraggio è subito per la guerra...
interviene per l'onore, per l'orgoglio di una nazione che
non può sempre rimanere assente davanti ai fatti". Quello
che è successo esattamente a Kabul quando ad un certo
punto i russi sono entrati con le truppe e l'ONU avéa detto
alla stessa maniera BISOGNA INTERVENIRE! NOI
ITALIANI SIAMO INTERVENUTI! E subito Andreotti
dice "BISOGNA PARTIRE" manco una piega!! Cossì ad
esempio per il fatto della Palestina... gli interventi
dell'ONU per far rispettare le leggi internazionali e la
libertà e la dignità di un popolo riguardo la Palestina sono
la bèllezza di diciotto! Ma neanche han fatto UH UH
neanche! E quando questo frankestain ha
ammazzato
cinquemila persone in venticinque minuti, cioè le ha
asfissiate col nirvino, donne, bambini, BRACCHETA! C'è
stato l'ONU che ha detto... EH NO! EH NO! E tutti noi
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abbiamo detto bisogna partire bisogna bloccarlo...
NIENTE!
Questa è una guerra per il petrolio, lo abbiamo visto nel
gioco del salire delle azioni riguardo a quella situazione...
stiamo
combattendo
dell'interesse,
del
per
il
vantaggio
problema
e
via
del
prezzo,
dicendo
e
a
dimostrazione c'è un fatto di cronaca: la televisione ha
fatto un inchiesta sul fatto che la gente non gira più con
tanto entusiasmo per le balere, per i night, per i luoghi di
divertimento e veniva mostrata una balera moderna
completamente vuota e il padrone diceva " la gente non ha
voglia, non viene a ballare e a divertirsi... ce n'erano
quattro li ho fatti entrare gratis ma non avéano voglia" e lei
cosa dice "E' UNA GUERRA SCHIFOSA".
C'è un'altra cosa che mi ha angosciato a proposito del
valore di certe frasi, io a malapene ne parlo perché ci sono
di mezzo due piloti che fra l'altro sono di una compagnia
di cui ho visto alcune esibizioni e sono tra i più preparati
tecnicamente a livello mondiale, tant'è vero che hanno
battuto in sfide sull'abilità di colpire un bersaglio, volo in
quota ecc... anche gli americani e perfino gli isdraeliani. Il
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presidente della repubblica ha detto "buon viaggio, buon
lavoro, fatevi onore" GGGNNNACCC, la sfiga fino in
fondo. Scusate, forse qualcuno di voi dirà che sono
cattivo, ma io temo che QUELLO LI", non bisogna
neanche nominarlo... MENAGRAMO!!! Ha detto siamo
adulti ... POMPETA! Che quello parte ... "il carrello!!!
Porco cane!"... e in volo subito turbolenza atmosferica... ci
sono mille e cinquecento aerei fra inglesi e americani che
vo tranquilli NO! c'è una nube schifosa
con scritto
PRESIDENT! Le "vacche" si chiamano, questi aerei che
contengono benzina in quantità e che tranquillamente con
una pompa che va a finire nel serbatoio dell'aereo... l'aereo
va, ritorna indietro, gli danno ancora un pò di benzina...
OH! la prima volta nella storia che si spacca tutto TUM
BOOORLOCHE, uno solo che prende e poi non torna
OHHH! Io non dico più niente, ma non lo nomino più! E
imparate a farlo anche voi!
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Stagione Teatrale 1990/91
Dario Fo in MISTERO BUFFO
Questa sera il Mistero Buffo viene recitato anche a Londra
in lingua arcaica del Galles, a Barcellona da da un attore
dei Comediants in catalano, naturalmente, nella prigione di
Norfolk, in lingua scozzese, da un condannato a 20 anni, a
Bolzano da un attore svizzero di Berna, in Jugoslavia, a
Zagabria in croato, negli Stati Uniti da un famoso
fabulatore negro, in Argentina da Carlos Jampos, in
Bolivia da un attore indio, in Israele sia da un attore
palestinese che da un israelita...e potremmo continuare per
qualche pagina con l'elenco, ma non vogliamo strafare...e
non c'è neanche bisogno di commento.
"Mistero" è il termine usato già nel II° e III° secolo dopo
Cristo per indicare uno spettacolo, una rappresentazione
sacra. Ancora oggi, durante la Messa, sentiamo il
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sacerdote che declama: "Nel primo mistero glorioso...nel
secondo mistero..." e via dicendo.
Mistero vuol dire, dunque: rappresentazione sacra.
Mistero buffo vuol dire: spettacolo grottesco.
Chi ha inventato il mistero buffo è stato il popolo.
Fin dai primi secoli dopo Cristo il popolo si divertiva, e
non éra solo un divertimento, a muovere, a giocare, come
si diceva, spettacoli in forma ironico-grottesca, proprio
perchè il teatro , specie il teatro grottesco, è sempre stato il
mezzo primo d'espressione popolare, di comunicazione,
ma anche di provocazione e di agitazione delle idee.
I giullari recitavano nei mercati, nei protiri delle chiese,
nei cortili e, qualche volta, addirittura dentro le chiese.
I giullari, e più tardi i comici dell'arte, sono gli inventori e
i perfezionatori del grammelot, termine di origine francese,
coniato dai buffoni-clown-giullari.
I comici dell'arte lo usavano a piene mani, perchè costretti
sia dalla situazione di viaggiatori in mezzo a lingue
diverse, sia dalle leggi censorie che imponevano loro di
non recitare in lingua: al massimo mimare e articolare
suoni senza senso compiuto.
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Grammelot sta a significare, appunto, gioco onomatopeico
che è in grado di trasmettere, con l'apporto di gesti, ritmi e
sonorità particolari, un intero discorso compiuto.
Dalla tradizione dei comici dell'arte sono giunte a noi
storie di esibizioni di grandi interpreti del grammelot.
I brani più famosi sono: "La fame dello Zanni,
"Arlecchino che beve la pozione magica" (entrambi in
grammelot bergamasco), "La lezione di Scapino" (detta
anche di Moliere), evidentemente in grammelot francese.
Esiste anche un "Grammelot dell'Avvocato inglese",
caricatura
con
sproloquio
di
tipo
anglosassone-
magniloquente, eseguita dai comici del XVII° secolo.
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MILANO 20.01.91
DISCORSO
DEL
GRANDE
TECNOCRATE
IN
GRAMELO' AMERICANO- E’ STAMPATO.
Io e Franca avéamo pensato di realizzare il solito schema
di "mistero buffo" riguardo il gramelò: "la fame dello
Zanni", poi quello francese legato a scapino e a Molière e
poi quello dell'avvocato inglese che difende lo stupratore.
Sono tre forme diverse ma legate allo stesso spirito, cioè
d'ironia e di satira e soprattutto legate al potere, la
spocchia di ogni potere quando esprime violenza. Ecco si
trattava di realizzare questi due brani di cui il primo,
quello francese, vede Scapino che insegna la tecnica di
gestire il potere al giovane signore che è rimasto orfano ed
è un banchiere. Scapino comincia con la descrizione della
parrucca , delle vesti, del mantello e dell'incedere, del
camminare, con un passaggio riguardo trine e i merletti
che portavano i signori, cossì ampi e cossì sparsi per tutto
il corpo, per cui avéano trine che uscivano ecc... per cui
quando andavano a fare pipì non riuscivano poi ad usare
l'estrazione... del mezzo adatto, uscivano soltanto merletti,
se la facevano addosso ma con grande dignità... per cui
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esisteva questa stupenda camminata, nata proprio allora,
dell'aristocratico. Il linguaggio éra il gramelò francese, di
cui esistevano soltanto tre termini: parucche,manteau, e,
dentelle, tutti gli altri erano termini inventati ed éra molto
bèllo vedere che
in Francia pensavano che fosse un
particolare linguaggio del cinquecento che éra sfuggito
alla loro memoria e alla loro conoscenza. Poi c'éra quello
in inglese. Ma Franca mi ha suggerito di riprendere un
tema legato a vent'anni fa, cioè alla guerra del Vietnam e
ci fu un importante personaggio di origine tedesca che
avéa studiato i primi razzi a lunga gittata, i quali poi
saranno inseriti in macchinamenti incredibili, che in un suo
discorso all'università avéa dichiarato che lì stata
l'avvenire anche spirituale degli uomini, che gli uomini
avrebbero cambiato il modo di essere, di esistere, la loro
morale si sarebbe trasformata in conseguenza dell'alta
tecnologia, cioè l'uomo diventava soggetto alla propria
macchina, alla propria invenzione, alla robotica ecc...
Questo stava ad indicare che il Vietnam sarebbe stato
schiacciato inesorabilmente da questi armamenti, che
avrebbero determinato una velocizzazione dei conflitti,
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cioè la guerra come partiva éra già finita grazie a questa
straordinaria importanza, cosa che non è stata cossì. Io ho
pensato di riprendere lo stesso tema che è di un'attualità
incredibile. C'è questo grande tecnico, e voi dovete
sforzarvi di immaginare di essere a vostra volta della gente
a conoscenza delle terminologie, immaginate di essere la
platea di quella volta che ascolta questo discorso forbito
ricco di questi termini particolari. Questo simpatico
tecnico descrive la tecnologia della robotica, dei computer,
lo svolgimento del cervello meccanico ecc... poi va a
semplificare la nascita dei grandi macchinamenti di guerra,
partendo addirittura dai primordi, da quando l'uomo ha
cominciato a capire che doveva fare qualche cosa per
volare, gli incidenti, poi arriva il motore a scoppio degli
aerei, lì veramente è il colpo di fulmine, lo scatto, fino agli
aerei
con
razzi
e
macchinamenti
straordinari,
completamente robotizzati e diretti al di fuori del pilota, il
pilota è soltanto un supporto allo svolgimento di un'azione
con tutto quello che consegue. Io uso il gramelò, cioè
fingo di parlare inglese, meglio un americano colto da
tecnocrate, tecnologico e voi capirete tutto di questo
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discorso, a meno che non ci sia qualcuno che conosce
molto bene l'inglese, l'americano e la tecnologia. Questo è
pericoloso perché cercherà di intendere e di seguire parola
per parola quello che vado dicendo e si perderà nel nulla,
invece coloro che non conoscono assolutamente l'inglese,
se seguiranno la propria fantasia, immaginazione e intuito,
capiranno tutto e spiegheranno quello che io dico a quelli
che conoscono l'inglese. Questa sera è il trionfo
dell'ignoranza.
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PRESENTAZIONE
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DEL
TECNOCRATE
1976-E’
STAMPATO.
Come si usa... è stato usato l'antico, si può usare il
grammelot nel teatro legato alla qualità. Anzi parlare delle
cose più vicine a noi anche in senso drammatico... parlare
di guerre, parlare di macchine, parlare di rumori che ci
sono addosso, che ormai abbiamo nella testa, nella
memoria e che sono linguaggio, sono parola anche
quello... sono grammelot. Io mi ricordo... sono stato una
volta ad una lezione di fisica superiore e ho sentito per
tutto il pezzo parlare in grammelot... Ecco il personaggio
che mi porta al grammelot attuale: è un fisico matematico,
uno scienziato, un grande tecnico veramente di classe
internazionale di origine tedesca però vive da molti anni in
America e qualcuno lo chiama Braum. E' un soprannome,
non ciarli, è un altro questo grandissimo tecnico
scienziato... tiene una lezione, un corso per altri scienziati
e dimostra come le macchine, l'evoluzione dal primordiale
che ha intuito, capito, sviluppato, sono arrivati armai al
punto tale da essere il centro della terra, sono il cervello, la
macchina, la vera potenza, la mano che tiene il mondo.
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C'éra un certo Kissinger, un imitazione di Sordi lo sapete
benissimo... Questo Kissinger
ha detto una frase
abbastanza robuante " i nostri mezzi, la nostra tecnica... il
livello che abbiamo raggiunto... voi vedrete... domineremo
il mondo". La moglie dice basta... ma lui éra convinto... e
l'altro, il pensionato Nixson e il prossimo pensionato Ford,
anche quelli, tutti e due, erano lì vicini e Nixon ha detto
"APPLAUDI!2 e Ford... (batte le mani). E non so se avete
visto l'espressione vera di Ford, quello che scende dagli
aerei... che arriva l'aereo... subito FERMA FERMA... ché
non è quella la scala e lo tengono indietro e poi quando c'è
la scala...c'è la scala... si può andare TUM TUM TUM
BUTUM BUTUM BUTUM AH AH AH. E qui a Roma
quando arrivò, l'interprete dice il presidente... éra lì ... il
presidente... e lui ha dato la mano all'interprete...
"piacere!" "no! E' quello!" e si è nascosto dietro la signora
Leone... mi perdo sempre... faremo un pezzo in meno
questa sera...no, no, sul biglietto ci sono tutti... uno
cancella ogni pezzo che faccio dice "quello l'ha fatto??"
"va beh! Adesso vediamo, vediamo un pò se li fa tutti!
Perché tutti li voglio stassera, sono qua... contratto"...è che
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io non mi ricordo più dove eravamo... Ma si! Eravamo
all'arrivo di Ford, no Kissinger c'éra un'altro, un tale... un
maoista di quelli tremendi, proprio fissati, un certo Tel
Tunc, il quale invece diceva " è vero noi abbiamo meno
tecniche, abbiamo meno mezzi, siamo indietro di anni di
ricerche, abbiamo commesso diversi errori, siamo degli
arretrati, siamo al periodo della pietra rispetto a voi in
quanto a scienza tecnica ecc... ma noi abbiamo un grosso
vantaggio che in ogni nostro lavoro mettiamo sempre
L'UOMO AL PRIMO POSTO!" Ecco ... Oh Dio!
Basterebbe l'esempio del Vietnam, una frase di questo
genere Ocimin poteva averla detta lui tranquillamente ... e
l'ha dimostrata soprattutto... e si sa tutto quello che è
successo nel Vietnam con tutta la grande tecnica, le
invenzioni, le infamità, l'aver bruciato terre che ancora
oggi non danno raccolto e non lo daranno per anni,
qualcuno dice per secoli!! Acque addirittura svuotate del
loro elemento fondamentale... sono acque morte!! Anche
qui per secoli hanno defogliato, hanno bruciato, hanno
inventato macchine incredibili... suoni che facevano
impazzire il gas TUTTO HANNO ADOPERATO! Poi alla
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fine la valigia! Non so se avete notato, ma questo gesto la
fanno già anche qua EH EH! Avete visto con Umberto che
dice " Ma dove andate, ma no!Rimanete... state qua, la
Iuventus vince... neanche la Iuventus non vince più, gli va
tutto male...
Allora il grammelot del tecnico americano che spiega
come si arriverà a guadagnare tutto... e alla fine il
risvolto... lo capirete benissimo! Noterete la grande
differenza tra l'inglese del 500 e questo americano.Io so
che voi che siete sottili avrete molto piacere. Ah come
capisco!
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PRATO 25. 5 91 SITUAZIONE DI
GOVERNO-E’
STAMPATO
Lo
spettacolo
è
Mistero
Buffo
un
genere
di
rappresentazione che viene dal medioevo, "mistero"
significa rappresentazione, sacra in particolare e "buffo"
significa grottesco, è chiaro da sé solo. Prima di entrare in
merito al Mistero Buffo vero e proprio io, come facevano
del resto i giullari che lo rappresentavano, prendo il
pretesto per parlare della situazione che viviamo, anche
per introdurlo su un livello non distaccato nel tempo ma
che sia attuale, legato ai nostri tempi. Una delle
osservazioni che devo fare subito è una delle più bèlle
battute che ho sentito nei tempi, credo che è da eleggere la
più importante in questo secolo quasi... a proposito della
situazione del governo. Avete visto che questo governo è
stato una delle più grosse beffe mai viste, e l'unica
situazione di ricambio, invece delle riforme, hanno
cambiato l'assetto strutturale, cioè i repubblicani sono stati
messi da parte e da chiunque partito è diventato
quadrupede come ha detto qualcuno. Ora questo governo
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nato con questo scarto ha determinato una frase veramente
straordinaria da parte del responsabile
del partito
repubblicano La Malfa, il quale ha già un padre La
Malfa... UGO! Questo La Malfa ha dimostrato di essere
l'uomo più candido che esista in Europa perchè ad un certo
punto ha dichiarato "CREDEVO CHE ANDREOTTI
FOSSE UN UOMO ONESTO!" Uno che vive da quando è
nato vicino a questo governo e che non si rende conto...
insomma è veramente DA FUCILARE!! QUA AL
MURO! "Lei ricorda suo padre che éra già con Andreotti...
anche il nonno éra già con Andreotti... ancora con il
governo di Giolitti c'éra Andreotti che portava la
cartellina... già un pò curvo, cominciava già allora , con le
palette di direzione.
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B O N I F A C I O VIII
MANCA
LA
D A T A- E’ STAMPATO.
NO
Andiamo a Bonifacio VIII. Bonifacio VIII éra un figlio di
buona donna che non finiva più, ne avéa fatte di tutti i
colori, avéa rubato, massacrato, bruciato, raso al suolo
città, organizzato spedizioni punitive, torture, tutto avéa
fatto! Avéa perfino rapito il seggio pontificio, l'avéa
fregato ad un altro... sapete Celestino, anima dolce éra
sceso dal convento "Vieni a fare il papa" "No, grazie" "Ma
si, vieni"... e poi l'avéa terrorizzato, più o meno gli avéa
fatto "Cretino quando... ehm... CLOC" più o meno, un pò
in sintesi ma è cossì. Fece stragi, massacri, distrusse città
tipo Tortona e soprattutto organizzò anche all'estero, éra
conosciuto anche all'estero. Il movimento primo che
conosciamo dei tessitori, dei muratori insieme dei
contadini, quelli delle Fiandre, organizzato per combattere
contro lo strapotere dei padroni del tempo. La nascita di
una borghesia mercantile che avéa attraverso le proprie
corporazioni strozzato ogni possibilità di azione di tutti
quelli che facevano mestieri cossì detti minuti , un pò
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come la storia che precede quella dei ciombi, quella dei
senza braghe e quella del bruco, cioè tutte le lotte italiane
dei tessitori, e come vedremo poi, di fra Dolcino. Questi
tessitori si organizzarono con tanta forza e soprattutto
ragione, coscienza, che riuscirono a stangare il più grosso
esercito che fosse stato messo in campo di quel periodo. Si
trattava addirittura dell'esercito de Speron d'Oro. Gli
Speron d'Oro erano tutti cavaglieri nobili, gente nata per
far la guerra, professionisti della guerra, talmente ricci e
importanti che ognuno si éra messo speroni d'oro
massiccio... qualcuno va beh, éra d'argento dorato ma non
stiamo a sottolineare. Gente di guerra, nata per la guerra...
presero una legnata, un esercito completamente distrutto...
da chi?? Dai tessitori operai d'accordo con contadini ,
gente che non éra abituata a far la guerra. Ma le trappole ,
l'ingegno, le invenzioni, la scaltrezza, le trovate che
ebbero, sono degne di un film comico. Circa diecimila
morti durante questa battaglia, quasi tutti di parte
padronale. Bonifacio VIII venne a sapere la notizia nella
notti di natale del 1200, avéa sovvenzionato questo
esercito... c'erano i borbunghi dentro, c'erano i re di
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Francia, e anche, naturalmente, i nobili fiamminghi,
c'erano gli inglesi, i bretoni ecc.. ecc... Un esercito
colossale! Soldi ce n'erano dentro! Quando lo venne a
sapere ebbe un coccolone. La notte di natale arrivò
velocissimo qualcuno a cavallo. Éra un nobile che si éra
salvato dalla strage, arrivava dalle Fiandre, avéa sfiancato
tre o quattro cavalli, non dormiva da giorni e giorni, arrivò
a Roma, suonarono le trombe, entrò impolverato,
inriconoscibile, grondante di sudore ed anche di sangue si
buttò ai piedi di Bonifacio VIII che si éra appena alzato...
avéa un camicione con un ventre pieno di cibo e di vino...
éra a letto con sua moglie... éra sposato civilmente, tutti lo
sanno... non si poteva sposare in chiesa. Questo cavagliere
si buttò ai piedi di Bonifacio e Bonifacio appena ebbe la
notizia, digrignò i denti, cercò di bestemiare TOC... rimase
bloccato, gli prese un coccolone, come dite voi a Roma, e
non si mosse più. Una leggera bava gli scese dalla bocca,
strabuzzò gli occhi, lo presero, lo portarono via ingessato.
Tutte le domeniche da quel tempo a cinque anni prima del
giorno della sua morte, lo portavano alla mattina della
domenica e delle feste comandate al balcone perché desse
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la benedizione ai fedeli... gli tiravano su il braccio, c'éra un
tecnico venuto dall'estero e via... vita piena di interesse per
cinque anni. Però prima di arrivare a quella condizione
avéa raso al suolo Cortona, cose che non studiamo a
scuola. E la cosa che mi ha meravigliato quando sono
andato a leggere questa storia dell'assedio di Cortona
messo in piedi dal papa... progressista, non dico
rivoluzionario, di questa popolazione che voleva dignità,
voleva diritti, voleva gestirsi in proprio... sugli spalti chi
trovo?
Jacopone
da
Todi....................................................................................
Un'altro grosso ribèlle, addirittura rivoluzionario, anche se
grottesco del nord, éra Ségarello da Parma. Ségalello o
Ségarello, come volete, il suo vero nome di famiglia éra
Ségalello da Parma, ma siccome all'inizio della sua
carriera di predicatore avéa una verve incredibile, avéa un
chiodo fisso... éra molto giovane, poi cambiò e capì come
stavano veramente le cose, ma un chiodo fisso... nei suoi
discorsi ogni tanto incominciava a dire "Guai a voi
cristiani che pensate al sesso e alla fornicazione e nei
vostri pensieri e nei vostri sogni ci sono sempre gli
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amplessi, uomini e donne che siete uno contro l'altro
abbracciati, carne nella carne... CHE E' PECCATO! Voi
nell'inferno soffrirete..." Oh la miseria! Al che il popolo
l'ha chiamato SÉGARELLO da Parma. Da Ségalello...
Ségarello. Lui accettò il gioco, éra diventato uno
straordinario giullare, un provocatore, per far prendere
coscienza alla gente andava, per esempio, in mezzo ai
contadini e incominciava "Ehi contadino, è bèlla la vita , il
sole, miracolo, tu sei la mano di Dio, per Dio, senza di té
saremmo tutti morti, affamati, a strascicare, a mangiare
radici, e tu ci dai da mangiare, il sole. A proposito del sole,
stai attento che sta venendo giù in verticale che ti spacca la
testa, vai sotto la pianta e riposati un pò che già hai
lavorato, è dall'alba che lavori, per Dio, guarda che
bèllezza, hai arato, seminato, concimato, hai potato, c'è da
mangiare per té, per la tua famiglia... e anche per mé,
quando ti vengo a trovare, grazie.... Eh?? Non m'invita,
non m'invita? Come? Devi lavorare ancora??? Perché, per
chi?? Altra terra devi arare... ma... per il padrone???
Questa è bèlla! Padrone di chi... della terra... ah! c'è un
padrone della terra! La terra è di un padrone, bèlla questa!
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Non l'avevo mai sentita. Io avevo letto la bibbia e non ho
mai trovato che una volta il padreterno abbia consegnato
un pezzo di terra a Tizio piuttosto che a Caio...
COGLIONE, T'HAN FREGATO!! Il padrone è un
furbastro di sette cotte, è arrivato prima di té lì, ha messo
un paletto qua, un paletto là... da qui a là è mio, anche da
qui a là è mio, anche lassù fino al fiume ed anche dopo il
fiume è mio. DIO MÉ L'HA DATO E GUAI A CHI MÉ
LO TOCCA! Dio si! Guarda qua il contratto, mé lo ha
firmato lui... come no... sai leggere tu? NO??? Allora cosa
parli! COGLIONE LA TERRA E' DI CHI LA
LAVORA!!!". Pensate, nel medioevo andare in giro a dire
ai contadini "la terra è di chi la lavora", è da deficienti... da
pazzi andare a dirlo ancora oggi ai contadini, pensate nel
medioevo. E l'hanno beccato e l'hanno bruciato vivo e con
lui tutta la sua banda di predicatori detti insaccati. Si
vestivano soltanto con un sacco, gli tagliavano gli angoli...
qui per la testa OPLA! Camiciola e via. Uno solo si salvò
della banda... frà Dolcino. Frà Dolcino non éra per niente
dolce e gentile, se non altro nell'aspetto, éra un gigante,
una montagna, un "armadio con la testa", diceva un
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cronista di quel tempo, e fu la ragione, dice un'altro
cronista, che si salvò frà Dolcino, perché nessun sbirro
ebbe il coraggio di andare ad arrestarlo, potete vederlo da
voi: "FRA' DOLCINO SEI IN ARRESTO!!" "EH???"
"EHM, LA STRADA PER MODENA SCUSI???". Frà
Dolcino si salvò, andò nel trentino, conobbe Margherita da
Trento che divenne la sua donna, una donna straordinaria,
intelligente, i cronisti di parte avversa dicono addirittura
che fosse la più bèlla donna che si fosse vista in Italia in
quel tempo, e con coraggio, con una testardaggine,
soprattutto una perspicacia nelle situazioni. Incredibile!
Insieme andarono e con altri cossì... sobillatori oggi
diremo...provocatori, gente un pò sbandata... andarono
fino in Croazia. In Croazia mossero la presa di coscienza
di molta gente poi vennero ancora in Lombardia
esattamente a Romagnano Sesia, vicino a Novara, vicino a
Vercelli anche che éra la patria di frà Dolcino. In quella
zona c'éra stato già qualche fermento. Quando arrivò frà
Dolcino ci fu addirittura una ribèllione, potremo dire una
rivoluzione senza sbagliare in eccesso. Tutti i tessitori,
rieccoli i tessitori, gli operai organizzati insieme ai
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muratori, agli artigiani, ai contadini della zona cacciàrono
via i grassi borghesi che attraverso le corporazioni
cercavano di soffocare, sfruttare fino in fondo questa gente
che lavorava con le braccia, fatto stà che organizzarono la
prima comunità che si conosce nella storia. Si chiamavano
tutti fra di loro Comunitari. E' la prima volta che troviamo
la credenza per intiero. La credenza è quell'armadio che
abbiamo in cucina tutti quanti, in tutti i paesi d'Italia,
perfino all'estero, in Francia per esempio, in Spagna si
chiama credenza o con altri termini, ma hanno sempre le
stesse radici. La credenza, che viene da credere, credere
in... credenza nella comunità di S. Ambrogio, ecco una
delle prime organizzazioni comunitarie. Questi comunitari
tenevano come fisso per tutti quanti questo enorme, ideale
armadio nel quale si metteva tutto il mangiare, tutto il
raccolto, tutto quello che si éra prodotto e tutto veniva
distribuito, attenti, questo è il particolare importante, non
secondo di quello che uno avéa dato ma a secondo di
quello che uno avéa bisogno. Se uno avéa dato per dieci
persone e avéa bisogno per se solo, riceveva per se solo.
Ancora una cos a importante è il rapporto fra l'uomo e la
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donna nella comunità di frà Dolcino. Le donne e gli
uomini si trovavano per la prima volta alla pari. La donna
ha gli stessi diritti e doveri degli uomini. Badate bene in un
tempo in cui come si pensa ancora adesso, non è ancora
stata cancellata questa forma... sapete bene che i dotti della
chiesa, i santi padri della chiesa avéano decretato che
l'anima nelle femmine entra quasi tre mesi dopo l'entrata
dell'anima nel maschio. Sto dicendo quando è feto nel
ventre della madre, arriva l'anima... è maschio, è maschio
PLUF... arriva l'anima... dice è femmina, io non ci vado ah
no... e determina che dobbiamo amare le nostre donne con
dignità. Amiamole come uomini! Amiamole come esseri
umani, non come femmine.Ora un simile modo di vivere
avéa fatto interessare moltissimi contadini, servi della
gleba, operai e via dicendo, che arrivarono proprio a fronte
di quella zona e i padroni incominciavano a preoccuparsi,
vedevano i contadini e gli operai sgusciar loro di mano,
non potevano più sfruttarli, li rincorrevano, andavano a
prenderli e organizzavano delle spedizioni punitive. La più
grossa fu quella organizzata dal conte del Monferrato il
quale riuscì a beccare un centinaio di comunitardi vicino a
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Prato Sesia, li portò a Novara dove c'éra la Roccaforte
appunto del conte e il reggente di questa roccaforte
appunto éra l'arcivescovo di Novara, suo cugino, che
diede ordine di prendere tutti questi comunitardi e far
tagliare loro mani e piedi, mozzarli e poi sconciarci a
quella maniera, ridotti a tronconi furono messi sul dorso di
muli, cavalli e asini e mandati, legati come salami alla
volta di Romagnano Sesia. Quando i fratelli di questi
sconciati videro questo orrore, non bestemiarono, non
insultarono, partirono in silenzio ma con una rabbia
tremenda, dice una canzone di quel tempo che le
montagne, i fiumi, le pietre e gli alberi si mossero insieme,
con tal slancio arrivarono a Novara, entrarono al primo
slancio, beccarono tutti gli sbirri, li ammazzarono e un
cronista del tempo racconta che al tramonto si vide il
vescovo di Novara con il suo grande mantello, la cappa, il
cappello, il pastorale, il grande libro d'oro, salire pian
piano verso il cielo, controluce, lentamente e qualcuno
notò che c'éra una corda che lo aiutava... la repressione fu
tremenda, ci fu un massacro, ma il massacro fu all'inizio
proprio per gli imperiali, per gli uomini del papa ecc...
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perché le trappole che organizzarono un'altra volta i
dolciniani furono qualche cosa di sorprendente. Per due
anni ne presero di santa ragione, poi incominciàrono a
capire la lezione, a organizzare e a girare, fatto stà che
dopo tre anni furono beccati proprio sul monte Rubèllo,
monte dei ribèlli, si chiama ancora oggi cossì, e messi in
piazza e squartati vivi, tanto Margherita da Trento che frà
Dolcino e tutti gli altri. Ora ci riempie il cuore, ci sentiamo
fremere e devo dire che da un pò di tempo siamo
bravissimi ad applaudire e commuoverci davanti alle storie
che appartengono al passato, "i nostri padri si sono
sacrificati ma per Dio NE VALEVA LA PENA!!" Bravi!
Bravi! E applaudiamo. Poi per quanto riguarda noi ci sono
dei livelli per cui bisogna stare attenti. Va mediato. La
posizione storica non è un'attualità concorde con quello
che sono i risultati internazionali. Quello che io vi ho
raccontato naturalmente sui libri di testo di scuola non c'è
niente, e io ho raccontato molto veloce ma è logico, mica
son fessi i professori, i ministri ecc..., andare a raccontare
nei libri di testo... Frà Dolcino éra già un uomo
straordinario, il primo rivoluzionario che lega le lotte di
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classe alla religione cristiana primitiva... la prima forma di
comunismo ecc... VIVA FRA' DOLCINO, gridano subito i
ragazzini eccitati ABBASSO IL PAPA! Ed è pericoloso
perché è offensivo per un papa come quello che abbiamo
oggi... scherziamo... no, no, non sto scherzando perché
dico, oh, quello éra uno zozzone ma il nostro è delicato e
soprattutto devo dire spiritoso... Eh? No??... Il fatto della
bicicletta voi non l'avete seguito? Merk, il corridore
fiammingo, dopo tante vittorie è arrivato... la cosa più cara
che avéa...è arrivato su coi calzoncini... e davanti al papa
ha detto "Padre accetti la cosa più bèlla che ho" e lui non
ha detto "no, grazie non pedalo"... un altro papa... "no,
l'accetti"
"Non
pedalo!"...
"GRAZIE,
BÈLLA!",
spiritosissimo, però per mé lui è stato ingenuo perché è un
candido, perché Merk è fiammingo... vuoi vedere che c'è
sotto tutta una cosa atavica di odio verso i pontefici per via
che suo nonno, bisnonno éra tessitore anche lui ... e allora
se io gliela... infatti guardate bene la bicicletta, adesso non
è una malignità a vuoto, la bicicletta ... è forse una
bicicletta di strada quella che gli ha regalato? NO! E' una
bicicletta da pista... sono senza freni... la malignità...
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quello va a Castel Gandolfo, poi viene su... troppo! Ma
capite ancora prima che ve l'ho scritto! Lasciatemi almeno
la soddisfazione di dire qualchecosa!... E vede tutto il
nastro della strada che va giù "oh che bèllo... io quasi
quasi ci vado... ", di nascosto perché non vogliono che lui
vada fuori in bicicletta... i preti... "guai se ti vedo eh?" e lui
fuori OPPLA!... La mitria con la visiera... con sotto scritto
FIAT... adesso sappiamo che corre per la Fiat, c'ha un bèl
ingaggio anche... per tutte le lezioni... insomma... e via.
Insomma fate voi a vostra fantasia, io non metto piede,
però la cosa veramente ... e qui non scherziamo... l'altra
commovente è stato il gesto generoso, veramente di grande
calore, quando è sceso tre anni fa dentro la galleria , il
tunnel che avéano fatto per l'autostrada del Sasso, sasso
d'Italia , no... Gran Sasso d'Italia, che hanno bucato...
voraggine dentro... che non si sa dove siano finiti... il
ministro dice "adesso vengono, vengono fuori... son qua
TUM TUM... dove siete? Dove siete?" Chissà dove sono
andati a finire... ebbene lui è sceso... notte di Natale, a dire
la messa per i suoi operai, lì in questo antro... una cosa
incredibile! Perché se uno non crede al diavolo ci va... col
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suo lanternino... oh, ma quello si è messo il caschetto da
minatore bianco e giallo, due chiavi qua... perché lui al
diavolo ci crede! E pensa il coraggio che ha avuto ad
andare in casa del diavolo, col diavolo là in fondo con la
coda, coda lunghissima... Ha avuto il coraggio di andare a
dire la messa per i suoi operai... per i suoi operai... perché
l'impresa che ha fatto il tunnel, la galleria, è del vaticano...
non tutta!... L'85% delle azioni! L'85% delle azioni sono
loro... le cosiddette buone azioni da chiesa! La voglia che
ho, non ne avete idea, di vedere, essere spettatore a mia
volta, perché poi quando immancabilmente, ma tutte le
sere, non si sballa, quando comincio a parlare del papa, io
vede... c'è sempre qualcuno che... proprio lì si vede perché
mentre... non è proprio il caso! La trovo anche una
questione di buon gusto... c'è vicino la moglie che sbaga
AH AH... almeno tu... almeno tu. Ecco allora dicevo che
non c'è niente da fare, non si può pretendere che i padroni
scrivano la storia cossì come dovrebbero, con un minimo
di civiltà insomma... un minimo... il 30% di verità toh! Ma
neanche per idea... mica son fessi AH AH! D'altra parte
non c'è niente da fare, lo diceva anche quel Tse Tung di
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prima, diceva... "il popolo è lui che fa la storia... da secoli,
con la sua invenzione, le sofferenze, la rabbia, il problema
di sopravvivere", inventa la storia... ma poi sono i padroni
che ce la raccontano! E io lo immagino sempre un ... un
pazzo... un giovane... lo sogno un giovane, un ragazzo che
si mette di notte con un bèl secchione di vernice a suo
piacimento, si metta a scrivere sulla facciata dell'università
DA SEMPRE IL POPOLO FA LA STORIA MA POI
SONO I PADRONI CHE CE LA RACCONTANO!
Grande AH AH! E arriva una mattina il ministro
dell'educazione... Malfatti... nome onomatopeico, notate
bene... uno non può sbagliare... ministro dell'educazione
MALFATTI... AH AH... arriva... la borsa col portafoglio...
e mica la lascia in macchina... con l'ambiente di ladri in cui
vivono! E brutto fare il ministro della DC... non si può più
dire NO! NON SONO UN LADRO! Quando gli dicono
LADRO... embè AH AH AH... e facciamo i compromessi
con quelli lì! Malfatti arriva, quando vede lì... TUM, e lo
portano via... no anzi non va via da solo, arrivano dei
giovani di comunione-liberazione ALE' OP OP OP...
Dovete permettermi una malignità... UNA... non ne ho
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dette... no! sono tutte cose vere quelle che ho detto,
sacrosante!... Questa invece è una malignità... proprio una
cattiveria cossì, ma fra compagni... tanto per raccontarla...
no prego... siccome prima ho salutato dei compagni del
PCI, non se la prendano, è una... cossì anche per far buon
sangue eh! Non té la prendi, no? E' quello che ha detto
basta? E' il più spiritoso di tutti. E' proprio quello che noi
chiamiamo l'aperto... va beh, dicevo... no... simpatico... poi
té la racconto! Vedrai che ti faranno!... Allora, dicevo che
arrivano TUM TUM i giovani comunione e liberazione e
di dietro c'è uno, un altro giovane che non ha bén inteso le
nuove direttive dei superiori... un giovane della FGC,
anch'io!... uno solo eh? In questo gioco la preoccupazione
del tenere in piedi, salvare, andare a lezione ma non
troppo, sbragare ma per carità che la DC non frani
dappertutto perché se no porco cane è un disastro qui
come mettiamo il problema della... una preoccupazione
enorme soprattutto dei dirigenti.
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PRERSENTAZIONE MIRACOLO G.
DA FABULAZZO OSCENO
miracolo Gesù presentazione
che saranno una trentina ormai, questo è quello che mi
diverte
ogni volta a raccontare: ed é: "Il primo miracolo di Gesù
Bambino". Allora, c'è gente che lo sa a memoria, ci sono
dei ragazzi che quando sto per fare una battuta fanno UNO
,DUE, TRE ah, certe volte mi precedono la dicono, bisogna
vedere, noi stiamo facendo delle riprese, ogni tanto si
vedono i visi di quelli che parlano con me all'unisono.
Uguale, preciso. Allora , cominciamo. Questo è una storia
tratta
dall'evangelo
apocrifo,
esattamente
un'vangelo
apocrifo detto il proto-Matteo. Ora voi sapete che al tempo
della nascita degli evangeli si è verificato un fenomeno,
straordinario, unica nella storia di tutte le religioni, credo,
ed è quello che di botto vislè trovato in neanche un secolo
davanti una quantità di evangeli, veramente strabordante,
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insomma una cosa, al concilio di nincea nel VI. secolo ho
letto che c'era una cosa come 80-85 evangeli, poi sono
aumentati ancora, sono arrivati a numeri incredibili verso il
1000 - 1100. Ad un certo punto , giustamente, i padri della
chiesa si sono riuniti dicendo, diamocene un taglio, che qui
ogni comunità si metta a fare il
suo evangelo per uso
proprio, per cui c'erano evangeli che contraddicevano
l'altro, Gesù Cristo si trovava in Babilonia, quell'altro lo
mandava in Egitto, andava in Africa a cacciare i coccodrilli,
Gesù Cristo che diventava leone, si trasformava in vento, in
fuoco, e così poi pascolava i cammelli, uccideva il drago,
diventava S. Giorgio, niente, cose da pazzi succedevano. Io
mi sono divertito a leggere qualche evangelo apocrifo, di
quelli cancellati, se vi interessa magari ricordarvi, che a
Palermo nella Monreale ci sono due o tre grossi, anzi sono
mosaici, dove sono raccontati dei miracoli di Gesù Cristo
per esempio c’è Gesù Cristo con i cammelli, io non mi
ricordo di aver mai letto , a parte la cruna nel lago ed il
cammello dentro, ma lui con i cammelli non me lo
ricordavo. Poi ce tutto un pezzo di Gesù Cristo che va al
inferno, cammina in mezzo e schiaffeggia i diavoli, discute,
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vive, insomma delle cose che non esistono nella nostra
conoscenza. Non parliamo della natività. Ci sono
addirittura dieci, venti versioni della natività; il bambino
che nasce in una casa con una donna di servizio vicino, poi
non ci crede fa per toccare il grembo della madonna perché
vuole verificare davvero s'è vergine, rimane paralizzata,
allora ce un serpente che viene fuori. Delle storie
incredibili, fra l'altro, proprio vicino a Gallarate, in una
brughiera c~ e una chiesa ch'è stata dipinta da un greco nel
VII secolo e lì c'è proprio raccontata la storia che dicevo,
della natività con la punizione alla ragazza che non crede
alla verginità della madonna.
Allora quello che mi interessa dirvi e sottolineare è, il fatto
che si è arrivato al accomodamento. Ma la cosa no è
avvenuta così, sul piano dialettico, come potrebbero fare
nel
oggi, s'alza uno che diventa
Po rosso in faccia, non so se avete seguito, ci sono stati
degli scontri molto grossi sul problema, se la religione
cristiana possa essere una religione che sollecita la
liberazione dei popoli, oppure deve essere una religione
dell'abbiocco e dell'accettazione fino in fondo, la scolastica
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che riprende, quelli che esaltano S.Bernadino, gli altri che
saltano S.Paolo, fuori da lì si danno dei cazzotti tremendi,
ma là invece non lo
facevano in disparte, si dettero
veramente legnate in pubblico, il caso di dire, ci furono dei
morti, ci furono dei feriti gravi e questo è ricordato ancora,
dicono i storici, dal copricapo particolare che portano
ancora oggi i cardinali e i vescovi ch’è spaccato in due, a
ricordare le mazzate che si davano. Alla fine dicevo, si
arrivò ad omologare soltanto 4 evangeli, gli altri sono stati
cancellati. Però non soltanto gli evangeli tucur, ma anche
gli evangeli quelli accettati, quello di Matteo per esempio,
quello di Marco, ebbene furono deturcati della parte
iniziale. Per quello che si dice Proto-Evangelo di Marco e
Matteo, la parte iniziale, sapete tutti che in greco proto vuol
dire avanti, lo sappiamo tutti. Eh allora, si, si, è una delle
cose che si sa fin da bambino, fiamma, Papa proto Allora,
tagliato via, qua, è esattamente la storia ohe vi vado
raccontare, questa del 1~ miracolo di Gesù Bambino.
Allora si racconta che Gesù Bambino con la mamma, con
S. Giuseppe e anche con l'asino ch'è stato adoperato per il
trasporto, proprio quello che aveva soffiato, tutta la sacra
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famiglia scappa perché c'è Erode intorno che taglia teste
come fossero cocomeri, agli bambini soprattutto , scappano
verso il nord, arrivano al mediterraneo e di lì s'imbarcano
verso Jaffa. Jaffa, lo sapete benissimo è la patria almeno la
città del pompelmo. Non è quello il primo miracolo di
Gesù Bambino. Gesù Bambino non timbrava i pompelmi.
Ne uno diceva che era la J-lunga di Jesus, che poi se l'ha
corretto in Jaffa. No, non centra. niente. Allora, era molto
più sottile, più delicato, più poetico, arriva a Jaffa la sacra
famiglia e hanno dei problemi> perché si trovano nella
condizione di emigranti, i quali hanno, oltre tutto il guaio
di dover collocare il proprio figlio mentre vanno a lavorare,
perché la madonna si metta a lavorare anche lei, va a
lavare i panni per la gente e sta via tutto il giorno, e il
ragazzino è solo isolato e gli succede come a tutti i figli
degli emigranti che non riesce a comunicare con gli altri. Io
sono stato in Germania a recitare per gli operai italiani
laggiù e ho parlato con loro, sono stato anche a casa loro e
ho visto dove abitano, in questi cortili incredibili,
veramente nella giungla e i bambini poveracci sempre o
pestatioppure in gruppi distaccati; o addirittura incasa a
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guardare dalla finestra perché temono di arrivare da basso
litigare con gli altri bambini che magari li prendono a
cazzotti, li picchiano, li sfottono È perché non sanno la
lingua , perché hanno un altro modo di comportarsi , perché
hanno un'altra cultura. Ecco, anche Gesù Bambino si
ritrova con la stessa chiave, conosce un'altra lingua
completamente diversa da quella di Jaffa, Palestina Jaffa e
Palestina sono lontani mille miglia sul piano culturale,
soprattutto sul piano delle espressioni, credi che sia una
battuta? Guarda che ce una grossa differenza e credo che il
piano culturale palestinese sia diverso da quelli. Prova
sentirli. Io avevo, no, non, non sto scherzando. Posso farvi
il grammelot, fate conto che a Palestina parlano e dai, oh,
uno, la disgrazia, io mi sono trovato a tenere delle lezioni
serie per esempio sulla commedia dell'arte, parlando
seriamente in certe università, appena mi incontravano e
dicevo la commedia dell'arte era pfruuf, ma anche se mi
metto a non so, tenere una lezione di fisica o di meccanica
razionale vengo subito ~effeggiato no, è un disastro. Ad
ogni modo, sappiate, informatevi presso dei cultori dei
studiosi di lingue e vi diranno che fra Jaffa e la Palestina ci
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sono veramente delle differenze enorme come fra il
milanese e il siciliano. Va bene così. Allora, dicevo che la
differenza è tale per cui ha difficoltà anche ad esprimersi, a
farsi capire e Gesù Bambino viene veramente isolato. Pur
di riuscire ad ottenere la simpatia e la possibilità di giocare
con questi bambini, il Bambin Gesù arriva al massimo.
Compie un miracolo
picccolo, delicato, gentile, subito
viene applaudito, abbracciato, riesce ad accattivassi la
simpatia dei ragazzi. Il fatto sta che viene eletto addirittura
capo dei giochi e organizza questo gioco con pieno di
miracoli, uno dietro l'alto, piccoli, sempre da bambino, ma
il fatto sta che entra in scena ad un certo punto ~n altro
ragazzino, ch!è il figlio del padrone di tutta la città il quale ,
sostenuto da due sbirri, si trova su un bellissimo cavallo, se
pur piccolo, tutto bardato d'oro e argento, ma gli altri
ragazzini non lo vogliono nel gioco e lui si incazza, scusate
il termine, ma in questo caso proprio s'incazza, neo è che si
arrabbia , s’incazza e combina l'ira di dio. Spacca tutti i
giochi, distrugge la possibilità che gli altri bambini possono
continuare il gioco, Gesù Bambino proprio, gli girono i
santissi mi proprio a elica, diventa una bestia. Nessuno
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poteva immaginarsi che un uomo così calmo, distaccato,
figlio di Dio e soprattutto chevro ~a ogni ribellione o
risentimento, arrivasse a delle cose così da bambino, è una
peste tremenda, povero, ed anche il padre gli da ragione. Il
padre venendo fuori dalle nubi gli dice: guarda hai
ragione. Hai. ragione. Famiglia di vendicativi, eh. Non c'è
condanna da elargire a chi compie un simile atto di brutalità
verso i bambini, nel momento stesso in cui creano, qui
giocano, un termine , creativo, non lo usava dio ancora, ma
verso chi inventa la possibilità nel gioco di godere. Più
meno è questo il discorso che fa. Ora, oggi come oggi, io
sentivo ieri una trasmissione televisiva, dove c'erano dei
bambini, ma paciocconi, dolci dolcissimi che venivano
intervistati, molto abilmente, da un televisivo, ed i discorsi
che facevano questi bambini erano veramente da capriccio,
perché questi parlavano con il linguaggi ai livelli dei
personaggi televisivi, che venivano fuori, e li conoscevano
tutti, c'era un bambino : alla mattina mi alzo e vedo, e
diceva il programma, poi conosco tizia, Caio , sempronio
tutti i personaggi dei vari fumettoni, dei vdrì mazinga,
coloco, tanto, marobe, tantibo, òolsciatie, poi verso le 16 h
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la mamma dice basta, che gli fanno male gli occhi. Io vado
di la, c'ho un altro televisore bianco-nero, e mi vedo
combringa, gancio, cisto, pinto ... e poi finiva con Pippo
Baudo
Io ho vIsto dei bambini, soprattutto a proposito di
creatività, uscire dalle case, le case, le case da gioco dicevo,
che sono quasi così, ormai sono casa da gioco, da questi
stanzoni, dove esistono questi masse di gioco che fanno
bilibanocpiochipataprapipunpengpong...
poi
escono
e
patabinpraingbunabang. Completamente robbotizzati, e
quando ho notato che loro non giocano con degli immagini,
no, li conoscono già, sanno che arrivano prima, l'hanno
giocato 200 volte, ormai conoscono lo scherma, ci si
mettono 2 monete te lo fanno loro da solo tutto il percorso.
Basta trovare il tasto dov'è , te lo fanno pitipunbran, uguale,
preciso. Ora questa chiave ci fa capire che la vera
creatività, il gioco della fantasia, si sta veramente
massacrando, non so dove si arriverà, spero tanto in
qualche soluzione, una pillola che si da al bambino prima di
giocare, così che non venga contaminato del tutto. Va beh,
il pezzo però ha un altro particolare che io devo illustrarvi.
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La velocità con cui viene raccontato, devo dire alcune delle
cose per cui mi piace veramente in modo morboso
raccontare
questa
storia,
è
il
godimento
che
ho
nell'imprimere questa velocità e questo ritmo e questa
sintesi che deriva direttamente dalla struttura dal racconto
dei misteri apocrifi. Ora se vi interessa c'è Einaudi che ha
pubblicato già 10 anni fa, un testo piuttosto polveroso, ma
veramente divertente, sugli evangeli, andate a leggervelo,
non compratelo costa l'ira di Dio, così come ci sono altre
edizioni mi pare Soari, poi c'è un altro di Trombeni di
Verona, basta così, se no vi faccio una biblioteca. Ad ogni
modo tutti questi qua sui evangeli apocrifi sono veramente
straordinari, Ecco per esempio, per quanto riguardo il
nostro comincio con la descrizione rapidissima del cielo, è
pieno zeppo di stelle, una quantità industriale di stelle con
una stella, ch'è quella cometa naturalmente, che arriva
dentro a piedi giunti e comincia a schiaffeggiare le altre
stelle per farsi posto~con le stelle ~ si arrabbiano, che si,
poi ecco che appresso a questa stella cometa arrivano i tre
re magi I tre re magi li conoscete tutti, c'è quello vecchio un
pò irrancidito, ingrugnito che sta sul cavallo nero,
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importante l'allegoria, nero il cavallo del vecchio che
bestemmia chè ha dei problemi fra il gluteo e la sella, sono
tre giorni e quattro notti che va così sculacciando il proprio
sedere e subito vicino c'è un altro che sorride dolcissimo ed
è un re magio biondo, delicatissimo, con una corona
d'argento e oro, mantello azzuro ecc. con cavallo bianco,
altra
allegoria
importantissima,
bianco
il
giovane
sorridente, l'ingrugnito sul cavallo nero. L'altro, il terzo, lo
sapete benissimo è un negro. Un nero su un cammello,
ecco, la differenza dei re magi di classe. Il negro sta sul
cammello. Sta sul cammello grigio. Nutro, quindi, e però
devo dire, oltre ai coroncini è il più bardato di tutti, il più
colorato di tutti, ha una faccio,, 45 denti che sorridono
sempre e soprattutto canto. Che cosa deve fare un negro su
un cammello in Palestina, vicino al deserto, che segue una
cometa ? Canta! Come minimo, canta! Il vecchio invece è
fuori dalla grazia di dio, non lo accetta, non lo supporta
comincia a bestemmiare, lo insulta, non ne vuole sapere. E
quindi vengono al diverbio e tutti insieme vanno verso
Betlemme ed ecco di colpo appare nel cielo un arcangelo
tremendo. Con una testa di capelli tutti, non ve lo descrivo,
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ma lo sai che questo viene giù con una velocità spaventosa,
dal cielo, fa delle picchiate tremende, urlando: uomo di
buona volontà ecc., andate a portare i vostri doni a Gesù> e
spaventa non soltanto i pastori, ma anche le capre e le
pecore, che perdono il pelo ed il latte al volo. Poi c'è questo
presepio stupendo, arrivano dentro i pastori, arrivano anche
i re magi, c'è S. Anna, la madre della madonna che ha una
velocità di rapina dei doni ai pastori che li lascia appassiti,
non li lascia neanche inginocchiare: via, via, tracciate, e li
incasella tutti perbene col loro bigliettino indicano cosa o 'é
dentro. Arriva subito l'angelo terribile con la spada di fuoco
ad avvertire che bisogna
lì. andarsene in Egitto perché c'era Erode che taglia ecc. C'è
la fuga io Egitto, e questo naturalmente è il raccordo. Via, il
linguaggio che uso è uguale e preciso a quello che uso in
Mistero Buffo con un particolare che è un pò più arcaico e
forse per questo un pò più comprensibile, più chiaro di
quanto non sia in certi momenti qualche discorso. Ho detto
tutto, cominciamo con "Il lo miracolo di Gesù Bambino"
dall'evangelo apocrifo di proto-Matteo.
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