ATTI DEL CONVEGNO
Navigando tra le norme tributarie
4 Ottobre 2013
Salone Nautico Internazionale di Genova
Padiglione Blu - Sala Mezzanino - Casa Carige
A cura di Alberto Marcheselli
Atti raccolti a cura di Alberto Marcheselli, con al collaborazione di Ramona Marchetto,
dottoranda di diritto tributario presso la Scuola di Dottorato dell’Università di Modena e
Reggio Emilia.
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Programma
15.00 Dott. Domenico CHINDEMI
Componente del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria
Consigliere di Cassazione Sezione Tributaria
Saluti istituzionali
Dott. Giovanni SOAVE
Presidente Comm.ne Tributaria Regionale Liguria
Introduzione ai temi del convegno
15.30 Prof. Gianni MARONGIU
Professore emerito Università di Genova
IMU sui posti barca
15.50 Avv. Francesco CIMMINO GIBELLINI
Consulente di Ucina Confindustria Nautica
Novità per le accise sui carburanti
16.10 Dott. Bartolomeo QUATRARO
Presidente Comm.ne Tributaria Provinciale Genova
Le garanzie legali per i crediti marittimi (sequestri, ipoteca, privilegi)
16.30 Dott. Stefano MARCHESE
Esperto fiscale presso la Commissione Europea
Fiscalità della nautica da diporto e profili
comparatistici
16.50 Prof. Alberto MARCHESELLI
Professore di Diritto Finanziario e Tributario nelle Università di Genova e Torino
Problemi vecchi e nuovi in materia di noleggio occasionale
17.10 Dott. Massimo SCUFFI
Magistrato di Cassazione - Presidente Tribunale di Aosta - Vice Presidente Nazionale A.M.T.
Attualità in materia doganale e di accise
Dibattito e conclusioni
18.00 Chiusura lavori e
Consegna Attestati di partecipazione
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Comitato Organizzatore
Avv. Marina CELLE - Presidente Sezione Liguria della A.M.T.
Dott. Mario VENTURINI - Segretario Tesoriere Sezione Liguria della A.M.T.
Dott. Gianni TEDESCHI - Revisore Sezione Liguria della A.M.T.
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INDICE
Domenico Chindemi – Saluti istituzionali
pag. 7
Gianni Marongiu - “Navigando tra le norme tributarie”: alla ricerca di qualche certezza
pag. 9
Francesco Cimmino Gibellini - Applicazione dell’IVA e dell’accisa alla cessione di
oli minerali per la navigazione
pag. 15
Bartolomeo Quatraro - I privilegi marittimi ed aeronautici
pag. 21
Stefano Marchese - Fiscalità della nautica da diporto e profili comparatistici
pag. 37
Alberto Marcheselli - Problemi vecchi e nuovi in materia di noleggio occasionale
pag. 43
Massimo Scuffi - Novità di periodo (legislative e giurisprudenziali) in materia doganale
e di accise
pag. 55
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Domenico Chindemi
Porto il saluto
della
Giustizia
del Consiglio di presidenza
tributaria
unitamente ad altri Enti,
che
ha
patrocinato,
questo interessante
convegno nella splendida cornice del Salone nautico
di Genova che, in tema con l’evento,si occuperà delle
questioni attuali in tema di nautica da diporto e non,
affrontando tematiche rilevanti quali, ad esempio, il
regime fiscale dell’acquisto della imbarcazione, il regime fiscale del suo funzionamento
, in termini di deduzione di costi , di applicazione e detraibilità dell’iva al rifornimento
di gasolio per l’alimentazione delle motonavi e le relative conseguenze qualora si
accerti la mancanza dei presupposti per la non applicazione dell’Iva e delle accise, con
la distinzione tra sanzioni amministrative e penali, questioni attuali che gli utilizzatori di
imbarcazione non sempre conoscono.
Verranno forniti chiarimenti ai proprietari e ai nuovi acquirenti di imbarcazioni
sul regime fiscale di acquisto e vendita, al fine di valorizzare la nautica da diporto
nazionale anche di fronte ai rischi conseguenti all’introduzione del “nuovo”
redditometro che potrebbe costituire una remora all’acquisto di imbarcazioni.
La non imponibilità dell’iva alle navi adibite alla navigazione in alto mare pone
dubbi interpretativi con particolare riferimento alla esenzione per le navi che svolgono
la loro attività entro le acque territoriali comunitarie e cioè entro le 12 miglia dalla
costa.
Così come la medesima esenzione per le navi destinate all’esercizio di attività
commerciale pone problemi legati alla estensione alla locazione e al noleggio di tali
imbarcazioni ai fini della individuazione della non occasionalità e professionalità della
attività e all’esonero dalle accise.
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Appaiono, infatti, attuali anche le tematiche legate al noleggio della barca, sia
di natura privata che commerciale, essendo ammissibile la detrazione dell’Iva solo nel
primo caso
Una sessione prevede la individuazione dei privilegi marittimi e aeronautici , sul
nolo e sulle cose caricate
sia con riferimento alla esecuzione individuale che al
fallimento, individuando i singoli crediti privilegiati, nonché i privilegi sulle cose
caricate sulla nave.
Saranno approfonditi anche i temi della nautica da diporto in un’ottica
comparatistica con altri paesi comunitari , nonché le tematiche doganali collegate col
settore della nautica
La presenza numerosa non solo degli addetti ai lavori ma anche di tante persone
interessate a tali questione è la migliore premessa, unitamente alla spessore culturale e
scientifico dei relatori
per il successo
di questo convegno non solo in termini
quantitativi di partecipazione, ma anche qualitativi relativi alle tematiche trattate.
Dott. Domenico Chindemi
Consigliere della Suprema Corte di Cassazione
Componente del Consiglio di Presidenza della
Giustizia Tributaria
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“Navigando tra le norme tributarie”: alla ricerca di qualche certezza
Gianni Marongiu
Gli organizzatori hanno opportunatamente intitolato questo Convegno
“Navigando tra le norme tributarie”: il titolo rimanda, infatti, al luogo nel quale esso si
svolge, il “Salone nautico” di Genova.
D’altro canto è evidente che, per navigare, occorre una bussola e mi sembra che
questa manchi nell’attuale ordinamento tributario vuoi in termini di consenso, vuoi in
termini di equità.
L’ordinamento naviga, cioè, a vista tra mille contraddizioni e norme, si fa per
dire, eccezionali, derogatorie, improvvisate.
Ne consegue, come si legge in un recente saggio, che di tasse ne parlano tutti, le
pagano in molti, ne capiscono in pochi, ne sorride nessuno.
Di qui nasce l’esigenza di individuare alcuni provvedimenti, non costosi, che
servano a “navigare” meglio.
1) Il Ministero delle Finanze deve riacquistare la propria autonomia: è stato un
errore accorparlo al Tesoro e al Bilancio. L’unificazione ha comportato che il tre volte
ministro, assorbito dai rilevantissimi temi di macroeconomia (euro, disoccupazione,
inflazione, spread ecc.), ha trascurato la guida del fisco che è stata così affidata alle pur
capaci mani della burocrazia.
Il fisco ha , invece, bisogno di un ministro che dialoghi con il Parlamento, che
guidi le sue numerose burocrazie (130.000 persone), che parli all’opinione pubblica, che
costituisca, cioè, un momento di autorevole mediazione politica tra la società e
l’apparato burocratico.
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2) L’organizzazione in agenzia fu una scelta felice e non v’è ragione, oggi, di
dubitarne ma a una condizione che essa non perda lo spirito e i valori che devono
guidare l’amministrazione finanziaria.
Coloro che ad essa appartengono in senso sostanziale non sono degli “agenti” e
tanto meno agenti di una società per azioni tutti dediti al raggiungimento di soli obiettivi
economici: per dirla con un pessimo gergo, aziendale non sono “managers” con un
“target” come purtroppo ho sentito dire pubblicamente.
Sono dei funzionari pubblici che devono applicare la legge con imparzialità così
come prevede la nostra Costituzione (art. 97) e come insegna la Corte di Cassazione, per
la quale “L’Amministrazione finanziaria non è un qualsiasi soggetto giuridico, ma è una
Pubblica Amministrazione. Tale veste, come le attribuisce speciali diritti funzionali che
assicurano nella maniera più ampia e spedita il perseguimento delle sue finalità
nell’interesse collettivo, così, per la stessa ragione, la obbliga all’osservanza di
particolari doveri prima fra tutti quelli dell’imparzialità espressamente sancito dell’art.
97 Cost.” (così Cass. sez. prima, 29 marzo 1990, e anche Cass. sez. un., 30 novembre
2006, n. 26606).
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3) Occorre cambiare almeno il nome ad “Equitalia” che potrebbe divenire
“Agenzia della riscossione”.
Personalmente sono favorevole a una legge che vieti l’uso della parola “Italia” in
contesti diversi da quello della Costituzione che, di per sè, già sancisce che la
Repubblica, in tutte le sue articolazioni, deve essere “equa”, deve rispettare i
fondamentali valori sanciti nella Carta stessa e possibilmente deve essere forte per
proteggere i deboli (e non viceversa) (così l’art. 3, 2° comma della Costituzione).
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4) Occorre recuperare una nozione forte di tributo (quella della Costituzione) che
non può essere ridotta alla disponibilità di risorse che si troverebbero “nelle tasche dei
cittadini”.
Il tributo è un’obbligazione di ripartizione che conseguentemente la legge, e solo
la legge, deve ripartire secondo i principi di capacità contributiva, di uguaglianza e di
ragionevolezza: quindi periodicamente occorre rivedere il vastissimo mondo delle
esenzioni e delle agevolazioni.
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5) Occorre bandire l’uso degli acronimi. I tributi non possono essere chiamati
ICI, IMU, TARES, TARSU e via enumerando. Il contribuente ha diritto di sapere se sta
pagando un’ imposta sul reddito o sul patrimonio o sul consumo o sul trasferimento.
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6) Proprio perché i tributi sono imposti essi devono avere il consenso dei
rappresentanti dei contribuenti. Il Parlamento deve ritrovare l’orgoglio e la dignità di
dettare, in prima persona, la disciplina dei tributi (no taxation whitout representation”) e
non umiliarsi a convertire un numero inflazionato di decreti legge approvati con la
“fiducia”. Occorre trovare una via, che già c’è, per garantire il rispetto dell’articolo 77
della Costituzione, come richiedono la Corte costituzionale e il Presidente della
Repubblica, e per conciliare, nei tempi, efficienza e consenso.
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7) I tributi oggi sono pressoché applicati in autotassazione. Il contribuente per
pagare deve molto fare e fare costa. Conseguentemente la disciplina delle imposte deve
rimanere ferma nel tempo in modo che i contribuenti possano imparare bene le
procedure, i tempi e i modi in cui i tributi stessi devono essere pagati. Altrimenti il costo
del pagamento diventa un’imposta più pesante dell’imposta stessa.
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8) Per raggiungere questo scopo è assolutamente prioritario evitare le leggi
retroattive che devono essere considerate come “eccezionali”. “Osserva G. Alpa (La
certezza del diritto nell’età dell’incertezza, ed. scientifiche, 2006, p. 8), richiamando
Renè Demogue, che la certezza del diritto “non è solo un principio, una formula tecnica,
uno strumento del laboratorio del giurista. E’ anche un veicolo di tranquillità, e di
speranza, per chi crede nel diritto per far valere le proprie pretese, per esercitare il suo
ruolo nella società, per concludere affari duraturi, per difendersi dai pubblici poteri, per
controllare l’operato dell’amministrazione, per partecipare al governo della cosa
pubblica. Ruolo pubblico e ruolo privato sono strettamente connessi sotto l’usbergo
della certezza del diritto”.
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9) La disciplina ferma nel tempo agevola il controllo giurisdizionale: in caso
contrario le sentenze, nel continuo mutare dell’ordito normativo, diventano brandelli
della storia dell’ordinamento tributario.
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10) La disciplina ferma nel tempo agevola il controllo della Corte costituzionale
che invece fa fatica a verificare la rispondenza ai principi di imposte transeunti,
mutevoli nel nome e nella disciplina e di cui non è facile comprendere la ragione.
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11) La durata nel tempo delle normative fiscali agevola ovviamente anche il
lavoro dell’amministrazione evitando continui affanni, possibili errori, e magari anche
responsabilità non gradite.
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12) In sintesi non ci si stancherà mai dal richiedere la stesura di un codice
tributario, strumento che tutti i paesi civili hanno da decenni e che in Italia da decenni è
promesso. Nel 2003 il Parlamento, dettandone i principi e i criteri direttivi, diede, al
riguardo, la delega al Governo che non la utilizzò. Le ragioni non furono esplicitate ed è
difficile ricondurle all’incapacità di scriverlo (considerata l’autorevolezza di chi allora
guidava il Ministero) o alla sua inutilità (considerando che esso è locuzione ricorrente
nella “litania” del ceto politico). E’ quindi naturale concludere che, in realtà, non lo si
vuole (il codice) perché esso costituirebbe un limite all’enorme potere di chi, in nome
dell’emergenza, crea una continua emergenza normativa addirittura nelle procedure e
nei termini di applicazione delle imposte.
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13) Infine una parola conclusiva per dire che tutto ciò, e non sarebbe poco, non
costa neppure una lira. Si tratta di c.d. riforme a costo zero e con esse non si
realizzerebbe di certo l’aspirazione
di quel grande pensatore liberale per il quale
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l’uomo aspira alla felicità e vuole essere libero di perseguirla nel modo che vuole,
liberamente, secondo il suo progetto di vita, indipendentemente dal fatto che egli possa
mai raggiungerla e così trovare un definitivo appagamento (significativamente la
dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti promulgata il 7 giugno 1776 afferma che
diritto fondamentale degli uomini è non semplicemente la felicità ma la ricerca di essa).
Si realizzerebbe, però, il sogno di quello studente torinese che, apponendo una
“l” a un modesto “vietato affiggere” lo trasformò in un consistente e realizzabile
programma politico, “vietato affliggere” (devo questa preziosa indicazione al prof.
Alberto Marcheselli).
Prof. Gianni Marongiu
Professore emerito Università di Genova
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Applicazione dell’IVA e dell’accisa alla cessione di oli minerali per la
navigazione
Francesco Cimmino Gibellini
Il rifornimento di oli minerali (normalmente gasolio) a motonavi (comprese le
unità da diporto) per l’alimentazione degli organi di propulsione delle stesse ed il
funzionamento degli altri macchinari ed apparati di bordo (cosiddetta attività di
bunkeraggio) rientra nell’ambito dell’acquisto di “provviste di bordo” ai sensi dell’art.
252, primo comma, lett. d), del D.P.R. n. 43/1973 (Testo Unico delle Leggi Doganali o
T.U.L.D.).
Il bunkeraggio va considerato in linea di principio come un acquisto di oli
minerali rientrante nel campo di applicazione dell’IVA e dell’accisa a meno che non
siano applicabili specifiche norme che dispongano la non imponibilità o l’esonero da
tali imposte.
Il regime applicabile agli effetti dell’IVA e dell’accisa è soggetto a regole
diverse anche se nella pratica il bunkeraggio o è assoggettato ad entrambe le imposte
ovvero non è soggetto a nessuna delle due.
Molto diverse sono le conseguenze derivanti dalla non applicazione dell’IVA e
dell’accisa qualora venga successivamente contestata la mancanza dei presupposti a tali
fini necessari e vengano comminate le sanzioni relative.
Le sanzioni sono infatti esclusivamente di carattere amministrativo per quanto
riguarda la mancata applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 5 del D. Lgs. n. 471/1997,
mentre assumono carattere penale, ai sensi dell’art. 40, comma 1, lett. c) del D. Lgs. n.
50/1995, in relazione alla destinazione ad usi soggetti ad accisa di oli minerali che ne
sono stati esonerati.
Ne consegue che, in sede di contenzioso, si instaureranno due procedimenti
diversi, il primo avanti il Tribunale Penale per quanto riguarda il suddetto reato ed il
secondo avanti le Commissioni Tributarie per quanto riguarda il recupero dell’IVA e
dell’accisa.
La difesa nei due procedimenti non potrà che basarsi sulle regole disposte in
materia doganale e penale per quanto riguarda il detto reato e sulle regole in materia di
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contenzioso per le imposte indirette per quanto riguarda l’IVA dal momento che diversi
sono i presupposti relativi.
Tutto ciò premesso, esaminiamo qui di seguito distintamente il regime IVA e
quello relativo all’accisa applicabili in materia di bunkeraggio con particolare riguardo
ai casi di non applicazione di tali imposte.
Per quanto riguarda l’IVA, l’art. 8-bis, lett. d) del Decreto IVA (D.P.R. n.
633/1972) dispone che l’acquisto di provviste di bordo, tra le quali rientra anche il
gasolio o altro olio minerale, non è imponibile a condizione che esso sia fornito a navi
adibite alla navigazione in alto mare e destinate all’esercizio di un’attività commerciale.
Il concetto di “navi adibite alla navigazione in alto mare”, secondo
l’interpretazione data dall’Agenzia delle Entrate, deve essere riferita a quelle unità che,
in base alle caratteristiche risultanti dalle categorie di progettazione, siano abilitate alla
navigazione oltre il limite delle acque territoriali, cioè oltre le 12 miglia previste dalla
convenzione di Montego Bay. Devono tuttavia considerarsi escluse dalla detta
definizione quelle unità che di fatto svolgono la loro attività esclusivamente entro le
acque territoriali comunitarie.
Il concetto di “navi destinate all’esercizio di un’attività commerciale” deve
essere riferito all’utilizzo di tali unità come beni strumentali nello svolgimento di una
attività di impresa, comprendendo in particolare la locazione ed il noleggio svolto in
modo professionale e non occasionale. A tal fine lo svolgimento di tale attività deve
risultare dai registri marittimi della Capitaneria di Porto di iscrizione, dall’oggetto
sociale dell’impresa armatrice nonché dal libretto di navigazione dell’unità.
Il decreto IVA prevede inoltre all’art. 4, comma 5, lett. a), che non si considera
attività commerciale quella svolta mediante il possesso e la gestione di unità da diporto
da parte di una società, qualora ai soci della stessa sia consentito il godimento personale
o familiare gratuitamente o per un corrispettivo inferiore al valore normale. Trattasi di
una norma che non torna applicabile ai fini dell’accisa in quanto non esiste nella
regolamentazione di tale imposta.
In definitiva deve quindi considerarsi soggetta regolarmente ad IVA la cessione
di oli minerali per navi che non siano abilitate ovvero che non siano di fatto utilizzate
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per la navigazione oltre le 12 miglia dalla costa ovvero per navi che siano impiegate per
un uso privato e non per un uso commerciale.
Per quanto riguarda l’accisa la normativa fondamentale in materia di
bunkeraggio viene dettata da due norme: il punto 3 della Tabella A allegata al Testo
Unico delle Accise (TUA) di cui al D. Lgs. n. 504/1995 e l’articolo 254 del Testo Unico
delle Leggi Doganali (TULD) di cui al D.P.R. n. 43/1973.
La prima delle dette norme (punto 3 della Tabella A allegata al TUA) prevede
l’esenzione da accisa per l’impiego di oli minerali quali il gasolio come carburanti per la
navigazione nelle acque marine comunitarie, con esclusione delle imbarcazioni private
da diporto. L’ottenimento di tale agevolazione è subordinato alla sussistenza di
determinate condizioni ed all’osservanza di precise prescrizioni previste e disciplinate
da un apposito provvedimento di natura regolamentare, il D.M. n.577 del 16/11/1995.
La seconda norma più sopra menzionata (art. 254 del TULD) riguarda in
generale le provviste di bordo e quindi anche il gasolio per il bunkeraggio.
Il primo comma dell’art. 254 prevede che “i generi costituenti provviste di bordo
imbarcati o trasbordati sulle navi in partenza dai porti dello Stato si considerano usciti
(…) in esportazione definitiva se nazionali o nazionalizzati”.
In base a questa disposizione devono considerarsi pertanto definitivamente
esportati tutti prodotti nazionali, compreso il gasolio, imbarcati sulle navi in partenza da
un porto italiano. Essa, non contenendo alcuna specificazione, si riferisce alle navi di
qualsiasi tipo ed adibite a qualsiasi uso.
La destinazione doganale di esportazione definitiva comporta l’esonero del
gasolio senza l’applicazione di accisa ai sensi dell’art. 14, terzo comma, del TUA.
È dunque prevista come regola generale l’esenzione per il bunkeraggio di navi di
qualsiasi tipo ed adibite a qualsiasi scopo in partenza dai porti italiani.
Tuttavia l’art. 254 così continua al secondo comma: “La precedente disposizione
è applicabile alle navi militari italiane solo quando debbano recarsi in crociera fuori
dal mare territoriale. È altresì applicabile alle unità italiane e straniere da diporto, a
condizione che siano in partenza da un porto marittimo dello Stato con diretta
destinazione ad un porto estero e a condizione che la partenza avvenga entro le otto ore
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successive all’imbarco e sia annotata sul giornale nautico e che, in caso di rientro in un
porto nazionale, lo scalo nel porto estero risulti comprovato mediante il visto apposto
sul giornale delle partenze ed arrivi per l’imbarco delle provviste di bordo in franchigia
doganale dall’autorità marittima o doganale estera”.
Questa disposizione introduce quindi, solo relativamente alle navi militari ed alle
unità da diporto, alcuni limiti rispetto alla previsione generale di cui al primo comma.
In particolare, per quanto riguarda le unità da diporto (italiane o straniere), il
riconoscimento della presunzione di esportazione (e quindi il conseguente esonero da
accisa) è subordinato alle seguenti condizioni:
- che la partenza, annotata sul giornale partenze ed arrivi, avvenga da un porto
marittimo italiano con diretta destinazione ad un porto estero;
- che la partenza avvenga entro le otto ore successive all’imbarco del prodotto
(rifornimento di oli minerali), con annotazione sul giornale arrivi e partenze.
La mancanza anche di uno solo dei requisiti suddetti preclude la configurabilità
delle fattispecie di esonero da accisa e pertanto rende ricuperabile tale tributo da parte
della Dogana con l’applicazione delle relative sanzioni.
L’aspetto interpretativo più controverso della norma in questione riguarda
tuttavia la circostanza che essa sia applicabile alle sole navi da diporto per uso privato
ovvero che trovi applicazione anche alle navi per uso commerciale.
Non vi è dubbio che il secondo comma dell’art. 254 all’epoca della sua
emanazione si riferisse alle navi da diporto utilizzate per uso privato e non anche a
quelle utilizzate per uso commerciale. Infatti nel 1973 non era consentito l’uso
commerciale di una nave da diporto ai sensi della L. 11/2/1971, n. 50.
Nella prassi si è continuato generalmente ad interpretare la norma in questione
nel senso che essa fosse applicabile solo alle navi da diporto per uso privato e ciò anche
dopo che, con l’introduzione del Codice della Nautica da Diporto, è stato riconosciuto
che le unità da diporto possono essere utilizzate anche per un uso commerciale (art. 2,
comma 1, del D. Lgs. n. 171/2005).
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Pertanto in base alla detta interpretazione si è generalmente ritenuto che
l’esonero da accisa per il rifornimento di oli minerali possa avvenire anche senza il
rispetto delle condizioni più sopra indicate in base alla menzionata regola generale
prevista dal primo comma.
Tuttavia recentemente alcuni uffici dell’Agenzia delle Dogane hanno iniziato a
sostenere una diversa interpretazione del secondo comma dell’art. 254.
Si è infatti ritenuto che, in mancanza di uno specifico riferimento di tale norma
alle sole navi da diporto per uso privato, anche le navi per uso commerciale siano tenute
a rispettare le condizioni in essa contenute ai fini dell’esonero da accisa sugli oli
minerali e cioè, in sintesi, che la partenza debba avvenire da un porto italiano con diretta
destinazione ad un porto estero entro le otto ore successive all’imbarco con annotazione
sul registro delle partenze ed arrivi.
In particolare l’Agenzia delle Dogane del Veneto, Ufficio di Venezia, sulla base
di tale interpretazione ha provveduto ad emettere numerosi avvisi di pagamento nei
confronti di quei soggetti italiani e stranieri che negli ultimi cinque anni avevano fatto
bunkeraggio ad unità commerciali con gasolio esonerato da accisa e non erano usciti da
un porto italiano alla volta di un porto estero entro le otto ore.
Gli accertamenti basati su tale interpretazione stanno già dando luogo ad un
vasto contenzioso che ovviamente si estenderebbe in modo molto significativo se altre
Agenzie delle Dogane regionali dovessero seguire l’esempio di quella del Veneto.
Sarebbe comunque auspicabile che la Direzione Nazionale dell’Agenzia delle
Dogane provvedesse ad emanare una circolare volta a chiarire definitivamente la
posizione dell’amministrazione finanziaria in ordine a questo importante problema.
La soluzione interpretativa adottabile può essere quella di escludere che tutte le
cessioni di oli minerali ad unità utilizzate per qualsiasi attività di locazione o noleggio
possano comunque fruire dell’esonero dall’accisa.
Tuttavia, in linea con i casi di non imponibilità ai fini dell’IVA, la detta
agevolazione deve essere riconosciuta anche ai fini dell’accisa nei casi di locazione o
noleggio di unità esercitati nell’ambito di un esercizio di impresa cioè di un’attività
svolta dall’armatore come professione abituale ancorché non esclusiva.
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Certamente non può fruire sia dell’esonero da accisa che della non imponibilità
ai fini dell’IVA, il bunkeraggio di unità da diporto oggetto di locazione o noleggio
occasionale, in particolare quello previsto dalla L. n. 27 del 24/3/2012.
Inoltre l’unità adibita a locazione o noleggio di imbarcazioni per fruire delle
dette agevolazioni deve appartenere o ad imprenditori individuali ovvero ad imprese
iscritti alla Camera di Commercio ed aventi come oggetto lo svolgimento della detta
attività commerciale.
Inoltre in nessun caso può fruire delle dette agevolazioni il bunkeraggio
effettuato dal locatario o dal noleggiatore nel corso del contratto di locazione o
noleggio.
Per quanto infine riguarda le unità battenti bandiera di altri Stati comunitari o
extra comunitari le dette agevolazioni sul bunkeraggio devono essere riconosciute se dal
libretto di navigazione o documento equivalente risulta trattarsi di barche ad uso
commerciale (ad esempio le diciture “commercial vessel” o “commercial yacht”).
Avv. Francesco Cimmino Gibellini
Consulente di Ucina Confindustria Nautica
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I privilegi marittimi ed aeronautici
Bartolomeo Quatraro
L’art. 2750, 1° comma c.c., dispone che i privilegi sulla nave, sul nolo e sulle
cose caricate e i privilegi sull’aeromobile, sul nolo e sulle cose caricate, sono regolati
dal codice della navigazione e, quindi, rispettivamente, dagli artt. 548 ss. e 1022 ss. c.
nav.
Secondo un orientamento ormai consolidato, il rinvio al codice della
navigazione, contenuto nel predetto 1° comma dell’art. 2750 c. nav. deve essere
considerato un rinvio non alle singole disposizioni legislative speciali, ma ad un diritto
speciale che costituisce un corpus normativo dotato di una sua autonomia, ispirato a
principi propri e, in parte, diversi da quelli che disciplinano i privilegi ordinari regolati
dal codice civile (v. in proposito, Cass., 15 novembre 1984, n. 5782).
Il rapporto tra le norme del codice civile e quelle del codice della navigazione è,
infatti, lo stesso rapporto che intercorre tra lex generalis e lex specialis (Cass., sez. un.,
18 settembre 1970, n. 1553, cit.), e cioè un rapporto che trova disciplina, per quanto
riguarda i privilegi, nel 2° comma dell’art. 2750 c.c., secondo cui «ai privilegi previsti
da leggi speciali si applicano le disposizioni del presente capo, se non è diversamente
disposto».
Da ciò consegue che ai privilegi marittimi ed aeronautici sono applicabili le
disposizioni dell’ art. 2749 (che riguarda l’estensione del privilegio agli interessi ed alle
spese) e dell’art. 2769 c.c. (che prevede la possibilità del sequestro per conservare
l’efficacia del privilegio).
Com’è noto, l’art. 2749 c.c. 1° co. dispone che:
1) “Il privilegio accordato al credito si estende alle spese ordinarie per
l’intervento nel processo di esecuzione”.
Queste spese sono esclusivamente quelle sostenute, in proprio, dal creditore e
non le “spese di giustizia” sostenute nell’interesse comune dei creditori concorrenti,
ossia le spese per atti conservatori e di espropriazione di cui agli artt. 2755 e 2770, il cui
privilegio prevale, ai sensi dell’artt. 2777 c.c., su ogni altro credito pignoratizio o
chirografario.
Al contrario, il privilegio accordato al credito capitale non si estende:
1- alle spese del giudizio di cognizione, sostenute per l’accertamento giudiziale
del credito;
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2- alle spese di precetto, in quanto l’esecuzione ha inizio solo con il
pignoramento (art. 491 c.p.c);
3- alle spese relative ai giudizi di opposizione, stante la natura cognitiva sia
prova sul diritto ad iniziare o proseguire l’azione esecutiva;
4- alle spese di protesto di titolo cambiario, dei giudizi monitori e di
registrazione anteriori al pignoramento.
Il 2° comma dell’art. 2749 c.c. dispone che il privilegio accordato al credito
capitale si estende agli interessi dovuti per l’anno in corso alla data del pignoramento (o
del fallimento) e per quelli dell’anno precedente.
Quindi, la prelazione che assiste il credito capitale si estende agli interessi
(convenzionali o, in difetto di pattuizione scritta, legali) maturati per l’anno in corso e
per quello precedente, alla data del pignoramento o del fallimento.
Per “anno in corso” si intende non l’anno solare, ma l’arco di tempo della durata
di dodici mesi anteriori alla data del pignoramento; alle altre annate anteriori non si
estende la prelazione ex art. 2749, 2° comma c.c. e, quindi, i relativi interessi hanno
collocazione chirografaria.
Il 3° comma dell’art. 2749 c.c. dispone che “gli interessi maturati
successivamente al pignoramento (o alla data della sentenza di fallimento) hanno
privilegio nei limiti della misura legale fino alla data della vendita”.
Va opportunamente rilevato che:
a) nell’esecuzione individuale la prelazione che assiste il credito capitale si
estende agli interessi legali solo fino alla data della vendita del o dei beni gravati dal
privilegio e non anche per il periodo successivo alla vendita stessa, per il quale cessa la
maturazione degli interessi (art. 55 1° comma LF);
b) nel fallimento, invece, il novellato terzo comma dell’art. 54 LF ha precisato
che “per i crediti assistiti da privilegio generale, il decorso degli interessi inizia dalla
data del deposito del progetto di riparto sul quale il credito è soddisfatto anche se
parzialmente”.
V’è dunque una discrepanza tra esecuzione individuale ed esecuzione
concorsuale.
c) la prelazione si estende agli interessi legali e comunque nei limiti della misura
legale fissata dall’art. 1284 c.c. e non di quella (diversa) eventualmente prevista da leggi
speciali.
22
Le caratteristiche dei privilegi marittimo ed aeronautico
Sono le seguenti:
1) La specialità
2) La realtà
3) La temporaneità.
Queste caratteristiche sono riconosciute da Cass. 3/3/1965 n. 347 (in Giust. Civ.
1965 , I, p. 1166) per la quale «i privilegi marittimi sono cause di prelazione attribuite
dal codice della navigazione ad alcuni crediti nascenti dalla navigazione ed aventi per
oggetto la nave, il nolo e le cose caricate: sono quindi un accessorio di determinati
crediti e, a differenza dei privilegi mobiliari previsti dal codice civile, hanno sempre
carattere speciale. Essi inoltre hanno natura reale o affine a quella reale, (tanto che
danno luogo ad un diritto di seguito), e carattere temporale, ossia sono limitati nel
tempo».
Quindi, due sono gli aspetti distintivi dei privilegi marittimi ed aeronautici: il
primo, di carattere soggettivo, attiene ai crediti che ne sono assistiti, che devono trovare
la loro causa nel rapporto di navigazione; l’altro, riflette, invece, l’oggetto o i beni
vincolati al privilegio, che possono essere solamente la nave o l’aeromobile ed il nolo
del viaggio, con i loro accessori, ovvero le cose caricate.
Le specialità
I privilegi in esame non sono collegati all’esercizio dell’impresa marittima o
aeronautica, ma sono posti dalla legge a garanzia dei crediti sorti in occasione del
singolo viaggio; essi gravano esclusivamente sui beni
oggetto del singolo viaggio.
Costituiscono, infatti, oggetto di privilegio i beni determinati indicati dagli artt.
552 e 1023 c. nav. e cioè la nave e l’aeromobile, il nolo del viaggio durante il quale è
sorto il credito, le pertinenze della nave o dell’aeromobile, le parti separabili
dell’aeromobile (nei limiti fissati nell’art. 1029 c. nav.), e gli accessori del nolo
guadagnati dopo l’inizio del viaggio; costituiscono, altresì, oggetto di privilegio, ai sensi
degli artt. 561 e 1024 c. nav., le singole cose trasportate.
La realità
La seconda caratteristica dei privilegi marittimi ed aeronautici è la realità che si
estrinseca:
23
a) nel “diritto di seguito”, consistente nel fatto che essi seguono la nave e
l’aeromobile presso i successivi proprietari;
b) nella loro “opponibilità” a tutti i terzi che hanno acquistato la proprietà o
diritti reali sulla nave o sull’aeromobile; anche prima del sorgere dei privilegi in oggetto
ed anche in caso di buona fede degli acquirenti.
I privilegi in esame sono preferiti ai crediti ipotecari; questi, a loro volta,
prevalgono su ogni altro privilegio e, quindi, sui privilegi civili.
È disputato in dottrina se il creditore privilegiato abbia anche il diritto di
ritenzione sulla nave o sull’aeromobile.
Appare preferibile l’opinione negativa, rilevandosi esattamente che il diritto di
ritenzione è funzionalmente collegato alla facoltà del creditore pignoratizio di far
vendere la cosa gravata da pegno secondo le norme stabilite per la vendita del pegno;
ma questa forma di garanzia reale non è ammessa per i beni mobili registrati quali la
nave o l’aeromobile. Quindi, per conservare il privilegio, il creditore dovrà cautelarsi
con il sequestro ex art. 2769 c.c. (così Berlingieri ed Andrioli).
Altra caratteristica dei privilegi marittimi ed aeronautici è la temporaneità.
Infatti, il primo comma dell’art. 558 del c. nav. stabilisce che i privilegi marittimi si
estinguono con lo spirare del termine (perentorio e decadenziale e, quindi, non
suscettibile di sospensione od interruzione) fissato dalla legge per ciascuno di essi.
L’Estinzione
I privilegi in questione si estinguono:
a) per la estinzione del credito;
b) con lo spirare del termine di un anno (per la navigazione marittima) o di 90
giorni (per la navigazione aerea), a decorrere dal giorno in cui il credito privilegiato è
divenuto esigibile.
Detto termine resta però, sospeso fino a quando la nave gravata dai privilegi non
abbia potuto essere sequestrata o pignorata nelle acque territoriali italiane: la
sospensione, comunque, non può superare i 3 anni dal giorno in cui il credito è sorto.
Diverse decorrenze sono, poi, previste in ipotesi particolari, e così il termine
decorre:
- per i privilegi dei crediti per assistenza o salvataggio (art. 582, n. 4): dal giorno
in cui le operazioni sono terminate;
24
- per i privilegi delle indennità dovute in seguito ad urto o ad altri sinistri nonché
di quelle per lesioni personali (art. 552, n. 5): dal giorno in cui il danno è stato prodotto;
- per il privilegio relativo alla perdita o alle avarie deI carico e dei bagagli (art.
552 n. 3): dal giorno della riconsegna o da quello in cui la riconsegna avrebbe dovuto
aver luogo;
- per il privilegio derivante dal contratto di arruolamento o di lavoro (art. 552, n.
2): dal giorno dello sbarco del componente l’equipaggio nel porto di assunzione,
successivamente all’estinzione del contratto;
c) con lo spirare del termine di 180 giorni per i privilegi dei crediti derivanti da
contratti stipulati o da operazioni eseguite dal comandante per la conservazione della
nave o per la continuazione del viaggio. Il termine, in tal caso, decorre dal giorno in cui
il credito è sorto ( art. 552, n. 6);
d) con la perdita della nave o dell’aeromobile, salvo la surrogazione sulle
indennità;
e) con il decreto di aggiudicazione al creditore aggiudicatario (artt. 559 e 664,
1068), nel caso di vendita giudiziale con incanto della nave o dell’aeromobile;
f) con il provvedimento di liberazione della nave o dell’aeromobile dai privilegi
(artt. 673 e segg., 1072), su istanza del terzo acquirente;
g) col decorso di sessanta giorni, nel caso di alienazione volontaria, dalla data
della trascrizione dell’atto di alienazione, se la nave si trova, al tempo della trascrizione,
nella circoscrizione dell’ufficio in cui è iscritta, e dalla data del suo ritorno nella detta
circoscrizione, se la trascrizione dell’alienazione è fatta quando la nave e già partita
(artt. 559, 1026);
h) con il pagamento del nolo all’armatore in caso di privilegio sul nolo, a meno
che le somme si trovino presso il comandante ed il raccomandatario (art, 557, 2°
comma).
I mezzi per impedire l’estinzione del privilegio
Gli unici mezzi che il creditore privilegiato può utilizzare per far valere il suo
diritto ed impedire la decorrenza dei termini di estinzione, secondo un consolidato
orientamento, sono il pignoramento ed il sequestro conservativo, considerata, per
quest’ultimo, la sua funzione anticipatrice del pignoramento (Cass., 3 marzo 1965, n.
347, cit.; App. Palermo, 16 giugno 1966, in Dir. mar., 1966, 285; in Dir. fall, 1966, II,
653 e in Riv. dir. nav., 1967, II, 407, ove si precisa che, oltre che con i suddetti mezzi, il
25
privilegio può essere esercitato con l’intervento nel procedimento esecutivo già iniziato
oppure con la domanda di insinuazione al passivo in caso di fallimento del debitore).
Il sequestro conservativo in oggetto rientra nella disciplina dettata dall’art. 2679
c.c. per la quale “il creditore che ha privilegio su una cosa mobile, se ha fondati timori
di temere la rimozione della cosa dalla particolare situazione alla quale è subordinata la
sussistenza del privilegio, può domandarne il sequestro conservativo”.
Affinché venga autorizzato il sequestro conservativo in oggetto non è necessaria
la sussistenza del periculum in mora richiesto dall’art. 671 c.p.c., essendo sufficiente il
fondato timore della rimozione delle cose dal luogo in cui sono materialmente custodite
(Cass. 31/3/1967 n. 736).
Si discute se lo stesso credito (marittimo o aeronautico) possa essere assistito da
due privilegi, uno previsto dal codice della navigazione ed altro dal codice civile.
Crediti assistiti da siffatti privilegi concorrenti sono:
a) le spese di conservazione della nave che possono essere assistite, oltre che dal
privilegio di cui all’art. 552 n. 1 c. nav., anche dal privilegio di cui all’art. 2756 e 2761
3° comma, c.c.;
b) i crediti per contributi di previdenza sociale, assistiti sia dal privilegio ex art.
552 n. 3 c. nav., sia dal privilegio generale di cui all’art. 2753 c.c.
c) i crediti per retribuzioni dovute ai prestatori di lavoro subordinato, assistiti dal
privilegio di cui agli artt. 552 n. 2 e 1023 n. 2 c. nav. e dall’art. 2751-bis n. 1 c.c.
Secondo Cass. 24 luglio 1989 n. 3486 in Il fall., 1989, 1199, «qualora un credito
fruisca contemporaneamente di privilegio mobiliare speciale e di privilegio mobiliare
generale, deve escludersi che tale credito possa trovare proporzionale collocazione sul
provento dei beni oggetto del privilegio speciale e su quello delle residue attività
mobiliari, atteso che le regole sul concorso, fissate dagli artt. 2777 ss. c.c., impongono
un’unicità di graduatoria, senza distinzione a seconda che più privilegi spettino a
creditori diversi o allo stesso creditore; pertanto, nel caso del credito di lavoro, del
personale di volo di una compagnia aerea, il quale gode tanto del privilegio speciale
sulla « flotta » di cui all’art. 1023 c. nav., quanto del privilegio generale sui mobili di
cui all’art. 2751-bis c.c., si deve ritenere che il creditore medesimo debba trovare
soddisfazione prioritaria su detta « flotta » con preferenza rispetto alla prelazione
spettante al creditore ipotecario (art. 1036 c. nav.) e poi, in ipotesi di incapienza, sugli
altri beni mobili.
26
I singoli crediti privilegiati
Nell’ordine in cui sono elencati, sono privilegiati sulla nave, sull’aeromobile, sul
nolo del viaggio durante il quale è sorto il credito, sulle pertinenze della nave e
dell’aeromobile, sulle parti separabili di quest’ultimo e sugli accessori del nolo
guadagnati dopo l’inizio del viaggio (art. 552, 1023):
1) le spese giudiziali dovute allo Stato o fatte nell’interesse comune dei creditori
per atti conservativi (giuridici) sulla nave o sull’aeromobile o per il processo di
esecuzione.
Secondo Cass. 17/7/1969 n. 2641, per spese fatte per atti conservativi sulla nave
devono intendersi unicamente quelle incontrate dai creditori per atti di conservazione
giuridica del bene, ossia per atti – quali ad es. le spese dell’azione surrogatoria o del
sequestro conservativo - che, mirando ad impedire la sottrazione del bene alla garanzia
dei creditori, siano valsi, o, comunque, preordinati a consentirne la espropriazione. La
Corte ha, di conseguenza, precisato che le spese sostenute per la conservazione
materiale della nave possono fruire di identico privilegio unicamente nell’ipotesi,
prevista nell’ultima parte del n. 1 dell’art. 552 c. nav., in cui esse siano state fatte, dopo
l’entrata della nave nell’ultimo porto e in quella, prevista dal n. 6 del citato articolo, in
cui esse siano state fatte dal comandante in conseguenza di contratti stipulati o di
operazioni eseguite in virtù dei suoi poteri legali.
Spese di altro tipo non godono del privilegio previsto dall’art. 552 n. 1 cod. nav.
Secondo Berlingieri, godono di questo privilegio anche le spese del custode giudiziario
del bene sequestrato o pignorato e quelle di conservazione materiale del bene
autorizzate dal Giudice.
Godono del privilegio in oggetto anche i diritti di ancoraggio, di faro, di porto, i
diritti di aeroporto e gli altri diritti e le tasse della medesima specie; le spese di
pilotaggio; le spese di custodia o di conservazione della nave dopo l’entrata nell’ultimo
porto, nonché dell’aeromobile dopo l’arrivo nel luogo di ultimo approdo.
In giurisprudenza, al riguardo, è stato affermato che per le <<spese di custodia e
conservazione della nave devono intendersi solo quelle finalizzate al non
deterioramento ed alla non disposizione del bene, in previsione che la realizzazione del
suo equivalente economico debba servire al soddisfacimento di tutti i creditori>> e che,
conseguentemente non possono essere considerate tali le spese effettuate dal
raccomandatario, in via di anticipazione per l’armatore, per il normale mantenimento a
bordo di tutto l’equipaggio (Trib. La Spezia, 26 gennaio 1987, cit.). È stato, altresì,
27
affermato che sono da considerare privilegiate le spese di riparazione della nave quali le
spese per l’alaggio, la ridipintura e il calafataggio, dal momento che l’art. 552 n. 1 c.
nav. dichiara privilegiati i crediti per le spese fatte allo scopo di conservare la nave,
senza condizionare la concessione del privilegio medesimo all’effettivo raggiungimento
di tale scopo (App. Firenze, 6 maggio 1958, in Foro it., 1959, I, 1022, con nota di G.V.
FABBRI; in Giur. tosc., 1959, 70); e che il privilegio assiste le spese afferenti ai lavori
di conservazione eseguiti anche su natanti adibiti esclusivamente ai servizi interni di un
porto (Trib. Genova, 26 luglio 1967, in Temi, 1970, 350).
È stato invece escluso il carattere privilegiato del credito per lavori di
riparazione ad una nave commessi dal conduttore della stessa (Trib. Napoli, 19 marzo
1983, in Dir. mar., 1985, 65).
Godono del privilegio fissato dall’art. 552 c.nav. anche
2) i crediti derivati dal contratto di arruolamento o di lavoro del comandante e
degli altri componenti dell’equipaggio, nonché dal contratto di lavoro del personale di
volo;
3) i crediti per le somme anticipate dall’amministrazione della navigazione
ovvero dalla autorità consolare per il mantenimento ed il rimpatrio di componenti
dell’equipaggio;
4) i crediti per contributi obbligatori dovuti ad istituti di previdenza ed assistenza
sociale per la gente di mare e per il personale di volo e della navigazione interna;
5) le indennità ed i compensi di assistenza e di salvataggio e le somme dovute
per contribuzione della nave alle avarie comuni;
6) le indennità per urto o per altri sinistri della navigazione e quelle per danni
alle opere dei porti, bacini e vie navigabili;
7) le indennità per morte o per lesioni ai passeggeri ed agli equipaggi e quelle
per perdite od avarie del carico o del bagaglio;
8) nonché le indennità per danni a terzi sulla superficie quando l’esercente non
abbia contratta o mantenuta in vigore l’assicurazione obbligatoria; le indennità per urto
di aeromobile previsto nell’art. 974;
9) i crediti derivanti da contratti stipulati o da operazioni eseguite, in virtù dei
suoi poteri legali, dal comandante, anche quando sia armatore della nave, per le
esigenze della conservazione della nave ovvero per la continuazione del viaggio;
nonché quando sia esercente dell’aeromobile, per le esigenze di conservazione del
mezzo aereo.
28
Perchè operi il privilegio in esame è necessario: che l’attività del comandante,
nel contrarre le obbligazioni alle quali il privilegio è collegato deve svolgersi su un
piano di autonomia rispetto all’armatore o proprietario della nave (quando egli stesso
non assuma tale posizione), nell’ambito dei poteri a lui eccezionalmente riconosciuti
nell’articolo 306 cod. nav. e con le forme rigorosamente previste negli artt. 307, 314 e
segg. e, quindi, al di fuori di qualsiasi ipotesi di rappresentanza volontaria (App.
Palermo 24/7/1963, in dir. mar. 1963, 592).
Quindi, non opera il privilegio quando nel luogo della contrattazione sia stato
presente il raccomandatario dell’armatore (Trib. Genova 1/7/1964 i Dir. Maritt. 1964, p.
341; App Genova 5/6/1967 in Riv Dir Mar 1967, II, p. 390) o per le somme anticipate
dal raccomandatario direttamente all’armatore. Trib Livorno 31/10/1967 in dir maritt.
1967 p. 605); o quando si tratti di rifornimento di carburante o di viveri che non
possono farsi rientrare nel concetto di approvvigionamenti giornalieri, affidati, a norma
del 1° co. dell’art. 306, ha i normali poteri del comandante ovvero compresi in un
complessivo rapporto di somministrazione posto in essere dall’armatore (Trib. Roma
18/1/1963 in Dir. Fall. 1963 II p. 343).
Il privilegio va riconosciuto per i crediti derivanti da contratti o da operazioni
eseguite per sovvenire alle necessità della conservazione della nave ovvero (ipotesi
alternativa) per la continuazione del viaggio.
La giurisprudenza ha quindi escluso il privilegio:
a) per i normali rifornimenti della nave, soprattutto se effettuati prima dell’inizio
del viaggio, che non possono essere perciò considerate operazioni indispensabili per la
prosecuzione del viaggio stesso (Trib. Genova, 14 dicembre 1965, ed App Genova, 5
giugno 1967, ambedue sopra richiamate, rispettivamente in dir. maritt., 1966, p. 553, ed
in Riv. dir. nav., 1967, II, p. 390);
b) per le forniture periodiche di generi alimentari e per quelle effettuate nel porto
dove si conclude il viaggio (Trib Livorno 31/10/1967, già indicata in dir maritt. 1967, p.
605);
c) per i lavori di integrale rinnovo strutturale della nave eseguiti nel porto di
armamento (Trib, Livorno, 11 ottobre 1968, sopracitata in Dir. maritt., 1967, p. 617);
d) per l’acquisto del corredo per la pesca che, se può risultare indispensabile per
l’attività cui la nave è destinata, rimane comunque estranea alla struttura e funzionalità
della stessa (Trib, Lucca, 27 agosto 1957, in Giust. Civ. 1958, I, p.591).
29
I privilegi sulla nave, sull’aeromobile e sul nolo garantiscono i crediti sorti in
occasione del singolo viaggio.
I crediti relativi allo stesso viaggio sono privilegiati nell’ordine surriportato;
però - in caso di insufficienza del prezzo - i crediti compresi in ciascuno dei numeri
concorrono tra loro in proporzione al loro ammontare (art. 556).
Le indennità per danni alle persone hanno, comunque, preferenza sulle indennità
per danni alle cose previste nello stesso numero.
I crediti privilegiati dell’ultimo viaggio sono preferiti a quelli dei viaggi
precedenti: tuttavia i crediti derivanti da un unico contratto di arruolamento o di lavoro
comprendente più viaggi concorrono tutti nello stesso grado con i crediti dell’ultimo
viaggio (art. 555).
Il privilegio stabilito a favore dell’equipaggio si estende a tutti i noli dovuti per
viaggi eseguiti nel corso di uno stesso contratto di arruolamento o di lavoro (artt. 554,
1026).
I crediti privilegiati seguono la nave o l’aeromobile presso il terzo proprietario;
il privilegio sul nolo può essere esercitato finché il nolo è dovuto ovvero la somma si
trova presso il comandante o il raccomandatario (artt. 557, 1026).
Privilegi sulle cose caricate
Nel successivo ordine di elencazione sono privilegiati sulle cose caricate nella
nave o nell’aeromobile (artt. 561, 1024) (e non sul carico nel suo complesso);
1) le spese giudiziali dovute allo Stato o fatte nell’interesse comune dei creditori
per atti conservativi sulle cose o per il processo di esecuzione;
2) i diritti doganali dovuti sulle cose nel luogo di scaricazione o di consegna;
3) le indennità ed i compensi per assistenza e salvataggio e, per quanto concerne
le merci caricate su navi, le somme dovute per contribuzione alle avarie comuni;
4) i crediti derivanti da contratto di trasporto, comprese le spese di scarico ed il
fitto di magazzini nei quali le cose caricate sono depositate;
5) per quanto concerne le cose caricate su nave, le somme per capitale ed
interessi dovute per le obbligazioni contratte dal comandante sul carico, nei casi previsti
dall’art. 307.
In proposito merita menzione la sentenza 17/3/1966 del Trib di Genova (in Dir
Mar 1966, 310) che ha statuito i seguenti principi:
30
<<Il privilegio previsto dall’art, 561 c. nav. a favore del vettore sulle cose
caricate è una causa di prelazione speciale, cui si connette un diritto di ritenzione, per la
cui conservazione è necessaria la costanza di un rapporto di detenzione con il carico;
esso è soggetto ad un breve termine di estinzione nel caso di avvenuta scaricazione ed è
sfornito di diritto di seguito.
Pur non essendo escluso, di massima, a norma dell’art. 548 c. nav., il concorso
dei privilegi di diritto speciale con quelli di diritto comune, al vettore marittimo non
compete, per il tradizionale orientamento che gli ha sempre negato lo ius sequelae, ed in
quanto la materia è diversamente e completamente regolata dal diritto speciale, anche il
privilegio spettante al vettore terrestre in forza del combinato disposto degli artt. 2756
c.c., che è munito di diritto all’autotutela modellata sulla normativa del pegno, alla
stregua del rinvio all’art. 2797 c.c.
In sede convenzionale al vettore può essere concesso, in deroga alla normativa
legale, il diritto all’esecuzione sulle merci caricate mediante una clausola chiaramente
determinante la relativa facoltà e comportante la dispensa dell’autorizzazione giudiziale
al deposito e alla vendita.
La clausola secondo cui al vettore compete un lien sul carico per il pagamento
del nolo, del vuoto per pieno e delle controstallie, non gli conferisce altresì il diritto di
vendere a mezzo di commissionario o pubblico mediatore la parte del carico necessaria
e sufficiente a soddisfare tali crediti. Tale pattuizione rispecchia infatti il possessory
lien, riconosciuto dalla common maritime law, che è un istituto diverso sia dal
marittime lien (privilegio marittimo tradizionale), il quale, pur dando anch’esso adito ad
un’actio in rem è fornito di ius sequelae e lo precede in sede di prelazione e
graduazione, sia anche dal pledge (pegno), il quale dà anche il diritto di vendere la cosa
gravata.
Quando un carico totale coperto da un solo charterparty giunge con la nave al
porto di destino, il vettore può esercitare il privilegio sul carico e pretendere il nolo
assegnato, nonché le controstallie, in relazione all’intero carico o può procedere alla
consegna del carico in frazioni, nel qual ultimo caso può richiedere il pagamento del
nolo e delle controstallie ed esercitare il diritto di ritenzione in ordine a ciascuna
frazione di carico.
Se il contratto di trasporto di carico totale si è frazionato in vari contratti di
trasporto di carico parziale consacrati in diversi charter, senza emissione di polizze di
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carico, il credito per nolo e controstallie ed il lien sono regolati dai singoli contratti
parziali.>>
<<Quando, ancora, al frazionamento ha corrisposto l’emissione, da parte del
vettore, a favore del caricatore unico che le ha girate a diversi ricevitori, o da parte del
caricatore totale a favore di più prenditori, di diverse polizze di carico, bisogna
distinguere:
a) se nelle singole polizze è stabilito un nolo particolare o pro quota, il vettore
può richiedere solo tale nolo assegnato o tale quota, nonché il compenso di controstallia
pro quota, ed esercitare il diritto di ritenzione soltanto sulle merci comprese nei singoli
titoli di credito;
b) se nelle polizze v’è un richiamo generale ed efficiente al charter, il vettore
può esercitare il lien sull’intero carico e richiedere ad ognuno dei ricevitori l’intero nolo
assegnato e l’intero compenso controstallia, in quanto trattasi, in quest’ultima specie, di
obbligazione di natura solidale derivante dal titolo: il pagamento da parte di uno dei
ricevitori libera gli altri, verso i quali colui che ha pagato ha diritto di regresso pro
parte>>.
Si ricordi che i crediti privilegiati sulle cose caricate su navi sono preferiti a
quelli garantiti da pegno sulle cose caricate, e ciò costituisce un’espressa deroga al
disposto del comma dell’art. 2748 c.c.
Qualora, poi, le cose caricate periscano o si deteriorino, le somme dovute per
indennizzo della perdita e delle avarie (comprese, in questo caso, quelle dovute dagli
assicuratori) sono vincolate al pagamento degli anzidetti crediti privilegiati, a meno che
le somme medesime vengano impiegate per riparare la perdita o le avarie (art. 562,
1026).
I privilegi sulle cose caricate si estinguono se il creditore non intima opposizione
al comandante ovvero non esercita l’azione entro 15 giorni dalla scaricazione e prima
che le cose scaricate siano passate legittimamente a terzi (artt. 564 e 1026).
Ricordo, ancora una volta, che lo strumento giuridico per evitare l’estinzione del
privilegio marittimo è il sequestro ex art. 2769 c.c.
Surrogazione di indennità al bene gravato da privilegio.
Nel caso di perdita o deterioramento della nave o dell’aeromobile e di perdita
anche parziale del nolo, i privilegi si spostano e - per surrogazione - sono vincolati al
pagamento dei crediti privilegiati anzidetti (artt. 553 e 1026):
a) le indennità per danni materiali sofferti e non riparati o per perdita di nolo;
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b) le somme dovute per contribuzione alle avarie comuni sofferte dalla nave in
quanto queste costituiscano danni materiali non riparati ovvero perdite di nolo (art. 469
e segg.);
c) viaggio, dedotte le somme attribuite alle persone al servizio della nave e
dell’aeromobile.
Non sono, invece, vincolati al pagamento dei crediti privilegiati le indennità di
assicurazione, né i premi, le sovvenzioni o altri sussidi dello Stato.
Liberazione della nave e dell’aeromobile dai privilegi e dalle ipoteche il terzo
acquirente di una nave o di un aeromobile o di loro quote, che abbia trascritto il suo
titolo e non sia personalmente obbligato verso creditori privilegiati o ipotecari ha facoltà
di liberare la nave l’aeromobile o
le loro quote da ogni ipoteca iscritta e da ogni privilegio per credito sorto anteriormente
alla trascrizione del Suo titolo di acquisto (art. 673 e 1072 c. nav.).
L’acquirente deve far notificare ai creditori e ai precedenti proprietari un atto,
contenente, fra l’altro, l’offerta di depositare entro) trenta giorni il valore che egli offre
di pagare, affinché sia diviso tra i creditori (art. 675 e 1072 c. nav.).
Ogni creditore privilegiato o ipotecario entro quindici giorni dalla notificazione
può domandare la vendita, all’incanto (art. 676 e 1072 c. nav.).
Se non è domandata la vendita o se la domanda è respinta, il prezzo offerto
dall’acquirente rimane definitivamente fissato). Eseguito dall’acquirente il deposito del
prezzo, il presidente del tribunale ordina con decreto all’ufficio competente la
cancellazione o la riduzione delle trascrizioni ipotecarie (art. 677 e 1072 c. nav.).
I crediti dello spedizioniere doganale (art. da 40 a 54 TULD)
Lo spedizioniere doganale è una figura professionale specializzata in questa
materia, che rappresenta il proprietario della merce nelle operazioni presso L’Autorità
doganale (art. 1, L. n. 213/2000).
Gli spedizionieri iscritti all’Albo e quelli dipendenti dalla Ditta, possono
rappresentare il proprietario della merce presso l’Autorità doganale nella fase della
presentazione della dichiarazione scritta e/o nel compiere determinati atti o di osservare
o di compiere determinati obblighi (art. 40 TULD come modificato da L. n. 146 del 8
maggio 1998; artt. 5 e 64 CDC).
Prima dell’entrata in vigore delle disposizioni del CDC, lo spedizioniere
doganale era la sola figura cui poteva essere conferita la rappresentanza per il
33
compimento delle operazioni doganali (art. 40 TULD), pertanto egli costituiva l’unico
filtro tra operatore e l’Autorità pubblica; attualmente invece ogni operatore può
provvedervi in proprio o farsi rappresentare da un qualsiasi soggetto in grado di
effettuare le operazioni richieste.
Lo spedizioniere non è più tenuto ora al pagamento in via sussidiaria dei
maggiori diritti doganali dovuti a seguito di rettifica dell’accertamento o di revisione
della liquidazione, come prevedeva il 2° comma dell’art. 41 del TULD, ora abrogato
dalla l. n. 146/98; egli, tuttavia, è obbligato in solido con il proprietario della merce
nella rappresentanza diretta (art. 5, comma 4, 2° capoverso CDC).
Nel caso di omesso pagamento dell’imposta sul valore aggiunto a fronte di
dichiarazione di intento presentata in dogana, ai sensi dell’art. 2, comma 1, del d.l. 29
dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, in l. 27 febbraio 1984, n. 17,
rispondono soltanto i cessionari, i committenti e gli importatori che hanno sottoscritto la
dichiarazione d’intento, e non anche lo spedizioniere doganale che l’ha presentata (art.
8, l. n. 213/2000).
Si discute se lo spedizionieri che abbia anticipato per conto del committente le
somme dovute allo Stato per operazioni doganali possa essere surrogato
convenzionalmente (artt. 1201, 1202, c.c.) o legalmente (art. 1203, n. 3, c.c.) nel
particolare privilegio dello Stato, indipendentemente dal possesso delle cose sdoganate
(art. 2758, primo comma, c.c.).
Al quesito, a nostro avviso, deve essere data risposta affermativa, in particolare
per quanto riguarda la surrogazione legale e ciò perché disponendo la legge doganale
che lo spedizioniere, per le operazioni da lui compiute, è tenuto, in via sussidiaria, al
pagamento dell’imposta doganale in luogo del proprietario della merce, pone un obbligo
a carico dello spedizioniere stesso, derivante dall’esercizio della operazione di
spedizione della merce per conto e nell’interesse del committente (così ancora Asquini).
Qualora però lo spedizioniere doganale, nello svolgimento delle operazioni
“doganali per conto del proprietario della merce si avvalga della facoltà di differire il
pagamento dei tributi doganali, ai sensi degli artt. 78 e 79 della legge doganale,
stipulando a tal fine con una società di assicurazione una polizza fideiussoria sostitutiva
della cauzione, la società che abbia prestato la fideiussione e sia stata costretta al
pagamento dei tributi, ha diritto di regresso nei confronti del proprietario della merce
che, sebbene si sia avvalso dell’opera dello spedizioniere doganale, rimane pur sempre
soggetto passivo del rapporto tributario e, quindi, dell’obbligazione garantita.
34
Così la consolidata giurisprudenza della S.C.
Si discute sulla individuazione del privilegio che assiste il credito dello
spedizioniere doganale, per la sua attività.
Secondo Trib. Torino, 8 gennaio 1969, in Dir. fall., 1969, p. 315, lo
spedizioniere doganale non solo rappresenta il proprietario della merce ed agisce in suo
nome per suo conto ed in sua vece, ma si obbliga, anche in nome proprio, pur rimando il
proprietario della merce medesima obbligato in via principale. La responsabilità dello
spedizioniere doganale è quindi sussidiaria, non essendo lo stesso tenuto in solido con il
proprietario, come risulta dal combinato disposto degli artt. 17 l. doganale e 1924 c.c..
Da ciò consegue che, essendo egli un mandatario, per i diritti doganali e per le imposte
generali sull’entrata, egli può vantare il privilegio del mandatario, ma soltanto sulle cose
di proprietà del mandante, in quanto detenute per l’esecuzione del contratto, ai sensi
dell’art. 2761, secondo comma c.c..
Ciò è stato contestato dal Trib. Milano (causa ditat Merlo Enrico e figlio, c.fall
cotonificio Valle di Susa) e App. Milano 1972 (nella medesima causa). I giudici
milanesi hanno ritenuto di qualificare lo spedizioniere doganale professionista
prestatore d’opera intellettuale.
In particolare la Corte, dopo aver rivelato che la l. 22 dicembre 1980, n. 1612 ha,
tra l’altro, fissato l’obbligo del segreto professionale l’interdizione ad esercitare altre
professioni, l’iscrizione necessaria all’ albo, le formalità pubblicistiche della norma,
l’onere di sottostare alla liquidazione delle parcelle ad opera di un ente parastatale,
l’obbligo di sottoporsi a controllo disciplinare, ecc., ha affermato che tutto ciò è
“consono con la natura intellettuale dello spedizioniere doganale, il quale non si occupa,
per così dire, del trasporto delle cose, bensì assume su di sé tutti quei complessi oneri e
quei delicati adempimenti burocratici nonché quei difficoltosi incarichi di carattere
prettamente giuridico e finanziario inerenti al trasporto, che vanno dai rapporti col
trasportatore, ai contatti con le banche e ai collegamenti con gli uffici doganali ed esteri.
La risultanza di questa congerie di compiti, ma soprattutto la loro natura tecnica,
culturale, decisionale, in funzione di una retta indipendenza operativa, fanno nettamente
dello spedizioniere doganale una moderna figura di prestatore d’opera intellettuale”.
Ne consegue che il credito dello spedizioniere doganale va ammesso al passivo
del fallimento in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751 bis c.c.
Condividiamo questa conclusione per quanto riguarda il credito dello
spedizioniere doganale persona fisica, mentre riteniamo che il detto privilegio non possa
35
essere riconosciuto al credito dello spedizioniere doganale persona giuridica, non
potendo a quest’ultima essere riconosciuta la qualità di prestatore d’opera intellettuale,
propria delle sole persone fisiche.
Viceversa riteniamo che il privilegio si debba riconoscere nell’ipotesi di società
di persone, costituita da due o più soggetti che svolgono tutti l’attività di spedizioniere
doganale (ma su ciò, lo riconosciamo, è lecito nutrire qualche dubbio).
Dott. Bartolomeo Quatraro
Presidente C.T.P. di Genova
36
Fiscalità della nautica da diporto e profili comparatistici
Stefano Marchese
Il tema che mi è stato assegnato riguarda la fiscalità della nautica da diporto, da
esaminarsi nel confronto con i sistemi di altri paesi.
Trattandosi di una questione di diritto tributario comparato, è quindi necessario,
in primo luogo, tracciare le linee guida, le coordinate, i pilastri principali della fiscalità
della nautica da diporto al fine di poter fare alcune riflessioni sull'argomento. In altri
termini, occorre capire “cosa” comparare.
Il secondo tema attiene all’oggetto della comparazione: con quale paese
comparare? Si tratta della scelta sul “dove” comparare.
E’ del tutto evidente che non è necessario soltanto individuare le questioni di
fondo in relazione alle quali svolgere una comparazione, ma occorre anche scegliere dei
sistemi tributari, con cui fare la comparazione di quello italiano, che abbiano alcune
caratteristiche di omogeneità. Certamente non sarebbe sensato se andassi a prendere la
fiscalità di qualche paradiso fiscale che tratta particolarmente bene la nautica da diporto.
Non potremmo neppure compararlo all’Italia: qua imposte, là nulla.
Neppure sarebbe sensato se andassi a prendere il sistema fiscale di economie che
non sono paradisi fiscali ma che comunque sono strutturalmente assai lontane dalla
nostra. Così, ad esempio, non avrebbe senso se andassi a prendere il sistema fiscale
cinese, anche se la Cina ha recentemente approvato delle normative di particolare favore
sulla nautica, compresa quella da diporto.
Dobbiamo quindi restare in Europa. Tuttavia, lascerei da parte anche una serie di
paesi sono in Europa; certamente le isole del Canale. Famosissima è Jersey per la
normativa di particolare favore in materia, ma anche le altre isole della Manica offrono
una tassazione particolarmente agevolata. Neppure mi occuperei della stessa Malta la
quale, pur essendo paese membro dell'Unione Europea, ha storicamente una
legislazione di particolare favore nella materia che ci occupa.
37
Il tema, quindi, che ci interessa, può essere esaminato a questo punto prendendo
ad esempio paese molto vicino noi, oltre che dal punto di vista geografico, soprattutto
dalla prospettiva culturale e delle sue tradizioni giuridiche, nonché in termini di similare
impostazione del sistema fiscale. In altri termini, sceglierei la Francia.
È di tutta evidenza che i temi “classici” che potrebbero essere affrontati in
un’analisi comparatistica sono il regime fiscale dell’acquisto dell’imbarcazione e il
trattamento della fiscalità del suo funzionamento (non solo in termini di deduzione o
meno di costi o di applicazione o meno di accise e di IVA, e di eventuale detraibilità di
quest’ultima imposta, ma anche – in una prospettiva italiana – di valorizzazione della
nautica da diporto in ragionamenti di tipo “sintetico” ossia redditometrico).
Similmente, potrebbe avere rilevanza il regime fiscale della vendita
dell’imbarcazione.
Vi è da dire, tuttavia, che IVA e accise sono imposte armonizzate a livello
europeo, per cui non ha molto senso entrare nel dettaglio delle relative disposizioni, che
sono appunto similari.
La distinzione, semmai, si verifica in sede di “approccio” ai problemi, ed su
questo punto che ha senso comparare. Non si lavorerà quindi, come direbbero i
comparatisti, sulle regulae, ma sui principia.
L’approccio tradizionale italiano alla nautica da diporto, lo conosciamo. A parte
un recente mutamento d’opinione dell’attuale governo verso la nautica da diporto, segno
dell’acquisizione di una consapevolezza sulla natura strategica di tale settore
nell’economia italiana, appare in tutta evidenza come, in passato, il possesso dello yacht
voleva dire una probabile evasione o, quantomeno, una situazione da approfondire
sicuramente e da trattare con parecchio sospetto.
Quanti evasori siano stati stanati con questo approccio non è dato sapere, né è
dato sapere quante imposte siano state recuperate a beneficio delle (perennemente)
esangui casse erariali. Ciò che è invece ben noto è stato l’effetto depressivo di tale
modus operandi sul settore della nautica da diporto, che ha determinato ricadute
negative sugli acquisti di tali tipologie di beni (certamente indotte dalla crisi, ma
accentuate da tale approccio), effetti migratori dei diportisti nelle acque francesi o
croate, e conseguenze, tanto inevitabili quanto facilmente intuibili, in termini di indotto.
38
Appare ora evidente, dunque, come la comparazione, nel contesto che ci occupa,
quindi, non ha particolarmente senso sulle singole norme, quanto sull’approccio della
fiscalità alla nautica da diporto.
La questione chiave, il tema comune ai vari paesi, consiste nella distinzione tra
un noleggio della barca a carattere commerciale e un suo impiego a carattere privato.
Nel primo caso, l’operazione rientra nell'ambito del reddito d’impresa, con deduzione
dei costi e detrazione dell’Iva, situazione che, evidentemente, non si verifica nel
secondo caso.
Da questo punto di vista, la nostra Agenzia delle Dogane precisa che se si tratta
di noleggio, non vi è accisa sul carburante, mentre il tributo si applica nel caso di
locazione. Parimenti, l’Agenzia delle Entrate precisa che nel primo caso non vi è IVA
sul carburante, che è invece applicabile nel secondo caso. Inoltre, in caso di noleggio ad
un privato per diporto, sul corrispettivo è dovuta l’IVA. La prassi amministrativa
considera la distinzione tra noleggio e locazione con molto rigore, e numerosi sono i
casi di contestazione di evasione fiscale a causa di finti noleggi.
L’impostazione francese, storicamente, è stata di grande favore per il
contribuente diportista.
Sul bollettino ufficiale delle dogane fu pubblicata una risoluzione del 24 giugno
2004, n. 04-048, intitolata: “Navigazione marittima: il regime fiscale e doganale della
navigazione da diporto”. Con tale risoluzione, famosa nel giro degli esperti del settore, è
stata sostanzialmente affermata la possibilità di sdoppiare, ai fini fiscali, la soggettività
di un contribuente.
In particolare, al fine di poter usufruire del regime tributario “commerciale”
dell’imbarcazione, le dogane francesi chiedevano che l’imbarcazione: (a) fosse
immatricolata come ad uso “commerciale”; (b) fosse dotata di un equipaggio
permanente e (c) fosse esclusivamente utilizzata nel quadro di contratti di locazione o di
noleggio.
Tuttavia, relativamente a tale terzo requisito, le dogane francesi, in qualche
modo, chiudevano un occhio, ed ammettevano che un soggetto, proprietario di una
imbarcazione, e che volesse utilizzarla senza perdere lo status commerciale, la
prendesse in locazione da … sé stesso.
39
La risoluzione affermava che «le persone che detengano in tutto o in parte la
proprietà dell'imbarcazione potranno ugualmente, se lo desiderano, utilizzare questa
imbarcazione alla condizione espressa di farlo in qualità di locatari, corrispondendo essi
stessi un canone di locazione a prezzo di mercato». In altri termini l'agenzia delle
dogane francese consentiva che la medesima persona fosse allo stesso tempo il
proprietario dell'imbarcazione e il conduttore della medesima.
Questa impostazione non ha potuto essere mantenuta per effetto di un intervento
della Corte di Giustizia dell'Unione Europea. La sentenza del 22 dicembre 2010, in
causa C-116/2010, una controversia tra il fisco lussemburghese e un contribuente,
afferma che la direttiva IVA deve essere interpretata nel senso che l'esenzione (noi
diremmo la non imponibilità) dell'imposta valore aggiunto prevista da tale disposizione
non si applica alle prestazioni di servizi consistenti nel mettere a disposizione di persone
fisiche ai fini di diporto in alto mare, dietro pagamento, una nave con equipaggio.
Quindi, in buona sostanza, l’impostazione tradizionale francese dovette essere
aggiornata. Da questo punto di vista la stessa amministrazione ha recentemente
pubblicato una versione aggiornata di una guida intitolata “La dogana e la nautica da
diporto”, pubblicata dal “Ministero del bilancio, dei conti pubblici e della riforma dello
Stato” in cui viene specificato con estrema serenità la tipologia di trattamento fiscale
che si applica ai diversi momenti di vita dell’imbarcazione.
In particolare, la pubblicazione chiarisce anche le modalità di applicazione del
tributo annuale sul possesso dell’imbarcazione, denominato DAFN – Droit annuel de
francisation et de navigation.
Tale tributo viene applicato in funzione della lunghezza dell'imbarcazione e in
funzione della potenza del motore. Senza poter entrare in questa sede nel dettaglio, basti
dire che l’imposizione è stata costruita certamente in modo molto più logico di quanto
non fosse quella italiana, soprattutto nella prima versione del decreto Monti, noto come
“salva-Italia” (sic).
A questo riguardo, rispetto a quella impostazione di due anni fa, che fece fuggire
dai porti del nostro paese i diportisti, si deve registrare un sostanziale ripensamento
della nautica da diporto nel nostro paese, che negli ultimi anni è stata particolarmente
penalizzata in virtù di una asserita equazione secondo la quale la nautica da diporto è
40
uguale a beni di lusso e quindi è uguale all’evasione. E ciò ha determinato una forte
pressione di controllo con gli effetti negativi sul PIL cui prima accennavo.
Vi è piuttosto da registrare, come è stato giustamente evidenziato negli interventi
che mi hanno preceduto, come l’attuale governo senza dubbio abbia adottato una
politica certamente meno penalizzante rispetto al passato, e ciò produrrà, seppure
gradualmente, innegabili effetti positivi sul settore.
Questo è dunque il tema chiave della comparazione nella materia che ci
interessa: non tanto una comparazione di singole regole, quanto una comparazione che
evidenzi la profonda diversità di approccio ai problemi, in una prospettiva per così dire
sociologica, prima ancora che fiscale. Non bisogna infatti mai dimenticare che
l’imposizione, oltre a soddisfare le esigenza di cassa dell’Erario e a realizzare politiche
di redistribuzione della ricchezza, svolge una terza ma non meno importante funzione,
che è quella di indirizzare l’economia.
La politica economica si fa anche con i tributi, e da questo punto di vista,
occorre porre molta attenzione a ciò che gli antichi studiosi di scienza delle finanze
chiamavano “effetti delle imposte”.
Dott. Stefano Marchese
Esperto fiscale presso la Commissione Europea
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42
Problemi vecchi e nuovi in materia di noleggio occasionale
Alberto Marcheselli
Il cosiddetto "Decreto Liberalizzazioni" del 2011 (convertito con modificazioni
dalla l. 24 marzo 2012, n. 27) ha aggiunto l'articolo 49-bis al Codice della Navigazione
da Diporto (d. lgs. 18 luglio 2005, n. 171)1. La nuova norma prevede la fattispecie del
noleggio occasionale disciplinata sul piano del diritto della navigazione, sul piano
lavoristico nonché su quello fiscale.
Oggetto della nostra attenzione sarà il piano tributario, ove, apparentemente, si
presentano due questioni, la prima delineata al comma 1, la seconda al comma 5.
1
Art. 49-bis, d. lgs. 18 luglio 2005, n. 171, “Noleggio occasionale”: 1. Al fine di incentivare la nautica
da diporto e il turismo nautico, il titolare persona fisica o società non avente come oggetto sociale il
noleggio o la locazione, ovvero l'utilizzatore a titolo di locazione finanziaria, di imbarcazioni e navi da
diporto di cui all'articolo 3, comma 1, può effettuare, in forma occasionale, attività di noleggio della
predetta unità. Tale forma di noleggio non costituisce uso commerciale dell'unità. 2. Il comando e la
condotta dell'imbarcazione da diporto possono essere assunti dal titolare, dall'utilizzatore a titolo di
locazione finanziaria dell'imbarcazione ovvero attraverso l'utilizzazione di altro personale, con il solo
requisito del possesso della patente nautica di cui all'articolo 39 del presente codice, in deroga alle
disposizioni recanti l'istituzione e la disciplina dei titoli professionali del diporto. Nel caso di navi da
diporto, in luogo della patente nautica, il conduttore deve essere munito di titolo professionale del diporto.
Qualora sia utilizzato personale diverso, le relative prestazioni di lavoro si intendono comprese tra le
prestazioni occasionali di tipo accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276, e ad esse si applicano le disposizioni di cui all'articolo 72 del citato decreto
legislativo n. 276 del 2003. 3. Ferme restando le previsioni di cui al presente titolo, l'effettuazione del
noleggio è subordinata esclusivamente alla previa comunicazione, da effettuare mediante modalità
telematiche, all'Agenzia delle entrate e alla Capitaneria di porto territorialmente competente, nonché
all'Inps ed all'Inail, nel caso di impiego di personale ai sensi dell'ultimo periodo del comma 2.
L'effettuazione del servizio di noleggio in assenza della comunicazione alla Capitaneria di porto comporta
l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 55, comma 1, del presente codice, mentre la mancata
comunicazione all'Inps o all'Inail comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 3, comma 3, del
decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73. 4.
Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze ed il Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono definite le modalità di attuazione delle
disposizioni di cui al comma 3. 5. I proventi derivanti dall'attività di noleggio di cui al comma 1, di
durata complessiva non superiore a quarantadue giorni, sono assoggettati, a richiesta del percipiente, a
un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali, nella misura del 20 per cento,
con esclusione della detraibilità o deducibilità dei costi e delle spese sostenute relative all'attività di
noleggio. L'imposta sostitutiva è versata entro il termine stabilito per il versamento a saldo dell'imposta
sul reddito delle persone fisiche. L'acconto relativo all'imposta sul reddito delle persone fisiche è
calcolato senza tenere conto delle disposizioni di cui al presente comma. Per la liquidazione,
l'accertamento, la riscossione e il contenzioso riguardanti l'imposta sostitutiva di cui al presente comma si
applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia
delle entrate sono stabilite modalità semplificate di documentazione e di dichiarazione dei predetti
proventi, le modalità di versamento dell'imposta sostitutiva, nonché ogni altra disposizione utile ai fini
dell'attuazione del presente comma. La mancata comunicazione all'Agenzia delle entrate prevista dal
comma 3, primo periodo, preclude la possibilità di fruire del regime tributario sostitutivo di cui al
presente comma, ovvero comporta la decadenza dal medesimo regime.
43
La prima attiene al fatto che dalla norma dell'art. 49-bis, comma 1, sembra
desumersi che il noleggio occasionale non costituisca uso commerciale dell'unità da
diporto. Ad una sommaria analisi, ciò sembrerebbe rilevante ai nostri fini perché
comporterebbe per le operazioni effettuate la non applicabilità dell'I.V.A (prevista per
l'esercizio d'impresa) e l’impossibilità di configurare un reddito di impresa ai fini
dell'imposta sui redditi. La seconda questione rilevante, dal punto di vista tributario, è
contenuta invece all’art. 49-bis, comma 5, ed è rappresentata dalla introduzione di un
regime sostitutivo ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi. E’ prevista, infatti,
un’imposta sostitutiva per i proventi derivanti dal noleggio occasionale.
Se può assumersi che la norma di cui all'art. 49-bis, comma 1, solo
probabilmente possa vantare carattere tributario, ciò non è possibile dire per il comma 5,
che addirittura contiene un regime tributario speciale. Occorre quindi subito riferire che
la disposizione dell’art. 49-bis si presenta dal punto di vista tributarista inficiata alla
base, contenendo una violazione dell’art. 2, dello Statuto del contribuente (l. 27 luglio
2000, n. 212)2, poiché la rubrica della norma ("noleggio occasionale") non menziona la
presenza all’interno della stessa di tributi o regimi tributari. Ancorché possa sembrare
un mero rilievo formale, tuttavia risulta importante perché dal legislatore sarebbe
attendibile un atteggiamento maggiormente rigoroso anche dal punto di vista formale e
alla sciatteria non possiamo né dobbiamo rassegnarci.
Tornando all’aspetto sostanziale e alle due questioni sopra tracciate esaminiamo,
in primis, la questione relativa all'esclusione della natura commerciale per l’uso
dell'unità da diporto per fini di noleggio occasionale. Il comma 1, innanzitutto,
individua la finalità della norma: “ai fini di incentivare la nautica di diporto ed il
turismo nautico”. Appare inevitabile un’osservazione di colore: una legge che espliciti i
suoi fini è una legge debole. Una legge dovrebbe reggersi da sola, sulla base della sua
2
Art. 2, l. 27 luglio 2000, n. 212, “Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie”: 1. Le leggi e
gli altri atti aventi forza di legge che contengono disposizioni tributarie devono menzionarne l'oggetto nel
titolo; la rubrica delle partizioni interne e dei singoli articoli deve menzionare l'oggetto delle disposizioni
ivi contenute. 2. Le leggi e gli atti aventi forza di legge che non hanno un oggetto tributario non possono
contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle strettamente inerenti all'oggetto della legge
medesima. 3. I richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria
si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende fare rinvio. 4. Le
disposizioni modificative di leggi tributarie debbono essere introdotte riportando il testo
conseguentemente modificato.
44
formulazione e della ratio che sottende al suo tenore testuale, senza doversi giustificare.
Una legge che giustifica i suoi fini equivale ad un professore che a lezione esordisse
dicendo che “al fine di aumentare il bagaglio culturale dei suoi allievi in materia di
redditi di capitale”, intende procedere alla trattazione dei redditi di capitale. Tale
indicazione delle finalità della norma, oltre che inutile e inopportuna per un testo
normativo, sembra costituire la “manifestazione del pentimento” del legislatore per i
danni allo sviluppo delle attività nautiche che la recente legislazione fiscale ha
determinato.
Oltre alla specificazione sulla finalità della norma, il comma 1 stabilisce quali
siano i soggetti interessati dalla nuova normativa: primo fra tutti, il titolare persona
fisica dell’unità di diporto; secondo, la società non avente come oggetto sociale il
noleggio o la locazione ed, infine, l’utilizzatore a titolo di locazione finanziaria.
Sulle persone fisiche e sulle società che non svolgano come attività il noleggio o
la locazione non sembrano esserci particolari problemi. La norma sembra, infatti, essere
ragionevole laddove con riferimento alla seconda categoria presume che se una società
dichiara proprio nell’oggetto sociale di fare noleggio questa attività non sia occasionale.
Detto questo, ci potremmo domandare se possa valere anche l’opposto ovvero se
l'attività di noleggio si presenti sempre come occasionale anche nell'ipotesi in cui il
noleggio
non
sia
nell’oggetto
sociale.
La conclusione deve essere negativa: dalla norma discende solo che se l’attività di
noleggio non è contenuta nell’oggetto sociale, il noleggio può essere occasionale; la
condizione del fatto che il noleggio non sia nell’oggetto sociale è necessaria ma non è
sufficiente.
Quanto all’utilizzatore può osservarsi che non vi è menzione circa la veste
giuridica: potrebbe trattarsi di persona fisica o di società. Quindi, genericamente
l’utilizzatore potrebbe effettuare il noleggio occasionale.
Stando al significato letterale, sembra conseguirne che anche una società che
abbia come oggetto sociale il noleggio, se è utilizzatore a titolo di locazione finanziaria,
potrebbe effettuare il noleggio occasionale. Questa conclusione appare, però,
quantomeno curiosa perché la società di noleggio che prendesse delle utilità in leasing
45
sembrerebbe poter effettuare il noleggio occasionale delle stesse (sempre che il noleggio
sia occasionale).
In realtà, questa soluzione sembra essere irragionevole e difficilmente
giustificabile. E’, con tutta probabilità, un altro esempio della poca precisione e
sciatteria del legislatore, che inizialmente si era limitato a prevedere come soggetti la
persona fisica proprietaria oppure l'utilizzatore a titolo di locazione finanziaria e poi,
nella versione modificata dalla legge di conversione, ha inserito anche le società non
aventi nell’oggetto sociale il noleggio e questo ha creato ambiguità.
Verrebbe da domandarsi, per chi volesse inseguire la lettera della norma, perché
una società che abbia preso un’imbarcazione in leasing potrebbe fare noleggio
occasionale anche se è previsto il noleggio come oggetto sociale. Volendo essere
particolarmente pignoli, si potrebbe osservare che l’art. 49-bis parla di utilizzatore in
leasing finanziario mentre l’art. 16 del Codice di diporto3 prevede che il leasing
finanziario abbia una annotazione speciale al fine dell’applicazione delle norme sulla
nautica, specificando che oggetto di questa disposizione è solo il leasing finanziario con
facoltà di acquisto. Occorrerebbe, quindi, domandarsi quali differenze vi siano tra l’art.
49-bis ed il suddetto art. 16. La soluzione che appare preferibile è che l’utilizzatore a
titolo di locazione finanziaria, che può porre in essere noleggio occasionale, sia solo la
persona fisica.
Comunque sia, per i soggetti cui questa norma si applica, quindi persone fisiche
e società che non abbiano come oggetto il noleggio, la disposizione del primo comma
dell’art. 49-bis enuncia una prima indicazione normativa netta in merito a quali
tipologie di soggetti possono fare il noleggio occasionale e sul non uso commerciale
dell’unità adibita a noleggio occasionale.
La funzione di questa disposizione è chiarissima. Essa rappresenta una deroga
all’art. 2, lett. a)4, del Codice di diporto, il quale stabilisce che il noleggio o la locazione
3
Art. 16, d. lgs. 18 luglio 2005, n. 171, “Iscrizione di unità da diporto utilizzate a titolo di locazione
finanziaria”: 1. Le unità da diporto utilizzate a titolo di locazione finanziaria con facoltà di acquisto sono
iscritte a nome del locatore con specifica annotazione sul registro di iscrizione e sulla licenza di
navigazione del nominativo dell'utilizzatore e della data di scadenza del relativo contratto.
4
Art. 2, d. lgs. 18 luglio 2005, n. 171, “Uso commerciale delle unità da diporto”: 1. L'unità da diporto è
utilizzata a fini commerciali quando: a) è oggetto di contratti di locazione e di noleggio; b) è utilizzata
per l'insegnamento professionale della navigazione da diporto; c) è utilizzata da centri di immersione e
46
di una unità di diporto sono sempre commerciali. Dal combinato disposto tra l'art. 2 e
l'art. 49-bis si può allora desumere che:
- il noleggio e la locazione di una unità di diporto sono uso commerciale,
soggette alle norme sul reddito di impresa e soggette ad I.V.A.;
- il noleggio occasionale non costituisce uso commerciale.
Siamo di fronte, rispettivamente, ad una regola e ad una sua eccezione.
All'apparenza sembra, quindi, che sulle prestazioni di noleggio non debba essere
applicata l'I.V.A (a valle) ma non sia consentita la detrazione (a monte). Volendo
approfondire la questione, il fatto che si faccia riferimento alla possibilità di noleggio
occasionale, e che questo non costituisca uso commerciale, effettivamente appare come
una disposizione con un significato ed una rilevanza anche sul piano fiscale. Del resto,
l'Agenzia delle Entrate ha sempre desunto ed affermato che la definizione di
commercialità di cui al Codice della navigazione di diporto (per esempio l’art. 2, che
stabilisce quali usi del diporto siano usi commerciali), fosse rilevante non solo ai fini
dell’applicazione delle norme del codice della nautica, ma anche, più in generale, sul
piano fiscale. Così ad esempio nella circolare n. 43/2011 dell’Agenzia delle Entrate.
Se così è, la logica conseguenza è che anche la norma sul noleggio occasionale
avrebbe una rilevanza fiscale.
Ragionando con maggiore approfondimento nascono, tuttavia, degli interrogativi
molto interessanti.
I primi sono interrogativi che nascono tenendo ferma la rilevanza tributaria della
disposizione. Tra i tanti: entro quale limite l'occasionalità esclude la commercialità?
Entro quali limiti il noleggio occasionale fuoriesce dall’ambito e dalla nozione di
attività commerciale? Sicuramente esclude il carattere commerciale delle attività svolte
dalle persone fisiche o comunque dai soggetti diversi dalle società commerciali e,
di addestramento subacqueo come unità di appoggio per i praticanti immersioni subacquee a scopo
sportivo o ricreativo [-].
47
quindi, dalle società semplici. Una persona fisica, una società semplice che effettua il
noleggio occasionale continua a non rientrare nell’ambito dell’attività commerciale.
L'interrogativo, però, potrebbe anche essere un altro: il fatto che il noleggio
occasionale sia uso non commerciale vale anche quando si tratti di una società
commerciale? Forse questa norma può derogare la natura commerciale delle attività
delle società commerciali? Ovvero, una società commerciale (società per azioni, società
a responsabilità limitata, società in nome collettivo, ecc.) che fa noleggio occasionale,
che regime applica ai relativi proventi? Continua ad applicarsi la regola generale per cui
tutte le attività del soggetto commerciale sono attività di impresa, in applicazione del
cosiddetto "criterio soggettivo di definizione del reddito di impresa" oppure questa è
una norma talmente eccezionale da far sì che la società commerciale svolga tutta attività
commerciale eccetto il noleggio occasionale? Se così fosse, se il noleggio occasionale
fuoriuscisse dall’area di commercialità anche per gli enti commerciali, assisteremmo a
una evidente deroga alle norme di sistema, implicando la fuoriuscita di una parte
dell’attività di un ente commerciale dal regime dei redditi di impresa e di I.V.A. Questa
tesi non pare sostenibile. La norma probabilmente può, e deve, avere una portata più
limitata. Essa stabilisce che l’uso della unità da diporto per fini di noleggio occasionale
non è uso commerciale e che non sia uso commerciale rileva tutte le volte che tale uso,
inteso come attività realmente esercitata, a sua volta, abbia una qualche rilevanza
tributaria. L’elemento oggettivo (attività esercitata) dell’uso commerciale non rileva per
le società commerciali, per le quali la commercialità dipende, direttamente, dalle
caratteristiche del soggetto. Del resto, la disposizione dell’art. 49-bis in esame è una
deroga all'art. 2 del Codice di diporto che rileva, definendo l’uso commerciale, per i soli
soggetti diversi dalle società commerciali. Se l’art. 2 non apporta alcun nuovo
contributo al regime fiscale delle società commerciali, anche la deroga all’art. 2 non può
arrecare modifiche per quanto attiene il regime tributario dei proventi delle società
commerciali.
La conclusione è, allora, che anche il noleggio eventualmente occasionale svolto
da una società commerciale rientra e resta nell’ambito della disciplina dei redditi di
impresa e dell’I.V.A.
Vi è, poi, un secondo punto da approfondire. In virtù della norma di cui all'art.
49-bis il noleggio occasionale non costituisce uso commerciale. Se riflettiamo, questa
disposizione è abbastanza distonica rispetto ai principi del diritto tributario in cui
48
l’occasionalità o l’abitualità non rappresentano un requisito della commercialità.
Quest'ultima dipende dal tipo di attività mentre l’occasionalità o l’abitualità sono modi
di essere dell’attività commerciale. Infatti, ai fini delle imposte sui redditi, esistono le
attività commerciali non esercitate abitualmente ovvero le attività commerciali abituali.
Questa norma, stabilendo che il noleggio occasionale non costituisca uso commerciale,
è stata evidentemente scritta, ammesso che abbia valore tributario, da soggetti che non
hanno particolare confidenza con la materia tributaria, poiché l’occasionalità o
l’abitualità nulla hanno a che vedere con la caratteristica della commercialità. Anche
per quanto attiene l'I.V.A, la norma dell’art. 49-bis vale come deroga nel senso che si
stabilisce, rispetto all’art. 2 del T.U della nautica da diporto, che il noleggio occasionale
non è ad uso commerciale, neanche ai fini I.V.A .
Un’altra questione che affiora dall’art. 49-bis corrisponde alla domanda: quando
il noleggio deve dirsi occasionale? Il primo comma stabilisce che il noleggio
occasionale non costituisce uso commerciale. Ma quali sono le caratteristiche attraverso
cui si definisce il noleggio occasionale? Il comma 5 dell’art. 49-bis stabilisce i requisiti
e le condizioni affinché si possa applicare un regime tributario semplificato, l’imposta
sostitutiva. Ad esempio, si dice che il noleggio non può avere una durata superiore a
quarantadue giorni. Questi limiti sono anche i contenuti dell’occasionalità? La risposta è
negativa, quanto meno stando alla lettera della norma. Il comma 5 non disciplina il
noleggio occasionale bensì il noleggio occasionale sottoposto ad imposta sostitutiva.
Alla lettera, esso non completa la definizione di noleggio occasionale ma ritaglia una
nozione speciale, ovvero quella di noleggio occasionale suscettibile di applicazione
dell’imposta sostitutiva. Possono sorgere dubbi che la volontà del legislatore fosse
quella di tracciare un’occasionalità in generale e un’occasionalità speciale sottoposta a
"cedolare secca", tuttavia questo è il risultato cui si perviene dall'analisi dei commi 1 e 5
di cui all'art. 49-bis.
Premesso ciò, il noleggio va considerato occasionale sulla base delle regole
generali, con tutta una serie di problemi che ne deriva. È noto come, in realtà, il
concetto di occasionalità al fine delle imposte sui redditi e ai fini dell’I.V.A sia tutt’altro
che di facile soluzione. Si possono formulare, allora, una serie di interrogativi.
L’occasionalità va misurata sulla singola unità di diporto o su tutte le eventuali
unità di diporto in possesso del soggetto che le noleggia? La norma del comma 1 è
49
singolarmente mal scritta perché nel contesto della stessa frase usa sia riferimenti al
singolare (uso commerciale di detta unità, presumendo si parli appunto di una sola
unità) che al plurale (titolare di "imbarcazioni" ). Ammesso che possa esserci un
noleggio occasionale anche da parte del titolare di più imbarcazioni, può essere
occasionale anche il noleggio di diverse unità, ciascuna fatta per poco tempo?
Sembrerebbe illogico applicare il concetto di occasionalità parametrandolo alle singole
imbarcazioni. Così ragionando si arriverebbe alla conclusione per la quale un soggetto
potrebbe prendere in locazione finanziaria una serie di barche, con ciascuna fare un
noleggio di breve durata, cambiando continuamente barca: se fosse possibile una
verifica sulla occasionalità sulle singole imbarcazioni, l’attività sarebbe occasionale
nella forma ma non nella sostanza.
La conclusione è che la norma è stata scritta singolarmente male e
l’occasionalità non deve essere riferita al noleggio occasionale della singola
imbarcazione ma all’attività nel suo complesso. Occorre che il soggetto, sia che noleggi
una barca sia che ne noleggi in numero superiore, sommando tutte le attività di noleggio
non superi i limiti dell’occasionalità.
Tale ragionamento riconduce, evidentemente, al nocciolo della questione: in che
cosa consiste l’occasionalità? A questo riguardo occorre verificare tutta la disciplina e
soprattutto la giurisprudenza che è maturata nel tempo sul concetto di occasionalità in
generale. Il che significa, proprio come insegna la giurisprudenza, che l’abitualità non
necessariamente significa esclusività; che può essere abituale e non occasionale
l’attività anche se non è esclusiva; che l’abitualità consiste in una certa stabilità e
regolarità dell’attività ma non è necessariamente continuatività, quindi, può essere
un’attività non continuativa ma comunque non occasionale. Non è nemmeno necessario,
insegna la giurisprudenza, che si tratti di un’attività prevalente per essere abituale o che
si tratti di un’attività ripetuta. La Corte di Cassazione5 ha stabilito che un’unica
operazione molto complessa e costosa non è occasionale anche se è un’operazione sola.
In questo senso, alla luce di questi problemi di natura interpretativa ed in linea di
continuità con tali orientamenti, deve intendersi la portata della norma del comma 1.
Come, d'altronde, è presumibile che si faccia visto che fino ad oggi l’Agenzia delle
5
Cass. civ., Sez. V, 6 luglio 2004, n. 12377.
50
entrate ha sempre ritenuto che la nozione di commercialità del Codice nautico di diporto
rilevasse ai fini fiscali.
A mio avviso, invece, la funzione di questa regola è solo intrinseca ed interna al
Codice della nautica di diporto: la disposizione di cui al comma 1 non è una
disposizione fiscale ma una disposizione che regola il noleggio occasionale dal punto di
vista nautico, stabilendone il regime applicabile dal punto di vista della navigazione.
Ciò perché il noleggio in generale, nel codice, è assoggettato ad una serie di regole.
L’art. 2 prevede che tutti gli usi commerciali, e quindi anche il noleggio, vadano
annotati in appostiti registri. L'art. 23 stabilisce che gli usi commerciali debbano essere
annotati nella licenza di navigazione6. L'art. 61 prevede, invece, che le inchieste, quando
il sinistro riguardi i natanti commerciali, siano obbligatorie7. La regola è che il noleggio
è sempre commerciale quindi va annotato nei registri, va annotato nella licenza di
navigazione e comporta l’inchiesta obbligatoria in caso di sinistro. Tutte queste regole
non si applicano in caso di noleggio occasionale.
A mio avviso la portata della nozione di noleggio occasionale si dovrebbe
fermare qua, non assumendo rilievo tributario.
6
Art. 23, d. lgs. 18 luglio 2005, n. 171, “Licenza di navigazione”: 1. La licenza di navigazione per le
unità da diporto è redatta su modulo conforme al modello approvato con decreto del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti. 2. Sulla licenza di navigazione sono riportati il numero e la sigla di
iscrizione, il tipo e le caratteristiche principali dello scafo e dell'apparato motore, il nome del proprietario,
il nome dell'unità se richiesto, l'ufficio di iscrizione e il tipo di navigazione autorizzata, nonché la stazza
per le navi da diporto. Sono annotati il numero massimo delle persone trasportabili, gli eventuali atti
costitutivi, traslativi ed estintivi della proprietà e degli altri diritti reali di godimento e di garanzia
sull'unità, nonché l'eventuale uso commerciale dell'unità stessa. 3. La licenza di navigazione e gli altri
documenti prescritti sono mantenuti a bordo in originale o in copia autentica, se la navigazione avviene
tra porti dello Stato. 4. La denuncia di furto o di smarrimento o di distruzione dei documenti prescritti,
unitamente ad un documento che attesti la vigenza della copertura assicurativa, costituisce autorizzazione
provvisoria alla navigazione tra porti nazionali per la durata di trenta giorni, a condizione che il certificato
di sicurezza dell'unità sia in corso di validità. 5. Per lo svolgimento delle procedure amministrative, i
documenti di bordo possono essere inviati al competente ufficio su supporto informatico o per via
telematica. 6. Le navi da diporto per le quali il procedimento di iscrizione non sia ancora concluso
possono essere abilitate alla navigazione dai rispettivi uffici di iscrizione con licenza provvisoria la cui
validità non può essere superiore a sei mesi.
7
Art. 61, d. lgs. 18 luglio 2005, n. 171, “Disposizioni in materia di sinistri e inchieste formali”: 1. In caso
di sinistro concernente in modo esclusivo unità da diporto non adibite ad uso commerciale, ove dal fatto
non derivi l'apertura di un procedimento penale, l'inchiesta formale di cui all'articolo 579 del codice della
navigazione è disposta soltanto ad istanza degli interessati.
51
Tuttavia, è verosimile che l’interpretazione che prevarrà sarà quella per la quale
il comma 1 abbia anche valenza fiscale ed escluda l’applicazione delle imposte sui
redditi come reddito di impresa e l’I.V.A nel caso di noleggio occasionale.
Apparentemente, meno problematica è la disciplina per quanto concerne il
comma 5. Esso stabilisce che i proventi del noleggio occasionale, complessivamente
non superiore a quarantadue giorni l'anno,a richiesta del contribuente, e sempre che il
noleggio sia
comunicato all’Agenzia delle Entrate, siano assoggettati ad imposta
sostitutiva sui redditi e alle relative addizionali con aliquota fissa del 20%,
introducendo così una "cedolare secca" sui proventi del noleggio occasionale. Si
stabilisce anche che in caso si scelga il regime della cedolare secca ciò che si
“guadagna”, nel senso dell’applicazione dell’aliquota unica al 20%, è in parte
compensato dal fatto che non sia consentito effettuare detrazioni per i costi sostenuti a
monte, relativi alle imbarcazioni oggetto del noleggio. Si applica l’aliquota del 20%
senza la possibilità di detrarre o dedurre costi.
L'art. 49-bis, comma 5, prevede, ancora, che il versamento della cedolare secca
sia da effettuarsi entro il termine stabilito per il versamento del saldo dell’IRPEF; che la
determinazione dell’acconto dell’IRPEF non tenga conto dei redditi assoggettati alla
cedolare secca; che per la liquidazione, accertamento, riscossione e contenzioso sulla
imposta sostitutiva in materia di proventi da noleggio occasionale si applichino le norme
previste per le imposte sui redditi ed, infine, che un provvedimento del direttore della
Agenzia delle Entrate si occuperà di prevedere in dettaglio la documentazione e la
modalità di versamento di dichiarazione e di attuazione di questa normativa.
Su questa imposta sostitutiva ci limitiamo a formulare due interrogativi.
In prima battuta, ci chiediamo se tale imposta sostitutiva si applichi anche alle
società commerciali o solamente ai soggetti passivi IRPEF. La soluzione potrebbe
apparire ambigua perché da un lato il comma 5, che disciplina l’imposta sostitutiva,
richiama il comma 1 prevedendo che suddetta imposta si applichi, ricorrendo
determinati requisiti, al noleggio occasionale di cui al comma 1. A sua volta, il comma 1
prevede che possa essere effettuato anche da società in generale e quindi anche da
società commerciali. Ciò indurrebbe a pensare che la cedolare secca possa essere
applicata anche a queste ultime. Questa soluzione, ancorché alla lettera giustificabile,
non
appare
tuttavia
condivisibile
per
due
ordini
di
ragioni.
52
In primis, l'art. 49-bis, comma 5, disciplinando l’imposta sostitutiva e facendo esclusivo
riferimento all'IRPEF sembra avere in mente la sola ipotesi del noleggiatore persona
fisica. Poi, vi sarebbe anche qui una rottura sistematica perché i proventi del noleggio
occasionale prodotti da una società commerciale fuoriuscirebbero dalla determinazione
in base al bilancio dall’applicazione in base alle regole ordinarie, per essere assoggettate
sistematicamente a questo regime differenziale. La soluzione che pare preferibile è
allora quella per la quale l’imposta sostitutiva si applichi solo a soggetti diversi dalle
società commerciali, ma la questione rimane dubbia.
Il secondo quesito che possiamo formulare è se questo noleggio assoggettato ad
imposta sostitutiva debba essere misurato sulla singola unità o su tutte le unità. Dal
punto di vista interpretativo sono due le possibili soluzioni prevedendo, la norma, che il
noleggio occasionale che non duri più di quarantadue giorni sia assoggettato ad imposta
sostitutiva:
- noleggio occasionale entro il limite di quarantadue giorni per tutte le unità
complessivamente considerate, tenendo conto di ciascun soggetto che effettua il
noleggio occasionale, di tutti i noleggi che pone in essere con tutte le imbarcazioni:
effettuando sei noleggi da sette giorni ciascuno su sei imbarcazioni diverse avrebbe
raggiunto il limite dei quarantadue giorni;
- noleggio occasionale entro il limite di quarantadue giorni per ciascuna unità:
rimarremmo, così, nell’ambito di applicazione dell’imposta sostitutiva anche se il
soggetto avesse due imbarcazioni da diporto e noleggiasse la prima imbarcazione per
trenta giorni e la seconda per venticinque. Il totale sarebbe di cinquantacinque giorni ma
nessuno dei due noleggi supererebbe il tetto dei quarantadue giorni.
Dal punto di vista sistematico e razionale sembra preferibile la tesi secondo la
quale l’occasionalità speciale, cioè il limite di quarantadue giorni, debba tener conto di
tutti i noleggi effettuati con tutte le imbarcazioni a disposizione.
La questione è comunque ambigua. Se guardiamo, per quello che vale il modello
di comunicazione all'Agenzia delle Entrate del noleggio occasionale, pubblicato sul sito
dell’Agenzia stessa, esso parla di un’imbarcazione soltanto prevedendo una
dichiarazione di noleggio occasionale e consentendo di dichiarare che si effettui il
noleggio occasionale con una barca soltanto. Ci si chiede, allora, se un soggetto che
53
possieda più barche debba fare tante dichiarazioni quante sono le barche o possa
effettuare il noleggio soltanto con una di esse.
Si tratta di questioni aperte che sono evidentemente la conseguenza di un modo
di legiferare un po’ improvvisato e, dal punto di vista tecnico, non particolarmente
accurato.
Prof. Avv. Alberto Marcheselli
Professore di Diritto Finanziario e Tributario nelle
Università di Genova e Torino
54
Novità di periodo (legislative e giurisprudenziali) in materia
doganale e di accise
Massimo Scuffi
Nel corso del 2012-2013 la materia doganale e delle accise è stata interessata da
importanti novità sia sul piano legislativo (manovre Monti) che su quello
giurisprudenziale e siccome le relative problematiche in qualche modo coinvolgono
anche il settore della nautica da diporto(si pensi da ultimo ai natanti immatricolati nel
registro sanmarinese la cui importazione in Italia aveva portato a ritenere la sussistenza
dell’ipotesi criminosa - poi caduta - di contrabbando doganale8)questo Convegno mi
sembra rappresenti
l’occasione ideale per segnalare questi
cambiamenti ed
orientamenti .
1. Il contraddittorio anticipato e la controversia doganale
Da tempo talune pronunzie della Corte di Cassazione –nell’affrontare il tema
delle ingiunzioni doganali emesse senza la preventiva audizione dell’importatore –
erano venute a
valorizzare
il principio del contraddittorio
(anche) nella fase
amministrativa sulla scorta della sentenza nel frattempo resa dalla Corte di Giustizia
nel caso Sopropé9 la quale statuiva che, prima di procedere al recupero “a posteriori”
dei dazi doganali all’importazione ,occorreva concedere sempre un congruo “termine”
all’importatore sospettato di aver commesso l’infrazione affinché fosse messo in grado
di presentare osservazioni
fornendo
il proprio punto di vista per
essere
“effettivamente” esaminato dall’Autorità amministrativa.
Veniva di conseguenza
ritenuta illegittima l’ingiunzione emessa senza tale
preventivo adempimento costituente “estrinsecazione” del diritto di difesa e principio
generale dell’ordinamento comunitario che deve trovare applicazione ogni qual volta
l’Amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto per lui
lesivo,pena la nullità insanabile dell’atto medesimo10 .
8
Cass. 1172/2013
9
Corte di Giustizia, sent.18 dicembre 2008 C 349/07
10
Cass. 14105/2010.
55
Erano perciò abbandonati
quegli orientamenti che tendevano a mitigare
l’assolutezza del principio facendo richiamo alla regola secondo cui le illegittimità,
nell'ambito del procedimento amministrativo di accertamento, divengono censurabili
davanti al giudice tributario soltanto allorché si traducano in un concreto (e dedotto)
pregiudizio per il contribuente11; ovvero poggiavano sulla
constatazione che
la
normativa doganale -in realtà- metteva fin da subito a disposizione dell’operatore
ampie “garanzie procedimentali” assegnandogli un preliminare rimedio di difesa
costituito dalla possibilità di instaurazione di controversia amministrativa (la c.d.
controversia doganale) pienamente rispettosa dei criteri dettati dallo Statuto in tema
“leale cooperazione” tra Amministrazione e contribuente12.
Non trovava così più seguito la prassi della contestuale emissione del processo
verbale di revisione e dell’avviso di rettifica e suppletivo nelle contabilizzazioni a
posteriori senza alcun interpello intermedio.
Va precisato che l’istituto della revisione dell’accertamento è lo strumento che
consente di intervenire a posteriori sulla dichiarazione doganale e – quindi –
successivamente allo svincolo delle merci adottando i provvedimenti necessari alla
regolarizzazione della dichiarazione stessa sulla base di nuovi elementi o di quelli non
correttamente valutati ex ante .
La revisione dell’accertamento costituisce, pertanto, il mezzo attraverso il quale
l’Amministrazione doganale di propria iniziativa o su istanza di parte, procede al
“riesame” del procedimento di accertamento già concluso (resosi cioè “definitivo” con
l’accettazione della dichiarazione previa verifica documentale e/o visita delle merci
quando non basti la semplice registrazione) ponendovi rimedio allorché contenga
elementi inesatti ed incompleti.
L’art. 11, comma 5, del D. Lgs. n. 374/1990
prescrive che, quando dalla
revisione emergano inesattezze, omissioni, errori riguardo agli elementi posti a base
dell’accertamento (quantità, qualità, valore, origine), l’Ufficio procede alla rettifica
redigendo “avviso di accertamento suppletivo e di rettifica” costituente la decisione
11
Cass. 16874/2009.
12
Cass. 13890/08.
56
amministrativa che comunica l’obbligazione al soggetto passivo (an) con la
contabilizzazione a posteriori dell’importo dei dazi ancora dovuti (quantum) 13.
Ora l’Agenzia delle Dogane, con nota del 13 marzo 2010 n. 29694, concludeva inizialmente- nel senso che il “meccanismo partecipativo” poteva trovare applicazione
solo nei procedimenti di revisione che imponevano una effettiva “ingerenza” nella sfera
privata del contribuente tramite attività esterne (accessi, ispezioni, verifiche presso i
locali dell’impresa secondo il complesso iter istruttorio disciplinato dall’art. 54 del
DPR 633/72 )ma non nel caso di attività interne di “ufficio” basate su informazioni già
in possesso dei verificatori che rendevano superfluo assicurare “obbligatoriamente” un
intervallo temporale intermedio per raccogliere le osservazioni dal destinatario, in ogni
caso legittimato a ricorrere in sede amministrativa.
L’esposizione ex post delle ragioni del contribuente veniva però considerata
soluzione insoddisfacente a garantire il
diritto al contraddittorio” pieno ed
incondizionato” specie a fronte del mutato quadro interpretativo secondo il quale il
destinatario di una decisione a lui lesiva deve essere messo in grado di far valere il
proprio punto di vista prima e non dopo l’adozione di tale decisione ,non bastando ad
assicurare una adeguata partecipazione dell’operatore finalizzata ad una istruttoria
“completa ed efficiente” la mera “facoltà” offertagli dall’art. 11 del Dlgs 574/90 di
contestare nella fase pre-giurisdizionale il provvedimento emesso.
Tanto alla fine convinceva l’Agenzia delle Dogane ad estendere- con nota
8.4.2011 n. 34631 - la garanzia partecipativa anche ai casi di revisione
dell’accertamento su base “documentale”con attività integralmente posta in essere in
ufficio,tenuto soprattutto conto delle conformi disposizioni del CDC “aggiornato”(Reg.
450/2008) oggi sostituito dal Codice doganale dell’Unione di cui al Regolamento (UE)
952/2013 che espressamente prevede all’art. 22.6 l’obbligo generale di “audizione”
dell’interessato entro un dato termine per rispondere sulle motivazioni dell’adottando
provvedimento prima di assumere qualsiasi decisioni a lui sfavorevole.
Il Decreto Liberalizzazioni (art. 92 DL 1/2022 conv. nella L. 27/2012) ha così
istituito in via definitiva (con l’inserimento del comma 4bis all’art. 11 della L. 374/90)
il contraddittorio preventivo con l’Agenzia delle Dogane entro 30 gg. dalla consegna
13
L’equivalente in materia di accise è costituito dall’avviso di pagamento previsto dall’art. 14 del TUA in
funzione accertativa-impositiva del tributo e come tale autonomamente impugnabile (Cass.
ord.18731/2009).
57
del p.v.c. (termine dimezzato rispetto a quello di 60 gg. previsto dallo Statuto dei diritti
del contribuente in tal senso restando modificato l’art. 12 dello Statuto medesimo con
l’aggiunta di un secondo periodo per
gli accertamenti e
le verifiche in materia
doganale) prima di notificare l’avviso.
Procedimentalizzato così il contraddittorio è stata al contempo abolita la
controversia doganale per effetto del Decreto semplificazioni fiscali (con soppressione
dell’art. 11 7° co. della L. 374/90 ad opera dell’art. 12 DL 16/2012 conv. in L.
44/2012), rimedio utilizzato per contestare in via amministrativa (prima che giudiziale)
l’avviso di accertamento suppletivo e di rettifica emesso ex post in sede di revisione
doganale .
Va precisato che il termine (ridotto)di 30 gg. assegnato all’operatore per
richieste ed osservazioni è da ritenersi congruo,considerato che la sentenza Sopropé
parla di 15 gg. ed i destinatari sono comunque imprese dotate di alta professionalità .
Se va ritenuta ormai pacifica la eventualità di una invalidità del provvedimento
emesso senza consentire all’operatore di interagire con l’Amministrazione doganale
resta peraltro ancora da verificare se il mancato rispetto del termine in tutta la sua
estensione (salvi i comprovati motivi di urgenza)porti alla stessa conseguenza .
La giurisprudenza di legittimità ha espresso varie opinioni sull’art. 12 comma 7
dello Statuto.
La notifica dell’avviso prima dello spirare del termine non ne comporta la
nullità in mancanza di specifica previsione normativa ,essendo comunque consentito al
contribuente
difesa
sia
in
sede
amministrativa
(autotutela)
sia
in
sede
14
giudiziaria(ricorso in Commissione) ; il mancato rispetto del termine sacrifica un
diritto riconosciuto dalla legge al contribuente e non può che comportare l’illegittimità
dell’atto15; la invalidità dell’atto dipende dalla mancata motivazione sui motivi di
urgenza che ne giustificano la notificazione ante tempus16; la motivazione sull’urgenza
non costituisce elemento essenziale dell’atto e dunque l’omissione non è sanzionabile
14
Cass. 19875/08.
15
Cass. 6088/11.
16
Corte Cost. 244/09 e Cass. 10381/11.
58
con la nullità (e neppure con l’annullabilità) a sensi della L.241/90 in tema di validità
degli atti amministrativi17 .
La questione è stata rimessa alle SSUU18 che si è da ultimo pronunziata19
statuendo
che il
termine di legge è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del
contraddittorio procedimentale e dunque - salva la ricorrenza di specifici motivi di
urgenza - la sua inosservanza determina ex se la nullità dell’avviso di accertamento.
2. Termini di rettifica ed azione penale
L’avviso di rettifica deve essere notificato a pena di decadenza entro tre anni da
quando l’accertamento è diventato definitivo (art. 11 comma 5 L.374/90).
La disposizione trova parallelo temporale nel CDC in tema di contabilizzazione
e recupero dei dazi a posteriori (art. 221 sia nella originaria versione del 1992 sia nella
riformulazione operata dal Reg. (CE) 2700/2000).
Ebbene, quando le autorità competenti accertano che i dazi all’importazione o
all’esportazione legalmente dovuti per la merce dichiarata per un regime doganale
comportante l’obbligo di effettuarne il pagamento non sono richiesti in tutto od in parte
al debitore, esse iniziano una azione di recupero dei dazi non riscossi.
Tale azione non può essere, peraltro, più avviata dopo la scadenza del termine di
3 anni a decorrere dalla data di contabilizzazione dell’importo originariamente richiesto
o – se non vi è stata contabilizzazione – a decorrere dalla data in cui è sorto il debito
doganale relativo alla merce in questione.
Tale termine non è, però, applicabile, quando non si sia potuto determinare
l’importo esatto dei dazi a causa di un “atto passabile di una azione giudiziaria
repressiva (o perseguibile penalmente): in questo caso l’azione di recupero si esercita
conformemente alle disposizioni vigenti in materia negli Stati membri, intese sia quelle
comunitarie che quelle nazionali
17
Cass. 17677/11.
18
Cass. 7318/2012.
19
Cass. 18184/2013.
59
Anche per la norma nazionale (art. 84 TULD), qualora il mancato pagamento –
totale o parziale dei diritti – abbia causa da un reato (di regola truffa ai danni dello
Stato e falso continuato), l’anzidetto termine viene spostato – per così dire – in avanti
iniziando a decorrere dalla data in cui il decreto o la sentenza, pronunziati nel
procedimento penale, sono diventati irrevocabili.
Il termine triennale nazionale coincide con il termine stabilito dalla norma
comunitaria (qualificato quest’ultimo di prescrizione secondo l’interpretazione fornita
dalla Corte di Giustizia)20 il quale prevale nell’ordinamento nazionale in presenza di
illecito penale che ne consente la prorogatio, restando così superato (al cospetto di tale
condizione) il principio civilistico interno secondo cui la decadenza opera per il solo
fatto oggettivo del trascorrere del tempo senza alcuna possibilità di proroga,
sospensione, interruzione21.
Qualche perplessità ha peraltro contrassegnato nella giurisprudenza l’individuazione del momento in cui debba scattare la postergazione dell’azione di recupero dei
diritti evasi.
Secondo un criterio di specialità gerarchica delle fonti normative che vede la
prevalenza del dettato comunitario22 per “atto passabile di azione giudiziaria repressiva”
(o “atto perseguibile penalmente”) la cui definizione impinge la “causa di reato” della
norma nazionale non può assolutamente farsi riferimento all’inizio dell’azione penale
(art. 405 cpp) nelle forme tassative e vincolanti previste dal nostro ordinamento (artt.
416 e segg. cpp).
L’espressione utilizzata – secondo le indicazioni
comunitario
23
fornite dal giudice
sulle quali ha fatto leva parte della giurisprudenza di legittimità24 –
andrebbe infatti riferita a qualsiasi atto che, obbiettivamente considerato, integri una
fattispecie astrattamente prevista come reato dal diritto penale nazionale senza che sia
necessario verificare anche se per esso sia iniziata o possa essere iniziata l’azione
penale.
Tanto consentendo di prescindere dalla posizione soggettiva di tutti o taluno dei
soggetti partecipanti all'operazione irregolare ,entrando in gioco una “caratterizzazione
20
Corte di Giustizia, sent. 6 novembre 1997 C-261/96 Conserchimica.
21
Cass. 1919372006.
22
Cass. 8044/1995.
23
Corte di Giustizia, sent. 27 novembre 1991, C-273/90, Meico-Fell.
24
Cass. 7751/1997 e Cass. 11499/1997.
60
oggettiva” della fattispecie penale coinvolta nel recupero daziario per esigenze di
miglior accertamento dei fatti e di economia processuale25.
La stessa Corte di Giustizia ha del resto chiarito che la “qualificazione” di un
atto come passabile di azione giudiziaria repressiva non costituisce una constatazione
che è stata effettivamente commessa una infrazione al diritto penale ma un mezzo
impiegato nell'ambito ed ai fini di un procedimento di natura amministrativa che ha lo
scopo esclusivo di consentire all'autorità doganale di rimediare ad una percezione
scorretta od insufficiente dei dazi il cui importo esatto spetta ad essa autorità
determinare26.
E’ stato, peraltro, sottolineato che non può essere comunque consentito al
giudice dell’opposizione alla pretesa fiscale di sanare in ogni tempo – attraverso una
valutazione incidenter tantum della fattispecie astratta di reato – la mancata attivazione
da parte dell’Amministrazione nel trasmettere la denunzia di reati di cui venga a
conoscenza in ragione del proprio ufficio (art. 331 cpp) nel corso della sua attività
accertativa circoscritta ad un preciso periodo (3 anni) in collaborazione coordinata con
gli organismi dell’esecutivo comunitario nei controlli cosiddetti a posteriori.
Si finirebbe – diversamente – per legittimare una azione di recupero senza limiti
temporali a discapito della certezza dei rapporti giuridici.
È stato di conseguenza puntualizzato che ciò che va posto in evidenza ai fini
prescrizionali è l’ipotesi delittuosa che sta alla base della notitia criminis, primo atto
“esterno” che prefigura il nodo di commistione tra fatto reato e presupposto di imposta
destinato ad essere sciolto all’esito del giudizio penale.
È questo – in sostanza – l’evento procedimentale che deve intervenire nell’arco
temporale stabilito per il recupero a posteriori al fine di prolungarne la durata senza
conseguenze caducatorie dalla sua inosservanza27.
Il beneficio accordato dalle disposizioni nazionali e comunitarie alle attività di
accertamento delle infrazioni con il prolungamento del termine prescrizionale quando
uno stesso fatto costituisca al tempo stesso fonte di un obbligazione doganale e fatto-
25
Cass. 4771/09 e Cass. 1181/2010.
26
Corte di Giustizia, sent. 18 dicembre 2007, C-26/06, Fazenda Publica.
27
Cass. 21377/2006.
61
reato va quindi sempre raccordato all’apertura delle indagini che deve – ovviamente –
avvenire “prima” e non “dopo” lo spirare del termine di legge28.
Se lo spostamento
prescrizione
non
in avanti della decorrenza
fosse
correlato
alla
del
trasmissione
termine triennale di
della
notitia
criminis
dall’Amministrazione all’Autorità giudiziaria ,il termine di recupero dei dazi sarebbe
infatti privo di riferimenti temporali e dilatabile all’infinito 29
Diversa impostazione si rinviene in tema di imposte sui redditi ed IVA dove è
consentito(decreto Bersani del 2006 che è intervenuto sull’ art. 57 DPR 633/72 e 43
DPR 600/73) il raddoppio dei termini di accertamento brevi in presenza di violazioni
tributarie per le quali vi è obbligo di denunzia penale (Dlgs 74/2000) .
Tale raddoppio opera infatti indipendentemente
dall’effettiva presentazione
della denunzia quando siano obbiettivamente riscontrabili nella fattispecie gli elementi
richiesti dall’art. 331 cp con una valutazione ora per allora(prognosi postuma)della loro
ricorrenza rimessa al giudice tributario30.
Secondo La Corte Costituzionale si tratterebbe nel caso di termini ,ora brevi ora
raddoppiati, riferibili a fattispecie diverse(a seconda che sussista o meno l’obbligo della
denunzia) come tali non “interferenti” e non determinanti alcuna apertura o proroga di
termini ormai scaduti.
Opportunamente lo schema di DDL sulla revisione fiscale ormai decaduto ha
sul punto introdotto (art. 9 in tema di revisione del sistema sanzionatorio) una
ridefinizione della portata applicativa della disciplina del raddoppio dei termini
stabilendo che tale raddoppio si verifichi “soltanto” in presenza di effettivo invio della
denunzia ex art. 331 cp entro un termine correlato allo spirare del termine ordinario di
decadenza.
Onde eliminare ogni incertezza (e prolungamento)nel computo del periodo di
comporto per l’azione di recupero il Codice doganale dell’Unione cit. ha poi previsto
all’art. 103 che ”quando l’obbligazione doganale sorge in seguito ad un atto che nel
momento in cui è stato commesso era perseguibile penalmente,il termine di tre anni di
28
Ex multis Cass.. 19193/2006, cit e Cass. 22014/2006.Ibidem. da ultimo Cass. 24336/2009
Cass.4999/2009 – Cass. 9773/2010.
29
Cass. 30710/11 e Cass. 14016/2012.
30
Corte Cost. 247/2011.
62
-
cui al par.1 (data in cui è sorta l’obbligazione doganale) viene esteso da un minimo di
cinque ad un massimo di dieci anni conformemente al diritto nazionale”.
3. La competenza territoriale
L’orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito era consolidata nel
senso di ritenere competente per territorio alla revisione dell’accertamento divenuto
definitivo la dogana presso la quale era sorta l’obbligazione doganale, cioè l’ufficio
doganale dove si sono svolte le operazioni di importazione e non anche la dogana del
luogo ove ha sede l’impresa importatrice fatta oggetto di verifiche a posteriori .
La nascita dell’obbligazione doganale coincide – infatti - con la destinazione al
consumo nel territorio comunitario (altrimenti detta immissione in libera pratica) a
seguito dello svincolo della merce su dichiarazione dell’importatore (art. 36 TULD).
La Cassazione era
pervenuta alla conclusione che gli esiti di tali controlli
andavano riversati sull’Ufficio presso il quale si erano perfezionate le dichiarazioni di
importazione ,unico interlocutore del contribuente per tutte le correlate incombenze pena
– in caso contrario - la nullità dell’accertamento trattandosi di competenza inderogabile
ratione loci .
Questa impostazione è stata ribaltata dall’art. 9 comma 3 decies del DL 16/2012
conv. in L. 44/2012 la quale ha introdotto nell’art. 11 L. 374/90
al comma 9 la
disposizione secondo la quale l’Ufficio doganale che effettua le verifiche generali o
parziali con accesso presso l’operatore è competente alla revisione delle dichiarazioni
doganali oggetto del controllo anche se accertate presso un altro ufficio doganale.
Quindi, se non sono state svolte verifiche in loco, la competenza ad emettere
l’avviso di rettifica resta in capo all’Ufficio che ha accettato le dichiarazioni doganali;
altrimenti, in presenza di accessi,la competenza spetta alla Dogana che li ha effettuati,
diversamente dal passato dove gli accertamenti, in entrambi i casi, spettavano
esclusivamente all’Ufficio di importazione.
È chiaro che se a tale norma assume valenza innovativa e non interpretativa gli
avvisi in allora emessi da dogane incompetenti secondo la ricordata giurisprudenza non
potrebbero essere sanati rimanendo per l’effetto nulli.
63
4. Il regime sanzionatorio
L’art. 11 4° comma del DL 16/2012 conv. in L. 44/2012 ha modificato l’art. 303
del TULD individuando –come in passato - tra le condotte sanzionate le violazioni che
riguardano la qualità, la quantità, il valore delle merce e distinguendole tra (I°
comma)violazioni “formali” (difformità tra dichiarato ed accertato non comportante
rideterminazione dei diritti di confine oltre una certa soglia) punite con lieve sanzione
amministrativa (da € 103 ad € 516) e violazioni “sostanziali”(III° comma che costituisce
aggravante del I°) quando i diritti di confine complessivamente dovuti secondo
l’accertamento portino ad una differenza, rispetto all’accertato, di oltre il 5%.
In tal caso le sanzioni amministrative non sono più proporzionali –come in
passato - all’entità dell’accertato (da una a 10 volte ) ma parametrate a scaglioni secondo
i diritti pretesi dall’Ufficio con notevolissimo aggravio che – pur alla luce delle
indicazioni contenute nella relazione tecnica illustrativa sulla necessità di reprimere ogni
condotta violativa arrecante pregiudizio alla scorrevolezza dei traffici e l’efficienza dei
controlli –si presenta conflittuale ,sul piano della compatibilità, con il principio di
proporzionalità delle sanzioni amministrative rispetto al disvalore dell’illecito.
IL DDL del CNEL (Marzo 2013) in tema di revisione organica della disciplina
delle sanzioni non penali rimanda comunque all’introduzione di esimenti ed attenuanti
con riduzioni per accettazione della ripresa fiscale; anche se non va sottaciuto che il
sistema sanzionatorio così strutturato mira proprio a garantire l’efficacia di azione per il
recupero di “risorse comunitarie”
Il nuovo art. 303 -come in passato- tra le condotte sanzionate continua a non
menzionare le violazioni in materia di origine che sono tra le più frequenti nell’ambito
delle provenienze extracomunitarie e dei trattamenti tariffari agevolati su cui la
giurisprudenza comunitaria ha costruito il concetto di abuso ed elusione connotanti
operazioni
volte ad ottenere indebite sovvenzioni (risparmi) a carico del bilancio
comunitario (salve le deroghe operanti in ipotesi di buona fede transitante dall’errore e la
diligenza dell’importatore).
La dottrina e parte della giurisprudenza di merito ha spesso fatto proprio il
principio di tassatività con divieto di analogia in malam partem ritenendo che tale
ribadita scelta legislativa (di ricomprendere tra le condotte sanzionate solo tre dei quattro
fattori principe dell’obbligazione doganale che concorrono a costituire la base di calcolo
dell’imposizione daziaria) confermi la volontà del legislatore di escludere dal regime
64
sanzionatorio gli errore dichiarativi
inerenti l’individuazione della corretta origine
doganale della merce.
Questa impostazione va oggi però riconsiderata alla luce di una giurisprudenza di
legittimità contraria (ancorché formatasi in vigenza del vecchio testo) che – da un lato –
ha considerato in via generale sanzionabile ogni forma di abuso di agevolazioni oltre che
con il recupero della differenza di imposta anche con le penalità amministrative previste
dal D. lgs. 471/97 per infedele di dichiarazione (e-entro certi limiti-anche con sanzioni
penali ex D. lgs. 74/2000)31 salva l’esimente delle obbiettive condizioni di incertezza (art.
8 D. lgs. 546/92 ed art. 6 D. lgs. 472/97); dall’altro –intervenendo nello specifico settore
doganale - ha stabilito che la norma in questione va interpretata secondo intrinseci criteri
di logicità e ragionevolezza ex art. 3 Cost. che escludono una voluntas legis intesa a
giustificare la sottrazione dalla illiceità della inesattezza della dichiarazione sulla origine
dei prodotti, trattandosi di ipotesi implicitamente contenuta nella formulazione normativa
avuto riguardo alla identità dell’interesse pubblico che il legislatore intende perseguire
(esazione del tributo armonizzato)ed alla identica rilevanza che le “inesattezze”(a
qualunque tipologia appartengano) rivestono ai fini dell’accertamento e liquidazione dei
diritti doganali32.
5. L’accertamento esecutivo
Per snellire il procedimento di esazione dei tributi accertati la Legge
competitività del 201033 ha previsto (per i tributi erariali )la concentrazione della
riscossione nell’accertamento (accertamento c.d. impoesattivo)con conferimento ad
esso di esecutività ex lege dopo 60 gg. dalla notifica, senza necessità di emissione della
cartella (eliminata) e affidamento del carico ad Equitalia nei 30 gg. successivi previa
iscrizione provvisoria a ruolo (da metà) a 1/3 ,salva in ogni caso la sospensione legale
per 180 gg. dall’affidamento in carico all’esattore.
Questa tipologia di accertamento è stata oggi estesa anche al settore doganale
dall’art. 9 comma 3 bis DL 16/2012 conv. in L. 44/2012 che ha attribuito esecutività
(anticipata) all’avviso di accertamento/rettifica con intimazione ad adempiere entro 10
31
Cass. 25537/2011 e Cass. 7739/2011.
32
Ex multis Cass. 14030/2012 e Cass. 15779/2012.
33
Art. 29 L. 122/2010 di conversione del DL 78/2010 con le successive interpolazioni del decreto
sviluppo 2011.
65
gg. dalla notifica, trascorsi i quali è attivata la procedura di riscossione in deroga alle
disposizioni sul ruolo (D. lgs. 46/99), senza possibilità di alcuna sospensione legale
(salvo il ricorso alla sospensione amministrativa ex art. 244 CDC che facoltà
dell’Amministrazione concedere su cauzione).
Tali modalità trovano ragione
nell’esigenza di celerità ed efficienza che
debbono contrassegnare il recupero delle risorse proprie dell’Unione come stabilito
dalla regolamentazione comunitaria sull’ “immediata applicazione” delle decisioni
doganali.
Queste prescrizioni sono divenute operative nel nostro ordinamento solo una
volta aboliti gli ordinari mezzi di riscossione (ruolo) e cioè dal 28.3.2013, data (così
prorogata dal 21.1.2013) di effettiva attuazione della novella legislativa34 che tali
modalità ha recepito.
Per effetto di codesta novità legislativa
il destinatario di una contestazione
dell’Ufficio non risulterà più preavvertito dell’avvio della fase esecutiva tramite cartella
né potrà ottenere – dati i tempi stretti - un intervento sospensivo del giudice tributario
(salva la possibilità di ottenere l’inibitoria ex art. 47 3° co. D. lgs. 546/92) né contare sulla
sospensione legale automatica prevista solo in materia di imposte sui redditi e Iva.
La discrasia è poi evidente se si considera la totale difformità che viene a crearsi
nell’azione in executivis per il medesimo settore che coinvolge sia i dazi sia l’Iva
all’importazione.
6. Rimborso dell’indebito tributario e termini di decadenza
La verifica di compatibilità tra diritto nazionale e diritto comunitario ha in larga
parte influenzato anche i meccanismi procedurali occorrenti per attuare le pretese
creditorie del contribuente derivate dal c.d. indebito tributario.
Va premesso che, in mancanza di una disciplina comunitaria in materia di
diritto processuale, spetta all’ordinamento giuridico nazionale stabilire le modalità dei
ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza
delle norme comunitarie, sempre che tali modalità non siano meno favorevoli di
quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (“principio di equivalenza”) né
34
Provvedimenti direttoriali 3204 del 21.1.2013 e 12035 dell’1.2.2013.
66
rendano praticamente impossibile o estremamente gravoso l’esercizio dei diritti
conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (“principio di effettività”)35.
Si tratta del naturale corollario al diritto ad un ricorso effettivo ed ad un giudice
imparziale oggi espresso anche nell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali.
Pertanto, ove la legislazione interna regoli il rimborso in maniera differenziata
e comunque tale da renderne impossibile od estremamente difficile l’esercizio, essa
potrà essere sempre disapplicata (in via diretta o previa remissione della questione
pregiudiziale alla Corte di Giustizia) per contrasto con i canoni sovra enunciati.
L’imposizione in materia doganale e sui consumi è stato il vero banco di prova
per l’applicazione di codesti principi.
Va premesso che il diritto alla restituzione di dazi e diritti di confine-prima
ancora
dell’accertamento dell’ indebito- presuppone
la “ prova” dell’avvenuto
pagamento36.
L’ordinamento comunitario,per contro, non contiene alcuna regola generale
sulle limitazioni al rimborso per cui non è precluso ai
giudici
nazionali –
conformemente a proprio diritto interno – di tener conto della possibilità che le tasse
indebite siano state incorporate nel prezzo e trasferite sugli acquirenti.
La Corte Costituzionale37 ha così stabilito che il diritto alla ripetizione ex art.
2033 del codice civile (che di regola si fonda su presupposti di natura “oggettiva” quali
il pagamento sine causa) si atteggia diversamente in materia tributaria e può essere
35
Corte di Giustizia, sent. 14 dicembre 1995, C-312/93, Peterbroeck.
In mancanza di pagamento, il mero riconoscimento del rimborso (come – ad esempio -stabilito in
misura forfettaria dal Dpr 15 luglio 1954 sulla base del prezzo fatturato all’acquirente per i materiali
esteri di costruzione impiegati nella cantieristica navale: c.d draw back) potrebbe configurare “aiuto di
stato” incompatibile con il diritto comunitario (almeno fino a quando non venga autorizzato dalla
Commissione)stante la mutata situazione di mercato (comune) dove i dazi sono da tempo aboliti e
persistono solo nei confronti dei paesi terzi (Cass. 15289/2008 e Cass. SS.UU 21547/2009)
36
La negata agevolazione è stata estesa –in base al medesimo principio-anche al regime di esenzione totale
dalle imposte di fabbricazione disposta dalla L. 939/65 per le utilizzazioni degli oli minerali nella
cantieristica navale siccome trattamento di favore “distorsivo” della concorrenza da ritenersi
implicitamente abrogato in quanto incompatibile con il sistema armonizzato delle accise e mai notificato
alla Commissione secondo la procedura degli “aiuti di stato”per ottenerne autorizzazione al
mantenimento (Cass. n. 26289/010)
Quanto ai trasporti ferroviari di persone e merci, l’agevolazione dell’accisa per gli oli minerali ivi
impiegati è stata limitata –alla luce della direttiva europea 81/92 CEE-al solo uso “pubblicistico” del
servizio con esclusione del
beneficio per le linee private all’interno di stabilimento
industriale(Cass.7838/2010)
37
Corte Cost. 332/2002.
67
legittimamente limitato od escluso dal legislatore per evitare un ingiusto arricchimento
del solvens, allorché il peso economico dell’imposta sia stato trasferito su altri soggetti.
Va ricordato che, in tema di ripetizione da indebito, è stato per lungo tempo in
Italia diversificato l’onere probatorio a seconda che si trattasse ora di prelievi
contrastanti con l’ordinamento comunitario (norme del Trattato UE e di diritto
comunitario derivato, in primis regolamenti e direttive) quali le tasse e/o misure di
effetto equivalente ai dazi doganali
ora di prelievi contrastanti con disposizioni
legislative interne (si pensi al vasto contenzioso interessante le acciaierie per il rimborso
della addizionale Enel ritenuta dall’Amministrazione finanziaria applicabile ai consumi
quantunque esenti dall’imposta erariale sull’energia utilizzata come materia prima nei
processi produttivi ) .
Nel caso di indebito comunitario – sotto le spinte della giurisprudenza comunitaria
– è stato inizialmente disapplicato dai giudici nazionali l’art. 19 del D.L. 30 settembre
1982, n. 688, convertito, con modificazioni, nella L. 27 novembre 1982, n. 873 (regolante
la ripetizione dei diritti doganali) perché subordinava il rimborso alla prova (negativa) e
documentale da parte del solvens della mancata traslazione del carico tributario sul
consumatore finale38.
Tale indirizzo negativo portava il legislatore alla riformulazione di cui all’art.
29 della L. 29 dicembre 1990, n. 428, norma costantemente interpretata nel senso che
spettava all’Amministrazione finanziaria provare in positivo – trattandosi di eccezione
in senso proprio (cioè di fatto impeditivo al diritto rimborso e non di fatto costitutivo del
diritto stesso39) – che vi era stata traslazione del peso economico dell’imposta sul
consumatore40.
Nel caso di indebito nazionale ha continuato invece, a rimanere in vigore l’art.
19 del D.L. n. 688/1982 stabilente l’inversione della prova a carico del contribuente
onerato della dimostrazione “scritta” della mancata traslazione del tributo quale fatto
costitutivo della sua azione di rimborso41.
38
Corte di Giustizia, sent. 9 novembre 1983 C-199/82 S. Giorgio.
39
Cass. 2089/2004.
Non è stato invece ritenuto applicabile l’art. 29 (con le condizioni che impone )per il rimborso della
c.d. tassa sui marmi ,tributo di effetto equivalente ad un dazio doganale incompatibile con la normativa
europea(Corte di Giustizia, sent. 9 settembre 2004 C-62/03 Carbonati Apuani/Comune di Carrara) ma
considerato non tale “sostanzialmente” né annoverabile tra i diritti erariali previsti dalla norma in
quanto tributo locale speciale estraneo a quella procedura (Cass. 15571/2010)
40
41
Cass. 4080/1997.
68
Siffatta ingiustificata disparità probatoria veniva poi opportunamente eliminata
da un duplice intervento della Corte Costituzionale che – ponendosi sulla linea
dell’effettività della tutela giurisdizionale proclamata dalla Corte di Giustizia – ha –
prima – svincolato la prova da ogni limitazione documentale42 e – da ultimo – ha
dichiarato l’illegittimità della restante regolamentazione sulla inversione dell’onere
probatorio per contrasto con il canone di ragionevolezza garantito dall’art. 3 della
Costituzione43.
La Corte di Cassazione ha poi affermato un altro importante principio (tratto da
una consolidata giurisprudenza comunitaria secondo la quale la traslazione in sé non
legittima mai il rifiuto di rimborso se non comporta per l’operatore “anche” un
arricchimento senza causa44) e cioè che l’arricchimento ingiustificato non può essere
presunto in via automatica dalla mera inclusione del tributo nel prezzo perchè tale
aumento potrebbe determinare anche una flessione delle vendite (come in ipotesi di
offerte e/o domande espresse per “consumi non essenziali”);al contrario – specie nel
settore dell’imposizione sui consumi – ove la domanda si presentasse anelastica (o
rigida) perché determinata da un bisogno generalizzato di utilizzo di quel prodotto,
non sarebbe prefigurabile un pregiudizio economico per gli operatori economici visto
il genere che non subisce flessioni per le cicliche variazioni di imposta né è
sostituibile con succedanei destinati a svolgere la stessa funzione.
Tanto precisato ,per passare ai termini per l’esercizio dell’ azione di ripetizione
(dell’indebito tributario per contrasto con la normativa comunitaria ),va segnalato che la
giurisprudenza in allora formatasi in tema di rimborso sulle tasse CCGG sulle società
veniva a confermare non solo la vigenza del termine triennale di decadenza (contro il
più lungo termine decennale di prescrizione)45 ma anche a ribadire la sua decorrenza
dalla data del versamento del tributo incompatibile con il diritto comunitario46.
42
Corte Cost, 14/2000 che ha dichiarato la incostituzionalità in parte qua dell’art. 19 del D.L. n.
688/1982.
43
Corte Cost, 332/2002.
44
Corte di Giustizia, sent. 2 ottobre 2003, C-147/01, Weber’s Wine.
La norma sulla decadenza (art. 13 del D.P.R. n. 641/1972) è stata ritenuta comprensiva di qualsiasi tassa
erroneamente pagata quale fosse la causa dell’indebito pagamento, senza possibilità di far valere il più
lungo termine di prescrizione decennale (Cass., SS. UU.. 3458 /1996).
La legittimità del termine
è stata riconosciuta dalla Corte Costituzionale che ha precisato come l’uso dell’avverbio “erroneamente”
senza ulteriori specificazioni evoca il dato “oggettivo” di un pagamento comunque non dovuto (Corte
Cost., 365/ 2003).
46
Per la verità diversi erano stati inizialmente i riferimenti della Corte di Giustizia secondo cui – fino al
momento della corretta trasposizione di una direttiva nella legge nazionale – lo Stato membro non sarebbe
45
69
Più di recente la problematica si è riproposta – anche nella giurisprudenza di
merito - in tema di rimborsi d’imposta per incompatibilità della normativa nazionale
(poi abrogata) sul
dimezzamento dell’aliquota impositiva degli incentivi all’esodo
riconosciuto alla donne oltre anni 50 mentre
agli uomini solo oltre anni 55 anni in
contrasto con la direttiva comunitaria relativa all’attuazione del principio di parità di
trattamento tra uomini e donne nell’accesso al lavoro; con riferimento all’ Iva pagata
sugli acquisti e costi di gestione di veicoli attinenti l’attività di impresa; con riferimento
all’imposta di consumo sugli olii lubrificanti e di contributo di riciclaggio e di
risanamento ambientale: casi tutti nei quali la Corte di Giustizia ha dichiarato i prelievi
non conformi al diritto comunitario con obbligo del giudice nazionale di disapplicazione
delle norme interne incompatibili47.
Sul tema dell’incentivo all’esodo e del rimborso dell’IRPEF trattenuta alla fonte
si sono manifestati due orientamenti di merito contrastanti circa la individuazione del
dies a quo ora dalla data di versamento del tributo ora dalla data della pronunzia del
giudice comunitario :dualismo che si è ripercosso in sede di legittimità con riferimento
al rimborso dell’accisa sugli olii lubrificanti (art. 62 D. lgs. 504/95).
stato abilitato ad eccepire la tardività dell’azione giudiziaria avviata nei suoi confronti per la tutela dei
diritti riconosciuti da tale direttiva non essendo in quel momento i singoli posti in grado di avere piena
conoscenza dei loro diritti (sent. 25 luglio 1991, C-208/90 Emmott).
La soluzione sviluppata in tale sentenza era però giustificata dalle circostanze peculiari del caso
(prestazioni assistenziali) in cui la decadenza arrivava a privare totalmente la ricorrente della possibilità di
far valere il suo diritto alla parità di trattamento in virtù della direttiva non conosciuta.
In successiva occasione la stessa Corte di Giustizia aveva ,invece, modo di rilevare la legittima
applicazione delle regole nazionali che non fossero lesive del diritto del singolo in se stesso ma si
limitassero a circoscriverne la portata fissando il momento del suo esercizio.
In pratica si sosteneva che la discrezionalità del legislatore nazionale nello stabilire le modalità
procedurali sarebbe rimasta subordinata al solo fatto che esse non risultassero di minor favore rispetto
all’iter previsto per analoghe azioni restitutorie (che nel campo tributario soggiacciono – come è noto – a
ristretti termini di perenzione proprio per esigenze di definizione dei rapporti contribuente-Fisico) né
rendessero sostanzialmente impossibile – per le particolari circostanze – l’esercizio del diritto medesimo
(sent. 6 dicembre 1994, C-410/92, Johnson).
Nei medesimi termini si pronunziava ancora la Corte in tema di restituzione dei diritti di registrazione di
società verso il Ministero dell’industria danese (sent. 2 dicembre 1997, C-188/95, Fantask, e nella
controversia in cui era parte proprio il Ministero delle finanze italiano – venendo definitivamente a
statuire come il diritto comunitario non vieta ad uno Stato membro di opporre alle azioni di ripetizione di
tributi riscossi in violazione di una direttiva un termine nazionale di decadenza che decorra dalla data di
pagamento dei tributi anche se – a tale data – la direttiva non è stata ancora direttamente attuata
nell’ordinamento nazionale (sent. 15 settembre 1998, C-260/96, Spac).
In tal senso si orientava pure la Suprema Corte escludendo – in virtù dell’anzidetto portato comunitario –
incompatibilità della norma sulla decadenza (quanto a durata e decorrenza) con i principi del diritto
comunitario oltre il contrasto con gli artt. 2, 3, 4, 23, 24 e 113 della Carta Costituzionale (Cass.,
7176/1999).
47
Rispettivamente Corte di giustizia 21.7.2005 C-207/04 Vergani e ord.16.1.2008 C-128/07 e C131/07;CGCE 14.9.2006 C-228/05;CGCE 25.9.2003 C-437/07.
70
Da un lato è stato affermato che il termine per esercitare il diritto al rimborso
decorre dalla decisione della Corte di Giustizia che ha dichiarato non conforme al
diritto comunitario l’imposta perché è da quel momento che il contribuente è posto nella
condizione di far valere appieno tale diritto.
E’ stato in proposito richiamato il principio di overruling (cambiamento delle
regole del gioco a partita iniziata per mutamento imprevedibile della giurisprudenza
rispetto a quella precedente su cui il contribuente aveva
confidato incolpevolmente)
che avrebbe consentito di rimettere in discussione la tempistica per il calcolo dei
termini con esclusione di preclusioni o decadenze in ragione del bilanciamento dei
valori in gioco tra i quali assumeva preminenza quello del giusto processo(art. 111
Cost.) 48.
Dall’altro lato è stato affermato che il termine di decadenza per la domanda di
rimborso di imposte versate in contrasto con direttive incondizionate decorre dalla data
del pagamento ancorché anteriore alla pronunzia della
Corte essendo esse self-
executing e potendo perciò essere applicate immediatamente con disapplicazione delle
fonti interne incompatibili da parte del giudice nazionale senza attenderne la rimozione
da parte del giudice comunitario 49.
Né sarebbe applicabile la regola dell’overruling (gia elaborata in particolari
situazioni dalle Sezioni Unite50) facendo essa regola esclusivo riferimento alla materia
processuale, né entrando in discussione effetti preclusivi sul diritto di azione o difesa o
incolpevoli affidamenti sul diritto vigente51.
Questa dualità – pur nella consapevolezza che la certezza dei rapporti giuridici
ha valore preminente ed il contribuente ha l’onere di attivarsi per ottenere nei termini di
legge il rimborso di quanto versato indebitamente all’erario (la sentenza della Corte di
Giustizia che accerta il contrasto fra diritto interno e diritto comunitario ha infatti
natura meramente “dichiarativa” e non può ancorare a sé il decorso di termini interni di
decadenza o prescrizione) viene riaffermata
nell’ordinanza interlocutoria 959/2013
48
Cass. 22282/2011.
49
Cass. 4670/2012 e 13087/2012.
50
Cass. 15144/11 e 24413/11.
51
Cass. 13087/2012.
71
della Corte di cassazione. Con essa ordinanza vengono peraltro richiamati anche i
temperamenti introdotti dalla più recente giurisprudenza in relazione al principio di
intangibilità dei meccanismi decadenziali onde garantire effettività di tutela dei diritti
soggettivi. Con questo provvedimento è stata così aperta la strada all’esigenza di
individuare un punto di equilibrio tra la necessaria stabilità che debbono avere i rapporti
giuridici (per salvaguardare la certezza delle entrate tributarie) e la esigenza di garantire
-per un verso- il primato del diritto comunitario e - per altro verso - l’affidamento del
cittadino sull’apparente cogenza (e dunque legittimità comunitaria) della norma
impositiva nazionale.
Codeste opzioni tendenzialmente espansive circa la ripetizione di somme versate
in contrasto con il diritto europeo che sono basate su soluzioni di valorizzazione della
tutela dell’affidamento del contribuente hanno quindi indotto i giudici di legittimità a
rimettere la questione alle Sezioni Unite da cui si attende risposta.
Dott. Massimo Scuffi
Magistrato di Cassazione, già Consigliere della sez.
tributaria,V. Presidente nazionale AMT
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