Simposio, Rivista di Psicologi e Psicoterapeuti, Anno 5, Numero 2, Dicembre 2009, Quadrimestrale. Poste Italiane spa. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003
(conv.in l.27/02/2004 n.46) art.1, comma 1 DCB Firenze 1. In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio postale di Firenze CMP per la restituzione previo pagamento resi.
simposio
Rivista di Psicologi e Psicoterapeuti
Tiratura:
10.000 copie
Il punto
sull’integrazione
in psicoterapia
Editoriale
di Rolando Ciofi
di Tullio Carere-Comes
p.
02
Il punto
sull’integrazione
in psicoterapia
p.
03
Fedeltà infedele,
velenosa salvezza
di Dino Perroni
p.
06
02
Editoriale
SOMMARIO
Editoriale
Rolando Ciofi
di Rolando Ciofi, Segretario Generale del Mo.P.I.
2
Il punto sull’integrazione
in psicoterapia
Tullio Carere-Comes
3
Fedeltà infedele,velenosa
salvezza
Dino Perroni
6
Tra il mese di dicembre ed il mese di
Mentre il sistema professionale basato
gennaio tutti gli psicologi saranno chiamati
sulla libera concorrenza tra associazioni si
al rinnovo dei Consigli dell’Ordine delle va-
fonda su scelte politico professionali, il siste-
rie Regioni Italiane. Il Mopi non presenterà
ma ordinistico a iscrizione obbligatoria con-
liste a queste elezioni, e probabilmente non
dizionante l’esercizio della professione si
lo farà in futuro, a meno che una profonda
fonda sull’obbligo. E’ dunque fatale che pre-
riforma delle professioni intellettuali non
sto scivoli verso la corporazione. Tanto per
cambi radicalmente le regole.
fare un esempio è certo più semplice deli-
Infatti, mentre riteniamo di fondamentale
berare circa le tariffe minime e massime che
importanza per la comunità professionale
attorno all’obbligo per i colleghi di aggior-
l’Ente di Previdenza, del tutto diversa è la
narsi periodicamente. Il professionista, una
nostra valutazione del sistema ordinistico,
volta iscritto all’Ordine, una volta riuscito ad
sia inteso come sistema generale di auto-
essere dentro, si sente al sicuro. L’Ordine
gestione delle professioni regolamentate,
insomma, per sua stessa struttura, non può
sia più in particolare come sistema di auto-
fare a meno di essere corporativo poichè in
gestione della comunità professionale degli
tale logica è inserito. E ciò non è solo male
psicologi.
per la società (ogni privilegio concesso ad
La legge istitutiva della nostra profes-
una singola corporazione viene poi pagato
sione, del 1989, ha a nostro avviso dato i
dalla società nel suo complesso), ma nel
suoi frutti. Ha consentito ad una comunità
nostro caso è male anche per la comunità
professionale di riconoscersi come tale e
professionale degli psicologi che viene ad
l’ha dotata di una comune deontologia. Se
essere penalizzata nel suo rapporto con il
questi sono gli aspetti positivi che non si
mondo dell’utenza.
possono non riconoscere, è però altrettanto
Ma gli Ordini ci sono e tra poco ci sa-
vero che la stessa legge, o meglio l’Istitu-
ranno le elezioni ordinistiche. Il Mo.P.I. non
zione ordinistica figlia di quella legge, si è
dà ai propri iscritti indicazioni di voto ma
dimostrata poco in grado di affrontare la sfi-
una piccola riflessione in merito possiamo
da dello sviluppo della professione che ha
comunque farla. Anche in un sistema sba-
Periodico del
finito per rimanere sacrificata. La società ha
gliato i singoli individui, le singole persone
Movimento Psicologi Indipendenti
un grande bisogno di psicologia professio-
chiamate a dirigerlo possono fare la diffe-
nale e paradossalmente tale bisogno è solo
renza. Ci potrà essere chi contribuisca a
in piccola parte intercettato dagli psicologi
perpetuarlo acriticamente e ci potrà essere
poiché la società stessa non ne conosce le
chi al contrario entri nel contesto in posi-
competenze.
zione dubbiosa o critica con la speranza di
simposio
ANNO 5 - NUMERO 2 - DICEMBRE 2009
(chiuso in tipografia il 4 dicembre 2009)
Direttore Responsabile:
Rolando Ciofi
Gli Ordini, con la conduzione di continue
poter “operare dal di dentro”. Noi abbiamo
battaglie di stampo corporativo, con la pre-
rinunciato a tale speranza ma se proprio
tesa di “cancellare” le professioni limitrofe,
dovessimo votare lo faremmo per colleghi
con il sostanziale divieto ai propri iscritti di
giovani, entusiasti, forti di progetti e di idee,
Comitato di Redazione:
farsi pubblicità (nonostante il decreto Bersa-
desiderosi di rimboccarsi le maniche. Alcuni
Mario Ajazzi Mancini, Anna Barracco
ni infinite difficoltà alla libera pubblicità ven-
nostri associati e tanti amici credono anco-
gono tuttora poste), con l’intralciare anziché
ra che sia possibile adeguare ai tempi una
favorire buone pratiche di accreditamento
istituzione vecchia. Poiché politicamente è
Simposio
e di visibilità, con il tentare di imporre una
insensato propagandare l’astensionismo (a
Rivista di Psicologi e Psicoterapeuti
politica delle tariffe obbligatorie, col mortifi-
non andare a votare i colleghi ci pensano
Via Leopardi 14, 50121 Firenze
care la pratica della concorrenza tra colle-
già da soli) diamo una mano a questi amici.
ghi, hanno finito per relegare la professione
Puntiamo non sul sistema ma sull’entusia-
all’angolo dello sviluppo sociale.
smo di singoli colleghi. Forse col tempo ar-
Direttore Editoriale:
Tommaso Valleri
Rolando Ciofi, Manuele Matera
Redazione:
[email protected]
Editore:
Ciò che dal nostro punto di vista è ancor
riveranno alle stesse nostre conclusioni ma
peggio è che con il tempo ci siamo resi con-
forse, chissà, anche con un angusto spazio
Proprietario:
to che questa sorta di asfissia professionale
di manovra riusciranno a dare qualcosa di
Movimento Psicologi Indipendenti
era ed è solo parzialmente motivata dalla
buono alla nostra comunità!
Vertici s.r.l. - Via Leopardi 14, 50121 Firenze
Via Leopardi 14, 50121 Firenze
Tiratura del presente numero:
10.000 copie
scarsità di lungimiranza dei colleghi che
sono stati chiamati a dirigere le varie Istituzioni ordinistiche.
03
03
Il punto sull’integrazione
in psicoterapia
Si riconoscono abitualmente quattro tipi
principali di integrazione psicoterapeutica:
l’eclettismo tecnico, in cui si fa uso di tutto ciò che sembra utile in un caso specifico
di Tullio Carere-Comes
senza preoccuparsi della coerenza teorica
dell’insieme; l’integrazione teorica, in cui
si combinano parti di teorie diverse, per esempio psicoanalisi e comportamentismo,
in una prospettiva sovraordinata dalla quale
le due teorie cessano di essere incompa-
re, ma al contrario di spaccarlo nettamente
pratiche sostanzialmente differenti. Infatti, il
tibili per dimostrarsi invece complementari;
tra i favorevoli e i contrari: da una parte i
terapeuta orientato alla persona rivolge si-
l’integrazione assimilativa, in cui il terapeu-
terapeuti
i
curamente l’attenzione anche ai suoi distur-
ta rimane fedele al proprio modello teorico
proponenti di diverse formule di terapia
bi, ma cercando di coglierne il primo luogo
di base, ma innesta su questo elementi
breve, dall’altra i terapeuti che si muovono
il significato nel contesto della personalità
teorici di diversa provenienza; l’approccio
nel solco delle tradizioni psicodinamica e
del paziente, della sua situazione esisten-
dei fattori comuni, che studia le strategie o i
umanistica. In mezzo si trovano coloro che
ziale, del processo terapeutico e della re-
modi di interazione comuni alle diverse pra-
si danno da fare per gettare dei ponti tra le
lazione con le figure significative del pas-
tiche, indipendentemente dall’orientamento
due sponde: ma fino ad oggi nessun ponte
sato e del presente, inclusa specialmente
teorico del terapeuta. Esiste poi un quinto
si è dimostrato capace di sostenere un sia
la relazione di terapia. A tutti questi aspetti
tipo, che non compare generalmente nelle
pur minimo traffico nelle due direzioni.
il terapeuta di orientamento medico dedica
cognitivo-comportamentali
e
classificazioni degli autori di area SEPI (So-
Nella prospettiva dell’integrazione psico-
invece un’attenzione marginale, e comun-
ciety for the Exploration of Psychotherapy
terapeutica la spaccatura netta e, almeno
que finalizzata a ottenere la compliance del
Integration), ma è quello più “gettonato” in
per il momento, irrimediabile, sembra suona-
paziente nell’applicazione delle procedure
area SPR (Society for Psychotherapy Re-
re come un fallimento. In realtà il fallimento
previste per la correzione del disturbo che
search). Chi aderisce a questa idea di inte-
è tale solo per chi concepisce l’integrazione
è stato diagnosticato. Una rapida risoluzio-
grazione la esprime pressappoco così: non
come un movimento verso una teoria unifi-
ne del quadro sintomatico è salutata con
c’è alcun bisogno di integrare, perché l’in-
cata della psicoterapia, secondo il modello
successo dal terapeuta-medico, mentre è
tegrazione avviene già per conto suo, sulla
della medicina: ma questo è il sogno di una
vista con sospetto dal terapeuta-filosofo,
spinta della ricerca empirica. L’idea è che la
sola parte del campo, quella convinta che la
come una possibile “fuga nella guarigione”.
ricerca empirica sta già facendo, e sempre
psicoterapia uscirà dall’infanzia per appro-
Il primo cerca di ottenere una correzione
più farà, piazza pulita di una gran quantità
dare all’età adulta solo aderendo alla logica
del disturbo o un superamento della crisi
di miti e teorie campate in aria su cui pog-
e ai procedimenti della scienza moderna.
più rapidamente possibile, per una restitu-
giano le centinaia di scuole psicoterapeu-
Correttamente intesa, l’intenzione integrati-
zione del paziente a una normalità che può
tiche. Questa giungla, o questa palude,
va non punta a fare di ogni erba un fascio,
essere intesa come normale infelicità, o
sarà bonificata dalla EBP (Evidence Based
bensì a uno sguardo accogliente capace di
adattamento, o anche crescita che riprende
Practice). Alla fine resterà una sola psico-
far convivere e comunicare pratiche diverse
il suo corso naturale una volta tolto di mez-
terapia scientifica, come già oggi abbiamo
e anche reciprocamente incompatibili. Allo
zo l’ostacolo che l’aveva impedita. Il secon-
una sola medicina scientifica. E come ai
stesso modo, l’integrazione di una cultura
do non si fa impressionare dalla fretta del
margini o al di fuori della medicina ufficiale
di immigrati non significa necessariamente
paziente di essere liberato dai suoi sintomi,
continua a prosperare una nuvola di medi-
assimilazione né tanto meno unificazione,
ma cerca di indirizzare il processo verso
cine alternative, così sarà per la psicotera-
ma in primo luogo pacifica convivenza tra
un aumento di consapevolezza e respon-
pia. Ma almeno gli utenti sapranno qual è
culture diverse, nel rispetto reciproco e nel
sabilità anche attraverso l’immersione pro-
la psicoterapia seria e quali le psicoterapie
dialogo reciprocamente arricchente. Nel-
lungata in vissuti che richiedono di essere
fantasiose, e potranno scegliere con cogni-
la spaccatura del campo psicoterapeutico
lentamente elaborati, anche al prezzo di
zione di causa.
non si deve vedere soprattutto il rifiuto degli
dolorose regressioni e lunghe dipendenze
All’interno dell’EBP si distinguono poi gli
uni di uscire da una concezione infantile o
dalla relazione terapeutica, se queste ap-
EST (Empirically Supported Treatments) e
medievale della terapia, né il tentativo degli
paiono necessarie per la conquista di una
gli ESR (Empirically Supported Relation-
altri di imporre ai primi un modello di scien-
reale autonomia e la costruzione di un’at-
ships). Gli EST, fondati sul gold standard
za che è loro estraneo. Se l’attenzione si
trezzatura psicologica e spirituale che per-
della ricerca empirica, gli RCT (Randomi-
fissa sulle rispettive pervicacie, che pure
metta al soggetto di continuare il suo per-
zed Controlled Trials), sono le terapie di cui
esistono, non c’è speranza di integrazione,
corso maturativo anche dopo la fine della
è stata empiricamente provata l’efficacia
in nessun senso della parola. La divisione
terapia. In un caso la cura avviene su uno
per il trattamento di determinati disturbi.
riflette piuttosto, e in primo luogo, la diffe-
sfondo di normalità cui restituire il paziente,
Sono stati spesso criticati perché valorizza-
renza tra due concezioni della psicoterapia
grazie alla risoluzione dell’evento morboso;
no esclusivamente la tecnica a scapito del-
realmente e sostanzialmente diverse.
nell’altro non esiste alcuna normalità cui
la relazione, mentre è ben noto, oltre che
Da un lato la psicoterapia è intesa come
fare ritorno, ma solo un cammino, unico per
empiricamente dimostrato, che la relazione
una pratica di tipo medico, in quanto il suo
ogni essere umano, verso la conoscenza e
ha un influsso più importante della tecnica
obiettivo principale e dichiarato è quello di
la realizzazione di sé.
sull’esito della terapia. Alla limitata utilità
curare disturbi o problemi ben definiti me-
Alle due concezioni della psicoterapia,
degli EST hanno supplito gli ESR: gli studi
diante procedure empiricamente validate
quella procedurale e quella processuale,
empirici sui fattori relazionali della terapia.
o supportate. Dall’altro essa è intesa come
corrispondono due diversi stili di ricerca,
Dall’insieme di EST e ESR, cui si aggiungo-
una pratica di tipo filosofico, in cui l’obiettivo
rispettivamente
no altre ricerche empiriche sui fattori perso-
primario non è la cura del disturbo ma della
esperienziale-qualitativo. Il riconoscimento
nali ed esperienziali, i sostenitori dell’ESB
persona o del sé, in una prospettiva di rea-
reciproco della realtà, legittimità e autono-
si attendono lo sviluppo di una psicoterapia
lizzazione di sé o di formazione personale
mia di ciascuna delle due concezioni e dei
interamente fondata sull’evidenza. L’avan-
permanente. È vero che in genere ognuno
rispettivi stili di ricerca è il presupposto per
zata impetuosa dell’ESB, tuttavia, ha avuto
dei due tipi include almeno qualche aspetto
qualsiasi tentativo di integrazione. Tra l’ap-
per il momento l’effetto non di compattare
dell’altro, ma è altrettanto vero che la pre-
proccio procedurale-empirico e quello pro-
il campo unificandolo sotto le sue bandie-
valenza dell’uno o dell’altro tipo porta a due
cessuale-esperienziale sono possibili diver-
empirico-quantitativo
ed
04
XXVI Congresso
Internazionale S.E.P.I.
se forme di sintesi o integrazione, ottenute
per ibridazione tra due modi di conoscenza e
due pratiche basilarmente differenti, oppure
Una o più scienze per la psicoterapia:
che cosa costituisce evidenza?
attraverso la costruzione di modelli internamente coerenti in quanto la logica dominante
nell’uno è recessiva nell’altro, vale a dire con
due gestalt diametralmente opposte ma legate dal fatto che la figura dell’una è lo sfondo dell’altra, e viceversa. Così, nella gestalt
in cui la figura è il processo si applicheranno
sicuramente anche delle procedure, ma in
modo non manualizzato e non vincolato alle
indicazioni della scienza empirica: bensì in
modo euristico, vale a dire utilizzando l’esperienza propria e della comunità dei terapeuti
secondo la quale una certa procedura può
essere di aiuto in certi casi, purché sia applicata in modo del tutto elastico per adattarla al contesto presente e monitorando attentamente il modo in cui essa è vissuta dal
paziente, che può essere completamente
diverso dalle intenzioni che hanno motivato
la sua applicazione. Se al contrario la figura
è la procedura, il terapeuta presterà sicuramente attenzione anche al processo e al
dialogo che si sviluppa con il paziente, ma in
modo subordinato all’implementazione il più
possibile protocollare (altrimenti la validità
dell’indicazione empirica viene meno) di una
modalità di lavoro finalizzata a correggere il
disturbo che è stato diagnosticato.
La realtà attuale del campo psicoterapeutico è quella di una spaccatura apparentemente insanabile tra due schieramenti divisi
da incomprensione, diffidenza, non di rado
aperta ostilità. Il riconoscimento reciproco
della legittimità e autonomia di ciascuna delle due concezioni della terapia, premessa di
ogni possibilità di integrazione, è reso problematico dalle posizioni sostenute da entrambe le parti: da un lato la pretesa che la
logica e i procedimenti della ricerca empirica
debbano valere anche per la terapia processuale, dall’altro il permanere all’interno della
logica scolastica propria della maggior parte
degli istituti psicoterapeutici che porta alla
convalida sistematica e circolare delle rispettive teorie. Occorrerà il superamento da una
parte delle pretese egemoniche sul campo,
dall’altra dell’attaccamento dogmatico alle
teorie di scuola, strumenti di identificazione
e di potere piuttosto che di conoscenza. Entrambi i superamenti sembrano attualmente
abbastanza utopici. Tuttavia, lavorare per
questa utopia serve almeno a non rassegnarsi a una realtà imbarazzante: il danno
alla credibilità degli psicoterapeuti in quanto
e IV Congresso S.E.P.I. Italia - www. sepi2010.com
Firenze, Hotel Mediterraneo, 27-30 maggio 2010
Nel mese di maggio 2010 la S.E.P.I. (Society for the Exploration of Psychotherapy
Integration), in collaborazione con la Scuola di Psicoterapia Comparata organizzerà
a Firenze presso l’Hotel Mediterraneo il proprio XXVI Congresso Internazionale
dal titolo One or many sciences for psychotherapy: what constitutes evidence?
Questo congresso unifica il XXVI Congresso della S.E.P.I. internazionale e il IV
Congresso della sezione italiana S.E.P.I.
Il Congresso Internazionale S.E.P.I. dal 1984 e con cadenza annuale si svolge
nelle principali città del mondo, con lo scopo di incoraggiare la comunicazione e
il confronto sui differenti approcci in psicoterapia, anche tramite la comparazione
sulla pratica clinica e la ricerca.
L’edizione 2010 del Congresso vedrà la presenza di relatori di livello internazionale
che garantiranno rigore e ricchezza scientifica agli interventi.
Il convegno verterà sul tema di ciò che costituisce evidenza in psicoterapia.
Molti sostengono energicamente l’idea che esiste una sola scienza psicoterapeutica
per tutte le aree di indagine, mentre altri si oppongono a questa concezione a favore
di una molteplicità di approcci scientifici. Nessuno discute, tuttavia, la necessità di
basare la pratica clinica su qualche tipo di evidenza.
Le questioni affrontate saranno: che cosa significa evidenza in psicoterapia?
L’evidenza prodotta da esperimenti e misure è l’unica che meriti di essere detta
scientifica, o la pratica clinica può generare un’evidenza di per sé altrettanto valida?
Che cosa ha da dire sull’evidenza un approccio integrativo?
Tra i relatori che hanno confermato la loro presenza: Gianfranco Basti, John
Norcross, Michael Basseches, Tullio Carere-Comes, Franz Caspar, Maria Clotilde
Gislon, Les Greenberg, Giovanni Liotti, Diego Napolitani, Hilde Rapp, Antonio
Vasco Branco, Paul L. Wachtel.
PROGRAMMA
Il programma sarà così articolato: i lavori si apriranno giovedì 27 maggio con
la sessione pomeridiana di workshop precongressuali. L’apertura ufficiale del
Congresso sarà venerdì 28 maggio con il dibattito tra Tullio Carere-Comes e Paul
Wachtel che inaugureranno la plenaria della mattina che vedrà come keynote speaker
Gianfranco Basti. Nel pomeriggio sono previsti 6 workshop tematici paralleli.
Sabato 29 maggio l’ospite d’onore della plenaria mattutina sarà John Norcross, nel
pomeriggio ancora spazio all’esperenzialità. I lavori si chiuderanno domenica 30
maggio mattina.
Il programma definitivo dell’evento sarà disponibile dopo la chiusura dei Call for
papers prevista per il 15 dicembre 2009.
LA S.E.P.I.
La S.E.P.I. è l’associazione internazionale con sede negli Stati Uniti che raccoglie
gli psicoterapeuti di orientamento integrato. E’ un’organizzazione interdisciplinare
di professionisti il cui interesse riguarda gli approcci alla psicoterapia che non siano
limitati ad un solo orientamento teorico.
Per ulteriori informazioni, il programma del Congresso e l’elenco dei relatori visita
www.sepi2010.com
professionisti dell’elaborazione del conflitto
prodotto dall’incapacità di affrontare in primo
Organizzazione:
luogo quello che tanto aspramente li oppone
gli uni agli altri.
Alcuni passaggi di questo articolo sono ripresi dal
saggio Integrazione psicoterapeutica e paradigma intenzionale, in Quale scienza per la psicoterapia?, a
cura di Tullio Carere-Comes, Atti del 3° Congresso nazionale della SEPI, Roma, 2008, Florence Art Edizioni,
Firenze 2009. Le tematiche dell’articolo sono state ampiamente trattate nel 3° Congresso nazionale SEPI e
saranno ulteriormente sviluppate nel 4°, dal tema One
or many sciences for psychotherapy: what constitutes
evidence?, che si terrà in congiunzione con il 26° Congresso internazionale SEPI a Firenze nel 2010.
Con il Patrocinio di:
XXVI Congresso S.E.P.I.
Meeting Internazionale della Society for the Exploration of Psychotherapy Integration e
IV Congresso S.E.P.I. Italia - Firenze, Hotel Mediterraneo, 27-30 maggio 2010
DOMANDA DI ISCRIZIONE
da spedire a Associazione SPC - Via Leopardi 14 - 50121 Firenze - Fax 055.2477263
Nome e cognome ____________________________________________ Ente ___________________________
Indirizzo ______________________________________________________ N°__________ C.A.P. __________
Telefono __________/___________ Cell.__________/___________ C.F. _____________________________
P.IVA ___________________________________ email _____________________________________________
Professione □ Psicologo □ Medico □ Psicoterapeuta □ Altro_______________________________________
□ Iscrizione Congressoa (vedi tabella a destra)
□ Workshop pre-congressob (27/05/10)
□ Iscrizione SEPIc
□ Cena socialed (29/05/10) € ___________
€ ___________
€ ___________
€ ___________
Totale: € ___________
a
L’iscrizione comprende: sedute plenarie (venerdì, sabato e domenica),
workshop (venerdì e sabato), traduzione simultanea per le sedute plenarie, tre
coffee-break, una copia degli Atti del II Congresso SEPI Italia
b
€ 40 per un workshop a scelta tra quelli disponibili
c
€ 22 quota studenti, € 45 quota professionisti. La quota include l’abbonamento alla rivista Journal of Psychotherapy Integration.
d
€ 40 per persona. Alla cena parteciperanno anche relatori del Congresso
Tariffe
congresso
28/02/10
prima del 30/04/10
dopo il 01/05/10
prima del
Professionisti
Soci * altri
240
260
290
290
310
340
Studenti **
Soci * altri
190
210
240
240
260
290
* Soci SEPI, SPR, MOPI, SPC. E’ possibile iscriversi alla SEPI
contestulamente all’iscrizione al Congresso
** laureandi in psicologia e medicina e iscritti ad una scuola di
specializzazione in psicoterapia
Hotel: Per pernottare contattare direttamente gli
hotel convenzionati per l’evento. La lista è consultabile sul sito www.sepi2010.com
Il sottoscritto dichiara:
□ di avere diritto ad una riduzione della quota in quanto □ socio SEPI/SPR □ socio Mo.P.I. □ socio SPC □ studente
□ di avere preso visione del programma così come pubblicato sul sito www.sepi2010.com
□ di essere a conoscenza che, in caso di non partecipazione all’evento, la quota versata non verrà restituita
□ di essere a conoscenza che il numero dei partecipanti all’evento è limitato e che le iscrizioni saranno accettate
seguendo l’ordine cronologico di arrivo
Pagamento:
□ Bonifico Bancario intestato a Associazione S.P.C. - IBAN IT 13 B 03002 02822 000000785414
□ Vaglia Postale intestato a Associazione S.P.C. - Via Leopardi, 14 - 50121 Firenze
□ Contanti presso la segreteria dell’Associazione S.P.C.
□ Assegno di Conto Corrente Bancario non trasferibile
□ Carta di credito □ VISA □ MasterCARD numero _______ _______ _______ _______ scad. (mm/aa) __ / __
Allegati alla presente:
□ documentazione giustificante la richiesta di riduzione quota (attestazione socio, libretto universitario)
□ Ricevuta di versamento quota di iscrizione
Data ____/_____/________ Firma _____________________________________
Informiamo che ai fini del D. Lgs. 196/03 i dati richiesti saranno utilizzati per i fini istituzionali previsti dallo Statuto dell’Associazione Scuola di Psicoterapia
Comparata e che gli interessati possono avvalersi di quanto previsto dagli artt. 7,8,9,10 del D.Lgs. 196/03 (diritti dell’interessato). Il sottoscritto autorizza
espressamente Associazione Scuola di Psicoterapia Comparata al trattamento dei propri dati personali ai sensi del D.Lgs. 196/03
Data ____/_____/________
Firma _____________________________________
06
Fedeltà infedele, velenosa salvezza
Nell’elaborazione di un sogno, l’incontro con l’Ombra
junghiana
di Dino Perroni
Il sogno:
Di sera tardi, nel corso dell’ultima uscita
per le strade periferiche e fiocamente illuminate dai lampioni di una città imprecisata, decisi di liberare Zug dal guinzaglio. A
quell’ora il traffico automobilistico era già
diradato, ed io confidavo che il cane sarebbe rimasto nelle vicinanze o che, eventualmente, al richiamo, sarebbe tornato indietro
senza difficoltà. Ma non è andata così. Di
fatto, una volta liberato dalla danda, Zug
si è allontanato progressivamente e velocemente fino a sparire dal mio sguardo.
Angustiato per la perdita, mi misi in cerca
affannosa dell’animale, oltretutto temendo
le reazioni della mia compagna allorché,
rientrando a casa, avrei dovuto confessarle
la sparizione. Ma, niente da fare: la sparizione sembrava definitiva! In quel rovello,
fui attratto dalla presenza di un piccolo,
tenero animale, evidentemente impaurito, che sembrava ripararsi sotto il ciglio
del marciapiedi. Così, interruppi la ricerca
di Zug e, sedendomi accanto a quella bestiola, la presi in grembo accarezzandola e
coccolandola: come tante volte facevo con
Zug. Si trattava di creatura di natura niente
affatto definita: qualcosa di assimilabile ad
un gattino, o ad un criceto, o forse ad una
piccola iguana. Grossa la testa, piccolo il
corpo: come di cucciolo, capace di ispirare,
appunto, tanta tenerezza. E proprio mentre
contemporaneamente mi interrogavo, tentando di individuare che tipo di animale fosse, la bestiola assestò un gratuito, imprevedibile morso potente al mio dito indice: tale
che fui costretto a deporla nuovamente per
la strada, e a riprendere prudenzialmente la
via di casa. Giacchè il dito, lungo il tragitto,
diveniva vieppiù dolente, decisi di passare da Mello, mio medico curante da oltre
trent’anni, nella speranza che -a quell’ora
ancora in ambulatorio- potesse prescrivermi un farmaco lenitivo. Fortunatamente lo
trovai al lavoro, e pure disponibile ad ascoltare il mio problema. Fattosi evidentemente
un’idea infausta sulle possibili conseguenze
di quanto da me raccontato, mi prescrisse
l’assunzione immediata di un paio di compresse che -salvifiche, ma insieme altamente tossiche anche se soltanto toccateavrebbero dovuto essere ritirate in un luogo
da lui indicato e deposte, prima dell’ingestione, ciascuna su un piattino dorato: che,
di slancio, volle provvedermi. Mi allontanai,
pertanto, alla volta del luogo indicato, nel
quale avrei potuto ottenere il farmaco salvifico -come e da chi, però, non sapevo.
Raggiunsi, così, un quartiere malfamato di
quella città, forse l’angiporto: una specie di
‘casbah’-roccaforte pullulante di individui loschi e sorvegliata -agli ingressi- da giovani
luogotenenti mafiosi, spavaldi, provocatòri
e manifestamente minacciosi nei confronti
di me intruso. Spiegai loro i motivi della mia
ricerca e, non senza qualche derisione, consentirono il mio accesso, additandomi nel
contempo la friggitoria dove, sul retro, avrei
trovato la donna che mi avrebbe consegnato le agognate compresse. L’operazione
andò a buon fine, quella sera. Ma, timoroso
ed emozionato di ritrovarmi all’interno di un
simile feudo malavitoso, presi le compresse
tra le dita e mi allontanai il più rapidamente
possibile da quel luogo: contaminandomi,
altresì, e dimenticando i preziosi piattini
nelle mani della dispensiera. Della contaminazione e della colpevole dimenticanza
(colpevole nei riguardi di Mello, soprattutto)
me ne accorsi per via. Risolvendomi, così,
a tornare sui miei passi ed a ripercorrere
il periglioso itinerario di un nuovo accesso
alla ‘casbah’: vòlto, finalmente, al recupero
dei piattini preziosi...
Dal sogno:
La Palermo che, sul mare, mi venne
incontro più di quarantacinque anni fa, in
un’alba frizzante e rosata, fu per me città di
enormi contraddizioni e, al tempo stesso, di
felici scoperte. Vi frequentai il ginnasio, in
una scuola altoborghese dei quartieri bene,
contigui, peraltro, al vecchio, malfamato
porto ed a quelle strade di periferia -ancora
un po’ desolate e, a sera, scarsamente illuminate- sulle quali cominciava ad affacciarsi lo skyline del primo boom edilizio. In quel
tempo, il comportamento trattenuto della
mia famiglia, potè finalmente uscire da una
morigeratezza cui l’aveva necessariamente
confinata la posizione impiegatizia dell’unico provider: ed aprirsi finanche a quella sorta di sensuale mondanità che da sempre,
altrimenti, fioriva ogni sera, nei parchi delle
ville eleganti di Mondello. Addivenuto all’alta dirigenza, mio padre era stato nominato responsabile regionale di un importante
ente assicurativo nazionale. Di quegli anni,
fu anche l’esplosione della mia socialità:
tra ragazze che maliziosamente mi chiedevano se fossi ‘ingrizzato’, se avessi già
fidanzata cioè, e compagni ansiosi di fare
amicizia ed orgogliosi di sedere accanto, in
classe, a chi apparteneva ‘adda civiltà d’o
contenente’. Eppure, al calare della luce
del giorno ed ultimati i compiti scolastici,
quasi quotidiano, sentivo imperante -nonostante le prudenziali diffide dei miei- il
desiderio di sperdermi per gli infìdi vicoli
del porto, maleodoranti, fatiscenti ma promettenti improbabili incontri sessuali fino a
quel tempo solo fantasticati. Le prostitute
del porto dovevano sembrarmi, allora, più
seducenti delle sirene. Alternativamente,
sempre a sera, desideravo anche esplorare
quella ragnatela di strade appena tracciate,
forse ancora nemmeno asfaltate, ospitanti
l’avanguardia di quei palazzoni in cui pro-
babilmente si specchiava l’idea di un adolescenziale futuro insostenibile.
Zug, pure al guinzaglio, si muoveva
lì: tra quelle strade di brumosa periferia e
quell’umida povertà portuale e malandrina,
contigue, entrambe, agli affacci mozzafiato
sull’intera Conca d’Oro, goduti dalle enormi
vetrages dell’attico residenziale in cui abitavo. Zug, però, appartiene all’oggi: non all’allora. E’ un cane bianco-pezzato di piccola
taglia, un bastardino sottratto ad un più bastardo, pure accogliente, canile municipale.
Amo Zug più di tante altre cose e persone
pur care: lo amo quando mi si avvicina chiedendo coccole; quando muto e sdraiato sorveglia sornione la mia presenza; quando,
prima di accucciarsi, viene a regalarmi ed
a chiedere il bacio della buonanotte. Amo
Zug, peraltro, anche quando abbaia protervo, disturbando le sedute con i pazienti;
quando, in procinto di defecare, compie sul
marciapiedi quei movimenti delicati vòlti a
difendere una privacy improbabile eppure
irrinunciabile; quando ringhia minaccioso
al padrone che lo vuole stanare, o quando
impuntandosi caparbiamente pretende da
chi l’accompagna il massimo rispetto alla
propria istintualità. Amo Zug senza riserve.
E sono certo, oggi, che lo amerei comunque: anche sguinzagliato; anche a rischio di
violata obbedienza. Forse non a rischio della sua stessa vita, però: ha ancora troppo
da insegnarmi sulla fedeltà vera e più alta,
quella improntata alla dignità; quella, venata di istinto, che non può compromettersi
con le blandizie di un padrone possessivo;
quella che irrita e contraddice, rendendomi
alfine più consapevole.
A Palermo ho avuto contatti reali con la
mafia. La mafia, verosimilmente, non era
quella di adesso: droga, armi, palazzinari
probabilmente non facevano ancora gola ai
suoi appetiti, o almeno così oggi mi pare.
Aveva, per me, il fascino di un’istituzione
nei secoli fedele: ispirata da una fatale legge di onore e di sangue vendicati. Allora,
la mafia l’ho conosciuta non soltato perché
l’autista di scorta armata a mio padre era
‘uomo de panza’, e, come tale, in grado
di fare ricomparire magicamente qualsivoglia oggetto delinquenzialmente sottratto
a chiunque in precedenza (ivi compresa,
a mio padre, la stessa auto di rappresentanza dell’ente). L’ho conosciuta, anche e
soprattutto perché quell’uomo amabilmente
corpulento, taciturno ed armato, avendomi
preso a benvolere, mi ha più volte sollecitato a partecipare ad antelucane ed ‘affiliate’
battute di caccia alla lepre. Quest’ultime si
svolgevano lungo i pendii di Monte Pellegrino o tra le voragini profilate da fichi d’India
del sopramonte a Bocca di Falco: in compagnia fidata ed esclusivamente maschile,
ma in assoluta segretezza ‘di Famiglia’.
Rudi ma delicati nei movimenti, quei cacciatori convenivano poco prima dell’alba nel
luogo stabilito: ciascuno con la sua gabbia
per mano, coperta da uno straccio. Oltre
ad insegnarmi i rudimenti del puntamento
e del tiro, uomini dalle fedine spesso insanguinate erano così gentili da consentire che
io sparassi a bersagli inanimati, nel rispetto
del mio orrore congenito per l’uccisione di
chicchessia, foss’anche una lepre. Certo,
dicevano di me che ‘…manco masculo parìa’, concedendomi, peraltro il privilegio di
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sollevare, curioso (e la curiosità, si sa, ‘fìmmena è’), gli stracci sovrapposti alle loro
gabbie. Ogni gabbia conteneva un furetto,
delizioso, impulsivo ed enigmatico animaletto che accostai per la prima volta in quelle occasioni -un mix indefinito di scoiattolo,
castoro e chissà altro, dal guizzo repentino
e dagli incisivi molto aguzzi. Alla gabbia non
avrei dovuto avvicinarmi più di tanto, continuavano ad avvertirmi. Caratteristica del
furetto, infatti, è la stretta micidiale dei denti
affilati e perforanti, di ancestrale derivazione, e tanto imprevedibile quanto gratuita: la
lepre ne è terrorizzata, così che, non appena il roditore viene liberato all’ingresso della
tana individuata, essa fugge immediatatamente all’esterno, divenendo -in forza di
simile pratica tanto cattiva e vigliacca- definitiva preda da schioppo.
Fortunatamente nel mio caso, l’addentato dito trova in Mello dei giorni nostri un
pronto soccorso. Mello è un cognome che,
nell’uso e nei contatti personali di questi lustri, ho sempre preferito al nome: più sbiadito e meno evocativo di auspicata ‘materna’ protezione. Un cognome che, per di più,
ben si adatta al consonante termine di ‘mellone’ (significante palermitano di anguria,
e di individuo innocuo e vanesio: coriaceo
all’esterno; dolce all’interno ma di scarsa
sostanza). Credo non abbia mai esibito
-Mello- il possesso di auto che non fosse
almeno Mercedes; o non abbia mai vantato
vacanza lontano da fondali esotici e da pesca d’altura; nè mai indossato abito che non
fosse doppiopetto griffato: un po’ spocchioso nell’atteggiarsi e nell’eloquio -a Palermo
si sarebbe detto ‘vistuto de cazzuotto’. Per
contro, del suo buon ‘occhio clinico’ ho avuto prova più volte, negli anni della nostra
conoscenza: così come della sua generosa disponibilità. Mello per me c’è sempre:
pure a tarda sera, come si vede anche nel
sogno. Ma non è un amico; Mello è medico
amico, non il mio amico medico. Così come
il potere salvifico del farmaco da lui prescritto non gode di rasserenante connotato protettivo. Ben altrimenti: esso è inquietante,
addirittura potenzialmente contaminante,
pericolosissimo. E lo si trova nel retrobottega di un’approssimata friggitoria da Oro di
Napoli -come tante ve ne sono al sud- dove
zeppole gustose e dolci emergono bollenti
da padelloni di olii indefiniti, talvolta impropri. Come già la testa del Battista, servita a
Salomè sull’iconografico vassoio cesellato,
anche le compresse della salvezza necessitano di piatti preziosi per stagliarvisi sopra, per esserne delicatamente contenute.
Forse in una promessa di Trasformazione,
gligenza; in quelle del desiderio trasgressivo; nell’esistenza e nella frequentazione di
un tessuto umano/ambientale promiscuo e
socialmente ai limiti, o già compromesso.
Sofferenza e dolore hanno le immagini e le
sensazioni di un immotivato, penoso insulto
fisico, oltre che uno sfondo di angoscia panica da contagio imminente. E la morte è lì,
a fare da perimetro e da ultimo orizzonte a
quel témenos che è luogo/tempo della cura.
‘Cura’, dico, e non ‘guarigione’: quest’ultima
non è contemplata dalla Trasformazione,
ed è tutt’altra cosa.
Naturalmente, la centralità del male (e
della sua esperienza) -riproposta a chi, di
formazione junghiana, si occupa di psicopatologia- ancorché limitata al lavoro su un
sogno, rimane necessariamente monca se
non può (e qui non lo può) confrontarsi con
il contributo plurisecolare, o millenario, di
testi filosofici, letterari e religiosi (3).
Ma, al di là di tale considerazione,
un’elaborazione pur approssimativa di questo sogno non può eludere almeno il cenno
all’ulteriore, enigmatica suggestione, attiva
lungo l’intero suo sviluppo: quella della duplicità. Così: biennale è il periodo al quale
il sogno riferisce; due (e diverse -angiporto
e periferia-) sono le realtà urbana, sociale
e psicologica a cui il testo rinvia; due, gli
acuminati denti del morso; reiterato, il viaggio negli inferi della malavita; due, i preziosi piattini con tenitori; due, soprattutto, le
compresse della salvezza. Ed uno, il dito
dolente: l’indice, appunto (4).
In prima istanza, una simile suggestione sembrerebbe incline a rappresentare la
concezione junghiana di dinamismo tensivo fra gli opposti -principio compensatorio
significante dell’intera vita psichica (5), (6).
Ulteriormente (e non per forza alternativamente), peraltro, essa potrebbe qui alludere al pluricaratterizzato ‘DNA culturale’ di
chi sogna. Basti pensare alla severa ascendenza matrilineare ebraico/norditalica e a
quella patrilineare pervasa di cristianesimo
siciliano dai tanti riti ed atteggiamenti paganeggianti (7). O addirittura -perché no
?- emblematizzare due differenti personali
‘itinerari analitici’ a sussunzione della opportunità di un discorrerne integrato ….
Concludendo, infine: se la evocata decapitazione del Battista potesse condensare, in metafora, opposte pulsioni quali
l’odio e l’amore (in Salomè), non mi sentirei
di escludere neppure che la ‘scandalosa’
provocazione, di cui al testo ed al contesto
del sogno, potesse anche additare un orizzonte a coincidenza tensiva di speranza e
salvezza (8).
dalle radici nella ‘Vuccirìa’.
Sul sogno:
Scrive, Paul Ricoeur, che “Quel che rende tale l’enigma del male è il nostro collocare sotto il medesimo termine, almeno nella
tradizione dell’Occidente giudeo-cristiano,
fenomeni così disparati come il peccato, la
sofferenza e la morte ” (1). In questa prospettiva, si potrebbe affermare che il sogno
-in sé e nell’amplificazione seguita- rinvia
all’enigma del male, adombrando -è forse il
caso di dirlo ! (2)- l’ipotesi di un’escatologia
psicologicamente trasformativa. Peccato e
colpa vi sono presenti nelle vesti della ne-
Note:
(1) P. Ricoeur: Il male, una sfida alla filosofia e alla teologia , Morcelliana, Brescia 1993
(2) L’intera trama del sogno -così come parte delle immagini di cui alla successiva elaborazione- si staglia sullo
sfondo di tenebre scarsamente illuminate, caratteristiche
di una notte mediterranea. L’atmosfera indotta dalla scena sembrerebbe, pertanto, essere particolarmente versata a rappresentare la nozione junghiana di ‘Ombra’, così
centrale nella pratica della psicologia analitica.
Per una disamina generale e critica del concetto, rimando
a:
- M. Trevi e A. Romano: Studi sull’ombra, Marsilio, Venezia 1975
- A. Carotenuto: Senso e contenuto della psicologia analitica, Boringhieri, Torino 1977
- E. Caramazza: L’Ombra, in A. Carotenuto (diretto da):
Trattato di Psicologia Analitica , II, UTET, Torino 1992
- la voce ‘Ombra’ in P.F. Pieri: Dizionario junghiano , Bollati Boringhieri, Torino 1998
- C.G. Jung: Sui sentimenti e sull’ombra -a domanda risponde , Ma.Gi., Roma 2001.
- C.G. Jung: Psicologia e Religione (1938), Vol. 11, Boringhieri, Torino 1979, in cui l’Autore scrive: “Disgraziatamente è fuori dubbio che l’uomo preso nel suo insieme
è meno buono di quanto egli stesso immagini o desideri
di essere. Ognuno di noi è seguito da un’ombra, e meno
questa è incorporata nelle vita conscia dell’individuo, tanto più è nera e densa. Se un’inferiorità è conscia si ha
sempre la possibilità di correggerla (….) Ma se è rimossa e isolata dalla coscienza essa non viene mai corretta.
Sussiste allora inoltre il pericolo che in un momento di
disattenzione essa erompa improvvisamente.”; ed ancora: “ …la repressione della ombra è un rimedio tanto
meschino quanto la decapitazione contro il mal di testa.
Distruggere la moralità di un uomo non giova neppure
poiché si ucciderebbe così la sua essenza migliore,senza
la quale nemmeno l’ombra ha un senso. La riconciliazione di questi opposti è un problema di altissima importanza che ha affaticato alcuni spiriti fin dall’antichità.”; ed
infine: “….L’ombra rappresenta solo qualcosa di inferiore,
primitivo, inadatto e goffo e non è male in senso assoluto.
Essa comprende tra l’altro delle qualità inferiori, infantili e
primitive, che in un certo senso renderebbero l’esistenza
umana più vivace e più bella; ma urtano contro regole
consacrate dalla tradizione”.
(3) Lo ricorda P.F. Pieri nell’Introduzione all’antologia Il
male , R. Cortina, Milano 2000
(4) L’indice è dito che indica, e che -anche nella plurisecolare tradizione iconografica- esprime giudizio, quello
stesso giudizio che in qualche modo può essere in rapporto anche con i ‘denti’ (cfr. i ‘denti del giudizio’; l’‘occhio
per occhio, dente per dente’; etc.): e che perciò i-dentifica,
quindi divide, separa. Ma che anche, come i denti nella
funzione masticatoria, rende prospetticamente assimilabile l’alterità: ovvero unifica all’orizzonte ciò che, per definizione, è diviso (cfr. l’indice di Dio additare in Adamo la
Sua creatura, nel celebre affresco michelangiolesco della
Cappella Sistina).
(5) Cfr. C.G. Jung: Tipi psicologici (1921), Vol. 6, Boringhieri, Torino 1969
(6) Cfr. la voce ‘Opposti’ in P.F. Pieri: Dizionario junghiano,
Bollati Boringhieri, Torino 1998
(7) Nelle assai controverse pagine del volume 7 della rivista Zentralblatt fur Psychotherapie , citate da E. Harms
in A. Maidenbaum e S.A. Martin: Wotan e Mosè , Vivarium editore, Milano 1997, C.G. Jung scrive, tra l’altro:
“L’ebreo, quale appartenente a una razza che dispone di
una civiltà di circa tremila anni, possiede, come il cinese
colto, un più ampio spettro di consapevolezza psichica
rispetto a noi. Di conseguenza, per l’ebreo in generale è
anche meno pericoloso dare una valutazione negativa del
proprio inconscio.”. E ancora (ibid.): “L’inconscio ariano
dispone di un potenziale più elevato di quello ebraico, il
che costituisce al tempo stesso il vantaggio e lo svantaggio di una giovane età che non si è ancora distaccata
dall’elemento barbarico.”
(8) Per un significativo approccio ebraico al tema del
rapporto speranza/salvezza (particolarmente nel dopoAuschwitz), cfr. il pensiero filosofico di E. Lévinas e/o
l’opera letteraria e teatrale di E. Wiesel; per un esaustivo
ed autorevole approccio teologico-cattolico allo stesso
tema, cfr. Benedetto XVI, Enciclica ‘Spe Salvi’ , Libreria
Editrice Vaticana 2007.
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