comunita’ cristiana di ghiaiE numero 1 - Marzo 2013 «Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, (Is. 53,7) e non aprì la sua bocca». “Venite in disparte e riposatevi un poco” Per ascoltare Dio che parla nel silenzio, bisogna fare silenzio, questo è chiaro. Ecco perché è importante ogni tanto raccogliersi nel silenzio, possibilmente in solitudine, uscire dall’ordinario delle occupazioni quotidiane e seguire la Parola del Signore: “Venite in disparte e riposatevi un poco”, non per riposarsi nel senso di non far niente, ma per imparare a contemplare la storia con lo “sguardo” di Dio. Questo è l’aspetto principale. In questi momenti ognuno dovrebbe scoprire qual è la verità su di sé: non tanto la verità che dice di essere, ma la verità effettiva. È un lavoro impegnativo, ma riuscire, davanti al Signore, a riconoscersi per quello che realmente siamo implica il lasciar cadere la maschera. Però è anche vero che poi bisogna essere coerenti e vivere secondo la verità. San Paolo diceva: “Facendo la verità nella carità”, non “dicendo la verità” ma “essendo veri”. Noi, tante volte, siamo presi da compromessi, diciamo di non riuscire a trovare il tempo... sappiamo bene che si tratta solo di alibi. La realtà è un’altra: quello che ci manca è la fede. Ed è invece quello che Dio cerca! Avere la capacità di mettersi davanti a Dio per quello che siamo ci impegna ad essere più autentici, più veri ed è un atto necessario perché alla luce di Dio uno capisce qual è il senso della sua vita, qual è il senso della storia. La Quaresima è un tempo favorevole per riscoprire la fede in Dio come base della nostra vita e della vita della Chiesa. Durante la Quaresima il cristiano è chiamato attraverso la preghiera, la meditazione della Parola di Dio e la celebrazione dei sacramenti, ad aprirsi alla grandezza di Dio, così facendo può intuire qualcosa di più del cuore del Signore e penetrare più a fondo il mistero della Pasqua. Per questo dovremmo prepararci a questo momento in modo adeguato, con un cammino che ci aiuti a ritrovare la gioia dell’incontro con il Signore e a consolidare le ragioni del nostro credere. Il nostro cuore ha bisogno di costruire alcune condizioni senza le quali è impossibile suscitare uno spirito di preghiera ed imparare a “leggere” la vita secondo lo spirito. La riflessione che vi proponiamo attraverso la lettura delle successive pagine del presente bollettino vuole proprio portarvi a cogliere il profondo significato dell’esame della coscienza davanti a Dio. L’esame della coscienza è un esercizio impegnativo e come tale: chiede. Chiede intanto di donare del tempo: ma non è questo l’aspetto più difficile. Chiede di donare attenzione, o meglio: il cuore. E questa è la cosa più difficile. L’esame della coscienza di cui si parla non è solo un momento di riflessione per valutare un periodo della propria vita più o meno lungo, ma è una vera e propria forma di preghiera che avviene davanti a Dio. In questa preghiera si offre a Dio la propria memoria, con tutte le sue facoltà e contenuti perché sia lui ad usarla per noi. Un esame che non è finalizzato soltanto a cogliere i difetti e i peccati, come momento di autocorrezione, ma che è soprattutto un momento di lode. Non si tratta infatti solo di un esame morale, ma di un esame spirituale, in cui si colgono i doni e i benefici ricevuti da Dio, lo si loda e ringrazia per essi. Pensiamo ad esempio, al dono della vita, ai doni di salute, famiglia, formazione, alle persone che si sono incontrate, alle molte occupazioni. A partire da questa «sproporzione» tra i doni ricevuti e l’attività svolta, si potrà cominciare a vedere allora le proprie omissioni. Non dimentichiamo che i peccati più grandi sono proprio delle omissioni e delle mancanze di gratitudine. Da qui si potrà procedere a vedere le nostre infedeltà, gli errori e i peccati in cui siamo caduti. Quali sono i miei vuoti? A cosa non ho risposto circa ciò che mi chiedeva Dio? Cosa sono chiamato ad accogliere o respingere? C’è qualche punto particolare di te o della realtà su cui hai sentito l’invito a mettere più attenzione o chiedere perdono? Oppure qualcosa su cui senti di dover ringraziare o pregare con più impegno, o, magari, prendere qualche decisione particolare? Diventare sempre più capaci di ascoltare i “sussurri” del Signore. Guardarci non con senso di colpa, ma con senso vero del peccato. Il senso di colpa ci chiude in noi stessi, invece l’esame deve essere fatto di fronte al Signore: alla verità di quello che abbiamo fatto si accompagna sempre la misericordia di Dio. Questo è il modo con cui il Signore ci porta sempre a guardare il nostro male: la verità unita alla misericordia. Allora avvertiremo che accanto al dispiacere per il nostro male, al bruciore per la ferita, ci sarà un senso di consolazione e speranza, segno che ci stiamo esaminando sotto lo sguardo di Dio. Sarà il momento per esprimere con tutto se stessi il desiderio profondo di cambiare, ricominciare, pieni di speranza. L’impegno a vivere con serena attenzione il nostro prossimo tempo secondo quanto abbiamo colto nell’esame. Buona Pasqua •2• le dimissioni del Papa ci ricordano che noi siamo “umili lavoratori”. di Carla Morstabilini Il Signore guida la sua Chiesa… Carissimi Fratelli; Vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, successore di San Pietro, a me affidato il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20 la sede di Roma sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio. Dal Vaticano, 10 febbraio 2013 Sono passate da poco le 11,30 dell’11 febbraio 2013, quando Benedetto XVI, in lingua latina annuncia le Sue dimissioni, con il discorso sopra riportato. Un annuncio onesto, coraggioso ed inaspettato, che ha sorpreso i suoi più stretti collaboratori. Che merita grande rispetto, anche se ha sconvolto la Chiesa ed il mondo intero, a giudicare dalle dichiarazioni e dai commenti che ne sono seguiti. Una scelta sofferta, presa davanti a Dio , in libertà di coscienza, per l’impossibilità di esercitare il “ministero petrino”, con il vigore necessario che il ruolo richiede. Un gesto che ci ha sorpreso, come tante sono state le sorprese di questo Papa anziano, eletto a succedere a Giovanni Paolo II, proprio quando meditava di ritirarsi nel silenzio di un monastero, a pregare ed a scrivere, mettendo a frutto le sue doti di raffinato teologo. “Dopo il grande Papa Giovanni Paolo II”, aveva detto Ratzinger appena eletto, “i signori Cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”. Con la stessa umiltà, e senza platealità, ha fatto l’annuncio che ha scioccato i fedeli cristiani. Ha preferito lasciare ad un nuovo Pontefice la gestione, oggi sempre più onerosa della Chiesa, piuttosto che far pesare i suoi limiti. A cinquant’anni dall’inizio del Concilio Vaticano II, sarà importante riflettere su queste dimissioni, in vista dell’elezione del nuovo Pontefice, più giovane e vigoroso, per affrontare le sfide contemporanee, come il relativismo etico, la secolarizzazione e l’impermeabilità del mondo all’annuncio del Vangelo. Il coraggio del gesto di Benedetto XVI, più che un segno di debolezza, quasi fosse una sconfitta, paradossalmente, darà vigore alla Chiesa ed al suo ruolo di guida etica e spirituale nel mondo. Alla luce di questi grandi cambiamenti che ci aspettano, preghiamo e invochiamo lo Spirito Santo nella certezza che il timoniere invisibile della Chiesa è Gesù Cristo. Lui ha detto: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”. Di qui la serenità anche in un momento nel quale umanamente proviamo sofferenza. •3• Il luogo della vita dello Spirito “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio” Le parole di Benedetto XVI ci offrono l’occasione per approfondire un aspetto decisivo della nostra fede e che ci permetta di leggere, alla luce dello Spirito del Signore e non del mondo, gli eventi della storia. In questo articolo vorremmo approfondire qual è il luogo della vita spirituale e come ci si entra. «Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». Questa stanza superiore è il luogo della Chiesa, è il luogo della comunità. « Dal Vangelo secondo Marco Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. » Nel capitolo 14 di Marco, al versetto 13, si dice che Gesù manda due dei suoi discepoli per cercare la stanza dove celebrare la Pasqua. E dice di chiedere a colui che porta la brocca d’acqua: “Dov’è la mia stanza?” Ecco, c’è la sua stanza, c’è il luogo dove Lui è di casa, dove Lui mangia con noi e noi con Lui. È la stanza superiore, fuori dalle occupazioni ordinarie, già pronta, ornata con tappeti. E in questa stanza superiore si svolge l’ultima cena, l’Eucarestia, la comunione col Signore, ci sono le apparizioni del Risorto, c’è la discesa dello Spirito Santo, c’è la missione, c’è il ritorno dalla missione. Questa stanza superiore è il luogo della Chiesa, è il luogo della comunità, è il luogo nel quale noi siamo in comunione con il Signore, morto e risorto, viviamo la sua vita, siamo in comunione con gli altri, riceviamo lo Spirito, e siamo in comunione con tutto il mondo. Il problema del Vangelo è trovare questa stanza superiore. Evidentemente non è un luogo materiale, è il Cristo che per la fede abita nei nostri cuori, Efesini 3-16, è l’uomo interiore. Nella sua prima Pietro, 3-4, lo chiama “l’uomo nascosto nel cuore”. Ecco, il problema è trovare questo “dove”, quest’uomo interiore, tutta la vita spirituale è una vita interiore che procede dal cuore dell’uomo. In questo orizzonte si comprende l’importanza dell’e•4• same della coscienza, non l’esame “di” coscienza come si è abituati a fare, ma l’esame “della” coscienza e spiego in che cosa consiste. Il primo esercizio spirituale è esaminare la coscienza, cioè prendere coscienza di ciò che avviene dentro di noi. Perché? Perché Dio agisce ventiquattro ore al giorno: “Il Padre mio sempre opera”; il problema è prendere coscienza della sua azione dentro di noi. E la vita spirituale è la presa di coscienza della vita dello Spirito che in noi agisce, in modo da riconoscerlo, da favorirlo, e da crescere in questo. Quindi l’esame della coscienza è il principio della vita spirituale e il grande peccato dell’uomo è l’incoscienza, l’oblio, il vivere fuori di sé. Dovremmo viver sempre nella coscienza, non fuori della coscienza. Ma davanti a Dio! È questa la vera coscienza. Non davanti all’io. L’io è tale davanti a Dio. Mentre noi ci dimentichiamo di Dio e del nostro io e siamo sempre fuori, la nostra vita spirituale è soprattutto fare attenzione a ciò che avviene dentro di noi, è il prender coscienza di questo. Poi si potrà discernere, ma prima bisogna prendere coscienza. Praticamente il nostro cuore è come una scatola nera dove si registra il volo del giorno, si registra tutta l’azione; ecco la sera è bene aprirla e vedere cosa c’è dentro. E ci si accorge che è proprio nera. Quando uno comincia a esaminare quello che è passato nella coscienza non si accorge di niente, perché è appunto incosciente; è come quando uno va dall’analista a raccontare i sogni, all’inizio non sogna o pensa di non sognare, poi si abitua e si accorge che sogna sempre. E così ci si accorge un po’ alla volta, facendo l’esame della coscienza, che Dio agisce sempre e non c’è nulla di neutro. Ogni cosa in noi ha una ripercussione e questa ripercussione è sempre in luogo dello Spirito o del suo contrario. Sta a noi prima prenderne coscienza. Poi daremo le regole del discernimento, ma è lì che si svolge la vita spirituale. Generalmente viviamo nei nostri propositi, nelle nostre cose da fare, ma questo non è spirituale, è ridurre a materiale anche la vita spirituale; la vita spirituale è la vita dello Spirito che è in noi e che diventa poi abito del nostro corpo, ti fa vivere in un modo invece che nel suo contrario. E il primo principio è la coscienza. Ecco allora, l’esame della coscienza, (prima di dire come farlo), vorrei dire che è proprio questa presa di coscienza dell’azione di Dio che è in noi. E questa è forma fondamentale di preghiera. Come la Bibbia è una preghiera biblica, è memoria dei doni di Dio, così attraverso l’esame della coscienza la nostra giornata diventa una pagina di storia sacra, diventa memoria dei doni di Dio. Dio non è che ha agito una volta e basta, agisce ancora, sempre. E ogni nostra giornata è una pagina di storia, ma di storia sacra, di storia della salvezza. E lo diventa mediante il far memoria dei doni di Dio. Oltre che memoria diventa poi Eucarestia, ringrazio dei doni. Ogni mia giornata è Eucarestia. È la mia vita che è eucaristica. È molto bello in Romani 12-1, dice: “vi esorto fratelli per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi”, l’Eucarestia è addirittura il nostro corpo, concreto, come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio, come culto spirituale, il culto spirituale, il culto logico, è il nostro corpo. La nostra vita concreta è animata dallo Spirito, non conformandovi a questo secolo ma trasformandovi nel rinnovamento della mente, per discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, ciò che è gradito, ciò che è perfetto. Per cui è la nostra vita concreta che diventa Eucarestia, che diventa vita spirituale. È la vita materiale che è spirituale, se no viviamo normalmente con la vita spirituale che è un tumore della vita concreta, lo risolviamo nelle pratiche spirituali, così non mi nuoce. •5• Il grande peccato dell’uomo è l’incoscienza, l’oblio, il vivere fuori di sé. L’esame della coscienza, è presa di coscienza dell’azione di Dio che è in noi. La nostra vita concreta diventa Eucarestia. La vita spirituale è stare attenti allo Spirito che agisce in me e fuori di me. Ringraziare Dio nostro Signore. “Dio ridotto a pratica spirituale”. E invece no, è l’anima, è lo spirito della mia vita concreta, questo è il Dio incarnato. Ed è questo il senso dell’esame della coscienza come forma fondamentale di preghiera. È proprio il far memoria dei doni di Dio, il fare Eucarestia e il richiamarsi a conversione, sono i tre momenti della Scrittura e dell’Eucarestia. E poi c’è un’altra cosa, questa forma di preghiera è una preghiera apostolica. Nel senso che prima di tutto non mi impedisce l’apostolato. Se uno dovesse dire che la vita spirituale è fare sei sette ore al giorno di coro, certo gli rimane poco da fare. Invece la vita spirituale non è fare il coro, non è fare lunghe preghiere. La vita spirituale è stare attenti allo Spirito che agisce in me e fuori di me. Per cui il mio stesso ministero è un ministero spirituale, cioè è un contemplare l’azione di Dio nell’altro ed è un favorirla. E quindi anche l’azione non mi stacca da Dio, mi unisce a Dio. Quando parlo con uno in direzione spirituale o in confessione, o sto attento allo Spirito che agisce in lui e allora faccio qualcosa di buono e io sto unito a Dio e faccio un’azione spirituale di preghiera, oppure non sto facendo niente di utile all’altro, lo sto attaccando a me e io attaccandomi a lui, allora è meglio che ognuno se ne vada per conto suo. Invece proprio il ministero stesso diventa un momento spirituale, di verifica, di crescita dello Spirito, in me e nell’altro. Diventi contemplativo nell’azione. Il senso dell’esame della coscienza è un portarci a essere contemplativi anche nell’azione. Cioè esattamente la nostra azione è contemplare l’azione di Dio e favorirla, aiutare a discernerla. Quindi, come vedete, l’esame della coscienza è qualcosa di estremamente importante per la vita spirituale, è il principio della vita spirituale. È solo lì che si può operare il discernimento. Prima bisogna registrare quello che c’è, poi puoi discernere, se è bene o male, se no siamo al di fuori del bene e del male. Abbiamo solo qualche norma che cerchiamo di osservare ma non ho la norma interna. E lì che ricerchi la volontà di Dio, che percepisci le mozioni interiori, è lì che puoi deliberare, è il principio morale: il principio morale è proprio il deliberare cos’è la volontà di Dio, non è una legge esterna. Quella, è chiaro, è uguale per tutti. Ma non agisci in base alla legge, la legge ti dice cosa non devi fare. Qual’è la volontà di Dio positiva lo capisci solo dalle mozioni interne. Se no dovremmo far tutti la stessa cosa. E invece ognuno agisce diversamente secondo la volontà di Dio su di lui e questo è possibile nell’esame della coscienza. Ritengo allora che questa inquadratura sia importante proprio per farci capire in cosa consiste, e nel rivalutarlo. Perché noi normalmente siamo abituati a fare l’esame “di” coscienza nei termini banali per vedere quante volte ho trasgredito le leggi. Ecco, è giusto anche avere questa coscienza, e questa è tipica del bambino che si scontra con la norma, ma non è questo l’esame della coscienza. È qualcosa di più importante, è una forma fondamentale di preghiera, la forma più alta di preghiera, in cui la tua vita stessa concreta diventa preghiera. Allora si capisce proprio il valore fondamentale che ha nella nostra vita apostolica questa forma di preghiera perché ci permette l’azione apostolica e la rende apostolica. E diventa poi principio di elezione e di azione apostolica. Riguarda il modo di fare l’esame generale. Comprende cinque punti. 1. Il primo punto consiste nel ringraziare Dio nostro Signore per i benefici ricevuti. Quindi la prima cosa è registrare i doni, i benefici che il Signore mi ha fatto oggi. È la memoria ed è Eucarestia. Questo è il momento principale dell’esame della coscienza. Ed è proprio il ricordo dei doni di Dio che mi rende eucaristico, mi fa percepire la mia identità, mi fa percepire la sua volontà, mi pone davanti a Dio, mi fa vedere come Dio agisce, mi rende uomo spirituale, mi rende uomo eucaristico. E mi dispone a riceverne altri. E c’è una grossa insensibilità ai doni di Dio, perché non siamo abituati. Addirittura quelli più ovvi non li riteniamo più neanche doni, il fatto che tu respiri. Perché vi chiedo: prova a star tre minuti senza respirare. Da qui pensa al fatto che sei figlio di Dio che è un dono costante e quindi all’amore del •6• Padre per te. Bisogna quindi abituarsi a registrare i doni e poi a vivere nella coscienza costante dei doni. E dietro ogni dono c’è il donatore, c’è Cristo, c’è il Padre. Ed è davanti a Lui che noi stiamo. Il grosso pericolo della vita spirituale è la noia, il vedere i nostri limiti, i nostri difetti come prima cosa. Come prima cosa dobbiamo vedere Dio e i suoi doni. E rendere grazie. Questo anche nelle difficoltà, anche nella morte, c’è un dono di Dio anche nella morte perché ritroverò Lui. Non solo quando agisco, anche quando non posso agire. Trovo Lui crocifisso e mi associo alla sua passione. Riuscire a capire i doni. * Ed è davanti ai doni allora che chiedo la grazia di conoscere i peccati per eliminarli. È una grazia conoscere i peccati. Una grazia da chiedere. Conoscere come ho peccato, cioè come do risposta al dono. E il nostro principale peccato è la dimenticanza del dono, il che vuol dire cancellare Dio dalla vita. Il nostro peccato è che cancelliamo Dio dalla vita. Siamo “atei pratici”. L’esame della coscienza ci aiuta a uscire dall’attivismo pratico, è la dimenticanza di Dio che è il vero peccato dell’uomo, è l’abbandono di Dio. Quindi imparare a chiedere le grazie per conoscere i propri peccati ed eliminarli. * E poi, vado in concreto, chiedo conto all’anima mia, dalla levata fino all’esame presente, consigliate di farne almeno due al giorno, di ora in ora, non delle cose che ho fatto, innanzitutto, ma dei “pensieri”, inteso in senso largo, dei sentimenti, di come ho vissuto. Perché se ho ucciso uno mi accorgo subito, invece qualcosa di più importante, con che sentimento ho agito? Con quale pensiero fondamentale? Perché i pensieri sono proprio i pensieri del cuore, cioè con gioia, con tristezza, con sopportazione. La vera ascesi, vedremo, sarà proprio a questo livello, dell’eliminare i pensieri negativi, i sentimenti negativi che mi fanno agire negativamente, è la vera ascesi interiore. Quindi prima i pensieri intesi nel loro senso più ampio, perché più che i pensieri sono proprio i sentimenti profondi, sono quelli che dettano la mia azione. E devo prendere coscienza di questo. 2. Poi capiterà una cosa strana, cioè che prendendo coscienza di questo, arriverò a capire cose semplicissime, che, per esempio, i sette vizi capitali li ho tutti; che, per esempio, le tre concupiscenze le ho tutte, che tutti i peccati possibili e immaginabili li ho, e allora capisco perché Cristo è morto per me, non per gli altri. E quindi comincio a diventar cristiano. E poi comincio ad accettare gli altri come miei fratelli e a non giudicarli più. Quindi comincio ad esser solidale con gli altri, non perché sono tollerante per una virtù particolare, perché sono un borghese illuminato, ma perché li vedo della mia stessa pasta. Ed è la santità cristiana questa coscienza della propria umanità e della propria umanità anche del negativo ormai, come luogo del perdono di Dio e della solidarietà con tutti. 3. Poi chiedo perdono delle parole, infine delle azioni. 4. Il quarto punto è chiedere perdono a Dio nostro Signore per le mancanze. 5. Il quinto è proporre di correggersi. Vedete che la struttura fondamentale è memoria, Eucaristia e conversione. E questo ogni giorno. Il far memoria dei doni, (che vuol dire far memoria di Dio), facendo Eucarestia, faccio poi memoria anche dei miei peccati, e lì faccio Eucarestia del perdono e appello alla conversione. Questo è il principale strumento spirituale, se uno vuol fare una vita spirituale deve fare queste cose, in un modo o in un altro. Il modo più semplice è sempre il più raccomandabile, cioè quello di farlo. Dargli un tempo e uno spazio. La prima pratica spirituale che si abbandona, anche se è intesa in modo fiscalistico, è vedere cosa ho fatto. Cosa ho fatto più o meno lo so già. Mettiti davanti a Dio e ripassa i suoi doni e vivi questo spirito di riconoscenza e di Eucarestia e di conversione. Questo quotidianamente. Altrimenti è difficile parlare di vita spirituale perché noi siamo sempre fuori da ciò che avviene in noi. Ed è difficile parlare poi di unione col Signore e di ministero perché il nostro ministero è un fare quel che ci salta in mente a svantaggio del malcapitato in quel momento. •7• Il grosso pericolo della vita spirituale è la noia. Prendere coscienza di questo; Cristo è morto per me, non per gli altri. Un linguaggio nuovo per la Chiesa. Il mondo di oggi non ascolta più i maestri. Ha bisogno di testimoni, modelli ed esempi da seguire. Chiede credibilità, coerenza e trasparenza. Assieme ad una genuina fedeltà al Vangelo, nella povertà e senza compromessi col potere ed i potenti. Una figura che ci può aiutare a comprendere che tutto questo non è impossibile, è Dietrich Bonhoeffer. Dalle sue opere si può comprendere che il suo pensiero e le sue azioni avevano come fine l’unità di tutta la sua vita. Rilevo tre scritti: La sua tesi di laurea, Sanctorum Communio, ha qualcosa d’eccezionale per l’epoca: un giovane studente di 21 anni scrive una riflessione dogmatica sulla sociologia della Chiesa partendo da Cristo. Riflettere a partire da Cristo su ciò che la Chiesa dovrebbe essere sembra incongruente. Molto più di una istituzione, la Chiesa è per lui il Cristo esistente sottoforma di Chiesa. Cristo non è un po’ presente attraverso la Chiesa, no: Egli esiste oggi per noi sottoforma di Chiesa. È completamente fedele a San Paolo. Questo Cristo ha preso su di sé la nostra sorte, ha preso il nostro posto. Questo modo di fare di Cristo rimane la legge fondamentale della Chiesa: prendere il posto di coloro che sono stati esclusi, di quelli che si trovano fuori, come Gesù ha fatto durante il suo ministero e già nel momento del suo battesimo. Colpisce come questo libro parli dell’intercessione: essa è come il sangue che circola nel Corpo di Cristo. Per esprimere questo, Bonhoeffer si appoggia sui teologi ortodossi. Egli parla anche della confessione, che non era praticamente più in uso nelle Chiese protestanti. Immaginate: un giovane uomo di 21 anni afferma che è possibile che un ministro della Chiesa ci dica: «I tuoi peccati sono perdonati» e che affermi che ciò fa parte dell’essenza della Chiesa: quale novità nel suo contesto! Il secondo scritto è un libro che ha redatto quando è stato chiamato a diventare direttore di un seminario per studenti in teologia che progettavano un ministero nella Chiesa confessante, uomini che dovevano prepararsi a una vita molto dura. Quasi tutti hanno avuto a che fare con la Gestapo, certuni sono stati gettati •8• Dietrich Bonhoeffer (1906 -1945) Dietrich Bonhoeffer, giovane pastore simbolo della resistenza tedesca contro il nazismo, conta tra coloro che possono sostenerci sul nostro cammino di fede. Lui che, nelle ore più oscure del XX secolo, ha dato la sua vita fino al martirio, scriveva in prigione queste parole: «Dio, raccogli i miei pensieri verso di te. Presso di te la luce, tu non mi dimentichi. Presso di te l’aiuto, presso di te la pazienza. Non capisco le tue vie, ma tu conosci il cammino per me». Ciò che colpisce in Bonhoeffer è la sua somiglianza con i Padri della Chiesa, i pensatori cristiani dei primi secoli. I Padri della Chiesa hanno svolto tutto il loro lavoro partendo dalla ricerca di un’unità di vita. Erano capaci di riflessioni intellettuali estremamente profonde, ma allo stesso tempo pregavano molto ed erano pienamente integrati nella vita della Chiesa del loro tempo. Troviamo questo in Bonhoeffer. Intellettualmente era geniale. Ma allo stesso tempo quest’uomo ha tanto pregato, ha meditato la Scrittura tutti i giorni, fino agli ultimi momenti della sua vita. La comprendeva, come una volta ha detto Gregorio Magno, come una lettera di Dio che gli era indirizzata. Anche se veniva da una famiglia dove gli uomini - suo padre, i suoi fratelli - erano praticamente agnostici, anche se la sua Chiesa, la Chiesa protestante di Germania, l’avesse molto deluso al momento del nazismo e ne avesse molto sofferto, è vissuto pienamente nella Chiesa. in prigione. In tedesco il titolo è estremamente breve: Nachfolge, in italiano Sequela. Ciò dice tutto sul libro. Come prendere seriamente ciò che Gesù ha espresso, come non metterlo in disparte come se le sue parole fossero d’altri tempi? Il libro lo dice: seguire non ha contenuto. Ci sarebbe piaciuto che Gesù avesse un programma. E tuttavia no! Alla sua sequela, tutto dipende dalla relazione con lui: lui è davanti e noi seguiamo. Seguire, vuol dire, per Bonhoeffer, riconoscere che, se Gesù è veramente ciò che ha detto di sé, ha nella nostra vita diritto su tutto. È il «mediatore». Nessuna relazione umana può prevalere contro di lui. Bonhoeffer cita le parole di Cristo che chiamano a lasciare i genitori, la famiglia, tutti i propri beni. Ciò fa un po’ paura oggi, e si è potuto rimproverarlo a questo libro: Bonhoeffer non dà un’immagine troppo autoritaria di Cristo? Però si legge nel Vangelo quanto le persone siano rimaste stupite dall’autorità con cui Gesù insegna e con la quale caccia gli spiriti maligni. C’è un’autorità in Gesù. Eppure, egli si dice tutt’altro rispetto ai Farisei, mite e umile di cuore, cioè egli stesso provato e al di sotto di noi. È così che si è sempre presentato ed è dietro questa umiltà che sta la vera autorità. Tutto questo libro è costruito così: ascoltare con fede e mettere in pratica. Se si ascolta con fede, se ci si rende conto che è lui, Cristo, che parla, non si può non mettere in pratica quel che ha detto. Se la fede si fermasse davanti alla messa in pratica, non sarebbe più fede. Porrebbe un limite al Cristo che abbiamo ascoltato. Certo, sotto la penna di Bonhoeffer, ciò può sembrare un po’ troppo forte, ma la Chiesa non ha sempre nuovamente bisogno di quell’ascolto? Un ascolto semplice. Un ascolto diretto, immediato, che crede sia possibile vivere ciò che Cristo chiede. Il terzo scritto, sono le famose lettere di prigionia, Resistenza e resa. In un mondo in cui egli percepisce che Dio non è più riconosciuto, in un mondo senza Dio, Bonhoeffer si pone la domanda: come parleremo di Lui? Cercheremo di creare dei domini di cultura cristiana, immergendo nel passato, con una certa nostalgia? Cercheremo di provocare bisogni religiosi nelle persone che apparentemente non ne hanno più? Oggi si può dire che c’è un rifiorire d’interesse religioso, ma spesso solo per dare una vernice religiosa alla vita. Sarebbe falso da parte nostra creare esplicitamente una situazione nella quale le persone avrebbero bisogno di Dio. Come parleremo allora di Cristo oggi? Bonhoeffer risponde: con la nostra vita. È impressionante vedere come descrive il futuro al suo figlioccio: «Viene il giorno in cui sarà forse impossibile parlare apertamente, ma noi pregheremo, faremo ciò che è giusto, il tempo di Dio verrà». Bonhoeffer crede che il linguaggio necessario ci sarà dato con la vita. Possiamo tutti risentire oggi, anche nei confronti di coloro che sono a noi più vicino, una grande difficoltà a parlare di redenzione per mezzo di Cristo, della vita dopo la morte o, più ancora, della Trinità. Tutto questo è così lontano a delle persone che, in un certo senso, non hanno più bisogno di Dio. Come avere questa fiducia che se viviamo di questo, il linguaggio ci sarà donato? Non ci sarà dato se rendiamo il Vangelo accettabile sminuendolo. No, il linguaggio ci sarà donato se viviamo veramente di esso. Nelle sue lettere, come nel suo libro su seguire il Cristo, tutto termina in una maniera quasi mistica. Egli non avrebbe voluto che si dicesse questo, ma quando si tratta d’essere con Dio senza Dio, si pensa a San Giovanni della Croce, o a Santa Teresa di Lisieux in quella fase così dura che ha attraversato alla fine della sua vita. È questo che voleva Bonhoeffer: rimanere con Dio senza Dio. Osare stare accanto a Lui quando è rifiutato, rigettato. Ciò dona una certa gravità a tutto quanto ha scritto. Bisogna tuttavia sapere che egli era ottimista. La sua visione dell’avvenire ha qualcosa di liberante per i cristiani. Egli aveva fiducia; la parola fiducia ritorna molto spesso nelle sue lettere di prigionia. In prigione, Bonhoeffer avrebbe voluto scrivere un commento al salmo 119, ma è arrivato solo alla terza strofa. In quel salmo un versetto riassume bene ciò che Bonhoeffer ha vissuto: Tu, Signore, sei vicino, tutti i tuoi precetti sono veri. Dietrich Bonhoeffer ha vissuto questa certezza che Cristo è realmente vicino, in tutte le situazioni, anche quelle estreme. Tu, Signore, sei vicino, tutti i tuoi precetti sono veri. Possiamo credere che ciò che tu ordini non solo è vero, ma degno della nostra intera fiducia. •9• di Patrizia Conforti Il ragno: pedagogia nel quotidiano Scuola dell’Infanzia Bambin gesù Sono passate le 9.00, di qualche minuto. Alcuni bambini, dentro lo spazio della “casetta” giocano a fare Cappuccetto Rosso: ci sono proprio tutti; Cappuccetto, la mamma, la nonna, il cacciatore. Il lupo è fuori da quell’angolo. Altri bambini sono al tavolo alle prese con dei puzzle e alcuni incastri di legno. Altri mi fanno compagnia ad un altro tavolo... sto smistando delle fotografie e loro sono interessati ai diversi pacchettini. Mi alzo in piedi, un battito di mani... Oh! No! Adesso si riordina. Hanno indovinato. Adesso occorre riordinare. Come al solito dico: Ogni cosa... e i bambini “al suo posto!”. Io: c’è un posto... e loro “per ogni cosa!”. E comincia il traffico del riordino. Una voce abbastanza alta blocca immediatamente tutto ciò che è in corso: “Guardate! Un ragno!” In un “Amen” tutti sono lì, accanto al mobile dei libri. Farò uso più spesso di quella frase “Guardate, un ragno!” per avere l’attenzione dei bambini in un attimo! C’è un ragno! È uscito dalla tana. Perché? I ragni hanno una tana? Certo! Tutti gli insetti hanno una tana E il ragno è un insetto? Sì, perché vive nel prato Ma se vive nel prato come mai è dentro la sezione? Perché fuori fa freddo e ha fatto la tana sotto il mobile dei libri. Nel frattempo il ragno si è bloccato. Starà ascoltando la conversazione proprio su di lui? Saprà di essere al centro dell’attenzione di ventisette bambini e di una maestra? Silenzio! Se no non si muove più. I bambini smettono di parlare. Seguono quel povero ragnetto con gli occhi. Si muove prendendo la via verso una panchina. Un bambino corre al mobile dei fogli, ne prende uno, bianco. Ritorna nel gruppo e mette il foglio a terra, nella direzione scelta dal ragno. È lì, sul punto di salirci, ma si blocca. Avrà intuito che è una trappola? Cambia strada e di nuovo si cambia direzione del foglio. È un ostacolo! Non riesce a salire sopra. Ma il foglio non è alto! Sì, ma lui è piccolo... è come un grattacielo Non riesce Guarda che ti morsica I ragni non morsicano, ti fanno solo un puntino sulla mano Bisogna lasciarli in pace... me l’ha detto il nonno Tutti gli animali non si devono toccare I cani puoi toccarli Anche i gatti perché io ce li ho Anche i conigli, li puoi accarezzare Si arrabbiano se gli tiri la coda Si muove (il ragno) Sì, si muove Sta cercando qualcosa da mangiare I ragni mangiano le mosche e i moscerini... l’ho letto sul libro. Si impigliano nella ragnatela Ma se le mosche volano? • 10 • Le catturano quando sono morte È salito sul foglio Adesso vediamo se scende Un bambino solleva il foglio: il ragnetto cade Ha fatto la rotola come a motoria Arrivato sul pavimento si raggomitola Hai visto? È diventata una palla Ti ricordi? Come il riccio che quando lo toccavi diventava una palla Si chiudeva Non si muove più, è morto? Noooo, si sarà ferito una zampa Aspetta che si muove ancora Dopo due minuti il ragno riprende il cammino Vedi? Vedi che è zoppo? Si è rotto una gamba Non si dice gamba. La gamba è quella delle persone. Si dice zampa Il ragno si dirige sotto il carrello delle tempere... nessuno più lo vede. Sono le 9.55. Un teatro! Uno dei tanti che accade dentro la sezione. Quella mattina giochiamo, a motoria, a far finta di fare il ragno che esce da sotto il mobile, a fare il ragno che fa la rotola, al ragno che cammina con una zampa sola, a fare il ragno che si raggomitola su se stesso. Il tempo dell’uscita: arrivano le mamme e qualche papà. Il papà la saluta, la prende in braccio. Lei si dirige verso la sua casella a prendere dei fogli. Il papà la segue, si siede su una seggiolina mentre lei gli consegna foglio per foglio: li mette sulle ginocchia del papà. Lui: cosa hai fatto oggi? Lei: abbiamo scoperto un ragno, è uscito dall’armadio e... Bloccata ancor prima di finire Lui: di lavoro! Cosa hai fatto di lavoro? (Due volte ha ripetuto lavoro per paura che non comprendesse di nuovo la domanda!) La bimba tace. E io con lei. Solitamente, la domanda più ricorrente al momento dell’uscita da scuola è proprio questa: cosa hai fatto? E se i bambini rispondono con il descrivere fatti legati alla quotidianità, non va bene! Non è quello che intendavamo. Perché per noi “Cosa hai fatto oggi?” merita la risposta che già abbiamo in testa, l’elenco delle attività, una dopo l’altra, quasi che guardare un ragno non rientri nel fare scuola. Non avremo iscritto nostro figlio alla scuola materna per star lì, una mattina a guardare un ragno che cammina?! Invece no! La buona scuola è quella che valorizza il quotidiano, non dove si insegna per schemi quasi fosse una fabbrica di conoscenze; la buona scuola è quella che prende e perde tempo per gli accadimenti occasionali e per parlarne insieme... anche quando c’è un ragno... che cammina! • 11 • di Patrizia Conforti RISCOPRIRE le RADICI per COSTRUIRE LE ALI Non è il titolo di un film di ultimo grido e nemmeno quello di un libro... più umilmente, riassume una direzione per ri-dirci il progetto educativo della scuola. “È necessario fermarsi, fare memoria dei propri pensieri e delle proprie emozioni, ritrovare le radici sepolte dalle abitudini. Questo è l’unico modo per spiccare il volo verso nuovi orizzonti.” Recita così l’introduzione al nostro lavoro. Negli ultimi anni la quotidianità della scuola dell’infanzia è diventata sempre più articolata e complessa da gestire. Una complessità dovuta a molteplici fattori legati al contesto e alle specifiche situazioni, ma anche a due elementi piuttosto generalizzabili: da una parte, la doppia natura della scuola dell’infanzia, perennemente in bilico tra l’essere luogo di accoglienza e di cura per il bambino e il porsi come luogo di “preparazione” ad ordini di scuola successivi; dall’altra, la sempre maggior articolazione delle organizzazioni famigliari e delle richieste che le famiglie fanno alla scuola. Al di là delle ragioni che la determinano, questa complessità porta, talvolta, a perdere di vista il bambino e la sua centralità all’interno del progetto educativo. Costruire un luogo ed un tempo, all’interno dell’organizzazione della Scuola dell’Infanzia, per riflettere sulle radici del suo progetto educativo e sul modo in cui i principi ispiratori dello stesso si traducono in azione educativa, diventa una necessità per coloro che operano nella scuola, ma anche un obbligo verso i bambini e le loro famiglie che vengono accolti e la comunità cristiana di cui la scuola è un luogo fortemente rappresentativo. Il nostro percorso ha avuto come obiettivo quello di riscoprire ed attualizzare le radici del progetto educativo della scuola a partire dalla riflessione congiunta tra collegio docenti, genitori e rappresentanti della parrocchia, su alcuni temi: - Il bambino come centro del progetto educativo... di quale bambino stiamo parlando? Quali sono le sue competenze? Quale idea abbiamo di lui? In quale modo la sua centralità orienta e determina le scelte educative? • 12 • - La famiglia che accogliamo nella nostra scuola... quali sono le sue caratteristiche? È possibile costruire un’alleanza scuola- famiglia? Quali i luoghi e i tempi per costruirla? È possibile co-costruire un progetto educativo unico per un bambino condiviso? - La scuola dell’infanzia come luogo di crescita e di formazione... quali sono gli elementi formativi in una scuola dell’infanzia? Si possono scindere cura e didattica? Quali le caratteristiche di una scuola dell’infanzia cattolica? Il progetto si è articolato in tre momenti: il primo ha riguardato una serie di incontri con le insegnanti, la coordinatrice, il presidente; il secondo ha previsto la presentazione del progetto ai genitori e la costruzione di un gruppo misto costituito dalla coordinatrice, dalle insegnanti, da alcuni genitori e da rappresentanti della comunità cristiana; il terzo prevede la raccolta delle riflessioni fatte precedentemente al fine di rielaborare il progetto educativo della scuola. La metodologia di lavoro utilizzata in ciascuna fase è stata laboratoriale. Troveremo poi tempi, spazi e modi perché la documentazione del lavoro possa essere fatta conoscere anche a chi, direttamente non era attorno al tavolo di lavoro. L’esigenza è stata quella di elaborare un progetto educativo forte... non si poteva più rimandare la necessità di rendere i genitori, ma anche la scuola stessa, partecipi di un progetto educativo a misura di bambino. Ad una cultura si risponde con un’altra cultura... Noi, scuola, abbiamo il dovere di offrire ciò che i bambini, fuori dalla scuola non hanno o faticano a trovare. Sono troppo inquieti? Bene, lavoreremo sulla calma. Non sanno più adoperare le mani? Lavoreremo sulla manualità. Conoscono troppo in modo confuso? Offriremo a loro il tempo della riflessione. Fragili sul piano affettivo? Gli offriremo ascolto. di Orietta Gerosa Impegno Quaresimale dei ragazzi Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo - Amen. Ecco l’ancella del Signore… Così inizia la giornata per molti bambini delle elementari durante questo periodo di Quaresima. Tutti insieme, seduti sui grandi tappeti ai piedi dell’altare, recitano le Preghiere del Mattino, che sicuramente li accompagneranno durante la giornata, perché certe parole, certe invocazioni, ripetute ogni giorno quasi distrattamente, poi restano nel cuore. E dal cuore alla mente il passo è breve. La Chiesa è accogliente, il clima intimo ed è bello pregare assieme a tutta la comunità. Fra i banchi anche nonni e genitori richiedono il libretto delle preghiere e libretto degli Atti degli Apostoli. Ogni giorno, un bambino legge un passo degli Atti scoprendo come sono iniziate le prime comunità di cristiani, quali difficoltà e quali scelte hanno dovuto compiere gli Apostoli. Un racconto quotidiano che diventa così familiare. Dopo un breve momento di riflessione e un momento di silenzio si torna a pregare recitando il Comandamento dell’Amore, le Beatitudini o ripetendoci quali sono le Opere di Misericordia spirituali e corporali. Da ultimo il saluto a Gesù con la recita del Padre Nostro e con il Segno della Croce. Poi tutti fuori, tutti a scuola, senza però dimenticare di prendere ognuno il proprio bollino. Sono fortunati i bambini che riescono a venire a questo momento di preghiera. È un quarto d’ora che ti carica la giornata, sono preghiere, sia quelle classiche che quelle più moderne, che ti fanno incontrare e ti spiegano il mistero di Cristo. È davvero una bella occasione per fare comunità, nel vero senso della parola. Ripetiamo spesso ai bambini che la Quaresima è un periodo speciale, questo è un modo molto speciale per iniziare la giornata: uscire prima del solito e venire accompagnati dai genitori o dai nonni in Chiesa per pregare assieme e poi, ancora tutti insieme, accompagnati a scuola non solo come al solito dalla mia mamma o dal mio papà, ma dalle mamme e dai papà! • 13 • Un gesto di gratitudine La qualità di una società passa anche attraverso l’attenzione che viene attribuita alle persone che vivono, non certo per scelta, in una condizione di solitudine, come accade per alcuni anziani e ammalati. In che modo sono trattati e quale posto viene loro riservato nel quotidiano è indice della cultura e della civiltà di una comunità. Solitamente guardiamo a molte delle situazioni che ci circondano con un occhio miope, che non ci permette di cogliere quanto, invece, determinate realtà possano essere arricchenti per la società, soprattutto per i giovani che dal contatto con gli anziani possono trovare preziose indicazioni per il cammino della vita. Gli anziani sono le fondamenta della nostra memoria storica, sono nostri maestri di vita. C’è veramente molto da imparare da chi è più avanti di noi negli anni ed è stupefacente vedere come alcuni di essi, nonostante le insidie e le difficoltà superate nella vita, affrontino i problemi con ironia e allegria e hanno sempre carezze e mani da porgere ai loro cari. Sono capaci di elargire consigli amorevoli e di accogliere la sofferenza con il sostegno della preghiera. La nostra comunità cristiana da diversi anni in occasione della Pasqua, della Festa della Comunità e del S. Natale organizza un momento di convivialità attraverso un pranzo, che non è solo segno di condivisione ma anche di cura, rispetto e attenzione verso le persone anziane, sole e ammalate. Il ritrovarsi intorno alla tavola è occasione di dialogo; i racconti di quotidianità, i ricordi lieti e tristi s’intrecciano fra loro. Purtroppo dolore e tribolazioni sono pre- di Sonia Gatti senti nella vita di ciascuno, ma lo stare assieme lenisce le ferite. È una festa attesa dove fra chiacchiere, risate, canti e auguri c’è lo scambio di baci e abbracci consolatori. Il loro grazie espresso dagli occhi e dalla stretta di mano è motivo di impegno per il prossimo appuntamento. Un grazie a tutti coloro che accettano il nostro invito e un pensiero particolare a chi non potendo partecipare ci accoglie nella loro casa. Un grazie speciale a Don Davide, Jole, Savina e Michele che durante tutto l’anno si mettono al servizio di ammalati, offrendo il loro tempo e il loro sostegno. Grazie anche a tutti i volontari che in questa occasione, con entusiasmo, si adoperano per preparare, cucinare, servire e intrattenere. Scusate se in qualche occasione non siamo stati all’altezza. • 14 • di Sonia Benaglia Chiamati a servire CENTRO DI PRIMO ASCOLTO E COINVOLGIMENTO - CARITAS Penso che dedicarsi al volontariato non sia da intendersi come un qualcosa di eccezionale, anzi è un atto d’amore verso chi si trova in una condizione di difficoltà. È un atto che dovrebbe nascere spontaneo in ogni uomo. L’essere madre, moglie, figlia mi ha sempre portato ad avere una naturale predisposizione a rendermi disponibile verso le situazioni di bisogno in ambito familiare. Sul luogo di lavoro ho improntato il mio rapporto con gli altri sulla base della prossimità, come credente in Gesù Cristo ho agito cercando di prendermi cura di alcune situazioni nella mia comunità di appartenenza. Ecco, per me l’ingresso nel volontariato è stato graduale, si è via via allargato, passando da un ambito ristretto quale quello familiare a quello più ampio della comunità cristiana. Nella nostra comunità, che è una piccola realtà, esistono delle situazioni di grande disagio economico e non solo, di fronte alle quali non potevamo rimanere indifferenti. Avevo già avuto modo di entrare in contatto con una realtà complessa attraverso un ragazzo extra comunitario che frequentava la stessa scuola di mio figlio; per questo, quando si è deciso di istituire un gruppo Caritas in Parrocchia, mi è venuto naturale dover rispondere “sì”. Mi sono resa subito conto di come nel volontariato non si può improvvisare, è necessario essere preparati alle diverse esigenze, conoscere strutture a cui far riferimento. Quindi ho iniziato a seguire e seguo tuttora dei corsi di formazione per acquisire quella preparazione che è fondamentale per aiutare le persone ad uscire dalle loro difficili situazioni. A volte si fa fatica, ma prestando il servizio in prossimità, ascoltando e vivendo “pelle a pelle” le situazioni di grave disagio di chi ci chiede aiuto riusciamo a trovare l’energia e la voglia di risolvere almeno qualcuno dei loro problemi. Non è possibile, come davanti ad un’immagine troppo cruda della tv, cambiare canale! Tutti nella vita abbiamo avuto momenti di povertà, tristezza, delusioni, ma questo non deve trasformarci in egoisti ciechi e sordi rispetto a ciò che ci circonda. Al Centro d’Ascolto si cerca di trasmettere quel conforto per continuare a sperare, dimostrando alla persona in difficoltà che c’è qualcuno a cui importa di lui; ci si mette in cammino, condividendo un ascolto reciproco; in ogni caso ci si accorge di come, a livello umano, si riceve più di quanto si riesca a dare! Spero con queste mie parole di aver fatto nascere in qualcuno di voi il desiderio di offrire la propria disponibilità verso questo servizio. Basta avere sensibilità, discrezione e tanto amore da dare, con l’aiuto del Signore il resto lo impariamo strada facendo. presso il Centro Parrocchiale, nel secondo e quarto venerdì di ogni mese, fino a giugno 2013 IDENTITà È uno strumento per la conoscenza diretta e personalizzata dei bisogni ed un punto di riferimento - orientamento in cui le persone in situazioni di bisogno possono sperimentare l’accoglienza e l’aiuto concreto della comunità Cristiana. FUNZIONI Le sue funzioni specifiche sono: ascolto, presa in carico, orientamento e coinvolgimento. CONOSCENZA DEI BISOGNI È un’antenna del territorio sui bisogni emergenti attraverso l’ascolto diretto delle persone. Amplia l’analisi e la riflessione, per essere in grado di capire i bisogni e rispondere in modo efficace. COINVOLGIMENTO Per meglio svolgere la propria attività in ordine alla soluzione delle situazioni di bisogni, il Centro di Primo Ascolto e Coinvolgimento si collega e collabora con le altre realtà presenti sul territorio: sociali, amministrative e caritative. • 15 • di Savina Tasca RELAZIONE DEL GRUPPO Vicariale dei CATECHISTI in preparazione all’incontro con il VESCOVO Su invito della Diocesi di Bergamo - per il Vicariato Mapello / Ponte San Pietro - anche ai catechisti della ns comunità è stato chiesto di collaborare alla preparazione di una relazione vicariale in vista dell’incontro che il Vescovo terrà con i catechisti in data 13 marzo 2013 con l’obiettivo di “ridare fiato al movimento catechistico, cominciando dai catechisti, dal loro ruolo nella comunità, dalla consapevolezza comunitaria come condizione di ogni catechesi, dalla definizione di un progetto catechistico diocesano (in relazione con gli orientamenti CEI), dalla formazione necessaria”. Al fine di poter apportare tale contributo, con l’aiuto di Don Davide, noi catechisti delle Ghiaie ci siamo riuniti per confrontarci e per fare una riflessione in merito ai temi ed alla traccia di lavoro che la Diocesi ha elaborato; in particolare la discussione si e’ articolata sui tre punti principali: a) i punti di forza e di debolezza della proposta catechistica attuale b) le urgenze rilevate e le motivazioni che le sostengono c) le attese nei confronti del Vicariato e della Diocesi Le argomentazioni emerse da questo nostro confronto sono state in seguito esposte ai rappresentanti dei catechisti delle altre parrocchie del nostro Vicariato nei due successivi incontri avvenuti presso l’oratorio di Ponte San Pietro verso la meta’ del mese di febbraio. L’attività di confronto e di analisi avvenuta tra i catechisti delle parrocchie del Vicariato, nel rispetto della traccia richiesta, è stata molto positiva ed arricchente ed ha prodotto l’elaborazione del seguente documento di sintesi: PUNTI DI FORZA Si riscontra ancora un’ottima presenza di bambini/ragazzi iscritti alla catechesi fino al Sacramento della Cresima. Nelle nostre comunità la tradizione cristiana è ancora presente, ci sono ancora persone che desiderano, si sforzano e riescono, nella loro umanità, a essere testimoni di ciò in cui credono e che si mettono in gioco con entusiasmo per educare i piccoli alla fede. Positivo, dove c’è, il momento iniziale di preghiera tutti insieme prima dell’inizio dell’incontro di gruppo, perché aiuta a comprendere che tutti stiamo camminando insieme. Abbiamo la fortuna di poter vivere proposte, esperienze e momenti di incontro/condivisione tra ragazzi-catechisti-genitori e comunità che conciliano catechesi, liturgia e carità (ritiri, Santa Messa- tempi liturgici, catechesi, incontri con genitori, incontri di formazione dei catechisti, esperienze di carità) capaci di arricchire chi è disposto a mettersi in gioco. Le parrocchie più grandi, dove ci sono più catechisti per gruppi della stessa età, ritengono arricchenti e positivi gli incontri dove ci si confronta e si condividono idee e materiali. Buona la disponibilità di materiale utilizzabile per integrare i catechismi CEI (che restano sempre come linea guida) per attualizzare gli incontri e renderli il più possibile meno scolastici (guide, sussidi, audiovisivi, materiale presente in internet). Bambini/ragazzi di altre religioni che frequentano la catechesi supportati dai genitori anche non cristiani. PUNTI DI DEBOLEZZA Scarsa la partecipazione alla Messa tranne dove questa segue l’incontro di catechismo la domenica mattina (anche se in questo caso mancano i genitori) o quando sono direttamente coinvolti • 16 • per animare la liturgia. L’ora dedicata alla catechesi risulta essere un tempo troppo limitato per chi non partecipa alle varie proposte della comunità (S. Messa, animazione, preghiere nei momenti forti, ritiri ecc…). Poco interesse da parte dei genitori che delegano ai catechisti il compito di educare alla fede con la conseguenza che ciò che si dice a catechismo non ha riscontro a casa e i ragazzi sono sempre più “lontani” dal vivere una vita cristiana. Si sente l’esigenza di una preparazione specifica per tutti i catechisti perché ci sentiamo inadeguati per il compito che siamo chiamati a svolgere (anche se dobbiamo fare i conti con il tempo di cui disponiamo). Avvertiamo la necessità di essere seguiti in modo più concreto e specifico nell’impostazione dei cammini di gruppo. Manca un ricambio generazionale. L’affiancamento di catechisti giovani potrebbe aiutarci a relazionarci meglio con i bambini/ragazzi e nel frattempo consentirebbe loro di acquisire l’esperienza per poterci sostituire. Disomogeneità tra i ragazzi dovuto al fatto che i gruppi di catechesi sono costituiti in base all’età anagrafica. URGENZE Revisione dei catechismi. I tempi sono cambiati, si evidenza la necessità di trovare un modo nuovo di proporre la fede. Servono nuovi stimoli per accattivare l’interesse delle famiglie a partecipare alla vita di fede della comunità e dei propri figli e per costruire la comunità in modo nuovo. Indicazioni su come parlare ai bambini che vivono situazioni familiari difficili e particolari di Dio come Padre, la Chiesa come famiglia o del valore del Sacramento del Matrimonio. Valutare la possibilità di organizzare i gruppi di catechesi in base alla “preparazione” di fede dei ragazzi e del supporto dato dalle famiglie. ATTESE Nuovi catechismi per trasmettere il Vangelo in un modo più attuale, più concreto e maggiormente aderente al contesto sociale. Scambi di programmi, condivisione di esperienze e materiale tra catechisti delle parrocchie vicine, del vicariato, della diocesi. Indicazione di percorsi, linee guida più chiare per non correre il rischio di portare avanti cammini “personali” e che aiutino a cominciare l’attuazione delle Unità Pastorali Indicazioni su percorsi differenziati possono essere d’aiuto. Al termine di questo lavoro/percorso ci sembra importante soffermarci per cogliere alcuni spunti positivi emersi: la proposta fatta dalla Diocesi ci ha permesso di metterci in atteggiamento di confronto con i catechisti delle parrocchie del Vicariato dandoci l’opportunità di riflettere insieme sul ruolo dei catechisti nelle nostre comunità dall’analisi dei diversi punti della traccia sono emerse alcune medesime problematiche, in ambito catechistico, presenti in tutte le parrocchie del nostro Vicariato ma la scoperta delle altre realtà ci ha fatto capire che non siamo soli e che dagli altri possiamo trarre spunti di incoraggiamento e di crescita reciproca abbiamo intuito l’importanza del confronto per porre insieme segni e gesti di unità pastorale siamo chiamati in prima persona - in quanto anche noi adulti della comunità credente - a sentire l’esigenza e la necessità della catechesi per comprendere ciò che veramente vale ed è prioritario. • 17 • di Giovanna Mazzola Durante i quattro giorni trascorsi in una località incantevole sul Monte Bondone, a Trento, abbiamo voluto spingere i nostri ragazzi e adolescenti a riflettere e ad interrogarsi su una questione essenziale: il loro essere “cristiani”. Le domande che abbiamo posto loro per condurli ad una riflessione personale sono state: “Cosa sono disposto/a a condividere con i miei fratelli?”, “Quanta vita penso di spendere per gli altri?”, “Sono disponibile a compromettermi per aiutare non solo gli amici, ma anche gli sconosciuti?”. La riflessione è stata compiuta non relazionandosi solamente agli amici soliti, quelli del “cuore” (i pari età), ma anche a quelli che non si ritengono tali perché non li si conosce o perché poco simpatici. Ci è stata d’aiuto la storia di Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, tra i più conosciuti martiri dell’America Latina, caduto assassinato nella primavera del 1980, quando una pallottola trafisse il suo cuore mentre, in cattedrale, teneva alto il calice del sangue di Cristo durante la celebrazione eucaristica. La sua figura ci ha accompagnati in tutti i momenti di riflessione, all’inizio e alla fine di ogni giornata. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Arnulfo Romero nasce a Ciutad Barrios il 15 agosto 1917. Sin da giovanissimo matura la vocazione sacerdotale. A 12 anni entra nel seminario e dopo alcuni anni giunge a Roma per continuare gli studi. È ordinato sacerdote nel 1942 nella cappella maggiore del Collegio Pio Latino Americano di Roma. Torna in patria e diventa parroco di Anamoros. Poco tempo dopo viene trasferito a San Miguel, dove resta fino alla nomina di Vescovo ausiliare di San Salvador. Dopo quattro anni, nel 1974 è Vescovo di Santiago de Maria, una delle diocesi più povere del paese sudamericano. Qui conosce da vicino le povertà del popolo salvadoregno e le ingiustizie che subisce. Nel 1977 è Arcivescovo di San Salvador in un momento in cui nel paese infierisce senza sosta la repressione sociale e politica. La nomina di Mons. Romero è ben vista dal potere: egli è un Oscar Romero. Campo Scuola 2013 Oscar Arnulfo Romero y Galdamez (Arcivescovo di San Salvador 1917-1980) • 18 • uomo di cultura non impegnato socialmente; un Vescovo che avrebbe pensato ad una pastorale “spirituale” per il popolo, disincarnata completamente dalla vita e dalla storia della città e del paese. Pochi giorni dopo la sua elezione, uno dei suoi sacerdoti migliori e fedeli, il padre gesuita Rutilio Grande, viene assassinato. Mons. Romero passa tutta la notte vicino alla sua salma e ordina che sia celebrata una sola Messa di suffragio in tutta la diocesi. Il sangue di questo sacerdote - dirà più tardi - lo orienta verso i valori della giustizia sociale e della solidarietà verso i più poveri del paese. Nella sua prima Lettera Pastorale dichiara di volersi schierare apertamente dalla parte dei più poveri. Ogni domenica il popolo attende con ansia i suoi messaggi pronunciati nel corso delle celebrazioni nella cattedrale e diffusi in tutto il paese attraverso la radio. Il suo messaggio è quello di una vera e propria redenzione del popolo costretto a subire atti di violenza e di ingiustizia. Mons. Romero diventa così pericoloso: la Chiesa inizia a subire altri attentati. La stessa sorte di p. Rutilio tocca ad altri quattro sacerdoti. La voce di Romero è diventata la voce di coloro che non hanno voce. “Nel nome di Dio e del popolo che soffre - dice il giorno prima di essere assassinato - vi supplico, vi prego, e in nome di Dio vi ordino, cessi la persecuzione contro il popolo”. Pace per Mons. Romero è avere la possibilità di parlare, di criticare e di dire pubblicamente la propria opinione. E lo testimonia con il suo comportamento quotidiano. “Sappiamo che ogni sforzo per migliorare una società, soprattutto che è piena d’ ingiustizia e di peccato, è uno sforzo che Dio benedice, che Dio vuole, che Dio esige”. È il 24 marzo 1980: Mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, conclude la sua omelia durante la Messa vespertina. Pochi minuti dopo, al momento dell’Elevazione del calice, un sicario, entrato in quel momento nella piccola cappella dell’ospedale della “Divina Provvidenza” di San Salvador, spara e lo uccide. In ricordo di ciò, il 24 marzo è stato scelto come giorno per celebrare la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri. Lo abbiamo conosciuto ancora meglio dedicandogli la proiezione di un film sulla sua biografia. Condotti dal suo esempio abbiamo cercato di percorrere insieme alcune tappe: scoprirsi in mezzo agli altri; cogliere quanto sia limitante porre confini tra di noi e il bastare a sé stessi; il bisogno di essere accettati; quanto si è disposti a perdere la faccia, superando il rischio e la paura e accettando la fatica ed il sacrificio; la sorpresa e la gioia di scoprirsi amati. Ci è stato, così, dato modo di imparare, proprio nell’anno dedicato alla Fede, il significato più profondo del “prendersi a cuore la vita degli altri”. Sono stati bene i nostri ragazzi che, mai come questa volta, hanno potuto fare un’esperienza di vita, non solo alla scuola di Dio, ma anche a quella degli uomini. Abbiamo, infatti, organizzato una visita guidata al centro storico della città di Trento, culminata con l’ingresso al duomo, storica sede del concilio tridentino del XVI sec., e, sulla strada del ritorno a Ghiaie, una visita libera al MART di Rovereto, museo di arte moderna e contemporanea tra i più prestigiosi e visitati. Dalle impressioni che i partecipanti ci hanno lasciato sull’esperienza vissuta, si coglie il bisogno, per tutti, di poter avere sempre maggiori occasioni per sperimentare quanto sia bello condividere l’esistenza con gli altri e spendersi per i propri amici. • 19 • Attività Oratoriali - Biblioteca - Gruppo Animazione Centro Parrocchiale Carnevale 2013 piccini. Sotto un cielo azzurro, con il sole che scaldava appena, domenica 10 febbraio, alle ore 15, partiva dal parcheggio della scuola materna la sfilata di carnevale che aveva come tema “Fiabe vecchie e nuove”. Quest’anno l’argomento ha offerto tantissimi spunti, dando così alla fantasia le idee giuste per dare vita, con stile personale, ai protagonisti delle fiabe antiche e moderne più amati dai grandi e dai C’erano tantissimi personaggi che saltellavano, gironzolavano e ballavano sulla strada, sembrava una piccola Disneyland dove anche i grandi ritornavano bambini, rivivendo per qualche ora i racconti della propria infanzia! Un grande appuntamento che raggruppava quasi tutti gli eroi che da sempre ci accompagnano. L’omino di latta si era portato dietro l’allegra compagnia del Mago di Oz! Pinocchio camminava con Geppetto! Mentre un mago Merlino senza poteri magici era accompagnato da un grosso gallo colorato che importunava un’improbabile Bella con un altrettanto improbabile Bestia con un piccolo Lumière al seguito! Il simpatico Gobbo si era portato la sua Esmeralda, Cappuccetto Rosso il suo lupo, il Cappellaio Matto una delle carte del Paese delle Meraviglie. Il caro Brontolo, Pippicalzelunghe, Peter Pan e Capitan uncino invece se ne andavano a zonzo, liberi di lanciare coriandoli e stelle filanti. Un grosso orso gestiva la musica sul carro che apriva la sfilata. Sull’altro carro c’era una sorta di “museo delle favole”, ovvero una mostra degli oggetti che sono repertorio delle favole classiche: la spada di re Artù, la lampada di Aladino, il fuso di Rosaspina e la mela mangiata da Biancaneve. Dopo aver percorso alcune vie del paese, la sfilata è tornata all’oratorio, dove sono state premiate le mascherine più originali... e quest’anno ce n’erano tante! Per finire: una buonissima frittella. Un carnevale da fiaba di Nunzio Zanini Noi ti lodiamo, Padre santo, per la tua grandezza: tu hai fatto ogni cosa con sapienza e amore. A tua immagine hai formato l’uomo, alle sue mani operose hai affidato l’universo perché nell’obbedienza a te, suo creatore, esercitasse il dominio su tutto il creato. Battesimi Gerosa Adele Candian Greta Defunti Mussino Enrico anni 74 22 Gennaio 2013 13 Gennaio 2013 13 Febbraio 2013 Carrara Elisa 13 Gennaio 2013 Egli (Gesù Cristo) è la tua parola vivente, per mezzo di lui hai creato tutte le cose, e hai mandato a noi salvatore e redentore, fatto uomo per opera dello Spirito Santo e nato dalla Vergine Maria. Per compiere la tua volontà e acquistarti un popolo santo, egli stese le braccia sulla croce, morendo distrusse la morte e proclamò la risurrezione. ✠ ✠ Colleoni Rosa Sandrina anni 91 28 Gennaio 2013 Somenzi Efrem anni 80 11 Febbraio 2013 Bonacquisti Antonio anni 73 9 Marzo 2013 Alla vittima pasquale, s’innalzi oggi il sacrificio di lode. L’agnello ha redento il suo gregge, l’Innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre. Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa. Buona Pasqua • 22 • Calendario Sabato 23 Marzo Domenica 24 Marzo Lunedì 25 Marzo Martedì 26 Marzo Mercoledì 27 Marzo Ore 14.30 Confessioni Ragazzi Domenica delle Palme Ore 8.00 S. Messa Ore 10.15 Benedizione ulivi c\o Oratorio e processione Ore 10.30 S. Messa - Pranzo Anziani Ore 18.00 S. Messa Ore 15.00 Confessioni in parrocchia (saranno presenti vari sacerdoti) Ore 20.30 Confessioni Vicariali giovani e adolescenti Confessioni ore 9.00 a Presezzo ore 15.00 al Villaggio S. Maria ore 20.30 a Presezzo Confessioni dalle 9.00 alle 12.00 in parrocchia ore 15.00 a Locate dalle 20.30 alle 22.00 in parrocchia Triduo Pasquale Giovedì 28 Marzo Ore 8.00 Ufficio delle letture c\o Chiesa parrocchiale Ore 15.00 Confessioni Ore 17.00 S. Messa per gli anziani Ore 20.30 Cena del Signore (lavanda dei piedi ai ragazzi della Cresima) Venerdì 29 Marzo Ore 8.00 Ufficio delle letture c\o Centro Parrocchiale Ore 10.30 Preghiera per i ragazzi c\o Centro Parrocchiale Ore 15.00 Via Crucis Ore 20.30 Passione del Signore Sabato 30 Marzo Ore 8.00 Ufficio delle letture c\o Chiesa Parrocchiale Ore 10.30 Preghiera per i ragazzi c\o Chiesa Parrocchiale Ore 20.30 Veglia Pasquale Domenica 31 Marzo Lunedì 1 Aprile Domenica di Resurrezione Ore 8.00 S. Messa Ore 10.30 S. Messa (Benedizione uova) Ore 18.00 S. Messa Lunedì dell’Angelo S. Messa ore 8.00 Camminata Comunità Cristiana di Ghiaie - Periodico della comunità cristiana della Sacra Famiglia in Ghiaie di Bonate Sopra (Bg). Autorizzazione n. 8 rilasciata dal Tribunale di Bergamo il 5.4.2003. Direttore responsabile: Maria Luisa Giovanzana. Proprietario: parrocchia della Sacra Famiglia, nella persona del legale rappresentante Galbiati don Davide, con sede in via G. Bonzanni 7, Ghiaie di Bonate Sopra (Bg). Stampa: Tipografia dell’Isola s.n.c. - Terno d’Isola (Bg). Anno 11 - Numero 1 - Marzo 2013