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APOKALIPSIS: IL FESTIVAL, CHE FU DI MENOTTI, APRE LE PORTE
ALL’APOCALISSE DI MONS. RAVASI. CHE STENDE ANCHE GIOVE PLUVIO. DOPO
LA TEMPESTA UNO SPETTACOLO FIN TROPPO QUIETO
Articolo inserito sabato 11 luglio 2009
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52° FESTIVAL DI
SPOLETO
CALENDARIO SPETTACOLI
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Qualcuno, a giudicare dai commenti rubati qua e là tra il pubblico dopo lo spettacolo (applauditissimo), avrebbe gradito un pizzico in
CARTOLINE DAL FESTIVAL
più di grandiosità. Colpa forse anche del cielo, che solo un'ora prima aveva offerto sullo stesso palco una versione al naturale, piuttosto
convincente, dello spettacolo evocato di lì a poco.
CONVENZIONI
Il favore che Melpomene, Tersicore, Talia, ed Euterpe hanno accordato a Giorgio Ferrara deve proprio aver fatto ingelosire il divino Zeus
anche conosciuto, nella mitologia latina, come Giove Pluvio. Le muse della tragedia, della danza, della commedia e della lirica sono
state quest'anno quanto mai benevole col direttore, si sono rivisti teatri pieni come non accadeva da tempo.
INSTITUTIONAL
In compenso ieri sera in Piazza Duomo l'attesissimo spettacolo Apokàlypsis, libretto e musica di Marcello Panni, è stato funestato
dall'ennesimo temporale. Proprio alle nove di sera, quando tutto era pronto, il cielo si è squarciato rovesciando sul palco quotidiana
dose di rancore divino.
Forse sarà stata la potente intercessione di S. E. Monsignor Gianfranco Ravasi, curatore del progetto, autore e lettore di alcune parti di
commento, a permettere che la furia degli elementi si placasse di lì a poco e consentisse l’avvio dello spettacolo con un sopportabile
ritardo.
Poco male, visto che i posti erano praticamente tutti occupati e alcune improvvise folate di vento, che scompigliavano i fogli del
maestro Panni, s'integravano a pennello nell'atmosfera che lo spettacolo mirava a ricreare. La voce impostata e possente di Andrea
Giordana, quella eterea e monocorde di Sonia Bergamasco, leggono il testo di Giovanni. L'attore, impegnato da solo nella recitazione
per la prima parte, interpreta la parte di racconto più visionaria. La Bergamasco, che fa il suo ingresso vestita di una tunica candida,
legge l'evocazione della Sposa che sconfigge Satana e la descrizione della discesa di Gerusalemme Celeste. I 24 anziani e i quattro Esseri
Viventi (Leone, Vitello, Angelo, Aquila), disposti nell'affresco biblico in adorazione dell'Agnello, sono impersonati da un coro in cui
trovano posto anche molti bambini, le voci bianche dei momenti angelici.
MAIN SPONSOR
Sullo stesso palco, diretta da Panni, trova posto una banda di strumenti a fiato "come un gigantesco organo a canne", segnala il
direttore, in cui s'inseriscono le immancabili trombe.
Nè mancano i rumori naturali, il tuono, la tempesta e le fiamme. Lo scorrere delizioso e rasserenante delle acque nella Città della
Speranza è di vero impatto, così come l'evocazione della pioggia crepitante di "grandine e fuoco, mescolati a sangue". Per Panni, ogni
effetto è riprodotto "rinunciando a facile soluzione tecnologica, usando semplici e antichi meccanismi teatrali". E in effetti alle spalle di
orchestrali e coro, a formare una scarna ma variopinta scenografia, ci sono una macchina del vento, un timpano, un foglio di metallo
che viene scosso dall'aria per ricreare la tempesta. A corredare il quadro, un giovane con una grande zampogna e un corno naturale di
bue per un'Apocalisse imbandida al pubblico in maniera sobria, frugale, dissonante. Molto poco cinematografica. Mons. Ravasi si è
inserito con tatto tra un intermezzo e l'altro dell'oratorio, per segnalare alcuni spunti in grado di far apprezzare meglio quanto si andava
a narrare. "E' curioso che il segno del giudizio sia in questo libro, il silenzio. Quando l'uomo raggiunge l'apice del male, Dio gli toglie la
musica. Lo spettacolo del Maestro Panni, rappresenta in questo senso una smentita".
Ravasi ha anche sottolineato come "accanto a scene che ritroviamo ancora oggi nelle nostre città, corpi sofferenti e guance rigate di
pianto, l'Apocalisse si chiuda con l'ascesa di una Città della Speranza". Accanto alla grande meretrice Babilonia, città dannata che
simboleggia "la Roma di allora, scagliata nel mar Mediterraneo dall'angelo sterminatore con gesto michelangiolesco, c'è la discesa di
Gerusalemme Celeste. Perchè l'Apocalisse, come aveva capito il regista russo Tarkovsky, è un racconto del nostro destino. E alla fine
lascia spuntare un fiore di speranza". E così sia.
(Carlo Ceraso e Martino Villosio)
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12/07/2009
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