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Quota di abbonamento della pubblicazione euro 1,00 corrisposta dai destinatari con il rinnovo all’Associazione per l’anno in corso.
SulMonte
CAI - SEZIONE “MARIO FANTIN” BOLOGNA - NOTIZIARIO AI SOCI
ELOISE
BARBIERI
Viaggiatrice,
esploratrice,
alpinista
n° 2/2013
INCONTRI
GEOLOGI
E MONTAGNA
Prepararsi all’impegno
di trekking avanzati,
anche grazie al CAI
SUL MONTE
Notiziario ai soci n. 2/2013
Club Alpino Italiano
Sez. Mario Fantin, Bologna
Direttore Responsabile
Luca Calzolari
In redazione
via Stalingrado 105
tel. 051 234856
Ezio Albertazzi
Stefania Caputo
Clara Cassanelli
Stefano Chiorri
Barbara Stacciari
Elena Vincenzi
COMUNICAZIONI AI SOCI
BRINDIAMO ALLA NUOVA SEDE
Dal 3 luglio 2013 la sede della sezione si è trasferita in via
Stalingrado 105. Stesso numero di telefono, stessi orari di
apertura della segreteria, stesso recapito mail.
Vi invitiamo al brindisi di inaugurazione, un’occasione per
salutarci dopo l’estate, festeggiare la nuova sede e ringraziare
chi si è adoperato per far sì che il non facile lavoro del trasloco
potesse arrivare a buon fine
BRINDISI DI INAUGURAZIONE
giovedì 10 ottobre, ore 18.00
via Stalingrado 105
Progetto grafico e impaginazione
Clara Cassanelli
Barbara Stacciari
Elena Vincenzi
BENVENUTA
ALLA NUOVA
PRESIDENTE
Foto di copertina:
Eloise Barbieri
Per articoli, foto, segnalazioni:
[email protected]
Con
molto
piacere
annunciamo la nomina della
nuova presidente Barbara
Benvenuti, succeduta a
Vinicio Ruggeri che è stato
eletto nuovo presidente
regionale. Un grande in
bocca al lupo ad entrambi
per questi nuovi importanti
impegni, senza nascondere
la soddisfazione di avere per
la prima volta a Bologna una
presidente donna!
Stampa
Grafiche A&B
Via del Paleotto 9/a - Bologna
[email protected]
Tel. 051 471666
Registrazione
c/o Tribunale di Bologna
n° 4227 del 1972
CLUB ALPINO ITALIANO
Sezione Mario Fantin - Bologna
Via Stalingrado, 105
tel/fax: 051 234856
e-mail: [email protected]
www.caibo.it
Segreteria
tel/fax: 051 234856
Martedì ore 9-13
Mercoledì, Giovedì,
Venerdì ore 16-19
Chiuso in redazione
il 15/7/2013
ANCORA NEGATO L’ACCESSO AL SENTIERO
118 PER MONTE MARIO
Dopo diversi mesi la trattativa tra il Comune di Sasso Marconi ed
i proprietari delle ville alle falde di Monte Mario è ancora in stallo.
Il cancello che dà accesso al sentiero 118 in corrispondenza del
vecchio casello autostradale di Sasso Marconi era stato chiuso dai
proprietari a causa, dissero, del comportamento sconsiderato di
ciclisti che transitavano a velocità eccessiva sui sentieri e sulla strada
asfaltata, prendendo per di più a male parole chi chiedeva loro
maggiore attenzione. Il Comune di Sasso Marconi, conoscendo
l’importanza del sentiero e la sua alta frequentazione, ha proposto
ai proprietari la riapertura del cancello ai soli pedoni, attrezzandone
l’entrata con un tornello che impedisca il passaggio ai ciclisti. A
tutt’oggi i proprietari continuano a rifiutare la soluzione proposta
e a negare l’accesso ad un’area cui gli escursionisti della zona sono
particolarmente affezionati.
PUNTI RINNOVO TESSERA ANNUALE
2
Lettera ai soci da Vinicio Ruggeri
Care Socie, cari Soci,
sono stato eletto alla carica di Presidente del Gruppo Regionale CAI dell’Emilia-Romagna. Ho rassegnato quindi le dimissioni da Presidente della Sezione di Bologna, lasciando il posto a Maria Barbara Benvenuti, già appassionata e competente Vicepresidente. Ho deciso di rendermi disponibile
per questo nuovo impegno poiché mancavano ormai pochi mesi alla scadenza naturale e avevo
raggiunto i principali obiettivi che mi ero posto (i più recenti: la modifica dello Statuto e la nuova
sede). Vi confesso che lascio a malincuore il lavoro in sezione: il rapporto con i soci e con il territorio è stato per me di grande soddisfazione. Gratificante è stato l’aumento costante del numero di
iscritti di questi anni, passato da 1.600 a più di 2.000: grazie al lavoro di volontari, istruttori, accompagnatori. La mia politica in questi anni si è fondata su pilastri: il miglioramento delle relazioni
interne e una progressiva apertura all’esterno, per una sezione più accogliente e più visibile. Il GR,
per sua natura, è più lontano dal territorio e dai soci di quanto non lo siano le Sezioni, ma tenterò
di mantenere questi obiettivi anche su scala regionale, portando avanti ed ampliando quanto già
fatto dal CDR uscente. L’Emilia-Romagna, ad oggi, è tra le poche Regioni che mantiene il numero
degli iscritti, in un quadro nazionale che vede in perdita anche le più forti regioni alpine del nord.
Penso che per mantenere questo dato positivo il Gruppo Regionale possa svolgere un ruolo di ulteriore supporto alle Sezioni, specie quelle più deboli, sul piano organizzativo, della comunicazione,
delle iniziative, per migliorarne la presenza sul territorio.
Dobbiamo evitare che si affermino logiche di separatezza e di sottovalutazione reciproca tra le
diverse anime del CAI: ognuna delle nostre attività va considerata con il massimo rispetto, perché
ognuna risponde ad una esigenza specifica e tutte sono improntate al rigore che contraddistingue
da sempre il CAI. Chi viene al CAI con idee ed entusiasmo deve trovare accoglienza e disponibilità
adeguate, altrimenti andrà altrove a portare le sue energie. Per questo il GR può fare poco, se non
stimolare in questa direzione le Sezioni ed i soci.
... prosegue a pagina 19
IN QUESTO NUMERO
5
In primo piano
VOGLIA DI INCONTRI
12
Eloise Barbieri,
Elisabetta dell’Olio,
Nicola Arrigoni
la foto
11 Dietro
ALBA ESTIVA AL PASSO
DEL VALLONE
Check-up montagna
IL CAI E IL CORSO PER GLI
STUDENTI DI GEOLOGIA
Lara Bertello, Luigi Cantelli, Enzo
Farabegoli, Fabio Gamberini,
Flaminia Mesiti
15
Marco Albertini
16
Vita di sezione
RASSEGNA CORISTICA
A RASORA
Vita di sezione
IL TRASLOCO!
18
Cuccioli
L’AVVENTURA PROSEGUE
CON SUCCESSO
19
Protagonisti
LETTERA AI SOCI
Vinicio Ruggeri
20
Ciclocai
UN ANNO BAGNATO
A cura di Patrizia Montanari
21
Un passo dopo l’altro
DA VIDICIATICO ALL’IRAQ
A CAVALLO
Marco Tamarri
3
Libri&Co.
Per le vostre segnalazioni inviate una mail all’indirizzo: [email protected].
Aldo Frezza, Alberto Osti Guerrazzi
Bambini in Appennino
Ed. Il Lupo 2010 - 18,00 euro
importanza per la famiglia: quella
di mettere insieme genitori e figli
nel contesto montano e della
natura, suggerendo passeggiate
calibrate sulle esigenze dei più
piccoli, ma che permettono anche
agli adulti di apprezzare angoli e
paesaggi decisamente entusiasmanti.
A ragionarci bene “Bambini in
Appennino” sembra più una guida
per genitori che non per i loro figli,
è lo stimolo a coinvolgere gli uni
nel mondo degli altri. Un’occasione
unica per crescere insieme nel
bellissimo contesto delle montagne
dell’Appennino e per far recuperare
agli adulti la capacità di stupirsi.
Il testo è piuttosto corposo. Con
7 favole montanare e un gioco
Amare la montagna e trasmettere
per diventare giovani alpinisti. 51
questa passione anche ai più piccoli
può sembrare più scontato di quanto Escursioni divertenti in appennino
centrale per ragazzi dai 5 ai 14
non sia in realtà. I bambini hanno
anni. Ogni sezione è accompagnata
la preziosa capacità di stupirsi, di
da una fiaba che aiuta il genitore/
guardare con occhi affascinati il
accompagnatore ad animare le
mondo che li circonda, ma spesso
escursioni con consigli su come
questo stupore dura pochissimo,
stimolare la fantasia dei bambini
l’interesse se non viene stimolato
senza incorrere nel rischio di farli
svanisce. Per questi motivi
annoiare. Fotografie, aspetto grafico
un’escursione con loro può iniziare
nella più viva eccitazione e naufragare semplice e lineare, rapidità di
in un tedioso lamento sulla lunghezza consultazione e informazioni turistiche
fanno di questo libro un ottimo
del percorso. Spesso chi ha voluto
portare i propri figli in montagna si è strumento per reinventare giorno per
trovato nella difficoltà di non sapere giorno l’approccio alla montagna che
bene come gestire questa situazione. non necessariamente è fatta di cima
ma di leggende, castelli, rifugi e tanto
Edizioni Il Lupo con questo libro
ancora.
risponde ad una necessità di grande
Guida ai Rifugi del CAI
Ed. Il Corriere della Sera. In edicola
12,90 euro, e-book 7,99 euro
Un’opera unica, contenente
schede illustrate complete di ogni
informazione pratica sui rifugi e su
come raggiungerli. Foto, descrizioni,
contatti, info sui servizi e sulle
possibilità escursionistiche fornite da
tutti i 375 rifugi d’Italia gestiti dal
Sodalizio.
La raccolta - suddivisa in 4 sezioni:
Nord-Ovest, Nord-Est, Centro-Nord
e Centro-Sud - propone inoltre
approfondimenti sul mondo, la storia
e la vita del Club Alpino Italiano e dei
suoi rifugi, curati da Annibale Salsa,
Lorenzo Cremonesi, Luca Gibello,
Samuele Manzotti, Andreina Maggiore,
Luca Calzolari.
4
Enrico Raccanelli, Luca De Antoni
con la collaborazione di Tazio Isgró Themel
Mountain bike in Dolomiti
52 itinerari ad anello
Ed. Versante Sud 2013 - 29,00 euro
Val Gardena
Val di Fassa
Val di Fiemme
Primiero - S. Martino di Castrozza
Val Badia
Agordino – Val Fiorentina
Val Pusteria
Cortina d’Ampezzo – Val Boite
Val di Zoldo – Longarone
Cadore – Comelico
La guida é quanto di più completo
si possa desiderare per girare le
Dolomiti in MTB, corredata di tracce
gps, mappe e tutto quello che
serve per fare splendide escursioni
tra queste grandiose montagne.
L’aspetto fotografico é stato poi
particolarmente curato, con anche
una gallery di 10 pagine a metà libro.
Non è necessario essere campioni di
marathon o discesisti puri per portare
a termine i giri qui presentati. Ma i
frequentatori delle Dolomiti sanno che
qui, dal punto di vista ciclistico, le
salite non sono proprio “morbide”, e
questo vale anche per i bikers amanti
del silenzio del bosco e del fango
sulle ruote. Gli itinerari proposti
sono di varia difficoltà, la maggior
parte mediamente impegnativi, per
un pubblico che “sa andare in bici”
e di buona condizione fisica. Sono
in secondo piano le discese su facili
strade forestali, di poco piacere di
guida, per dare libero sfogo al gusto
di pedalare.
VOGLIA DI MONTAGNA E DI INCONTRI
A
Eloise Barbieri
proposito di montagna Bologna ha trascorso un maggio intenso, con i martedì delle Vie
dei monti e la serata con Pietro dal Pra. L’intensità è emersa dalle molte sfaccettature di
questi incontri, dalle voci, dalle immagini, dai film, ma anche dalla grande partecipazione che
è testimone di una necessità, per la nostra città, di confrontarsi con argomenti che ci portano
sui monti, in viaggio, al confronto con natura, cultura e popoli di montagna. Riportiamo qui
due frammenti di questi incontri, uno legato ad Eloise Barbieri e al suo soggiorno tra i nomadi
siberiani, l’altro a Pietro dal Pra e al suo impegno con Climb for Life. Entrambi ci hanno colpito
per l’apertura del loro sguardo e la semplicità del loro approccio, pur nella complessità di scelte
di vita non facili e di valori civili non comuni.
CON I NENET
di Eloise Barbieri
Qualche mese fa, per caso, un amico mi ha
raccontato dei popoli nomadi che ancora oggi
vivono nella tundra. Sono pastori di renne che
sopravvivono in un ambiente estremo grazie alle
loro tradizioni millenarie. Da allora per me è iniziato
un susseguirsi di letture e ricerche, una curiosità
insaziabile che presto potrò appagare. Dopo ore
di attesa all’aeroporto di Mosca Domodedovo,
alle due del mattino finalmente incontro Olga,
la ragazza russa che mi ha aiutata a organizzare
questo viaggio. Ha i nostri biglietti aerei per la
città di Nadym e soprattutto ha i nostri permessi.
Olga viene dalla regione della Yakutia, anche lei
è originaria della Siberia, insegna all’università di
Mosca e da anni si batte per i diritti dei popoli
nomadi, sempre più pressati dall’espansione dei
gasdotti. Olga mesi fa ha preso accordi con il
capo di una “Brigata” di Nenet, per la precisione
la diciassettesima. Dovrebbe venire a prenderci
qui a Nadym, Olga ed io rimarremo con lui e la
sua famiglia durante una parte della transumanza
verso nord. Aspettiamo diversi giorni ma i Nenet
non si vedono. Finalmente una sera sento un
rumore di motoslitta di fronte all’albergo mi
annuncia il loro arrivo. Saliamo sulle motoslitte e
partiamo verso la tundra, dopo due ore arriviamo
al campo, è tutto buio, il freddo del lungo viaggio
mi ha congelata, cerco di scaldarmi i piedi, quasi
non riesco a camminare. Entriamo in una tenda e
ci sdraiamo per terra sulle pelli di renna. Al mattino
vedo il nostro campo e conosco la brigata. Ci
sono quattro chum, le tipiche tende fatte con pali
appoggiati ricoperti con pelli di renna. La brigata
ha quindici membri, Olga ed io siamo ospiti del
capo, si chiama Andrei. Divideremo la tenda
con lui, sua moglie Raya, sua sorella Luba, suo
5
Eloise Barbieri
è smontato, le cinquemila renne della brigata sono
radunate, le slitte sono cariche e siamo pronti a
partire. Ogni membro della brigata guida un
convoglio di slitte trainato da renne. Il conduttore
si siede di traverso sul lato sinistro della prima slitta
e con un lungo bastone guida le renne di testa.
La brigata possiede due motoslitte, un piccolo
tocco di modernità in questo quadro davvero
incredibile. Percorriamo circa trenta chilometri,
poi posiamo nuovamente il campo. Durante
tutto il viaggio ci ha accompagnato l‘abbaiare dei
cani, ogni famiglia ne possiede almeno otto. Non
ci spostiamo tutti i giorni e quando rimaniamo
fermi le giornate trascorrono lente. I compiti tra
uomini e donne sono chiaramente suddivisi. Gli
uomini controllano che gli animali stiano bene o li
fanno spostare, riparano le slitte e ne costruiscono
di nuove. Le donne si occupano di tutto quello
che ruota intorno alla chum: fare legna, sciogliere
la neve per ottenere l’acqua, lavorare la pelle e
cucire gli abiti. Le chum sono divise in due parti,
in mezzo c’è la stufa, da una parte e dall’altra
sopra un pavimento di assi e rami sono riposte
delle stuoie di paglia e delle pelli di renna per
sedersi di giorno e sdraiarsi di notte. A ogni pasto
beviamo del tè e mangiamo pane bianco con
burro, quando c’è legna in abbondanza Raya
e Luba fanno bollire la carne di renna, a volte
con un misto di riso o pasta, quando invece ci
spostiamo o c’è poca legna mangiamo la carne
cruda ancora leggermente congelata, altre volte
mangiamo dei grandi pesci crudi e congelati.
Non ci sono sciamani nella brigata e non ce
ne sono più molti in generale. Raya mi dice di
non credere in niente e mi chiede se credo in
Dio. Nella chum c’è un libretto lasciato da dei
figlio Artiom e sua figlia Mashka di soli sei anni.
Raya decide da subito che i miei vestiti e le mie
scarpe sono troppo leggeri, la piuma le sembra
inconsistente rispetto al più degno spessore di un
doppio strato di pelli di renna con cui sono fatti
i loro abiti e i loro calzari senza suola. Vestita così
mi sento un po’ goffa, ma sto calda anche a 30
gradi sotto zero. Oggi è un grande giorno per la
brigata, dopo il lungo inverno finalmente uomini
e animali iniziano la lenta migrazione verso nord
oltre il fiume Ob, lì in estate l’aria è più fresca e
i pascoli sono al riparo dagli insetti che infestano
la tundra durante la bella stagione. I Nenet non
possono più seguire le loro rotte ancestrali e
spostarsi a piacere, i loro territori sono sempre
più ristretti e su quelli che erano i loro pascoli
ora sorgono dei gasdotti. I Nenet sono uno dei
pochi popoli nomadi che ha saputo sopravvivere
e adattarsi alle nuove condizioni imposte dai
cambiamenti della storia. L’Unione Sovietica
aveva statalizzato le renne, che non erano quindi
più di loro proprietà e aveva organizzato i diversi
gruppi in brigate ciascuna con un territorio ben
definito. I Nenet ricevevano un sussidio dallo
stato, i loro figli frequentavano le scuole russe
dove imparavano un’altra lingua e un’altra
cultura, lo sciamanesimo era bandito così come
tante delle loro credenze e tradizioni. Caduta
l’Unione Sovietica, i Nenet si sono trovati senza
sussidi, ma al contrario di altri popoli nomadi non
avevano dimenticato come vivere nella tundra
e hanno continuato ad allevare le renne. Oggi
ricevono nuovamente un aiuto dallo Stato, ma
contemporaneamente sono spinti a stabilirsi in
villaggi e ad abbandonare i pascoli per lasciare
spazio ai gasdotti. Nel primo pomeriggio il campo
6
dicono che non ci sono sciamani ne in questa ne
in altre brigate. Quando sono arrivata al campo
la piccola Mashka era l’unica bambina, tutti gli
altri erano a scuola. Così vuole il governo russo. I
bambini trascorrono l’inverno in collegio, lontano
dai propri genitori. La scuola è obbligatoria, ma
i genitori possono prelevare i bambini quando
vogliono e farli assentare anche per più mesi, così
a mano a mano che ci avviciniamo al villaggio
di Yar-Sale altri bambini arrivano al campo. Raya
mi dice che non sa se manderà Mashka a scuola.
Raya mi spiega che lontani da lei i suoi bambini
crescono diversi, hanno sogni nuovi, conoscono
tante cose ma non sanno com’è la vita nella
tundra d’inverno e quando ci tornano a diciassette
anni non si adattano più. Lascio la diciassettesima
brigata nel villaggio di Yar Sale, rientro a Mosca,
loro invece continuano il loro viaggio verso nord.
Li lascio con un groppo al cuore dopo più di un
mese. Mi chiedo se Mashka andrà a scuola, mi
chiedo cosa sarebbe meglio per lei, cosa sarebbe
meglio per Raya e per questo popolo così duro e
fiero che da mille anni segue le sue renne negli
spazi sconfinati della tundra.
Eloise Barbieri
missionari battisti, Raya ha anche comprato delle
icone, probabilmente senza sapere bene di cosa
si tratta. Le antiche credenze dei Nenet si sono
perse negli anni duri della repressione sovietica, si
sono mantenute solo alcune delle loro tradizioni
più radicate. Credono che la loro ombra sia un
loro doppio, una sorta di fantasma che alla morte
si separa e raggiunge i propri avi nella valle della
morte dove continua a vivere la stessa vita che
ha vissuto qui sulla terra, per un numero di anni
equivalente. La grande differenza tra questo e
l’altro mondo è che il secondo è il contrario del
primo. Le salme sono sepolte con gli oggetti che
gli sono appartenuti: Tutti gli oggetti però sono
seppelliti rotti, perché ciò che è rotto qui sarà
intero nell’altro mondo. Sulla tomba viene lasciata
la slitta appartenuta al morto, ribaltata perché
sia diritta nell’aldilà. La renna che ha trainato la
slitta è uccisa sulla tomba, il teschio è appeso e la
carne mangiata cruda o lasciata come nutrimento
per il morto. Un tempo, dopo la morte di un
patriarca, la famiglia fabbricava una statuetta di
legno vestita con i tradizionali abiti in pelle di
renna, che rimaneva all’interno della chum ed
era nutrita per generazioni. Da quando sono qui
non ho visto nessun rito di alcun genere. Tutti mi
Da Nenet, i nomadi della Tundra - Panorama Travel
ELOISE BARBIERI
Alpinista e viaggiatrice per passione, Eloïse Barbieri è una filmaker
e collabora con riviste di viaggio come giornalista e fotografa. Per
scelta viaggia spesso da sola, perché solo così ritiene di potersi
inserire realmente in una comunità. Ha attraversato da sola a piedi
parte del Tibet, dell’India del nord, del Pakistan e del Nepal. Ha
fatto parte della prima spedizione femminile a tentare la traversata
integrale dello Hielo Continental in Patagonia e della prima spedizione
alpinistica tornata nel corridoio del Wakhan in Afghanistan dopo 20
anni. Ha salito tre ottomila senza l’ausilio di ossigeno e numerose
cime tra Alpi, Himalaya e Sud America. Ha vissuto con i pastori di
renne della Tundra Siberiana durante una delle ultime e più belle
transumanze del pianeta ed è stata una delle poche occidentali
a documentare la vita di monache e monaci negli ultimi grandi
monasteri tibetani nella regione dello Sichuan.
7
Arrampicata e
solidarietà
a Bologna
“Se vuoi aiutare te stesso
aiuta gli altri”
di Elisabetta dell’Olio
Ho sempre sentito forte, la necessità di fare
qualcosa che potesse essere utile per gli altri, e
di conseguenza anche per me stessa. Ho cercato
spesso di liberarmi di un fastidioso egoismo
prendendomi cura delle persone, ma senza
trovare una direzione verso la quale agire.
L’occasione propizia si è presentata grazie
alla passione per l’arrampicata, in un piovoso
pomeriggio trascorso al King Rock di Verona. Nel
pagare il biglietto d’ingresso l’occhio si è posato
su una maglietta su cui campeggiava la scritta
“Climb for life”, e su un pieghevole che illustrava
il progetto. Scopro presto le finalità dell’idea che
fa capo all’ Associazione Donatori Midollo Osseo
a cui hanno aderito tantissimi climber tra cui, in
veste di promotore d’eccezione, Pietro Dal Pra.
In quel momento nasce l’idea di organizzare a
Bologna una serata per diffondere il messaggio
8
condividono le stesse passioni, in questo caso
lo sport e la solidarietà sociale. Illustro l’idea al
segretario generale della Fondazione per lo
Sport Silvia Rinaldi Onlus e nel giro di pochi
giorni mi rendo conto che quello che ritenevo
impossibile comincia ad essere fattibile. Il circolo
virtuoso accelera rapidamente e si delineano
le idee che si concretizzano in un serata che si
rivelerà un successo. Oltre 250 persone, di cui
molte pazientemente in piedi, hanno assistito
allo stupendo intervento di Pietro Dal Pra che
non ha esitato un solo istante all’idea di venire
gratuitamente a Bologna, per parlarci delle sue
esperienze di alpinista e di donatore di midollo,
incantando la platea con la sua simpatia e
grande umanità. Tante persone ci sarebbero da
ringraziare: dalla direzione del Cinema Europa che
ha concesso la sala, al tecnico del suono, a tutte le
persone che hanno contribuito all’organizzazione.
Vorremmo ripetere l’esperienza e renderla un
appuntamento fisso a Bologna: basta poco per
aiutare chi si trova in difficoltà e un’ora del nostro
tempo dedicata agli altri, può concretamente
salvare una vita.
del progetto Climb for life, con la presenza
di Pietro Dal Pra, e la ricerca di collaborazioni
grazie alle quali risolvere i problemi organizzativi
e di budget. Trovo molto bello ciò che ha
scritto lo stesso Dal Pra: “Società moderna.
Un lamento continuo sulla spersonalizzazione
dell’individuo. Sull’egoismo, la mancanza di
senso, l’apatia, le frustrazioni. Il troppo ha svilito
l’essenziale. Il benefico essenziale”. Lo unisco a
una considerazione egoistica: “impiegare un’ora
di tempo per mettere il proprio ‘numerino’ nella
scatola della vita, concede unicamente a qualcuno
la speranza di sopravvivere o regala anche al
donatore la possibilità di riconoscersi in un senso
dell’essere al mondo? È meno nobile sentirsi
orgogliosi in quanto potenzialmente donatori di
vita che pensare al dolore di chi sta attendendo
(al momento con possibilità remote, vista la
piccolezza della scatola della vita) un trapianto
di midollo osseo?”. Realizzare l’idea di portare
a Bologna il progetto di sensibilizzazione sulla
donazione di midollo osseo è stato più semplice
del previsto: come spesso accade è sufficiente
mettere insieme persone e organizzazioni che
PIETRO DAL PRA
Nasce a Vicenza e muove i primi passi sulla roccia con il padre sulle Dolomiti, ma
è vicino a casa, a Lumignano che comincia seriamente con l’arrampicata. Grazie ad
una passione totalizzante e a una certa predisposizione brucia le tappe e ancora
giovanissimo sale vie di arrampicata sportiva di estrema difficoltà, probabilmente fra
le più impegnative della metà degli anni ‘80, in Italia e nelle falesie più conosciute
d’Europa. Alla fine degli studi, le avventure dell’arrampicata sportiva in bassa quota
non lo soddisfano più completamente e l’esigenza di muoversi e respirare nei grandi
spazi alpini lo porta a scoprire le pareti delle Dolomiti e delle Alpi. Per la voglia di
vivere quotidianamente le montagne anche in senso professionale, diventa guida alpina
all’età di 21 anni. Firma alcune delle più belle salite, in tutti gli stili, da solo o con
compagni, in estate e in inverno, in prime salite o nella ripetizione degli itinerari più
importanti. Sale vie di estrema difficoltà su tante rocce del mondo, dalla Patagonia al
Nord America. La grande passione per l’arrampicata in tutte le sue forme lo ha portato
a salire su tutti i tipi di pareti e di rocce, da quelle di pochi metri in cui l’obiettivo è
il raggiungimento della massima difficoltà in totale sicurezza, alle grandi pareti alpine
e non solo, teatro per Pietro di un alpinismo pulito, dettato dalla semplice voglia di
vivere il mondo verticale e non da quella di produrre imprese alpinistiche.
CLIMB FOR LIFE nasce nel 2010 dall’incontro tra Giovanni Spitale, giovane climber
ammalato di aplasia midollare idiopatica, una malattia degenerativa del midollo
osseo curabile in via definitiva con il trapianto, e Pietro dal Prà. Dall’amicizia e dalla
collaborazione dei due, prende il via il progetto Climb for Life: creare un “brand” che
rimandi ad un portale informativo, contenente tutte le informazioni sulla donazione
di midollo osseo, pensate e strutturate per essere convincenti, chiare ed accessibili
per ogni scalatore del mondo. «Abbiamo pensato a chi va per montagne», racconta
Pietro, «perchè è un ambiente che conosciamo bene, senza dimenticare che si tratta
di persone che hanno dimostrato e continuano a dimostrare grande sensibilità».
La Fondazione per lo Sport Silvia Rinaldi Onlus persegue finalità di solidarietà
sociale, proponendo progetti e idee per valorizzare lo sport nella promozione del
benessere e dell’inclusione sociale. In particolare realizza progetti che favoriscano la
pratica dello sport dilettantistico da parte di persone, di tutte le età, con disabilità
e dei giovani a rischio di devianza o in situazione di disagio familiare.
9
www.climbforlife.it
www.fondazioneperlosport.com
UN RESOCONTO E QUALCHE NUOVO PROPOSITO PER LA RASSEGNA “LE VIE DEI MONTI”
Il cinema di montagna convince anche gli esigenti cinefili bolognesi
Anche grazie alla collaborazione con Trento Film Festival
e con Cineteca siamo riusciti ad unire relatori, temi e
pubblico eterogenei tra loro, cercando di vincere la sfida
che ci eravamo posti: riuscire a unire nella stessa sala
l’escursionista con il cinefilo incallito, l’alpinista con lo
studente universitario, il naturalista con l’appassionato
di storia. Sebbene con qualche intoppo e con la
consapevolezza che si può migliorare, l’esperienza ci
è piaciuta così tanto che stiamo già organizzando la
seconda edizione.
Un ringraziamento particolare va a tutti coloro che
hanno contribuito a vario titolo nella riuscita de Le
vie dei monti, ma soprattutto al generoso pubblico che
come nella migliore tradizione montanara ha dimostrato
grande resistenza e ottima sopportazione dei disagi
come il caldo e l’affollamento: vi aspettiamo l’anno
prossimo ancora piu’ numerosi!
Nicola Arrigoni
Ora che è luglio, e che le vacanze sembrano più vicine,
si possono tirare le somme di quel che è stato il
maggio al cinema lungo i percorsi de Le vie dei monti.
L’iniziativa ha visto la nostra sezione impegnata al
Lumiere in quattro serate che, coniugando incontri con
i protagonisti del mondo della montagna e film a tema,
hanno celebrato assieme alla cittadinanza bolognese
i 150 anni del CAI. Abbiamo iniziato con una serata
sull’ “alpinismo di ieri e di oggi” grazie al racconto
di Alessandro Gogna e alla visione di tre film tra cui
Cold; la seconda serata è stata dedicata all’analisi
storica di come i regimi abbiamo abusato della retorica
dell’alpinismo grazie alle parole di Wu Ming 1 e
Roberto Santachiara, abbinate alla visione di un film
ambientato in montagna firmato dalla regista vicina al
regime nazista Leni Riefensthal; abbiamo proseguito
con Eloise Barbieri che attraverso le parole e le immagini
ci ha raccontato di come la montagna sia anche un
meraviglioso pretesto per incontrare l’altro e conoscere
luoghi e culture lontane; infine il ciclo è stato chiuso da
Marco Albino Ferrari che raccontandoci le vie del lupo ci
ha riportato sui monti di casa nostra, gli Appennini, e
da un film che attraverso il surrealismo di Buñuel ci ha
ricordato che il cammino non è tanto un’azione fisica
quanto soprattutto un viaggio esplorativo interiore.
Il primo passo del bilancio di Le vie dei monti l’abbiamo
fatto con Andrea Morini e Luisa Ceretto della Cineteca:
siamo stati invitati a replicare l’iniziativa il prossimo
anno con porte aperte a nuove collaborazioni. Quindi,
sebbene con qualche dettaglio da migliorare, l’iniziativa
è stata definita un successo! Successo inaspettato da
parte dello staff della Cineteca, per cui il “cinema di
montagna” appariva un tema vago e forse dotato di un
appeal poco sufficiente a convincere l’esigente pubblico
bolognese. Ma ad essere sinceri un successo così grande
non ce lo aspettavamo nemmeno noi: immaginavamo
(speravamo) partecipazione e interesse, ma non certo
la sala gremita durante ognuna delle quattro serate
organizzate.
Buffet a cura della Scuola di Alpinismo
Andrea Morini e Vinicio Ruggeri
Alessandro Gogna
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DIETRO LA FOTO
ALBA ESTIVA AL PASSO DEL VALLONE
Parco Regionale del Corno alle Scale – Il camminatore, risalendo l’incantevole Valle dei
Silenzi, giunge al Passo del Vallone, panoramica sella naturale che divide ma unisce il
Corno alle Scale (1944 m) al monte La Nuda (1828 m). Da lassù la vista può spaziare
tanto a est sulla boscosa e verdeggiante alta valle del Silla, quanto a sud, dove lo sguardo,
quasi inevitabilmente, è “invitato” a seguire il profilo ascendente e frastagliato dei Balzi
dell’Ora che portano alla famosa croce metallica di Punta Sofia.
Fotografare all’alba permette di disporre della luce migliore in termini di qualità Dati di scatto
e nitidezza. Infatti, grazie anche ad una leggera ma costante brezza, ho potuto CANON EOS 5D Mark II
assistere ad un’alba veramente tersa e pulita. Ai miei piedi, intense fioriture gialle di OBIETTIVO CANON EF 24-105 mm f/4
L IS USM
ginestra raggiata che, per trasmettere nella foto (statica) la sensazione (dinamica) Diaframma: f/18
del vento che le agitava di continuo, ho voluto rendere “mosse” con un tempo di Tempo di scatto: 1/3 s
scatto relativamente lungo (0,3 secondi), dopo aver avuto cura di posizionare la Sensibilità: 50 ISO
Compensazione esposizione: -1/3
macchina sul treppiede. Ho scelto l’inquadratura verticale per dare un vitale slancio Lunghezza focale: 24 mm
all’immagine e rafforzare il senso di verticalità della montagna, protesa verso un Bilanciamento del bianco: sole
di treppeide, blocco dello specchio
cielo dall’azzurro così profondo ed intenso perché ottenuto grazie all’utilizzo di un Utilizzo
e scatto remoto
opportuno filtro polarizzatore.
No flash
11
La montagna e i geologi
un rapporto ambiguo
di Enzo Farabegoli
Si dice che diventando vecchi gli uomini diventino
saggi. Sarà anche vero, ma dalla mia esperienza di
geologo con quasi 45 anni di insegnamento in aree di
montagna ho tratto la convinzione che invecchiando
gli uomini compiono in realtà solo nuovi errori,
non per questo meno gravi di quelli di gioventù.
La montagna è un ambiente ostile per se, ove mal si
concilia la necessità di essere concentrati sui temi
geologici (che roccia affiora, come è disposta nello
spazio, che fossili contiene, ecc.) e nello stesso tempo
valutare obiettivamente la praticabilità di un percorso,
prevedendo le proprie reazioni psico-fisiche a fronte di
mutate condizioni ambientali.
Quello che segue è un breve resoconto dell’avventura
capitata nel maggio 2012 a due studentesse della Laurea
Magistrale in geologia e territorio dell’Università di
Bologna, durante il Laboratorio di campo di Rilevamento
Geologico 2 nell’isola di Marettimo. Studenti non alle
prime armi, con alle spalle almeno un mese di lavoro
sul terreno, solo in parte sotto la guida dei docenti.
Durante i primi due giorni del Campo di Rilevamento
a Marettimo, tutto il gruppo (24 studenti) è stato
accompagnato da tre docenti, che li hanno istruiti su
alcune delle tecniche atte a risolvere le problematiche
geologiche peculiari di quest’area.
La disavventura è avvenuta alla fine del terzo giorno di
lavoro, mentre gli studenti rilevavano l’isola suddivisi
in gruppi di due per motivi di sicurezza. L’obiettivo di
ciascun studente è infatti redigere una mappa geologica
e geologico-tecnica e una relazione originali, requisito
necessario per essere ammesso a sostenere l’esame di
Rilevamento Geologico 2. L’appuntamento per il ritorno
a Marettimo, quel giorno, era fissato per le 19.00 nella
piazzetta di fronte alla chiesa, per la verifica del lavoro
12
di ciascuno, prima di cena.
Da giovane, ben prima del cellulare, ho imparato che
dare un appuntamento troppo preciso in montagna
è spesso un errore (la regola era: “il primo che arriva
aspetta”), perchè mette in ansia chi attende e chi è in
viaggio. Ma adesso i nostri studenti sono dotati del GPS,
oltre che del cellulare e ricestramittente, e per i docenti
giovani osservare le vecchie usanze è come perdere
una parte importante della propria identità: loro hanno
fiducia nella tecnologia e la vogliono infondere agli
studenti. Come vedremo, anche questa scelta ha avuto
il suo peso negativo. Nonostante l’esperienza sul campo
maturata in precedenza, le due studentesse hanno fatto
prevalere l’entusiasmo per la scoperta geologica sul
rispetto che occorre sempre avere per la montagna, e
si sono cacciate in un guaio. Per fortuna, grazie ad un
atteggiamento mentale positivo acquisito anche, mi fa
piacere pensarlo, durante due lezioni del CAI promosse
dal Corso di Studi, ne sono uscite fuori da sole.
Con questo esempio vogliamo ricordare a tutti i geologi
e agli studenti di geologia la necessità di acquisire
e mantenere nel tempo una formazione psico-fisica
adeguata a superare almeno i rischi di un trekking
avanzato. La storia della geologia, anche di quella
italiana, è piena di disavventure innescate da motivi
banali, se considerati singolarmente, che hanno prodotto
situazioni di grave rischio per la concatenazione di
eventi negativi. Speriamo che il racconto di questo
episodio risoltosi felicemente possa dare un contributo
a diminuirne il numero e la gravità.
Lara Bertello, Luigi Cantelli, Enzo Farabegoli,
Fabio Gamberini, Flaminia Mesiti
Laurea Magistrale in Geologia e Territorio,
Alma Mater Studiorum, Università di Bologna
Racconto di una
disavventura
a
Marettimo
Relazione emotiva di Lara e Flaminia
di Lara Bertello e Flaminia Mesiti
Siamo F e L, due studentesse della Laurea
Magistrale in geologia e territorio dell’Università
di Bologna; quello che segue è il resoconto di
una disavventura del 21 maggio 2012 nell’isola
di Marettimo, durante il Laboratorio di campo
di Rilevamento Geologico 2. Una disavventura
che fortunatamente si è conclusa bene, perché
ne siamo uscite da sole, con un bagaglio di
esperienze che ci servirà in futuro.
La nostra area di rilevamento era ubicata nella
parte meridionale dell’isola, verso Punta Bassana,
e comprendeva una sottile sella morfologica
a quota 140 m.s.l.m. che separa due versanti
acclivi degradanti rapidamente verso il mare.
Questa disposizione degli strati è una chiara
evidenza di un versante predisposto al
franamento, su cui la forte pendenza inibisce la
formazione del suolo e di una copertura vegetale
stabile. Esplorare una singola superficie di strato
è utile solo se si va in cerca di fossili con un
rilevante valore stratigrafico, quali ammoniti
o piste di animali, ma non era questo il nostro
caso. Perché allora, dopo aver rilevato la sella
in mattinata, nel pomeriggio abbiamo deciso
di scendere verso il mare seguendo la via di
massima pendenza del versante e degli strati?
Forse per la curiosità di andare a vedere che cosa
affiorava lungo la spiaggia rocciosa, che dall’alto
sembrava promettere bene, o per registrare
informazioni utili per il rilevamento del giorno
dopo.
Subito ci siamo accorte di non poterci fidare
della scarsa aderenza degli scarponi sulle piccole
irregolarità delle superfici di strato e di quelle di
faglia. E l’idea di perdere l’equilibrio e rotolare
per oltre cento metri ci ha impaurito. Così siamo
scese strisciando piano piano, faccia rivolta al
mare. Discesa efficace, anche se alpinisticamente
inelegante. Ma chi ci poteva vedere, visto che la
spiaggia sottostante era deserta e la terraferma
più vicina, la Tunisia, ad almeno 70 miglia?
Giunte alla spiaggia il lavoro ci ha assorbito
completamente: gli affioramenti erano numerosi
e la zona è tettonicamente complessa, con un
susseguirsi di pieghe e faglie. Per di più, un
Il versante occidentale è segnato solo da labili
piste tracciate dai mufloni, ma le tracce animali
e la gariga costiera che costituisce la prevalente
vegetazione dell’isola mancano completamente
dove gli strati di calcare sono disposti a
traverpoggio-franapoggio, inclinati come il
pendio, e congiungono la sella alla spiaggia
rocciosa sottostante.
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vento fortissimo da ovest aveva mosso il mare
e dovevamo stare attente a dove mettere i piedi
per non bagnarci. E così non ci siamo accorte del
passare del tempo. Quando abbiamo controllato
l’orario erano le 18.15, ma il versante era cieco ai
cellulari e non potevamo avvisare che sicuramente
saremmo arrivate in ritardo all’appuntamento
delle 19 con tutto il gruppo. Abbiamo cominciato
a risalire, cercando di fare in fretta, incontrando
subito difficoltà: troppo complicato rifare il
percorso dell’andata risalendo lo strato e noi,
stanche, siamo scivolate più volte, rischiando
di cadere all’indietro. Così ci siamo spostate per
risalire all’interno della macchia mediterranea su
detrito sciolto, ma gli arbusti si sono dimostrati
appigli poco sicuri, perché fragili e male ancorati
a un suolo molto sottile. Verso le 18.30 abbiamo
avvistato in alto un docente che stava tornando
verso la sella, ma le nostre ricetrasmittenti non
funzionavano o forse le batterie erano scariche
e noi non avevamo portato quelle di ricambio.
Così abbiamo cercato di richiamare l’attenzione
del docente, urlando e sbracciandoci. Lui si
è fermato, e ha guardato in basso. Certo, se
avessimo indossato vestiti tecnici colorati (come
ci avevano raccomandato), o portato una torcia
elettrica, dall’alto ci avrebbe potuto individuare
facilmente, ma dopo alcuni minuti se n’è andato
senza averci visto. Abbiamo sentito aumentare
la pressione psicologica e abbiamo provato a
risalire il versante il più velocemente possibile,
sempre più affannate e affaticate, scivolando
ripetutamente sul sottile strato di detrito sciolto.
In un tratto particolarmente acclive, F. è riuscita
a trovare un passaggio più semplice verso un
accumulo di detrito, mentre L. non è riuscita a
raggiungerlo e si è bloccata; senza un cordino
di sicurezza (che pure al corso CAI ci avevano
raccomandato di portare!) non era possibile
sollevare a mano L; alla fine, dopo diversi tentativi
intervallati da pause di riposo durante i quali ci
siamo sostenute e incoraggiate reciprocamente,
L. è riuscita a raggiungere F. Superato questo
tratto, ci siamo accorte che eravamo solo a metà
strada, quindi abbiamo cercato di accelerare
nonostante la stanchezza e il GPS scarico che ci
costringeva a muoverci a “occhio“. Arrivate in alto
ormai alle 20,30 sulla ricetrasmittente abbiamo
sentito uno dei docenti che ci cercava e siamo
riuscite ad informarlo della nostra posizione. Un
quarto d’ora dopo abbiamo avvistato i docenti
e alcuni nostri compagni, che avevano allestito
una squadra di soccorso temendo il peggio.
Ora abbiamo imparato che non bisogna mai
sottovalutare la fatica fisica e mentale prodotta
dal rilevamento geologico, anche in aree
alpinisticamente non estreme. E che, oltre agli
strumenti geologici, bisogna muoversi dotati
di un numero minimo di ausili per la sicurezza,
come ci avevano ripetutamente avvertite gli
istruttori durante il corso CAI.
Per finire, la prova che abbiamo completamente
metabolizzato la vicenda sta nel fatto che
quest’anno stiamo lavorando ad una tesi di
laurea in geologia applicata, in una bella zona
della bassa pianura bolognese.
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RASSEGNA CORALE
Rasora di Castiglione dei Pepoli - 16 giugno 2013
Camminare e cantare sono due meravigliose attività che possono essere
svolte in solitudine, ma la gioia della condivisione ha fatto nascere
compagnie di camminanti e corali di canti.
Con questo spirito Domenica 16 giugno si è svolta
la sesta Rassegna Corale organizzata dal Circolo
Arci di Rasora, frazione del Comune di Castiglione
dei Pepoli, che quest’anno è stata dedicata ai 150
anni del CAI grazie alla felice collaborazione tra il
circolo e la Sottosezione Cai “Roberto Venturi” di
Castiglione dei Pepoli.
La rassegna, che è diventata un appuntamento
fisso dell’estate Rasorese, si svolge in un territorio
che si trova a cavallo tra due provincie, Bologna
e Prato, e contemporaneamente tra due regioni.
Nello spirito che unisce la popolazione di questi
territori, i cori presenti sono stati rappresentativi
di queste realtà, con un coro ospite molto
importante vista la speciale dedica di quest’anno.
Dopo una curata presentazione della giornata
da parte del Sig., Rossano Romagnoli del Circolo
Arci, si sono in ordine esibiti:
• CORO DI MONTEPIANO
diretto dal Maestro Mario Scavuzzo
• CORO CASTIGLIONESE
diretto dal Maestro Simone Macchiavelli
• CORO CAI DI BOLOGNA
diretto dal Maestro Umberto Bellagamba
Con un programma vario, compresa l’esecuzione
di canzoni dedicate alla montagna, in particolare
per quanto riguarda il coro della nostra sezione.
L’esibizione ha avuto un piacevole epilogo finale
quando tutti e tre i cori si sono uniti per eseguire
“Signore delle cime”.
Alla fine dell’esibizione hanno portato il saluto alla
manifestazione il Sindaco di Castiglione dott.ssa
Daniela Aureli ed il Sindaco di Vernio dott. Paolo
Cecconi, i quali hanno evidenziato l’importanza
di questi momenti di unione e consolidamento
dei rapporti tra le persone ed hanno ringraziato
sia l’Arci sia il Cai per il lavoro che svolgono nei
rispettivi ruoli istituzionali. A nome della Sezione
Cai di Bologna ha portato il saluto il consigliere
Giacinto Cimino, il quale si è soffermato sui dati
postivi, anche in termini d’iscritti, raggiunti dalla
nostra sezione e sull’importanza di avere una
sottosezione sul territorio della montagna. Ha
poi ringraziato il circolo Arci per aver accolto la
proposta di dedicare la rassegna all’evento centrale
nel 2013 per il Cai, augurando lunga vita a questo
circolo per la funzione importante di presidio che
svolge come punto di riferimento per quanti
vogliono continuare a stare insieme e convivere
civilmente. Al termine della manifestazione il
presidente dell’Arci Rasora, Sig. Marco Foddi, ha
voluto omaggiare ciascun Coro con una scultura
appositamente creata. A nome della Sezione e
della Sottosezione Cai, il consigliere presente
ha consegnato una targa ricordo ai tre cori e al
circolo ospitante.
15
TEMPO DI TRASLOCO!
In questi mesi siamo riusciti a portare a termine quella che sembrava davvero un’impresa
impossibile: il trasloco dall’amata sede di via Battisti alla nuova sede di via Stalingrado, un luogo
ancora assai in disordine ma già capace di mostrare - tra uno scatolone e l’altro - le nuove
potenzialità di una sede grande, funzionale e ricca di ambienti diversi.
Barbara Benvenuti e tutto il consiglio ringraziano vivamente quanti si sono adoperati per questo
difficile lavoro. Un pensiero molto affettuoso va a Ezio Albertazzi, Sandro dal Pozzo, Sergio Gardini,
Giovanni Ghini, Osvaldo Musolesi, Clerio Previati, Mario Gneo Romiti, Vinicio Ruggeri.
Ringraziamo anche chi ha comunque contribuito come ha potuto, Paolo Stefania Allo Rupe
Antonio Ermanno Lino Pupo...
Infine grazie a Roberta, Silvia e Cristina che hanno messo a punto la nuova segreteria in un baleno,
nonostante le mille difficoltà di un momento di transizione.
...qui immortalati la prima socia iscritta nella nuova sede, la prima telefonata della presidente e ...
un beato tra le donne: Gneo con alcuni pilastri della nostra associazione (Roberta e Silvia segretarie,
Barbara presidente, Antonella tesoriera).
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UN RICORDO
Riceviamo da Giulia Sarzani e pubblichiamo questo ricordo di suo padre Mario.
Mario Sarzani è venuto improvvisamente a mancare l’11 maggio
2013, lasciando coloro che lo conoscevano sconvolti e affranti.
Ora è là che vola tra le Tre cime, si specchia nel tramonto sul
Catinaccio e si stende sul ghiacciaio della Marmolada.
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lu 14.00 - 20.00 • ma-ve 10.00 - 20.00 • sa-do 10.00 -20.30
17
CUCCIOLI
L’avventura dei cuccioli continua con successo...
sono benvenute proposte nonchè volontari!
[email protected]
18
... continua da pagina 3
Il tentativo di riforma degli Organi Tecnici
proposto e abbandonato dalla precedente
Presidenza nazionale, poi ripreso dalla attuale,
avversato dalle Scuole di Alpinismo, sospeso di
nuovo, non ha giovato alla coesione sociale ed
ai rapporti tra OT e organi direttivi. La riforma
poco amata e poco attuata non deve essere
portata avanti senza una discussione in cui siano valutate a fondo e seriamente le ragioni di
ognuno, con la disponibilità di tutti all’ascolto
ed al confronto. Dobbiamo assicurare al CAI
un’evoluzione che stia al passo con le trasformazioni sociali ma che non rinunci all’altissimo
livello di qualità fin qui sviluppato dai diversi
settori. In questo quadro credo che il GR sia
chiamato a svolgere un ruolo chiave, e cercheremo di dare una risposta adeguata. Non c’è
qui lo spazio per parlare come vorrei di tutte le
attività. Le scuole, l’escursionismo, la sentieristica, i giovani, il Comitato Scientifico e la TAM, le
biblioteche e la cultura: abbiamo un patrimonio
di lavoro dei soci straordinario, che qualificano
il nostro sodalizio e lo rendono degno della sua
storia lunga e prestigiosa. Il CAI ha tante anime,
tutte importanti: su tutte sviluppiamo la massima attenzione per portarle avanti con i più
alti livelli tecnici: così teniamo alto il prestigio
dell’associazione ed il numero dei soci.
A tutti auguro buona montagna e ... arrivederci sui sentieri.
Vinicio Ruggeri
SI CONSOLIDA IL CORSO DI MONTAGNA PER STUDENTI
DI GEOLOGIA
Abbiamo concluso la seconda edizione del Corso di base per studenti di geologia di “Avviamento
alla frequentazione dell'ambiente montano per attività di rilevamento geologico”. Il corso, come
l'anno precedente, si è articolato in un incontro in aula in cui si è trattato di “sicurezza propria e dei
compagni: valutazione delle capacità proprie e del gruppo in relazione alle condizioni ambientali.
Il soccorso. Il terreno di lavoro: pericoli oggettivi e soggettivi, valutazione dei percorsi e delle difficoltà”. A questo sono seguite due uscite: una a Badolo con istruttori di alpinismo per esercitazioni
di “Sicura e auto sicura, nodi, materiale minimo, allestimento di una corda fissa, discesa in corda
doppia, risalita su autobloccanti. Tecnica di movimento verticale”; l'altra sul contrafforte pliocenico
con accompagnatori di escursionismo per esercitazioni di “orientamento, percezione dell'ambiente
naturale, il movimento, il gruppo”. Anche quest'anno si è registrato un forte interesse da parte degli studenti, che hanno mostrato di gradire le nozioni di base sulle modalità di frequentazione della
montagna che, per loro, sarà un ambiente di lavoro. Una conferma dell'utilità del nostro lavoro si
è avuta in occasione della disavventura di due studentesse della prima edizione del corso che, durante un campo di rilevamento geologico, sono uscite dalla situazione difficile in cui erano capitate
anche grazie ai nostri insegnamenti (vedi articoli a pagina 12 e 13, con una sintesi del loro resoconto).
La qualità ed i risultati del nostro lavoro sono stati riconosciuti esplicitamente dall'Università, che
intende istituzionalizzare il nostro corso attribuendogli crediti formativi. VR
19
CICLOCAI
Anche per il cicloturismo la stagione 2013 è iniziata sotto l’insegna del cattivo tempo, tra gite annullate
per pioggia annunciata e quelle “bagnate” da temporali improvvisi …
Ma nemmeno una incresciosa caduta nel fango ha tolto il sorriso al nostro biker Maurizio nel primo
giorno di sole finalmente arrivato…
20
DA VIDICIATICO ALL’IRAQ
A CAVALLO: L’AVVENTURA DEGLI
ULTIMI VIAGGIATORI
“Dalla cittadina di Porretta Terme a Alabjah in Iraq, con il binomio più antico del
mondo: uomo e cavallo. Un lungo percorso in un intreccio complicato di frontiere,
attraverso le montagne con i loro passi da valicare, e bracci di mare da attraversare.
Nuove ed antiche linee di confine marcate dalla storia e dal filo spinato, che tracciano
frontiere non sempre accettate dalle persone che ci vivono dentro. Un lento viaggio
che ridia il senso della vastità del mondo, con i suoi paesaggi di primitiva straordinaria
bellezza: ma soprattutto faccia riscoprire l’uomo”. In questo numero la mia rubrichetta
si occupa di due amici che partiranno per un viaggio a cavallo veramente incredibile:
da Vidiciatico a Albjah (Iraq). Oltre 6.000 chilometri per portare un messaggio di pace
fra due città gemellate e unite nel martirio: Marzabotto e la cittadina irachena, che fu
teatro di un vero e proprio sterminio di Curdi, oltre 5.000 morti. Ci troviamo di fronte
ad un impresa epica nello spirito degli ultimi viaggiatori; così viaggiavano Marco
Polo, Bruce Chatwin, Ernest Hemingway. Il viaggio come forma di conoscenza e di
cittadinanza attiva. Una vera avventura senza cellulari attraversando l’Italia, l’Albania,
la Macedonia, la Grecia, la Turchia ed infine l’Iraq. I nostri amici Piero Bernardi e
Giampiero Franchi non intendono solo fare un’impresa. Anzi, conoscendoli, la loro non
di Marco Tamarri
è la ricerca di un record, è un vero amore per il viaggio. “L’importanza del Viaggio
Viaggiare” Faber, alla ricerca di incontri veri con le popolazioni dei paesi che attraverseranno, con la volontà di unire
culture e tradizioni diverse attraverso il rispetto e il ricordo di grandi dolori e ingiustizie, in uno slancio etico, ritrovando
il valore epico della nostra esistenza. Partiranno alla metà di settembre e resteranno in viaggio con i loro cavalli per un
anno di avventure, di incontri, in un cammino che non sarà solo geografico: attraversando i territori attraverseranno anche
le regioni più profonde della loro anima, in un rapporto di amicizia e rispetto con le popolazioni che incontreranno lungo
il viaggio. Tutto verrà documentato con attenzione, Piero è un ottimo filmmaker, come ha dimostrato nei suoi precedenti
e numerosissimi viaggi, cito fra tutti Percorsi d’acqua Percorsi di pace da Porretta a Peshawar, 13.000 kilometri in camper
per raccontare il valore delle acque e il pericolo dei conflitti legati alla mancanza di questo bene insostituibile. Questa
volta, se è possibile, l’avventura è ancora più affascinante, verrà utilizzato il cavallo come mezzo di locomozione, sarà lui
a dare i tempi della grande attraversata, ad imporre i bivacchi, a scandire gli incontri, a definire i contorni di quella che
a me appare come una vera impresa, nel segno del viaggio, inteso nei suoi valori più profondi.
Per coloro che vorranno aiutare i nostri viaggiatori, anche sottoforma di piccole sponsorizzazioni in beni o servizi, o
semplicemente avere informazioni sui loro spostamenti lascio la mia mail di riferimento [email protected]
UN PASSO
DOPO
L’ALTRO
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