Anno V - Numero 5 - Giovedì 7 gennaio 2016
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Referendum
Italia-Libia
Germania
Napolitano lancia
lo sprint a Renzi
Genova crocevia
di traffici oscuri
Migranti e molestie,
Colonia ha paura
A pag. 4
A pag. 5
Di Giorgi a pag. 6
A 38 ANNI DAL TERRIBILE ATTENTATO SU CUI NON È STATA FATTA LUCE. E’ L’ORA DI UNA COMMISSIONE PARLAMENTARE SU QUELL’ECCIDIO
di Francesco Storace
T
rentotto anni non
bastano per cancellare un dolore
che resta enorme.
7 gennaio, lutto
per una comunità dispersa,
che piange suoi camerati
assassinati dall’odio comunista davanti una sezione di
quel Msi di cui eravamo fedeli militanti. Franco, Francesco e Stefano, quante volte quei nomi - Bigonzetti,
Ciavatta, Recchioni - sono
risuonati nella nostra testa,
il “presente “ ha gonfiato i
nostri polmoni, ha aumentato la nostra voce, ha levato
in cielo le nostre braccia
tese. Davvero un miracolo,
quella sera maledetta del
1978, evitò che la gragnuola
di pallottole che si abbattè
sulla sezione di via Acca
Larentia - che è storia nostra
e che una Nazione ingrata
sembra aver rimosso dalla
coscienza collettiva, nell’oblio riservato a chi muore
dalla parte sbagliata - continuasse il suo triste martirologio con i nomi di Maurizio, Enzo, Pino...
Noi continuiamo a ricordare,
a commemorare quei Caduti
per i quali non è stata fatta
giustizia. Lo facciamo con
le due pagine interne del
Giornale d’Italia vergate per noi
proprio da uno dei protagonisti di
quella tragedia scampato all’agguato, Maurizio Lupini, e col rito
religioso che si celebrerà questa
volta all’interno della cripta della
chiesa romana dei Sette Santi Fon-
famia di un progetto, sangue
chiama sangue, destinato a
provocare lutti su lutti. Da
allora, quella nostra comunità si sentì ancora più isolata, ferita, incattivita. Il 7
gennaio non è un momento
qualunque della nostra battaglia politica.
E troppe volte ci chiediamo
se sia stato vano quel sacrificio. Facevamo politica,
eravamo invece in guerra.
E fa rabbia enorme, oggi,
vedere l’odio che trasuda
da un computer, sulla rete,
nei social: chi strilla quel
che leggiamo protetto da
una tastiera non sa che cosa
voleva dire, allora, stare in
trincea a ripararsi dai colpi
di P38, dalle Skorpion. Si
sparava, oggi si twitta. Eroi
ieri, ridicoli oggi.
In Parlamento si alzava in
quelle ore Giorgio Almirante,
a dare voce al dolore di tutti
noi. Trentotto anni dopo vorremmo noi chiedere ai pochi
deputati e senatori che hanno
avuto in tasca la tessera del
Msi o anche di An, di avere
la voglia e la forza per chiedere e ottenere luce sulla
strage. Fosse anche solamente una commissione d’inchiesta per raccogliere le carte
e cercare e svelare chi ha
negato e impedito che a Franco, Francesco e Stefano venisse resa giustizia, chi fece scappare
gli assassini, chi evitò che pagassero
per le loro responsabilità gli esecutori dell’agguato, chi nascose i
mandanti. Oggi pregheremo per la
verità su quel sangue nostro.
(Altro servizio alle pagine 2-3)
PREGHIERA NOSTRA
Oggi si ricordano come sempre i Caduti della strage
di via Acca Larentia. Una messa nella chiesa romana di piazza Salerno
datori, alle 18, in piazza Salerno.
La preghiera per rendere ancora
più forte il legame spirituale con
quei nostri fratelli di cui siamo
coetanei, loro lassù e noi qui a
piangerli ancora. Acca Larentia,
nel lungo martirologio del Msi, ha
BOMBA NORDCOREANA PROVOCA UN TERREMOTO
probabilmente rappresentato la
pagina più buia. Fu l’aggressione
armata non a tre “obiettivi “ - uno
dei quali assassinato da un ufficiale
dei carabinieri - individuati secondo lo spietato rituale del terrorista che fa fuori il nemico; fu
infame logica stragista e partigiana
per cui si doveva ammazzare chiunque uscisse in quel momento da
quella sezione a cui non si perdonava di presidiare un quartiere
popolare di Roma sud.
In quell’eccidio emerse tutta l’in-
SOLO UN EX STUDENTE UNIVERSITARIO SU DUE LAVORA ENTRO TRE ANNI. PEGGIO DI NOI IN UE SOLTANTO LA GRECIA
Non è un paese per neolaureati
di Marco Zappa
on è un paese (nemmeno) per neolaureati. Poco più di un ex studente
universitario su due (il 52,9% del totale) riesce a trovare un lavoro entro tre
anni dal conseguimento del prestigioso diploma. Le statistiche dell’Eurostat rappresentano l’ennesimo bollettino di guerra per
l’Italia. Si tratta infatti del dato peggiore
dell’Unione Europea dopo la Grecia. La
media dell’Ue a 28 Stati nel 2014 è infatti
dell’80,5%. Saliamo ancora una volta su
uno dei gradini più bassi del podio. Aggiudicandoci la maglia nera per un (quasi)
primato davvero deprimente.
Colti e disoccupati. Una equazione tutta
italiana, sicuramente imperfetta. Come se
non bastasse, sarebbero i più preparati a
trovare maggiori difficoltà. Destinati a emigrare, pur di evitare la disfatta.
Quando una ragazza o un ragazzo iperqualificati, con qualche sogno in testa,
cercano un posto, sembrano davvero chiedere la luna. E quella che dovrebbe rappresentare la normalità viene quasi vista
come un’assurdità. E sul loro volto sono
sempre più evidenti i segni del disagio
N
LA FORMICA
ATOMICA
A pag. 7
provato di fronte a quella porta, quasi
sempre socchiusa, che solo in teoria porta
al lavoro e alla maturità.
Cronaca di uno Stato incapace a valorizzare
i propri talenti che escono dalle nostre eccellenti facoltà, ormai bistrattate. Un problema preso sotto gamba dall’esecutivo
Renzi, per un paese che dice di puntare sui
giovani e lo fa invece solo a chiacchiere.
Va naturalmente peggio ai diplomati. Solo
il 30,5% ha una occupazione dopo tre anni.
Contro il 67% della Germania e il 59,8%
dell’Ue. La situazione è leggermente migliore
per chi vanta invece un diploma professionale: con il dato che sale al 40,3%.
L’Italia fa registrare un netto ritardo rispetto
ad altri paesi avanzati praticamente su tutta
la linea. Pure per l’educazione terziaria (dalla
laurea breve al dottorato) ci troviamo al penultimo posto, sempre e solo davanti alla
Grecia con il 52,9% (93,1% la Germania).
Ma non c’è mai limite al peggio. Il Belpaese è
fanalino di coda in graduatoria nella percentuale
di giovani laureati. Una catastrofe.
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Giovedì 7 gennaio 2016
PRIMO PIANO
MAURIZIO LUPINI, SOPRAVVISSUTO ALLA STRAGE DI ACCA LARENTIA, RIPERCORRE QUEL 7 GENNAIO DEL 1978…
“Aiutami, me brucio tutto dentro”
Oggi alle 18 si terrà un rito di suffragio nella cripta dei Sette Martiri, in piazza Salerno a Roma
Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni
Stefano Recchioni, al centro della foto, pochi minuti prima di essere ucciso
di Maurizio Lupini
Entrammo nella vita
dalla porta sbagliata”, queste parole di
Massimo Morsello,
cantautore e militante della destra, sono in una
delle sue canzoni che più
amo, dedicata a quella generazione militante che aveva
vissuto gli anni di piombo.
Sulla sua stessa pelle.
Una generazione di ragazzi,
una generazione che sognava
di poter cambiare il mondo,
di fare “la rivoluzione” per
renderlo più giusto e migliore.
Erano tempi in cui fare militanza a destra era difficile e
decidere di appartenere a
quell’ambiente era come fare
un patto con il destino avverso.
Era il sette gennaio 1978, un
sabato, era una fredda giornata invernale nuvolosa e
cupa, quasi a presagire un
qualcosa di negativo nell’aria.
Già dalla prima mattina, durante l’affissione in via Appia,
per la manifestazione – concerto degli Amici del Vento,
che si sarebbe dovuta tenere
il giorno successivo, vi furono
le prime avvisaglie: fummo
attaccati da appartenenti della
estrema sinistra, in particolare
ad Autonomia Operaia.
Eppure non era che una delle
tante scaramucce quotidiane,
che mai e poi mai avrebbe,
comunque, fatto paventare
quello che, solo poche ore
dopo sarebbe avvenuto.
Erano circa le 16,00, come
al solito si trascorreva il tempo insieme, e si discuteva,
“
in sezione,
quando ci pervenne la notizia
di un volantinaggio in Prati, e
gran parte dei militanti presenti nella sede di Acca Larentia, sempre molto affollata,
si mosse da lì per andarvi a
partecipare, mentre noi rimanemmo, in quattro. Eravamo
Franco, Francesco, Enzo ed
io. Era una serata come tante.
Sembrava una serata come
tante. Ma avrebbe cambiato
tutto.
Verso le 17,00 arrivò Pino e
decidemmo tutti insieme di
andare in Prati per raggiungere gli altri. Uscendo per
ultimo, spensi la luce, e mi
avviai verso la porta, al seguito
degli altri quattro, che erano
ormai fuori… L’ultimo di loro,
aveva lasciato sulla porta un
messaggio, per un amico che
sarebbe dovuto passare, con
scritto “ci vediamo domani”,
firmato “DONFRA”…Quel ragazzo aveva 19 anni, si chiamava Franco Ciavatta, era
buono come il pane, e solido
come una roccia, ed era soprannominato “DONFRA”…
Nessuno avrebbe potuto mai
credere che, di lì a pochi
istanti, non avrebbe più avuto
un domani... Spensi la luce
raggiunsi all’entrata gli altri
e, poco prima che alle nostre
spalle si richiudesse la porta,
fummo investiti da un’intensa
raffica di colpi. Agli aggressori
la porta era parsa ormai chiusa, e credettero di inchiodarci
tutti sul posto, con il fuoco incrociato, poi rivelatosi quello
di varie armi, fra le quali la
famigerata mitraglietta skor-
pion che già tanti delitti aveva
compiuto, mossa da mani assassine. Fummo, appunto, investiti da quella raffica di colpi,
e venni letteralmente scaraventato all’interno, tanto che
mi ritrovai sul pavimento, e
dopo un attimo di panico, miracolosamente riuscii a sbattere la porta blindata, mentre
all’esterno voci imprecavano
per non essere riusciti pienamente nel vile intento di
ammazzarci tutti.
D’altronde erano giorni difficili, l’ho già accennato, giorni
in cui la parte avversa restava
solitamente impunita, e urlava
tronfia lo slogan che all’epoca
imperava: “uccidere un fascista non è reato”.
All’interno della sede, ci eravamo, come per istinto, sdraiati in terra, al buio, ma non
eravamo tutti illesi…Enzo sanguinava copiosamente… e
qualcuno di noi mancava all’appello: avevo negli occhi
Franco, sbalzato in aria dalla
potenza d’urto dei proiettili
che lo avevano colpito.
Era caduto e non l’avevo visto
rialzarsi. Riaccesi la luce, e
percepimmo l’enormità di
quello che stava accadendo.
La mostruosità di quanto era
accaduto. Si vedevano scivolare verso l’interno, rivoli di
sangue, che entravano da sotto la porta, eppure, mai e poi
mai, con la incoscienza dei
miei, dei nostri venti anni,
avemmo ad immaginare, in
quei pochi attimi che furono
necessari perché riaprissimo
la porta, quel che ci saremmo
trovati davanti.
Le foto inedite del biglietto lasciato da Franco Ciavatta e dello striscione affisso dopo la strage
Rimanemmo attoniti, quando,
usciti in fretta, dovemmo
bloccarci all’unisono, vedendo il corpo esanime di Franco Bigonzetti, riverso, inerme, crivellato di colpi, disarmato, come tutti noi, davanti all’agguato di vigliacchi
ancora senza nome. A 38
anni di distanza.
In quel momento non potevamo esserne ancora pienamente consapevoli, ma stavamo muovendo i primi passi
in un mondo che non sarebbe
mai più tornato ad essere
quello che era, o sembrava,
“prima”. Eravamo come so-
spesi in un tempo senza tempo, come assistessimo dall’esterno a scene in cui vedevamo noi stessi muoverci,
e qualcuno di noi non muoversi più, restare esanime, al
suolo. Sembrava un incubo,
una situazione irreale, era
come non riuscissimo a ren-
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Giovedì 7 gennaio 2016
PRIMO PIANO
La bara di Bigonzetti portata a spalla
derci conto che, quello che
era avvenuto, era avvenuto
veramente, non era un film,
ma una terribile realtà. Sentimmo chiamarci dal primo
piano del palazzo soprastante
la sede, da una voce concitata
ed atterrita: una signora ci
disse che un altro ragazzo
era a terra, dall’altra parte
della rampa di scale, verso
via delle cave.
Mi mossi più veloce che potei,
con un nodo in gola ed un
buco nello stomaco, saltai i
gradini a grandi balzi, e mi
ritrovai sul marciapiede…
Franco Ciavatta era lì, steso,
sofferente, il mio inseparabile
amico e camerata aveva bisogno di me: “aiutami Maurì
me brucio tutto dentro”, così
mi disse, con una voce flebile,
risoltasi in un sussurrìo. Gli
avevano sparato, e sparato
ancora, non paghi di averlo
ferito, vollero ucciderlo. Lo
presi fra le braccia, chiamammo un’ambulanza … finchè
l’ambulanza non arrivò, continuai a parlargli, tentando di
celare il mio smarrimento, tenendolo stretto in un abbraccio fraterno, sul mio cuore. E
non si è mai mosso, infatti,
dal mio cuore. Né lui, né gli
altri Nostri Caduti, di quegli
anni, molti dei Quali Amici
miei.
Morirà in ospedale, Franco,
al San Giovanni, poco dopo
il ricovero, per una “emorragia
causata da arma da fuoco”.
E’ quel che scrissero, ma non
rende l’idea della sua sofferenza, della sua morte e della
nostra Perdita.Né di quel che
sarebbe seguito. La reazione
fu veemente e militanti accorsero in via Acca Larentia,
dove lo sbigottimento seguiva
l’angoscia con cui si arrivava,
ed a questo, si sostituiva man
mano l’indignazione, incanalandosi, fino a quel momento,
in una presenza militante che
andava a dare il via ad una
manifestazione spontanea, ed
un corteo cominciava a muoversi, ma il fato avverso non
era ancora sazio.
Qualcuno degli operatori del
mondo dei mass media gettò
una cicca di sigaretta nel sangue versato, che neanche si
era rappreso, era ancora fresco. E, comprensibilmente,
l’indignazione crebbe, cominciò a rumoreggiare … Evidentemente non tutti coloro
preposti al controllo della situazione avevano il controllo
di se stessi e delle proprie
azioni, oppure erano stati impartiti ordini precisi, da ese-
guire. Non posso saperlo, ancora adesso mi domando
quando potrò, potremo, accedere alla verità, ma sta di
fatto che un colpo sparato
dalla pistola che, fu detto, aveva in mano il Capitano dei
Carabinieri, Sivori, attinse in
piena fronte Stefano Recchioni, 19 anni, militante di un’altra
storica sezione del M.S.I e
chitarrista del gruppo di musica alternativa “Janus”. Sarebbe dovuto partire all’indomani, per vestire la divisa
dei “parà”, morirà, invece,
dopo due giorni di agonia.
Ed all’indignazione seguì la
rabbia.
Ero completamente ricoperto
del sangue di Francesco Bigonzetti, quando rientrai a
casa solo per lavarmi e cambiarmi, poi, contro il parere
dei miei, tornai ad Acca La-
rentia, ancora camminando
come in una situazione fuori
della realtà, dove, però, cominciai lentamente, inesorabilmente, a calarmi, assumendo piena e compiuta consapevolezza di quel che era accaduto, e del nel dolore immenso che mi si propagava
dentro.
Una ferita mi si era aperta,
una ferita che non si sarebbe
potuta richiudersi mai più.
Una ferita per una intera comunità militante, un trauma
scolpito maledettamente nella mia, anzi nella nostra psiche di ragazzi ventenni. Affiggemmo uno striscione fuori la sede, con una scritta
che è rimasta impressa nella
mia mente: “LA LIBERTA'
PUO' MORIRE A 20 ANNI!
GRAZIE DC!”...
Sono passati tanti anni, troppi
anni …trentotto anni. E non ho
mai smesso di lottare, lottare
per quei valori per quegli
ideali che vorrei trasmettere
alle nuove generazioni per
mantener vivo il ricordo, e la
speranza. Ho dedicato ogni
giorno della mia vita, da allora
fino a che Dio vorrà, per Loro,
che quel giorno passarono
sulla riva di un altro mare.
Anche quest’anno, la nostra
comunità, doverosamente fuori da ogni ipocrisia ed ogni
retorica, rinnoverà ed onorerà
la Memoria di FRANCO,
FRANCESCO e STEFANO
con un Rito religioso, in Roma,
questa sera, presso la Cripta
dei Sette SS. Martiri Fondatori
di Piazza Salerno, alle ore
18,00. Sarà anche un’occasione per ritrovarsi e e sentire
che, come sappiamo, sono al
nostro fianco.
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Giovedì 7 gennaio 2016
ATTuALITA’
L’EX CAPO DELLO STATO: “GUAI A FAR SALTARE SCHENGEN”. E IL LEADER DELLA LEGA LO ZITTISCE: “ANCORA PARLI?”
Salvini a Napolitano: “Taci”
Il segretario della Lega, dopo i fatti di Colonia, torna a promuovere la castrazione chimica
RIFORME COSTITUZIONALI
Storace: “Al referendum un no
contro chi ha negato la sovranità”
di Marco Zappa
Taci”. Salvini entra in tackle
su Napolitano e lo zittisce dopo
l’intervista rilasciata dall’ex
capo dello Stato al Corriere
della Sera. In cui il presidente
emerito della Repubblica italiana ha
indicato la via al premier Renzi sull’annoso tema dell’immigrazione, lanciando
un vero e proprio diktat: “Guai a far
saltare l’accordo di Schengen, a ristabilire confini nazionali e ad erigere
muri. E ancora; a mettere a rischio la
conquista storica della libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione Europea. Apprezzo che il ministro
Alfano smentisca l’ipotesi di una nostra
chiusura delle frontiere con la Slovenia.
Bisogna soprattutto fermare altri su
questa china”.
Dichiarazioni che non sono affatto pia-
“
ciute al segretario del Carroccio, che
su facebook attacca: “Sì, Giorgio. Lasciamo fare, facciamoci invadere, rapinare, cancellare. Ha ancora il coraggio
di parlare, dopo tutti i danni che ha
fatto? NAPOLITANO – la chiusura tutta
in maiuscolo che sui social equivale
ad alzare la voce - per cortesia taci”.
Un attacco frontale, con le stesse parole
usate nei confronti del senatore a vita
già il 15 luglio 2013. Il giorno dopo l’esplosione del caso Calderoli-Kyenge,
per via delle frasi del senatore leghista
che paragonava l’allora ministra per
l’Integrazione a “un orango”. Con Napolitano che, tanto per fare una cosa
nuova, s’era mostrato “indignato” per
l’accaduto. Beccandosi immediatamente
la dura critica di Salvini: “Io mi indigno
con chi si indigna. Taci, che è meglio”.
E siamo a due!
Ma il leader della Lega pure durante la
festa della Befana è implacabile. E a
proposito di immigrati, propone la “castrazione chimica per quella centinaia
di schifosi che hanno aggredito e violentato decine di donne in Germania
durante la notte di Capodanno”. Che
oltre all’arresto – secondo Salvini - dovrebbero subire anche quel trattamento
previsto in molti stati europei (e non
solo) dedicato a stupratori e pedofili.
“Tocchi una donna o un bambino? Zac!
E non lo fai più”.
Il segretario del Carroccio torna a lanciare l’ipotesi di castrazione per gli autori di violenze sessuali, sollevando la
solita indignazione di molti esponenti
della sinistra italiana che probabilmente
dimenticano come pure Walter Veltroni
in passato si sia mostrato favorevole a
questo trattamento salvo poi rimangiarsi
tutto dietro le rimostranze dei suoi compagni di partito.
apolitano torna in campo
e porta con sé le parole
d’ordine che hanno abbondantemente contrassegnato
il suo mandato quirinalizio.
Riforme, quindi, in tutte le
salse: e ora che ci si prepara
al referendum più importante
del 2016, quello per avallare le
modifiche alla Costituzione volute dal premier Renzi e dalla
ministra Boschi, l’attuale senatore a vita ha già detto che
si schiererà con forza per il sì.
C’è però tutto un popolo con
cui fare i conti e se ne vuole
già far portavoce Francesco
Storace, segretario nazionale
de La Destra. Che con un tweet
ha già scelto la sua parte di
campo, diametralmente opposta
N
a quella dell’ex presidente e del
premier che egli stesso ha nominato senza passare dalle elezioni (come già fece per Mario
Monti prima ed Enrico Letta
poi). "Napolitano per il Sì al referendum Renzi sulle riforme.
INDEGNAMENTE, voteremo No
anche contro chi ha negato la
sovranità popolare all'Italia".
Come mai quell’indegnamente
“urlato” secondo la netiquette?
Un rimando all’altra grande faccenda del vilipendio: proprio il
giudizio politico di indegnità fu
alla base delle vicissitudini da
reato d’opinione in cui Storace
è incappato. Vicissitudini che
peraltro, nel silenzio e nella distrazione generali, non sono
ancora terminate.
R. V.
L’INCHIESTA SUL COMUNE DI QUARTO E LE INEQUIVOCABILI INTERCETTAZIONI TELEFONICHE
Il M5S scopre il suo “mondo di mezzo”
Il sindaco Rosa Capuozzo
occare Renzi non porta bene al Movimento
5 Stelle. Che da quando ha aperto un canale
di dialogo “nazareno” col Pd sulla Corte Costituzionale, con tanto di deputati democratici e
grillini promessi sposi in vista delle unioni civili,
continua a ricevere macchie sull’immagine di immacolata formazione costruita dal blog. Ecco allora
che l’affare di Quarto, a Napoli, si aggrava e la
T
pubblicazione delle intercettazioni telefoniche
che fanno da base all’inchiesta sui contatti tra affaristi in odor di camorra e l’amministrazione pentastellata getta nuove ombre sul personale politico
che il movimento anti-casta arruola in giro per l’Italia. Ed anche se l’inchiesta è appena all’inizio,
sono le modalità stesse che emergono delle telefonate a svelare una arroganza assai forte del
mondo imprenditoriale che si teme possa essere
legato alla malavita organizzata nei confronti del
mondo politico.
A parlare, in conversazioni pubblicate da La
Stampa, è l’uomo sospettato di avere legami con
il camorrista dei Polverino, Alfonso Cesarano. In
città c’è il ballottaggio e l’indicazione arriva perentoria: occorre votare il candidato a sindaco
dei Cinque Stelle, Rosa Capuozzo:“Adesso si deve
portare a votare chiunque esso sia, anche le
vecchie di ottant'anni. Si devono portare là sopra,
e devono mettere la X sul Movimento 5 Stelle”.
Perché in ballo ci sono già accordi precisi. “L’as-
sessore glielo diamo noi praticamente. E lui ci
deve dare quello che noi abbiamo detto che ci
deve dare. Ha preso accordi con noi. Dopo, così
come lo abbiamo fatto salire così lo facciamo cadere”.
Dal Pd in molti hanno colto, dalla Serracchiani
alla Bonafé, l’occasione per cercare di recuperare
voti nell’elettorato grillino deluso. Tanto che persino
uno come Matteo Orfini, presidente del partito e
commissario dello stesso a Roma, s’è svegliato:
“Quando segnalai che a Ostia i clan inneggiavano
al M5S, Di Maio disse che mi dovevano ricoverare.
Lo disse da Quarto, dove la camorra vota M5S”.
Che a sua volta ha replicato ribadendo che il movimento “ha espulso De Robbio (l’uomo di fiducia
di Cesarano nell’amministrazione, ndr) prima ancora che fosse indagato ed oggi è parte lesa. Fa
francamente ridere che sia il Pd, che con la mafia
ci è andato a braccetto finora, a ergersi a cattedra
morale della politica. Abbia la decenza di restare
in silenzio”.
R.V.
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n° 286 del 19-10-2012
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Giovedì 7 gennaio 2016
ATTuALITA’
IL PERICOLO JIHADISTA SBARCA IN ITALIA
Acque agitate nel porto di Genova
Altri sette libici arrestati a bordo di auto sospette. Si profila un traffico per finanziare gruppi islamici
di Robert Vignola
ltri sette cittadini libici sono stati
fermati nel porto di Genova ed
espulsi perché i loro documenti
sembravano non essere perfettamente in regola. I primi cinque
sono stati fermati in mattinata e reimbarcati
dalla polizia sul traghetto Tanit dal quale erano
appena sbarcati, a bordo di cinque auto, provenienti da Tunisi; altri due, ognuno a bordo
di un'auto, erano invece scesi nel pomeriggio
dall'Excellent. Proprio le auto, secondo il pm
Pier Carlo Di Gennaro, farebbero sospettare
che ci sia un traffico di veicoli tra la Libia e l'Italia. Non solo affari illeciti, però: il sospetto è
che lo scopo sia quello di finanziare gruppi
vicino al fondamentalismo islamico.
Gli uomini, che hanno detto di essere businessmen diretti genericamente nel Nord Europa, viaggiavano su due Toyota Landcruiser,
due Hyundai 3000 V6 e una Hyundai i35 identica alle tre sequestrate domenica sera. In
questo caso i documenti delle auto sembrano
regolari, ma mancavano sui passaporti i visti
regolari per l'Italia dei tre uomini. I poliziotti
hanno sospettato manomissioni e il pm ha firmato quindi il provvedimento di espulsione
immediata: la nave è già ripartita, mentre i
controlli si spostavano sulla Excellent, da cui
sono scesi altri due libici irregolari a loro
volta espulsi.
Proprio oggi saranno invece interrogati nel
carcere di Marassi dal gip Cinzia Perroni i tre
libici arrestati domenica sera mentre sbarcavano a Genova da Tunisi con auto identiche
rubate e trovati in possesso di foto inneggianti
all'Isis. Il pm Pier Carlo Di Gennaro ha inoltrato
A
al giudice la richiesta di convalida dell'arresto
e di applicazione della misura cautelare in
carcere. Secondo il pubblico ministero, i tre
devono restare in carcere perché ci sarebbero
"aspetti di potenziale contiguità con gruppi
terroristici internazionali" e i libici "potrebbero
essere finanziatori e fiancheggiatori di cellule
terroristiche".
Altro inquietante particolare, i giudici intendono
estendere le indagini all’Italia. Secondo gli
inquirenti, infatti, i libici non potevano non
avere una sponda a Genova, qualcuno che li
aspettasse per fornire loro i documenti per
le auto. Le tre Hyundai bianche, identiche,
erano prive di assicurazione e senza regolari
documenti di immatricolazione, per cui una
volta sbarcate non avrebbero potuto mettersi
in marcia e andare molto lontano. Il sospetto
degli investigatori è che il contatto fosse
proprio in porto o comunque non lontano dal
Terminal Traghetti.
AMMINISTRATIVE ALLE PORTE IN CENTRI IMPORTANTI DELLA REGIONE: C’È IL RISCHIO TRASVERSALISMO
Calabria, grandi (e oscure) manovre nel centrodestra
a turbolenta Sicilia, con travasi da un partito all’altro
di signori delle tessere, consiglieri regionali e via dicendo,
non è un caso isolato. Il salto del
fosso sembra anzi essere uno
sport che vede alcuni valenti praticanti anche nella vicina Calabria.
La lente d’ingrandimento nelle
ultime settimane si è infatti spostata su Giuseppe Graziano, personaggio particolarmente in vista
nel centrodestra, divenuto consi-
L
gliere nelle scorse elezioni regionali (non un’era fa, ma tredici
mesi fa, nel novembre 2014) nella
lista denominata “Casa delle Libertà” a sostegno di Wanda Ferro.
Elezioni che hanno dato come
noto la vittoria a Gerardo Mario
Oliverio, portabandiera del centrosinistra.
Ora Graziano, nel frattempo divenuto Segretario questore del
Consiglio regionale della Calabria, nelle settimane scorse ha
lanciato un nuovo progetto politico-culturale, denominato “Il coraggio di cambiare l’Italia”. E proprio Oliverio è stato tra coloro che
lo hanno tenuto a battesimo “Perché – ha detto – rappresenta un
nuova occasione di partecipazione
alla vita politica da parte dei cittadini. A prescindere dai colori e
dalle connotazioni partitiche. Del
resto, la nascita di un movimento
è sempre un lieto evento. Lo è ancora di più quella del Coraggio
di Cambiare, poiché ritengo sia
un’iniziativa importante”.
Lo schema, sempre con consigliere
regionale (di opposizione, fino a
prova contraria) e presidente si è
tenuto a Cosenza, poi a Lamezia.
Strano per uno come Graziano che
appena ad ottobre scorso ha ingaggiato una furibonda battaglia
per il rinnovamento interno a Forza
Italia, quindi contro la coordinatrice
regionale Jole Santelli, uscendone
vincitore, e cioè con una carica
da coordinatore provinciale di Cosenza in tasca.
In molti si chiedono cosa significhino questi dialoghi così serrati
con il massimo esponente politico-amministrativo del centrosinistra calabrese, anche perché il
2016 è arrivato e con esso si avvicinano importanti scadenze elettorali, tra cui proprio il voto a Cosenza, ma anche Cassano e Rossano. Evidentemente i movimenti
vanno seguiti da vicino e c’è già
chi, nel panorama del combattivo
centrodestra regionale, ha messo
le manovre di Graziano (e non
solo le sue) nel mirino.
R. V.
DA PATRIZIA MORETTI SOLIDARIETÀ ALLA SORELLA DI STEFANO E A QUELLA DI GIUSEPPE UVA
Caso Cucchi, la mamma di Aldrovandi:
“Pure io oggi pubblicherei la foto degli agenti”
Altre polemiche incandescenti su una vicenda che continua a far discutere, nel silenzio di Alfano
ure la mamma di Federico Aldrovandi, il diciottenne morto a Ferrara per le percosse
ricevute durante un controllo di polizia
all’alba del 25 settembre del 2005, Patrizia Moretti,
pubblicherebbe oggi le foto degli agenti indagati
(e poi condannati) per la morte del figlio. E’ la
stessa donna a scriverlo a chiare lettere sui social
network, dopo le infinite polemiche scatenatesi
per lo scatto messo online dalla sorella di Stefano
Cucchi prima e da quella di Giuseppe Uva poi. “A
suo tempo – l’ammissione – non ho pubblicato
le immagini dei poliziotti ma con l’esperienza di
oggi lo avrei fatto anche io”.
Ma i casi vanno ben distinti. Perché per quel
P
violento pestaggio di quel giovane ragazzo emiliano
sono stati condannati – con pene davvero irrisorie
pari a 3 anni e 6 mesi di reclusione - quattro
agenti con sentenza definitiva. Mentre per l’incredibile e assurdo caso Cucchi, con la verità che
dopo anni di vergogne, omissioni e omertà sta finalmente venendo a galla, per il momento sono
arrivati “solamente” cinque avvisi di garanzia. E
al di là delle convinzioni personali di ognuno di
noi, non siamo “approdati” nemmeno alla richiesta
di rinvio a giudizio degli indagati. Per questi
motivi, per le persone finite sotto inchiesta vale
sempre quel famoso principio secondo cui nessuno
è colpevole fino a prova contraria.
Nemmeno dopo il timbro finale della Cassazione,
arrivato il 21 giugno 2012, con i giudici della
Suprema Corte che hanno confermato la condanna
di primo e secondo grado “per eccesso colposo
nell’uso legittimo delle armi” da parte degli imputati,
la mamma di Aldrovandi ha esposto al pubblico ludibrio i colpevoli della morte di suo figlio. E questo
è un dato di fatto. Anche se adesso la donna spiega
che col senno del poi si sarebbe comportata allo
stesso modo di Ilaria Cucchi e di Lucia Uva (sorella
di Giuseppe, morto nel 2008 in ospedale a Varese
dopo essere stato fermato perché ubriaco da
poliziotti e carabinieri e portato in caserma, per un
caso che ancora grida giustizia), modificando in
parte quanto rilasciato poche ore prima sulle colonne
della Stampa. In un’intervista in cui non mancava
di sottolineare il sostegno alla Cucchi, spiegando
però “che forse si sarebbe potuti arrivare allo stesso
scopo mettendo una immagine in divisa, perché
quella è un po’ troppo privata”.
La cosa certa è che la faccenda sta sfuggendo un
po’ di mano a tutti. Da una parte il dolore sicuramente giustificato delle famiglie di quei giovani
ragazzi che alla vita ancora tanto avevano da
dare. Dall’altra le critiche dei maggiori quotidiani
italiani che hanno rimproverato aspramente la
mossa della Cucchi. Passando per il linciaggio
mediatico nei confronti di carabinieri sotto inchiesta
fino ad arrivare alle fortissime dichiarazioni di
molti esponenti di primo piano della politica
italiana che non hanno fatto altro che gettare ulteriore benzina sul fuoco. Il tutto nel silenzio del
premier Renzi e del ministro dell’Interno Angelino
Alfano, invitato – vanamente – a intervenire. Per
provare a sedare gli animi bollenti di tutti, in
queste battaglie che vanno condotte soprattutto
all’interno di aule di giustizia.
6
Giovedì 7 gennaio 2016
ESTERI
SU UNA CITTÀ FERITA DAGLI ABUSI DI CAPODANNO INCOMBE IL CARNEVALE. E IL SINDACO DI SINISTRA DERAGLIA
Donne europee in“libertà vigilata”
Henriette Riker alle sue concittadine: “Tenete un comportamento più consono”
Barbara Saltamartini: “Ma femministe e governo italiano hanno qualcosa da dire?”
di Cristina Di Giorgi
on si fermano le discussioni per il Capodanno
da incubo di Colonia.
Dopo quanto accaduto
nella cittadina tedesca infatti, con decine di donne che durante
i festeggiamenti nella notte di San
Silvestro hanno subito aggressioni
sessuali, scippi e molestie di vario
genere mentre si trovavano in particolare nella piazza tra la Stazione e
il duomo, si alternano in queste ore
dichiarazioni e commenti che fanno
discutere. E non poco.
A proposito della ricostruzione dei
fatti, le forze dell’ordine hanno reso
noto che i responsabili erano circa
un migliaio “imbottiti di alcool e
senza più freni e controlli”che prima
hanno scatenato il panico sparando,
anche ad altezza d’uomo, enormi
quantità di fuochi d’artificio e poi si
sono dispersi in piccoli gruppi, che
si sono dedicati alla “caccia” alle
donne. Ed in tale contesto hanno
compiuto “pesanti delitti sessuali di
una dimensione completamente nuova”, ha dichiarato il capo della polizia
di Colonia in conferenza stampa. Aggiungendo poi che il numero delle
denunce presentate, tutte relative a
reati a sfondo sessuale, aumenta di
ora in ora. Criminalità comune? A
quanto pare sembra di no, dato che
N
– dice ancora la polizia – i presunti
colpevoli sono stati descritti dalle
vittime come “uomini dall’aspetto
arabo o nordafricano”. Oltretutto
sembra che situazioni analoghe, pur
se di dimensioni minori, si siano verificate anche in altre città tedesche.
Dal canto suo il cancelliere Angela
Merkel ha chiesto una dura risposta
da parte delle istituzioni ed ha telefonato al sindaco di Colonia Henriette Reker, esprimendole il suo
sdegno per “le disgustose violenze
e chiedendo che venga fatto ogni
sforzo per indagare e condannare
al più presto i colpevoli, senza riferimento alla loro origine”. Il primo
cittadino, nota per il suo impegno
pro-rifugiati (che durante la campagna elettorale le era costato l’aggressione da parte di un estremista
anti immigrazione), ha riunito un’unità
di crisi con i responsabili delle forze
dell’ordine, anche per discutere delle
misure da prendere in occasione
del Carnevale, per il quale in città
sono attesi un milione di visitatori.
Nel corso di una conferenza stampa,
la Reker ha voluto sottolineare che
“non c’è la minima indicazione che
tra i colpevoli vi siano profughi attualmente ospitati nei centri della
città, ogni supposizione in tal senso
è assolutamente inattendibile”. Oltre
a tale dichiarazione, che sembra
voler negare ad ogni costo l’evidenza
delle testimonianze delle vittime
delle violenze, il sindaco di Colonia
ha aggiunto, in particolare per quanto
riguarda il Carnevale (celebre per
essere particolarmente “sopra le righe”), una raccomandazione alle
donne a tenere, nell’occasione, “un
comportamento più adatto”. Ovvero
“tenersi a distanza dagli sconosciuti
e restare in gruppo”. Suggerimenti
questi che, stando ai numerosissimi
commenti negativi ricevuti, sono apparsi ai più quasi come un modo
per scaricare sulle donne la responsabilità delle aggressioni. Alle quali
avrebbe potuto e dovuto invece rispondere semplicemente rafforzando la sicurezza e portando di fronte
alla giustizia i responsabili. Come
richiesto, tra l’altro, dai cittadini (circa
300 persone) che ieri sera si sono
riuniti per una manifestazione spontanea di fronte al duomo di Colonia
con uno striscione con su scritto
“Nessuna violenza contro le donne”.
Quanto alle indagini sembra comunque che la polizia si stia dando da
fare: sarebbero infatti stati identificati
in queste ore (ma non ancora arrestati) alcuni sospetti, dei quali non è
stata però resa nota l’identità. Forse
– ed il sospetto appare più che legittimo – per evitare di confermare
che si tratta di immigrati e non gettare
benzina sul fuoco della già accesa
polemica sull’immigrazione.
Su quanto accaduto a Colonia a
livello internazionale sembra che la
tendenza sia quella di parlarne il
meno possibile. “Decine di donne
sono state vittime di abusi e violenze
da parte di un migliaio di immigrati
nordafricani. La condanna – ha dichiarato in proposito Barbara Saltamartini, vice presidente dei deputati
della Lega Nord Noi con Salvini –
dovrebbe essere corale. E invece il
silenzio delle nostre femministe, della
Presidente Boldrini, del Governo
Renzi e di tutto il Pd è assordante e
vergognoso”.
CAOS MIGRANTI: ENNESIMO VERTICE A BRUXELLES
Schengen a rischio: la Scandinavia non molla
Stoccolma e Copenaghen tengono il punto e la Germania chiede maggiori controlli alle frontiere esterne
UCRAINA – RUSSIA
di Robert Vignola
i è svolto ieri, a Bruxelles, un vertice
straordinario sulla questione migranti. L’ennesimo incontro in cui le
istituzioni europee hanno cercato di dire
la loro, lanciando però segnali contrapposti, da leggere in controluce. La riunione, annunciata dal commissario europeo per i migranti Dimitris Avramopoulos, era stata convocata con i rappresentati di Svezia, Danimarca e Germania, dopo che i due Paesi scandinavi
avevano annunciato la reintroduzione dei
controlli di identità alle frontiere, in deroga
con quanto previsto dal trattato di Shengen
sulla libera circolazione delle persone.
Abbiamo tutti “concordato che Schengen
deve essere salvaguardata” e che “le
misure messe in atto saranno mantenute
per lo stretto necessario”, e cioè “fino a
quando ci sarà una riduzione dei flussi”
ha detto Avramopoulos dopo la riunione
in una conferenza stampa congiunta.
Andando poi nel dettaglio della posizione
dei singoli Paesi, la Danimarca ha “ripristinato i controlli ai confini” ma senza
introdurre “l'obbligo di controllo dell'identità dei passeggeri per le compagnie
di trasporti”, come ha precisato il ministro
all'Immigrazione Inger Stojberg. Che ha
poi aggiunto: “Lo faremo se necessario”.
Da canto suo Ole Schroeder, segretario
di Stato agli Affari interni della Germania
(coinvolta in quanto condivide una frontiera con la Danimarca), ha richiamato
la necessità di applicare le misure Ue,
La doppia gaffe
della Coca Cola
D
S
sottolineando che “il controllo delle frontiere esterne non funziona”. Il riferimento
è tutto al confine tra Turchia e Grecia,
con tanto di lamentele perché “le registrazioni non vengono fatte”, non vengono
raccolte le impronte digitali e “i ricollocamenti (rimpatri, ndr) non vanno avanti”.
Quanto alla Svezia, Stoccolma chiede
invece l'applicazione del “principio di
Dublino” e “delle misure per rallentare
il flusso su quella che è diventata un'autostrada” (la rotta balcanica), oltre al
rafforzamento delle frontiere esterne. Il
ministro Johansson sottolinea poi: “Siamo
il Paese che per anni ha preso il numero
più alto di profughi pro capite. Ne sono
arrivati 115mila solo negli ultimi 4 mesi,
e 26mila minori non accompagnati. Non
possiamo tornare a questo. Occorre lavorare assieme per salvaguardare le regole”.
Una voce fuori dal coro? Quella del presidente della Cei Angelo Bagnasco: "Non
c'è muro che possa fermare questa marcia dei popoli dal sud verso il nord del
mondo o della moltitudine di poveri, di
coloro che vivono drammi di guerra e
di violenza, di persecuzione per la fede,
verso Paesi che si spera possano offrire
un domani migliore e una libertà più
vera". Anche se per ora c’è un oggi peggiore e un’esportazione della violenza
e di persecuzione verso gli europei. Colonia docet.
oppia gaffe per
la Coca Cola, che
in una cartolina
augurale per le festività
di inizio anno, diffusa
in rete, ha pubblicato
una cartina della Federazione Russa senza
la Crimea, sollevando
un vespaio di polemiche e proteste soprattutto tra i cittadini russi.
Per riparare all’errore, l’azienda
ha quindi cambiato l’immagine,
aggiungendo questa volta la regione precedentemente dimenticata. Ad arrabbiarsi però, e
neanche poco, questa volta sono
stati gli ucraini, che considerano
quel territorio illegalmente occupato dai russi.
“Non appoggiamo alcun movimento politico – ha dichiarato
la multinazionale in un comunicato – e ci scusiamo per la situazione che si è verificata”, precisando poi che la mappa era
stata modificata da un’agenzia
pubblicitaria senza che la Coca
Cola avesse dato la sua approvazione. Il post incriminato è
comunque stato rimosso dall’azienda americana.
Sulla questione, oltre alle proteste
e minacce di boicottaggio dei
singoli utenti, era intervenuta
anche l’ambasciata ucraina negli
Usa, sottolineando che “le azioni
di Coca-Cola violano la posizione
ufficiale degli Stati Uniti di condanna all'occupazione illegale
da parte della Russia della Crimea, che è sempre stata parte
dell'Ucraina”.
CdG
7
Giovedì 7 gennaio 2016
ESTERI
COREA DEL NORD
Pyongyang:“Abbiamo la bomba all’idrogeno”
L’annuncio del test termonucleare ha suscitato una serie di reazioni a livello internazionale
di Cristina Di Giorgi
yongyang ha reso noto di aver
effettuato con successo, mercoledì 6 gennaio, esperimenti
termonucleari con bombe all’idrogeno. Poco prima era stato
rilevato un terremoto di magnitudo 5.1
(con epicentro a 49 chilometri da Kilju,
area dei test nucleari nordcoreani), avvertito anche negli Stati vicini, che gli
esperti sismologhi di Seoul hanno identificato come di origine artificiale e potrebbe dunque essere stato provocato
proprio dall’esplosione.
La notizia dell’esperimento è stata diffusa
ieri dalla televisione nordcoreana di regime (mancano conferme di fonti indi-
P
pendenti), alla quale una conduttrice del
telegiornale ha letto un breve comunicato
ufficiale: “Il primo test con la bomba all'idrogeno della repubblica è stato condotto con successo alle 10 del mattino”
recita la nota. In cui si specifica poi che
si è trattato di un ordigno “miniaturizzato”,
che eleva la potenza nucleare del Paese
“al livello successivo” e fornisce a
Pyongyang un’arma per difendersi dai
propri nemici. “Se non ci saranno violazioni della nostra sovranità non useremo
l’arma nucleare” hanno fatto sapere in
proposito le autorità nordcoreane.
E anche se, come sostenuto dall’intelligence di Seul, la bomba potrebbe essere
“semplicemente” atomica e non all’idrogeno (molto più potente e difficile
da realizzare), resta il fatto che nel caso
in cui gli esperti internazionali confermeranno che il test è stato effettivamente
portato a termine (i tempi in proposito
si annunciano piuttosto lunghi), si aprirebbero nella regione nuovi scenari di
tensione. Che oltre al peggioramento
dei già non proprio distesi rapporti della
Corea del Nord con gli Stati confinanti,
potrebbe portare anche ad un inasprimento nei confronti di Pyongyang delle
sanzioni internazionali.
Quanto ai Paesi vicini, il Giappone e la
Corea del Sud hanno immediatamente
denunciato l’accaduto. Il ministero degli
Esteri di Pechino a sua volta ha dichiarato
di opporsi con fermezza al test ed ha
predisposto l’evacuazione di alcuni residenti cinesi dai territori di confine. La
Casa Bianca ha dal canto suo fatto sapere
che risponderà “in modo adeguato ed
incisivo” alle provocazioni. Reazioni decise sono poi arrivate anche dai governi
europei: “Se le notizie sono vere – ha
dichiarato il ministro degli Esteri britannico Hammond - allora si tratta di una
grave violazione delle risoluzioni dell’Onu
e una provocazione che condanniamo
senza riserve”. Su questa stessa linea
anche il presidente francese Hollande,
che chiede “una reazione forte della
comunità internazionale”. In attesa di
ulteriori verifiche è intanto comunque
stata convocata, a New York, una riunione
a porte chiuse del Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite.
GERMANIA
Berlino: pacco sospetto
nell’ufficio di Angela Merkel
e forze dell’ordine hanno
isolato e chiuso al traffico
l’area di accesso principale della Cancelleria tedesca
a Berlino, in cui hanno sede
gli uffici di Angela Merkel. Il
provvedimento è stato preso
in seguito al ritrovamento di
un pacco sospetto nei pressi
dell’ingresso del palazzo.
Stando a quanto riferito da
alcuni testimoni, si tratta di
quattro casse postali gialle
di plastica, lasciate davanti
all’edificio: “erano le otto
di mattina quando, durante
un controllo di routine, abbiamo trovato qualcosa di
sospetto” aveva detto un por-
L
tavoce della polizia.
L’allarme sembra essere rientrato dopo alcune ore. Fonti
interne alle forze dell’ordine
hanno infatti dichiarato in proposito - riferisce la Reuters che “nel plico non c’era nulla”
e che le indagini sono comunque in corso. Secondo quanto
riportato dalla Bild, mentre
venivano effettuati i controlli
e le verifiche necessarie, i dipendenti della Cancelleria ed
anche la Merkel sono rimasti
all’interno dell’edificio, nel
quale poco dopo si è svolto,
come da programma, la prevista riunione del Consiglio
dei ministri.
CdG
STATI UNITI
Obama e la nuova legge sulle armi
Il presidente presenta il decreto. Ma la reazione contraria dei repubblicani è immediata ed unanime
ATENE
Razzismo anti-arabo
su un volo verso Israele
I passeggeri ebrei: “Fateli scendere o non si parte”
a suscitato non
poche polemiche
il caso di razzismo anti arabo verificatosi lunedì sera all’aeroporto della capitale ellenica. Ne ha dato
notizia il giornale israeliano Haaretz, che ha raccontato
nell’edizione on line i dettagli
dell’episodio che ha visto i passeggeri ebrei del volo Atene –
Tel Aviv della Aegean Airlines
costringere due uomini di etnia
araba a lasciare l’aereo. La rivolta, che ha impedito il decollo
del volo ritardando la partenza
di alcune ore, è scoppiata quando “alcuni passeggeri israeliani
– riferisce la stampa - hanno
notato che a bordo c’erano due
persone dall’aspetto arabo e
hanno deciso che questo metteva a rischio la sicurezza del
volo”. Si sono dunque alzati in
piedi chiedendo che i due fossero fatti scendere.
Il comandante ha a quel punto
chiamato la polizia, che ha effettuato ulteriori verifiche sui
H
documenti dei due. Nonostante
i controlli non abbiano dato
alcun riscontro, le proteste non
sono cessate. I due passeggeri
arabi hanno quindi accettato
volontariamente di lasciare l’aereo. La compagnia li ha ringraziati pubblicamente per la loro
disponibilità e ha offerto loro
una notte in hotel. A bordo
però la situazione non si è calmata: i passeggeri rimasti “hanno proseguito le proteste chiedendo un’ispezione ulteriore del
velivolo. Il comandante è intervenuto dicendo che se avevano
timori per la sicurezza potevano
anche scendere, ma avrebbero
perso il diritto al rimborso. A
questo punto si sono calmati,
seduti ai loro posti e l’aereo è
potuto partire”.
St.Sp.
di Stella Spada
n bambino di 6 anni è finito sulla
Deemed high profile (Dhp), la lista
nera stilata dai responsabili della
sicurezza canadese in cui sono indicate
persone potenzialmente pericolose, a
cui non è consentito salire su un aereo.
L'errore è subito divenuto un caso nazionale quando il padre ha denunciato
su Twitter questa situazione, a cui ha risposto direttamente il ministro della Sicurezza Ralph Goodale.
La famiglia del piccolo Syed Adam Ahmed, residente nella città di Markham,
nell'Ontario, è venuta a conoscenza del
problema quando Syed era ancora piccolo: sebbene gli agenti ai controlli si
siano dimostrati ogni volta molto gentili
e disponibili, i genitori spiegano
all''emittente Cbc News che ad oggi
nessuna risposta chiara è giunta dal
Ministero dei Trasporti e della pubblica
sicurezza: quindi non conoscono né la
ragione per cui il figlio è finito in questa
lista, né come fare per rimuovere il suo
nome da lì.
"Ora cerchiamo di proteggerlo da tutta
questa storia, perché non vogliamo che
si senta diverso e stigmatizzato" ha spiegato alla Cbc la madre del piccolo, Khadija Cajee. Tuttavia i genitori sono preoccupati per i problemi incontro ai quali
il figlio andrà quando crescerà. Le autorità finora hanno proposto loro solo
delle soluzioni-palliativo, tra cui quella
di cambiare il nome del bambino. Secondo il padre del piccolo Syed, la questione dovrebbe essere risolta tra la
compagnia Air Canada - la prima ad
U
aver incluso il bambino nella sua lista
di persone a rischio - e il dipartimento
dei Trasporti. E infatti il ministro Goodale,
messo al corrente dai media, ha risposto
inviando una nota alla Cbc: "La questione
è sicuramente motivo di preoccupazione
per questi genitori, pertanto rivedrò il
loro caso insieme al mio staff nei pros-
simi giorni".
Ma resta aperta una domanda, se sia il
caso di inserire bambini così piccoli in
una simile lista: "La data di nascita di
Syed dovrebbe essere una prova sufficiente del fatto che non dovrebbe trovarsi
su quell'elenco", ha commentato Cajee,
la mamma.
8
Giovedì 7 gennaio 2016
STORIA
1928, ANNO VI E.F.: LE SOMME AVANZATE DALLA COSTRUZIONE VENGONO IMPEGNATE NEL SOSTEGNO ALL'ASILO INFANTILE INTITOLATO A ROSA MALTONI MUSSOLINI
Predappio e le“Case Becker”/2
“S. E. il Capo del Governo, aderendo alla richiesta del Podestà, ha autorizzata
la devoluzione anche della somma di L. 20.000 residuata dalla costruzione”
di Emma Moriconi
roseguiamo il nostro viaggio nella
storia, ieri abbiamo cominciato a
parlare delle Case Becker, oggi siamo ancora a Predappio ed è il 29
ottobre 1928 - anno VI. Su carta intestata della Regia Prefettura di Forlì il Prefetto
scrive a Chiavolini: "Consta dagli atti di questo
Ufficio che nel giugno u.s. il predecessore Gr.
Uff. Dott. Grispino consegnò personalmente a
S.E. il Capo del Governo una relazione sulla
gestione delle Case Becker, del Comune di
Predappio Nuova, unitamente al rendiconto
patrimoniale e finanziario relativo. Dal rendiconto stesso risultano attualmente residuati i
seguenti valori. A) polizza di deposto no 230
concernente titoli di consolidato del valore
nominale di lire 100.000; b) libretto di conto
corrente no 207, chiuso al 30 giugno u.s. con
un credito di lire 26.041.02; valori che il mio
predecessore aveva proposto di devolvere rispettivamente a favore dell'Asilo Infantile e
dell'Ente Autonomo per le Case Becker, del
Comune di Predappio Nuova. Occorrendo sistemare definitivamente tali pendenze, anche
nell'interesse dei due Enti suddetti, prego la
S.V. Ill.ma di compiacersi farmi avere, ove
nulla osti, il necessario benestare in ordine
alle proposte fatte".
Abbiamo visto ieri il documento contenente
la relazione del Prefetto a Mussolini, portava
la data del 25 aprile 1928. Quando arriva
questa comunicazione, dunque, sono passati
sei mesi. Quei soldi avanzati sono rimasti lì, e
hanno anche fruttato qualcosina. Bisogna farci
qualcosa di utile, pensano le autorità preposte.
Ed ecco che il Prefetto scrive a Chiavolini, affinché interceda presso il Duce per sapere in
quale modo si intenda procedere all'utilizzo
di questi fondi. Il 9 novembre 1928 - VII°, Alessandro Chiavolini, Segretario Particolare del
Duce, scrive al Prefetto di Forlì: "Eccellenza,
ho sottoposto a S.E. il Capo del Governo la
sua lettera del 29 ottobre u.s. (n. 18.288), e le
P
comunico che nulla osta alla proposta destinazione dei fondi residuati dalla gestione delle
Case Becker di Predappio Nuova".
Andiamo avanti: "Provincia di Forlì, Comune
di Predappio Nuova, 9 agosto 1930 - VIII°". Il
Podestà scrive al Segretario Particolare del
Duce Alessandro Chiavolini: "Egregio Commendatore, com'Ella ben conosce, S.E. il Capo
del Governo stabiliva che la somma residuata
dalla costruzione della Casa Becker fosse devoluta a favore dell'Asilo Infantile 'Rosa Mussolini
Maltoni' ed infatti S.E. il Prefetto di Forlì con
verbale 14 aprile u.s., consegnava a questo
Comune, in attesa dell'erezione in Ente morale
dell'Asilo, le residuate cartelle di rendita pubblica per un valore di L. 10.000 nominali. Rimaneva ancora un residuo liquido di oltre
20000 lire depositate in un libretto della Banca
d'Italia intestato al R. Prefetto destinato con
successiva determinazione ad un istituendo
Ente autonomo Case Becker di cui ho ragione
di ritenere che non se ne debba più parlare.
Avevo fatte presenti a S.E. il Prefetto di Forlì,
con mia lettera 10 Maggio u.s. n. 2206, le necessità di avere anche quella somma devoluta
a favore dell'Asilo onde affrontare le spese
d'impianto e di primo funzionamento, rimaste
in gran parte scoperte per mancanza di fondi;
ma a tutt'oggi nulla è pervenuto, mentre d'altra
parte sempre più pressanti si sono fatte le necessità di provvedere al saldo delle forniture
ed al mantenimento normale dell'istituzione.
Mi pregio quindi chiederLe, egregio Commendatore, il Suo valido interessamento onde
ottenere dal Capo del Governo l'autorizzazione
a devolvere a favore dell'Asilo Infantile anche
quest'ultimo residuo dandone poi comunicazione a S.E. il Prefetto di Forlì per l'effettiva
consegna della somma. Coll'espressione della
più viva gratitudine ben distintamente ossequio".
Il 19 agosto 1930 il Segretario Particolare del
Duce Chiavolini scrive al Prefetto di Forlì: "Eccellenza, il Podestà di Predappio Nuova ha
fatto chiedere a S.E. il Capo del Governo di
autorizzare la devoluzione a favore dell'Asilo
Infantile 'Rosa Mussolini Maltoni' di detta città
anche della somma di L. 20.000 residuata
dalla costruzione della Casa Becker, depositata
in un libretto della Banca d'Italia all'E.V. detto
Podestà ha fatto presente d'aver già scritto in
proposito all'E.V. il 10 maggio u.s., aggiungendo
che la concessione di tale somma all'Asilo
renderebbe possibile affrontare alcune spese,
sempre più pressanti, pel mantenimento normale di tale istituzione. Comunico all'E.V. che
S.E. si è pronunciato in senso affermativo. In
attesa d'un cortese riscontro le porgo distinti
saluti".
Il 5 settembre 1930 il Prefetto di Forlì scrive al
Segretario Particolare del Duce Chiavolini:
"Ho comunicato al podestà di Predappio Nuova
il contenuto della nota 19 pp. Agosto n. 48 relativa all'Asilo Infantile 'Rosa Mussolini Maltoni'.
Resto in attesa di conoscere nuove e definitive
disposizioni di codesta On. Segreteria circa
la devoluzione della somma di L. 20.000 a
favore di detto Asilo".
Il 12 settembre 1930, Alessandro Chiavolini
scrive al Prefetto di Forlì: "Eccellenza, in relazione alla Sua del 5 corr. N. 1617 Le confermo
quanto comunicatole con la precedente mia
del 19 agosto e cioè che S. E. il Capo del Governo, aderendo alla richiesta del Podestà di
Predappio Nuova ha autorizzata la devoluzione
a favore di quell'Asilo Infantile 'Rosa Mussolini
Maltoni' anche della somma di L. 20.000 residuata dalla costruzione della casa Becker. In
attesa di un cortese cenno di assicurazione
Le porgo distinti saluti".
Insomma, gestire il denaro dello Stato è una
cosa che si può fare anche bene. I fondi
avanzati dalla costruzione delle Case Becker
- case destinate al popolo, peraltro - hanno
fruttato due volte, e in entrambi i casi i fondi
sono stati conferiti ad un Asilo Infantile. Predappio ebbe così, attraverso una donazione
di lire cinquecentomila complessive, non solo
l'edificio da destinare ad abitazioni per il popolo, ma anche il sostegno - per due volte - a
un luogo deputato alla tutela dei bambini della
cittadina. E questa è storia.
“CARO MUSSOLINI” /1
“A Voi, Fondatore dell’Impero”
A proposito di documenti, ecco la prima parte di una carrellata di missive dirette al Duce
roponiamo, a partire da oggi, una raccolta di lettere inviate dagli Italiani a
Benito Mussolini. Erano migliaia ogni
giorno, e sono inerenti ai temi più vari.
Spesso si tratta solo di brevi missive di
omaggio e saluti, o di auguri. Spesso ci
sono componimenti poetici, canzoni, richieste,
punti di vista eccetera. Ne proponiamo una
miscellanea a cominciare da oggi, e proseguiremo nei prossimi giorni: seppure brevemente per ciascuna puntata, intendiamo così
raccontare ai nostri lettori i sentimenti popolari
verso Benito Mussolini e verso il Fascismo,
direttamente dalla voce degli Italiani dell'epoca,
testualmente: servirà ad entrare nell'atmosfera
del tempo e a comprendere come Mussolini
venisse visto e amato dalla stragrande maggioranza della popolazione.
"Napoli, 4-1-1938 - XIX - A S.E. il Duce del
Fascismo - Conto appena nove anni, e già
sono un Balilla, ma non un Balilla di forma,
bensì vesto con orgoglio la divisa, che è la
espressione della Rivoluzione Fascista. Sento
perciò di amare Voi, il Re Imperatore e la
Patria. Voglio, senza l'ausilio di alcuno, nella
ricorrenza della Befana, esprimere a Voi,
P
fondatore dell'Impero, i miei sentimenti di
fede e di amore alla Patria. Della E.V. A.
Mario Luciani, un Balilla Moschettiere".
"A S. E. Benito Mussolini - Roma - Sono le
espressioni di devozione di stima che un povero cieco di 24 anni, analfabeta, orfano di
un ex combattente, indirizza all'E.V. quale
segno della più alta e sincera comprensione
dell'ideale fascista e delle opere che da esso
derivano. Si fa presente che, sebbene poverissimo, ha voluto ritirare la tessera del
Partito, per dimostrare, quale prova tangibile,
la sua attaccatezza e devozione al Regime".
Una cartolina recante l'immagine di un bambino e indirizzata alla "Signora Rachele" e
alla "famiglia del nostro Duce" dice: "Eccellenza!
Ci presento il 10° genito cioè il piccolo Di
Stefano Benito. Auguri e prosperità".
Un'altra cartolina proveniente da Verona e
indirizzata a S.E. Benito Mussolini Capo del
Governo - Roma reca questo breve testo:
"L'alunno Bovo Angelo di anni 8 augura tanta
salute e tutto il mio amore".
Una composizione in versi indirizzata a Benito
Mussolini e dal titolo "Compagno di trincea"
recita: "Del dire mio, sgrammaticato tanto/
perché di scuola mai saper non volli/ a Voi,
O DUCE, perché sappiate/ di casa nostra Voi
il Gran DIO siete/ Come mostrar potete?
Mio Dio!/ Sudore, Sangue, Opere buone
tante/ Ne foste VOI che ci insegnaste?/
Mentir potete?/ Tesor facemmo dei sermoni
vostri/ La stampa parla... La radio canta/
Strano parlar voi fate! Che dite?/ Non lo sapete? Incriminati siamo!/ Per cosa? Usammo
gridare a gente... festante!.../ Viva!! IL DUCE!"/
Chi usò a tanto? NEMICI VOSTRI/ Chi col
pugnal la Vostra vita attenta!/ Dimostrate.
Protesta pro Matteotti/ Infamie tante/ Sciocchezze. Difender potete! Come?/ Le vostre
medaglie... le vostre ferite .../ Gloriose tanto!/
Loro opporranno... cosa? Dite? Testimoni
falsi... miseria... morte... painto". È firmata
"Un carabiniere. Un bersagliere. Decorato di
Medaglia di Argento, Pugnalato in [inc.]".
Questi sono solo pochi esempi di quale
fosse il sentore popolare che si esprimeva
attraverso lettere che giungevano, a migliaia,
ogni giorno sulla scrivania del Duce. Nei
prossimi giorni ne racconteremo ancora ai
nostri lettori.
[email protected]
9
Giovedì 7 gennaio 2016
DA ROMA E DAL LAzIO
ORMAI AGONIZZANTE IL TRADIZIONALE EVENTO DELL’EPIFANIA
Piazza Navona, la Befana piange
Poca gente e tanti rimpianti per la fiera “sfrattata” da irregolarità e intoppi burocratici: l’edizione
solidale non convince e si registra pure la protesta dei “presepari”. Che assicurano: “La gente è con noi”
di Robert Vignola
ice che l’Epifania tutte le
feste si porta via. Ma la
tristezza con cui l’ha fatto
a Roma quest’anno ha raggiunto livelli inesplorati. In
una città assediata dai topi, sporcata
dal guano e sottoposta ai commissari,
la Festa della Befana ha vissuto infatti
un ulteriore peggioramento ai già infimi gradi conosciuti sotto la guida
di Ignazio Marino. Mai come quest’anno piazza Navona è stata triste
e spenta, ma soprattutto vuota. Frutto
avvelenato delle vicissitudini in cui è
incappato il bando per avere un posto
nella piazza, con chi l’ha occupata
per decenni che non ha mancato di
punire il nuovo corso del Campidoglio. Ma anche di una approssimazione colpevole nell’organizzare l’evento che, negli anni passati, consentiva alla capitale d’Italia di rivaleggiare con i mercatini di Natale
delle grandi città dell’Europa nell’attirare i visitatori di tutto il mondo desiderosi di
respirare il clima di festa.
Niente di tutto ciò. Certamente, ci ha messo
del suo un allineamento planetario di eventi
assolutamente sfavorevoli. Il traffico bloccato
a singhiozzo, la crisi che attanaglia l’ormai ex
ceto medio. Ed anche la pioggia, che ha fatto
brillare il selciato semivuoto di piazza Navona,
in cui si è riflessa la rassegnazione delle associazioni chiamate a mettere insieme una
Befana solidale. Ma sono proprio costoro, mandati in trincea per l’immagine di Roma e che
ieri hanno dovuto ripiegare mestamente i banchi, ad ammettere che poteva, doveva andare
meglio. “Soltanto la solidarietà, quando le persone si aspettano festa, allegria e divertimento
D
Fidel Mbanga Bauna solidarizza con i presepari
non funziona”, ha confessato al Corriere della
Sera Flavia Melillo, volontaria di Intersos. “La
prima cosa che ci chiedono, se riusciamo a
incuriosirli è: “Ci sono dei dolci”? Non abbiamo
avuto il tempo di organizzarci, l’idea è buona,
ci hanno offerto spazi importanti, ma non si
può improvvisare. E poi la festa di piazza Navona figura su tutte le guide turistiche, la gente
arriva qui e rimane delusa perché non trova
quello che aveva immaginato”.
Per gli operatori che,al di là della bontà di
fondo dell’idea della Befana solidale, da questo
appuntamento si attendono un fatturato, è ancora
peggio: “Non pensavamo che si arrivasse a
una situazione simile dove non c’è quasi nessuno.
Siamo riusciti a coprire appena le spese,e
siamo nei guai perché questo periodo dell’anno
per il nostro lavoro è sempre stato importante.
La piazza è vuota, la Befana di piazza Navona
non c’è più”, ha raccontato, ancora al Corriere,
la sconsolata Alga Castagnoli,titolare di una di
bancarella di tiro a segno. Ad alzare bandiera
bianca, non senza scaricarsi delle residue responsabilità, è la presidente del Municipio I,
Sabrina Alfonsi: “Abbiamo visto che alcune
Onlus hanno difficoltà a restare in piazza per
molti giorni così pensiamo di riservare loro
otto spazi in cui possano alternarsi. Lo scorso
anno siamo passati da 117 a 72 postazioni,
oggi siamo arrivati a 48 che è il numero definitivo
tra attività commerciali e artigianali da inserire
in un contesto di decoro e legalità. E per questo
facciamo un appello al commissario
Tronca affinché cambi la delibera
che disciplina il bando per Piazza
Navona: lì si parla di “fiera” e in
questa parola, purtroppo s’insinuano
scorrettezze e prevaricazioni”.
Scorrettezze e prevaricazioni che
però sono arrivate anche e soprattutto dagli abusivi: la loro presenza
si notava, così come quella dei sedicenti “artisti di strada”. Un altro,
preoccupante passo indietro che
però il commissario Tronca, che ieri
ha effettuato un sopralluogo, non ha
rilevato dicendosi invece soddisfatto
per aver constatato un “clima sereno”. Se lo è stato lo si deve anche
alla sobrietà della protesta degli antichi “presepari” della Capitale, sfrattati per la ormai nota vicenda delle
irregolarità del bando da piazza
Navona: si sono presentati sul posto
che hanno occupato per oltre cento
anni e per chiedere di ripristinare
la tradizionale Fiera della Befana
hanno distribuito mele stregate, caramelle e befane. Ai presepari è arrivata anche
la solidarietà di qualche volto noto, come il
giornalista Fidel Mbanga Bauna e il leader di
Sovranità Simone Di Stefano. “È stata una manifestazione carina – ha raccontato all’Adnkronos Paolo Padovani, presidente dell'Associazione Fiera di Piazza Navona e storico 'preseparo' di Roma - Tanta gente ha partecipato
e firmato la nostra petizione, che abbiamo
lanciato anche online. Non ci fermeremo qui avverte - continueremo la raccolta firme e
continueremo a sensibilizzare la cittadinanza:
è impossibile che una Fiera che esiste dal
1860 venga cancellata con tale prepotenza in
soli due anni. Faremo di tutto per ripristinare
la fiera della Befana”.
APPUNTAMENTO IL 17 GENNAIO A TORREVECCHIA
La famiglia in festa: senza unioni civili…
omenica 17 gennaio avrà luogo a
Roma la "Festa della Famiglia" organizzata dall'associazione "Non
si tocca la famiglia", e promossa anche
da ProVita onlus.
In occasione della prima Assemblea dei
Soci di "Non si tocca la famiglia", la festa
vuole dire un "sì alla famiglia naturale
come culla d'amore dei nostri tempi".
Sarà un’occasione per conoscere la realtà
associativa, attraverso un confronto dedicato a riflessioni, idee e proposte che
D
potranno essere arricchite grazie al prezioso contributo di tutti i partecipanti,
anche non soci. L’appuntamento è fissato
dalle ore 11 nella tenda del Circo Rony
Roller in Via di Torrevecchia 1110.
Alle 13.30 al termine della Assemblea
sarà possibile partecipare al rinfresco
offerto dall'Associazione.
Alle 15 l'evento clou della Festa: dopo
un breve saluto inizierà lo spettacolo offerto dalla Direzione del Circo al prezzo
eccezionale di 8 euro a persona anzichè
20. Per i bambini sarà attivo durante
l'Assemblea un servizio di animazione
con attività e visita agli animali ed incontro
con i professionisti del circo.
L’Associazione è stata tra le promotrici
del fantastico evento svoltosi lo scorso
20 giugno a Roma in piazza San Giovanni,
quando un milione di persone tra mamme,
papà, nonni e figli hanno gridato il loro
no all’ideologia gender nelle scuole italiane.
E’ stata tra i promotori e gli organizzatori
del seminario di studi denominato “Sapere
per Educare – Affettività, Sessualità e
Bellezza”, che si è svolto dal 7 all’8
marzo scorso presso l’Ateneo Pontificio
“Regina Apostolorum” di Roma, che
verrà riproposto anche nel 2016, con la
partecipazione di circa 550 persone provenienti da tutta Italia tra specialisti dell’educazione, studenti, genitori e famiglie,
intervenute anche con i propri figli al seguito.
Ha realizzato il progetto “Cineforum” de-
LUTTO NEL MONDO DEL CINEMA
Silvana Pampanini,
domani i funerali
S
e ne va un pezzo di Roma e
d’Italia con Silvana Pampanini.
L’attrice è morta ieri a Roma
all’età di 90 anni, dopo un lungo
ricovero al Policlinico Gemelli, dove
due mesi fa era stata sottoposta a
un complesso intervento chirurgico
addominale. Attrice, cantante, diva,
iniziò la sua scalata al successo
come “Miss Italia a furor di popolo”,
per il concorso del 1946: non vinse
il titolo che andò allora a Rossana
Martini, ma al verdetto volarono le
sedie, ci fu addirittura una rissa tra
i sostenitori delle due fazioni e intervennero i carabinieri.
Silvana, simbolo della bellezza procace, ha avuto comunque nella for-
tunatissima carriera cinematografica il suo riscatto, davvero stellare.
Tanto da diventare un astro fisso
nell’immaginario degli italiani del
dopoguerra. Lo dimostra uno dei
classici aneddoti di Giulio Andreotti, secondo il quale nel 1953, durante
una infuocata campagna elettorale,
egli portò l’attrice in Ciociaria al
suo seguito per conquistare consensi: la sua presenza rubò la scena
ai comunisti che avevano organizzato a Sora un festival musicale
presto dimenticato.
I funerali si svolgeranno domani,
venerdì 8 gennaio ore 11, presso
la Parrocchia Santa Croce in Via
Guido Reni 2.
stinato alle scuole medie e superiori,
che si è potuto attuare grazie alla preziosa
collaborazione del noto regista Pupi Avati
che ha presentato il suo film “Un matrimonio”, quale parte fondamentale del
medesimo progetto in relazione alla propria duratura e felice esperienza matrimoniale basata sull’amore e sul rispetto
del vincolo matrimoniale.
L’Associazione ha anche promosso la
petizione nazionale contro la Strategia
Nazionale adottata dall’Unar circa le linee
educative sul contrasto delle discriminazioni, attuata in questi anni e stilata
dal suddetto Ufficio con il solo contributo
e apporto di 29 Associazioni Lgbt.
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Giovedì 7 gennaio 2016
DALL’ITALIA
EPIFANIA TRAGICA A LIVORNO
Pensionato travolto e ucciso: giovane confessa
Era stato lui a chiamare i soccorsi, ma non aveva fornito le generalità. Rintracciato è crollato
Sottoposto all’alcoltest è risultato positivo con un valore sei volte superiore al limite consentito
E
pifania tragica
per un 24enne,
cha a Livorno ha
travolto ed ucciso un pensionato
77enne. Il giovane, uno studente della città, dopo ore
d’interrogatorio, ha confessato ed è stato arrestato:
sottoposto all’alcoltest è risultato positivo con un valore sei volte superiore al
limite consentito e adesso
si trova ai domiciliari.
Era stato proprio lui a dare
l’allarme dopo l’incidente
mortale, senza però fornire
i suoi dati, e spacciandosi
per un passante che ha visto un corpo steso sull’asfalto. Vittima un 77enne di
Livorno, Alessio Pianezzoli,
che non aveva documenti
con sé ed è stato identificato
dai carabinieri grazie al riconoscimento da parte del
figlio. L’anziano è stato travolto lungo viale Nievo intorno alle 5 del mattino di
ieri. Sul posto, oltre ai sanitari, i carabinieri, avvisati,
per l’appunto, da una chiamata fatta col cellulare da
una persona che non ha
dato le generalità. Ogni soccorso è stato inutile: il medico non ha potuto fare altro
che constatare il decesso
dell’uomo, la cui salma è
stata trasferita all’obitorio
cittadino. I militari intanto
hanno raccolto qualche
campione perso dall’auto
durante il forte scontro e
interrogato alcuni residenti
della zona che erano scesi
in strada: qualcuno, come
riporta ‘Il Tirreno’, avrebbe
detto ai militari di aver visto
una vettura fermarsi a pochi
metri di distanza dal punto
delle scontro, da cui sono
scese due persone, ripartita
subito dopo.
Risalire all’identità del giovane, rintracciato proprio
grazie alla chiamata, non è
stato difficile. Portato in caserma nella mattinata di ieri
per essere ascoltato, insieme al fratello, ha inizialmente negato di essere il
pirata della strada, dichiarando di essere solo un testimone. Ma poi è crollato
ammettendo di essere stato
lui alla guida dell’autovettura, una Fiat 500 di proprietà di una sua amica che
era con lui a bordo al momento dell’incidente.
Il ragazzo, poi risultato positivo alcoltest con tasso
pari a sei volte oltre quello
consentito, ha provato a giustificarsi dicendo di non
aver visto il pensionato a
causa della pioggia. Ma gli
investigatori sono comunque convinti che il giovane
stesse viaggiando a velocità
sostenuta viste le condizioni
del corpo dopo il violento
impatto, tanto che inizialmente i soccorritori avevano creduto si trattasse di
un uomo di mezza. Non è
stato facile infatti identificare
la vittima che è stata riconosciuta solamente in tarda
mattinata dal familiare. L’anziano sarebbe stato travolto
mentre attraversa la strada,
morendo sul colpo.
Il 23enne, su disposizione
del magistrato, è stato accompagnato nella sua abitazione agli arresti domiciliari. Ora è accusato di omicidio colposo. I militari hanno
inoltre recuperato e sequestrato l’auto in un parcheggio
nel quartiere Corea.
Barbara Fruch
DRAMMA SFIORATO A SAN PIETRO IN LAMA (LECCE)
Befana di sangue: rapinati commercianti
I due, titolare e dipendente di una ditta di dolciumi, stavano rientrando dai tipici mercatini
di Maglie, quando sono stati aggrediti da un bandito, fuggito poi con un incasso di 25 euro
È
iniziata tra alcuni colpi di pistola e due feriti l’Epifania
nel Salento. Alcuni banditi
hanno aggredito e rapinato due
commercianti, recuperando però
soltanto 25 euro. L’episodio è ac-
caduto nella notte tra il 5 e il 6
gennaio a San Pietro in Lama (Lecce). Vittime Patrizio Cappa 51enne
titolare di una ditta di dolciumi e
Massimo Nestola 42enne suo dipendente nonché nipote che a
quell’ora erano di ritorno dai mercatini della Befana che si tengono
come ogni anno a Maglie (Lecce).
Con loro un terzo dipendente, rimasto illeso.
Secondo quanto trapelato un bandito con il volto coperto e armato
di pistola ha sorpreso i due mentre
stavano parcheggiando il furgone
nei pressi del garage dell’abitazione del titolare, poco dopo la
mezzanotte. Scesi dal mezzo per
scaricare la merce, il malvivente
ha intimato loro di consegnargli
l’incasso, ma a quel punto il titolare
avrebbe risposto di non avere soldi. Ne sarebbe nato un diverbio
che poi è degenerato drammaticamente. Il rapinatore ha fatto
fuoco contro i due ambulanti: il titolare è stato ferito alla gamba,
mentre il dipendente della ditta,
che ha tentato di reagire difendendo il parente, è stato raggiunto
al torace da due proiettili, che gli
hanno procurato lesioni agli organi
interni. Questione di pochi millimetri e non sarebbe sopravvissuto.
Sarebbero stati almeno quattro i
colpi esplosi, di cui uno, il primo,
a scopo intimidatorio, indirizzato
al veicolo. L’aggressore è poi scappato con il portafoglio di uno dei
due. Bottino? 25 euro.
Le vittime sono attualmente ricoverati al “Vito Fazzi” di Lecce, fortunatamente non in pericolo di
vita. Cappa si trova nel reparto di
Ortopedia ed è tenuto sotto osservazione per una frattura al perone. Sotto monitoraggio presso il
reparto di Chirurgia toracica del-
COSENZA
MILANO
Furto di rame:
ferrovie in tilt per ore
Precipita da un balcone,
muore un ragazzo
entava di passare da un
balcone all’altro al secondo piano di una palazzina,
ma sarebbe precipitato.
Pare sia questa la drammatica
ricostruzione della morte di un
sedicenne, precipitato mentre
stava cercando di arrampicarsi
ad una palazzina a San Giorgio
Albanese, nel Cosentino.
Sul caso indagano i carabinieri
che vogliono capire come mai
il giovane, definito da tutti un
bravo ragazzo, si trovasse in
piena notte in quell’edificio,
che sorge in una zona lontana
T
da dove abitava, e nella quale
non vivono neppure i suoi amici.Al momento comunque i militari ritengono che la caduta
sia accidentale poiché a terra
è stato trovato anche un pezzo
di ringhiera che evidentemente
si è staccato mentre il ragazzo
tentava la manovra.
Il giovane frequentava il terzo
anno del liceo scientifico di
Acri, un altro centro in provincia
di Cosenza. L’ultima volta che
è stato visto, stava uscendo
da un bar dove aveva trascorso
la serata con alcuni amici in
l’ospedale del capoluogo salentino
invece il 42enne.
Sul posto, oltre agli operatori del
118, anche i carabinieri di San Pietro in Lama e della compagnia di
Lecce, nonché i colleghi della
scientifica, al lavoro per trovare
elementi utili ad incastrare il rapinatore. Le vittime e il testimone
hanno cercato di descrivere l’individuo agli investigatori: come
riporta il sito locale ‘Il Paese Nuovo’, si tratterebbe di una persona
alta un metro e ottanta centimetri
circa che indossava jeans e gilet
di colore chiaro. Sarebbe fuggito
a piedi e nelle vicinanze non sarebbero stati notati complici e veicoli. Al vaglio degli inquirenti, al
momento, comunque c’è anche l’ipotesi che alla rapina abbia preso
parte anche una seconda persona.
Nel luogo non vi sono telecamere,
motivo per cui il lavoro delle forze
dell’ordine si dovrà concentrare
su ‘semplici’ testimonianze ed indizi. L’ennesimo episodio violento
che poteva finire in maniera deciB.F.
samente più tragica.
occasione della festa in paese
per l’Epifania , verso le due di
notte. Non vedendolo tornare
a casa, i genitori verso le 3 di
notte si sono rivolti ai carabinieri di San Giorgio Albanese
e, assieme ad alcuni amici del
figlio, hanno iniziato le ricerche.
Investigazioni che si sono concluse nella mattinata di ieri con
la scoperta del cadavere ai
piedi di uno stabile in via Matteotti. Il pm della Procura di
Castrovillari ha disposto l’autopsia, che sarà effettuata nei
prossimi giorni.
iornata nera quella dell’Epifania per i viaggiatori in Lombardia. A causa di un furto di cavi di rame
fra le stazioni di Milano Lambrate e Milano San Cristoforo
(linea passante Ferroviario
S9), la circolazione ferroviaria
nel nodo di Milano è stata sospesa dalle 5 alle 8 della mattina.
“I tecnici di Rete Ferroviaria
Italiana – informa una nota –
sono intervenuti per ripristinare
la regolare circolazione ferroviaria. Coinvolti 7 treni regio-
G
nali di cui 2 hanno registrato
un ritardo entro 10 minuti, 1 è
stato cancellato e 4 sono stati
limitati nel loro percorso”.
La circolazione è quindi poi
tornata alla normalità nel corso
della mattinata.
Nessun problema per la sicurezza dei viaggiatori, fanno
sapere poi dall’azienda che
gestisce il tarsporto sui binari.
“L’asportazione di rame – si
legge ancora nella nota di Trenitalia – non comporta, nel
modo più assoluto, problemi
di sicurezza alla circolazione
dei treni, ma solo rallentamenti
e ritardi. La sottrazione del
materiale, infatti, provoca l'attivazione istantanea dei sistemi
di sicurezza che governano le
tecnologie in uso nella gestione
del traffico ferroviario, con arresto immediato dei treni”.
Proprio il furto del cosiddetto
oro rosso infatti è aumentato
in maniera incresciosa negli
ultimi messi. E spesso ad essere colpiti sono proprio i tratti
ferroviari. Il tutto con non pochi
disagi per pendolari e viaggiatori.
11
Giovedì 7 gennaio 2016
DALL’ITALIA
PROTESTA A LAMPEDUSA: NON VOGLIONO FARSI PRENDERE LE IMPRONTE DIGITALI
Gli immigrati vogliono essere fantasmi
Da due giorni duecento eritrei manifestano fuori dalla parrocchia vantando i loro diritti
N
on vogliono avere un’identità. Preferiscono continuare a vagare come
fantasmi. Ciò, evidentemente, fa loro comodo.
Ed è per questo che gli immigrati
si rifiutano di farsi prendere le impronte digitali, come invece impongono le norme comunitarie.
L’ennesima protesta arriva da Lampedusa e vede protagonisti un gruppo di circa duecento eritrei arrivati
alla vigilia di Natale e ospitati nei
centro d’accoglienza di contrada
Imbriacola (che attualmente ospita
circa 700 persone), che da due giorni manifestano sul sagrato della
Chiesa Madre dell'isola.
Il motivo è semplice: si rifiutano di
farsi prendere le impronte digitali.
Per questo l’altra notte alcuni hanno
dormito fuori, davanti alla chiesa
mentre altri nei locali della parrocchia messi a disposizione dal parroco. Tra loro ci sono anche donne
e bambini.
“Vinceremo, non perché siamo forti,
ma perché non c’è altra possibilità”
ha detto uno degli stranieri in protesta, come riportato dal sito ‘Online-news’, spiegando che loro non
vogliono essere identificati perché
hanno paura poi di non poter uscire
dall’Italia.
Loro infatti non vogliono di certo
sostare nella nostra nazione. Il Bel
Paese è considerato solo un ponte
per raggiungere “Svezia, Inghilterra,
Germania”, mete che invocano mentre parlano con gli isolani che portano loro cibo e coperte e mentre il
parroco Mimmo Zambito li invita a
ripararsi in chiesa.
Di certo il cibo non gli mancherebbe
se fossero rimasti al centro di accoglienza. Ma lì sarebbero stati costretti,
prima o poi, all’identificazione.
Procedura a cui, lo hanno detto a
chiare lettere, non hanno intenzione
di sottostare. Così dopo una notte
IN BREVE
Padova, profugo
beccato con droga
Freddo killer,
morti due senzatetto
Stava trasportando oltre mezzo
chilo di marijuana. Sono stati i
militari della guardia di finanza
di Padova ad arrestare nei pressi
della stazione ferroviaria Eboigbe
Kelvin, 22enne nigeriano titolare
di permesso di soggiorno per
motivi umanitari. Lo straniero
alla vista dei cani dalle unità
cinofile che stavano pattugliando
la zona, si è dato alla fuga. I finanzieri dopo un breve inseguimento a piedi sono però
riusciti a bloccarlo: lo straniero,
che non aveva fatto ritorno al
centro di accoglienza di Marliana
(Pistoia), è stato condotto alla
casa circondariale Due Palazzi
di Padova. Dovrà ora rispondere
dell’accusa è di spaccio di sostanze stupefacenti.
Due tragedie rispettivamente
a Cinisello Balsamo (Milano)
e Pesaro. A Cinisello vittima
un clochard 72enne, rinvenuto
cadavere ieri mattina. È deceduto presumibilmente per
cause naturali, era conosciuto
in zona perché da anni viveva
in auto proprio nel posteggio.
Per definire con certezza le
cause della sua morte, la Procura di Monza ha disposto
l'autopsia sul corpo dell'anziano.
A Pesaro è invece è deceduto
Rocco Bonaposta 43enne del
luogo, rinvenuto cadavere su
una panchina martedì mattina
da un passate al parco Miralfiore. L'uomo, laureato in filosofia da qualche tempo, viveva e ai margini della società.
Pare che ad ucciderlo sia stato
un malore, ma a far chiarezza
sulle cause potrebbe essere
l’autopsia.
Fugge all’alt
nomade arrestato
È stato bloccato e arrestato
dalla polizia dopo un inseguimento a cento chilometri all’ora.
Protagonista un nomade, alla
guida ubriaco. L’episodio è avvenuto lunedì sera, 4 gennaio,
alle 22 in zona Stanga, a Padova.
Gli agenti hanno notato una
Fiat Punto sospetta con a bordo
tre nomadi vicentini ed hanno
deciso di controllarla, ma il
conducente ha premuto sull’acceleratore ed è iniziato l’inseguimento, tra le vie della città,
dove la Punto è sfrecciata anche
con il semaforo rosso. Bloccata
l’auto, gli agenti hanno arrestato
il conducente, Daniele Cari, 28
anni, di Arzignano, mentre gli
altri due che erano con lui, un
ragazzo 28enne e una ragazza
di 35 anni, sono stati denunciati.
Treviso, incendio:
vittima un'anziana
Tragedia l’altra notte a Vittorio
Veneto, dove un imponente incendio si è sviluppato in una
abitazione. Vittima la proprietaria, una donna di 84 anni.
Sul posto, poco dopo la mezzanotte, sono intervenuti i vigili
del fuoco di Vittorio Veneto e
Conegliano, i carabinieri e il
118. A causa delle fiamme i
solai e il tetto in legno della
palazzina erano crollati. Dopo
aver spento il rogo, i vigili
hanno trovato il corpo carbonizzato dell’anziana. A scatenare
il rogo sarebbe stata una stufa
di legna.
all’aperto ieri hanno ripreso la protesta: sfilando in corteo, sotto la
pioggia, per le vie di Lampedusa.
E quando ieri mattina uno di loro
ha avuto un malore, i loro compagni
non volevano che salisse sull’ambulanza per andare al pronto soccorso. Motivo? Temevano che qualcuno gli avrebbero preso le impronte
digitali. “Lo sappiamo che sarà dura,
piove e c’è vento; ma dopo quello
che abbiamo passato in Libia non
abbiamo più paura di nulla. Non
crediamo nelle procedure di ricollocamento: alcuni nostri connazionali
sono da tre mesi in attesa di trovare
un posto dove andare. Certamente
non vogliamo finire in Polonia, in Lituania o in Portogallo”.
Insomma sembrano avere le idee
ben chiare per essere dei rifugiati
politici. Ma scappando dalle guerre
non ci si dovrebbe accontentare di
vitto e alloggio, ovunque sia?
Evidentemente non è così. Loro protestando mostrano cartelli. “Rispettate i nostri diritti” sbandierano.
E i diritti degli italiani? Quello alla
sicurezza, ad esempio, difficile da
garantire se i sedicenti profughi non
sono identificati. Se, loro, risultano
fantasmi che possono, ovviamente,
commettere qualsiasi tipo di reato.
Un discorso però che in pochi fanno.
È più semplice nascondersi dietro
principi buonisti, dietro i falsi ideali
della sinistra che, chiedendo agli
italiani di accogliere chiunque, sta
infangando il suo popolo.
Italiani che non hanno più diritti perché a guadagnarne sempre di più
sono proprio gli stranieri.
Immigrati a cui la politica pensa,
giornalmente.
Stranieri che oltre vitto e alloggio,
avranno anche un cimitero, dedicato
a loro. A fine gennaio inizieranno
infatti i lavori per la realizzazione
del cimitero internazionale dei migranti che sarà realizzato a Tarsia,
nel cosentino. Come spiegato dal
leader di Diritti Civili, Franco Corbelli, l’opera, realizzata dal Comune
di Tarsia, Regione Calabria e Diritti
Civili, prevede un investimento complessivo di 4 milioni di euro. La
prima fase riguarderà l'acquisizione
dei terreni, le opere di sbancamento
e la realizzazione della recinzione.
L’Italia paga. È l’unica che sente un
dovere: quello, pietoso, di dare sepoltura ai poveracci che la narrativa
dell’accoglienza ha spinto verso le
nostre coste, come se fosse l’Eldorado.
Barbara Fruch
Eurosky Tower .
Entrare in casa e uscire dal solito.
Il relax ha una nuova casa.
Eurosky Tower è il grattacielo residenziale di 28 piani che sta sorgendo a Roma, nel prestigioso quartiere
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Giovedì 7 gennaio 2016
DALL’ITALIA
L’ENNESIMO RAGGIRO ARRIVA DALLA CROAZIA VIA POSTA
“Non aprite quella busta”: c’è una truffa
Si tratta di una raccomandata con una multa per eccesso di velocità. La polizia di Stato
avverte sui social network: “l’Iban è italiano, non pagate e avvisate le forze dell’ordine”
on aprite quella
busta, o comunque
non pagatela. Si
tratta di una raccomandata in busta verde, proveniente dalla
Croazia, con la richiesta di
pagamento di una multa per
eccesso di velocità.
Ma dietro a quella missiva
non vi è in realtà nessun tipo
di infrazione bensì una semplice truffa: l’ultima trovata di
alcuni malintenzionati che vogliono semplicemente arricchirsi alle spalle di ignari cittadini che, spaventati, pagano
cascando così nel tranello.
L’atto, infatti, risulta non avere
nessun valore legale né per
forme né per modalità di pagamento
Ad annunciare il raggiro, ormai diffuso, è la pagina Facebook “Una Vita da Social”
e poi confermata sullo stesso
social network da “Agente
Lisa”, pagina creata dalla polizia di stato.
“Viene recapitata a casa una
raccomandata in busta verde,
di quelle che contengono atti
giudiziari (se avete preso mai
una contravvenzione al codice
della strada, tipo autovelox la
N
riconoscerete) - avverte la
Polizia in un post - All'interno
una comunicazione, tradotta
in italiano in cui viene intimato
il pagamento di una sanzione
per una cifra compresa tra
184 e 250 euro, indicando un
Iban italiano. Questa comunicazione non ha alcun valore
legale essendo un atto falso”,
sottolineano ancora gli agenti
chiedendo “di segnalare alle
forze dell’ordine l’eventuale
ricezione di una simile raccomandata e di non effettuare
il pagamento”.
L’appello e arrivato dopo le
segnalazioni sul web di numerosi cittadini che si sono
visti arrivare a casa, via posta
ordinaria, la busta con all’interno documenti scritti in ita-
liano e in croato con tanto di
timbri fasulli che sembrano
esser stati inviati da qualche
autorità d’oltreconfine. Sono
molti infatti gli italiani che,
d’estate o nel periodo natalizio, raggiungono la Croazia
per le vacanze: motivo per
cui non è poi così difficile cadere nel raggiro.
Come sottolinea la pagina
“Una Vita da Social” la missiva
arriva in particolare dalla città
di Pola, centro portuale dell’Istria, un tempo ‘perla italica’.
Richiesto, come si diceva, “il
pagamento di una multa per
eccesso di velocità, compreso
tra € 184,73 ed € 250,65,
pena l’avvio di una procedura
di pignoramento”.
Ed è proprio la ‘minaccia di
pignoramento’ probabilmente
a impaurire molti cittadini che,
onde evitare si perdere i loro
beni, si sono catapultati a pagare la multa senza accertare
se, effettivamente, abbiano
commesso o meno l’infrazione.
A rischiare maggiormente
sono proprio coloro che negli
ultimi tempi si sono recati in
Croazia. “E se qualcuno è
stato multato veramente in
Croazia? Come facciamo a
distinguere una multa vera
da una falsa?”, si chiedono
alcuni utenti sul web.
Un indizio lo fornisce proprio
l’Iban italiano ma, in caso di
dubbi, è bene prima di precipitarsi a versare la sanzione
chiedere consiglio alle forze
dell’ordine italiane.
Sono in corso ovviamente opportuni accertamenti, atti a
smascherare gli autori della
truffa.
L’ennesimo raggiro che, a dispetto delle truffe telematiche,
le quali ormai sono decisamente quelle più diffuse e
quelle più utilizzate, conferma
come ci sia ancora qualcuno
che per “fregare” i cittadini
usa la posta tradizionale.
Barbara Fruch
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