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Rassegna
T U R I S M O
C O M M E R C I O
Sindacale
S E R V I Z I
L’APPELLO
Campagna nazionale
per un’alternativa
ai consumi festivi
I.R. al numero 44/2012 di Rassegna Sindacale
V
orremo richiamare
l’attenzione del mondo
della cultura, dello
spettacolo, dello sport su alcuni
problemi che negli ultimi anni
hanno sensibilmente peggiorato le
condizioni di lavoro dei dipendenti
del settore del commercio.
Il decreto Salva Italia, varato dal
governo Monti nel dicembre del
2011, ha liberalizzato gli orari e le
aperture domenicali e festive nel
settore del commercio, in contrasto
con la titolarità delle Regioni in
materia, consentendo così una
completa libertà di scelta da parte
delle aziende commerciali su
quando e dove aprire.
Contrariamente a quanto
sostenuto dai fautori delle
liberalizzazioni, il “sempre aperto”
non ha aumentato i consumi,
tanto meno i posti di lavoro, né ha
portato vantaggi economici alle
imprese, per il conseguente
incremento dei costi di gestione.
Per i dipendenti, costretti a turni di
lavoro più lunghi e meno retribuiti
rispetto a prima, si è trattato di un
significativo peggioramento della
vita. In particolare per le donne, la
grande maggioranza dei
dipendenti, per le quali è diventata
sempre più difficile la
conciliazione dei tempi di vita e di
lavoro. Sappiamo che sono tante le
categorie di lavoratori che
svolgono la loro attività durante le
domeniche e i festivi, ma si tratta
prevalentemente di servizi
essenziali, importanti per la tutela
e la coesione sociale (ospedali,
trasporti, forze di polizia).
Fare la spesa la domenica o nei
giorni festivi può essere certamente
un vantaggio per i consumatori,
ma non un servizio essenziale per
la collettività. Tra l’altro da anni le
aperture domenicali e festive
erano garantite a rotazione dalla
programmazione dei comuni e
dagli accordi sindacali,
salvaguardando gli interessi di
tutti, consumatori, aziende,
lavoratrici e lavoratori.
segue a p. 20
Avviate
le trattative
per i rinnovi
contrattuali
Una sfida
importante
L’
inverno è alle
porte cosi come
la prossima
stagione
contrattuale, che vedrà la
Filcams Cgil impegnata
in due importati tavoli
negoziali: il turismo e il
pulimento/multiservizi.
Entrambi i contratti nazionali
sono in scadenza, il 30 aprile
2013, e per entrambi i settori è
stata votata e approvata dalle
lavoratrici e lavoratori, la
piattaforma rivendicativa per
avviare le trattative.
Più di 800 assemblee, circa
18mila votanti ed una
percentuale di favorevoli
superiore al 96%, per il
turismo, mentre per i
multiservizi sono state svolte
quasi mille assemblee,
durante le quali hanno votato
circa 28mila lavoratori,
con una percentuale di
favorevoli pari al 96%.
Due settori differenti, ma
entrambi caratterizzati
da una forte presenza
femminile e un alto tasso di
lavoro precario e flessibile.
Il settore turistico ha una forte
stagionalità, la concentrazione
cioè dell’attività turistica solo
in alcuni periodi dell’anno,
con un picco dei lavoratori
che oscillano da un milione a
circa 700mila a seconda
del periodo, il 57% è donna
ed alta anche la presenza
dei giovani.
Sono, invece, circa 450.000 le
lavoratrici e i lavoratori del
settore pulimento/multiservizi,
la presenza femminile
Roberta Manieri
è pari a circa 75%, molto
lavoro precario (parttime al
60%) e bassi salari.
“Stiamo per affrontare una
stagione contrattuale
articolata molto difficile,” ha
affermato Franco Martini
segretario generale della
Filcams Cgil, “ma nonostante il
perdurare della crisi
FOCUS
economica che sta affliggendo
tutti i comparti, e le relazioni
sindacali complesse che
hanno portato alla
presentazione di tre diverse
proposte, auspichiamo un
confronto costruttivo e
impostato nel rispetto delle
esigenze delle parti.”
“La difesa del lavoro nella crisi
sarà uno dei punti centrali di
quello che si annuncia una
trattativa quanto mai difficile”
ha sostenuto Cristian Sesena
segretario nazionale
responsabile del settore
turismo. “L’ occupazione è
minacciata sotto parecchi
fronti a partire da temi
••• SEGUE A PAGINA 19
| GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA
F
Gdo: il lavoro al centro
S
econdo appuntamento del Progetto
Gdo della Filcams Cgil strutturato in
due giornate nelle quali si sono
approfonditi, sempre con l’importante
apporto scientifico dei professionisti della
società Trade Lab di Milano, temi strategici
quali: i tassi di sindacalizzazione della Gdo, il
fenomeno delle terziarizzazioni, la situazione
della Gdo nel mezzogiorno e infine un’intera
sessione dedicata al sistema cooperativo.
La prima sessione, che si occupa di leggere e
analizzare dati raccolti internamente
alla categoria sulla sindacalizzazione in
alcune grandi imprese della Gdo, food e non
food, è una importante occasione per
evidenziare gli spazi ancora ampi per far
crescere in queste realtà l’adesione al
sindacato, pur nella consapevolezza delle
criticità che caratterizzano questa fase storica.
Tra le varie difficoltà che la Filcams deve
affrontare esiste anche quello della crescita
delle realtà in franchising che sono
di difficile penetrazione, in queste situazioni
la tutela del lavoratore è più debole proprio a
causa della difficoltà di coinvolgimento
Daria Banchieri
Le prospettive del settore,
a Bologna il secondo
appuntamento del
progetto Filcams Cgil
della casa madre rispetto alle politiche
attuate nei confronti del personale.
La sfida sarà quella di trovare il modo di
impegnare le grandi catene del commercio, al
rispetto di alcune buone prassi non solo
per i dipendenti diretti, ma anche per tutti
quelli impiegati nelle società in franchising o
consorziate in qualsiasi modo.
La sindacalizzazione nei grandi gruppi
sconta inoltre due fattori: il blocco
del turn over e l’incidenza delle crisi
aziendali sul personale.
Tra le proposte nate dal dibattito quella
di ripartire da una forte campagna
di rinnovo dei delegati,
••• SEGUE A PAGINA 18
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VERTENZE
|
V
COMPASS
© A. DI GIROLAMO/IMAGOECONOMICA
Una battaglia
vincente
Rassegna Sindacale
Settimanale della Cgil
Direttore responsabile Guido Iocca
Grafica e impaginazione Massimiliano Acerra
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A cura di Roberta Manieri
Ufficio Stampa Filcams Cgil nazionale
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F
•••
R
idurre i costi, era
questa la direttiva
della casa madre di
Londra di Compass
Group, multinazionale della
ristorazione collettiva e dei
servizi di supporto con 360 mila
dipendenti nel mondo. Il
risultato in Italia è il
licenziamento di più di 800
lavoratrici e lavoratori. 824 per
la precisione, su 7941
dipendenti. Roma, Milano,
Torino, direttori, addetti mense,
amministrativi, categorie
protette, tutti licenziati senza
esclusione di colpi; 12 quadri,
147 impiegati e 665 operai,
addetti alle mense, alle pulizie e
agli appalti ferroviari.
L’operazione potrebbe
coinvolgere il 30% di impiegati e
quadri, e la totale eliminazione
di figure professionali come i
direttori di mensa.
Compass group, 360mila
dipendenti nel mondo, opera in
Italia con i marchi: Eurest
(Ristorazione Aziendale) –
Medirest (Ristorazione Sanitaria)
– Scolarest (Ristorazione
Scolastica) – Eurest Service
(Servizi di Supporto) – Ristomat
e Lunch Time (Buoni Pasto).
Il gruppo non è in crisi, ricavi e
Scongiurati
i licenziamenti,
anche grazie alle
manifestazioni
di protesta
dei dipendenti
svolte riunioni e corsi di
formazione e sia perché non è
in perdita. “Abbiamo perso la
speranza” prosegue Natalia
“all’inizio sembrava ci fossero
spazi per le trattative ma non è
stato così.”
Gli incontri con le
organizzazioni sindacali, infatti
non sono andati come sperato.
Nonostante le contestazioni
avanzate da Filcams Cgil,
Fisascat Cisl, Uiltucs e
Uiltrasporti Uil in merito a vizi
formali e sostanziali della
procedura, la posizione della
Compass non è cambiata
confermando di non ritirare la
procedura avviata.
Da oltre un mese quindi è stato
indetto lo stato di agitazione,
Roberta Manieri
Banchieri
DALLA PRIMA
Gdo: il lavoro al centro
che possono diventare la testa
d’ariete all’interno delle realtà
nuove o vecchie della
distribuzione.
Altro fenomeno che preoccupa e non
poco la platea di sindacalisti è
quello delle terziarizzazioni che ormai
investe non solo le attività non
caratteristiche del commercio, ma
l’intero core business.
Basti pensare alle cooperative esterne
che si occupano del caricamento degli
scaffali, o lo stesso e-commerce, che
oggi è visto come una leva strategica e
innovativa, viene spesso gestito tramite
società esterne.
E se sono ben note le motivazioni che
hanno spinto in questa direzione molte
realtà del settore, più difficile è
prevederne lo sviluppo futuro. Qualche
realtà sta facendo marcia indietro, ma
altre stanno proseguendo nella
dismissione di qualsiasi tipo di attività
pur di intravedere qualche possibilità di
contenimento dei costi.
Ecco un’altra sfida per la Filcams:
come evitare il dumping contrattuale,
come tutelare allo stesso modo,
18
utile sono in attivo, ma la
società dichiara delle difficoltà
nell’area del sud Europa, da
questo la scelta della
diminuzione del personale,
anche se la stessa direttiva è
stata recepita in maniera diversa
da Spagna e Portogallo.
La notizia dell’apertura della
procedura di licenziamento
collettivo è arrivata ai lavoratori
dalle organizzazioni sindacali a
fine settembre, come un fulmine
a ciel sereno. Si aspettavano una
riorganizzazione, ma non
davvero un’operazione cosi
drastica e invasiva.
Natalia lavora nel settore buoni
pasto presso la sede
commerciale di Roma che
dovrebbe essere chiusa; e lei,
lavoratrice appartenente ad una
categoria protetta, rimarrà senza
lavoro. Non si aspettava una
simile operazione e tutt’ora non
la comprende.
“Compass non va male, ha
avuto un calo per quanto
riguarda il settore mense, ma
non per il settore buoni pasti.”
Tra l’altro, la scelta di chiudere
la sede di Roma, secondo
Natalia, è alquanto bizzarra, sia
perché è anche un ufficio di
rappresentanza dove vengono
fino allo sciopero del
30 novembre scorso che
ha visto l’adesione di gran
parte dei lavoratori.
Presidi e manifestazioni in tante
città, con la chiusura della
maggior parte delle mense e
disagi per scuole e aziende
fruitrici del servizio.
“Come mai, a pagare siamo
sempre noi, d’ora in poi a
pagare siete voi”, è uno
degli slogan intonati a gran
voce dalle lavoratrici e i
lavoratori in protesta.
I lavoratori sono “scoraggiati”
afferma Francesca gamba
delegata di Milano “dobbiamo
continuare a lavorare, ma così
non ci si riesce!”.
Tra l’altro in seguito a questa
operazione, la Compass sta già
perdendo alcuni appalti –
alcuni casi in Veneto, Lombardia
e Piemonte: i disservizi creatisi
hanno portato molti clienti a
sospendere, o non rinnovare, i
contratti in corso, con la
conseguente perdita di ulteriori
posti di lavoro.
Mercoledì 5 dicembre l’incontro
al Ministero del lavoro durante
il quale i sindacati hanno
ribadito nel metodo e nel
merito i rilievi sollevati alla
procedura, già denunciati nella
fase di gestione sindacale, e
hanno confermato che sono
disponibili ad entrare nei
contenuti della procedura
stessa, solo a seguito della
condivisione dell’obiettivo di
eliminare dal tavolo i
licenziamenti.
Dopo una lunga discussione, e
con l’ausilio e il supporto fattivo
del Ministero del Lavoro,
l’azienda ha modificato la
propria posizione,
condividendo di verificare ogni
soluzione possibile alla
situazione occupazionale
alternativa ai licenziamenti. La
procedura è stata prorogata al
19 dicembre prossimo, giorno
che vedrà la riconvocazione al
Ministero del Lavoro di un
ulteriore incontro, mentre in
questo periodo i sindacati e
l’azienda ci incontreranno per
individuare gli strumenti da
adottare per garantire la
continuità occupazionale.
Licenziamenti scongiurati
quindi, alla ricerca di un
soluzione a salvaguardia
dell’occupazione e tanta
soddisfazione tra organizzazioni
sindacali e lavoratori.
Uniti si può.
lavoratori interni ed esterni che spesso
lavorano gomito a gomito, ma con
condizioni completamente diverse?
La terza sessione di queste due ricche
giornate non aiuta a risollevarsi il
morale: come sta la Gdo nel
Mezzogiorno? Male. Questo è evidente
già dalle prime slide del professor Luca
Pellegrini, studioso ed esperto delle
dinamiche del settore del commercio.
“L’Italia, spiega Pellegrini, è un Paese
molto diverso dal punto di vista della
distribuzione dei format commerciali.
Le stesse catene che nel resto d’Europa
hanno caratteristiche pressoché
identiche, si sono scontrate con forti
differenziazioni territoriali
che le hanno costrette a forme di
adattamento per poter sopravvivere
fornendo la giusta risposta alle diverse
forme di domanda dei consumatori.
E così, se il nord ovest è caratterizzato
dalla presenza di Ipermercati della
grande distribuzione, il nord est vede
invece la prevalenza di supermercati
tipici della distribuzione organizzata.
Così come nel sud sopravvivono
meglio le piccole realtà.
E così le grandi catene hanno scelto
ognuna una parte dell’Italia in cui
svilupparsi, quella più congeniale
all’offerta che potevano proporre.
E il sud paga le conseguenze di realtà
molto variegate, a basso reddito che non
permettono economie di scala, e i
fenomeni di disinvestimento sono
segnali preoccupanti.
A concludere questo quadro d’insieme
della realtà della distribuzione in Italia,
l’analisi della distribuzione cooperativa,
in particolare delle 9 grandi cooperative
che sono presenti nel nostro Paese:
Unicoop Firenze, Coop Adriatica,
Unicoop Tirreno, Coop Estense,
Nova Coop, Coop Lombardia, Coop
Nordest, Coop Liguria.
Nell’insieme, tra il formato iper e super,
la cooperazione ha il 17.4% della quota
di mercato. Se si parla solo di iper, la
quota di mercato sale al 28%.
L’insieme delle 9 cooperative infatti
copre il 22% degli ipermercati
e il 9% dei supermercati.
Raggiunge le punte più alte
di presenza in alcune regioni come la
Toscana dove ha una quota di mercato
del 50% o l’Emilia Romagna dove si
attesta al 40%.
L’andamento delle vendite è in generale
crescente o stabile, mentre il margine
operativo è negativo per molte delle 9
coop, con l’eccezione di Unicoop
Firenze, Nova Cooop, Coop Estense.
Ma il sistema cooperativo si basa su un
indicatore unico che è quello del
prestito sociale che viene gestito in
maniera diversa a seconda delle
caratteristiche delle diverse realtà.
Così come diffuse sono le partecipazioni
in altre società.
Il progetto Gdo della Filcams
proseguirà con un ultimo
appuntamento conclusivo che, come
spiega Fabrizio Russo: “servirà alla
categoria a completare l’analisi del
settore e formulare proposte in grado di
dare risposte ad una platea di lavoratori
sempre più variegato.
Ma non solo. Perché la vera sfida che a
breve la categoria si troverà ad
affrontare è quella del rinnovo del
contratto nazionale del commercio,
terziario e servizi che non nasce
sotto i migliori auspici.” •
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IL CASO
|
C
ONE PRICE
La lotteria del lavoro precario
Luca De Zolt
P
er i nostri nonni e
genitori “contratto” era
una parola bella,
rassicurante, univoca.
Un contratto voleva dire lavoro.
Lavoro stabile, pagato, magari
soddisfacente. Poi quella parola,
contratto, ha cominciato ad
assumere sfumature sempre
diverse, sempre più sospette,
sempre più cariche di dubbio e
perversa indeterminatezza.
I nostri avi volevano certezze,
vite pantofolaie, gondole di plastica
sopra il televisore.
Ma le generazioni di lavoratori che man
mano si sono affacciate sul mercato del
lavoro avevano bisogno di sempre più
dinamismo e meno polvere, soprattutto
le donne. Così per primi sono arrivati i
contratti a metà: i part time, gli orari
ridotti, orizzontali, verticali, misti,
elastici e flessibili. Ma non bastava.
Bisognava sperimentare di più: basta
legami indissolubili, basta promesse
eterne! È il tempo dei contratti
determinati senza limiti. E poi via con i
contratti somministrati, a progetto, le
associazioni in partecipazione, le
prestazioni occasionali, accessorie, il
lavoro a chiamata.
Ed ora, che pensavamo di aver
raggiunto ogni grado di flessibilità e
occasionalità, che pensavamo di aver
avuto tutte le risposte per un mondo del
lavoro fatto da choosy ed esodati, arriva
l’ultima novità: il lavoro a estrazione.
Questa volta l’invenzione non la
dobbiamo né alla genialità del ministro
del Lavoro di turno né a qualche
intellettuale iperliberale-ma-di-sinistra: a
proporcelo è una catena di
supermercati, la One Price, che si sta
affacciando sul mercato romano e
nazionale. Tra le iniziative promozionali
per il lancio dei nuovi punti vendita, tra
palloncini tricolore e spot su YouTube,
l’azienda ha inventato un bel concorso:
12 posti di lavoro. Specifichiamo: 12
posto di lavoro a tempo determinato e
parziale. Perché, si sa, anche le lotterie
sono precarie oggigiorno.
Il marchio One Price è di proprietà del
gruppo Bse e nel sito web aziendale si
presentano come “Portatori Sani di
Emozioni”. E certamente emozioni ne
portano. E contribuiscono a
movimentare ancora il nostro mercato
del lavoro così noioso e stantio. Oltre
all’incognita sulla durata e sulla forma
contrattuale, il lavoro a estrazione
F
•••
Il supermercato
che mette in palio
posti di lavoro
invece che la
tovaglia ricamo,
un’iniziativa
che specchia
tutti i problemi
del nostro mercato
del lavoro
introduce un elemento in più, quello
della febbre del gioco, dell’ansia per
l’estrazione, il ricordo della tombola in
famiglia e il tremore della monetina sul
gratta e vinci.
Qualche anno fa il problema da
analizzare sembrava il lavoro che veniva
trasformato in merce, spogliato della sua
funzione sociale, e quindi del carico di
diritti e dignità.
Ora il lavoro diventa addirittura un
omaggio promozionale per attirare
clienti, alla stregua del set di bicchieri o
della tovaglia ricamata.
Certamente i pubblicitari di One Price
hanno fatto centro: cosa può richiamare
più di un’offerta di lavoro in questo
periodo di crisi e disoccupazione?
Ma la trovata pubblicitaria ci dice anche
molte altre cose sul lavoro e su come
viene concepito.
Ci dice che non c’è nessun imbarazzo a
dichiarare di voler utilizzare dei contratti
a tempo determinato con presupposti
decisamente opinabili, in barba qualsiasi
legislazione o controllo.
Ci dice che a nulla valgono le
ricerche di lavoro fatte
attraverso i canali ufficiali, le
presentazioni di curriculum, i
colloqui, l’esperienza maturata
e i percorsi formativi.
Un problema, quest’ultimo, che
ben conosciamo vivendo in un
Paese in cui le raccomandazioni
sono l’unico canale di accesso al
mondo del lavoro e in cui i
servizi pubblici per
l’occupazione sono debolissimi.
One Price taglia la testa al toro e punta
sull’estrazione: una soluzione che, nel
contesto che viviamo, potrebbe
sembrare paradossalmente equa, e che
per questo ci mette in guardia su quanto
siano ormai fuori da ogni logica le
dinamiche del mercato del lavoro.
Invece delle trovate pubblicitarie,
servirebbe interventi urgenti per lo
sviluppo, ma oltre all’idee imperante
sulle aperture indiscriminate
il mondo della distribuzione non
sembra terreno fertile.
La messa in palio dei posti di lavoro è la
fase terminale di un processo in cui il
lavoro viene totalmente squalificato,
processo che investe particolarmente la
grande distribuzione, come dimostrano
anche le scelte delle controparti di
portare sempre più al ribasso il livello
del confronto sindacale.
“A Roma e nel Lazio la Grande
Distribuzione vive una crisi fortissima,
lo vediamo ogni giorno, l’iniziativa di
One Price sottolinea il livello di
svalorizzazione delle professionalità dei
lavoratori impiegati nel settore a cui
siamo arrivati” sottolinea Alessandra
Pelliccia, segretaria della Filcams di
Roma e Lazio “Pensiamo che servirebbe
fare esattamente l’opposto e ci
muoveremo contro questa iniziativa con
tutti i nostri strumenti: dal
coinvolgimento delle autorità
di controllo fino alla sensibilizzazione
dei clienti”.
“Il tema quindi non è soltanto la
denuncia di un’iniziativa offensiva e
lesiva della dignità del lavoro, ma quello
di rimettere sul giusto binario il dibattito
sulle condizioni del lavoro nella
distribuzione, sui percorsi di ingresso e
crescita del personale, sulle
professionalità, sul rovesciamento dei
paradigmi di gestione del settore che
non hanno portato a nessun risultato
positivo negli ultimi decenni”
conclude Pelliccia. •
Manieri
DALLA PRIMA
Una sfida importante
delicatissimi quali il
cambio d’appalto, le
concessioni e le
terziarizzazioni.”
La difesa del lavoro è tra
le priorità anche
della piattaforma
pulimento/multiservizi in
particolare, viste le
caratteristiche del settore, la
Filcams propone il rilancio
dell’iniziativa sulle regole: il
sindacato chiede di avviare un
percorso di confronto
strutturato e costante con le
stazioni appaltanti e gli Enti e
Istituzioni preposti alla
definizione delle gare a livello
centralizzato e decentrato.
“Obiettivo primario della
Filcams Cgil per questo
rinnovo contrattuale sarà,
come deciso dall’assemblea
arginare al massimo gli
attacchi sui diritti e le tutele
acquisite” afferma Elisa
Camellini segretaria
nazionale Filcams Cgil “e
non consentire, in alcun
modo, di mettere in
discussione la garanzia della
continuità occupazionale nei
cambi di appalto e
nell’applicazione dei tagli in
corso. Sarà necessario”
prosegue Camellini “dotare il
settore, attraverso azioni ed
iniziative congiunte con le
associazioni datoriali, di
strumenti che permettano di
intervenire anticipatamente
sulla definizione delle gare
di appalto, nonché per la
corretta applicazione delle
regole ed esigibilità delle
stesse.”
Entrambe le piattaforme,
propongono l’inserimento di
nuove forme di tutele,
elementi qualificanti e di
attenzione verso i lavoratori
nel rispetto della
conciliazione dei tempi di vita
e di lavoro: dai permessi per
le lavoratrici e i lavoratori nel
periodo di ingresso in
famiglia di minori in
affidamento o in caso di
ricongiungimento famigliare
di figli minori ai permessi per
lavoratori stranieri in caso di
rinnovo permesso di
soggiorno; dall’aspettativa
non retribuita fino a
guarigione clinica intervenuta
anche per patologie gravi non
oncologiche e non croniche
ad un monte ore di permessi
per le lavoratrici e i lavoratori
per ottemperare al rilascio di
documentazione necessaria
allo svolgimento dell’attività
lavorativa, quale ad esempio:
rinnovo libretto sanitario,
rinnovo del permesso di
soggiorno. Per la prima volta,
stante anche la concomitanza
delle scadenze e alcuni temi
quali le problematiche
relative al sistema degli
appalti, si è lavorato con un
metodo di lavoro nuovo ed
estremamente collegiale:
gruppi di analisi e confronto
estesi ai responsabili di
settore territoriali, ricerca di
sinergie costanti, hanno
caratterizzato l’iter di
preparazione e approvazione
delle due piattaforme.
Trattativa iniziata per il
turismo; a novembre si sono
svolti, i primi incontri di
presentazione delle
piattaforme, durante i quali
le organizzazioni sindacali
hanno motivato le proprie
proposte e pianificato le date
dei prossimi appuntamenti.
L’avvio del negoziato per il
settore pulimento/multiservizi
è previsto invece per il
prossimo 12 dicembre.
Una sfida importante per la
Filcams Cgil, che metterà in
campo tutte le proprie forze
affinchè si possa arrivare
quanto prima, a rinnovi
contrattuali soddisfacenti e
che abbiano tra gli obiettivi
primari la tutela dei
lavoratori. •
IL CONVEGNO
C
Rifondare
la bilateralità
Dal convegno unitario del 20
novembre la consapevolezza
che servono scelte importanti
L
a gestione della bilateralità
da parte del sindacato deve fare un
salto di qualità negli obbiettivi
come nella pratica. Questo il risultato del
convegno unitario che si è tenuto a Roma
il 20 novembre scorso.
Convengo che si è svolto nella fase
difficile di divisione delle Confederazioni
che ha portato all’accordo separato sulla
produttività e nel contesto di difficoltà
delle relazioni con Confcommercio, con la
conseguente disdetta a parte delle
organizzazioni sindacali dell’accordo sulla
Governance del 2009.
In questo panorama frammentato Filcams
Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno
rinnovato l’impegno a una gestione
unitaria della bilateralità, partendo da un
bilancio di questi anni e ponendosi
l’obbiettivo di aprire una nuova fase. La
Filcams ha proposto che questa rinnovato
impegno non si risolva in una
manutenzione blanda, ma metta mano
all’universo bilaterale in modo
approfondito, partendo dal territorio e
dalla necessità che lo stesso sia in grado
realmente di affrontare i compiti che gli
vengono affidati. Da qui la proposta di una
cabina di regia nazionale che conduca
questo processo in modo diffuso e
uniforme, partendo dalle criticità
registrate i questi anni.
Le scelte della politica individuano nella
bilateralità ruoli sempre più significativi,
vedasi l’input a orologeria sulla
costituzione dei fondi di solidarietà
bilaterale, e il mercato del lavoro chiede
una presenza sempre più efficiente e
attenta delle pratiche bilaterali.
Con l’iniziativa unitaria le federazioni del
commercio e dei servizi si sono candidate
a essere protagoniste in questa sfida forti
dell’esperienza maturata in questi anni,
anche nei confronti delle confederazioni, e
condividendo il presupposto per cui la
bilateralità deriva da scelte autonome
compiute tra le parti e non può essere,
di conseguenza, a disposizione delle
scelte legislative, dei provvedimenti di
governo o di scelte unilaterali.
Il modello, come ha sottolineato Franco
Martini nella sua relazione, non funziona
se alla bilateralità viene chiesto di
sostituirsi ai servizi pubblici, se viene
tirata in ballo per supplire a funzioni dello
Stato che vengono meno o se assorbe da
sola tutti gli sforzi contrattuali.
Serve invece una bilateralità che ha
sempre il suo riferimento nella
contrattazione, e che grazie alla
contrattazione trova spunti e linee di
azione per migliorare realmente le
condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici.
Una bilateralità che cresce nelle
responsabilità, nei compiti, come nelle
risorse gestite, e per questo deve rendersi
più efficiente, anche per allontanare le
accuse si cattiva gestione e speculazione
che piovono strumentalmente da più parti.
Efficienza che si traduce, come hanno
condiviso le tre federazione, anche
in una razionalizzazione degli Enti
e dei Fondi e quindi nell’arresto di ulteriori
proliferazioni. •
19
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CONTAMINAZIONI
| TORINO FILM FESTIVAL
© G. BIARD/WIKIMEDIA COMMONS
Il valore sociale della coerenza
“D
immi qual è la paga
oraria?”
“8 dollari e 50 l'ora”
“Che data ha?” “22 Dicembre
1983!” “17 anni fa quel pulitore
guadagnava 8,50 dollari l'ora, più
l'assicurazione sanitaria, più
l'indennità di malattia più le ferie,
d'accordo? Oggi, a Los Angeles,
all'alba del nuovo millennio, non
esiste più un accordo! Ti danno
5,75 dollari l'ora e nient'altro! Negli
ultimi vent'anni sono stati sottratti
miliardi alle comunità più povere
della città! Dobbiamo
riprenderceli!”. (estratto dal film
“Pane e Rose”, 2000, di Ken Loach)
Qualche settimana fa a Torino un
episodio ha creato notevole
scalpore e conseguente
pubblicistica mediatica.
L'episodio è il seguente: K. Loach,
noto regista britannico da sempre
attento alle tematiche sociali
e del lavoro in generale, sulle quali
ha fondato l'intera sua indagine e
percorso artistico, si è rifiutato di
presentarsi al Torino Film Festival
per ritirare un premio a lui
riconosciuto.
La motivazione di questo rifiuto è
stata cagionata dal fatto che,
all'interno del Museo del Cinema di
Torino, l'appalto del servizio di
custodia e controllo accessi risulta
in affidamento a una cooperativa
che non appare essere tropo
“limpida” nell'applicazione delle
norme di legge e contrattuali nei
confronti dei suoi soci-lavoratori.
Nello specifico questa mancata
C
limpidezza significa che l'azienda in
questione (la cooperativa Rear)
applica un contratto che si può
tranquillamente definire “pirata”
anche alla luce di recenti sentenze
(peraltro proprio del tribunale di
Torino): il contratto Unci.
Questo contratto garantisce a chi lo
applica la possibilità di trattamenti
economici e normativi per i
lavoratori estremamente inferiori
rispetto ai contratti siglati dalle
organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative
(Cgil-Cisl e Uil) in dispregio delle
normative costituzionali (art. 36) e
di legge (art. 7 co. 4 della L.
31/2008) con conseguenti
trattamenti al massimo ribasso e
dumping contrattuale, nonché
concorrenza sleale nei confronti
delle aziende che invece
operano correttamente sul
mercato degli appalti.
In aggiunta a ciò la Cooperativa
Rear recentemente si era anche
resa protagonista per alcuni
licenziamenti a carattere
disciplinare di dubbia legittimità
(ma che spesso trovano ragioni
giustificative all'interno delle
normative che autoregolamentano
queste pseudo-cooperative).
Alla luce di quanto sopra il regista
Ken Loach, in coerenza con le
ragioni artistiche su cui ha sino ad
oggi fondato il proprio lavoro,
ha ritenuto di non presenziare al
Film Festival intendendo così
esprimere la propria solidarietà alla
lotta di questi lavoratori (che
peraltro qualche tempo fa avevano
inviato una lettera al regista
sottoponendogli la loro condizione
di disagio).
Il gesto di Loach ha causato
svariate critiche da parte di colleghi
artisti e mondo politico (lo stesso
sindaco Piero Fassino ne ha
criticato le modalità della
singolare protesta).
Senza entrare nel merito della
scelta di Loach (se fosse più giusto
presenziare e formalizzare in quella
sede le motivazioni del rifiuto o
piuttosto non presentarsi affatto
come è successo creando l'evento
nell'assenza) e senza entrare nel
merito delle contraddizioni interne a
chi ha criticato (in particolare il
mondo politico, giacché non si può
non accorgersi che il presidente
della Cooperativa Rear, Mauro
Laus, è attualmente consigliere
regionale Pd) non si può che
sottolineare l'importanza
di questo gesto per i lavoratori del
mondo degli appalti.
I lavoratori e le lavoratrici del
settore sono spesso identificati
come lavoratori “invisibili”.
Sono persone a cui spesso non
sono riconosciuti i diritti
degli altri lavoratori.
A fronte del fatto che, nel mondo
degli appalti, la stragrande
maggioranza dei lavoratori sono
assunti con contratto a tempo
indeterminato (e in quanto tali nelle
statistiche individuati nella fetta dei
garantiti) bisogna necessariamente
partire dall'assunto che un
lavoratore in appalto è sempre un
lavoratore precario, perché ogni
volta che si fa una nuova gara o
avviene un nuovo affidamento per
un servizio (quale quello di custodia
nell'esempio di Torino) il suo lavoro,
o quantomeno le condizioni del
lavoro e la retribuzione stessa sono
sempre in bilico e vanno sempre
riconquistate, perché sempre c'è
un tentativo di speculazione al
ribasso e sulla pelle dei lavoratori
da parte dell'azienda che subentra.
In aggiunta a questo dato di base,
l'esplosione all'interno del settore
delle cosiddette cooperative spurie
(vere e proprie aziende a carattere
padronale mascherate da finte
cooperative) che applicano
regolamenti interni e/o contratti
“pirata” sottoscritti da fantomatiche
organizzazioni datoriali e sindacali
C
(quale è ad esempio il contratto
Unci-Confsal applicato dalla
cooperativa Rear) sta creando un
duplice effetto, non giustificato e
anzi assolutamente da contrastare,
in questi tempi di crisi
generalizzata.
Con la scusa di abbassare i costi o
di far finta di non accorgersi
dell'elusione delle regole di tutela di
base anche i committenti (in questo
caso il Museo del Cinema ma gli
esempi sono centinaia in tutta Italia)
stanno accondiscendendo a questi
fenomeni a tutto danno dei
lavoratori, che operano in queste
imprese, e delle aziende che invece
continuano a tentare di competere
sul mercato attraverso il rispetto
delle regole.
Il duplice effetto causato da questo
atteggiamento silente e remissivo
che spesso viene giustificato dalle
carenze economiche delle casse
pubbliche (comunali, regionali,
ministeriali che esse siano) è infatti
l'abbassamento dei diritti del lavoro
in appalto e la deregolamentazione
del settore, che facilita l'ingresso di
soggetti imprenditoriali di dubbia
moralità e affidabilità.
Bene ha fatto, dal nostro punto di
vista, K. Loach a porre luce sul
problema con la sua assenza al
Film Festival di Torino e
auspichiamo che forme simili di
protesta/rivendicazione abbiano a
ripetersi anche nel futuro
e anche in altri settori.
Il lavoro e, aggiungiamo, anche il
mercato hanno, mai come in un
momento di crisi quale quello
attuale, bisogno di regole uniformi;
pena ne sia la progressiva
destrutturazione dei diritti sociali e
civili su cui il nostro paese e
l'Europa tutta hanno impostato, nel
secolo scorso , il proprio modello di
sviluppo e di crescita. •
Adriano Montorsi
DALLA PRIMA
Per un’ alternativa ai consumi festivi
•••
Oggi, invece, lo shopping festivo più
che un’esigenza, è diventato un
fenomeno culturale, una dinamica
che caratterizza il moderno consumo del
tempo libero. Il centro commerciale è diventato
il rifugio di una comunità sempre più
individualizzata, non più in grado di
consumare beni relazionali. Lo shopping
festivo è la conseguenza di una società che non
ha la capacità di reinventarsi durante i giorni
di festa, di offrire un’alternativa al consumo di
massa. Le nostre istituzioni, soffocate dai
continui tagli finanziari, non sentono più la
necessità di investire nel nostro inestimabile
patrimonio culturale e la promozione dell’arte
e dello spettacolo viene sempre più delegata
all’iniziativa privata dei singoli.
Come Filcams Cgil abbiamo per questo
lanciato “La Festa non si vende”, una
campagna nazionale per un’alternativa
ai consumi festivi.
La campagna rivendica una
programmazione delle aperture
commerciali che soddisfi le esigenze dei
consumatori e che migliori le condizioni
di vita e di lavoro delle lavoratrici, dei
lavoratori e delle loro famiglie, e al tempo
stesso vuole rilanciare una idea
diversa di fruizione del tempo libero, che
recuperi e valorizzi l'identità culturale del
Paese e contribuisca a rafforzarne la
coesione sociale. •
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Dicembre 2012 - Filcams Cgil