IL PUNTO
DIRITTO D’ASILO E INTEGRAZIONE
IN EUROPA, AUDIZIONE
DEL DIRETTORE DEL CIR
AL COMITATO SCHENGEN
Il Direttore del CIR
Christopher Hein ha effettuato
lo scorso 23 ottobre un'audizione
presso il Comitato parlamentare
di controllo sull'attuazione
dell'accordo di Schengen, di
vigilanza sull'attività di Europol,
di controllo e vigilanza in materia
di immigrazione – alla presenza
del Presidente Margherita
Boniver- nell'ambito dell'indagine
conoscitiva sul diritto di asilo,
immigrazione ed integrazione in
Europa. Di seguito ne riportiamo
i principali temi emersi durante
l’audizione.
del Decreto legislativo sulla procedura d’asilo, annunciato entro 6 mesi dalla pubblicazione del Decreto,
ovvero entro l’estate 2008.
Su questo tema, Tavolo Nazionale Asilo ha già presentato dettagliate proposte per tale Regolamento.
- E’ importante arrivare, anche attraverso una modifica
legislativa, ad un sistema unico di accoglienza per
rifugiati e richiedenti asilo. In questo caso, è necessario potenziare da subito il sistema SPRAR
- Superamento della crisi del Nord Africa: è stato sottolineata la mancanza di un Programma governativo
atto ad assicurare a tutti i profughi arrivati nel 2011
dalla Libia e dalla Tunisia una protezione umanitaria
e la necessità di utilizzare fondi per favorire soluzioni. Per quanto concerne i costi della mera accoglienza, il Comitato ha preso atto con molto interesse
della situazione: il costo si aggira su 1,3 miliardi di
euro, ovvero circa 20mila per ogni persona accolta
da ormai 18 mesi; invece, misure per favorire l’integrazione costerebbero- secondo le esperienze fatte
dal CIR- in media circa 2.500 euro a persona, 1.500
euro per favorire il ricongiungimento familiare e circa
2.200 euro a persona l’assistenza per il rimpatrio volontario e la reintegrazione nel paese d’origine.
- Regolamento Dublino II: è stata ricordata la giurisprudenza di alcuni Paesi dell’Unione europea, per cui
viene sospesa la restituzione all’Italia di richiedenti
asilo in attuazione del Regolamento, per il fatto che
non ci sono condizioni sufficienti per un’accoglienza
dignitosa e che i rifugiati riconosciuti vengono abbandonati a loro stessi, senza un programma generale di
sostegno alla loro integrazione.
I
l Direttore del CIR Christopher Hein ha voluto impostare il suo contributo in forma propositiva.
Questi i principali punti dell’intervento del Direttore
del CIR:
- Per quanto riguarda le proposte legislative, a 5 anni
di distanza tuttora manca il Regolamento di attuazione
cirnotizie
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IL PUNTO
arrivo vengono affidati ad enti con il solo criterio del
minor costo, senza criteri di qualità di servizio e senza
tener conto dell’esperienza maturata nel settore.
DIRITTO D’ASILO E
INTEGRAZIONE IN EUROPA
Per quanto riguarda il livello europeo, Hein ha
espresso l’opinione che l’attuale processo di riforma
di tutte le Direttive sull’Asilo e del Sistema Dublino certamente porteranno ad un rafforzamento della protezione in Europa, però lasciano molti dubbi su alcuni
aspetti, come la possibilità di detenzione amministrativa dei richiedenti asilo e il fatto che non in tutti i casi
viene garantito un ricorso effettivo contro una decisione negativa.
Oltre alla Presidente Boniver, durante l’Audizione sono
intervenuti, con domande, osservazioni e richieste di
chiarimenti anche i senatori Massimo Livi Bacci (PD)
e Diana De Feo (PDL), il deputato Ivano Strizzolo (PD).
Rispondendo alle domande dei parlamentari presenti,
il Direttore del CIR ha lamentato che i servizi ai valichi
di frontiera per l’orientamento dei richiedenti asilo in
(a cura di Luca C. Zingoni)
SISTEMA DI ASILO IN ISRAELE, DIRETTORE CIR A CONFERENZA A TEL AVIV SU RIFUGIATI
E RICHIEDENTI ASILO
Il Direttore del CIR Christopher Hein è intervenuto lo scorso 13 novembre a Tel Aviv ad una conferenza su rifugiati e
richiedenti asilo in Israele organizzata dall’Academic Centre of Law and Business insieme alla Fondazione Heinrich
Böll del Partito Verde tedesco.Dal 2007 e per la prima volta nella sua storia, Israele si trova a confrontarsi con
l’arrivo di circa 60.000 richiedenti asilo africani, quasi tutti eritrei e sudanesi che transitano attraverso Egitto/Sinai.
In risposta, Israele ha eretto un recinto sulla frontiera con l’Egitto.
Hein è intervenuto proprio nella sessione sulle conseguenze giuridiche di questo recinto, considerando comunque
che Israele è uno Stato firmatario della Convenzione di Ginevra sui Rifugiati oltre che di tutte le Convenzioni sui Diritti
Umani.
La Conferenza ha visto la partecipazione di enti di tutela israeliani, rappresentanti dei Ministeri dell’Interno, della
Giustizie e degli Esteri, dell’UNHCR e di accademici.
La situazione dei richiedenti asilo è stata descritta come disperata visto che di fatto non possono accedere al
riconoscimento dello status di rifugiati e hanno uno status di “tollerati”, a volte chiamato protezione temporanea.
Anche il fatto che lavorino, in assenza di un vero diritto, è tollerato.
E’ stata anche organizzata una visita nel quartiere sud della città di Tel Aviv dove negli ultimi anni si sono insediati
circa 30 mila Eritrei e Sudanesi in una situazione di degrado e mancanza di servizi essenziali.
Di fatto si tratta di una specie di ghetto. E’ comunque da sottolineare che in Israele esiste un sistema giudiziario
efficace e buona parte delle attività degli enti di tutela e dei loro avvocati consiste nella presentazione di ricorsi sulla
negazione dei diritti elementari dei rifugiati.
La presenza ormai massiccia di rifugiati africani, non ebrei e non palestinesi, in un paese di nemmeno 5 milioni di
abitanti, rappresenta un fenomeno del tutto insolito per una società la cui identità si fonda sull’appartenenza al
popolo e alla religione ebraica.
Hein ha fatto presente che non a caso il movimento di rifugiati dal Corno d’Africa verso Egitto e Israele è iniziato precisamente nel periodo in cui gli accordi tra l’Italia e la Libia hanno reso molto più difficile il loro arrivo in Europa
attraverso il Mediterraneo.
cirnotizie
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S TAT I S T I C H E
DATI EUROSTAT 2012: NEI PRIMI SEI
MESI 5.580 NUOVE RICHIESTE
D’ASILO IN ITALIA
Raggruppando i dati riguardanti
le richieste d’asilo nei 27 paesi
dell’UE per il primo semestre 2012
l’Italia ha avuto 5.580 nuove
richieste d’asilo, in forte calo
rispetto allo stesso periodo del
2011 (20.905).
Nel primo semestre del 2012 sono
state prese 13.910 decisioni (dato
che include decisioni su casi
pendenti degli anni precedenti):
3.980 persone hanno ottenuto una
forma di protezione (1.015 lo
status di rifugiato, 1.675 la
protezione sussidiaria e 1.290 un
permesso per motivi umanitari);
9.940 richiedenti asilo hanno
ottenuto il diniego.
I gruppi più numerosi di richiedenti asilo che hanno
cercato protezione nel nostro paese sono: i Pakistani
(18% del totale, pari a 600 persone, seguiti da Senegalesi (12% con 400 persone), Nigeriani (8% con
270 persone), Tunisini (7% con 230 persone).
I richiedenti asilo – in grande maggioranza di sesso
maschile- sono mediamente molto giovani, in un età
compresa tra i 18 e i 34 anni (73,4%); i minori sono
l’8,9%.
Nel secondo trimestre del 2012 sono state prese
6.820 decisioni (dato che include decisioni su casi
pendenti degli anni precedenti): 2.250 persone (il
33% del totale) hanno ottenuto una forma di protezione (580 lo status di rifugiato pari all’8%, 1.000 la
protezione sussidiaria pari al 15% e 670 un permesso
per motivi umanitari, pari al 10%); 4.575 richiedenti
asilo hanno ottenuto il diniego (il 67% del totale).
Tra chi ha ottenuto lo status di rifugiato: al primo posto
ci sono gli Egiziani (65), seguiti da Sud Sudanesi (55)
e Afghani (55); tra chi ha ottenuto la protezione sussidiaria: primi i richiedenti del Mali (400), seguiti da
Afghani(155) e Somali (120); tra chi ha ottenuto un
permesso per motivi umanitari: primi i Pakistani (145),
seguiti dai Nigeriani (120), e dagli Ivoriani (80). Tra
i gruppi con il più alto numero di dinieghi: i migranti
provenienti da Nigeria (1.250), Ghana (6490) e Pakistan (370).
DATI 2° TRIMESTRE 2012 IN ITALIA
DATI 2° TRIMESTRE IN EUROPA
(da Redattore sociale.it)
S
ono stati resi noti da EUROSTAT i dati riguardanti le richieste d’asilo nei 27 paesi dell’UE
per il secondo trimestre 2012: l’Italia ha avuto
3.370 nuove richieste d’asilo, in aumento rispetto al
precedente trimestre (2.210 richieste,+50%), ma in
forte calo rispetto allo stesso periodo del 2011
(15.025, -78%).
cirnotizie
Sono complessivamente 69.930 le richieste presentate nell’Unione europea nel secondo trimestre 2012,
in lieve crescita rispetto al primo (+ 1%), ma in calo
del 10% rispetto al secondo trimestre 2011. Tra i
paesi che hanno ricevuto il maggior numero di richie-
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S TAT I S T I C H E
SEMINARIO CIR-ICJ SU ESPULSIONE DI
MIGRANTI E RICHIEDENTI ASILO E
DIRITTO INTERNAZIONALE
DATI EUROSTAT 2012
ste: Francia (13.750), Germania (12.800), Belgio
(6.760), Regno Unito (6.415) e Svezia (8.790).
Per quanto riguarda le decisioni di primo grado in materia di asilo, invece, sempre durante il secondo trimestre del 2012, nell’Ue ne sono state prese
65.260: in totale 18.260 persone hanno ricevuto
una forma di protezione (9.360 lo status di rifugiato,
7.455 la protezione sussidiaria; 1.445 il permesso
per motivi umanitari), 47.000 persone hanno ricevuto
il diniego. Tra le decisioni degli altri Paesi europei,
spiccano la Francia, con 14.485 decisioni prese e
oltre 12mila dinieghi, il Belgio, con 6.320 decisioni
e 5mila dinieghi, la Svezia, con oltre 7mila decisioni
e 5mila dinieghi. Per la Germania, invece, su
12.455 decisioni prese, i dinieghi sono circa la
meta’.
(a cura di Luca C.Zingoni)
cirnotizie
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Lo scorso settembre la Commissione Internazionale
di Giuristi (International Commission of Jurists –
ICJ) ed il CIR (sezione legale) hanno organizzato
un seminario dedicato a “Espulsione di migranti
e richiedenti asilo e diritto internazionale- Il principio di non-refoulement, il rispetto delle misure
provvisorie e la sospensione dell’espulsione ai
sensi del diritto internazionale”. Al seminario
hanno partecipato giudici di pace, avvocati e
specialisti del settore.
Il seminario è stato suddiviso in due giornate:
durante la prima giornata è stata analizzata la
normativa e la giurisprudenza internazionale
sul principio di non-refoulement o di non respingimento, la sua applicazione nella giurisprudenza italiana, assieme ad una prospettiva di
diritto comparato con il sistema spagnolo.
Durante la seconda giornata è stata analizzata
in maniera più dettagliata la normativa e la
giurisprudenza internazionale in materia di
rispetto delle misure provvisorie degli organismi
internazionali; si è parlato inoltre del loro rispetto
in Italia e della sospensione dell'espulsione in
casi di non-refoulement attraverso esperti nazionali.
Il seminario è stato anche l’occasione per presentare la traduzione in italiano della Guida
per Operatori del Diritto n. 6 dell’ICJ intitolata
“Immigrazione e Normativa Internazionale dei
Diritti Umani” pubblicata in queste settimane.
Maria de Donato, Responsabile sezione legale
del CIR, ha moderata i lavori; sono intervenuti,
tra gli altri: Hèlèna Behr, Sezione Protezione
UNHCR Italia, Massimo Frigo, Legal Adviser
della Commissione Internazionale di Giuristi,
José Antonio Martin Pallin, giudice emerito della
Corte Suprema di Spagna, Diego Loveri, Segretario Generale Unione Democratica Giudici
di Pace, gli avvocati Andrea Pinci e Matteo
Magnano e il Direttore del CIR Christopher
Hein.
Il seminario è stato organizzato grazie al
sostegno di Open Society Foundations
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SPECIALE
FINE DELL’EMERGENZA
NORD AFRICA?
“L'emergenza è finita da un anno,
ma per i profughi continua”.
A pochi mesi dalla conclusione
della cosiddetta Emergenza Nord
Africa appare ancora incerta la
sorte delle oltre 20 mila persone
giunte in Italia dalla Libia nel
2011, tra cui molti rifugiati in
fuga da guerre e persecuzioni. Nel
calendario che presentiamo i
principali fatti e l’impegno del CIR
e degli altri enti di tutela a
sostegno dei diritti e della dignità
di tanti profughi.
gioni. Questo testo contiene riflessioni e proposte per
alleggerire, almeno in parte, la ricaduta negativa che
ci sarà sicuramente dopo la chiusura del circuito d’accoglienza dell’emergenza. Le persone ancora in accoglienza (che rischiano di finire in strada, ndr), sono
ancora circa 18.000” dice Daniela Di Capua, direttrice del Servizio Centrale del progetto Sprar (Sistema
di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) in un’intervista a “Corriere immigrazione”
Il commento del CIR
Il CIR considera che il Documento di Indirizzo affronti
finalmente alcune delle questioni connesse al superamento dell’Emergenza Nord Africa, in particolare per
quanto riguarda:
a) il potenziamento dello SPRAR, portando la capacità di accoglienza da attuali 3 mila posti a 5
mila posti. Tuttavia, questo per il momento è un
“indirizzo” e non si è ancora concretizzato neanche per una prima fase che prevede l’accreditamento di 9 milioni di euro anche se questo
stanziamento veniva già annunciato il 21 Settembre 2011 (OPCM 3965, art 2).
b) Interventi per minori stranieri non accompagnati
che prevedono, in sostanza, che il governo si faccia carico delle spese dei Comuni per la loro accoglienza.
RISULTATI DELLA CONFERENZA
UNIFICATA STATO-REGIONI
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6 settembre 2012- Dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri è stato diffuso il “Documento di
Indirizzo per il superamento dell’Emergenza
Nord Africa”approvato dal Tavolo di Coordinamento
Nazionale presieduto dal Ministro dell’Interno Cancellieri, che vede la partecipazione della Protezione
Civile, del Ministero del Lavoro, delle Regioni, dell’Unione delle Provincie Italiane e dell’ANCI.
c) L’intenzione di uniformare i sistemi di accoglienza
(CARA, SPRAR, Emergenza Nord Africa).
d) Il rendere il Tavolo di Coordinamento Nazionale
e Regionale permanenti.
e) Un inizio di intervento per l’integrazione lavorativa
in favore di (al momento) 1.000 richiedenti e beneficiari della protezione internazionale.
Commento del Direttore SPRAR - “Il 26 settembre è stato
approvato in Conferenza Unificata un documento redatto dal Viminale in collaborazione con il ministero
del Lavoro, l’Anci, l’Upi e la Conferenza delle Re-
cirnotizie
Tutti questi sono, appunto, intenti che - a tre mesi dalla
fine dell’”Emergenza Nord Africa”e quindi dalla di-
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SPECIALE
guate risorse per il proseguimento dell’accoglienza
nel 2013’’.
FINE DELL' EMERGENZA NORD
AFRICA?
‘’E’ del tutto evidente – sottolinea - che i due aspetti
sono direttamente collegati. Senza riconoscimento di
status giuridico non parte il processo di integrazione
e quindi piu’ di 20.000 persone saranno costrette a
rimanere in carico ai servizi, prolungando l’accoglienza inutilmente e per tempi indefiniti’’.
sponibilità di fondi straordinari- non si sono ancora
trasformati in atti concreti; nel Documento non viene
affrontato, se non in modo marginale l’aspetto cruciale: lo status delle persone che non hanno ottenuto
nessuna forma di protezione.
Secondo le nostre informazioni, sembra che l’orientamento sia che in cambio della rinuncia della richiesta
di asilo o del ricorso contro una decisione negativa
in prima istanza, si rilasci un permesso di soggiorno
per motivi umanitari in favore di tutte le persone arrivate nel 2011 dal Nord Africa e non già titolari di
una protezione in Italia.
‘’Chiediamo pertanto con urgenza al Governo di
dare corso a quanto gia’ concordato e al Ministro
Cancellieri di intervenire quanto prima, avviando immediatamente lo stanziamento di risorse adeguate per
affrontare il 2013 e definendo una forma di protezione per quanti ne sono ancora privi. Siamo di fronte
a un ritardo francamente incomprensibile – aggiunge
- trattandosi di misure gia’ concordate, che frena
senza motivo il processo di ritorno all’ordinarieta’. E’
a repentaglio la tenuta complessiva di un sistema che
finora ha ben risposto, grazie al grande senso di responsabilita’ e solidarieta’ dimostrato dai territori’’.
Nel Documento di Indirizzo troviamo in varie parti un
linguaggio che riprende le valutazioni e le proposte
fatte molti mesi fa dal CIR e dal Tavolo Nazionale
Asilo.
‘’Rischiamo di ricadere in una condizione di emergenza che il nostro Paese – conclude Delrio - non puo’
in alcun modo permettersi’’. (mt/dip) da www.anci.it
Dobbiamo comunque constatare che fin qui non si
tratta di uno strumento direttamente applicabile e abbiamo grande preoccupazione sul fattore tempo. Il rischio che molte migliaia di persone si trovino sulla
strada fra pochi mesi rimane purtroppo ancora concreto.
DELRIO (ANCI): A RISCHIO SOSTENIBILITA’ ACCOGLIENZA PER 20.000 PERSONE
10 ottobre 2012- ‘’Segnali di forte preoccupazione
ci arrivano dai territori in merito alla situazione che si
sta venendo a creare in relazione alle persone arrivate
in Italia nell’ambito della cosiddetta Emergenza nord
Africa e ancora presenti nelle strutture di accoglienza’’. E’ quanto dichiara il Presidente dell’ANCI,
Graziano Delrio.
ENTI DI TUTELA LANCIANO APPELLO:
DIGNITÀ E DIRITTI PER I PROFUGHI
25 ottobre 2012 - Alcune delle maggiori organizzazioni sociali e sindacali che in Italia sono impegnate
per il rispetto dei diritti e della dignità dei migranti ARCI, ASGI, Centro Astalli, Senza Confine. CIR,
CGIL, UIL, SEI UGL, FCSEI, Focus-Casa dei Diritti Sociali - hanno convocato per martedì 30 ottobre una
manifestazione a Roma per chiedere al governo risposte certe sulla sorte delle migliaia di persone giunte
nel nostro Paese dalla Libia in guerra nel 2011.
Di seguito il testo dell’Appello che spiega i motivi e
gli obiettivi della mobilitazione:
’Nonostante gli impegni assunti formalmente in Conferenza Unificata e dettagliati in sede di Tavolo tecnico presso il Ministero dell’Interno – spiega rimangono senza risposta due questioni fondamentali
per una progressiva uscita dalla fase emergenziale:
da un lato la definizione dello status giuridico dei richiedenti asilo e di tutti coloro che non hanno ancora
ricevuto una forma di protezione dalle Commissioni
territoriali e dall’altro l’immediato stanziamento di ade-
cirnotizie
Emergenza Nord Africa: dignità e certezze per i profughi e i territori coinvolti
Mobilitazione per le oltre 20.000 persone accolte
nella gestione Emergenza Nord Africa
Mancano meno di tre mesi alla conclusione della cosiddetta Emergenza Nord Africa, la cui gestione è
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SPECIALE
stata affidata alla Protezione Civile, e non si sa ancora quale sarà la sorte delle oltre 20 mila persone
giunte in Italia dalla Libia nel 2011, tra cui molti rifugiati in fuga da guerre e persecuzioni.
FINE DELL' EMERGENZA
NORD AFRICA?
Preoccupa la mancanza di un provvedimento che consenta alle molte migliaia di persone presenti di ottenere un titolo di soggiorno di lungo periodo, senza il
quale è impossibile avviare qualsiasi progetto di inserimento sociale.
altissima. Senza soluzioni realistiche e dignitose si
rischia di sprecare ancora per molto tempo ingenti
risorse pubbliche alimentando peraltro razzismo e
conflitti.
Pertanto, si chiede con forza e urgenza al Governo:
Per questo saremo a Roma il 30/ ottobre a Piazza del
Pantheon, a partire dalle 14.00, insieme ai profughi per
chiedere una soluzione urgente e dignitosa.
• Una decisione immediata con un provvedimento
chiaro che consenta il rilascio di un permesso di
soggiorno umanitario in favore di tutti i profughi
giunti dalla Libia.
Primi promotori: ARCI, ASGI, Centro Astalli, Senza Confine. CIR, CGIL, UIL, SEI UGL, FCSEI, Focus-Casa dei
Diritti Sociali
• Una soluzione dignitosa e efficace per l’inclusione
sociale dei profughi coinvolti nei progetti d’accoglienza, con la predisposizione di risorse adeguate, che consenta di realizzare il processo di
integrazione di queste persone con precisi percorsi
di uscita dai centri emergenziali con una chiara
previsione di misure di sostegno.
CIR - MANIFESTAZIONE PROFUGHI
NORD AFRICA: NON C’E’ PIU’ TEMPO
DA PERDERE
29 ottobre - Il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR)
ha deciso di aderire alla manifestazione a Roma a
Piazza del Pantheon (promossa tra i primi da ARCI,
• Un coinvolgimento reale delle organizzazioni di
tutela e dei territori coinvolti nell’accoglienza per
la definizione delle soluzioni
concrete.
• Una verifica puntuale della qualità dei servizi erogati sul territorio nell’ambito dei progetti
d’accoglienza per evitare sprechi, chiudendo al più presto
quelle esperienze inadeguate di
ospitalità e valorizzando le
esperienze di qualità, con
l’obiettivo di riportare quest’ultime al più presto all’interno
della rete SPRAR.
• In mancanza di soluzioni concrete e rispettose della dignità
delle persone e dei territori coinvolti riteniamo che il rischio di innescare tensioni sociali e di
provocare ulteriore disagio sia
da sin: Il Direttore del CIR Hein e il Presidente Pezzotta alla Manifestazione di Roma- foto
CIR/Mittendorff
cirnotizie
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SPECIALE
“La manifestazione del 30 ottobre è un grido d’allarme,
e vogliamo fare un appello a tutte le associazioni che
condividono le nostre preoccupazione nonché ai profughi stessi, ove possibile, a partecipare.”
FINE DELL' EMERGENZA NORD
AFRICA?
ASGI, Centro Astalli, Senza Confine. CIR, CGIL, UIL,
SEI UGL, FCSEI, Focus-Casa dei Diritti Sociali) per sollecitare con urgenza una soluzione per la sorte di
circa 20.000 profughi arrivati a seguito della crisi nel
Nord Africa.
Migliaia di persone che si trovano ancora, e molti da
18 mesi, in centri di accoglienza sparsi su tutto il territorio nazionale, senza avere alcuna certezza riguardo
al proprio futuro. Nei due anni 2011/12 sono stati
spesi 1,3 miliardi di Euro, principalmente per fornire
vitto e alloggio. “Dal dicembre scorso abbiamo presentato al Governo delle proposte per avviare programmi
per favorire l’integrazione dei profughi, o, qualora volontariamente voluto, il sostegno al rimpatrio e alla reintegrazione nei Paesi di origine, con una spesa molto
inferiore a quella sinora sostenuta”, afferma Savino Pezzotta, Presidente del CIR.
Nel corso dei mesi si sono avuti riscontri delle pessime
condizioni di accoglienza garantite: molti centri sono
fatiscenti, la dignità delle persone non viene rispettata
e i servizi alla persona non sono erogati. Il CIR chiede
una indagine scrupolosa da parte della Magistratura
su eventuali malversazioni dei fondi destinati all’l’accoglienza, nonché un monitoraggio delle autorità sulla
gestione di questi centri e la conseguente chiusura di quelli che
non rispecchiano gli standard stabiliti dalla Protezione Civile.
Il CIR ritiene che a questo punto
soluzioni reali non siano più derogabili, e che non ci sia più un
giorno da perdere. I profughi devono in primo luogo ottenere un
permesso di soggiorno per motivi
umanitari senza alcun impantanamento in difficili pratiche burocratiche e, in secondo luogo,
devono ricevere l’orientamento
verso le soluzioni più adatte alle
singole situazioni.
“L’emergenza è finita da un
anno, ma per i profughi l’emergenza continua”, dichiara Christopher Hein, Direttore del CIR. Due momenti della Manifestazione di Roma; foto CIR/Mittendorff
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SPECIALE
30 OTTOBRE 2012 – LA MANIFESTAZIONE: ‘NON SIAMO FANTASMI’
FINE DELL' EMERGENZA
NORD AFRICA?
“Per ricordare al governo che ‘’non sono fantasmi, ma
persone’’ alcune decine di richiedenti asilo, provenienti
da diversi paesi dell’Africa subsahariana, hanno
manifestando coperti da lenzuola bianche davanti al
Pantheon. Obiettivo del flash mob, organizzato tra gli
altri da Arci, Cir,Centro Astalli, Cgil, Uil e Sei Ugl, e’
‘’sollecitare con urgenza una soluzione per la sorte di
circa 24.000 profughi arrivati in Italia a seguito della
crisi nel Nord Africa’’.
‘’Non siamo fantasmi, siamo persone’’, si legge sui cartelli, tradotti in piu’ lingue, che indossano i richiedenti
asilo.
‘’Continueremo questa battaglia nel Parlamento e nella
societa’ - ha assicurato il deputato dell’Udc e Presidente
del CIR,Savino Pezzotta - il nostro e’ un impegno di giustizia e civiltà”.
cura della Protezione Civile di istruire gli enti gestori dei
centri di accoglienza affinché possano informare in
modo capillare tutti i profughi su questa procedura.
IL COMMENTO DEL CIR: Da un lato il CIR si dichiara
soddisfatto che con questo provvedimento si sia cercato
di evitare che un gran numero di profughi si trovi senza
permesso di soggiorno e senza protezione alcuna.
Dall’altro lato al CIR sembra che questa procedura sia
inutilmente farraginosa e che, nonostante le modalità informatiche previste, si rischia di perdere molto tempo, in
primo luogo presso le Questure e poi presso le Commissioni Territoriali. Sulla base della normativa vigente, in
particolare gli articoli 19 e 5 comma 3 del Testo Unico
sull’Immigrazione, si sarebbe potuto semplicemente
istruire le Questure al rilascio a tutti i profughi, altrimenti
senza protezione, di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Appare ovvio che il governo voglia evitare
l’impressione di una “sanatoria” per poi comunque arrivare allo stesso risultato a costo di altro tempo prezioso
perso.
Peraltro risulta non definito chi può essere “beneficiario”
della procedura di ri-esame in termini di periodo entro il
quale i profughi dovrebbero essere arrivati in Italia e la
loro provenienza. In dettaglio rimangono molte domande aperte e si teme un’eccessiva discrezionalità
delle Questura a procedere.
NUOVE PROCEDURE
2 novembre - Il Ministero dell’Interno (con Comunicazione del 26-10-2012) rende note le modalità operative
per definire le posizioni dei richiedenti protezione internazionale destinatari, allo stato attuale, di una decisione
di diniego.
Emergono finalmente in questi ultimi giorni degli orientamenti del governo in quanto allo status giuridico dei profughi arrivati da Nord Africa nel 2011.
In modo piuttosto velato viene raccomandato alle Commissioni territoriali di conferire come minimo la protezione
umanitaria tanto nei confronti dei richiedenti asilo la cui
domanda deve essere ancora esaminata, quanto nei
confronti di coloro che hanno già ottenuto un diniego.
Per ambedue i gruppi vengono sollevate delle “esigenze
umanitarie connesse alla recisione dei legami con il
paese di origine”. Per il secondo gruppo, peraltro molto
numeroso, si delinea la seguente procedura: i profughi
devono ripresentare alle questure la richiesta di asilo che
viene trasmessa on line all’interno del sistema VESTANET
alle Commissioni Territoriali per una nuova valutazione
che dovrebbe seguire l’indicazione di concedere la protezione umanitaria.
Nel momento di presentare la nuova richiesta alla Questura, i profughi vengono invitati a rinunciare all’audizione personale; in tal caso le Commissioni Territoriali
devono prendere una decisione entro 20 giorni dalla ricezione delle domande “C3” on line. La rinuncia, comunque, non è obbligatoria. Non viene richiesto un ritiro
di un eventuale ricorso contro il diniego.Dovrà essere
cirnotizie
TAVOLO ASILO CHIEDE INCONTRO A
CANCELLIERI E RICCARDI
19 novembre - In una lettera inviata ai Ministri Cancellieri
e Riccardi, 9 organizzazioni (tra cui il CIR) appartenenti
al Tavolo Nazionale Asilo – hanno chiesto un incontro
urgente con i Ministri dell'Interno e dell'Integrazione per
discutere le misure per il superamento della "Crisi Nord
Africa".A meno di 6 settimane dalla fine decretata dell'emergenza e alla luce di vari recenti circolari in parte
in contraddizione tra di loro nell'ottenimento di un permesso di soggiorno umanitario, il Tavolo Asilo si dichiara
molto preoccupato per il futuro di molte migliaia di profughi, non solo in quanto allo status giuridico, ma anche
per quanto riguarda la soluzione post-accoglienza.
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SPECIALE
BUONE PRATICHE
L’ESPERIENZA DI VERONA
che li accoglie comprende che ha davanti a sé una
preziosa occasione di incontro e di crescita umana e
culturale.
I richiedenti, provenienti dalla Costa d’Avorio, dal
Mali, dal Bangladesh, dalla Nigeria, dal Gambia,
dalla Somalia, vengono inizialmente accompagnati
nella procedura della richiesta di asilo, viene loro
chiarito il percorso che stanno intraprendendo, il progetto individualizzato che dovranno portare avanti insieme agli operatori. In attesa della convocazione
davanti alla Commissione Territoriale vengono organizzati corsi di alfabetizzazione, grande rilevanza è
data alle attività per facilitare l’apprendimento dell’italiano e l’istruzione degli adulti grazie anche alla collaborazione coi CTP e col Centro Pastorale Immigrati.
Sono così realizzati corsi di lingua italiana e di orientamento al lavoro con volontari; in particolare interventi mirati all’alfabetizzazione di base, rivelandosi la
totalità degli accolti analfabeti nella loro lingua madre
e quindi bisognosi di ricevere un accompagnamento
propedeutico all’ inserimento nelle scuole pubbliche.
Per quanto riguarda la salute vengono attivate tutte le
misure utili ad un corretto screening iniziale ed un successivo corretto accesso al servizio sanitario e la
buona collaborazione con il reparto di malattie tropicali dell’ Ospedale Sacro Cuore permette di intervenire su patologie altrimenti difficilmente identificabili.
Il tempo procede, si arriva ai fatidici 6 mesi dalla richiesta di asilo che consentono lo svolgimento dell’attività lavorativa e cominciano ad arrivare anche i primi
provvedimenti di riconoscimento. L’emergenza viene
prorogata a tutto il 2012, ma continua ad essere evidente a tutti che non c’è comunque tempo da perdere,
che gli interventi posti in essere, coordinati in una rete
di servizi educativi, sociali, sanitari, debbono consentire al richiedente e al titolare di protezione internazionale di essere nelle condizioni di conoscere
l’esistenza dei servizi, di sapere quali risposte possono dare per potervi accedere correttamente e consapevolmente, cercando così di rimuovere, quegli
ostacoli di natura burocratica, amministrativa, sociale,
linguistica e culturale che possono costituire fattori di
rischio per una reale integrazione nella comunità lo-
A giugno 2011 arrivano nella
provincia di Verona alcune
centinaia di richiedenti protezione
internazionale provenienti dal
Nord Africa e di questi 25 vengono
accolti da Comune di Verona, che,
come capofila del Progetto SPRAR
“Verona Solidale”, decide di
coinvolgere il CIR, ente gestore
del progetto.
P
er 5 richiedenti, tutti provenienti dalla Costa
d’Avorio, il CIR decide sin da subito di procedere secondo il modello SPRAR e di accoglierli
in un appartamento, per gli altri il Comune propende
per un’accoglienza in strutture comunali stipulando
con il CIR una convenzione per fornire servizi di orientamento, informazione e mediazione legale sulla procedura di richiesta di protezione internazionale, di
orientamento ai diritti relativi al proprio status.
Appare evidente che per far fronte alla sfida dell’accoglienza e dell’integrazione dei richiedenti arrivati
l’unico sistema da seguire è un sistema strutturato, che
ricalchi il modello SPRAR, avvalendosi di una èquipe
multidisciplinare specificatamente formata sulle tematiche dell’asilo. L’obiettivo generale non può che essere quello di accompagnare la persona accolta
lungo un percorso di riconquista della propria autonomia, cercando nel contempo di costruire una rete di
risorse per cercare di rispondere al bisogno di tutela
e di integrazione, per far sì che l’integrazione divenga
possibile non semplicemente quando il rifugiato trova
uno spazio nel paese che lo accoglie, quando comincia a stabilire nuove significative relazioni, presupposti
verso l’autonomia, ma soprattutto quando la comunità
cirnotizie
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SPECIALE
È l’ultima sfida del progetto, per alcuni utenti tra quelli
arrivati a Verona in quel giugno del 2011 è quasi realtà.
cale.
Si comincia così ad investire sui servizi volti all’inserimento socio-economico, sviluppando, in particolare,
percorsi formativi e di riqualificazione professionale
per promuovere l’inserimento lavorativo, in collaborazione con l’Istituto Don Calabria- San Benedetto. Una
particolare attenzione è stata rivolta all’ambito della
formazione e del lavoro, con orientamento al mercato
del lavoro e attivazione di tirocini formativi.
E così i richiedenti possono cominciare a mangiare le
prime pizze preparate da loro nel corso di operatore
pizzaiolo, possono cimentarsi negli stage in azienda
dopo aver seguito la parte teorica nei corsi di pulizie
industriali, di operatore di carpenteria, di meccanica,
di logistica e magazzino, di addetto ai servizi di ristorazione.
C’è chi consegue il patentino di guida per carrello
elevatore, chi la certificazione sostitutiva del libretto
sanitario e chi il certificato di idoneità alla guida del
ciclomotore.
A giugno 2012 il Comune decide di affidare la gestione dei progetti relativi a tutti richiedenti accolti al
CIR e si decide come prima cosa il trasferimento di
tutti in 6 appartamenti, in luoghi diversi della città per
cominciare davvero a sperimentare l’autonomia.
Proprio in favore dell’ agognata autonomia si promuovono interventi che facilitino la mobilità, la conoscenza del territorio e l’inclusione sociale. Per la quasi
totalità dei beneficiari si acquistano biciclette per agevolare gli spostamenti e di conseguenza l’accesso ad
una più ampia gamma di servizi gratuiti offerti dal territorio nonché la copertura di una più ampia area
nella ricerca lavorativa.
Si promuove la socialità poiché le molte realtà di rifugiati presenti sul territorio veronese hanno bisogno di
incontrarsi, di ritrovarsi e di entrare in relazione sia
con le comunità nazionali che con la cultura del loro
nuovo paese: questo è più facile attraverso momenti
culturali e di festa dove la conoscenza e lo scambio
sono genuini e reciproci.
Nel frattempo l’idea progettuale che ha sostenuto la
scelta del modello da seguire comincia a dare i suoi
frutti. Vengono ritirati i primi permessi di soggiorno, i
primi titoli di viaggio, c’è chi comincia tirocini lavorativi e chi firma contratti di lavoro, chi consegue la licenza media chi ottiene le autorizzazioni necessarie
per l’apertura di imprese individuali.
Ed appare evidente come la conclusione migliore del
progetto possa essere che negli appartamenti rimangano gli utenti del progetto che possono finalmente
intestarsi un contratto di affitto.
cirnotizie
A cura di Francesca Cucchi, CIR Veneto
APOLIDIA, CORSO
"PEREGRINI SINE CIVITATE”
L’Apolidia è un problema che colpisce circa 12 milioni di
persone in tutto il mondo. La situazione in cui vive un
apolide - che nessuno Stato riconosce come proprio
cittadino - è molto simile a quella di un rifugiato perché
entrambi necessitano di protezione internazionale. Gli
apolidi privi di riconoscimento non hanno alcuna cittadinanza e non godono dei diritti umani fondamentali. Il 30
agosto 2011 l’ UNHCR, che ha come parte integrante
del suo mandato la prevenzione del fenomeno dell’apolidia,
ha lanciato un campagna per porre all’attenzione dell’opinione pubblica questo tema ancora poco conosciuto.
Sulla scia di questa iniziativa è maturata l’idea di
preparare un corso sul tema dell’apolidia rivolto agli
peratori del settore che siano in grado di portare il tema
nel dibattito pubblico.
Lo scorso 30 novembre è così iniziato il corso "PEREGRINI
SINE CIVITATE”, organizzato dal CIR in collaborazione
con l'Avv. Paolo Farci e con il supporto della Cooperativa
Europe Consulting. Il corso - gratuito - è rivolto ad
avvocati, ricercatori universitari, funzionari governativi,
personale di organizzazioni intergovernative e non governative e operatori del settore dell'asilo.
Questi i principali obiettivi del Corso:
1. studiare in maniera approfondita il problema dell’apolidia, sia sotto il profilo nazionale che internazionale: le
cause dell’apolidia e le sue conseguenze, casi di vita vissuta.
2. quali sono state le risposte e le soluzioni date dalla
Comunità Internazionale e dai singoli Stati al problema
dell’apolidia.
3. stesura da parte dei partecipanti al corso di un atto
giudiziario diretto ad ottenere il riconoscimento dello
status di apolidia.
Il corso si terrà a si articolerà in quattro incontri, di tre ore
ciascuno, dal 30 novembre 2012 al 22 marzo 2013.
Per i partecipanti è prevista l’attribuzione dall’Ordine
degli Avvocati di Roma di crediti formativi.
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INTERVISTA A
B., IN FUGA DALLA GUINEA
In occasione della settimana
"L'Europa è Per i Diritti Umani" –
iniziativa promossa dall'Ufficio
Informazione in Italia del
Parlamento - il Consiglio Italiano
per i Rifugiati ha organizzato una
conferenza dal titolo“Unità
familiare: un diritto umano".
alcune persone, titolari di protezione internazionale,
in merito alle problematiche procedurali e psicosociali
emerse durante il percorso che ha condotto al ricongiungimento familiare.
Le operatrici del CIR hanno infatti intervistato circa 14
persone, di cui 2 ancora in attesa di vedere conclusa
la procedura con l’arrivo dei familiari.
Tali interviste sono state realizzate allo scopo di monitorare la condizione psicosociale di alcune delle famiglie coinvolte nel progetto “Ritrovarsi per
Ricostruire”. Il questionario è stato strutturato nel tentativo di approfondire principalmente tre aspetti relativi
al processo di ricongiungimento familiare. Innanzitutto
si è cercato di comprendere la situazione abitativa e
lavorativa del rifugiato e gli eventuali cambiamenti intervenuti nell’organizzazione del suo quotidiano a seguito dell’arrivo dei familiari; in secondo luogo il
questionario ha offerto la possibilità di esplicitare le
criticità relative alla procedura burocratica di ricongiungimento. Infine si è cercato, attraverso domande
mirate, di far emergere il vissuto psicologico del rifugiato e dei suoi familiari nelle diverse fasi (prima, durante e dopo) del ricongiungimento familiare.
L’
Un’occasione per rilanciare il tema del ricongiungimento famigliare, su cui il CIR per due
anni ha assiduamente lavorato assieme a
Centro Astalli, Cooperativa Roma Solidarietà - Caritas
Roma, Federazione delle Chiese Evangeliche-Fcei,
CGIL Milano, Fondazione Franco Verga di Milano,
Fondazione Ruah di Bergamo e Consorzio Promidea
(e col supporto tecnico di Contalegis e Codacons) all’interno del Progetto Ritrovarsi per Ricostruire - finanziato con i fondi dell’8 per mille per l’anno 2009. Il
progetto si è concluso lo scorso giugno, mentre il nostro impegno sui temi importanti per fortuna sopravvive
a quel limite temporale. L’incontro del 15 novembre è
stato perciò un momento importante per condividere
ulteriori spunti di riflessione, zone grigie, questioni
aperte legate all’esercizio di questo diritto.
Le interviste sono state svolte senza l’ausilio di strumenti
di registrazione; tale scelta è stata motivata dalla necessità di instaurare una relazione confidenziale con la
persona al fine di evitare imbarazzi e forzature nel racconto. Le note appuntate nel corso delle interviste dagli
operatori sono state trascritte riportando il più fedelmente possibile la struttura del colloquio. Se da un lato
questa scelta ha contribuito ad una impostazione informale dell’incontro, dall’altro lato è opportuno tener
conto dei limiti intrinseci del processo di trascrizione del
parlato. Si noterà, infatti, che il linguaggio attribuito al
rifugiato, nella versione testuale dell’intervista, è caratterizzato da un italiano quasi perfetto. Inoltre, è opportuno esplicitare che tale passaggio dallo scritto al
parlato è soggetto ad un processo interpretativo ad
Durante il convegno è stata presentata anche una
breve pubblicazione sul ricongiungimento familiare,
che raccoglie riferimenti normativi, commenti, testimonianze sull’argomento a conclusione dell’esperienza
maturata durante la gestione del progetto.
Nel rapporto è stato incluso anche il punto di vista di
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opera di chi effettua la trascrizione che può talvolta
comportare una trasformazione del senso del discorso.
Nonostante i limiti appena esplicitati si ritiene che il
risultato di questi incontri offra molteplici spunti di riflessione in merito alle criticità e alle potenzialità del
percorso di ricongiungimento familiare.
In fuga dalla Guinea
Di seguito riportiamo alcuni tratti della storia e dell’intervista di uno di questi rifugiati che hanno beneficiato
del sostegno per il ricongiungimento familiare previsto
dal progetto.
sono passati e ho anche smesso di prendere le medicine che il dott. Germani mi aveva prescritto e che
prima mi erano indispensabili.
Con questo non voglio dire che siano finite le difficoltà, tutt’altro! C’erano delle cose che effettivamente
non avevo preso in considerazione, con l’arrivo della
mia famiglia qui. Ma tutto passa, se dio vuole. Dovrei
solo avere un po’ più di tempo per poter cercare un
lavoro più remunerativo, e per ottenerlo sarebbe importante non dover sempre correre per accompagnare i ragazzi, ovunque, a scuola, ad esempio. La
scuola che frequentano è lontana da casa mia, ho
fatto richiesta anche al Comune per poter usufruire
dello scuola-bus, almeno così non dovrei più perdere
tanto tempo per accompagnarli e andarli a prendere
ogni giorno.
B. è un uomo di quarant’anni di nazionalità guineana.
Nel 2005 è dovuto fuggire dal suo paese perché arrestato a causa del suo lavoro. Racconta di essere un
video maker di professione; un giorno stava svolgendo
un reportage nel luogo dove vi era stato un attentato
contro il presidente ma i militari, vedendolo, l’hanno arrestato. In prigione ha subito torture fisiche e psicologiche. Dopo due settimane il suo avvocato riesce a farlo
uscire. Dopo un periodo in ospedale, B. prova a tornare ad una vita normale; riapre il suo studio e torna a
lavorare. I militari si presentano alla sua porta dicendogli che nessuno l’aveva autorizzato a riprendere la sua
attività; lo riportano in prigione. B., insieme ad altre
persone, riesce a scappare e con l’aiuto di un amico
raggiunge il Senegal. Dopo un breve periodo in Senegal necessario per potersi riprendere fisicamente B.
parte per l’Italia. Nel 2006 B. riceve un permesso di
soggiorno per protezione sussidiaria; dopo aver presentato istanza di ricorso viene riconosciuto rifugiato nel
2011. La sua famiglia è dovuta fuggire in Sierra Leone
a seguito delle pressioni e delle minacce perpetrate dai
militari. Nel 2012 la famiglia di B. composta dalla moglie e da due figli si è riunita a seguito di ricongiungimento familiare.
Credi che il ricongiungimento con la sua famiglia faciliti o renda più complicato il tuo percorso di integrazione in Italia e la qualità della tua vita?
B: La mia vita, la nostra vita è migliorata, almeno qui
siamo di nuovo tutti assieme. Ma come dicevo
c’erano delle difficoltà pratiche che non avevo preso
in considerazione. I bambini innanzitutto. Accompagnarli e andarli a riprendere. Ma non è solo questo:
mia moglie è sempre a casa, da sola. In Guinea abbiamo una grande famiglia, e stavamo sempre tutti
assieme. Lei invece ora non esce molto, e stare da
sola non aiuta. Si sente un po’ isolata. Ma tutto passa,
credo. Io questo l’avevo solo immaginato. I primi mesi
che ho trascorso in Italia, anche io sono stato sempre
da solo, non parlavo ancora l’italiano, e solo dopo
qualche mese ho sentito un ragazzo parlare il mio dialetto. Fu una grande emozione. E abbiamo fatto amicizia. Anche lui è un rifugiato, adesso ogni tanto ci
vediamo, anche con sua moglie.
I bambini invece vanno a scuola, e dopo un po’ di
difficoltà iniziali, dovute alla lingua, adesso sono
molto integrati, merito anche delle maestre che sono
state davvero molto brave e hanno avuto molta pazienza con loro. Sono stati inseriti a scuola immediatamente all’arrivo l’anno scorso. Ci è stato consigliato
però di far ripetere l’anno alla bimba, che è più pic-
Quale è l’attuale condizione della tua famiglia?
B: Adesso viviamo tutti assieme, in una casa in affitto
a Pratica di Mare, vicino a Torvaianica, non lontano
dal ristorante dove lavoro. Io, mia moglie e i miei due
bambini, I. e M.; mia moglie è incinta e a breve,
ormai, arriverà anche il terzo.
Quali cambiamenti sono intervenuti nella tua vita a seguito dell’arrivo dei tuoi familiari?
B: Prima ero da solo, e questo è stato a lungo anche
il motivo del mio malessere. Avvertivo sempre dei fortissimi mal di testa, da quando loro sono qui, invece
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contrato mia moglie e i miei figli in Mali dopo quasi
tre anni dalla mia fuga, tre anni passati senza rivederci.
Ci siamo incontrati lì, perché in Guinea io come rifugiato non potevo far ritorno. La prima notte che eravamo assieme, mia figlia vedendomi improvvisamente
in camera, visto che quando sono arrivato lei stava
dormendo, ha iniziato a urlare “Mamma, c’è un uomo
sconosciuto nella stanza!”.
Ecco questo mi ha reso molto triste. Quando sono dovuto fuggire dalla Guinea, da un momento all’altro,
mia figlia non era ancora nata, mancavano ancora
pochi mesi al parto, e così non mi aveva mai visto
prima. Adesso però siamo molto felici di essere di
nuovo tutti assieme.
In fuga dalla Guinea
cola, mentre il maschietto è passato in terza. Io lavoro
molto, e quando non lavoro, mi do da fare per cercare qualcosa di più retribuito. In questo periodo lavoro come cuoco in un ristorante a Ostia e così non
ho molto tempo per incontrare qualche amico. Lavoro
soprattutto nei fine settimana, proprio quando gli altri
invece sono un po’ più liberi. Ma va bene, mia moglie mi aspetta sempre sveglia, anche se torno molto
tardi, e così sono felice, che sia qui.
Quando immaginavi il ricongiungimento ti aspettavi
che sarebbe stato più facile o più difficile rispetto alle
procedure?
Quali sono le tue preoccupazioni e le tue aspettative
per il futuro adesso?
B: Non avrei saputo neanche cosa immaginare rispetto al ricongiungimento, fortunatamente il CIR mi
ha molto seguito nelle procedure necessarie. Poi non
è stato molto difficile. Tutto si è risolto nel giro di poche
settimane.
B: Il lavoro che ho imparato qui in Italia mi piace
molto, ho iniziato come lavapiatti, ed ora sono un
buon cuoco, ho imparato la cucina italiana. Adesso
ho un contratto a tempo determinato, fino a dicembre,
ma solo 4 ore al giorno. Vorrei cercare qualcosa di
più definitivo. A dire il vero, mi hanno proposto un
buon contratto, presso un ottimo ristorante, ma se non
sbrigo la pratica per lo scuola-bus dei miei figli, non
posso accettare, non ci sarebbe nessuno che li accompagna a scuola e poi li passa a prendere all’uscita. Questa è la mia unica preoccupazione, un
lavoro più sicuro e la cura dei miei figli. Al momento,
come dicevo, sono molto preoccupato per mia moglie, spesso è a casa da sola, non esce, e ancora
non ha imparato bene l’italiano. Ma quando ci sono
io e i bambini, allora cambia tutto. Studia l’italiano
con loro, e giochiamo tutti insieme.
E da un punto un punto di vista emotivo?
B: Sapevo che ci sarebbero state delle difficoltà. Della
mia condizione reale in Italia, non avevo mai parlato
con mia moglie, per non farla preoccupare. La vita in
Europa, in Italia, e a Roma in particolare, non è semplice come in Africa. L’affitto da pagare, la crisi, sono
difficoltà che un rifugiato, un migrante come me avverte anche di più. Ma le cose passano, e come dicono nel mio paese: “se dio vuole tutto si sistema”.
Quali sono stati i maggiori problemi che hai dovuto
affrontare da un punto di vista pratico?
Da un punto di vista pratico qual è stato il momento
più difficile durante le procedure per il ricongiungimento familiare?
B: Oggi il problema principale è l’affitto, che fortunatamente non è molto caro, ma sono sempre 600 euro
al mese. Ho fatto domanda per l’assegnazione delle
case popolari, non so quanto ci sarà da aspettare.
Per il ricongiungimento non ci sono stati grossi problemi, abbiamo ottenuto il nulla osta e poi i visti nel
giro di poco tempo, anche se per la procedura i miei
famigliari sono dovuti andare in Senegal. In Guinea
non c’è una rappresentanza consolare italiana. Per il
viaggio, le spese intendo, ho provveduto a tutto io.
Quale aiuto hai avuto dal CIR?
B: Non c’è stato un vero e proprio momento “difficile”.
Il CIR mi ha molto sostenuto nelle fasi di ricongiungimento, e anche prima, quando ho fatto richiesta come
rifugiato politico.
E da un punto di vista emotivo, c’è stato un momento
particolarmente difficile?
B: Forse il momento più difficile è stato quando ho in-
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R I C O N G I U N G I M E N T O FA M I L I A R E
B: Il CIR, nell’ambito di questo progetto, mi ha sostenuto
concretamente pagando la caparra e due mesi di affitto. Ma voglio sottolineare che sono stato assistito
anche psicologicamente soprattutto all’inizio, quando
soffrivo di forti mal di testa, dovuti alla fuga e alla lontananza dalla mia famiglia e dalla mia terra. Ed inoltre
anche da un punto di vista legale il CIR mi ha molto
sostenuto. In effetti, il primo riconoscimento che avevo
ottenuto qui dalla Commissione era stato come “protezione sussidiaria”. Solo con la caparbietà e la sicurezza dell’avvocato del CIR, che ha insistito per fare
In fuga dalla Guinea
ricorso, sono riuscito ad ottenere lo status di rifugiato.
La tua famiglia è stata aiutata?
B: L’unico ostacolo, come ho detto, era rappresentato
dal fatto che in Guinea non c’è l’ambasciata italiana.
Durante una delle interviste riportate nell'appendice della pubblicazione, mentre il padre rispondeva alle domande, la figlia di 7
anni appena ricongiunta a lui (insieme alla madre e al fratellino di 9 anni), disegna la sua famiglia appena ricostituita. In un primo
momento nel foglio riporta solo se stessa, la madre e il fratellino. Alla domanda “perché non c’è il padre?” la bambina risponde “lo
vedi…proprio non c’è spazio sul foglio”. Insieme viene trovata la soluzione di disegnare la figura paterna su un altro foglio. Quando
le viene proposto di unire i due fogli la bambina inizialmente esprime delle velate resistenze. Alla fine decide di accettare e partecipare
al “rito” della riunificazione delle due parti della famiglia attraverso l’utilizzo di graffette. Solo allora sembra quasi sentirsi sollevata
e corre ad abbracciare il padre.
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sieme tutto passerà”. In effetti è stato così, da quando
loro sono qui, non avverto più i dolori alla testa. Sono,
siamo felici qui, tutti insieme.
In fuga dalla Guinea
Cosa pensava la tua famiglia, dall’altra parte? Volevano raggiungerti?
B: Mia moglie voleva raggiungermi, ma non aveva
molta idea di come fosse qui. Io non le ho parlato
delle difficoltà che c’erano qui, per non spaventarla.
Mio figlio anche voleva raggiungermi, ma non sapevano cosa e come immaginare l’Italia. Adesso credo
ci stiamo ambientando molto bene. Fortunatamente
non hanno dovuto aspettare molto per i visti e le procedure. Tutti ci aspettiamo di poter vivere insieme in
una nostra casa e in pace.
Quindi abbiamo dovuto aggirare questa difficoltà, risolvendo tutto tramite l’ambasciata in Senegal. Ma ripeto, non ha rappresentato un grande problema.
Cosa ha significato per te essere in Italia e sapere la
tua famiglia lontana?
B: La situazione in Guinea non era semplice. Io lì ero
cameraman, e sono dovuto fuggire lasciando tutto alle
mie spalle. Non ho portato nulla con me. Essere qui
e sapere mia moglie incinta e mio figlio piccolo lì mi
ha causato un forte malessere, e per i primi tempi ho
preso medicine anche solo per dormire. Quando si è
prospettata la possibilità che mi raggiungessero, ero
felice, tutto qui.
Oggi reputi positivamente questa scelta?
B: Sì certo, siamo felici di vivere di nuovo insieme!
Non è facile, ma se dio vuole, le cose si sistemano.
Io ho voglia di darmi da fare e lavorare per permettere alla mia famiglia una vita più che dignitosa. Ho
cambiato il mio lavoro, mi sono aperto a nuove possibilità. Spero che tutto vada per il meglio.
Quali erano le tue principali aspettative?
B:Tornare a vivere di nuovo tutti insieme e conoscere
mia figlia. Pensavo: “quando saremo di nuovo as-
A cura di Yasmine Mittendorff
PARLAMENTO EUROPEO
INZIATIVA “L’EUROPA PER I DIRITTI UMANI”
L'Ufficio di Informazione del Parlamento europeo in Italia ha organizzato, nelle sue
sedi di Roma e Milano dal 12 al 16 novembre, un ciclo di incontri dedicati ai diritti
umani. Gli appuntamenti sono organizzati in occasione dell'assegnazione del
Premio Sacharov 2012 per la libertà di pensiero.
L'iniziativa intende porre l'accento sulle politiche dell'Unione europea in materia di
diritti umani, sia sul piano interno sia su quello delle relazioni esterne.
Il ciclo di incontri ha coinvolto la rete di organizzazioni non governative,
associazioni ed enti – tra cui CIR, Amnesty International, AMREF, Fondazione
Pangea- che si occupano di tutela dei diritti.
"L'Europa è per i diritti umani" rappresenta un'occasione per illustrare le linee d'azione del Parlamento europeo
nell'ambito della protezione e della promozione dei diritti umani e, si spera, possa costituire un elemento importante di
raccordo con la società civile su temi di cruciale importanza.
Per info: http://www.europarl.it/view/it/press-release/pr-2012/pr-2012-November/pr-2012-Nov-2.html
E' possibile richiedere la pubblicazione del CIR "Ritrovarsi per Ricostruire" all'ufficio stampa CIR [email protected]
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UNITÀ FAMILIARE: UN DIRITTO UMANO,
FONDAMENTALE ANCHE PER I RIFUGIATI
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In occasione dell'iniziativa "L'Europa è Per i Diritti Umani" promossa
dall'Ufficio Informazione in Italia del Parlamento Europeo, il CIR ha
presentato una pubblicazione sul ricongiungimento familiare dei rifugiati
nell’ambito di una conferenza dal titolo "Unità familiare: un diritto
umano".
La pubblicazione sul ricongiungimento familiare, raccoglie riferimenti
normativi, commenti, testimonianze, approfondimenti sull’argomento
a conclusione dell’esperienza maturata durante la gestione del
progetto “Ritrovarsi per Ricostruire” – finanziato con il fondo dell’8
per mille per l’anno 2009.
“Un numero elevato di rifugiati deve affrontare la separazione
forzata dai propri familiari. il rifugiato ha spesso dovuto lasciarsi
R IT
ITR OVA
alle spalle non solo il suo paese, il suo lavoro o studio, la sua
RSI PE
R R IC O
S T R U IR
casa, i suoi amici, ma anche moglie o marito, figli, genitori,
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fratelli, sorelle, zii, nonni, l’insieme delle persone che costituiscono
in tutte le culture la rete di affetti, di relazioni più strette, di
sicurezza emotiva e spesso anche materiale” si legge nella prefazione a cura di Christopher Hein – Direttore del CIR.
Il punto di vista di queste persone, titolari di protezione internazionale, in merito
alle problematiche procedurali e psicosociali emerse durante il percorso di ricongiungimento
familiare, è stato raccolto nella pubblicazione attraverso interviste realizzate dal CIR.
“Ogni sera Marcel rientrando a casa dopo il lavoro viene accolto dall’energico abbraccio di sua figlia. Stenta a
credere che la bambina di pochi anni che ha lasciato nel suo paese possa essere quella donna alta e robusta che lo
travolge con gesti affettuosi. sono due persone che gradualmente stanno imparando a ri-conoscersi dovendo fare i conti
con più di 10 anni di separazione” – riporta un’intervista.
La conferenza del 15 novembre ha rappresentato un momento importante per condividere ulteriori spunti di riflessione,
zone grigie, questioni aperte legate all'esercizio di questo diritto.
Tra i relatori presenti: Savino Pezzotta, Presidente del CIR, Christopher Hein, Direttore del CIR, Giovanna Zincone,
Consulente del Presidente della Repubblica per i problemi di coesione sociale, Antonio Golini, Professore emerito di
Demografia presso l’Università La Sapienza, Helena Behr, Sezione Protezione UNHCR Italia, Angela Pria, Capo
Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione Ministero dell’Interno, Marco Del Panta, Ministro Plenipotenziario,
Direttore Centrale per le Politiche Migratorie, Ministero degli Affari Esteri, Staffan De Mistura, Sottosegretario Ministero
degli Esteri, Natale Forlani, Direttore Generale Immigrazione - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Livia Turco,
Presidente
Nazionale
Forum
Immigrazione
Progetto
finanziato
dalla
Presidenza
del Consiglio dei Ministri
con il fondo dell'otto per mille dell'IRPEF
evoluto dai cittadini alla diretta gestione statale per l'anno 2009
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PROGETTI CIR
“In the Sun- Research
and Advocacy on Roma
Stateless People in Italy”
con il sostegno della
Ricerca sul fenomeno dell’apolidia
tra la popolazione rom che vive in
Italia per contribuire allo sviluppo
della strategia nazionale per l’integrazione dei rom.
Introduzione
Il numero delle persone di origine
rom che vive in Italia è incerto e
forse sottostimato. Comunque, tra
le persone riconosciute come apolidi i cittadini dell’ex-Jugoslavia
sembrano il gruppo maggiore,
considerando sia le persone che
erano già apolidi nel loro Paese
di origine sia coloro che lo sono
diventate in seguito.
Il secondo caso è piuttosto comune: dopo la dissoluzione dell’ex-Jugoslavia diversi nuovi Stati
non hanno riconosciuto i rom
come cittadini, per diverse ragioni. Queste persone, arrivate in
Italia con o senza passaporto, o
altri documenti, sono diventate irregolari. Gli apolidi de facto
hanno difficoltà ad ottenere il riconoscimento del loro status in Italia
poichè non possono fornire alle
autorità i documenti previsti, come
certificati di residenza e permessi
di soggiorno. Pertanto, un ampio
numero di rom passa la propria
cirnotizie
vita in una sorta di limbo senza
accesso ad un riconoscimento ufficiale del loro status e ai diritti
connessi, nè ad un qualche altro
tipo di status legale.
Lo stesso si può dire dei figli nati
in Italia. Ci sarebbero circa 15
mila giovani rom, nati da famiglie
sfollate dall’ex-Jugoslavia, che
hanno vissuto in Italia per una vita
intera ma non hanno avuto accesso ad uno status riconosciuto
e, per via della loro posizione irregolare, non possono neppure
ottenere la cittadinanza italiana
(fonte: Relazione sulla condizione
di rom e sinti in Italia, Commissione per i diritti umani, Senato
della Repubblica, maggio 2011).
L’accesso allo status di apolide o
alla cittadinanza sembra particolarmente difficile per questo
gruppo di stranieri, che rappresenta un numero significativo (secondo la ricerca “Italiani, rom e
sinti a confronto”, prodotta dall’ISPO in occasione della Conferenza Europea sulla popolazione
rom del 22-23 gennaio 2008
promossa dal Ministero dell’Interno: “c’è una fascia di almeno
20/25.000 giovani rom soprattutto della ex Jugoslavia che non
hanno cittadinanza: non sono
18
stati riconosciuti nei paesi di origine, parlano solo italiano e romanes e sono senza documenti”).
In ogni caso, la presenza di una
procedura per il riconoscimento
dell’apolidia, che appare normata in modo insufficiente oppure
non normata affatto, rappresenta
un ostacolo significativo per gli
stranieri che richiedono l’accesso
allo status di apolide e che si trovano a dover ricorrere alla via giudiziale perché è quasi impossibile
praticare una via amministrativa.
Si suppone che alcune nascite
non siano state neppure registrate
all’anagrafe. Pertanto ci sono problemi di accesso all’educazione,
ai diritti sociali, al lavoro. Essi appaiono invisibili agli occhi dei cittadini italiani e delle istituzioni. Di
fatto, in tali circostanze, il ricorso
a mezzi irregolari di sostentamento è inevitabile, provocando
una spirale di intolleranza anti-rom
e xenofobia.
Il CIR considera che questo sia il
momento giusto per spingere il livello politico a riprendere il dibattito sulle condizioni di questi “invisibili”. Nella summenzionata
Relazione della Commissione per
i Diritti Umani, Senato della Repubblica, la questione dello stato
civile dei rom è doverosamente
sottolineata. Nondimeno, non ci
sono dati credibili sul fenomeno
degli apolidi rom, e nessuna soluzione è stata pensata per superare
i problemi per il riconoscimento
dello status legale di apolide. Perciò è della massima importanza
sostenere il dibattito con informazioni aggiornate.
Obiettivi del Progetto
“In the Sun - Research and Advocacy on Roma Stateless People in
Italy”, - implementato dal CIR e finanziato da Open Society Foun-
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PROGETTI CIR
dations vuole contribuire allo sviluppo di una strategia nazionale
sull’integrazione dei rom, sostenendo il dibattito con una ricerca
sul fenomeno degli apolidi de
facto che vivono in Italia e sostenendo possibili soluzioni.
Le attività sono coordinate dal CIR
con la partecipazione di somministratori sul campo di etnia rom e
sotto supervisione accademica.
Nello specifico il progetto intende:
• Contribuire a definire il fenomeno dei rom che vivono in
Italia senza uno status riconosciuto e verificare le principali
difficoltà incontrate da queste
persone nel processo di integrazione;
• Migliorare il punto di vista dei
decision makers, politici e altre
controparti di rilievo sul problema;
• Concepire possibili soluzioni.
Beneficiari del Progetto
Persone di origine rom che vivono
in Italia senza uno status legale riconosciuto sono state coinvolte
nella ricerca iniziale anche attraverso visite sul campo nelle tre
città di riferimento: Milano, Roma,
Napoli.
Interlocutori
- interlocutori politici: Membri del
Parlamento Italiano e del Governo
in particolare del Ministero per la
Cooperazione internazionale e
l'integrazione, Membri del Parlamento Italiano e del Governo. Dirigenti del Ministero dell’Interno, in
particolare della Direzione generale delle Libertà civili, Cittadinanza e Immigrazione..
- Rappresentanti dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i
Rifugiati, essendo questa l’agen-
cirnotizie
zia UN competente per i problemi dell’apolidia;
- Responsabili Amministrativi: esponenti delle agenzie e istituzioni
del sistema di sicurezza sociale
italiano. Enti locali, in particolare
Amministrazioni comunali, Questure, Prefetture.
-Altre controparti quali organizzazioni dei rom, legali e operatori
socio legali, organizzazioni umanitarie,
Metodologia
La ricerca sulle condizioni degli
apolidi de facto di origine rom in
Italia è, di per se stessa, uno strumento di advocacy, sostenendo il
dibattito sul tema.
Dopo avere condotto la ricerca
sul campo nelle città di riferimento, il CIR proporrà incontri
con decisori politici e amministrativi per condividere i risultati e mettere in luce le discrepanze
dell’attuale sistema. Si attiverà
quindi un processo indirizzato a
influenzare le decisioni e individuare problemi e soluzioni.
Il risultato della ricerca e degli incontri sarà riassunto in una breve
pubblicazione che contenga
anche i cambiamenti proposti,
che saranno proposti a livello di
esperti.
Saranno condotte azioni di sensibilizzazione e disseminazione dei
risultati anche attraverso i mezzi di
comunicazione del CIR e in altri
forum di discussione. Verrà organizzato un workshop a Roma con
la partecipazione degli interlocutori di rilievo, allo scopo di disseminare i risultati e sostenere
possibili soluzioni.
a cura di Daniela Di Rado
19
DIRITTI DEI MIGRANTI, MISSIONE DEL RELATORE SPECIALE ONU IN ITALIA
Il relatore speciale Onu sui diritti umani
dei migranti, François Crepeau, -si legge
in una nota dell’ANSA dello scorso 14
ottobre - ha trasmesso al governo italiano
sei raccomandazioni ''chiave'' per esortarlo a ''privilegiare un approccio
basato sui diritti umani nel trattamento
dei migranti irregolari'' e a garantire
che le esigenze in materia di sicurezza
non mettano in secondo piano il rispetto
dei diritti.
Le raccomandazioni preliminari sono
state elaborate al termine di una missione
di nove giorni in Italia, precisa un comunicato dell'Onu. In particolare, si chiede
all'Italia di ''garantire che la cooperazione
in materia di immigrazione con la Libia
non consenta il rimpatrio di nessun migrante verso le coste libiche contro la
sua volonta', sia da parte delle autorita'
italiane che da parte di quelle libiche
con il sostegno tecnico o logistico delle
controparti italiane''.
Crepeau auspica inoltre che ''l'Italia vieti
formalmente la pratica dei respingimenti
automatici informali verso la Grecia''.
Chiede anche che sia garantito un pieno
accesso delle organizzazioni internazionali, quali l'Alto Commissariato Onu per i
rifugiati, e delle organizzazioni della societa' civile, a ''tutte le strutture in cui i migranti sono trattenuti o detenuti''.
All'Italia e' domandato di mettere a
punto un ''quadro normativo di respiro
nazionale, incentrato sui diritti umani,
per l'organizzazione e la gestione di
tutti i centri di trattenimento dei migranti''
e ''una procedura d'appello piu' semplice
ed equa per i provvedimenti di espulsione
e trattenimento''. L'Italia dovrebbe infine
sviluppare un meccanismo di identificazione dei migranti piu' rapido''.
La missione di Crepeau in Italia e' la
quarta tappa di uno studio di un anno
sulla gestione delle frontiere esterne dell'Ue. Un rapporto tematico sara' presentato al Consiglio dei Diritti umani
Onu nel giugno 2013.
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PROGETTI CIR
Missione in Mauritania
PROGETTI CIR
MISSIONE IN MAURITANIA
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Arriviamo a Nouakchott il 22 setIl progetto è co-finanziato dalla
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Per la prima volta in veste di capofila, il CIR ha avviato attività in favore di migranti e rifugiati che si
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(ICMPD), organizzazione
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con sede
a Vienna.
Il progetto è attuato in stretta collaborazione con un della
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dell’autunno e dei nuovi vaccini
Per la prima volta in veste di cainfluenzali; in Mauritania invece
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nel mondo, tanto è più lunga la fila tanto più lento è l’impiegato allo sportello. Superata la
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des flux migratoires mixtes”.
barriera della diplomazia, recuperate a stento le valigie tra tutti quelli che si offrivano che
la fila tanto
più lento
l’imL’Alto
Commissariato
delle
Nal’avrebbero portate per noi, finalmente usciamolunga
dall’aeroporto.
Ci accolgono
conègrande
gentilezza
Diethieper
Sall e iMohamed
Ebeyaye,
collaboratori
che ci accompagneranno
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allo sportello.
Superata la
zioni
Unite
Rifugiati
– i nostri
per tutto il tempo della nostra visita; in realtà eravamo
troppo
per qualunque
tipo
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ratedormita.
a stento
le valigie
tra tutti
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delsoltanto
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bisogno
di una doccia
caldaale una bella
Ci aspettava
una settimana
densa di appuntamenti.
dopo
unache
piacevole
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nell’avrebgiardino
quelli
si offrivano
che
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Forense per Illamattino
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dei
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Diritti dell’Uomo (UFTDU) e all’Inusciamo dall’aeroporto. Ci accolternational Centre for Migration
gono con grande gentilezza DiePolicy Development (ICMPD), orthie Sall e Mohamed Ebeyaye, i
ganizzazione intergovernativa
nostri collaboratori che ci accomcon sede a Vienna. Il progetto è
pagneranno per tutto il tempo
attuato in stretta collaborazione
della nostra visita; in realtà eracon un istituto pubblico indipenvamo troppo stanchi per qualundente, la Commissione algerina
que tipo di conversazione che
Consultativa per la Promozione e
andasse oltre il minimo consentito
la Protezione dei Diritti dell’Uomo
della buona educazione, ave(CNCPPDH).
vamo bisogno soltanto di una
cirnotizie
20
doccia calda e una bella dormita.
Ci aspettava una settimana densa
di appuntamenti. Il mattino seguente dopo una piacevole colazione nel giardino dell’albergo
aspettiamo l’arrivo dei nostri accompagnatori per iniziare la maratona di incontri con le istituzioni
mauritane.
Il tema delle migrazioni è un argomento centrale per la Mauritania,
e focalizzare gli appuntamenti
con tutte le istituzioni coinvolte in
questo ambito era necessario per
capire quale grado di disponibilità ci fosse in un’ipotetica futura
collaborazione. Il primo obiettivo
era capire quale concreta opportunità ci fosse, nel contesto della
visita studio che organizzeremo
per le nostre delegazioni algerina
e libica per impostare un workshop regionale e aprire il dibattito sui temi dell’immigrazione tra
Mauritania, Europa, Algeria e
Libia.
Ci avviamo in macchina verso il
centro
amministrativo
della
città,dove sono concentrati la
maggior parte degli uffici. Le
strade di Nouakchott, assolate e
sabbiose, si incrociano una dopo
l’altra dietro ogni curva; osservo
dal finestrino questa città ancora
sconosciuta con le sue case
basse, le donne avvolte nei loro
abiti colorati, gli uomini eleganti
nei loro abiti tradizionali e nei loro
turbanti tipici dei touareg, per proteggersi dal sole e dalla sabbia.
Con una guida disinvolta in una
città senza semafori, dove le regole della precedenza non sono
ancora state scritte, arriviamo alla
sede della Commissione Nazionale per i Diritti Umani (CNDH).
L’accoglienza alla Commissione è
estremamente cortese. Neanche
facciamo in tempo a sederci per
la riunione introduttiva che arriva
l’acqua fresca e un vassoio con i
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PROGETTI CIR
tipici bicchierini di vetro del tè
colmi fino all’orlo di schiuma zuccherosa; ci faranno compagnia in
ogni riunione, tutta la settimana.
Ennesima conferma del senso di
ospitalità africana, generosa e
spontanea, mai affettata. Arriva
puntuale il presidente della
CNDH, Bamariam Baba Koïta,
che ci accoglie con grande disponibilità e va subito al sodo: considera estremamente efficace e di
grande importanza l’apertura ad
una collaborazione con il CIR. E
sottolinea l’apertura alla possibilità
di un partnerariato tra il CIR, la
Mauritania in un contesto interregionale; l’importanza sostanziale
di far conoscere lo stato della legislazione mauritana sui rifugiati,
una legislazione progressista rispetto agli altri stati africani; l’importanza della visita del campo
profughi di Mbera; la chiusura del
centro per immigrati irregolari di
Nouādhibou, come gesto di
grande valore simbolico. La Mauritania, conclude Koïta, per la sua
posizione geografica tra l’Africa
del nord, l’Africa sub-sahariana e
l’oceano Atlantico, è sempre stata
un paese di transito per i migranti
oltre ad essere anche un paese di
accoglienza. In questi mesi ha accolto oltre 100.000 rifugiati maliani nel campo profughi di
Mbera, oltre ad un flusso continuo
di mauritani fuggiti all’estero che
tornano. La migrazione è quindi
un tema cruciale in Mauritania.
Interviene poi Hamoud Nebagha
di SOS Immigration, organizzazione della società civile che sostiene come uno dei principali
obiettivi da perseguire sia il rispetto dei diritti dell’uomo per gli
immigrati. SOS Immigration è
stata una delle ong che hanno
fatto chiudere il centro di
Nouādhibu, che avevano chia-
cirnotizie
mato la “piccola Guantanamano”. Il nostro obiettivo, afferma
Nebagha, è preservare la dignità
umana in situazioni di difficoltà.
Il centro di Nouādhibu è stato
aperto nel 2006 su richiesta della
Spagna, frutto di un accordo bilaterale, dato che in questa regione
la città di Nouādhibu è l’uscita del
continente africano e la Spagna
è la porta dell’Europa. Il presidente Koïta aggiunge a questo
proposito che il centro è stato
chiuso perché non volevamo essere per gli immigrati i gendarmi
dell’Europa; la maggior parte di
essi sono cittadini dei paesi vicini
con i quali abbiamo ottimi rapporti e accordi bilaterali. Il centro
era visto in maniera negativa,
così quando il rapporto di Amnesty International ha fatto il giro del
mondo abbiamo deciso di chiuderlo definitivamente. All’epoca il
centro rientrava in un progetto globale europeo che la Mauritania
aveva accettato per la debolezza
del governo di allora. La Mauritania è un paese di accoglienza, di
transito e di origine; sono molti i
mauritani che vivono nella diaspora mauritana; ci sono cittadini
mauritani rifugiati altrove e ci sono
rifugiati da altri paesi qui da noi.
Si presenta Mohamed Abdullahi
Ould Zeidane, Consigliere del ministro dell’Interno e presidente
della Commissione per la determinazione dello status di rifugiato, e
insiste sull’importanza di coinvolgere, a tutti i livelli, i paesi di origine di migranti e rifugiati.
Sottolinea poi l’importanza della
collaborazione con l’UNHCR, soprattutto per la gestione dei campi
di rifugiati maliani.
Poi parla il professor Haimoud
Ould Ramdan, consigliere al ministero della giustizia e ideatore
della legge sull’asilo. La Maurita-
21
nia, dice, gestisce l’immigrazione
attraverso i suoi testi e le sue istituzioni, l’esigenza di avere una legislazione in questo ambito è
esplosa in Mauritania negli anni
2000. Nel periodo precedente
non esisteva una legislazione, parliamo di un paese costituito soprattutto da pastori e nomadi che si
spostavano continuamente e non
avevano bisogno di visa. L’economia del paese ha iniziato a cambiare e sono stati ratificati i primi
accordi bilaterali. Per quanto riguarda i rifugiati essi hanno accesso al mercato del lavoro, esiste
un sistema amministrativo che gestisce gli immigrati e l’asilo.
Il presidente Koïta aggiunge, riguardo alla legislazione sull’immigrazione, qualcosa sul lavoro che
si sta svolgendo in questo periodo: identificazione dei punti di
forza e di debolezza della legislazione vigente, necessità di avere
risorse umane in questo ambito,
distribuzione di materiale didattico
di supporto nelle università per
creare competenze accademiche.
È stata una riunione densa di informazioni, e il nostro bicchierino
di tè ci permetteva di riprendere
fiato. Avevamo iniziato la mattinata nel migliore dei modi, piacevolmente sorpresi avevamo trovato
delle persone disponibili che ci
hanno presentato un paese con
una legislazione sulla migrazione
all’avanguardia rispetto agli altri
paesi non solo del Nord Africa
ma anche dell’Europa.
Non riusciamo neanche a mettere
in ordine le idee che dobbiamo
correre all’appuntamento successivo, alle 13, al Commissariato ai
Diritti umani e all’Azione Umanitaria.
Il Commissario Cheikh Ould Bouasria ci accoglie per una riunione
di presentazione dei motivi del nostro viaggio e di conoscenza delle
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PROGETTI CIR
attività del commissariato. I cui
obiettivi sono: la protezione dei diritti umani, la collaborazione con
la società civile, la collaborazione
con il Ministero dell’Interno e della
Giustizia. I problemi, dice, non si
risolvono con Frontex, ma guardando ai bisogni delle persone.
Ci sono gli stati dell’Europa, quelli
del Nord Africa e poi ci sono gli
immigrati che sono esseri umani
con le loro esigenze. I paesi dell’Europa devono vedere i problemi concreti degli immigrati, è
necessario prevedere anche la
partecipazione dei migranti ai
progetti sull’immigrazione. Le ragioni delle migrazioni continuano
a essere politiche, etniche ed economiche. Cominciano così a delinearsi le diverse prospettive di
approccio nei confronti del tema
dell’immigrazione.
La giornata comincia a farsi sentire, intensa e ricca di contenuti,
ma ancora non sappiamo nulla
della sorpresa che sta per accoglierci al successivo appuntamento. Arriviamo alla sede dell’ANAIR agenzia creata ad hoc
per gestire il rientro dei rifugiati
mauritani costretti a fuggire nel
1989 in seguito alle violente
azioni di repressione nei confronti
della popolazione negro-mauritana. Ci sediamo attorno al tavolo
e siamo circondati da gigantografie di persone sorridenti che si abbracciano. La direttrice Oumouklthoum Mint Yessa e il direttore
Isselmou Ould Louleid ci spiegano
che sono le immagini dei rifugiati
mauritani che rientrano e che
l’Agenzia dal 2008 ha gestito il
rientro di 24.536 persone.
Obiettivo dell’agenzia è il rientro
assistito; affinchè ciò avvenga nel
migliore dei modi tutto il progetto
è stato gestito rispettando tutti i cittadini, accolti con documenti mauritani e assistenza medica, e liberi
cirnotizie
di tornare dove loro decidevano
cercando di arrivare ad un reinserimento armonioso sul territorio nazionale fino alla definitiva
stabilizzazione. Nel racconto dei
due direttori l’orgoglio di essere
riusciti in un’impresa titanica; e il
lavoro oggi, oltre ad essere di assistenza ove necessaria, riguarda
anche programmi per la riconciliazione nazionale. Usciamo
dall’agenzia increduli; il progetto
aveva superato ogni nostra aspettativa, la sensazione sempre più
forte era quella di aver sottovalutato le capacità e le energie di
questo paese.
L’incontro, la sera, con il Ministro
degli interni e della decentralizzazione, conferma la sensazione
che abbiamo avuto tutta la giornata: quanto progresso abbia
fatto questo paese con così scarsi
mezzi. Il Ministro afferma: “Lavoriamo su un progetto di legge
avanzato sull’immigrazione. La
Mauritania è la porta d’ingresso
per l’Europa, l’obiettivo è di controllare l’immigrazione rispettando
la dignità delle persone; la Mauritania è un paese d’accoglienza.
La legge sull’immigrazione dovrebbe essere approvata nella
prossima sezione parlamentare”.
Il ministro afferma la disponibilità
da parte delle istituzioni per avviare un progetto comune. La
lunga giornata si conclude, ma la
sensazione fortissima è quella di
aver trovato un terreno fertile per
un dialogo costruttivo nel rispetto
della dignità dei migranti.
Dopo aver rotto il ghiaccio il
primo giorno, e capito reciprocamente che si poteva costruire insieme un progetto efficace di
ampiezza regionale, il 24 settembre Mohamed Abdullahi Ould
Zeidane, Consigliere del ministro
dell’Interno e presidente della
Commissione per la determina-
22
zione dello status di rifugiato, ci
presenta un excursus sulla concreta situazione legislativa in Mauritania rispetto alla legge sulla
migrazione. Risale al 1965 la
legge per l’ingresso dei migranti;
dal 2006-7 la Mauritania sta cercando di attualizzare la legge
ispirandosi alla legislazione canadese e belga sull’immigrazione al
momento è ancora in lavorazione.
In materia d’asilo la Mauritania ha
aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951; al momento si sta
creando una struttura autonoma
che deciderà sullo status di rifugiato, rifiutandolo o accordando
lo status di rifugiato, ad esclusione
di quelli nei campi. Per esempio
ci sono circa 140 rifugiati urbani
che hanno una piccola assistenza
e possono lavorare. Il testo della
legge sarà il primo testo di questo
genere del mondo arabo, e prevede anche la formazione dei giuristi la polizia e tutti coloro che
lavorano nel settore.
La preparazione del testo, continua Zeidane, è fatta in cooperazione con l’Unione Europea dal
2007, con l’Unhcr dal 1990, con
l’OIM dal 2007. Con gli Stati
confinanti ci sono degli accordi bilaterali di reciprocità relativi agli
ingressi dei migranti. Per quanto riguarda il caso dei rifugiati del
Mali, sono considerati rifugiati
quelli che sono nei campi mentre
gli altri maliani che vivono altrove
o in città sono considerati migranti. Il flusso giornaliero di arrivo
è di circa 124 persone al giorno.
Il pomeriggio abbiamo incontrato
il Programma Alimentare Mondiale (PAM), che è stato sempre a
fianco delle persone minacciate
da fenomeni naturali o guerre e
che provvede il cibo ai 107.000
profughi al campo di Mbera. Il
programma della visita studio
della delegazione algerina a di-
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PROGETTI CIR
cembre prevede infatti una visita
al campo di Mbera, per la quale
il contributo del PAM – con il suo
aereo che vola quattro volte la settimana, unico mezzo di trasporto,
fino al campo – sarà cruciale. Il
Pam distribuisce 1500 tonnellate
di viveri al mese, prestando
grande attenzione al problema
della malnutrizione. Il flusso giornaliero di arrivo dei profughi è di
circa 124 persone al giorno. I rifugiati maliani, oltre ad arrivare in
Mauritania, sono presenti in Burkina Faso e Niger.
Il 25 settembre incontriamo Haimoud Ould Ramdan, consigliere
al ministero della giustizia e ideatore della legge sull’asilo. Per loro,
spiega, migrazione significa
quando qualcuno attraversa una
frontiera, e nonostante i muri la migrazione si sviluppa. Qual è il miglior modo per affrontare questo
problema? La stigmatizzazione
non lo è. Esiste in Mauritania il
traffico di armi e non abbiamo in
Mauritania una legislazione che
possa controllare questo traffico.
Però noi non vogliamo essere i
gendarmi o i guardiacoste dell’Unione Europea.
La Mauritania è un paese di emigrazione, di immigrazione e di
accoglienza di rifugiati. Il decreto
del 2005 ratifica le due convenzioni Onu sui rifugiati (Ginevra e
OUA) e le introduce nel sistema legale mauritano. Tutti gli stranieri
che beneficiano dello status di rifugiati lo ottengono in seguito alle
due convenzioni ed è stato creato
un organismo nazionale per gestire questo. Nelle procedure nessun dossier di donne, o di donne
con bambini, è stato rifiutato. Abbiamo organizzato dei seminari
per sensibilizzare le istituzioni frontaliere, la legislazione non era conosciuta e quindi non era
applicata. Per la necessità di
cirnotizie
avere una nuova legge sul diritto
d’asilo e d’immigrazione, una
commissione si è riunita per un
anno una volta a settimana per redigerne il progetto. Intanto tutte le
situazioni vengono decise da
un’istituzione indipendente che
approva o rifiuta i dossier. C’è un
ufficio preposto dove consegnare
le domande d’asilo. I militari
fanno un corso sui diritti umanitari
e devono ottenere un brevetto per
poter lavorare nell’ambito della
migrazione. Il testo legislativo sui
rifugiati uscirà nel mese di novembre. La migrazione è certo un problema di sicurezza, ma anche un
problema umanitario.
Terminata la riunione, ci spostiamo alla sede del Comitato Internazionale della Croce Rossa
(CICR), dove incontriamo Rania
Machiab, capo progetto, che ci
spiega come il CICR, in questo
periodo, a Bassikounou abbia in
costruzione un centro di maternità.
Il CICR agisce con azioni puntuali
non con un intervento permanente. Nel 2005 è stato firmato
un accordo tra il governo mauritano e CIRC per un permesso di
ingresso in tutti i luoghi di detenzione e a tutti i detenuti. Nella visita è sempre presente un medico;
il CIRC fa anche un lavoro di accompagnamento con le autorità
mauritane. La Mauritania è in
grado di avere delle prigioni modello grazie al numero limitato di
prigionieri dovuto alla sua popolazione ristretta. Nelle prigioni ci
sono dei migranti e su loro abbiamo un’attenzione particolare in
quanto più vulnerabili, sia perché
lontani dalla famiglia sia per una
questione psicologica.
Terminate le riunioni istituzionali a
Nouakchott, il pomeriggio partiamo per Nouadibou, cinque ore
di macchina verso il nord e in
mezzo al deserto. Arriviamo la
23
sera e subito l’atmosfera è diversa
da quella della capitale: c’è più
movimento, lo spagnolo è la lingua che si sente per la strada, ci
sono molti stranieri e moltissimi cinesi. Ceniamo in un ristorante vicino all’albergo con una bella
paella “mauritana” e corriamo a
dormire… il giorno successivo
sarà lungo.
L’appuntamento della mattina è
alla sede della Caritas, presso la
chiesa cattolica, con il parroco nigeriano padre Jerome. La parrocchia c’è dagli anni 30, e la
chiesa è stata costruita nel 1957.
I cristiani presenti sono tutti migranti, dato che i mauritani sono
tutti musulmani. Il parroco ci racconta la situazione dei migranti a
Nouadibou: “Vivo qui da 10
anni, i flussi migratori sono la conseguenza delle guerre, la Mauritania è un paese di transito e di
accoglienza, abbiamo una
grande comunità di senegalesi
che lavorano come pescatori. Altri
immigrati che sono attiva alla nostra missione provengono da
Rwuanda, Congo e Mali; per i
cristiani il primo luogo a cui rivolgersi è la chiesa, ma aiutiamo tutti
gli immigrati, indipendentemente
dalla loro religione. Abbiamo organizzato un asilo per bambini, il
primo in Mauritania, una biblioteca. Organizziamo conferenze e
dibattiti sull’immigrazione, produciamo materiale audio visivo (filmdocumentari). Abbiamo una
piccola farmacia, e distribuiamo
occhiali e latte per bambini. Gestiamo progetti di micro credito
per le donne e di ritorno volontario. Siamo responsabili di un cimitero dei migranti. Lavoriamo con
gli immigrati bloccati alla frontiera; le autorità mauritane ci aiutano sbloccando la situazione,
anzi permettendo agli immigrati di
riprendersi dal passaggio nel de-
NUMERO 10-11/2012 - OTTOBRE-NOVEMBRE 20 1 2
PROGETTI CIR
serto. Questa collaborazione con
le autorità è molto importante, perché ci permette di riuscire a salvare e curare i migranti che
vengono abbandonati nel deserto”.
Dopo la chiacchierata con il parroco andiamo a visitare il centro
di detenzione per migranti che il
governo mauritano ha deciso di
chiudere. Vedere un centro di detenzione chiuso è già una grande
soddisfazione, leggere le scritte e
guardare i disegni lasciati sui muri
dai migranti funziona più di qualunque analisi geopolitica; ma
l’emozione più grande è ascoltare
i rappresentanti delle istituzioni affermare che “noi siamo un popolo
di origine nomade, viaggiamo nel
deserto senza bussola, non esiste
nel nostro patrimonio genetico la
parola confine, siete voi che siete
venuti a tracciare linee che non ci
appartengono e poi venite a chiederci di rinchiudere uomini che
hanno come unica colpa la scelta
di partire? Non siamo i gendarmi
dell’Europa”.
Nouadibou è una città vivace, la
grande presenza di stranieri europei ed asiatici conferma che è la
città del business, con un porto importante per l’esportazione del
ferro e dei fosfati. Ma non c’è
tempo per fare un giro in città,
dobbiamo tornare a Nouakchott
per la riunione conclusiva. Affrontiamo consapevoli le ore di strada
che ci dividono dalla capitale e
mentre guardiamo l’orizzonte disegnato dalle imponenti dune vediamo il lontananza il famoso
treno merci più lungo del mondo,
che percorre giornalmente i 700
chilometri che separano le miniere
dal porto; ci appare tra le dune all’improvviso, non possiamo non
fermare la macchina e guardarlo
avvicinarsi dall’orizzonte. Il macchinista ci vede e ci saluta, e noi
cirnotizie
increduli aspettiamo che il treno
passi e lo accompagniamo con lo
sguardo fino a quando non scompare inghiottito dalle dune. Con
questa immagine suggestiva riprendiamo la strada. Arriviamo
tardi a Nouakchott il tempo di
mangiare un boccone e crolliamo
in un sonno liberatorio.
Il 27 settembre teniamo la riunione conclusiva, lì dove avevamo cominciato, nella sede
della CNDH; siamo tutti più rilassati e soddisfatti, consapevoli di
aver impostato delle relazioni costruttive e soprattutto pieni di idee
e progetti per la visita studio e il
seminario di dicembre. Mohamed
Abdullahi Ould Zeidane conclude
dicendo che il 25% della popolazione mauritana è composta da
stranieri, molti di loro rimangono
aspettando l’occasione giusta per
partire anche se ora, con la politica europea di Frontex, l’occasione diventa sempre più difficile.
La Mauritania ha cominciato ad
occuparsi di migranti nel 2004
ed oggi esiste anche all’università
un master sull’immigrazione.
Il contatto è stabilito i preparativi
per il workshop di dicembre saranno il lavoro dei prossimi mesi;
la settimana è volata e partiamo
con un gran desiderio di tornare.
Marisa Paolucci
24
Formazione
UNIVERSITA’ “SAPIENZA” DI
ROMA-CIR-UNHCR-CARITASAWR: CORSO MULTIDISCIPLINARE DI FORMAZIONE SU
RIFUGIATI E MIGRANTI
Lo scorso 12 dicembre è iniziato il
Corso Multidisciplinare di Formazione
su Rifugiati e Migranti di Roma, diretto
dal prof. Sergio Marchisio e promosso
da: Università di Roma “Sapienza”,
CIR, UNHCR,Caritas Diocesana di
Roma e AWR.
Il Corso multidisciplinare di formazione
- si propone di realizzare un percorso
formativo finalizzato a formare figure
professionali esperte negli ambiti relativi
alle istituzioni nazionali ed internazionali
che promuovono e tutelano i diritti umani
di rifugiati e migranti.
Il corso rappresenta la continuazione
del ‘Corso multidisciplinare universitario
sul diritto di asilo e dei rifugiati’, istituito
nel 1992 in collaborazione con UNHCR, il CIR, la Caritas Diocesana e
l’AWR), giunto lo scorso anno alla XX
edizione.
Possono partecipare coloro che sono in
possesso del diploma di scuola secondaria superiore o di un titolo equivalente.
Il corso ha durata semestrale, per un’attività formativa pari a 32 ore di attività
didattica frontale, con inizio nel mese
di dicembre 2012 e conclusione nel
giugno 2013. Le lezioni si terranno il
venerdì pomeriggio dalle ore 16 alle
ore 18.30. È previsto un attestato di
partecipazione e il conferimento di 4
CFU, previo esame finale
Per informazioni: Dott.ssa Antonella
Rosato - [email protected],Tel.
0649930599;
Dott. Ilja Pavone,
[email protected],
Tel. 0649937657.
sito dell’Università alla
pagina:http://www.uniroma1.it/didattica/corsiformazione/rifugiati-e-migranti-26350.
NUMERO 10-11/2012 - OTTOBRE-NOVEMBRE 20 1 2
Progetto P.O.L.I.S.
NEWSLETTER POLIS N.4/5
Percorsi Orientamento Lavoro Inclusione Sociale
Progetto P.O.L.I.S.
Percorsi Orientamento Lavoro
Inclusione Sociale
Newsletter n. 4 e 5
Con il
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Il progetto P.O.L.I.S., con il contributo di Fondaprogetto
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Il capofila è Fondazione G. e I. Cova, i partner soceologici che offrissero nel breve-medio periodo magi Rifugiati
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all’esperienza di Scuola Cova nella formazione profestiva sociale La Cordata e cooperativa sociale Prosionale e al nostro rapporto con il mondo aziendale, abgetto Integrazione onlus.
biamo collaborato con l’Unione Artigiani e varie aziende
La presa in carico integrata dei titolari di protezione inLa
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fiducia, le competenze specifiche di ognuno, nello sforzo
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la sperimentazione.
costituire una risorsa per la loro organizzazione. La colAttraverso le testimonianze di ogni partner, riportate qui
laborazione con le aziende è stata buona e la disponibiFrancesca Lebano, coordinatrice di progetto, Scuola Cova
di seguito, è possibile comprendere a fondo la specificità
lità alta.
«Nell’ambito del progetto P.O.L.I.S. mi sono occupata dell’organizzazione dei percorsi di
degli interventi.
Durante lo svolgimento dei tirocini formativi abbiamo atformazione e inserimento lavorativo dei titolari
di protezione internazionale e umanitaria.
tivato un sistema di tutoring al fine di far fronte alle fragiInnanzitutto
è
stato
necessario
individuare
i
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Francesca Lebano, coordinatrice di progetto, Scuola
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rapporto
con
il
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aziendale,
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«Nell’ambito del progetto P.O.L.I.S. mi sono occupata
paese e della loro declinazione nelle relazioni quotidiane.
dell’organizzazione dei percorsi di formazione e inseriAd esempio, il rimprovero in pubblico da parte di un sumento lavorativo dei titolari di protezione internazionale
periore è stato da alcuni tirocinanti vissuto come un’umi-
cirnotizie
I
NUMERO 10-11/2012 - OTTOBRE-NOVEMBRE 20 1 2
NEWSLETTER POLIS N.4/5
opportunità in Italia.
Il nostro servizio di assistenza socio-legale ha previsto
anche su richiesta dei beneficiari interventi di supporto
nelle pratiche burocratiche con Questura e Commissioni
Territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale».
liazione e un’offesa ed ha quindi richiesto un nostro intervento di mediazione e il chiarimento dei principi che,
per la nostra società, costituiscono la base di un rapporto
di lavoro, come l’osservanza degli orari e delle gerarchie».
Claudia Saccomani e Lucia Maggiolo, consulenti
socio-legali, Consiglio Italiano per Rifugiati onlus
«Il CIR, sulla base della sua ventennale esperienza nel
campo della protezione internazionale, si è inizialmente
occupato della formazione dell’équipe multidisciplinare
al fine di dotare gli operatori degli strumenti necessari
per costruire progetti individuali integrati.
La formazione, in particolare, si è concentrata sui diritti
connessi alla protezione internazionale, sulle differenze
fra rifugiati, beneficiari della protezione sussidiaria, protetti umanitari, sulle metodologie di lavoro sociale con i
rifugiati con riferimento al trattamento dei gruppi vulnerabili e delle vittime di trauma e tortura, sugli aspetti motivazionali e relazionali con gli utenti.
La formazione specifica iniziale ed una continua attenzione alle caratteristiche sociali e psicologiche dei rifugiati sono di fondamentale importanza: si tratta di
un’utenza difficile, con cui le interazioni e le comunicazioni risultano particolarmente impegnative per le distanze culturali, la peculiarità del progetto migratorio del
rifugiato, il suo background e per le richieste pressanti,
ampie, complesse, confuse che vengono portate.
Successivamente sulla base dei criteri definiti in équipe,
abbiamo selezionato i beneficiari del progetto verificando
e analizzando le aspirazioni, le prefigurazioni e le motivazioni dei titolari di protezione nei confronti delle proposte e più in generale nel percorso di integrazione. Le
informazioni raccolte durante la fase di selezione hanno
permesso all’équipe di comprendere le caratteristiche
dell’utenza e l’esperienza lavorativa maturata precedentemente dai beneficiari in modo da progettare percorsi di
formazione che permettessero l’incontro tra aspettative
degli utenti e reali possibilità di inserimento lavorativo nel
contesto attuale.
Con la stessa ottica e sensibilità abbiamo monitorato i
percorsi di inclusione sociale dei rifugiati mediante incontri periodici individuali e di gruppo. E’ stato necessario
durante tutto il percorso un continuo dialogo con gli utenti
che manifestavano difficoltà di comprensione della loro
situazione giuridica e quindi scarsa fiducia nel sistema
di protezione italiano. L’approfondimento della normativa
italiana ed europea, declinata nelle situazioni di ogni singolo, ha permesso alle persone di redifinire il proprio progetto di inclusione sociale sulla base di reali diritti ed
cirnotizie
Fernanda Francia, sarta professionista, Scuola Cova
«Il corso professionale per sarti del progetto P.O.L.I.S. è
stata la mia prima esperienza come insegnante di sartoria. Sono stati mesi entusiasmanti che mi hanno permesso di aiutare concretamente un gruppo di giovani in
una situazione di grande difficoltà.
Data la differenza di età mi è sembrato che a volte i rifugiati mi percepissero come una figura materna: inizialmente mi parlavano molto delle loro paure e
preoccupazioni ma poi, raggiunta una maggiore confidenza, ci confrontavamo anche su speranze positive per
il futuro.
Dal punto di vista tecnico ho dovuto fronteggiare atteggiamenti diversi, forse derivanti anche da diverse culture.
Alcuni apprendisti sarti erano entusiasti di apprendere le
nuove tecniche e avevano forte il desiderio di sperimentarsi. Altri invece hanno faticato ad accettare le nuove tecniche e a cambiare le proprie abitudini: ho dovuto
spiegare pazientemente come la precisione fosse requisito indispensabile e che quindi le nuove tecniche che io
insegnavo loro avrebbero potuto aiutarli a raggiungere
gli standard richiesti nella sartoria in Italia.
I risultati dal punto di vista strettamente tecnico ci sono
stati e sono stata molto soddisfatta della loro partecipazione.
Emotivamente è stata per me un’esperienza profondamente arricchente: ho conosciuto le sofferenze di giovani
rifugiati, ho compreso il loro dolore ed ho guardato con
occhi nuovi la loro fuga verso l’Italia. Mi piacerebbe moltissimo ripetere l’esperienza».
Maria Wanda Di Pierro, psicologa e formatrice, cooperativa sociale Progetto Integrazione onlus
«La cooperativa si è occupata di interventi di formazione
e mediazione culturale.
I nostri mediatori hanno affiancato gli operatori degli altri
partner durante gli incontri individuali e di gruppo con i
titolari di protezione.
In particolare per il gruppo di donne è stato necessario
un percorso di formazione e mediazione culturale particolarmente articolato, data la breve permanenza delle rifugiate in Italia e la conseguente scarsa conoscenza
della cultura italiana.
II
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NEWSLETTER POLIS N.4/5
le giornate di orientamento di gruppo in aula, hanno permesso infatti ai rifugiati di riflettere sulle proprie esperienze e competenze professionali o personali.
Si tratta molto spesso di competenze che sono difficilmente sovrapponibili a quelle richieste dalle figure professionali del “nostro” mercato del lavoro, in quanto vi
sono spesso grandi differenze tra i sistemi scolastici,
economici e produttivi dei paesi di provenienza dei rifugiati e quelli italiani – o degli altri paesi europei, presso i
quali le persone hanno spesso dei trascorsi anche di tipo
professionale. Diviene allora molto utile non solo approfondire in modo dettagliato le competenze possedute ma
anche fornire informazione e formazione rispetto alle
competenze richieste dal nostro mercato.
L’orientamento mira ad una migliore conoscenza del sé,
per permettere un recupero delle risorse personali e rafforzare chi si sente in una condizione spesso di emarginazione o sfiducia maturata al seguito di esperienze
negative o di lavoro irregolare. Nel contempo permette di
acquisire informazioni utili sulle capacità e le conoscenze
richieste dal mercato: titoli di studio, requisiti di accesso
alle professioni, ma anche atteggiamenti e comportamenti formali e informali attraverso i quali si svolgono le
relazioni nei contesti professionali.
Abbiamo inoltre approfondito la conoscenza degli strumenti on line per la ricerca del lavoro e del processo di
selezione delle aziende e delle agenzie di somministrazione e intermediazione lavorativa, per pemettere agli
utenti di attivarsi autonomamente.
L’approfondimento di questi aspetti rende spesso possibile la costruzione di un progetto professionale realistico,
che tiene conto dei limiti e delle risorse e che, soprattutto,
getta le basi per un inserimento lavorativo quale asse
portante del percorso di inclusione sociale dei rifugiati».
L’obiettivo trasversale a tutto il percorso d’aula è stato
quello di fornire alle partecipanti i principali strumenti di
analisi e comprensione della realtà lavorativa in Italia. La
mediatrice è stata presente durante tutto il percorso, visto
lo scarso livello di conoscenza della lingua e della cultura
(del lavoro) italiana.
Inizialmente è stato fatto un lavoro di analisi delle aspettative e delle motivazioni relative alla partecipazione al
corso professionale per assistente familiare. Abbiamo poi
dato loro una restituzione sulle reali opportunità che il
corso può offrire definendo un patto d’aula con regole
precise a cui aderire in quanto primo esempio di regole
nel mondo del lavoro.
Per introdurre un esame di realtà, la mediatrice ha raccontato la propria esperienza lavorativa da quando è arrivata in Italia ad oggi, in modo da far emergere con la
propria testimonianza le difficoltà, la flessibilità e le regole
che è indispensabile comprendere per poter cercare e
mantenere un lavoro.
E’ stato necessario approfondire il significato di essere
donna ed essere madre in Italia in relazione al mondo
del lavoro; a tal proposito abbiamo organizzato delle simulazioni di situazioni lavorative particolari scelte in base
alle prefigurazioni delle rifugiate.
Durante i colloqui individuali si sono approfonditi alcuni
aspetti riguardo i vincoli, i desideri e le reali possibilità
formative e lavorative di ognuna ed abbiamo definito insieme ad ogni rifugiata il proprio progetto formativo e professionale a breve, medio e lungo termine.
Tutte le preziose informazioni raccolte sono state riportate in equipe per definire un progetto professionale individuale di ognuna».
Margherita Consalez, consulente in politiche attive
del lavoro, consorzio SIS – Sistema Imprese Sociali
«Il Consorzio SIS si è occupato dell’orientamento al lavoro, individuale e di gruppo, attività spesso determinante non solo per la ricerca ma anche per il
mantenimento di una posizione lavorativa.
Si è proceduto ad un primo colloquio conoscitivo con tutti
gli utenti e, a seguito della fase di gruppo e delle esperienze formative, ad un colloquio di verifica.
Inoltre, sono stati attivati percorsi di approfondimento per
i casi che si sono rilevati più problematici, alcuni dei quali
sono sfociati nell’inserimento dei rifugiati presso cooperative sociali o posizioni di lavoro protette con tutoring
continuativo.
L’orientamento coinvolge diversi aspetti, primo fra tutti
quello della riflessione e della presa di coscienza rispetto
alle proprie risorse personali. Sia i colloqui individuali, sia
cirnotizie
Silvia Castellini, tutor, e Cristian Gianella, educatore,
cooperativa sociale La Cordata
«La nostra cooperativa si è occupata dell’accoglienza
dei titolari di protezione internazionale che durante il percorso P.O.L.I.S. hanno terminato il periodo di permanenza presso i Centri Polifunzionali del Comune di
Milano.
L’accoglienza è avvenuta in una struttura in parte adibita
anche ad ostello per persone provenienti da ogni parte
del mondo, creando così una bellissima esperienza di
convivenza e confronto multiculturale.
Per un abitare che fosse segnato da relazioni buone e
potenzialmente di mutuo sostegno tra i rifugiati, in un
momento per loro difficile e di incertezza, abbiamo organizzato momenti di incontro e di svago: la preparazione
III
NUMERO 10-11/2012 - OTTOBRE-NOVEMBRE 20 1 2
NEWSLETTER POLIS N.4/5
si incontrava su temi generali proposti dai partecipanti e
su confronti rispetto al lavoro con temi proposti dai facilitatori. Questi incontri erano impostati con particolare attenzione al consolidamento linguistico e alla confidenza
con parole, frasi e contenuti. Questo ha reso ferraginoso
il dialogo ma i miglioramenti si vedevano alla fine di ogni
incontro e, specialmente, avvenivano con un passo comune.
Si è poi passati ad un orientamento personale verso il
lavoro o la gestione della invalidità, della sua accettazione in riferimento ai parametri culturali di appartenenza. Dove vi sono sindromi psichiatriche abbiamo
cercato di riconoscerle attraverso i parametri culturali di
appartenenza. Quali sono i risultati? E difficile rispondere
a questa domanda. Sono percorsi individuali diversi. Potrei esemplificare cosi i passaggi: in primo luogo, accettazione della propria condizione sia in relazione alla
cultura di appartenenza che a quella da acquisire; in secondo luogo, superamento delle diffidenze e riconoscimento di una informazione corretta sui diritti e la
cittadinanza a discapito delle informazioni raccolte in
modo estemporaneo».
insieme di piatti tipici dei Paesi d’origine dei rifugiati e le
cene comunitarie hanno favorito la conoscenza reciproca
e la coesione del gruppo. La nostra struttura non è stata
per gli ospiti un “dormitorio” ma una vera “casa”.
Dal punto di vista educativo, è stato necessario stare al
fianco dei rifugiati e pazientemente mostrar loro la via
verso l’autonomia. Innanzitutto è stato definito con
ognuno di loro un percorso individualizzato sul senso
delle priorità di acquisto e del risparmio dei compensi lavorativi. Per richiamare gli utenti alla responsabilità personale, abbiamo concordato un patto di accoglienza in
cui è esplicitamente dichiarato quale cifra ogni rifugiato
si impegna a risparmiare ogni mese in vista dell’uscita
finale dal progetto. Allo stesso scopo abbiamo accompagnato i rifugiati allo Sportello Casa del Comune di Milano
per raccogliere informazioni utili, imparare a relazionarsi
con i servizi del territorio ed iniziare a crearsi una prospettiva personale sul proprio futuro abitativo».
Sandro Venturoli, operatore sociale e formatore,
Scuola Cova
«Nel progetto P.O.L.I.S. mi sono occupato dei percorsi di
formazione e supporto relazionale di cinque titolari di
protezione internazionale segnalati dai Servizi Sociali del
Comune di Milano come particolarmente fragili a causa
di patologie fisiche e psicologiche.
L’emigrazione forzata provoca traumi cognitivi, emotivi e
spirituali. Lo sradicamento subito e l’acculturazione forzata costringono a mettere a dura prova le risorse umane
di cui si dispone. Vi è una grande solitudine in questo
tratto della propria vita e raramente la comune sofferenza
avvicina persone che vivono la medesima condizione. La
necessità di sopravvivere non facilita solidarietà e condivisione. La lacerazione e l’assimilazione imposta da
necessità di modelli culturali sconosciuti e a volte avversi, lottando, allo stesso tempo, per la propria sopravvivenza, in molti fa emergere capacità e attitudini prima
sommerse o sopite, in altri le fragilità latenti sul piano fisiologico, psicologico ed emotivo.
I percorsi di inclusione sociale di persone nelle quali
l’emigrazione forzata ha fatto emergere limiti fisiologici,
cognitivi, emotivi sono vari: per alcuni è possibile l’inserimento lavorativo, per altri solo attraverso il riconoscimento dell’invalidità, per altri ancora è impensabile
nell’attuale condizione psicofisiologica.
Abbiamo lavorato per alcuni mesi in un gruppo di automutuo-aiuto che cercava di rafforzare i partecipanti
anche attraverso la condivisione delle storie, del modo
in cui ognuno affrontava le difficoltà sia rispetto ai propri
parametri culturali che alle aspettative di vita. Il gruppo
cirnotizie
a cura di: Claudia Saccomani e Lucia Maggiolo
IV
NUMERO 10-11/2012 - OTTOBRE-NOVEMBRE 20 1 2
RICONOSCIMENTI
PREMIO NANSEN PER I RIFUGIATI
2012 ALLA SOMALA
HAWA ADEN MOHAMAD
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Lo scorso 2 ottobre a Ginevra si è
svolta la cerimonia di premiazione
del Premio Nansen per i Rifugiati,
che l'Alto Commissariato delle
Nazioni unite per i Rifugiati
(UNHCR) ha conferito Hawa Aden
Mohamed, fondatrice e direttrice
del Galkayo Education Centre for
Peace and Development (Centro
educativo per la Pace e lo Sviluppo
di Galkayo, GECPD), che opera
nel Puntland, nella Somalia nordorientale.
Nanse
La vincitrice di quest’anno è un’ex rifugiata che, nel
1995, scelse di far ritorno nella propria terra natìa dilaniata dalla guerra, dove lanciò un’ambiziosa iniziativa educativa per assistere coloro che erano stati
costretti a fuggire a causa del conflitto incessante e
della siccità ricorrente nel paese. In particolare, il suo
operato visionario ha cambiato radicalmente la vita
di migliaia di donne e di ragazze sfollate - tra i soggetti più vulnerabili della società somala - che, in molti
casi, si trovano ad affrontare il trauma della marginalizzazione, degli abusi e delle violenze sessuali, compreso lo stupro.
“Quando Hawa Aden Mohamed salva una bambina
sfollata, è una vita intera che trova una nuova direzione”, ha affermato l’Alto Commissario ONU per i
Rifugiati António Guterres. “Oggi le rendiamo omaggio per i suoi sforzi per salvare, crescere e formare
centinaia di donne e ragazze, molte delle quali sono
state vittime dei peggiori tipi di violenza”.
Hawa Aden Mohamed, nota ormai a Galkayo come
“Mama” Hawa, ha istituito dei luoghi dove donne e
ragazze sfollate, vittime di ogni sorta di abuso e di
violenza, possono trovare sicurezza ed opportunità,
nonché protezione ed accoglienza. Il suo lavoro si
fonda sul convincimento che l’istruzione sia il fonda-
I
l premio è stato conferito ad Hawa Aden Mohamed in segno di riconoscimento per la sua azione
umanitaria eccezionale ed instancabile, fonte di
ispirazione per molti altri, in favore delle ragazze e
delle donne somale rifugiate e sfollate, azione che
svolge in situazioni incredibilmente difficili ed impegnative in un paese martoriato da decenni di violenze, conflitti e violazioni dei diritti umani.
L’UNHCR istituì il Premio Nansen per i Rifugiati nel
1954 al fine di accrescere l’interesse per i rifugiati a
livello mondiale e per tenere vivo lo spirito di Fridtjof
Nansen, primo Alto Commissario per i Rifugiati all’epoca della Lega delle Nazioni. Ad oggi, il Comitato per il Premio Nansen per i Rifugiati ha assegnato
68 Medaglie Nansen ad individui, gruppi o organizzazioni.
cirnotizie
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n 2012
29
NUMERO 10-11/2012 - OTTOBRE-NOVEMBRE 20 1 2
RICONOSCIMENTI
mento di tutto, soprattutto per quanto riguarda le ragazze. Oltre a svolgere azione di sensibilizzazione,
il centro di Mama Hawa fornisce sostegno psicologico a donne e ragazze circoncise ed alle vittime di
violenze di genere. Ogni anno, circa 180 donne beneficiano di questi programmi, che contribuiscono a
salvare molte vite.
Hawa era fuggita, ma voleva tornare nella sua terra;
voleva comunque viaggiare per divulgare le problematiche che attanagliano la sua terra e per far smuovere le cose...
Mi disse da subito che comunque sarebbe tornata in
Somalia e che, in un modo o nell’altro, avrebbe portato avanti le attività.
Ci siamo incontrati più volte, sia prima dell’audizione
in Commissione, che dopo. Aveva sempre “paura” di
disturbare, e si scusava in continuazione per “il disturbo”...io invece mi sentivo quasi in imbarazzo davanti a lei, una donna anziana e dall’aspetto così
fragile con idee semplici ma molto chiare; era un vero
piacere parlare con lei. Fu lei a rincuorarmi e a dirmi
di continuare nel mio lavoro; quel pensiero e quell’immagine mi ritorna ogni volta nei momenti di sconforto!
Dopo che era partita mi ha inviato un pacco regalo
dalla Somalia per, come diceva, ringraziare dell’attenzione.
Ci siamo rivisti in occasione del rinnovo del permesso
di soggiorno; non era cambiata per niente...anzi sembrava ancora più determinata, ma di una determinatezza dettata dalla consapevolezza della “normalità“
del suo agire. Ringraziava sempre per ogni cosa; ricordo sempre con piacere la sua dolcezza, quella
dolcezza che ognuno trova negli occhi della propria
madre, non a caso adesso viene chiamata Mama
Hawa.
Ancora una volta mi disse come poteva ringraziarmi....io le ho risposto: “ricordati di me quando riceverai il Nobel per la Pace..... “ . Beh, non è proprio
il Nobel ma ci siamo quasi vicino.
Congratulazioni Hawa, spero veramente di rivederti
di nuovo”.
Sergio Trolio, CIR Calabria
Tratto da www.unhcr.it, sito dell’UNHCR
Riportiamo la testimonianza di Sergio Trolio, nostro
operatore legale a Crotone e nel CARA di S.Anna,
che ha conosciuto da vicino Hawa.
“Hawa è stata una delle prime mie esperienze con
una richiedente asilo.
Avendo avuto il piacere e l’onore di conscerla, la notizia dell’importante riconoscimento che le è stato attribuito, sinceramente, non mi coglie affatto di
sorpresa, anzi, ho sempre pensato che prima o poi
l’avrei vista su qualche palcoscenico internazionale.....
Hawa è arrivata a Crotone (di passaggio da un viaggio) tramite un suo amico e mio conoscente, anch’egli
somalo, un ginecologo che da anni viveva e vive a
Crotone, originario della sua stessa città .
Ho avuto subito l’impressione di avere di fronte a me
una donna fuori dal normale, una donna mite e gentile, ma che emanava una serenità incredibile; fragile
fisicamente, aveva difficoltà a camminare a causa di
problemi alle ginocchia, ma ciò non le impediva certo
di muoversi...sempre con il sorriso sulle labbra.
Mi ha raccontato delle sue attività in Somalia e della
fatica che faceva portare avanti gli impegni che in
altri paesi sarebbero stati, invece, naturali.
“Mama” Hawa, Premio Nansen 2012 – foto: UNHCR-F.Juez
cirnotizie
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A CURA DI LUCA C. ZINGONI
NOTIZIE
INIZIATIE
IN BREVE
RIFUGIATI
SIRIANI, APPELLO
DI ECRE, AMNESTY
E CCME ALL’UE
Lo scorso fine ottobre Amnesty
International, la Commissione
delle Chiese per i Migranti
in Europa (CCME) e l’ECRE
(un’alleanza di 70 Organizzazioni non Governative di
30 paesi europei, di cui il
CIR è membro italiano)- hanno
lanciato un appello all’UE e
ai suoi Stati membri affinché
siano adottate misure concrete
per aiutare le persone in fuga
dalla Siria.
Queste misure riguardano la
possibilità di:
• Garantire l'accesso alla
protezione e a procedure
di asilo eque per tutti i richiedenti asilo siriani che
arrivano nell'UE
• Fornire un approccio comune dell'UE alle richieste
dei rifugiati.
• Far fronte ad alcuni ostacoli, come ad esempio
l'obbligo del visto e le
onerose procedure di ricongiungimento familiare
• Promuovere programmi di
resettlement per i rifugiati
non-siriani rifugiati che vivono in Siria
• Rispondere generosamente al Piano di risposta
per la Siria delle Nazioni
Unite
cirnotizie
COMMISSARIA UE
DOPO CONSIGLIO
UE AFFARI INTERNI A LUSSEMBURGO: ‘FIDUCIOSA
ACCORDO SU ASILO ENTRO FINE
ANNO’
''Sono fiduciosa che troveremo abbastanza presto un accordo sul pacchetto'' di misure
legislative per dare vita a un
vero e proprio sistema di
asilo europeo con standard
comuni a tutti i paesi. Lo ha
affermato (lo scorso 25 ottobre) la Commissaria Ue agli
affari interni Cecilia Malmström al termine del Consiglio Ue affari interni a Lussemburgo, dove e' gia' stata
raggiunta una prima ''intesa
politica''.
Secondo la commissaria, grazie ai ''progressi'' fatti finora,
e' possibile ''con ancora qualche sforzo'' farcela ''in pochi
mesi'',possibilmente ''entro
fine anno'', in modo da rispettare la tabella di marcia
che era stata decisa in primavera dal Consiglio. Questa
fissava come obiettivo la creazione di un sistema di asilo
Ue entro la fine del
2012.(ANSA Bruxelles).
GRECIA,
DOCUMENTATI 87
EPISODI DI
VIOLENZA
RAZZISTA CONTRO
RIFUGIATI
E MIGRANTI
Il Racist Violence Recording
Network ha presentato a fine
ottobre ad Atene i risultati,
estremamente preoccupanti,
che riguardano gli atti di violenza razzista registrati in Grecia nei primi 9 mesi del 2012:
ne sono stati documentati ben
87 nei confronti di rifugiati e
migranti.
Il Network, che insieme all’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati
(UNHCR) e la Commissione
Nazionale per i Diritti Umani
raccoglie 23 fra organizzazioni non governative e altri
enti, ha documentato – sulla
base di testimonianze dirette
delle vittime - 87 episodi di
violenza razzista nei confronti
di rifugiati e migranti. Oltre
la metà degli attacchi sono
stati pianificati da gruppi
estremisti e in alcuni casi le
vittime hanno riconosciuto fra
gli aggressori esponenti del
partito Alba Dorata.
Gli attacchi segnalati sono
caratterizzati da forme di violenza sempre più efferata.
Le vittime testimoniano l’uso
di armi come bastoni, piedi
di porco, catene, coltelli, bottiglie rotte e cani di grande
stazza. In almeno 15 casi si
riscontra una connessione tra
polizia e violenza razzista.
Secondo il Network, il problema principale risiede nell’incapacità e nel disinteresse
delle autorità investigative nel
monitorare tali episodi, condurre indagini efficaci e arrestare i colpevoli. In alcuni
casi si riscontra la prassi di
dissuadere le vittime, sprovviste di regolare permesso
di soggiorno, dal denunciare
eventuali attacchi razzisti alla
polizia.
I membri del Network hanno
formulato specifiche raccomandazioni per il governo
greco (in particolare indirizzate al Ministro dell’Ordine
Pubblico e Protezione Civile
e al Ministro della Giustizia)
in merito alla lotta contro la
violenza razzista.
"E' un ritorno alla barbarie,
uno svilimento del valore della
vita umana, un attacco ai
principi costituzionali di uguaglianza e non-discriminazio-
31
ne, ma anche alla supremazia della legge e alla stessa
democrazia da parte di gruppi organizzati che agiscono
come se fossero uno stato
nello stato. Quindi, difendendo il diritto alla vita e alla dignità umana di rifugiati e migranti difendiamo le istituzioni
democratiche e i diritti umani
della società greca nel suo
complesso" ha commentato
Giorgos Tsarbopoulos, Capo
dell'ufficio UNHCR in Grecia.
Anche l’ex presidente della
Commissione Diritti Umani,
Kotis Papaioannou, ha affermato: “Oggi stiamo sollevando la questione perchè la dilagante violenza razzista e
neonazista sta minacciando
il funzionamento stesso della
democrazia greca. Gli atti
di razzismo non sono diretti
esclusivamente ai migranti
ma anche verso altri segmenti
della popolazione e minacciano la coesione sociale.
Richiamiamo il governo greco
ad assumersi l’obbligo di porre tra le proprie priorità lo
smantellamento dei gruppi
neonazisti presenti all’interno
della polizia ellenica”.
Sulla base dell’esperienza
maturata con le vittime di attacchi razzisti, il presidente
dell’organizzazione Medici
nel Mondo (MdM), Nikitas
Kanakis, ha dichiarato che
“gli ambulatori di MdM sono
oggi l’unica opportunità di
trovare riparo per quei migranti che ogni giorno sono
colpiti da violenza razzista
e che soffrono a causa della
violenza, dell’umiliazione e
della paura. La nostra partecipazione al Network è il
minimo che un’organizzazione umanitaria può fare se si
rifiuta di far finta di non
vedere ciò che sta succedendo. Oggi uniamo le nostre
voci a quelle di coloro che
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NOTIZIE
INIZIATIE
IL PUNTO
sono contro il fascismo presente nella società greca. Insistiamo nell’opporre a “solo
per i greci” la frase “ovunque
ci siano esseri umani”.
Il Presidente del Forum greco
per i migranti, Moavia Ahmed, ha riferito di attacchi
perpetrati contro associazioni
di migranti, ovvero “la parte
istituzionale, il principale canale di comunicazione dei
migranti con il governo e la
società”. Ha poi sottolineato
la profonda paura dei migranti, nel citare la sospensione delle lezioni di lingua
araba da parte della comunità marocchina di Atene.
L’evento è stato moderato da
Marilena Katsimi ed è stato
inoltre proiettato un video di
UNHCR sulla testimonianza
di una delle vittime degli attacchi razzisti.
http://www.unhcr.it/news/d
ir/27/view/1346/presentati-i-risultati-sulla-violenza-razzista-in-grecia-134600.html
per i Rifugiati e gli Esuli (un’alleanza di 70 Organizzazioni
non Governative in Europa
di cui il CIR è membro italiano) ha chiesto ai Paesi Europei di sospendere immediatamente i rinvii verso l’Ungheria dei richiedenti asilo
sotto il sistema Dublino transitati in Serbia per entrare
nell’Unione Europea. I Paesi
europei dovrebbero esaminare queste richieste di protezione internazionale.
Le autorità ungheresi rifiutano
sistematicamente di esaminare
le richieste d’asilo di persone
transitanti in Serbia.
Questa consuetudine ungherese si basa sulla sbagliata
presunzione che la Serbia
sia adatta e disposta a fornire protezione.
Dal 2008 la Serbia non
concede lo status di rifugiato
a nessun richiedente ed ha
concesso protezione sussidiaria in soli 5 casi.
Questo mese, l’UNHCR ha
dichiarato che la Serbia non
dovrebbe essere considerata
un Paese terzo sicuro di asilo
e pertanto i Paesi devono
astenersi dal rimandare in
Serbia i richiedenti asilo.
Una volta in Serbia, le autorità rigettano senza esaminare le richieste di asilo di
chiunque abbia transitato in
paesi vicini ritenuti sicuri.
I richiedenti asilo in Serbia
rischiano quindi di essere ricondotti in Paesi come la
Repubblica di Macedonia
e la Grecia – verso cui la
Corte Europea ha rinvenuto
violazioni dei diritti dei richiedenti asilo.
“Le persone bisognose di
protezione potrebbero essere
ricondotte dagli altri Paesi
in Ungheria, dall’Ungheria
in Serbia, dalla Serbia alla
Macedonia, dalla Macedonia alla Grecia e dalla Grecia ad un Paese in cui rischiano ulteriormente di essere perseguiti, senza che
nessuna autorità abbia esaminato la loro richiesta. I
Paesi europei devono prendersi la responsabilità e fermare questo effetto domino
che pone i richiedenti asilo
nel rischio di finire nelle mani
dei loro persecutori” ha detto
Allan Leas, l’Acting Secretary
General dell’ECRE.
Congiuntamente, il sistema
Dublino e altri accordi sui
Paesi terzi sicuri mettono a
repentaglio il diritto di asilo.
Nel 2011, l’Ungheria ha negato l’accesso a procedure
di asilo di circa 450 persone
inclusi coloro ritornati in Serbia.
Il membro dell’ECRE, l’Hungarian Helsinki Commitee
come parte del suo lavoro
di monitoraggio delle frontiere
ha registrato 3.752 persone
espulse dalla Serbia presso
frontiera Serbo-Ungherese nel
2011.
Questa pratica viola la Carta
dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Premessa - Come regola generale, il Regolamento Dublino
stabilisce che il primo Stato
membro dell’Ue in cui entra
un richiedente asilo deve esaminare la sua richiesta.
La maggior parte delle persone entra nell’Unione Europea irregolarmente attraverso
la Grecia, ma attualmente i
Paesi Europei non riconducono i richiedenti asilo in
Grecia in quanto la Corte
Europea dei Diritti dell’Uomo
ha riconosciuto che potrebbero affrontarvi trattamenti disumani o degradanti.
REGOLAMENTO
DUBLINO,
APPELLO
DELL’ECRE SU
TRATTAMENTO
DEI RICHIEDENTI
ASILO IN
UNGHERIA
Lo scorso fine settembre,
lL’ECRE, il Consiglio Europeo
cirnotizie
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NOTIZIE
INIZIATIE
IN BREVE
La settimana scorsa, l’UE si
è avvicinata alla finalizzazione di un accordo su un
nuovo regolamento Dublino
che potrebbe essere adottato
entro la fine dell’anno. Se il
nuovo Regolamento non introdurrà significative riforme
umanitarie, il sistema Dublino
continuerà a causare avversità
per le persone in cerca di
protezione internazionale finché tutti gli stati membri non
rispetteranno i Diritti Fondamentali.
RIFUGIATI,
MISSIONE IN
ITALIA DEL
RELATORE
DELL’ASSEMBLEA
PARLAMENTARE
DEL CONSIGLIO
D’EUROPA
Alla fine della sua visita di
tre giorni (9-11/ottobre) a
Roma - dove ha incontrato
anche il Direttore del CIR- e
in Sicilia, Christopher Chope,
il relatore inglese per l’Assemblea parlamentare del
Consiglio d'Europa (APCE)
del rapporto "L'arrivo di flussi
migratori misti nelle zone costiere italiane", ha incontrato
nel centro di detenzione per
migranti di Contrada Milo
a Trapani (Sicilia) alcuni dei
sopravvissuti della recente
cirnotizie
tragedia in mare al largo di
Lampedusa.
Secondo uno dei 56 sopravvissuti, più di 70 persone
sono annegate all'inizio di
settembre, quando la loro
barca si è capovolta. "Questo dimostra chiaramente che
non ci può essere alcun motivo di compiacimento per
la gravità della situazione
dei migranti provenienti dal
Nord Africa" ha detto. Anche
se solo circa 9.000 persone
sono arrivate in Italia dal
Nord Africa a partire dal
gennaio – un numero notevolmente più basso rispetto
al 2011 - molti sono ancora
a rischio di vita.
Nel corso degli incontri avuti
con vari Ministeri, membri
della delegazione italiana
della PACE, organizzazioni
internazionali e ONG, ha
anche discusso la questione
di che cosa accadrà dopo
il 31 dicembre 2012, quando il finanziamento per
l’”emergenza Nord Africa”
terminerà ufficialmente. Il governo italiano sta esaminando
le possibili soluzioni per le
almeno 18.000 persone che
sono attualmente ospitati nelle
varie strutture di accoglienza
di emergenza in tutto il paese,
ma non è ancora stata raggiunta una conclusione.
Un'altra preoccupazione riguarda la categoria di persone che non hanno ottenuto
uno status di protezione, ma
non possono essere rispedite
nei loro paesi d'origine o
verso la Libia da dove sono
venuti. Pur mostrando comprensione per la situazione
che l'Italia si affaccia come
una delle europee in prima
linea gli stati, il signor Chope
ha sottolineato che "l'Italia
deve produrre un piano di
uscita prima che il tempo
scada".
DUBLINO,
CONFERENZA
GENERALE
ANNUALE
DELL’ECRE
A metà ottobre si è svolta a
Dublino l’Annual General
Conference dell’ECRE, il Consiglio Europeo per i Rifugiati
e gli Esuli, un’alleanza di 70
Organizzazioni non Governative di 30 paesi europei,
di cui il CIR è membro italiano. All’incontro è intervenuto
Nils Muižnieks, Council of
Europe Commissioner for Human Rights. Il Direttore del
CIR Christopher Hein ha partecipato ai lavori della Conferenza
TORTURA:
CIR FINALMENTE
POSSIBILE
IN ITALIA
MONITORAGGIO E
PREVENZIONE
Il CIR accoglie con grande
soddisfazione la ratifica ed
esecuzione del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la
tortura e altri trattamenti o
pene crudeli, inumani o degradanti, votato alla Camera
a forte maggioranza (438 a
favore e 8 astenuti) lo scorso
24 ottobre.
“Sono dieci anni che attendevamo questo momento. Finalmente l’Italia si mette in linea con gli altri Paesi nel
mondo, sono ben 64 i Paesi
che l’hanno già ratificato.”
ha commentato Christopher
Hein, Direttore del CIR. “Il
protocollo ha un valore fondamentale, stabilisce l’istituzione di un’autorità indipendente che possa controllare
e monitorare i luoghi di reclusione: dalle carceri, ai
33
CIE, agli Ospedali Psichiatrici
Giudiziari. E inoltre, prevede
anche la possibilità per un
Comitato delle Nazioni Unite
di ispezionare questi stessi
luoghi di detenzione. E’ il
punto di partenza per parlare
di un reale sistema di prevenzione e monitoraggio contro la tortura nel nostro Paese,
e le denunce e le testimonianze che negli ultimi anni
hanno riempito le cronache
ci fanno capire quanto sia
necessario” ha concluso Hein.
Rimane, purtroppo, ancora
sospesa l’introduzione del
reato di tortura. Dopo la votazione a unanimità della
Commissione Giustizia del
Senato avvenuta in settembre,
la legge si è insabbiata nei
meandri delle procedure parlamentari e ora ha davanti
un incerto destino. “Dobbiamo sottolineare che senza
una legge che introduca un
reato specifico e punisca chi
commette atti di tortura, le
azioni di monitoraggio e prevenzione rischiano di perdere
molta della loro forza. E’ ora
che l’Italia rispetti la Convenzione contro la Tortura che
ha ratificato nel lontano
1989: questo trattato ci obbliga a introdurre il reato di
tortura. E’ un necessario passaggio di civiltà legislativa”
ha dichiarato Fiorella Rathaus
Responsabile dei Programmi
-CIR di riabilitazione e cura
per le vittime di tortura.
Hanno collaborato: Valeria
Carlini, Yasmine Mittendorff
e Beatrice del Bubba
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diritto d`asilo e integrazione in europa, audizione del direttore del cir