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Tre recensioni
F
di Giuseppina La Face Bianconi
abrizio Festa è un intellettuale versatile. Compo-
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sitore, critico musicale, docente nei Conservatori,
organizzatore concertistico e promotore di convegni, è anche un esperto divulgatore, che da sempre scruta
con occhio penetrante le relazioni fra la musica e gli altri
campi disciplinari. È in libreria da pochi mesi un suo saggio intitolato Musica: suoni, segnali, emozioni, che offre «risposte ad alcune domande essenziali per comprendere la
complessità affascinante» dell’arte dei suoni. Con finezza di tocco e competenza culturale Festa affronta temi
nevralgici, che investono le dimensioni problematiche,
se non addirittura contraddittorie, della musica: quest’arte, così potente nel suscitare le emozioni e al tempo stesso nel formalizzarle, è per certi tratti il frutto di un sapere artigianale (la si impara a bottega) e però dialoga con le
scienze e la filosofia, si ricollega alla fisica come alla poe-
sia, è un poderoso strumento in mano agli educatori e per
converso può indurre la perdita della coscienza, non esiste se non la si produce, e rimane sterile se le vien meno
l’ascolto. Fabrizio Festa dipana questo complesso intreccio di concetti in quattro densi capitoli e un postludio: affiorano suggestioni culturali di natura diversa, dall’àmbito filosofico-estetico a quello matematico e fisico, dalla psicologia delle emozioni alla scienza medica. Il saggio
è una miniera di notizie e di ragionamenti; il filo del discorso conduce il lettore ad irretirsi in un discorso assai
ramificato, tessuto però con mano lieve anche nei tratti
che invocano una concettualizzazione profonda. Il libro
affascina, si legge d’un fiato, fornisce ricco stimolo intellettuale allo studente universitario o di conservatorio,
all’amatore come all’intenditore.
Nata nell’Ottocento, la musicologia è fiorita dapprima
soprattutto come medievistica, applicandosi alle prime
testimonianze della musica europea. Da tempo questo
primato si è ritirato nella nicchia degli specialismi. Eppure il lascito della musica medievale, se incide poco sulla vita concertistica e sul mercato discografico, stimola
tuttora la riflessione dello storico: da un lato c’è la sfida
di ricostruire un tessuto di testi e fonti irrimediabilmen-
te frammentario; dall’altro, il pensiero musicale dell’età
di mezzo presenta affascinanti somiglianze ed enigmatiche divergenze rispetto alla nostra concezione del sapere
musicale. Su questo doppio versante si segnalano i lavori recenti di due giovani e valorosi medievisti di casa nostra. Mauro Casadei Turroni Monti, già ricercatore a Udine (ora a Modena-Reggio), ha procurato la prima versione italiana della Musica Enchiriadis, ossia un «manuale di
musica» che, stilato in età carolingia, godette di durevole
fortuna: anche Guido d’Arezzo lo prese a modello. Tutte le storie della musica lo citano, non foss’altro perché vi
compaiono le primissime testimonianze di rudimentali
«polifonie» intessute sul canto gregoriano: in esse, le voci
supplementari ricalcano con rigoroso parallelismo il canto liturgico, nell’intento di conferirgli un degno alone sonoro. Chi prima d’ora avrebbe davvero potuto leggere e
meditare l’insegnamento di quest’anonimo didatta musicale del IX secolo? Ora, guidato dall’erudita introduzione
di Casadei, l’impavido lettore può tentare la riscoperta di
questo incunabulo della teoria musicale europea.
Dal canto suo Stefania
Roncroffi, docente di Storia della musica nell’Istituto musicale di Castelnovo ne’ Monti, sotto il motto agostiniano «Psallite sapienter» ha riportato in luce
un corpus omogeneo di manoscritti di canto liturgico prodotti da alcuni monasteri domenicani femminili a Bologna nei secoli XIII e XIV, oggi dispersi tra Bologna, Modena, Venezia, Parma e Roma. Oltre
a rivelare un patrimonio
coerente di splendidi codici miniati – in uno si osservano moduli figurativi ispirati a Giotto – Roncroffi fornisce un eloquente spaccato
di storia sociale: spesso infatti la confezione di un codice liturgico rispondeva a una delicata strategia di competizione nobiliare tra le pie donne recluse in monastero. ◼
Fabrizio Festa, Musica. Suoni, segnali, emozioni,
Bologna, Editrice Compositori, 2009, 230 pp.,
isbn 978-88-7794-684-3, 15,00 euro
Musica Enchiriadis, introduzione, traduzione e commento
di Mauro Casadei Turroni Monti. Testo latino a fronte,
Udine, Università di Udine – Forum, 2009, 143 pp.,
isbn 978-88-8420-557-5, 16,00 euro
Stefania Roncroffi, “Psallite sapienter”.
Codici musicali delle Domenicane bolognesi,
Firenze, Leo S. Olschki, 2009
(«Historiae Musicae Cultores», CXVIII),
x-214 pp., isbn 978-88-222-5934-9, 26,00 euro
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«il Patalogo» fa 32
zionali. Le sue sezioni «istituzionali» – Repertorio, Festival italiani e stranieri, Vetrina – fotografano la stagione fornendo tutti i dati necessari, che vengono poi arricchiti e contestualizzati da una selezionatissima antologia della critica. A queste parti più o meno fisse del volume si aggiunge poi quello che da tempo è stato dal suo
ideatore battezzato come «Speciale»: dopo la scorpacciata di teatro spagnolo e sudamericano regalata ai lettori la
scorsa edizione (e curata da Manuela Cherua consegna dei P remi Ubu è un apbini e Davide Carnevali), quest’anno la fervipuntamento ormai da molto tempo
il Patalogo 32.
da mente di Franco Quadri – affiancato dalentrato a far parte delle consuetudini
Annuario del Teatro 2009.
la costante e fondamentale collaborazione di
del mondo teatrale italiano. E anche questa
Altre idee di teatro,
Renata Molinari – ha costruito un gradito e
volta, il 22 febbraio, la serata della premiaUbulibri, Milano 2010,
inaspettato omaggio, che lui stesso racconzione è stata celebrata a Milano, in un greill. pp. 352, euro 55
ta nella sua introduzione: «La strage di lutti
mito Teatro Grassi e con la conduzione grafestivi che ha colpito grandi personaggi della scena, e non
fiante di Piero Chiambretti, ultimo in ordine di tempo
solo, mi fece pensare di dedicare il nostro spazio a questi
di una serie di presentatori illustri, tra cui negli anni si
scomparsi spesso cari, sempre ammirati, che tanto hanno
ricordano almeno Nunzio Filogamo, Roberto Benigni,
fatto per tutti noi, [...] cambiando molte volte con le loro
Alessandro Bergonzoni e Sabina Guzzanti. Ma il Preinvenzioni il senso e l’espressività dell’arte che amiamo e
mio non è che il momento conclusivo di un lavoro colosche ci aiuta a vivere. [...] Ci
sale che quasi magicamensiamo dunque affidati alte Franco Quadri conduce
le parole di questi rifondain porto da trentadue antori della cultura e del teani, anche grazie a una vatro testé scomparsi per rielorosa redazione che lo
vocare e rivivere con loro
accompagna nell’impreun’epoca importante di arsa (oltre all’estrosa e sicuricchimenti, di invenzioni,
ra mano grafica di Andrea
di evoluzione dell’arte in
Lancellotti): mi riferisco
un mondo che va a rotoli,
ovviamente al Patalogo, il
per sentirci a nostra volta
celebre annuario del teapiù vivi e ritrovarci ancora
tro che ci è molto invidiacon quegli amici dei quato anche all’estero. Sin dal
li ci sarebbe impossibile
1978, quando uscì il primo
perdere le tracce e la lezionumero – che raccoglieva
ne». Ecco dunque raccolin una visione interdisciti, sotto il titolo di «Altre
plinare tutti i diversi settoidee di teatro», i pensieri, le
ri delle arti dello spettacovisioni e le riflessioni – tra
lo – questo straordinario
gli altri – di Pina Bausch,
strumento riunisce in sé il
Leo de Berardinis, Klaus
racconto della stagione apM. Grüber, Nina Vinpena trascorsa e l’analisi,
chi e Peter Zadek. (l.m.) ◼
spesso profetica, delle tendenze che attraversano le
scene nostrane e interna-
Presentata a Milano
la nuova edizione
del celebre Annuario
I Premi Ubu 2009
Ecco i vincitori dello scorso anno, decretati da una giuria composta da 61 critici teatrali. Spettacolo dell’anno: I demoni, regia
di Peter Stein; Miglior regia: Valter Malosti per Quattro atti profani di Antonio Tarantino; Miglior scenografia: ex aequo tra
Daniela Dal Cin per ...Ma bisogna che il discorso si faccia! da Samuel
Beckett e Margherita Palli per Sogno di una notte di mezza estate di
William Shakespeare; Miglior attore: Giuseppe Battiston per
Orson Welles’ Roast; Miglior attrice: Ermanna Montanari per Rosvita; Miglior attore non protagonista: Fausto Russo Alesi per I
demoni e Sogno di una notte di mezza estate; Miglior attrice non protagonista: Francesca Ciocchetti per I pretendenti, Giusto la fine del
mondo, La cimice, Sogno di una notte di mezza estate e Un altro Gabbiano; Nuovo attore o attrice (under 30): Silvia Calderoni; Nuovo testo italiano o ricerca drammaturgica: Pali di Spiro Scimone; Nuovo testo straniero: Giusto la fine del mondo di Jean-Luc
Lagarce (Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa); Miglior
spettacolo straniero presentato in Italia: Die Dreigroschenoper
(L’opera da tre soldi) di Bertolt Brecht e Kurt Weill, regia di Robert Wilson (Berliner Ensemble); Premi Speciali a Primavera
dei Teatri, «festival ormai storico dedito alla scoperta e alla valorizzazione di giovani gruppi teatrali con speciale attenzione
a quanto accade nel Meridione, diretto e guidato con amore da
Scena Verticale a Castrovillari»; a Santasangre, Teatro Sotterraneo, Muta Imago, «gruppi guida con Babilonia Teatri dell’attuale cambio generazionale che resuscita in qualche modo gli
storici fasti della scuola romana, dimostrando una capacità di
rinnovare la scena [...] facendo emergere gli aspetti più inquieti e imbarazzati del nostro stare nel mondo attraverso l’uso intelligente di nuovi codici visuali e linguistici»; a Inequilibrio
Festival, «già Armunia, festival residenziale creato e diretto
da Massimo Paganelli a Castiglioncello, per la coerenza tenace e assolutamente originale nella sua ricerca pratica con cui
riunisce annualmente compagnie e gruppi non solo toscani».
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Trent’anni di
Carnevale a Venezia
Tra immagini e aneddoti
Alessandro Bressanello
mette ordine ai ricordi
Q
uesto libro, si può dire, è la mia tesi». Alessandro Bressanello esprime così lo sforzo e
la soddisfazione per la creazione del suo ultimo libro Il carnevale in età moderna. 30 anni di Carnevale
a Venezia 1980-2010. Lo sforzo, per
l’enorme difficoltà di reperire agevolmente materiale documentale, la soddisfazione, perché questo
libro mette finalmente ordine alle svariate immagini delle edizioni
del carnevale che si sono susseguite
lungo gli anni a oggi. Alla presentazione del libro, avvenuta il 30 gennaio scorso presso lo Spazio Eventi della Libreria Mondadori a Venezia, erano presenti l’assessore alla Produzione Culturale Luana Zanella e il presidente di Venezia Marketing & Eventi Piero Rosa Salva,
il quale, esprimendo soddisfazione
per l’investimento compiuto, ricorda che «Bressanello ha caratterizza-
«
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di Giovanna Bottaro
to il lavoro culturale a Venezia»: il libro infatti è un album
dei ricordi del carnevale veneziano raccontato da chi il
carnevale l’ha pensato e costruito, partecipando a vario
titolo (attore, regista, organizzatore, amministratore) alle sue edizioni, ciascuna caratterizzata da peculiarità specifiche per i differenti periodi politico-culturali che si sono succeduti così come per le differenze di budget, sponsor, progetti ideati.
L’intento dell’autore è allora quello di ripercorrere i
trent’anni di storia del carnevale a Venezia con una narrazione che mette in luce l’evolversi della città: ogni immagine è infatti accompagnata da appunti, titoli di stampa, curiosità e cifre che danno un ampio quadro dell’atmosfera che si respirava in laguna a ogni organizzazione.
Il carnevale fu abolito nel 1797 quando cadde la Repubblica e fu riproposto a partire
dal 1980, quando iniziarono a manifestarsi con evidenza forti spinte
per far rivivere le antiche tradizioni della Serenissima. La storia raccontata da Bressanello esalta quindi la rinascita del carnevale che lo
stesso autore, con entusiasmo, descrive: «Nel ‘79 la Scuola grande
San Marco organizza il Volo della colombina riproposto per la prima volta davanti a migliaia di veneziani, alcune feste e spettacoli e
il martedì grasso, il Gran ballo in
piazza San Marco e il falò del Pantalone che chiude i festeggiamenti.
È un grande successo, l’Italia usciva dagli anni di piombo del terrorismo, la voglia di divertirsi era grande. Si comincia a fare sul serio...». ◼
ristorante e caffetteria
Situato al pianterreno di Palazzo Querini Stampalia,
il nuovo Qcoffee si apre in un incantevole giardino interno:
armonico equilibrio d’acqua, pietra e verde
progettato alla fine degli anni ‘50 da Carlo Scarpa.
Gestito da Mariagrazia Cassan e Guglielmo Pilla,
il caffè ristorante, disegnato da Mario Botta,
offre i suoi servizi non solo a chi frequenta le mostre,
il Museo e le attività della Fondazione Querini Stampalia,
ma a chiunque desideri rilassarsi in uno spazio speciale.
Lo chef prepara specialità
della cucina tosco/veneta
e piatti di pesce, anche crudo.
Ampia selezione di vini dall’Italia e dal mondo.
Qcoffee
Fondazione Querini Stampalia - Santa Maria Formosa
Castello 5252 VENEZIA
041 0991307
[email protected]
chiuso domenica sera e lunedì
by la colmbina
Enoteca Ristorante La Colombina
Via Contessa Beretta, 31
Villanova di Farra, Gorizia
0481 889061
[email protected]
chiuso martedì sera e mercoledì
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dischi – libri
U
di Giovanni Greto
cuore, ma senza mai indulgere al sentimentalismo e che attraverso l’analisi
della figura di un musicista carismatico ci fa conoscere la situazione italiana riguardo la musica pop e
non solo negli anni
sessanta e settanta.
La sorpresa maggiore riguarda l’autore,
giovanissimo, esperto di musica progressiva, non ancora
nato quando Stratos
morì, eppure capace, attraverso l’ascolto dei dischi e le interviste con quanti gli furono, soprattutto professionalmente, vicini, di farci amare una persona genuina, tanto
più umile e dolce, quanto più decisa e tesa verso una ricerca musicale, bruscamente interrotta dalla morte, che forse sarebbe potuta durare tutta la vita, raggiungendo risultati inimmaginabili. Il libro, alla maniera di un film, parte
con un flashback degli ultimi istanti di Efstratios Demetriou, italianizzato in Demetrio Stratos, con il cognome,
dunque, che diventa nome, nato da genitori greci ad Alessandria d’Egitto il 22 aprile 1945, trasferitosi nel 1962 a
Milano per iscriversi alla facoltà di Architettura del Policlinico, spentosi al Memoria Hospital di New York il 13
giugno 1979, dov’era stato ricoverato d’urgenza per cercare di guarire dall’aplasia midollare, una malattia a causa
della quale il sangue non riproduce più le cellule. Stratos
non aveva più globuli rossi, ogni sua ferita, anche interna, non si rimarginava. L’ipotesi più probabile sull’insorgere della malattia fu quella di un lungo indebolimento
dovuto all’assunzione massiccia di sulfamidici per combattere febbre, infiammazioni alla gola, raffreddori. Perché Stratos, temendo un cambiamento del timbro vocale, non si era mai voluto operare di tonsille. Passando alla
parabola artistica, il libro racconta di un periodo iniziale,
durante il quale il musicista lavorava nelle balere e nei locali da ballo pur di sbarcare il lunario; del primo successo anche discografico con i Ribelli dal 1966 al 1970 – una
canzone per tutte «Pugni chiusi» – della creazione degli
Area, «International POPular Group», con il quale rimase per quasi sei anni dal 1973 al 1979, proponendo una
musica decisamente rivoluzionaria, che annichiliva le banalità del pop; e infine di una particolare ricerca sonora, influenzata tra l’altro dall’incontro e la collaborazione
con John Cage e che
Antonio Oleari, Demetrio Stratos. portò a risultati originalmente strabiGioia e rivoluzione di una voce,
lianti e strepitosi. ◼
Aerostella, Milano, 2009.
n libro scritto col
Il duo Chet Baker
Bill Evans in disco
I
l 1959, un anno in cui sono stati prodotti nel jazz
dei dischi capolavoro – Kind of Blue di Miles Davis,
The Shape of Jazz to Come di Ornette Coleman, Ah Um
di Charles Mingus, solo per citarne alcuni – è altresì da
ricordare per le due uniche collaborazioni discografiche tra Chet Baker e Bill Evans. Roland Damon, nelle
breve introduzione all’ascolto che apre il libretto, si domanda, senza riuscire a ipotizzare una risposta soddisfacente, come mai i loro incontri siano stati così sporadici, nonostante una delicatezza, una fragilità caratteriale e una concezione musicale sottesa a un sentire comune. Il disco si apre con l’intera scaletta di Chet – the Lyrical Trumpet of Chet Baker, registrato in due sedute il 30 dicembre 1958 e il 19 gennaio 1959 e prosegue con cinque brani tratti da Chet Baker Plays the Best of Lerner & Loewe, un lp dedicato alle composizioni della coppia Frederick Loewe e Jay Lerner, inciso il 22 luglio per i pezzi con Bill Evans e il 21 per quelli con Bob Corwin. Le
canzoni di Chet meritano un ascolto ripetuto. Lentamente fanno breccia nell’animo, provocando una sensazione di quiete, di bellezza, arricchita da una sonorità che
ricorda le fresche acque di una limpida sorgente. Ovviamente Baker, essendo il leader, risulta in primo piano rispetto ad Evans, che di lì a pochi mesi decollerà grazie a quattro memorabili e indimenticabili lp, testimonianza di uno tra i più entusiasmanti trii della sua carriera e della storia del jazz, quello con Scott La Faro al
contrabbasso e Paul Motian alla batteria. Chet rappresenta l’amore per le ballad di Baker, che si sviluppano in
tempi lentissimi, con il caratteristico suono della tromba libera che mai ricorre all’impiego di sordine. (g.g.) ◼
Chet Baker & Bill Evans, The Complete Legendary Sessions
(American Jazz Classics)
Chet Baker, tromba; Bill Evans, piano
Brani 1-10: Pepper Adams, sax baritono; Herbie Mann, flauto;
Kenny Burrell, chitarra; Paul Chambers, contrabbasso; Connie
Kay o Philly Joe Jones, batteria. Brani 11-14: Pepper Adams, sax
baritono; Herbie Mann, flauto; Zoot Sims, sax tenore e contralto;
Earl May, contrabbasso; Clifford Jarvis, batteria. Brano 15: Bob
Corwin sostituisce Bill Evans
carta canta / dischi – libri
«Gioia e rivoluzione»
di Demetrio Stratos
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Carta canta - Euterpe Venezia