Mensile di aggiornamento e approfondimento
in materia di
immobili, ambiente, edilizia e urbanistica
Numero 10 – maggio 2014
Sommario
n. 10 – chiuso in redazione il 30 aprile 2014
Pagina
NEWS
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
4
RASSEGNA DI NORMATIVA
Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione
16
RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
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APPROFONDIMENTI
Immobili
L'ABITABILITÀ È ESSENZIALE PER LA VALIDITÀ DEL CONTRATTO?
Il mancato ottenimento del certificato di abitabilità dell’immobile compravenduto
ostacola la libera vendita dell’immobile, ne determina un deprezzamento e impone al
costruttore-venditore l’obbligo di risarcire il relativo danno agli acquirenti. La seconda
sezione civile della Corte di Cassazione, con la sent. n. 23157 dell’11 ottobre 2013,
“bacchetta” duramente l’impresa venditrice colpevole di non aver ottenuto la preziosa
certificazione.
Donato Palombella, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 30 aprile 2014, n. 951
21
Economia e agevolazioni
LE AGEVOLAZIONI FISCALI PER L'ACQUISTO DEL BOX
L’acquisto del box o garage pertinenziale all’abitazione dà diritto a usufruire di diverse
agevolazioni fiscali, sia nell’ipotesi in cui l’acquisizione avvenga contestualmente a
quella dell’unità immobiliare, sia nel caso in cui si verifichi, invece, con un atto separato.
In particolare, per l’acquisto del box pertinenziale è possibile usufruire della normativa
di favore prevista per la cosiddetta “prima casa”, nonché, nei casi stabiliti dalla legge,
della detrazione d’imposta relativa alle spese di recupero del patrimonio edilizio,
attualmente fissata nel misura del 50%.
Alessandro Borgoglio, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 aprile 2014, n. 950
25
Economia e agevolazioni
- NUOVA TASSAZIONE INDIRETTA - CHIARIMENTI DELLA C.M.
2/E/2014
La tassazione degli atti di trasferimento di beni immobili è stata oggetto di una radicale
riforma, entrata in vigore l'1.1.2014.
Duccio Tessadri, Il Sole 24 ORE – La settimana Fiscale, 16 aprile 2014, n. 15
TRASFERIMENTI DI IMMOBILI
FIAIP News24, Numero 10 - maggio 2014
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Servizi immobiliari
SERVIZI IMMOBILIARI: LE NORME IN MATERIA DI TERRITORIALITÀ
Nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 26 ottobre 2013 è stato pubblicato il
regolamento di esecuzione UE n. 1042/2013 con il quale sono state introdotte
importanti novità per quanto concerne la territorialità dei servizi immobiliari. Tali
disposizioni entreranno in vigore dal 1° gennaio 2017. Tuttavia, le stesse hanno una
notevole valenza sin da ora in quanto inevitabilmente condizioneranno l’attività
interpretativa dell’Agenzia delle entrate.
Francesco D'Alfonso, Il Sole 24 ORE – Consulente immobiliare, 30 aprile 2014, n. 951
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L’ESPERTO RISPONDE
ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
43
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FIAIP News24, Numero 10 - maggio 2014
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 Mercato immobiliare
 Gli agenti immobiliari fanno rete per superare la crisi
«Ormai il 20-30% degli agenti immobiliari mette in campo operazioni di marketing e di
specializzazione per far fronte alla crisi. È l'unica strada da seguire, visto che in sei anni le
compravendite si sono dimezzate». Così Paolo Righi, presidente della Fiaip, spiega come si
stanno trasformando le agenzie italiane per sollevare un mercato che sta faticosamente
invertendo la rotta. «Il +18% di mutui erogati nel primo bimestre dell'anno è ancora una cifra
insignificante ma almeno è un segnale», ha aggiunto. Il mondo delle agenzie è comunque in
fermento.«Noi ce ne accorgiamo tutti i giorni guardando gli annunci - dice Carlo Giordano,
amministratore delegato di Immobiliare.it -. Sono sempre più frequenti promozioni, come
l'annullamento della provvigione a favore dell'acquirente, o i servizi gratuiti che sollevano i
clienti da iter burocratici, come la raccolta dei documenti per la certificazione energetica».
Cresce anche il ricorso all'home staging, cioè la valorizzazione interna ed esterna dell'immobile
per favorirne la vendita, mentre ha preso poco piede la proposta di servizi gratuiti da fruire
una volta conclusa la trattativa. Soluzione ancora viva al massimo nelle aree in cui il mercato è
composto soprattutto da seconde case da vacanza.
«Un anno fa si vedevano più annunci, come ad esempio "un anno di pulizie gratis" o come "il
primo anno di mutui lo paghiamo noi" » ragiona Vincenzo De Tommaso, communication
manager di Idealista.it - «Ma la formula non ha avuto successo, perché il cliente preferisce uno
sconto secco sul prezzo. Cosa che, peraltro, oggi è facile ottenere».Uno degli aspetti principali
del mercato, però, non riguarda il contenuto delle offerte ma l'organizzazione stessa delle
agenzie, che hanno imparato a dar vita a diverse forme di collaborazione. «Alcune condividono
la sede fisica per spartirsi le spese di segreteria o delle forniture. Ma da lì il passo è breve per
mettere in comune anche il portafoglio clienti e dar vita a veri e propri consorzi e reti dove
comunque ciascuno mantiene la propria autonomia. Così, quando si conclude una trattativa
insieme, il ricavo si divide per due ma almeno si accorciano i tempi di vendita. Noi mettiamo
anche a disposizione la modulistica ideona per gli associati che vogliono seguire questa
strada».E la formula più avanzata di questo tipo di networking passa tramite la Rete. Molti
agenti, ormai, hanno un sito o almeno una pagina Facebook in cui concentrare gli annunci.
«Sono sempre più numerosi i casi in cui sulla propria pagina si ospitano di link di colleghi che
fanno altrettanto. Questa è una formula di cooperazione redditizia, perché la clientela è
cambiata e oggi non prescinde da internet, e che si mette in campo a costo zero».Infine, c'è un
segmento extra rispetto al mercato convenzionale che ancora deve dare i suoi frutti. «Parlo
delle aste - conclude il presidente della Fiaip -. Nei prossimi 6 o 7 anni il numero di acquirenti
di immobili derivanti da un contenzioso si moltiplicherà. Fino a qualche anno fa tutti pensavano
che fosse un percorso "riservato" a chi aveva conoscenze nei Tribunali, ma ora c'è talmente
tanta offerta che possono accedervi tutti. Noi infatti stiamo lavorando per arrivare ad accordi
con le banche e stiamo formando molti dei nostri professionisti per seguire al meglio i clienti in
questo particolare tipo di acquisto».
(Adriano Lovera, Il Sole 24 ORE – Casa 24 Plus, 8 aprile 2014)
 Domanda e offerta immobiliare: il trilocale la fa da padrone
Secondo un’indagine dell’Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa l’analisi della domanda immobiliare
nel mese di gennaio 2014 evidenzia che nelle grandi città italiane la tipologia più richiesta è il
trilocale, che raccoglie il 36,6% delle preferenze, a seguire il bilocale con il 29,5%, il quattro
locali con il 21,7% e infine il cinque locali con l’8,4%. Si registra un aumento della
concentrazione delle richieste sui trilocali: +0,7% rispetto luglio 2013. Bologna è la città dove
la percentuale di richiesta dei trilocali è aumentata di più, a Genova è aumentata la
percentuale dei quattro locali e a Verona dei bilocali. La diminuzione dei prezzi fa spostare
l’attenzione sui tagli più grandi, ora più convenienti soprattutto per chi è al primo acquisto,
FIAIP News24, Numero 10 - maggio 2014
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tendenza in atto da alcuni semestri. La conseguenza di questo è la diminuzione della
concentrazione sui bilocali (–0,6%), dovuta anche alla contrazione degli investimenti.
A Milano, Roma e Napoli sono i bilocali a concentrare la maggioranza delle richieste.
L’analisi dell’offerta, invece, evidenzia che nelle grandi città italiane la tipologia più presente è
il trilocale, con la percentuale del 33,3%, a seguire il quattro locali con il 24,1%, il bilocale con
il 23,8%. In sei mesi è aumentata la concentrazione dei quattro locali, è rimasta alquanto
stabile quella dei monolocali e dei cinque locali. Si segnala l’aumento della percentuale di
trilocali presenti sul mercato a Genova (+4,2%), a Verona quella dei cinque locali (+4,3%). Su
Firenze la percentuale dei quattro locali è in crescita del 6,7%.
(www. Tecnici24.it, 30 aprile 2014)
 In arrivo regole uniche per misurare gli uffici
Gli Ipms (International property measurement standards) saranno usati poi anche nel
residenziale
Una casa è una casa. E un ufficio è un ufficio. Ma ci sono talmente tanti modi di classificarli e
valutarli che lo stesso immobile, a livello di valore, può moltiplicarsi all'infinito. Nonostante
siano anni che se ne parla, infatti, quello delle metodologie di valutazione degli immobili resta
un problema ancora da risolvere, soprattutto a livello internazionale.
Un esempio banale? I metri quadrati. Per un non addetto ai lavori, un metro quadrato è una
misura stabile e riconosciuta. Eppure lo stesso appartamento può misurare, a seconda di chi si
occupa della valutazione, 80 o 100 metri, con una bella differenza in termini di prezzo finale: a
seconda dei Paesi ma anche dei metodi all'interno di uno stesso Paese, si possono includere o
meno i muri divisori, calcolare in maniera differente le pareti di confine, misurare una terrazza
coperta o non coperta, includere o escludere le parti comuni. E lo stesso discorso vale per i
numerosi altri aspetti delle valutazioni. La questione non è banale e, anzi, talmente importante
da essere arrivata fino alle scrivanie della Banca Mondiale e su iniziativa dei Rics (Royal
international chartered surveyors) è stato promosso un movimento che esprima l'esigenza e la
ricerca di uno standard internazionale sul tema delle valutazioni immobiliari, dando vita alla
coalizione Ipms, International property measurement standard, che si è formata e riunita per
la prima volta nella sede della Banca Mondiale a Washington nel maggio 2013, formando uno
Standards setting committee (Ssc) a metà settembre 2013 a Bruxelles. È stato deciso che il
primo standard Ipms sarà dedicato agli uffici e ora la prima bozza è pronta, per essere
finalizzata, dopo le consultazioni, entro il prossimo giugno. Il seconddo standard sarà invece
focalizzato sul residenziale. Riferimento per il nuovo standard saranno gli standard del Clge
(European council for geodetic surveyors): il primo Governo a dichiarare di sostenere l'Ipms è
stato quello di Dubai. «È uno standard molto semplice – spiega Marzia Morena, presidente Rics
Italia –. Sono definiti tre livelli di misurazione a matrioska a seconda dello scopo e dello
standard che come convenzione si decide di utilizzare». Il primo livello è l'"Ipms office area 1"
che comprende i muri perimetrali esterni. È spesso, ma non universalmente, noto come "Gross
external area" (Gea, superficie lorda esterna). Questo standard può essere utilizzato per scopi
di planning/progettazione o di determinazione dei costi. Il documento riporta chiaramente quali
superfici devono essere escluse dalla misurazione. Il secondo livello è l'"Ipms office area 2",
che esclude i muri perimetrali esterni: è spesso, ma non universalmente, noto come "Gross
internal area" (Gla, superficie lorda interna). Questo standard può essere utilizzato da facility
managers
e
cost
consultants.
Distinguendo
diverse
specifiche
e
codificate
categorie/destinazioni d'uso (es. Categoria A-distribuzione verticale, Categoria E-aree ad uso
uffici e servizi come aree ristoro, caffetteria, palestra e così via) si ottiene l'"Ipms office area
3", che permette ad utilizzatori e fornitori di diversi servizi di fare un confronto fra immobili
utilizzando specifici moduli (Applications). Per facilitare il confronto di canone e valore fra
diversi immobili a uso ufficio o rispetto a un benchmark, viene suggerito l'uso di una serie di
Applications note come "International floor area". La semplicità risiede nel fatto che basterà
fare riferimento ad una delle Applications riportate e codificate nel documento per avere un
lessico comune. «Ritengo che l'utilizzo degli Ipms da parte del mercato, sia dal lato domanda
che offerta, potrebbe essere una straordinaria opportunità, oltre che una rivoluzione
copernicana, per rendere il nostro Paese più trasparente e attrattivo per investitori
internazionali, abituati a confrontarsi e lavorare con processi e procedure condivise a livello
globale» afferma Marzia Morena, Frics e Presidente del Capitolo italiano di Rics.
(Evelina Marchesini, Il Sole 24 ORE – Casa 24 Plus, 10 aprile 2014)
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5

Mappe catastali in vendita online sul sito delle Entrate
Dall’8 aprile le mappe catastali possono essere acquistate direttamente online, senza recarsi
in ufficio. Il nuovo servizio è stato annunciato dall'Agenzia delle Entrate ed è disponibile sul sito
dell'agenzia per gli utenti abbonati alla piattaforma web del sistema telematico territorio Sister,
che potranno richiedere le mappe relative a tutte le province italiane, fatta eccezione per
Trento e Bolzano. L'acquisto online ha gli stessi costi applicati alle riproduzioni delle mappe in
formato digitale rilasciate presso gli Uffici (Provvedimento del 19 marzo 2003 della ex Agenzia
del Territorio, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 29 marzo 2013).
Oltre che acquistare le mappe, sulla piattaforma telematica dei servizi catastali e di pubblicità
immobiliare è possibile consultare le banche dati per effettuare visure, ricerche catastali e
ispezioni ipotecarie. Il sistema permette, inoltre, di presentare online agli Uffici provinciali Territorio i documenti di aggiornamento delle banche dati catastale e di pubblicità immobiliare
da parte dei soggetti abilitati (professionisti tecnici, notai e pubblici ufficiali).
L'accesso a Sister è aperto su abbonamento, da attivare direttamente in via telematica con
firma digitale. Ricevuta la richiesta di convenzione, l'Agenzia rilascia una password con cui
versare, sempre online, gli importi per l'abbonamento (200 euro, a titolo di rimborso spese, e
30 euro per ogni password di accesso richiesta, valida per un anno solare) e le somme per la
fruizione del servizio.
(Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 9 aprile 2014)

Impianti termici: da giugno obbligatori i nuovi libretti
Dal prossimo 1° giugno tutti gli impianti termici dovranno essere muniti di un libretto
d’impianto per la climatizzazione e in occasione di interventi di controllo ed eventuale
manutenzione di un rapporto di efficienza energetica (in questo caso fanno eccezione gli
impianti alimentati esclusivamente da fonti rinnovabili). È quanto prevede il D.M. sviluppo
economico 10 febbraio 2014 che contiene il modello di libretto e quello del rapporto, di cui al
D.P.R. 74/2013. Il nuovo libretto, conforme al modello riportato all’Allegato I del
provvedimento, sostituirà tutti quelli che fanno riferimento alla normativa precedente (attuali
“libretti d’impianto” e “libretti di centrale”)
Dal mese di luglio 2013 sono in vigore, nel nostro Paese, il D.P.R. 74/2013 e il D.P.R. 75/2013:
sulla base di questi decreti, l’Italia si è adeguata alla normativa europea in tema di esercizio,
controllo, ispezione e manutenzione degli impianti termici per la climatizzazione invernale, il
raffrescamento estivo e la preparazione dell’acqua calda per usi igienici sanitari; inoltre, ha
fissato le regole per la tempistica dei controlli per l’efficientamento degli impianti, i requisiti
delle figure e degli organismi che possono occuparsi delle ispezioni e i limiti per i valori delle
temperature ambiente.
In particolare, il D.P.R. 74/2013 è relativo agli impianti di climatizzazione (invernale ed estivo)
e stabilisce anche i parametri per gli esperti della certificazione energetica degli immobili.
Relativamente alle verifiche di efficienza energetica, queste vanno eseguite da personale (o
ditte) specializzate e riconosciute ai sensi del D.M. 37/2008 e secondo le istruzioni del
produttore l’impianto. Le operazioni di controllo, ed eventualmente manutentive, hanno la
finalità di garantire una piena efficienza energetica e riguardano in particolare il sottosistema di
generazione, la presenza e la funzionalità dei sistemi di regolazione della temperatura centrale
e locale nei locali climatizzati e la presenza e la funzionalità dei sistemi di trattamento
dell’acqua. Questi controlli hanno tempistiche variabili sulla base della tipologia e della potenza
dell’impianto.
Per quanto concerne i soggetti responsabili dell’esercizio, della conduzione, del controllo e della
manutenzione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva, il decreto
stabilisce che, nel rispetto delle disposizioni di legge in materia di efficienza energetica, questi
sono identificati con il responsabile dell’impianto che, a livello condominiale è rappresentato
dall’amministratore di condominio. Questo può, tuttavia, delegare a un terzo responsabile
dietro consenso dell’assemblea condominiale, ma non può farlo nel caso di singole unità
immobiliari residenziali in cui il generatore o i generatori non siano installati in locale tecnico
esclusivamente dedicato.
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Le novità introdotte
Il D.M. 10 febbraio 2014, entrato in vigore l’8 marzo u.s., ha definito i nuovi i modelli da
seguire per la compilazione del libretto di impianto ( per tutti gli impianti termici di
climatizzazione e produzione di acqua calda sanitaria) e per la redazione del rapporto di
efficienza energetica (da svilupparsi in caso di interventi di controllo e manutenzione), come
previsto dal D.P.R. 74/2013.
Entrambi i modelli saranno obbligatoriamente applicabili a partire dal prossimo 1° giugno.
Il libretto d’impianto
Il libretto d’impianto, dunque, dovrà essere obbligatoriamente abbinato a tutti gli impianti
termici a partire dal 1° giugno 2014 e uniformarsi all’Allegato I del provvedimento. Al termine
delle varie schede presenti nell’Allegato I (vedi dettaglio nel riquadro 1 ), il decreto riporta le
indicazioni per la compilazione delle stesse con completezza di dati. Ricordiamo che sulla base
delle indicazioni stabilite dal decreto, il libretto di impianto va abbinato sia ai tradizionali
impianti termici per il riscaldamento degli ambienti (in sostituzione dei vecchi libretto di
impianto e di centrale conformi al D.M. 17 marzo 2003), sia agli impianti termici adibiti alla
climatizzazione estiva quali i condizionatori d’aria; lo stesso dicasi per gli scambiatori di calore
e gli impianti di cogenerazione adibiti al riscaldamento degli ambienti
Il rapporto di efficienza energetica
Relativamente al rapporto di efficienza energetica, così come già previsto nel D.P.R. 74/2013
(Allegato A), questo va redatto al termine degli interventi di routine per il controllo
dell’efficienza dell’impianto e di eventuali interventi manutentivi che ne possano garantire il
corretto funzionamento. Come per il libretto impianto, anche il rapporto efficienza energetica
va compilato obbligatoriamente dal 1° giugno 2014 sulla base dei modelli inseriti nel nuovo
provvedimento negli Allegati dal II al V
I rapporti riguarderanno:
gli impianti termici di climatizzazione invernale di potenza utile nominale >10 kW ;
gli impianti termici di climatizzazione estiva di potenza utile nominale >12 kW , con o senza
produzione di acqua calda sanitaria.
Il responsabile dell’impianto
La compilazione del libretto impianto e del rapporto efficienza energetica, l’aggiornamento in
caso di verifiche e interventi manutentivi sull’impianto, il possesso e l’obbligo di esibirlo in caso
di controlli, è compito del responsabile dello stesso impianto che si identifica, sulla base della
tipologia dell’immobile:
nel soggetto che occupa, a qualsiasi titolo, la singola unità immobiliare residenziale;
nello stesso proprietario della singola unità immobiliare residenziale, in caso non fosse locata;
nell’amministratore di condominio in caso di immobili residenziali dotati di impianti termici
centralizzati;
nel proprietario o nell’amministratore delegato in caso di edifici di proprietà di soggetti diversi
dalle persone fisiche.
Ciascuna di queste figure, tuttavia, può delegare le proprie responsabilità a un soggetto terzo,
il cosiddetto “ terzo responsabile ”.Nel momento in cui, dunque, un privato, un amministratore,
un’azienda o il proprietario dell’impianto termico decide di affidare le responsabilità relative alla
manutenzione e alla conduzione del proprio impianto a un altro soggetto, questo si configura
nel terzo responsabile, soggetto che deve essere in possesso di determinate capacità tecniche,
economiche e organizzative e che ha il compito di provvedere alle attività di esercizio,
manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto, non essendo possibile attribuire queste
tre differenti funzioni a soggetti diversi. Con la recente approvazione della legge 9/2014, nota
come piano “Destinazione Italia”, di conversione con modificazioni del D.L. 145 del 23
dicembre 2013, il terzo responsabile assume un ruolo ben definito e la sua funzione può essere
svolta anche dalle imprese individuali alle quali il proprietario dell’impianto può affidare i
compiti di manutenzione e controllo della sicurezza (vedi articolo pubblicato sul Consulente
immobiliare n. 949 a pag. 511).
FIAIP News24, Numero 10 - maggio 2014
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Impianto di cogenerazione per utenze condominiali
Fra gli impianti ai quali è necessario abbinare un libretto impianto e un rapporto di efficienza
energetica, vi sono anche quelli di cogenerazione. Ma cos’è la cogenerazione: è il processo di
produzione simultaneo di due differenti forme di energia, quella elettrica e quella termica, che
prende origine da una singola fonte di energia primaria (o combustibile) e si realizza attraverso
un unico impianto integrato.
Il principio su cui si basa questo processo, è il recupero del calore generato durante la fase di
produzione di energia elettrica, che viene reimpiegato per la produzione di energia termica.
Questo comporta, conseguentemente, un risparmio dei costi di gestione e una riduzione
significativa di emissioni di CO 2 nell’atmosfera.
Questa tipologia impiantistica va impiegata ovviamente dove è necessaria una contemporanea
richiesta di energia elettrica e termica e le realtà condominiali iniziano a interessarsi al loro
impiego. La sua tecnologia impiantistica è così configurata ( figura 1 ):
motore, in genere un motore alternativo a combustione interna (ma può essere anche a ciclo
combinato o a turbina) alimentato di solito a gas naturale, che permette facili adattamenti alle
variazioni di carico, che comporta bassi costi di manutenzione e lieve rumorosità che richiede
opere di attenuazione;
generatore elettrico per la produzione di energia;
- scambiatore di calore per il recupero termico;
- impianti di regolazione e di connessione alla rete elettrica e termica.
Sostanzialmente, l’impiego di un impianto di cogenerazione lì dove la richiesta di calore è più o
meno continua, come nei complessi condominiali, offre tre importanti possibilità:
- un alto rendimento complessivo dei motori che arriva oltre l’80%;
- una scarsa emissione di CO 2 ;
la possibilità per i complessi condominiali, di realizzare impianti di cogenerazione senza
investire capitali propri, ma di affidarsi totalmente ai “servizi energia” forniti dalle ESCO che
garantiranno energia termica ed elettrica a prezzi competitivi rispetto al libero mercato.
(Ivan Meo e Angelo Pesce, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 aprile 2014 n. 950)
 Economia, fisco, agevolazioni e incentivi
 Operativo il plafond casa di Cdp - Mutui agevolati con tetti diversificati tra chi
acquista e chi ristruttura
Mutui agevolati per l'acquisto o la ristrutturazione di una abitazione: l'operazione plafond casa
è entrata nel vivo. L'iniziativa è promossa in attuazione del decreto legge 102/13 (legge di
conversione 124/13), il cui articolo 6 sulle politiche abitative autorizza la Cassa depositi e
prestiti (Cdp) a fornire alle banche italiane e alle succursali di banche estere comunitarie ed
extracomunitarie operanti in Italia capitali per erogare mutui ipotecari a chi vuole acquistare
una nuova abitazione o ristrutturarne una con aumento dell'efficienza energetica.
Al 2 aprile scorso erano già oltre 20 le banche che avevano sottoscritto un contratto per i
finanziamenti del "plafond casa"; gli istituti coprono il 65% degli sportelli e sono sparsi su tutto
il territorio nazionale. Hanno manifestato interesse a far provvista presso la Cdp colossi del
settore bancario, come Unicredit, istituti privati, come Banca Sella e molte banche di credito
cooperativo.
Modalità e condizioni alle quali le banche possono ottenere i finanziamenti del plafond sono
stabilite con contratti tipo, approvati (come prevede la norma istitutiva del plafond) da una
convenzione sottoscritta tra la Cassa depositi e prestiti e l'Associazione bancaria italiana; la
convenzione definisce le linee guida per la stipula dei contratti. La procedura prevede che ogni
banca attinga al plafond man mano che vengono concessi i mutui alle famiglie. Ogni singola
banca non può finanziarsi, presso il fondo, per più di 150 milioni al mese; ma, in presenza di
particolari picchi di richieste, la Cassa valuta, a propria totale discrezione, la possibilità di
andare oltre questo limite.
Naturalmente per le banche il finanziamento ha un costo: in base alla convenzione esso si
ottiene aggiungendo all'Euribor (per i mutui a per tasso variabile) o all'Irs (per quelli a tasso
fisso) un "margine". Il suo livello può variare nel tempo, in base alle condizioni di mercato, ma
alcune condizioni sono destinate a durare: esso è tanto più elevato quanto più lunga è la
durata del finanziamento e quanto meno solido patrimonialmente è ritenuto l'istituto di credito
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al quale i fondi vengono prestati (più la banca è forte, meno le costa il finanziamento della
Cdp). A quelle più patrimonializzate (Tier1 maggiore del 9%) la provvista del plafond costa, in
base alla durata del prestito, tra l'1,50 e il 2%, oltre l'Euribor in caso di tasso variabile, e tra lo
0,90 e l'1,65%, oltre l'Irs per i finanziamenti a tasso fisso. Quando il Tier1 scende sotto il 7%,
il margine arriva a crescere anche di mezzo punto percentuale rispetto a quello chiesto alle
banche più capitalizzate.
Alla fine, sommando il tasso base e il margine, per la banca fare provvista attraverso il plafond
casa dovrà costare di meno di quanto deve pagare per ottenere capitali dal mercato
(ovviamente, a parità di durata e rischiosità).
Gli effetti sulle famiglie
I tassi di interesse e le altre condizioni sono negoziati autonomamente tra la banca e il
soggetto che chiede un mutuo. Cassa e Abi hanno, però, convenuto che il beneficio che le
banche traggono attingendo al plafond deve «portare al miglioramento delle condizioni
finanziarie offerte» a chi richiede un mutuo; un vantaggio, si legge sempre nella convenzione,
che deve essere misurabile «in termini di riduzione del tasso annuo nominale, espresso in
punti percentuali annui o in basis point annui» rispetto agli altri mutui. I finanziamenti del
plafond non possono essere concessi per rifinanziare mutui già erogati.
Il consiglio di amministrazione della Cassa ha deciso di partire con un ammontare di due
miliardi di euro, senza escludere che la cifra possa lievitare. La convenzione ha previsto una
temporanea corsia privilegiata per le banche di credito cooperativo e per quelle classificate
come piccole e minori: fino al 30 settembre a esse è riservato il 30% del plafond.
Gli strumenti normativi e di attuazione sono completi. Ora occorrerà vedere sul campo come
reagiranno i clienti e – soprattutto – le banche, monitorando il grado di utilizzo effettivo della
provvista.
Il funzionamento
I TETTI
Centomila euro per i lavori
I mutui richiesti per realizzare i soli interventi di ristrutturazione non possono superare i
100mila euro; diventano 250mila per l'acquisto di un appartamento che non ha bisogno di
nessun intervento di manutenzione e si elevano a 350mila quando si acquista un immobile che
i muratori devono mettere a posto.
Entro questi limiti di importo, si può chiedere un mutuo che copre fino al 100% della spesa
sostenuta
LE PRIORITÀ
Precedenza all'acquisto
In caso di un eccesso di domanda rispetto ai fondi disponibili, le banche dovranno concedere i
mutui prioritariamente per l'acquisto della prima casa e alle giovani coppie, anche non sposate
(uno dei due componenti non deve superare i 35 anni e l'altro i 40), ai nuclei familiari con un
disabile e ai componenti delle famiglie numerose (quelle con almeno tre figli).
Non è previsto un limite massimo di reddito.
I COSTI
Variabile sotto il 4%
A titolo di esempio Banca Sella applica per i mutui variabili del plafond casa un Taeg tra il
3,66% e il 3,74%, mentre per quelli a tasso fisso si oscilla il 7,00 e il 7,06 per cento, a
seconda della durata dell'ammortamento. Per l'acquisto i mutui possono durare da 15 a 30
anni, per tassi sia variabili sia fissi. Se il finanziamento è richiesto solo per ristrutturare
l'abitazione, la durata massima è di 10 anni e la minima di sette
I DOCUMENTI
Come fare la domanda
Per chiedere ad una banca un mutuo ipotecario con finanziamento del plafond, chi è
interessato deve compilare un modulo (anche dal sito di Cdp) per indicare se rientra nelle
categorie prioritarie, se il mutuo è richiesto per acquistare o ristrutturare una casa. Occorre
anche specificare l'importo richiesto, la durata e se si vuole un mutuo a tasso di interesse fisso
o variabile
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Le adesioni
01|GLI ISTITUTI
Sono più di 20 le banche sottoscrittrici del plafond casa. Tra queste: Unicredit, Intesa San
Paolo, Banca Sella, Credito valtellinese; Cassa di risparmio di Ravenna
02|LA COOPERAZIONE
Presenti anche le banche di credito cooperativo di: Cesena e Ronta, Napoli, Frascati, Lavis-V.
Cembra, Cambiano, Carrù, Spello e Bettana, Castenaso, Ravennate e Imolese, Ostra e Morro
D'alba, Ripatransone, Riano, S. G. Rotondo, delle Prealpi, Genzano, Martellago e Venezia
(Raffaele Lungarella, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 7 aprile 2014)
 Locazioni immobiliari
 Affitti non pagati, ecco gli aiuti anti-crisi
Contributi per «morosità incolpevole» in caso di licenziamento, riduzione dell'orario e Cig
La Conferenza permanente per i rapporti Stato-Regioni-Province autonome ha dato il via libera
al decreto sulla morosità incolpevole predisposto dal ministro delle Infrastrutture di concerto
col ministro dell'Economia.
Si tratta del testo definitivo del provvedimento perché – data la procedura scelta per la sua
emanazione – non dovrà passare al vaglio del Consiglio di Stato. Nei prossimi giorni verrà
pubblicato in Gazzetta Ufficiale con la firma dei due ministri.
Le novità introdotte dal decreto sono parecchie e fanno chiarezza su un testo che, nato in
Parlamento in sede di conversione in legge del decreto legge 102/13, poneva non poche
perplessità.
Dopo la ripartizione dei fondi disponibili - per quest'anno sono previsti 20 milioni di euro, così
come per il 2015 - fra Regioni e Province autonome, il decreto colma una lacuna definendo che
cosa sia la morosità incolpevole, specificando che si intende «la situazione di sopravvenuta
impossibilità a provvedere al pagamento del canone locativo a ragione della perdita o
consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare» (si vedano anche Il
Sole24Ore del 23/10/13 e del 14/01/14).
Il decreto interministeriale stabilisce poi - non più a titolo esemplificativo, come nelle sue
prime versioni - le specifiche cause di morosità incolpevole che sono sei:
- la perdita di lavoro per licenziamento;
- raccordi aziendali o sindacali con consistente riduzione dell'orario di lavoro;
- la cassa integrazione ordinaria o straordinaria che limiti notevolmente la capacità
reddituale;
- il mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici;
- le cessazioni di attività libero-professionali o di imprese registrate, derivanti da cause di
forza maggiore o da perdita di avviamento in misura consistente;
- la malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare che abbia
comportato o la riduzione del reddito complessivo del nucleo medesimo o la necessità
dell'impiego di parte notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche e
assistenziali.
Capitolo fondi
In virtù del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, sulle «misure urgenti per l'emergenza
abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015» ha stanziato 100 milioni aggiuntivi
al fondo di sostegno per l'affitto (oltre ai 100 già stanziati) e 226 milioni in più al nuovo fondo
per la morosità cosiddetta incolpevole (oltre ai 40 già stanziati). Con il via libera della
Conferenza permanente per i rapporti Stato-Regioni-Province autonome è stato appunto dato il
via libera al riparto dei primi 20 milioni di euro.
L'alta tensione abitativa
Le risorse del Fondo saranno assegnate prioritariamente ai comuni ad alta tensione abitativa
(l'elenco in vigore dal 18 febbraio 2004 è presente sul sito www.confedilizia.it nella sezione
locazioni) che abbiano avviato, entro la data del 29 ottobre, bandi o altre procedure
amministrative, così come meglio specificato nella norma.
FIAIP News24, Numero 10 - maggio 2014
10
La procedura
01|IL PRIMO PASSO
I Comuni adotteranno le misure necessarie per comunicare alle Prefettura-Uffici territoriali del
Governo l'elenco dei soggetti richiedenti che abbiano i requisiti per l'accesso al contributo
02|I REQUISITI
I Comuni dovranno verificare che i richiedenti rientrino nei parametri Isee (indicatore della
situazione economica equivalente) previsti dal decreto, siano destinatari di atti di intimazione
di sfratto per morosità, con citazione per la convalida, siano titolari di contratti di locazione
registrata e risiedano in alloggi oggetto di procedure di rilascio da almeno un anno e abbiano
cittadinanza italiana o europea oppure siano titolari di un permesso di soggiorno
03|L'ENTITÀ
Il contributo concedibile per sanare la morosità incolpevole accertata non può superare
l'importo di 8mila euro
04|I CONTROLLI
Le iniziative comunali di concessione dei contributi prevedono il pieno coinvolgimento delle
proprietà e contengano anche l'espressa previsione di controlli sulla destinazione finale dei
contributi
05|L'EROGAZIONE
I Comuni che riceveranno i fondi in maniera prioritaria sono quelli ad alta tensione abitativa. La
procedura attuale prevede che a ricevere i soldi sia direttamente il moroso incolpevole
(Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 22 aprile 2014)

Affitti - I quattro (falsi) miti da sfatare sulla «tassa piatta»
I dati ufficiali sulla cedolare non bastano per fare un'analisi completa, ma consentono di sfatare
(almeno in parte) quattro falsi miti sulla tassa piatta. Vediamoli uno ad uno.
1. La cedolare non fa emergere gli affitti in nero. Nel 2012 i canoni di locazione sottoposti
alla cedolare sono aumentati di 1,7 miliardi. Nello stesso anno d'imposta, però, sono aumentati
di 1,5 miliardi anche i redditi di fabbricati "classici": per rendersene conto, basta neutralizzare i
redditi fondiari degli immobili non locati, che nel 2012 erano assorbiti dall'Imu. È presto per
trarre una conclusione, ma qualcosa si muove.
2. Con la cedolare lo Stato ci rimette. Applicando la tassa piatta, lo Stato rinuncia alle
maggiori imposte derivanti dalla tassazione ordinaria, ma incassa (o spera di incassare) il
gettito sugli affitti che emergono dal nero. Ad esempio – in base ai dati e alla normativa
dell'anno d'imposta 2012 – per andare in pareggio era necessario che almeno il 40% dei
canoni sottoposti alla cedolare derivasse da importi in precedenza non dichiarati. Una
percentuale non impossibile da raggiungere con l'espansione del mercato dell'affitto e la lotta
all'evasione. In ogni caso, il bilancio per le casse pubbliche va stilato a livello complessivo,
conteggiando anche il maggior carico fiscale sulle locazioni ordinarie (con le deduzioni ridotte
dal 15 al 5% dal 2012) e sul possesso di immobili locati (con l'Imu introdotta nel 2012 e
aumentata nel 2013, cui ora si aggiunge la Tasi).
3. La cedolare viene usata solo da chi ha redditi alti. L'imposta sostitutiva conviene
soprattutto ai proprietari con redditi alti, ma viene scelta anche da chi dichiara poco. Nel 2012
il numero dei contribuenti che scelgono la tassa piatta, tra coloro che hanno un reddito fino a
15mila euro, è cresciuto del 150% (canoni liberi) e del 200% (canoni concordati) a fronte di un
incremento medio del 60 per cento. <QA0>
Ed è sopra la media anche la crescita nello scaglione Irpef fino a 28mila euro. La preferenza
per la cedolare, in alternativa alla tassazione ordinaria, fa risparmiare a questi proprietari
poche decine di euro d'imposta; per quelli che già applicavano l'Irpef a un canone concordato,
addirittura, può costare qualcosa. In questo caso l'appeal della flat tax è dato, probabilmente,
dalla semplicità della sua applicazione: niente imposta di registro annua, niente calcolo e
comunicazione all'inquilino dell'aggiornamento annuo Istat del canone (in media molto basso).
FIAIP News24, Numero 10 - maggio 2014
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4. Con la cedolare il canone concordato conviene. Fino al 2012, la minore aliquota del
19% – rispetto a quella base del 21% – ha convinto solo un proprietario su otto, tra quelli che
hanno scelto la cedolare, a sottoscrivere un contratto a canone concordato anziché libero. I
dati relativi alle dichiarazioni dei redditi 2013 e 2014 ci diranno se la riduzione al 15 e al 10%
dell'aliquota sui canoni convenzionati è stata ritenuta sufficiente dai contribuenti a compensare
i minori introiti derivanti dalla sottoscrizione di un contratto a canone convenzionato.
(Cristiano Dell'Oste, Raffaele Lungarella, Il Sole 24 ORE, 7 aprile 2014)

L'Ape resta obbligatorio anche se non va allegato
L'immobile può essere concesso in locazione solo se è dotato dell'attestato di prestazione
energetica (Ape), cioè quel documento che – redatto da tecnici qualificati e indipendenti – si
prefigge di fornire all'utente dell'unità immobiliare una rappresentazione documentale
dell'effettivo rendimento energetico dell'immobile di cui è titolare in relazione all'uso standard
dello stesso, secondo la sua specifica destinazione urbanistica, nonché di fargli conoscere gli
eventuali miglioramenti apportabili per ottenere un risparmio energetico.
Con la legge di conversione del Dl 63/13 – la legge 90, in vigore dal 4 agosto 2013 – è
ritornata obbligatoria la produzione della certificazione energetica nel caso di stipula di un
nuovo contratto di locazione, da mettere addirittura a disposizione del conduttore già all'avvio
delle trattative e da consegnare al momento della stipula del contratto. Il proprietario
dell'immobile, ancor prima di concederlo in locazione ora deve dotarlo dell'Ape.
Dallo scorso 24 dicembre, con l'entrata in vigore del decreto «Destinazione Italia» (il Dl 145/
13, convertito dalla legge 9/14) è venuto meno l'obbligo di allegare l'Ape al nuovo contratto di
locazione per singole unità immobiliari, ma rimane invece solo per le locazioni di interi edifici,
oltre che per i trasferimenti a titolo oneroso.
La regola vale sia per le locazioni commerciali che per quelle abitative, sempre che all'immobile
locato sia necessario assicurare un particolare comfort abitativo, che si realizza attraverso
l'impiego di sistemi tecnici di climatizzazione sia invernale che estiva. L'obbligo dunque non
sussiste per tutti quegli edifici o manufatti che non comportano consumi energetici o consumi
del tutto irrilevanti in ragione delle loro caratteristiche o destinazioni d'uso oppure in quanto
non ancora o non più utilizzabili per l'uso cui sono destinati (ad esempio, garage o magazzini
non riscaldati).
Nel contratto va poi inserita apposita clausola con cui il conduttore dà atto di avere ricevuto le
informazioni e la documentazione in ordine alla prestazione energetica del bene locatogli. Si
tratta di una semplice dichiarazione del conduttore da recepirsi nel corpo del contratto, non
richiedendo la norma alcuna altra particolare formalità. Si tratta comunque di precisi
adempimenti sanzionati non più con la nullità del contratto, ma con una sanzione
amministrativa pecuniaria. Eliminato dunque l'obbligo di allegazione dell'Ape per le locazioni di
singole unità immobiliari, per queste restano quelli di informazione e di consegna. Il mancato
inserimento della dichiarazione nel contratto è punito con una sanzione che va da 1.000 a
4mila euro, da ridursi alla metà per i contratti di durata inferiore a tre anni.
La sanzione non assume naturalmente carattere di sanatoria, quindi il pagamento non esonera
il proprietario dal provvedere comunque agli obblighi impostigli dal decreto in esame. Si vuol
dire che la sanzione non fa venire meno il dovere del proprietario di dotare il proprio immobile
dell'attestato di prestazione energetica, che continua ad essere previsto dall'articolo 6, comma
2, Dlgs 192/05 non interessato dalla recente modifica: l'obbligo di consegna della certificazione
energetica all'inquilino è rispettato attraverso la previsione di quello di dotazione.
Attenzione però alle possibili diverse sanzioni previste dalla normativa adottata da alcune
Regioni in forza della cosiddetta "clausola di cedevolezza" prevista dal Dlgs 192/05 (articolo
17).
Va ricordato, infine, che nel caso di offerta di locazione, a eccezione delle locazioni degli edifici
residenziali utilizzati meno di quattro mesi all'anno, gli annunci tramite tutti i mezzi di
comunicazione commerciali devono riportare gli indici di prestazione energetica dell'involucro e
globale dell'edificio o dell'unità immobiliare e la classe energetica.
LA SANATORIA
Il Dl 145/13 ha eliminato la sanzione di nullità del contratto di locazione di singole unità
immobiliari prevista dal Dl 63/13 nel caso di mancata allegazione dell'Ape. A tutti i contratti di
locazione stipulati dallo scorso 4 agosto doveva essere allegato l'attestato di certificazione
FIAIP News24, Numero 10 - maggio 2014
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energetica, sotto pena di invalidità del contratto stesso. Una sanzione gravissima che andava a
porre nel nulla gli accordi sottoscritti dalle parti.
Eliminato dunque l'obbligo di allegazione dal 24 dicembre 2013, coloro che comunque non
avevano allegato l'Ape al contratto possono sanare tale irregolarità con il pagamento di una
sanzione sostitutiva di quella della nullità in precedenza stabilita, sempre che questa già non
sia stata dichiarata dal giudice con sentenza passata in giudicato (articolo 1, comma 8, Dl
145/13). La sanatoria può essere richiesta da una delle parti del contratto o da un loro avente
causa, così che il pagamento della sanzione impedisce qualsiasi eventuale postuma eccezione
di nullità.
La mappa
EMILIA ROMAGNA
Riferimenti normativi. Delibera dell'Assemblea legislativa n. 156 del 4 marzo 2008 (Dal
156/2008)
Disposizioni. Dal 1° luglio 2010, la certificazione energetica è una pratica obbligatoria sul
territorio regionale anche per le unità immobiliari soggette a locazione.
Sanzioni. Nessuna
LIGURIA
Riferimenti normativi. Legge regionale 22/2007, modificata dalla 23/2012
Disposizioni. L'articolo 28-bis dice che in caso di offerta in vendita o locazione di edifici e unità
immobiliari, l'Ape o copia fotostatica dello stesso deve essere mostrata al potenziale acquirente
o conduttore. Lo stesso articolo prevede l'obbligo di consegna dell'attestato
Sanzioni. Da 500 a 5mila euro
LOMBARDIA
Riferimenti normativi. Deliberazione di Giunta regionale VIII/5018 del 26 giugno 2007
Disposizioni. Dal 1° luglio 2010, sul territorio regionale è scattato l'obbligo, ancora oggi
vigente, di dotare dell'Ape i conduttori in caso di contratti di locazione soggetti all'obbligo di
registrazione (ovvero contratti di qualsiasi ammontare, purché di durata superiore ai 30 giorni
complessivi nell'anno), locazione finanziaria e di affitto di azienda comprensivo di immobili,
siano essi nuovi o rinnovati, riferiti a una o più unità immobiliari
Sanzioni. Da 2.500 a 10mila euro per il locatore che stipula contratti senza aver prodotto e
consegnato l'Ape
PIEMONTE
Riferimenti normativi. Legge regionale 13/2007
Disposizioni. In caso locazione degli edifici, l'attestato di certificazione / prestazione energetica
è messo a disposizione del locatario o ad esso consegnato in copia dichiarata dal proprietario
(locatore) conforme all'originale in suo possesso
Sanzioni. Sanzione amministrativa da 500 a 5mila euro per il locatore, graduata sulla base
della superficie utile dell'edificio
TOSCANA
Riferimenti normativi. Legge regionale 35/2005
Disposizioni. L'attuale legge regionale si limita a recepire la vecchia direttiva europea: dal
momento che la Regione non ha ancora recepito la nuova direttiva 2010/31/Ce, pertanto viene
applicata alla lettera la disposizione nazionale
Sanzioni. La Toscana sta formulando in questi mesi alcune ipotesi su come impostare i controlli
(Augusto Cirla, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 14 aprile 2014)

Cedolare al 10% dal 2014
Lo sconto vale per i canoni concordati - Aliquota standard ferma al 21%
Oggi la cedolare secca conviene di più. Sono numerose, infatti, le modifiche legislative
intervenute dopo l'introduzione della tassa piatta che hanno spostato l'ago della bilancia in
favore di questa modalità di tassazione. Un primo aspetto riguarda l'aumento dell'imposizione
ordinaria sugli affitti, scattato dal 1° gennaio 2013, dopo che la legge 92/2012 ha ridotto dal
15% al 5% la deduzione forfettaria riconosciuta al locatore. La cedolare incide, pertanto, sul
FIAIP News24, Numero 10 - maggio 2014
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100% del canone annuo mentre l'Irpef si applica sul 95% dello stesso (sul 66,5% in caso di
contratti a canone concordato). A questo va aggiunto l'incremento pressoché generalizzato
delle addizionali regionale e comunale, che vengono assorbite dalla cedolare. Infine, la
cedolare sui contratti a canone concordato, passata dal 19% al 15% nel 2013, viene
ulteriormente ridotta al 10% dal Dl 47/2014, dal periodo d'imposta 2014.
Chi può aderire
Possono beneficiare del regime sostitutivo le persone fisiche locatrici, che operano al di fuori
dell'esercizio d'impresa o di arti e professioni, titolari del diritto di proprietà o di altro diritto
reale di godimento sull'immobile.
Passando all'ambito oggettivo, sono ammesse le locazioni di immobili a uso abitativo locati per
finalità abitative e, a determinate condizioni, le relative pertinenze, anche più di una, locate
congiuntamente alle abitazioni ovvero con contratto separato e successivo rispetto a quello
relativo all'immobile abitativo. Al riguardo, la circolare 26/E/2011 circoscrive il campo ai
fabbricati censiti nella categoria catastale A, esclusa A/10, ovvero per i quali è stata presentata
domanda di accatastamento in questa tipologia abitativa. Sono, quindi, esclusi gli immobili
iscritti in una categoria catastale diversa, come ad esempio i fabbricati accatastati come uffici o
negozi; gli immobili accatastati come abitativi ma locati per altre finalità.
Un'ulteriore verifica va fatta sull'attività esercitata dal conduttore e sull'utilizzo dell'immobile.
Sono escluse, infatti, le locazioni concluse con conduttori imprenditori o lavoratori autonomi,
anche se a uso foresteria.
Il Dl 47/2014 ha anche esteso la possibilità di optare per la cedolare per le abitazioni locate nei
confronti di cooperative o enti senza scopo di lucro, purché sublocate a studenti universitari
con rinuncia all'aggiornamento del canone.
I vantaggi
Chi sceglie la cedolare opta per un regime sostitutivo. Ciò vuol dire che applica al canone
annuo le aliquote fisse ridotte al posto delle aliquote Irpef per scaglioni di reddito, non sconta
le addizionali regionale e comunale all'Irpef relative al canone di locazione, non versa le
imposte di registro e di bollo dovute in relazione al contratto. Questa tassazione sostitutiva
presenta, tuttavia, alcuni svantaggi. Il primo è la rinuncia del locatore per tutta la durata
dell'opzione alla facoltà di chiedere l'aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Ma il
principale svantaggio è l'applicazione di un regime sostitutivo dell'Irpef che impedisce al
contribuente, in assenza di altri redditi oltre a quelli da locazione, di riassorbire eventuali oneri
deducibili o detrazioni d'imposta. In ogni caso, è possibile aderire al regime sostitutivo solo per
alcuni i contratti, facendo confluire nel regime ordinario i canoni degli altri contratti.
Come si perfeziona
La scelta della tassa piatta va comunicata preventivamente al conduttore, tramite lettera
raccomandata non a mano. Inoltre, il locatore deve esercitare l'opzione in sede di registrazione
del contratto compilando il modello RLI (dal 1° aprile, i modelli 69 e Siria non sono più
utilizzabili). Se il contratto stipulato non prevede l'obbligo di registrazione in termine fisso,
come nel caso dei contratti "brevi", l'opzione si esercita in sede di dichiarazione dei redditi
relativa al periodo d'imposta nel quale è prodotto il reddito oppure in sede di registrazione in
caso d'uso o di registrazione volontaria del contratto.
È prevista, inoltre, la possibilità di uscire dalla cedolare in ognuna delle annualità successive a
quella di adesione, entro il termine per il pagamento dell'imposta di registro relativa
all'annualità di riferimento, con il conseguente obbligo di versamento della stessa imposta.
I due livelli
21% Sui canoni liberi
L'aliquota della cedolare secca sui canoni di mercato è la stessa dal 2011. Si applica sul canone
pattuito nel contratto. Per chi sceglie la tassazione ordinaria, invece, l'Irpef e le sue addizionali
si applicano – dal 2013 – sul 95% del canone. Fino al 2012, invece, si applicavano sull'85%
dell'importo pattuito: la riforma Fornero, infatti, ha ridotto dal 15 al 5% l'ammontare delle
deduzioni forfettarie riconosciute ai proprietari di abitazioni affittate
FIAIP News24, Numero 10 - maggio 2014
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10% Sugli affitti agevolati
L'aliquota delle locazioni a canone concordato è stata ridotta due volte negli ultimi mesi.
L'aliquota iniziale era il 19% e si è applicata per il 2011 e 2012. Il Dl 102/2013 ha poi ridotto al
15% l'aliquota applicata per l'anno d'imposta 2013, mentre il Dl 47/2014 ha ulteriormente
limato il livello del prelievo al 10% per gli anni d'imposta dal 2014 al 2017. Il prelievo leggero
si applica ai contratti stipulati in base all'articolo 2, comma 3, della legge 431/1998
(Siro Giovagnoli, Emanuele Re, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 14 aprile 2014)
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15
Legge e prassi

(G.U. 30 aprile 2013, n. 99)
AGENZIA DELLE ENTRATE
RISOLUZIONE 37/E 9 APRILE 2014
 NOTA
Niente sanzione se «salta» l'aliquota agevolata
Non c'è sanzione per mancata denuncia (ma solo il recupero dell'imposta nella misura
ordinaria) se, una volta acquistato con l'agevolazione dell'1% di imposta di registro un
immobile inserito in un piano particolareggiato di edilizia residenziale, l'intervento edilizio non
venga completato entro 11 anni o l'immobile venga alienato prima del completamento
dell'intervento stesso. Lo ritiene l'agenzia delle Entrate nella risoluzione 37/E di ieri, con
un'interpretazione favorevole al contribuente.
L'agevolazione derivava dall'articolo 1, comma 25, della legge 244/2007 (modificato dai Dl
255/2010 e 102/2013) e si è potuta applicare fino al 31 dicembre 2013 (la riforma dell'imposta
di registro operata col Dlgs 23/2011 ha tagliato la maggior parte delle tassazioni agevolate, tra
cui questa).
Il beneficio era concesso a condizione che l'intervento edilizio fosse ultimato entro 11 anni (il
termine originario era di cinque, poi prorogato di sei anni per la crisi dell'edilizia). Se l'immobile
è alienato prima del completamento dell'intervento edilizio o se l'intervento non è completato
entro il prescritto termine, si ha la decadenza: il fisco recupera la differenza d'imposta di
registro rispetto alla tassazione ordinaria (7 o 8%, secondo i casi) e pretende gli interessi di
mora, ma non applica sanzioni perché la norma non ne prevede.
Restava il tema se al contribuente andasse applicata la sanzione per mancata denuncia ai sensi
dell'articolo 19 del Dpr 131/1986, che obbliga il contribuente di denunciare gli eventi,
successivi alla registrazione, che danno luogo a un debito di maggiore imposta.
La risposta negativa delle Entrate era abbastanza scontata per il caso dell'alienazione
dell'immobile acquistato con l'agevolazione prima dell'ultimazione dell'intervento: con la
registrazione del contratto di vendita, il fisco viene a sapere dell'alienazione e quindi non può
pretendere la denuncia di un fatto che già conosce.
Meno scontata la risposta sul punto della mancata ultimazione della costruzione entro il
termine prescritto dalla legge. L'Agenzia afferma che la denuncia non è dovuta, in quanto
l'ufficio, iscrivendo "a campione" l'atto registrato con l'agevolazione, si procura con ciò un
"promemoria" con il quale può programmare i suoi controlli (nel caso di specie: se l'intervento
edilizio sia stato svolto e sia stato completato).
La motivazione, però, non appare granchè convincente. perché in questo caso l'autodenuncia
del contribuente non causerebbe il fastidioso effetto di provocare l'applicazione di sanzioni. Ma,
dato che è favorevole al contribuente e dato che, in effetti, se gli uffici sono ben organizzati
non perdono la possibilità di percepire una maggior imposizione, non resta che salutarla con
favore. Sarà una maggior tassazione che dipenderà dunque dalla diligenza dell'ufficio e non da
un'autodenuncia del contribuente.
(Angelo Busani, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 10 aprile 2014)
LEGGE 7 aprile 2014, n. 56
Disposizioni sulle citta' metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni
(G.U. 7 aprile 2014, n. 81)
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 NOTA
Il decreto in pillole
CITTA' METROPOLITANE - Vengono istituite 10 città metropolitane: oltre a Roma Capitale
che per il suo status ha una disciplina speciale, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna,
Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. Le città metropolitane dall'1 gennaio 2015 subentrano
alle Province omonime e succedono a esse in tutti i rapporti attivi e passivi e ne esercitano le
funzioni nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e degli obiettivi del patto di stabilità
interno. Tempi diversi sono previsti per Reggio Calabria, commissariata dal 2012: la città
metropolitana non entra in funzione prima del rinnovo degli organi del Comune ed è costituita
alla scadenza naturale degli organi della Provincia. Il ddl, che dà attuazione alle città
metropolitane già previste dalla Costituzione ma mai decollate, le pensa come enti di secondo
grado. Tra le altre, hanno funzioni legate a: pianificazione territoriale generale, mobilità e
viabilità, promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale e dei sistemi di
informatizzazione e digitalizzazione.
IL SINDACO METROPOLITANO - E' di diritto il sindaco della città capoluogo a meno che lo
statuto non ne decida l'elezione diretta, che però richiede apposita legge elettorale e la
divisione del Comune capoluogo in più comuni. Gli altri organi della città metropolitana sono il
consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana.
PROVINCE - Nella fase di transizione sono enti di secondo grado, mantengono le funzioni di
area vasta ed esercitano le seguenti funzioni: di pianificazione riguardo a territorio, ambiente,
trasporto, rete scolastica. Torna ad essere inclusa tra le funzioni la gestione dell'edilizia
scolastica e il controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle
pari opportunità sul territorio provinciale. Con la redistribuzione di funzioni e personale tra
Regioni e Comuni, e solo in piccola parte alle Province, viene ridistribuito sia il patrimonio, sia il
personale con lo stesso compenso. Le funzioni che nell'ambito del processo di riordino sono
trasferite dalle Province ad altri Enti continuano a essere da esse esercitate fino all'effettivo
avvio dell'esercizio da parte dell'ente subentrante.
NUOVI ORGANI PROVINCE - Sono organi delle Province il presidente, il consiglio provinciale
e l'assemblea dei sindaci, ma tutti questi incarichi sono esercitati a titolo gratuito. Gli organi
non sono piu' eletti dai cittadini. Il presidente della Provincia è eletto dai sindaci e dai
consiglieri dei Comuni della Provincia. Il Consiglio provinciale, che è composto da un numero di
membri differente a seconda del numero degli abitanti, è eletto dai sindaci e dai consiglieri
comunali dei comuni della Provincia. L'assemblea dei sindaci è composta dai sindaci dei
Comuni appartenenti alla Provincia. E' previsto che entro la fine del 2014 ilnuovo meccanismo
elettivo di secondo livello porti all'elezione del nuovo presidente e dei nuovi organi.
ATTUALI PRESIDENTI PROVINCE E GIUNTE - E' prevista l'abolizione del livello politico
elettivo con l'immediato addio al Consiglio provinciale. In attesa della costituzione dei nuovi
organi, il presidente della Provincia e la Giunta restano in carica, ma a titolo gratuito, per
l'ordinaria amministrazione fino all'insediamento del presidente eletto secondo il nuovo
meccanismo e comunque non oltre il 31 dicembre 2014. Laddove le Province sono
commissariate, il commissariamento è prorogato fino al 31 dicembre 2014.
INCENTIVI A UNIONI DI COMUNI - Nell'ottica dell'efficacia, ottimizzazione e
semplificazione il disegno di legge dà forte impulso ai piccoli e piccolissimi Comuni perché si
organizzino in Unioni dei Comuni semplificando i percorsi burocratici. Tutte le cariche
dell'unione sono a titolo gratuito e non prevedono personale politico appositamente retribuito.
Per incentivare le unioni e fusioni, le Regioni possono decidere misure specifiche nella
definizione del patto di stabilità verticale.
REGIONI A STATUTO SPECIALE - Per le Regioni a statuto speciale vale, come sempre,
disciplina autonoma. Tuttavia, riguardo alle città metropolitane si precisa che i principi della
legge, valgono "come principi di grande riforma economica e sociale per la disciplina di città e
aree metropolitane da adottare dalla Regione Sardegna, dalla Regione siciliana e dalla Regione
Friuli Venezia Giulia in conformità ai rispettivi statuti".
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Giurisprudenza
 Immobili
 CORTE DI CASSAZIONE - Sezione II civile - Sentenza 7 aprile 2014 n. 8081

NOTA
Inadempimento del preliminare di vendita, il vizio urbanistico non preclude la
sentenza costitutiva
In una compravendita, un vizio di regolarità urbanistica «non essenziale» non ostacola la
pronuncia di trasferimento coattivo del bene, con una pronuncia costitutiva del diritto, in caso
di mancato adempimento del preliminare. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la
sentenza 8081/2014, accogliendo il ricorso di un promissario acquirente.
La sentenza di merito
Al contrario, la Corte di merito aveva equiparato la costruzione senza licenza edilizia alla
costruzione in difformità «senza previamente accertare se si trattasse di difformità "totale"
ovvero di variazione parziale e non essenziale». «La prima ipotesi - spiega la sentenza - ricorre
quando sia stato realizzato un organismo edilizio radicalmente diverso per caratteristiche
tipologiche o di realizzazione di volumi non assentiti, da quello per cui la concessione è stata
rilasciata. Si ha invece variazione parziale quando la modifica concerne parti non essenziali del
progetto».
Dunque, «nel caso di specie la previsione della nullità - e, corrispondentemente, la preclusione
alla emanazione della sentenza costitutiva - non era però applicabile, perché si tratta di
immobile costruito sulla base della normativa antecedente alla c.d. legge Ponte, ma avente
una parziale difformità rispetto all'originaria struttura, per la presenza di una scala esterna,
che pur costituente una modifica essenziale, soprattutto per i vincoli paesaggistici, non
comporta un aumento consistente della volumetria realizzata e non consta che abbia dato
luogo ad un organismo integralmente diverso o autonomamente utilizzabile».
Il principio di diritto
Per queste ragioni gli ermellini hanno cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa a
diversa sezione della Corte d'appello di Torino, che deciderà attenendosi al seguente principio
di diritto: "In tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di
compravendita, ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, non può essere
pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c.., non solo allorché l'immobile
sia stato costruito senza licenza o concessione edilizia (e manchi la prescritta documentazione
alternativa: concessione in sanatoria o domanda di condono corredata della prova
dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione), ma anche quando l'immobile sia
caratterizzato da totale difformità dalla concessione (e manchi la sanatoria)».
«Ove, invece, l'immobile - munito di regolare concessione e di permesso di abitabilità, non
annullati né revocati - abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della
parziale difformità rispetto alla concessione (nella specie, per la presenza di una nuova scala
esterna), non sussiste alcuna preclusione all'emanazione della sentenza costitutiva, perché il
corrispondente negozio di trasferimento non sarebbe nullo, ed è pertanto illegittimo il rifiuto
del promittente venditore di dare corso alla stipulazione del definitivo, sollecitata dalla
promissaria acquirente».
(Francesco Machina Grifeo, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, aprile 2014)
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 CONSIGLIO DI STATO, Sentenza 16 aprile 2014 n. 1903
 NOTA
Sulle microzone catastali ricorso in commissione tributaria
Occorre rivolgersi alle Commissioni tributarie per criticare la suddivisione del territorio di un
Comune in microzone catastali, nella procedura di classamento delle unità immobiliari. Lo
sottolinea il Consiglio di Stato nella sentenza 16 aprile 2014 n. 1903.
Il caso deciso riguarda la città di Lecce e un ricorrente che aveva impugnato gli atti di
suddivisione in microzone catastali successivamente alla notifica dell'accertamento catastale
per revisione del classamento e della rendita.
In primo grado il Tar locale aveva condiviso le censure ipotizzate dal privato, e in particolare il
difetto di istruttoria e di motivazione in cui sarebbero incorse sia l'amministrazione comunale
nel chiedere il riclassamento, sia l'agenzia del Territorio con riferimento all'istruttoria compiuta
e alla conclusione del procedimento, a partire dalla individuazione delle microzone.
Diverso è stato l'orientamento del giudice di appello, che attribuisce alle Commissioni tributarie
una competenza specifica, in deroga a quella generale prevista dall'articolo 2 comma 2 del
Dlgs 546/1992. La norma del 1992 affida al giudice amministrativo le decisioni su
provvedimenti conclusivi dell'agenzia del Territorio qualora si denuncino vizi previsti dalla
disciplina del processo amministrativo, quali il difetto di motivazione, negli atti di pianificazione
tributaria. Appunto vedendo atti di carattere generale nella modificazione delle rendite catastali
per terreni e fabbricati, si pensava che la relativa contestazione appartenesse al giudice
amministrativo: ma la tesi non è stata condivisa dal Consiglio di Stato. La sentenza 1903/2014
fa infatti prevalere l'articolo 74 della legge 342/2000, norma secondo la quale gli atti attributivi
o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati vanno notificati ai soggetti
intestatari della partita, e dall'avvenuta notificazione decorre il termine di 60 giorni per
proporre il ricorso al giudice tributario. Questo ricorso, a norma dell'articolo 74 – sottolinea la
sentenza – allarga le attribuzioni originarie del giudice tributario e prevede un'impugnazione in
via principale, non più solo incidentale, di un atto presupposto qual è la suddivisione in zone.
Infatti, entro 60 giorni va impugnato il provvedimento lesivo (la nuova zonizzazione),
chiedendo al giudice tributario di risolvere in via incidentale una questione (la suddivisione in
microzone) da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione
(il prelievo tributario). Il che significa che il ricorso proposto a norma dell'articolo 74 della
legge 342/2000 aggredisce direttamente l'atto presupposto (la zonizzazione), ossia può
contestare l'atto generale di pianificazione in tema di attribuzione o modificazione delle rendite
catastali per terreni e fabbricati, senza attendere la mediazione dell'atto impositivo (che
quantifica il prelievo). In questo modo, il ricorso tributario supera il meccanismo della
disapplicazione, che prevedeva la contestazione della zonizzazione solo insieme all'atto
impositivo, e conduce a una cognizione piena del giudice tributario anche sull'atto a monte,
con attribuzione alle Commissioni del potere di annullamento, in una ottica di concentrazione e
unità del processo.
(Guglielmo Saporito, Il Sole24 ORE – Norme e Tributi, 22 aprile 2014)

CONSIGLIO DI STATO, Sezione VI, Sentenza 11 aprile 2014, n. 1777
 NOTA
Niente titolo edilizio se la veranda sul terrazzo è poggiata e non «ancorata»
La struttura «poggiata» ma non «ancorata in modo fisso» al pavimento si configura come un
arredo esterno «facilmente amovibile» e non richiede titolo abilitativo, neanche se la struttura
prevede binari di scorrimento a terra.
Lo precisa il Consiglio di Stato (sentenza 1777/2014, VI sezione, depositata l'11 aprile) che
ribalta la precedente sentenza del Tar Lazio. I giudici di primo grado avevano infatti respinto il
ricorso di un proprietario di casa nella periferia romana che aveva appunto realizzato una
struttura coperta sul suo terrazzo. Dopo la contestazione del Comune (previo sopralluogo della
Polizia municipale) il Tar Lazio aveva respinto il ricorso del proprietario, confermando
l'intimazione del Comune a sospendere i lavori e a demolire la struttura in legno (realizzata
nella primavera del 2012) sul proprio terrazzo.
La struttura, si legge nella descrizione riportata nel testo della sentenza, è «costituita da due
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pali dello spessore di 8,50 cm x 11,50 cm poggiati sul pavimento del terrazzo a livello e da
quattro traverse con binario di scorrimento a telo in PVC della superficie di 15 mq e dell'altezza
variabile da 2,80 m a 2,10 m, ancorata al sovrastante balcone e munita di una copertura rigida
di 0,80 (in aggetto) x 5,00 m a riparo del telo retraibile». Ebbene, tale tipo di struttura,
secondo i giudici di Palazzo Spada, «non configura né un aumento del volume e della superficie
coperta, né la creazione o modificazione di un organismo edilizio, né l'alterazione del prospetto
o della sagoma dell'edificio cui è connessa, in ragione della sua inidoneità a modificare la
destinazione d'uso degli spazi esterni interessati, della sua facile e completa rimuovibilità,
dell'assenza di tamponature verticale e della facile rimuovibilità della copertura orizzontale
(addirittura retraibile a mezzo di motore elettrico)». «La stessa - si aggiunge - deve, invece,
qualificarsi alla stregua di arredo esterno, di riparo e protezione, funzionale alla migliore
fruizione temporanea dello spazio esterno all'appartamento cui accede, in quanto tale
riconducibile agli interventi manutentivi non subordinati ad alcun titolo abilitativo ai sensi
dell'art. 6, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001».
(Massimo Frontera, Il Sole 24 ORE - Edilizia e Territorio, 24 aprile 2014)
CONSIGLIO DI STATO, Sezione V, Sentenza 16 aprile 2014, n. 1951
 NOTA
La piscina prefabbricata «di modeste dimensioni» è sempre di pertinenza
«È indubbio che la realizzazione di una piscina prefabbricata di dimensioni relativamente
modeste in rapporto all'edificio a destinazione residenziale, sito in zona agricola, rientra
nell'ambito delle pertinenze, cui fa riferimento l'art. 7, secondo comma, lett. a) del d.l. 23
gennaio 1982, n. 9, convertito nella L. 25 marzo 1982, n. 94 , il quale prevede la realizzabilità
delle pertinenze con la semplice autorizzazione gratuita (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13 ottobre
1993, n. 1041)».È uno dei passaggio della sentenza numero 1951 del Consiglio di Stato
(sezione V) depositata lo scorso 16 aprile in cancelleria.
Prosegue la sentenza: «Ciò che rileva, infatti, ai sensi dell'art. 7, secondo comma, lett. a)
«opere costituenti pertinenze od impianti tecnici al servizio di edifici già esistenti», è che
sussista un rapporto pertinenziale tra un edificio preesistente e l'opera da realizzare e tale
rapporto sia oggettivo nel senso che la consistenza dell'opera deve essere tale da non alterare
in modo significativo l'assetto del territorio e deve inquadrarsi nei limiti di un rapporto
adeguato e non esorbitante rispetto alle esigenze di un effettivo uso normale del soggetto che
risiede nell'edificio principale».
«Nel caso in esame - scrivono ancora i giudici di Palazzo Spada - la piscina prefabbricata, di
dimensioni normali, annessa ad un fabbricato ad uso residenziale sito in zona agricola, ha
certamente natura obiettiva di pertinenza, e costituisce un manufatto adeguato all'uso effettivo
e quotidiano del proprietario dell'immobile principale».
«In conclusione, può ben affermarsi che l'installazione di una piscina prefabbricata di modeste
dimensioni non integra violazione degli indici di copertura che riguardano interventi edilizi, né
degli standard, atteso che non aumentano il carico urbanistico della zona, rilevando solo in
termini di sistemazione esterna del terreno, e che i vani per impianti tecnologici sono sempre e
comunque consentiti».
(Il Sole 24 ORE – Edilizia e Territorio, 24 aprile 2014)
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Antincendio
Immobili

L'abitabilità è essenziale per la validità del contratto?
Donato Palombella, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 30 aprile 2014, n. 951
Il mancato ottenimento del certificato di abitabilità dell’immobile compravenduto ostacola la
libera vendita dell’immobile, ne determina un deprezzamento e impone al costruttorevenditore l’obbligo di risarcire il relativo danno agli acquirenti. La seconda sezione civile della
Corte di Cassazione, con la sent. n. 23157 dell’11 ottobre 2013, “bacchetta” duramente
l’impresa venditrice colpevole di non aver ottenuto la preziosa certificazione. Il mancato
ottenimento dell’abitabilità, è un problema ricorrente per cui, con l’occasione, potremmo
effettuare alcune utili considerazioni.
Ancora una volta le aule di giustizia tornano a occuparsi di una accesa vicenda che
contrappone gli interessi del costruttore-venditore a quelli degli acquirenti. Questi ultimi
mettono mano alla carta bollata lamentando il mancato ottenimento, da parte dell’impresa, del
certificato di abitabilità. Partendo dal presupposto che l’immobile privo di tale certificazione
abbia un valore di mercato minore rispetto a quello dotato di abitabilità, chiedono il
risarcimento del danno subito.
Tribunale e Corte d’Appello non sono d’accordo
La domanda risarcitoria viene accolta in Tribunale ma, come spesso accade, la Corte di Appello
ribalta l’esito del giudizio. La corte territoriale punta i riflettori su due circostanze: gli immobili
trasferiti, in sostanza, sarebbero stati realizzati conformemente ai progetti, nessun
impedimento, quindi, ostacolerebbe l’ottenimento dell’agibilità per cui il danno non sarebbe
ravvisabile. In sede di merito, la questione si chiude con uno zero a zero. A rimettere la palla
in gioco, a questo punto, sono gli acquirenti che ricorrono in Cassazione.
Il parere della Cassazione
La Corte di Cassazione rimescola le carte e assegna la vittoria finale agli acquirenti
insoddisfatti. Cerchiamo di capire le ragioni del verdetto. Secondo gli Ermellini, la consegna del
certificato di abitabilità dell’immobile compravenduto, pur non costituendo, di per sé,
condizione di validità della compravendita, integra un’obbligazione incombente sul venditore ex
art. 1477 cod. civ. L’abitabilità, secondo Piazza Cavour, sarebbe un requisito essenziale della
cosa venduta, in quanto “certificherebbe” la possibilità di adibire l’immobile all’uso pattuito.
Sotto questo profilo, quindi, il costruttore-venditore sarebbe inadempiente e, di conseguenza,
scatterebbe l’obbligo risarcitorio. A entrare in gioco, questa volta, sarebbe l’art. 1490 cod. civ.
che impone al venditore di garantire l’assenza di vizi della cosa venduta che «la rendano
inidonea all’uso a cui era destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore». Occorre
tener presente, peraltro, che la sentenza in oggetto riguarda un caso del tutto particolare:
l’impresa era stata posta in liquidazione e aveva cessato la propria attività per cui era
nell’impossibilità di adempiere alle proprie obbligazioni. È quindi naturale che i giudici altro non
potevano fare se non condannare la società (o meglio, i soci) al risarcimento del danno.
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I precedenti
La Cassazione, nel decidere la controversia, indica un precedente e precisamente la sent. n.
16216 del 16 giugno 2008, Sez. II civ. In questo caso, peraltro, si discuteva di un problema
diverso: il costruttore, in attesa del rilascio dell’agibilità, non aveva stipulato gli atti definitivi di
trasferimento per cui gli acquirenti, non avendo ancora acquisito la proprietà del bene,
avevano rifiutato di procedere al pagamento delle rate mutuo gravanti sugli immobili
compravenduti. In altre parole la Cassazione aveva riconosciuto nel comportamento tenuto
dagli acquirenti, l’esercizio di un “potere di autotutela” ex art. 1460 cod. civ.; il principio è
semplice e condivisibile: tu non mi trasferisci la proprietà dell’immobile, io sospendo il
pagamento del prezzo.
Le fonti normative
Il certificato di abitabilità affonda le proprie radici nel passato trovando la propria fonte nel
R.D. 1265 del 27 luglio 1934, “Testo unico delle leggi sanitarie”. La norma, nel corso degli
anni, ha subito solo poche modifiche con il D.M. 5 luglio 1975 “Modificazioni alle istruzioni
ministeriali 20 giugno 1896, relativamente all’altezza minima e ai requisiti igienico-sanitari
principali dei locali di abitazione” e con il D.P.R. 425 del 22 aprile 1994, “Regolamento recante
disciplina dei procedimenti di autorizzazione all’abitabilità, di collaudo statico e di iscrizione al
catasto” poi abrogato e trasfuso negli artt. 24 e segg. del D.P.R. 380 del 6 giugno 2001, “Testo
Unico dell’Edilizia” ed è proprio nel T.U. edilizia che trova ora la propria fonte primaria.
Il concetto di abitabilità si espande con il tempo
Se le fonti, con il tempo, non cambiamo, a cambiare è il concetto di abitabilità che, a poco a
poco, si espande. Mentre, in origine, l’art. 221 del T.U. sanità si limitava a imporre che
l’immobile fosse dotato dei necessari requisiti igienico-sanitari, attualmente il T.U. edilizia
subordina il rilascio dell’abitabilità a tutta una serie di vincoli quali salubrità degli ambienti,
conformità del manufatto alla normativa edilizia e urbanistica e ai progetti assentiti, sicurezza,
igiene, risparmio energetico, rispetto degli standard acustici, regolarità fiscale ecc. In sostanza,
è il concetto stesso di “abitabilità” che, recentemente, viene interpretato in modo più completo
ed esaustivo fino a comprendere aspetti inizialmente non previsti dal legislatore.
Che differenza c’è tra abitabilità e agibilità?
In passato esisteva una differenza tra certificato di agibilità e di abitabilità, il primo, infatti, era
relativo agli immobili non residenziali (che venivano dichiarati agibili, ovvero adatti allo
svolgimento delle attività) mentre il secondo veniva rilasciato per gli immobili residenziali
(dichiarati abitabili ovvero adatti a garantire la permanenza del nucleo familiare). I più anziani
ricorderanno che, in origine (gloriosi anni ’60), il comune effettuava una ricognizione precisa e
rigorosa del cantiere e rilasciava addirittura un singolo certificato per ogni unità immobiliare. I
tempi passano e il singolo certificato è stato sostituito da una certificazione (o, il più delle volte
un’autocertificazione) riguardante l’intero complesso immobiliare.
Fabbricato agibile e abitabile
Secondo alcune interpretazioni, il fabbricato sarebbe “agibile” quando siano state rispettate
tutte le norme di sicurezza il che renderebbe possibile l’utilizzo del bene, senza, però, avere la
possibilità di soggiornarvi o abitarvi stabilmente all’interno. L’immobile, viceversa, sarebbe
“abitabile” quando, oltre a essere agibile, risponde ai requisiti previsti dalle norme igieniche e
sanitarie per cui le persone possono tranquillamente soggiornarvi all’interno essendo assente il
pericolo per la loro salute (Cass., Sez. II, sent. n. 8409 dell’11 aprile 2006). Si tratterebbe in
tali ipotesi, di un’agibilità comprovata da un’apposita certificazione rilasciata dalla P.A.
Ma, in definitiva, qual è la differenza tra abitabilità e agibilità?
La risposta viene dall’autorevole voce del Consiglio Nazionale del Notariato; come giustamente
precisato dallo Studio n. 4512, non esiste alcuna differenza sostanziale tra le due certificazioni
il cui ottenimento è sempre stato subordinato alla medesima procedura e assolve alle
medesime funzioni.
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Le clausole contrattuali
Spesso accade che le parti inseriscano nel contratto preliminare o nel rogito un apposito patto
in virtù del quale il venditore-costruttore è esonerato dall’obbligo di provvedere all’ottenimento
dell’agibilità. In tale ipotesi, gli acquirenti troverebbero le porte sbarrate a una eventuale
azione risarcitoria. In parole povere, se l’onere di provvedere all’ottenimento dell’agibilità è
posto a carico dei promissari acquirenti, il costruttore-venditore rimarrà indenne da ogni
ripercussione (Cass., Sez. II, sent. n. 24308 del 30 settembre 2001) bloccando anche una
eventuale azione da parte dei clienti riottosi (Cass., Sez. II civ., sent. n. 16024 del 14
novembre 2001).
Viceversa, se le parti si sono accordate stabilendo che il saldo del prezzo venga effettuato solo
dopo aver ottenuto il rilascio dell’agibilità, e a prescindere dalla stipula dell’atto definitivo di
compravendita, allora la questione cambia e il costruttore-venditore avrà l’obbligo di
raggiungere il risultato contrattualmente indicato e, in mancanza, sarà tenuto a risarcire il
danno.
I motivi su cui si basa la responsabilità del costruttore-venditore
Di norma il costruttore-venditore è tenuto a risarcire l’acquirente per la diminuzione del valore
subito dall’immobile a causa del proprio inadempimento. Questo, del resto, è il principio-base a
cui si ispira l’art. 1669 cod. civ. in materia di vizi e difetti dell’immobile. Ma, in tema di
abitabilità, non stiamo parlando di vizi e difetti anzi, è del tutto probabile che l’immobile abbia
tutti i requisiti oggettivi previsti per l’ottenimento dell’agibilità ma questa non sia stata ancora
rilasciata (magari per inadempimento del comune o per le solite lungaggini burocratiche).
Anche in questo caso, peraltro, il costruttore è ugualmente tenuto a risarcire gli acquirenti
tuttavia occorre stabilire il quantum debetur . Il danno subito dall’acquirente è determinato in
funzione degli oneri economici che quest’ultimo dovrebbe sopportare per il completamento
della pratica: marche da bollo, affidamento dell’incarico a un tecnico capace di seguire l’iter
burocratico ecc. Va da sé che, in tale ipotesi, l’importo risarcitorio dovrebbe essere minimo
anche in virtù del fatto che i costi andrebbero ripartiti tra tutti gli acquirenti. Anzi, a ben
vedere, sotto questo profilo, potrebbe essere configurabile addirittura una responsabilità del
costruttore nei confronti del condominio piuttosto che verso i singoli condomini.
La giurisprudenza
Nel tempo la giurisprudenza è intervenuta a più riprese sul tema a dimostrazione
dell’importanza dell’argomento. Secondo una prima tesi, il contratto (anche preliminare) che
non contenga i riferimenti all’abitabilità, potrebbe essere invalido in quanto contrasterebbe con
gli artt. 17 e 40, della legge 47/1985, che prevedono l’obbligo di dichiarare la regolarità
urbanistica dell’immobile oggetto della compravendita con conseguente responsabilità del
venditore (Cass., sent. n. 24308 del 30 settembre 2008).
Secondo un’altra interpretazione, ancor più intransigente, ma ormai abbandonata, il contratto
sarebbe addirittura nullo avendo a oggetto il trasferimento di un bene illecito (Cass., sent. n.
7681 del 19 luglio 1999) mentre, di contro, c’è chi ha riconosciuto alle parti la possibilità di
disciplinare contrattualmente l’ipotesi di mancato rilascio dell’abitabilità (Cass. civ., Sez. II,
sent. n. 8880 del 3 luglio 2000).
Altri autori parlano di vendita aliud pro alio per cui l’oggetto della transazione
rappresenterebbe un quid diverso da quello convenuto. Quali le conseguenze? L’acquirente
potrebbe risolvere il contratto per inadempimento (Cass., sent. n. 21229 del 14 ottobre 2010;
Corte Appello Firenze, Sez. I, sent. n. 842 del 21 maggio 2005).
C’è chi non manca di sottolineare che il bene sarebbe affetto da una semplice “irregolarità”, da
un “vizio” ovvero difetterebbe di una qualità; in tale ottica l’acquirente potrebbe optare tra la
risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo. Non manca anche chi assolve con formula
piena il costruttore che non sia riuscito a ottenere l’abitabilità, pur adoperandosi per il suo
rilascio. In definitiva, il costruttore avrebbe l’obbligo di predisporre la pratica relativa
all’ottenimento dell’abitabilità e di depositare la documentazione valida sia dal punto di vista
formale, che sostanziale presso l’amministrazione comunale ma non sarebbe responsabile
dell’inerzia del comune. Del resto, trascorso il termine necessario per la formazione del
silenzio-assenso, l’abitabilità dovrebbe essere considerata come rilasciata (Cass. civ., Sez. II,
sent. n. 24729 del 7 ottobre 2008).
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L’abitabilità non è essenziale
A parere di chi scrive, l’abitabilità non è un elemento essenziale per la validità del contratto
purché, ovviamente, il corpo di fabbrica sia in regola con la normativa vigente. In parole
povere l’immobile sarebbe legittimo anche se le “carte non sono tutte a posto”. Del resto
occorre tenere presente che, secondo una recente ricerca effettuata nel corso del 2012 dalla
KRLS Network of Business Ethics, solo il 45% delle scuole italiane ha il certificato di agibilità. Il
Bel Paese si rivela il classico fanalino di coda dietro a Germania (97%), Francia (94%),
Inghilterra (92%), Spagna (88%), Polonia (77%), Portogallo (71%), Romania (62%), Bulgaria
(58%) e Grecia (52%).
Allora, se l’amministrazione statale non garantisce l’abitabilità dei beni pubblici, perché mai
dovrebbe farlo in privato?
Possibile l’abitabilità parziale
A volte le imprese di costruzione impegnano le proprie energie nella realizzazione di grossi
interventi edificatori; in tali ipotesi la realizzazione, per ovvi motivi, avviene “per stralci
funzionali”. In tali ipotesi sorge la necessità di ottenere l’abitabilità parziale ovvero di
certificare l’abitabilità relativamente agli immobili terminati, senza che l’intero complesso sia
stato realizzato. Fino a poco tempo fa, per ottenere la cosiddetta abitabilità parziale, era
necessario ricorrere a dei funambolismi. Il concetto di fondo che si cercava di sostenere era la
possibilità di ottenere il rilascio dell’abitabilità per i lotti che fossero “autonomi e funzionali”
ovvero già dotati delle necessarie infrastrutture, a prescindere dal fatto che altri parti del
complesso immobiliare non fossero ancora state realizzate. Il problema è stato definitivamente
messo da parte con il D.L. 69 del 21 giugno 2013, convertito con modificazioni dalla legge 98
del 9 agosto 2013, che, introducendo il comma 4- bis all’interno dell’art. 24 del D.P.R.
380/2001, ha riconosciuto definitivamente la possibilità di ottenere l’abitabilità per singoli
edifici o singole porzioni della costruzione, purché funzionalmente autonomi o, addirittura, per
singole unità immobiliari. L’abitabilità parziale, secondo le nuove disposizioni, scatterebbe a
condizione che siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative
all’intero intervento edilizio e siano state completate e collaudate le parti strutturali connesse,
nonché gli impianti.
Senza abitabilità, decadono i contributi
Secondo la giurisprudenza, l’impresa impegnata in un progetto di edilizia residenziale pubblica
decade dal contributo quando il comune rifiuti il rilascio dell’abitabilità a causa di difformità tra
progetto approvato e quanto realizzato a prescindere da eventuali transazioni intervenute in
pendenza di giudizio. Nel caso in esame la P.A. aveva rifiutato di concedere l’abitabilità avendo
riscontrato delle difformità dalla concessione edilizia e, per di più, i lavori non erano stati
terminati nei tempi previsti (Cons. Stato, Sez. VI, sent. m. 4855 del 13 settembre 2012)
In conclusione
Come abbiamo visto, gli scenari sono ampi e, in questo contesto, potrebbe essere sostenibile
tutto e il contrario di tutto.
Allora, in costanza, come operare? In primo luogo, come di consueto, occorre rivolgersi a
professionisti preparati che sappiano impostare la documentazione in maniera corretta.
Prevenire, in questo caso, è certamente meglio che curare.
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Economia e agevolazioni

Le agevolazioni fiscali per l'acquisto del box
Imposte d’atto, IVA e detrazioni: una rassegna delle principali agevolazioni fiscali per l’acquisto
di box e autorimesse pertinenziali
Alessandro Borgoglio, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 aprile 2014, n. 950
L’acquisto del box o garage pertinenziale all’abitazione dà diritto a usufruire di diverse
agevolazioni fiscali, sia nell’ipotesi in cui l’acquisizione avvenga contestualmente a quella
dell’unità immobiliare, sia nel caso in cui si verifichi, invece, con un atto separato. In
particolare, per l’acquisto del box pertinenziale è possibile usufruire della normativa di favore
prevista per la cosiddetta “prima casa”, nonché, nei casi stabiliti dalla legge, della detrazione
d’imposta relativa alle spese di recupero del patrimonio edilizio, attualmente fissata nel misura
del 50%.
Trasferimento immobiliare ad aliquota ridotta
Dal 1° gennaio 2014 è considerevolmente mutata la tassazione indiretta sui trasferimenti
immobiliari, a causa delle modifiche previste, fin dal 2011, dal decreto sul Federalismo Fiscale
Municipale, nonché da quelle più recenti apportate dal cosiddetto “decreto Istruzione” dell’anno
scorso e, infine, dalla legge di Stabilità 2014.
Le norme di modifica della tassazione sui trasferimenti immobiliari
– Art. 10, D.Lgs. 23, 14.3.2011, recante “Disposizioni in materia di Federalismo Fiscale
Municipale”.
– Art. 26, D.Lgs. 104, 12.9.2013, recante “Misure urgenti in materia di istruzione, università e
ricerca”.
– Art. 1, commi 608 e 609, legge di Stabilità 2014 (legge 147/2013).
Il quadro normativo complessivamente emergente, per quel che qui rileva, impatta sulla
tassazione afferente ai cosiddetti immobili “prima casa”. Le nuove aliquote applicabili
all’imposta di registro nel sistema impositivo vigente, infatti, sono tre: il 9% per la generalità
dei trasferimenti immobiliari, il 2% per gli atti aventi a oggetto immobili “prima casa” e il 12%
per i trasferimenti di terreni a favore di soggetti diversi da quelli appartenenti alla piccola
proprietà contadina. In sostanza, dal 1° gennaio 2014, i trasferimenti immobiliari che fruiscono
dell’agevolazione “prima casa” sono soggetti all’imposta di registro del 2%, a differenza del
previgente del 3%, con una soglia minima, però, di € 1.000, ex art. 10, comma 2, del D.Lgs.
23/2011. Inoltre, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 26, comma 1, del D.L.
104/2013, le imposte ipotecarie e catastali sono dovute nella misura fissa di € 50 ciascuna. Per
gli atti soggetti a IVA, invece, nulla è cambiato e, pertanto, si applica la solita aliquota del 4%,
oltre che le ipocatastali e l’imposta di registro in misura fissa pari a € 200 ciascuna ex art. 26,
comma 2, del D.L. 104/2013 (tabella 1).
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Tabella 1 - Tassazione sui trasferimenti immobiliari dal 2014
Atti soggetti a
imposta
di
registro
Atti
IVA
soggetti
a
Tre aliquote
Imposta di registro
minima
Imposte ipotecaria
e catastale
Aliquote
Imposte di registro,
ipotecaria
e
catastale
– 9% per i trasferimenti immobiliari in genere;
– 2% per gli atti che fruiscono dell’agevolazione
“prima casa”;
– 12% per i trasferimenti di terreni a soggetti
non appartenenti alla piccola proprietà contadini
(PPC)
€ 1.000
€ 50 ciascuna
Aliquota ordinaria del 22%, quella
10%, o quella agevolata del 4%
“prima casa”
€ 200 ciascuna se prevista in
altrimenti
secondo
l’aliquota
prevista per la tipologia di atto
intermedia del
se si tratta di
misura fissa,
proporzionale
Per quanto attiene alla disciplina dell’agevolazione “prima casa” recata dalla nota II- bis all’art.
1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. 131/1986, non sono cambiate le regole
applicative né i presupposti ivi previsti (a eccezione del requisito di “abitazione non di lusso”
che, però, qui non rileva). Pertanto, anche oggi continuano a valere le disposizioni previste da
tale nota II- bis . In particolare, il comma 3 prevede la possibilità di fruire dell’agevolazione de
qua e, quindi, dell’applicazione dell’imposta di registro al 2% e delle ipocatastali nella misura
fissa di € 50 ciascuna, anche in relazione all’acquisto, pure se con atto separato, delle
pertinenze dell’immobile acquistato come “prima casa”. Sono ricomprese tra le pertinenze,
limitatamente a una per ciascuna categoria, le unità immobiliari classificate o classificabili nelle
categorie catastali C/2, C/6 e C/7, che siano destinate a servizio della casa di abitazione
oggetto dell’acquisto agevolato.
In conclusione, può fruire dell’agevolazione in oggetto il contribuente che acquista
contestualmente all’abitazione il garage o box auto pertinenziale, ma anche il soggetto che
soltanto in un momento successivo procede a tale acquisto, sempreché, tuttavia, sussistano le
condizioni richieste dalla norma.
Vincolo di pertinenzialità
Tra i vari requisiti per poter fruire dell’agevolazione “prima casa” sull’acquisto del box auto,
anche separatamente rispetto all’atto di acquisto dell’abitazione, vi è quello della
pertinenzialità rispetto all’abitazione “prima casa”. In effetti, il comma 3 della nota II- bis già
richiamata specifica che deve trattarsi di pertinenze dell’immobile acquistato come “prima
casa” e che le stesse, infatti, devono essere poste a suo servizio, stabilendo, peraltro, il limite
di una pertinenza per ciascuna delle categorie catastali C/2, C/6 e C/7.
Del presupposto del vincolo di solidarietà si è recentemente occupata la giurisprudenza di
merito, con un’interessante sentenza a favore dei contribuenti. La pronuncia n. 15/6/12 dell’8
marzo 2012 della Commissione tributaria provinciale di Savona trae origine da un avviso di
liquidazione, con cui l’Ufficio aveva disconosciuto l’agevolazione “prima casa” in relazione
all’acquisto di un box, che il contribuente aveva costituito quale pertinenza della sua
abitazione, distante 4 km considerando il tragitto per auto, ovvero 700 metri con percorso
pedonale. Secondo l’Ufficio la distanza tra i due beni era tale che uno non poteva porsi al
servizio dell’altro, per cui sul box non poteva essere posto il vincolo pertinenziale e,
conseguentemente, non spettava in relazione al suo acquisto il beneficio fiscale in oggetto.
Secondo il contribuente, invece, l’acquisto del box serviva a parcheggiare l’auto comodamente
in centro anche durante la stagione turistica, atteso che si trattava di una nota località
balneare della Liguria, in cui parcheggiare era davvero complicato. Il box in quella posizione
consentiva di raggiungere il centro e allo stesso tempo di tornare rapidamente a casa
attraverso un percorso pedonale di 700 metri, a differenza di quello automobilistico evidenziato
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dall’ufficio di 4 km. Pertanto, secondo il contribuente, sussistevano i requisiti oggettivi e
soggettivi per la pertinenzialità dei due beni.
L’Agenzia delle entrate, tuttavia, riteneva che tale circostanza non integrasse il requisito
oggettivo previsto per la costituzione del vincolo pertinenziale, atteso che per la sussistenza
della durevole destinazione di una cosa al servizio di un’altra è necessario che l’utilità sia
oggettivamente arrecata dalla cosa accessoria a quella principale e non al proprietario di
questa, dovendo la pertinenza servire all’utilità della cosa e non anche a quella meramente
personale del dominus della stessa.
Art. 817 cod. civ.: le pertinenze
Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o a ornamento di un’altra cosa.
La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un
diritto reale sulla medesima
Il collegio ligure, dopo aver ricordato le disposizioni del codice civile in materia di vincolo
pertinenziale, ha richiamato la giurisprudenza di legittimità, in base alla quale spetta al giudice
di merito valutare la sussistenza del requisito oggettivo, ovvero della contiguità, anche solo di
servizio, tra i due beni, per cui il bene accessorio deve arrecare un’utilità al bene principale e
non al suo proprietario (Cass., sent. n. 4599/2006 e n. 12983/2002).
La Commissione tributaria ha osservato, poi, che la norma tributaria quando si riferisce alle
pertinenze non pone alcun limite circa la distanza tra i beni, come, peraltro, riconosciuto anche
dall’Amministrazione finanziaria, con la circ. n. 38/E/2005. Conseguentemente, l’agevolazione
risulta applicabile anche alle pertinenze non attigue all’abitazione, ma poste a distanza
(riquadro 1).
Secondo la Commissione tributaria, la decisione non poteva prescindere dalla considerazione
del caso concreto. In particolare, per i giudici di merito, il vincolo di pertinenzialità non poteva
essere escluso, giacché era evidente che in una località a vocazione fortemente turistica, con
grosse difficoltà di parcheggio, l’acquisto di un box a metà tra il centro e l’abitazione
consentiva di raggiungere agevolmente entrambi i luoghi. Inoltre, risultava incontestato che il
contribuente avesse sempre parcheggiato la propria auto nel box e che quest’ultimo fosse
destinato esclusivamente a questo scopo. Alla stregua di tali considerazioni, quindi,
sussistendo il vincolo di pertinenzialità, doveva essere riconosciuta anche l’agevolazione prima
casa per l’acquisto del box de quo. Il ricorso del contribuente è stato così accolto e l’atto
impositivo annullato.
In conclusione, quindi, alla luce della giurisprudenza e della prassi di riferimento, non è
sufficiente che il contribuente che acquista il box dichiari nel rogito il vincolo di pertinenzialità
con l’abitazione acquistata con i benefici “prima casa”, essendo altresì necessario che detto
vincolo esista in concreto, circostanza che certamente si realizza quando il box è ubicato nello
stesso stabile o in uno comunque vicino a quello di abitazione, ma che potrebbe non verificarsi
quando la distanza tra i due beni risulti eccessiva.
RIQUADRO 1 -Il Fisco ammette le pertinenze in prossimità dell’abitazione.
– L’agevolazione in esame si applica limitatamente a ciascuna pertinenza classificata nelle
categorie catastali C/2, C/6 e C/7, anche se detta pertinenza è situata in prossimità
dell’abitazione principale, purché la stessa risulti destinata in modo durevole al servizio della
casa di abitazione (cfr. circ. n. 19/E dell’1.3.2001, punto 2.2.2, e circ. n. 1/E del 2.3.1994,
cap. 1, par. IV, punto 3).
– L’agevolazione in parola non si applica qualora la pertinenza non possa essere
oggettivamente destinata in modo durevole a servizio od ornamento dell’abitazione principale,
circostanza, quest’ultima, che normalmente ricorre, per esempio, qualora il bene pertinenziale
è ubicato in un punto distante o addirittura si trovi in un comune diverso da quello dove è
situata la “prima casa”.
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Cessione infraquinquennale con decadenza
Il comma 4 della nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. 131/1986
prevede, tra l’altro, che, in caso di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli
immobili acquistati con l’agevolazione “prima casa” anteriormente al decorso del termine di
cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e
catastale nella misura ordinaria, nonché una soprattassa pari al 30% delle stesse imposte. Se
si tratta di cessioni soggette all’imposta sul valore aggiunto, l’ufficio dell’Agenzia delle entrate
presso cui sono stati registrati i relativi atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la
differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e
quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata, nonché irrogare la
sanzione
amministrativa, pari al 30% della differenza medesima. Le predette disposizioni non si
applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato
con il beneficio fiscale de quo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria
abitazione principale.
Come si evince chiaramente dall’ultimo periodo del comma 4 sopra riportato, la decadenza
dall’agevolazione “prima casa” non interviene nel caso in cui, entro un anno dall’alienazione,
venga acquistato un altro immobile da adibire a propria abitazione principale. Per quanto
riguarda il box, tuttavia, qualora la vendita intervenga prima dei cinque anni dalla data di
acquisto, il riacquisto della nuova pertinenza non sarà idoneo a evitare la decadenza
dall’agevolazioni “prima casa”, in quanto requisito essenziale è che il riacquisto riguardi un
altro immobile abitativo: più precisamente, il comma 4 della nota II-bis stabilisce che l’acquisto
deve riguardare un altro immobile da adibire a propria abitazione principale (cfr. ris. 30/E del
1° febbraio 2008).
Ammessa la detrazione “potenziata” del 50%
Il comma 1 dell’art. 16- dispone che dall’IRPEF lorda si detrae un importo pari al 36% delle
spese documentate, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a € 48.000
per unità immobiliare, sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che
possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile sul quale sono effettuati gli
interventi sostanzialmente già previsti dalla precedente
normativa. Il comma elenca
dettagliatamente tutte le fattispecie agevolabili e – per quel che qui interessa – alla lett. d)
sono indicati gli interventi relativi alla realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali
anche a proprietà comune.
Il “decreto Crescita” di due anni fa (D.L. 83/2012) aveva previsto, al comma 1 dell’art. 11,
l’innalzamento dal 36% al 50% della detrazione delle spese per tutti gli interventi elencati nel
predetto art. 16-bis, ancorché limitatamente alle spese sostenute dal 26 giugno 2012 (data di
entrata in vigore del decreto) sino al 30 giugno 2013. Inoltre, il comma 1 dell’art. 11 già
menzionato aveva altresì stabilito che nello stesso periodo, ovvero dal 26 giugno 2012 al 30
giugno 2013, era aumentato il limite di spesa su cui calcolare la nuova detrazione del 50%,
che passava dai precedenti € 48.000 ai nuovi € 96.000, ovvero il doppio di quello di prima.
L’art. 16 del D.L. 63/2013, al comma 1, si era limitato a sostituire le parole «30 giugno 2013»
dell’art. 11, comma 1, del D.L. 83/2012 con «31 dicembre 2013». In tal modo, la detrazione
«potenziata» al 50% e con limite di spesa aumentato a € 96.000 era stata prorogata sino alla
fine del 2013. La Legge di Stabilità 2014, da ultimo, ha disposto una nuova proroga della
detrazione potenziata. In particolare, l’art. 1, comma 139, lett. d), della legge 147/2013,
intervenendo sull’art. 16 del D.L. 63/2013, ha stabilito che la detrazione per gli interventi di
cui all’art. 16-, spetta, su una spesa massima di € 96.000 per unità immobiliare, nella misura
del:
– 50% delle spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2014;
– 40% delle spese sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015 (tabella 2).
Il primo aspetto da evidenziare, per quanto concerne la possibilità di detrarre le spese di
realizzazione del box, riguarda la necessità, ai fini agevolativi, che il box o l’autorimessa sia
pertinenziale all’abitazione. A differenza di quanto precedentemente osservato in relazione al
vincolo di pertinenzialità richiesto per usufruire dell’agevolazione “prima casa” per l’acquisto
del box, per quanto concerne invece la detrazione IRPEF, si prescinde dal requisito formale
della dichiarazione di volontà espressa nell’atto, facendosi esclusivamente riferimento al
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comportamento concludente delle parti (Min. finanze, circ. n. 98/E del 17 maggio 2000, par.
11.1.2).
Occorre ancora aggiungere che la possibilità di detrarre le spese in oggetto è condizionata alla
sussistenza del vincolo di pertinenzialità sin dal momento di sostenimento di dette spese.
Pertanto, l’apposizione di tale vincolo deve risultare:
– dal rogito notarile: in questo caso, la detrazione potrà essere calcolata su tutte le spese
sostenute per la realizzazione del box dalla data dell’atto di trasferimento;
– dall’atto autorizzativo comunale a costruire, se il fabbricato viene realizzato in economia,
rimanendo così agevolate tutte le spese sostenute anche per il rilascio del permesso stesso;
– dal preliminare di compravendita con l’impresa costruttrice, risultando così agevolate tutte le
spese sostenute dalla sottoscrizione di tale contratto.
Tabella 2 - Detrazione d’imposta per gli interventi di cui all’art. 16- bis del TUIR
Fino
al
25.6.2012
Dal
26.6.2012
al 31.12.2014
Dall’1.1.2015
31.12.2015
al
Dall’1.1.2016
Detrazione IRPEF
Limite di spesa per
unità immobiliare
36%
€ 48.000
50%
€ 96.000
40%
€ 96.000
36%
€ 48.000
Detrazione
massima
€ 17.280
€ 48.000
€ 38.400
€ 17.280
Per quanto concerne, poi, le spese ammissibili al beneficio fiscale, occorre ricordare che la
norma richiama espressamente quelle di “realizzazione” del box o dell’autorimessa. Con la circ.
n. 57/E del 1998, l’Agenzia delle entrate aveva stabilito che rientrano tra le spese ammesse al
beneficio quelle sostenute per la progettazione e l’esecuzione dei lavori, per l’eventuale
relazione di conformità degli stessi alle leggi vigenti, per le prestazioni professionali richieste
dal tipo di intervento, per l’imposta sul valore aggiunto, l’imposta di bollo e i diritti pagati per
le concessioni per le autorizzazioni, per le denunce di inizio lavori e, infine, per gli oneri di
urbanizzazione. Alla luce di tali chiarimenti, pertanto, devono ritenersi esclusi i costi sostenuti
per l’acquisto dell’area, nonché l’utile ritraibile dal costruttore del box o del garage, se
quest’ultimo è acquistato, appunto, presso un’impresa.
È evidente che nel caso in cui la realizzazione del box avvenga in economia, tali spese sono
monitorabili e calcolabili dal contribuente (che dovrà ovviamente conservare la relativa
documentazione di supporto da esibire in caso di controllo), mentre, qualora l’autorimessa sia
acquistata direttamente dall’impresa costruttrice, sarà necessaria un’apposita attestazione di
tali spese rilasciata dal suo legale rappresentante, atteso che normalmente il prezzo di vendita
è superiore alle stesse (ris. n. 69270 del 15 aprile 1999).
Facsimile di attestazione per l’acquisto di box auto pertinenziale
Il sottoscritto ............. legale rappresentante dell’impresa ............. con sede in .............
dichiara sotto la propria responsabilità che le spese sostenute per la realizzazione
dell’autorimessa/ posto auto sito in ............. acquistato dal Sig./Sig.ra ............. come
pertinenza dell’abitazione sita in ............. ammontano a € ........ Tale dichiarazione viene
rilasciata ai fi ni della detrazione IRPEF di cui all’art. 16-.
Data ............. Luogo .............
Firma .............
Si segnala che l’Amministrazione finanziaria, con la ris. n. 17441 del 13 aprile 1999, ha chiarito
che è possibile usufruire della detrazione in oggetto anche da parte degli acquirenti di posti
auto pertinenziali già realizzati, posto che, analogamente a quanto previsto per i parcheggi in
corso di costruzione, l’agevolazione stessa compete esclusivamente con riferimento alle spese
sostenute per la realizzazione dei predetti box. Peraltro, risulta agevolabile anche la
realizzazione del box pertinenziale non all’abitazione principale del contribuente, ma a una
seconda abitazione, essendo normativamente sufficiente che il box o parcheggio acquistato sia
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posto ad asservimento di una unità immobiliare esistente. Infine, con la stessa risoluzione,
l’Amministrazione finanziaria ha stabilito che, sulla base di quanto poc’anzi indicato, deve
ritenersi altresì agevolabile l’acquisto di più box auto asserviti a una sola unità immobiliare.
Per quanto attiene agli obblighi comunicativi, con taluni documenti di prassi (ris. n. 166 del 20
dicembre 2009 e circ. n. 24/E/2004, punto 1.2), l’Agenzia delle entrate aveva previsto, ai fini
della detrazione in oggetto, che il contribuente dovesse inviare un’apposita comunicazione
all’Ufficio finanziario, anche dopo l’inizio dei lavori da parte dell’impresa costruttrice del box,
però entro la data di scadenza della presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al
periodo d’imposta nel quale si intendeva fruire della detrazione. Alla luce dell’intervenuta
soppressione dell’obbligo comunicativo di cui trattasi, con il decreto Sviluppo entrato in vigore
il 14 maggio 2011, l’Agenzia delle entrate ha chiarito, con la circ. n. 19/E del 1° giugno 2011,
che il contribuente non deve più inviare alcuna comunicazione, essendo ora sufficiente
compilare nel mod. UNICO i righi relativi ai dati identificativi dell’immobile per cui si intende
usufruire della detrazione. Mette conto di evidenziare che la possibilità di usufruire della
detrazione in oggetto è condizionata al rispetto degli adempimenti previsti della normativa di
riferimento, riepilogati nell’apposito riquadro. Si ricorda, in particolare, l’importanza dell’utilizzo
del bonifico speciale per il pagamento delle spese in oggetto (si vedano in proposito anche i
chiarimenti forniti con la recente ris. n. 7/E/2011).
È appena il caso di ricordare, infine, che, ai sensi del comma 8 dell’art. 16-, in caso di vendita
dell’unità immobiliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi agevolati, la detrazione non
utilizzata in tutto o in parte è trasferita per i rimanenti periodi di imposta, salvo diverso
accordo delle parti, all’acquirente persona fisica dell’unità immobiliare. In sostanza, mentre in
passato la detrazione residua si trasferiva inevitabilmente all’acquirente, ora è possibile
stabilire con apposito accordo tra le parti che della detrazione residua possa continuare a
usufruirne il venditore, anche dopo la cessione del box.
Nessuna detrazione per gli interessi passivi
L’art. 15, comma 1, lett. , come noto, prevede la detrazione d’imposta del 19% degli interessi
passivi sostenuti in relazione a mutui garantiti da ipoteca contratti per l’acquisto dell’unità
immobiliare da adibire ad abitazione principale. Secondo l’Agenzia delle entrate, poiché la
disposizione non fa alcun riferimento alle eventuali pertinenze, si deve ritenere che la
detrazione non spetti ove il mutuo sia stato stipulato per acquistare autonomamente una
pertinenza della dimora abituale del contribuente (Min. finanze, circ. n. 108 del 3 maggio
1996, par. 2.3.4).
1. Prima dell’inizio dei lavori deve essere inviata all’ASL competente per territorio, mediante
raccomanda A/R, la comunicazione di inizio lavori, salvo i casi in cui ciò non sia previsto
dall’art. 99, comma 1, del D.Lgs. 81/2008.
2. Il pagamento delle fatture relative ai lavori deve essere effettuato tramite bonifico bancario
o postale da cui risulti la causale del versamento con l’indicazione della norma agevolativa, il
codice fiscale del soggetto che effettua il pagamento, nonché il numero di partita IVA o il
codice fiscale del soggetto a favore del quale è effettuato il bonifico (quando vi sono più
soggetti che sostengono la spesa, e tutti intendono fruire della detrazione, il bonifico deve
riportare il numero di codice fiscale delle persone interessate al beneficio fiscale; se il bonifico
contiene l’indicazione del codice fiscale del solo soggetto che fi no al 13.5.2011 era obbligato a
presentare il modulo di comunicazione al Centro operativo di Pescara, gli altri aventi diritto,
per ottenere la detrazione, devono riportare in un apposito spazio della dichiarazione dei
redditi il codice fi scale indicato sul bonifico).
3. Fino al 13.5.2011, occorreva inviare, con raccomandata, al Centro Operativo di Pescara
dell’Agenzia delle entrate, l’apposita comunicazione preventiva di inizio dei lavori, contenente,
tra l’altro, l’indicazione dei dati catastali identificativi dell’immobile oggetto di intervento. Dal
14.5.2011, invece, in forza dell’art. 7, comma 2, lett. , tale adempimento è stato soppresso e
in sua sostituzione è stato previsto che il contribuente:
indichi nella dichiarazione dei redditi:
- i dati catastali identificativi dell’immobile oggetto di interventi agevolati;
- gli estremi di registrazione dell’atto che ne costituisce titolo, come, per esempio, il contratto
d’affitto, se i lavori sono effettuati dal detentore (per esempio, il conduttore);
- gli altri dati richiesti ai fini del controllo da detrazione;
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conservi ed esibisca, a richiesta dell’Agenzia delle entrate, i documenti previsti dal
provv. Agenzia delle entrate del 2.11.2011, n. 149646, ovvero:
– abilitazioni amministrative in relazione alla tipologia di lavori da realizzare (concessione,
autorizzazione o comunicazione di inizio lavori). Se queste abilitazioni non sono previste è
sufficiente una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà in cui deve essere indicata la data
di inizio dei lavori e attestare che gli interventi di ristrutturazione edilizia posti in essere
rientrano tra quelli agevolabili (cfr. ris. n. 325/E/2007);
– domanda di accatastamento per gli immobili non ancora censiti;
– ricevute di pagamento dell’ICI/IMU, se dovuta;
– delibera assembleare di approvazione dell’esecuzione dei lavori e tabella millesimale di
ripartizione
delle spese per gli interventi riguardanti parti comuni di edifi ci residenziali;
– in caso di lavori effettuati dal detentore dell’immobile, se diverso dai familiari conviventi,
dichiarazione di consenso del possessore all’esecuzione dei lavori;
– comunicazione preventiva contenente la data di inizio dei lavori da inviare all’Azienda
sanitaria locale, se obbligatoria secondo le disposizioni in materia di sicurezza dei cantieri;
– fatture e ricevute fiscali relative alle spese effettivamente sostenute;
– ricevute dei bonifici di pagamento.
4. Fino al 13.5.2011, le fatture relative agli interventi agevolati dovevano recare, a pena di
decadenza, la separata indicazione del costo della manodopera. Dal 14.5.2011, l’art. 7, comma
2, lett. ha abolito tale obbligo di indicazione in fattura e non ha introdotto, in sua sostituzione,
alcun nuovo adempimento.
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Economia e agevolazioni

Trasferimenti di immobili - Nuova tassazione indiretta - Chiarimenti
della C.M. 2/E/2014
Duccio Tessadri, Il Sole 24 ORE – La settimana Fiscale, 16 aprile 2014, n. 15
QUADRO NORMATIVO
La tassazione degli atti di trasferimento di beni immobili è stata oggetto di una radicale
riforma, entrata in vigore l'1.1.2014.
La nuova disciplina, recata dall'art. 10, D.Lgs. 14.3.2011, n. 23, come modificato dall'art. 26,
co. 1, D.L. 12.9.2013, n. 104, conv. con modif. dalla L. 8.11.2013, n. 128 (cd. Decreto
Istruzione), e dall'art. 1, co. 608 e segg., L. 27.12.2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), ha
riformulato l'art. 1 della(Testo unico imposta di registro), prevedendo, in sintesi:
3 sole aliquote in materia di imposta di registro: un'aliquota ordinaria del 9%,
un'aliquota agevolata del 2% per gli acquisti relativi alla "prima casa", e infine
un'aliquota del 12% per gli acquisti di terreni agricoli da parte di soggetti diversi dai
coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali;
la ridefinizione della nozione di "abitazione di lusso" e, quindi, di "prima casa"
rilevante per l'accesso all'aliquota ridotta al 2%;
una soppressione generale delle esenzioni e delle agevolazioni tributarie;
un'imposta di registro minima di Euro 1.000, quando dall'applicazione dell'imposta di
registro in misura proporzionale risulterebbe un'imposta inferiore a Euro 1.000;
quando l'atto rientra nel campo di applicazione dell'art. 1 della Tariffa, e cioè sconta
l'imposta di registro proporzionale, le imposte ipotecarie e catastali vengono ridotte
ad Euro 50 ciascuna e opera un'esenzione da imposta di bollo, tributi speciali catastali
e tasse ipotecarie (cd. principio di assorbimento);
quando l'atto sconta l'imposta di registro fissa, ad esempio nel caso di atti soggetti ad
Iva, le imposte di registro, ipotecarie e catastali vengono aumentate da Euro 168 ad
Euro 200.
Con la C.M. 21.2.2014, n. 2/E, l'Agenzia delle Entrate ha fornito i primi, attesi chiarimenti
sistematici in materia.
AMBITO di APPLICAZIONE della RIFORMA: le imposte che colpiscono il trasferimento di
beni immobili si ancorano sulla natura del soggetto cedente(privato o soggetto passivo Iva)
e sulla tipologia dell'immobile ceduto (casa di abitazione, immobile strumentale all'esercizio
dell'impresa, terreno agricolo, terreno edificabile).
In linea generale, opera il principio di alternatività tra imposta di registro ed Iva recato
dall'art. 40, co. 1, D.P.R. 26.4.1986, n. 131, per cui quando la cessione èsoggetta ad Iva
l'imposta di registro si applica in misura fissa, mentre quando l'operazione è fuori campo
Iva oppure è esente da Iva sconta l'imposta di registro in misura proporzionale.
Gli atti interessati dalla riforma sono dunque, principalmente, le cessioni di beni immobili e
gli atti assimilati ("gli atti traslativi a titolo oneroso dellaproprietà di beni immobili e gli
atti traslativi o costitutivi di diritti reali di godimento, compresi la rinuncia pura e
semplice agli stessi, i provvedimenti diespropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti
coattivi") effettuati da privati oppure da soggetti passivi Iva relativamente ad operazioni
in regime di esenzione Iva.
Per effetto del richiamo all'art. 1, Tariffa, D.P.R. 131/1986 operato dall'art. 4, lett. a), n. 1) e
lett. d), n. 2) della medesima Tariffa, rientrano altresì nell'ambito di operatività della riforma
anche i trasferimenti di beni immobili effettuati nell'ambito di operazioni societarie, e cioè i
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conferimenti di immobili in sede dicostituzione della società o aumento di capitale, e le
assegnazioni di beni immobili ai soci.
Analogamente, per gli atti giudiziari che, in tema di controversie civili, comportino il
trasferimento della proprietà di beni immobili o la costituzione o iltrasferimento di diritti
reali immobiliari di godimento, l'art. 8, lett. a), Tariffa, D.P.R. 131/1986 e, per i
provvedimenti che accertano l'acquisto immobiliare perusucapione, la Nota II-bis al
medesimo art. 8, prevedono che detti trasferimenti siano soggetti all'imposta di registro
secondo le disposizioni dell'articolo 1 della Tariffa.
OGGETTO della RIFORMA: la riduzione del numero delle aliquote dell'imposta di
registro, la previsione di un'imposta di registro minima e delle imposte ipotecaria e
catastale fisse ad e 50 ciascuna, l'esenzione dall'imposta di bollo, dai tributi speciali
catastali e dalle tasse ipotecarie sono i tratti caratterizzanti della riforma in commento,
improntata ad una profonda semplificazione delle "imposte d'atto".
NUOVE ALIQUOTE dell'IMPOSTA di REGISTRO: in luogo delle molteplici aliquote (1%, 3%,
7%, 8% e 15%) o dell'imposta in misura fissa (e 168) operanti fino al31.12.2013, dal 2014
i trasferimenti immobiliari che scontano l'imposta di registro in misura proporzionale sono
soggetti alle seguenti aliquote:
2%, quando l'immobile oggetto di trasferimento, o in ordine al quale si costituisce un
diritto reale di abitazione, costituisce una "prima casa";
12%, quando il trasferimento riguarda un terreno agricolo ed è effettuato a favore
di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli
professionali;
9% per tutti gli altri trasferimenti immobiliari o costituzioni/trasferimenti di
diritti reali di godimento su immobili.
"PRIMA CASA": l'agevolazione "prima casa" spetta quando contestualmente sussistono i
seguenti requisiti, elencati dall'art. 1 della Tariffa e dalla sua Nota II-bis:
l'abitazione acquistata non è "di lusso";
l'acquirente ha la residenza o si impegna a trasferirla entro 18 mesi nel Comune in
cui è ubicato l'immobile;
l'acquirente non è proprietario o titolare di altro diritto reale di godimento,
nemmeno in comunione col coniuge, di altra casa di abitazione nel territorio del
Comune in cui è situato l'immobile;
l'acquirente non ha già fruito dell'agevolazione o di un'altra agevolazione elencata
al comma 1 della Nota II-bis.
La riforma ha innovato la nozione di "abitazione di lusso", fondandola esclusivamente
sulla categoria catastale: sono abitazioni di lusso le case accatastate nelle categorie A/1
(abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli, palazzi di eminenti pregi
artistici o storici), mentre tutti gli altri immobili ad uso abitativo, accatastati nelle categorie da
A/2 a A/7 e A/11, non lo sono e possono pertanto fruire dell'agevolazione.
Fino al 31.12.2013, invece, il Legislatore faceva riferimento ai "criteri di cui al decreto del
Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969", che valorizzavano una molteplicità di
caratteristiche "strutturali", non sempre di immediata accessibilità, quali, oltre alla
destinazione urbanistica, la cubatura, la superficie utile complessiva, la presenza di elementi
indicatori della lussuosità dell'abitazione, quali piscina, campo da tennis, ascensore, soffitti e
pareti "pregiati".
La nuova nozione di "abitazione non di lusso" non è stata recepita ai fini Iva, tant'è che il n.
21) della Tabella A, Parte Seconda, D.P.R. 26.10.1972, n. 633, fa tuttora riferimento,
nell'individuare le abitazioni non di lusso che possono accedere all'aliquota IVA agevolata del
4%, ai "criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969".
In argomento, la C.M. 21.2.2014, n. 2/E, ha confermato la diversità della nozione di
"prima casa" valevole per i trasferimenti di immobili soggetti ad Ivarispetto a quelli che
scontano l'imposta di registro, rilevando che per i primi, "ai fini dell'individuazione della case
di abitazione "non di lusso" cui si applicano le agevolazioni "prima casa", continuano a
rilevare i criteri dettati dal DM 2 agosto 1969, a prescindere dalla categoria catastale nella
quale l'immobile risulta censito in catasto".
In esito alla riforma, il regime fiscale delle "prime case" appare pertanto sempre più
divergente a seconda del tributo (Iva o imposta di registro) cui viene assoggettato il
trasferimento, sotto il profilo ora esaminato dei requisiti di accesso all'agevolazione, nonché
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per quanto concerne la determinazione della base imponibile (che soltanto nel caso
dell'imposta di registro può essere determinata secondo la regola del cd. prezzo-valore,
cioè forfetariamente in base aivalori catastali), le aliquote applicabili (4% Iva contro il
2% dell'imposta di registro), le imposte ipocatastali, che per i trasferimenti soggetti ad Iva
sono applicate nella misura fissa di Euro 200 ciascuna mentre per i trasferimenti soggetti ad
imposta di registro sono applicabili nella misura fissa di e 50 ciascuna, e infine per
imposta di bollo, tasse ipotecarie e tributi speciali catastali, che risultano dovuti solo
per i trasferimenti soggetti ad Iva.
IMPOSTA MINIMA di REGISTRO: come accennato, qualora l'ammontare dell'imposta
proporzionale di registro sia inferiore ad Euro 1.000, l'imposta dovuta sarà comunque di
Euro 1.000.
In seguito all'introduzione di tale norma da parte dell'art. 10, co. 2, D.Lgs. 14.3.2011, n. 23,
attualmente coesistono nell'ordinamento due imposte minime, o fisse: quella di Euro 1.000
relativa ai trasferimenti di beni immobili soggetti all'imposta di registro proporzionale, e,
per tutti gli altri casi, l'imposta fissa prevista dall'art. 41, D.P.R. 131/1986, secondo il quale
"l'ammontare dell'imposta principale non può essere in nessun caso inferiore alla misura
fissa indicata nell'articolo 11 della tariffa, parte prima", pari a Euro 200.
Coerentemente ai precedenti chiarimenti resi dalla C.M. 29.5.2013, n. 18/E e dalla R.M.
3.7.2008, n. 272/E, la C.M. 2/E/2014 ha ribadito quanto segue in ordine alleconcrete
modalità di funzionamento della nuova imposta minima di Euro 1.000:
l'importo di Euro 1.000 concretizza la misura minima di imposta da applicare e non
l'imposta effettiva da versare. In altri termini, l'importo da pagarepotrebbe anche
essere inferiore ad Euro 1.000, per effetto dello scomputo dall'imposta dovuta di
quanto già pagato per la caparra o l'acconto in sede di registrazione del contratto
preliminare, oppure per effetto dell'utilizzo del credito di imposta per il riacquisto
della "prima casa";
in caso di atto plurimo, cioè di atto che contiene una pluralità di disposizioni
negoziali autonome, oppure anche di vendita tra i medesimi soggetticon un unico
atto negoziale di una pluralità di beni immobili, l'imposta minimale non opera su
ciascuna disposizione negoziale, ma complessivamenteed una volta soltanto.
Occorre, cioè, preliminarmente sommare, per ciascun trasferimento immobiliare cui si applica
l'imposta di registro proporzionale, le imposte calcolateproporzionalmente, anche se di
importo inferiore all'imposta minima. Se la somma dà un importo superiore a Euro 1.000,
allora non trova applicazionel'imposta minima, in quanto l'imposta di registro da
corrispondere è pari alla suddetta somma degli importi dovuti per ciascun negozio. Qualora
invece la somma delle imposte proporzionali dovute per ciascuna disposizione negoziale sia
inferiore alla misura fissa di Euro 1.000, allora dovrà essere corrisposta l'imposta di registro
"minimale", una sola volta.
SOPPRESSIONE delle AGEVOLAZIONI: la riforma sopprime tutte le esenzioni ed
agevolazioni tributarie in materia di trasferimenti immobiliari, anche se previste in leggi
speciali.
Si tratta, con tutta evidenza, dell'aspetto più discusso della riforma, per la rilevanza degli
interessi in gioco, e perché, stante la sinteticità della norma, spetta all'interprete stabilire,
caso per caso, quali, tra le norme speciali, siano da ricondurre alla categoria delle "esenzioni
ed agevolazioni tributarie" considerata dall'art. 10, co. 4, D.Lgs. 23/2011, e dunque da
ritenersi soppresse.
Alla luce dei primi chiarimenti ministeriali recati dalla C.M. 2/E/2014, possono individuarsi le
seguenti categorie di agevolazioni che debbono considerarsi rimaste in vigore:
1) agevolazioni che, in quanto riferite ad atti diversi dagli atti di trasferimento
immobiliare a titolo oneroso contemplati dall'art. 1 della Tariffa, Parte Prima, D.P.R.
131/1986, non rientrano nell'ambito di applicazione della riforma;
2) agevolazioni espressamente mantenute in vigore dal Legislatore. E' il caso
dell'agevolazione in tema di piccola proprietà contadina prevista dall'art. 2, co. 4-bis, D.L.
30.12.2009, n. 194, conv. con modif. dalla L. 26.2.2010, n. 25, che l'art. 10, co. 4, D.Lgs.
23/2011, come modificato dalla L. 27.12.2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), sottrae alla
soppressione generale. Per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali
(IAP), gli acquisti di terreni agricoli e relative pertinenze (fabbricati rurali) continuano dunque
a scontare l'imposta di registro e l'imposta ipotecaria in misura fissa (Euro 200) e
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l'imposta catastale in misura proporzionale, con l'aliquota dell'1%, mentre, come detto in
precedenza, tutti gli altri atti di cessione di terreni agricoli scontano invece, dal 2014,
l'imposta di registro del 12% e le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di e
50 ciascuna. Un'altra agevolazione attualmente in vigore è quella introdotta dall'art. 1, co.
737, L. 147/2013, per gli atti di riorganizzazione tra enti, in forza della quale dal 2014
sconteranno imposte di registro,ipotecaria e catastale nella misura fissa di Euro 200
ciascuna gli atti di trasferimento a titolo gratuito di beni di qualsiasi natura (beni
immobili, mobili, ecc.), posti in essere nell'ambito di operazioni di riorganizzazioni di enti
appartenenti per legge alla medesima struttura organizzativa politica,sindacale, di
categoria, religiosa, assistenziale o culturale;
3) agevolazioni che non hanno effetto sulla misura dell'imposta di registro. Rimangono,
cioè, in vigore tutte le agevolazioni che apportano al contribuente unvantaggio diverso dalla
riduzione di aliquote o dalla previsione di un'imposta fissa o di un'esenzione dall'imposta. E' il
caso, ad esempio, del credito di impostaprevisto dall'art. 7, co. 1 e 2, L. 23.12.1998, n. 448
(Finanziaria 1999), a favore di coloro che, dopo aver alienato un immobile acquistato
usufruendo delleagevolazioni "prima casa" ai fini dell'imposta di registro o dell'Iva,
riacquistino entro un anno dalla vendita un altro immobile avente i requisiti previsti per
fruire delle agevolazioni 'prima casà. E' altresì il caso della regola del prezzo-valore che,
introdotta dall'art. 1, co. 497, L. 23.12.2005, n. 266 (Finanziaria 2006), consente a chi
acquista a titolo personale un immobile ad uso abitativo, di pagare le imposte di registro,
ipotecarie e catastali in base al valore catastale rivalutato, indipendentemente dal
prezzo pattuito nell'atto di compravendita e dal valore di mercato dell'immobile. In risposta
all'interrogazione parlamentare dd. 20.11.2013, n. 5-01523 Gebhard, il Ministero delle Finanze
ha salvato tale disciplina, affermando che essa "si presenta come un sistema forfettario di
determinazione della base imponibile e, quindi, non può essere ricondotta tra le previsioni di
esenzioni o di agevolazioni cui fa riferimento l'articolo 10, comma 4". La C.M. 2/E/2014 ha
confermato detta interpretazione, valorizzando il fatto che la regola del prezzo-valore, che
pure realizza "un sistema forfettario di determinazione della base imponibile non può essere
ricondotta nell'ambito delle previsioni agevolative in termini di riduzione di aliquote, di
imposte fisse o di esenzione dall'imposta di registro, cui deve intendersi riferito l'articolo 10,
comma 4, del decreto e pertanto, la sua applicazione risulta confermata anche per gli atti
stipulati in data successiva al 1° gennaio 2014". La Circolare in commento ha poi
individuato un'ulteriore fattispecie di agevolazione rimasta in vigore negliapporti di immobili
a fondi immobiliari chiusi, se costituiti da una pluralità di immobili prevalentemente
locati al momento dell'apporto, che l'art. 8, co. 1-bis, D.L. 25.9.2001, n. 351, conv. con
modif. dalla L. 23.11.2001, n. 410 equipara ai conferimenti di azienda, trattandoli come
operazioni fuori campo Iva, ai sensi dell'art. 2, co. 3, lett. b), D.P.R. 633/1972, e
assoggettandoli all'imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell'art. 4, co. 1, lett. a), n. 3),
Tariffa, Parte Prima, D.P.R. 131/1986. Anche tale agevolazione, infatti, non si concretizza "in
termini di riduzione di aliquote, di applicazione di imposte fisse o di esenzione dall'imposta";
4) agevolazioni che si inseriscono nell'ambito di istituti che hanno una portata più ampia
rispetto al solo aspetto fiscale, che devono "essere ritenute ancora vigenti, atteso che
appare ragionevole ritenere che l'intervento del legislatore non avesse la finalità di modificare,
con un provvedimento di natura fiscale, il corretto svolgimento delle procedure in questione"
(Nota Ministero dell'Economia e delle Finanze 5.2.2014, prot. n. 2.225). All'uopo, la C.M.
2/E/2014 ha ricondotto a tale tipologia di agevolazioni i trasferimenti effettuati in esecuzione
di procedimenti di separazione e di divorzio, o di accordi di mediazione civile
ecommerciale, esenti da ogni tributo ai sensi, rispettivamente, dell'art. 19, L. 6.3.1987, n.
74, e dell'art. 17, D.Lgs. 4.3.2010, n. 28, nonché di verbali giudizialiche statuiscono la
conciliazione tra le parti nell'ambito di un procedimento giurisdizionale, che l'art. 9, co. 9, L.
23.12.1999, n. 488 (Finanziaria 2000), esentadall'imposta di registro fino ad un valore di
Euro 51.645,69. In ultimo, la Circolare esplicativa ha fatto salva l'agevolazione recata
dall'art. 19, co. 6 dell'Accordo internazionale tra il Governo italiano e il Bureau International
des Expositions, che prevede l'esenzione da imposte di bollo, registro, ipotecarie e
catastalidegli atti, transazioni e operazioni finanziarie relativi a beni immobili necessari
all'organizzazione dell'Expo 2015.
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Alla luce dei predetti orientamenti, la C.M. 2/E/2014 effettua una ricognizione delle
agevolazioni che devono ritenersi soppresse dall'1.1.2014, ossia quelle relative a:
trasferimenti di immobili compresi in piani di recupero ad iniziativa pubblica o
privata, purché convenzionata, effettuati nei confronti dei soggetti che attuano il
recupero (art. 5, L. 22.4.1982, n. 168);
trasferimenti di terreni agricoli a favore di coltivatori diretti e di imprenditori
agricoli professionali (Iap) che si impegnino a costituire uncompendio unico e a
coltivarlo e a condurlo per un periodo di almeno 10 anni (artt. 5-bis, L. 31.12.1994,
n. 97 e 5-bis, D.Lgs. 18.5.2001, n. 228);
trasferimenti di terreni a favore di giovani agricoltori (art. 14, co. 5, L. 15.12.1998,
n. 441);
acquisto di fondi rustici da parte di cooperative e società forestali, finalizzato ad
aumentare l'efficienza aziendale attraverso il miglioramento quantitativo e
qualitativo delle colture forestali (art. 7, co. 4, lett. b), L. 27.12.1977, n. 984);
trasferimenti di immobili dello Stato, di enti previdenziali pubblici, Regioni, enti
locali, o loro consorzi, a favore di fondi di investimento immobiliare (art. 9, co. 2,
D.L. 351/2001);
trasferimento di aree e atti di concessione del diritto di superficie su aree
comprese nei piani di insediamento produttivo e per l'edilizia economicopopolare (art. 32, co. 2, D.P.R. 29.9.1973, n. 601);
trasferimenti posti in essere nell'ambito delle convenzioni di lottizzazione o di
urbanizzazione di cui alla L. 28.1.1977, n. 10 (Legge Bucalossi);
trasferimenti di immobili da Comuni a fondazioni o a società di
cartolarizzazione o ad associazioni riconosciute (art. 1, co. 275, L. 30.12.2004, n.
311).
Alla soppressione delle suddette norme agevolative devono aggiungersi le fattispecie di
abrogazione derivanti dalla riformulazione dell'art. 1 della Tariffa, Parte Prima, D.P.R.
131/1986, e dalla cancellazione delle Note al predetto art. 1 diverse dalla Nota II-bis relativa
alla "prima casa", che prevedevano aliquote di imposta di registro differenziate (1%, 3%,
7%, 8% e 15%) e, in taluni casi, l'imposta in misura fissa, in considerazione del bene oggetto
del trasferimento o dei soggetti a favore dei quali veniva effettuato il trasferimento.
Risultano pertanto abrogate le norme che, in base alla previgente Tariffa, prevedevano:
l'aliquota del 3% per i trasferimenti di immobili di interesse storico, artistico e
archeologico;
l'aliquota dell'1% per i trasferimenti di fabbricati in esenzione Iva nei confronti di
imprese cd. immobiliari di compravendita, che dichiarino nell'atto la volontà di
trasferirli entro 3 anni;
l'imposta di registro fissa di Euro 168 per i trasferimenti di immobili situati
all'estero;
l'imposta di registro fissa di Euro 168 per i trasferimenti di immobili nei confronti
dello Stato o di enti pubblici territoriali;
l'imposta di registro fissa di Euro 168 per i trasferimenti di immobili nei confronti di
istituzioni riordinate in aziende di servizi o di Onlus;
l'aliquota dell'1% per i trasferimenti di immobili compresi in piani urbanistici
particolareggiati;
l'aliquota dell'8% per i trasferimenti di terreni agricoli a favore di imprenditori
agricoli professionali.
IMPOSTE IPOTECARIA e CATASTALE: dal 2014, le imposte ipotecaria e catastale sono
dovute:
in misura fissa, nell'importo di Euro 50 ciascuna, quando l'atto di trasferimento
immobiliare sconta l'imposta di registro proporzionale;
ancora in misura fissa, ma nell'importo di Euro 200 ciascuna, relativamente agli atti
che, al 31.12.2013, scontavano l'imposta ipo-catastale fissa di Euro 168;
in base alle aliquote proporzionali previste dal D.Lgs. 31.10.1990, n. 347, in tutti i
casi in cui la cessione non venga assoggettata all'imposta di registro
proporzionale e, al contempo, non fosse assoggettata all'imposta ipocatastale
fissa alla data del 31.12.2013. è il caso, in particolare, delle cessioni di fabbricati
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strumentali per natura, cioè degli immobili classificati al Catasto nelle categorie A/10,
B, C D ed E, che, quando sono effettuate da soggetti passivi Iva, scontano l'imposta
di registro fissa di Euro 200 e scontavano al 31.12.2013 le imposte ipocatastali nelle
aliquote proporzionali del 3% e del 1%, previste dagli artt. 10, co. 1, D.Lgs 347/1990
e 1-bis, Tariffa allegata al medesimo decreto legislativo. A dette cessioni continuano ad
applicarsi le imposte ipocatastali in misura proporzionale, nelle aliquote del 3% e
dell'1%.
DECORRENZA: le nuove disposizioni "si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2014" (art.
10, co. 5, D.Lgs. 23/2011), ovverosia agli atti per i quali alla suddetta data siano stati
effettuati i seguenti adempimenti:
per gli atti pubblici, la loro formazione, coincidente con la stipula del contratto.
Trattasi di atti in ordine ai quali la certezza della data viene assolta non dall'Ufficio in
sede di ricezione dell'atto presentato per la registrazione, bensì dal notaio, che agisce
in qualità di pubblico ufficiale;
l'autentica della sottoscrizione da parte del notaio, per le scritture private
autenticate;
la presentazione dell'atto per la registrazione all'Agenzia delle Entrate, per le
scritture private non autenticate;
l'emanazione o la pubblicazione per gli atti giudiziari;
la conclusione dei procedimenti di espropriazione pubblica.
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Immobili
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Servizi immobiliari: le norme in materia di territorialità
Nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 26 ottobre 2013 è stato pubblicato il
regolamento di esecuzione UE n. 1042/2013 con il quale sono state introdotte importanti
novità per quanto concerne la territorialità dei servizi immobiliari. Tali disposizioni entreranno
in vigore a partire dal 1° gennaio 2017. Tuttavia, le stesse hanno una notevole valenza sin da
ora in quanto inevitabilmente condizioneranno l’attività interpretativa dell’Agenzia delle
entrate.
Francesco D'Alfonso, Il Sole 24 ORE – Consulente immobiliare, 30 aprile 2014, n. 951
Nozione di bene immobili
La dir. n. 2006/112/CE, in materia di IVA, stabilisce che si considera fabbricato qualsiasi
costruzione incorporata al suolo (art. 12, par. 2, comma 2, della dir. n. 2006/112/CE),
evidenziando, pertanto, che, per potersi individuare un bene immobile, occorre che lo stesso
sia fissato stabilmente a terra.
Tuttavia, nel contesto comunitario manca una definizione condivisa di bene immobile ai fini
della territorialità IVA e ciò ha creato notevoli problemi applicativi per quanto concerne le
norme in materia di territorialità dal momento che ciascun Stato membro ha proceduto
autonomamente nella formulazione di tale definizione. Da ciò ne è derivato che una stessa
operazione può venirsi a trovare a essere contemporaneamente rilevante ai fini IVA in due
diversi Stati membri.
Sulla questione, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che si configura un bene immobile laddove
non sia possibile separare il bene mobile dall’immobile (terreno o fabbricato) senza alterare la
funzionalità del bene stesso o nell’ipotesi in cui per riutilizzare il bene in un altro contesto con
le medesime finalità debbano essere effettuati antieconomici interventi di adattamento (circ.
min. n. 38/2010).
Allo stesso tempo, l’Agenzia ha precisato che, in attesa di criteri generali volti a distinguere i
beni mobili dai beni immobili da parte dell’UE, per i beni situati in Italia occorre fare riferimento
anche all’eventuale accatastamento del bene (circ. min. n. 37/2011).
Il vuoto normativo esistente è stato, tuttavia, colmato dal reg. n. 1042/2013, che modifica il
reg. di esecuzione (UE) n. 282/2011 per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi, il
quale ha fornito una definizione molto dettagliata del concetto di “bene immobile”, includendo
anche gli elementi che formano parte integrante di un edificio o di un fabbricato, in mancanza
dei quali quest’ultimo risulterebbe incompleto (per esempio porte, finestre).
NOZIONE DI BENE IMMOBILE (reg. n. 1042/2013)
Una parte specifica del suolo, in superficie o nel sottosuolo, su cui sia possibile costituire diritti
di proprietà e il possesso.
Qualsiasi fabbricato o edificio eretto sul suolo o a esso incorporato, sopra o sotto il livello del
mare, che non sia agevolmente smontabile
né agevolmente rimuovibile.
Qualsiasi elemento che sia stato installato e formi parte integrante di un fabbricato o di un
edificio e in mancanza del quale il fabbricato o l’edificio risulti incompleto, quali porte, finestre,
tetti, scale e ascensori.
Qualsiasi elemento, apparecchio o congegno installato in modo permanente in un fabbricato o
in un edificio che non possa essere rimosso senza distruggere o alterare il fabbricato o
l’edificio.
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Territorialità dei servizi immobiliari
Le prestazioni relative a beni immobili si considerano rilevanti ai fini dell’imposta sul valore
aggiunto nel luogo dove sono situati
i beni, a prescindere dagli aspetti di natura soggettiva concernenti coloro che sono coinvolti
nell’operazione.
A norma dell’art. 7-quater, comma 1, lett. a), del decreto IVA si considerano effettuate nel
territorio dello Stato le prestazioni di servizi relativi a beni immobili situati in Italia. Sono,
invece, fuori campo IVA le prestazioni di servizi che interessano immobili siti all’estero, anche
laddove siano coinvolti operatori nazionali.
Tipologia di servizio
Prestazioni relative a
beni immobili (art. 7-)
Prestatore
ITAUEEXTRA
UE
Committente
ITAUEEXTRA
UE
Regola territorialità
Luogo
di
ubicazione
dell’immobile: Italia
Luogo
di
ubicazione
dell’immobile: UEEXTRA UE
IVA
SÌ
NO
La descritta disciplina ai fini dell’imposta sul valore aggiunto si applica anche con riferimento
alle prestazioni di servizi relativi a immobili adibiti a residenze di ambasciate italiane all’estero
(ris. min. n. 355378/1985), nonché a quelle estere in Italia, le quali ultime, tuttavia, sono non
imponibili ai sensi dell’art. 72 del decreto IVA. Occorre evidenziare, al riguardo, che le
ambasciate fanno parte del territorio che le accredita.
Nel caso in cui, poi, beni immobili siano situati in parte in Italia e in parte all’estero (per
esempio, gasdotto internazionale), le prestazioni di servizi effettuate sugli stessi si considerano
effettuate in Italia limitatamente alla parte dei lavori immobiliari effettuati nel territorio dello
Stato, fino al limite delle acque territoriali.
Campo di applicazione delle norme
La norma in materia di individuazione del luogo di imposizione IVA dei servizi immobiliari ha a
oggetto i servizi di costruzione, ristrutturazione, modifica, manutenzione e riparazione dei beni.
Più esattamente, le prestazioni di servizi individuate dalla norma interna di riferimento, cioè
l’art. 7- quater , comma 1, lett. a ), del D.P.R. 633/1972, sono le seguenti:
1. perizie;
2. prestazioni di agenzia;
3. fornitura di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzioni analoghe, ivi inclusa
quella di alloggi in campi di vacanza o in terreni attrezzati per il campeggio;
4. concessione di diritti di utilizzazione di beni immobili (es. concessione di spazi);
5 . prestazioni inerenti alla preparazione e al coordinamento dell’esecuzione dei lavori
immobiliari.
Tutte le prestazioni di servizi elencate sono caratterizzate dalla presenza di una relazione
concreta ed effettiva con il bene immobile (ris. min. n. 48/2010).
Perizie
Le perizie consentono di individuare in maniera oggettiva concreti elementi di fatto relativi a
beni immobili o beni mobili materiali per quanto concerne il loro valore, quantità, qualità e ciò
anche se esse comportano cognizioni o calcoli tecnico-scientifici (ris. min. n. 153/2002).
Attraverso di esse viene effettuato l’esame dello stato fisico di un bene, volto all’analisi
dell’autenticità dello stesso, alla effettuazione di una stima del suo valore o alla valutazione dei
lavori eventualmente da realizzare o della gravità di un danno sofferto.
Le perizie non devono, tuttavia, essere confuse con le prestazioni di consulenza. Queste ultime
si caratterizzano, infatti, per la prestazione di una valutazione soggettiva da parte del
prestatore (consulente), la quale si estrinseca attraverso giudizi, precisazioni, chiarimenti o
pareri.
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Prestazioni di agenzia
Si tratta, in questo caso, dei servizi di intermediazione relativi alla cessione di immobili e alla
concessione di diritti di utilizzazione degli stessi (circ. min. n. 37/2011).
Non costituiscono, invece, prestazioni relative a immobili i servizi forniti nei confronti di una
società che gestisce alberghi e paga compensi di agenzia ad agenti UE ed extra UE per
l’intermediazione nelle prenotazioni alberghiere (circ. min. n. 36/2010), i quali costituiscono,
invece, prestazioni di intermediazione in nome e per conto del cliente aventi a oggetto
prestazioni alberghiere.
Fornitura di alloggio nel settore alberghiero e analoghi
Per fornitura di alloggio nel settore alberghiero e analoghi s’intendono le prestazioni di servizio
alberghiero e dell’ospitalità più in generale e cioè, oltre ai servizi alberghieri, anche la fornitura
di alloggi in campi di vacanza, nonché di terreni attrezzati per il campeggio.
Rientrano, inoltre, in tale voce anche i relativi servizi di prenotazione dal momento che in
questa ipotesi il soggetto che fornisce i servizi non svolge una mera attività di intermediazione
ma, di fatto, acquista e rivende (in proprio nome e conto) servizi alberghieri (cfr. ris. min. n.
312/2008).
Non si configura, invece, una prestazione di servizi relativi a beni immobili laddove le
prenotazioni alberghiere vengano realizzate attraverso un sistema a esse riservato sulla rete
Internet (circ. min. n. 36/2010).
Concessione di diritti di utilizzazione di beni immobili
Trattasi di operazioni che si caratterizzano per l’attribuzione al committente di diritti di
utilizzazione dell’immobile, quali locazione, sub-locazione, concessione e sub-concessione (circ.
min. n. 37/2011)
Costituiscono, inoltre, concessione di diritti di utilizzazione di beni immobili i servizi concernenti
la percorrenza di autostrade, con riferimento ai quali viene concesso in uso a un soggetto un
bene immobile, rappresentato dall’autostrada, in cambio del pagamento di un pedaggio.
Non rientrano, invece, in tale fattispecie la costituzione o il trasferimento di diritti reali di
godimento su immobili (per esempio, usufrutto) dal momento che tali operazioni sono da
considerare cessioni di beni e non prestazioni di servizio.
Non costituiscono concessione di diritti di utilizzazione di beni immobili le prestazioni di
deposito merci (circ. min. n. 28/2011).
Al riguardo, occorre, tuttavia, evidenziare che, in virtù di quanto previsto dal regolamento UE
1042/2013 (si veda più compiutamente appresso), costituisce un servizio immobiliare anche il
magazzinaggio di merci con assegnazione di una parte specifica dell’immobile a uso esclusivo
del destinatario.
Tale regolamento estende, pertanto, il campo di applicazione della nozione di “concessione di
diritti di utilizzazione di un bene immobile” anche in talune ipotesi di stoccaggio di beni.
Sulla questione era già intervenuta la Corte di Giustizia della UE, la quale, nella sent. 27
giugno 2013, causa-155/12, aveva affermato che lo stoccaggio di beni può costituire una
operazione rilevante ai fini IVA nel Paese di ubicazione dell’immobile, e, quindi, costituire un
servizio immobiliare, nel caso in cui il servizio di stoccaggio ricevuto costituisca la prestazione
principale di un’operazione unica e il depositante abbia il diritto di utilizzare, in tutto o in parte,
una specifica parte dell’immobile.
Preparazione e coordinamento dell’esecuzione dei lavori immobiliari
Rientrano in tale voce le prestazioni di progettazione, quelle di direzione lavori relative a uno
specifico immobile, nonché quelle relative alla progettazione degli interni e degli arredamenti
fornite da architetti, ingegneri.
Non, invece, i servizi di progettazione che non si riferiscono a immobili specificamente
individuati (circ. min. n. 29/2011), nonché quelli (cfr. circ. min. n. 37/2011) che, sebbene
concernano immobili specificamente individuati, non afferiscono alla preparazione e al
coordinamento dei lavori immobiliari (per esempio: servizi relativi alla predisposizione dell’atto
di vendita di un immobile forniti da un avvocato).
Tuttavia, anche in quest’ultima ipotesi (si veda comunque più avanti), con il regolamento UE
1042/2013 è stato esteso il campo di applicazione di tale voce, prevedendo che debbano
considerarsi inclusi nell’ambito delle prestazioni immobiliari i servizi legali relativi al
trasferimento di proprietà di beni immobili, alla costituzione o al trasferimento di determinati
diritti sui beni immobili o diritti reali su beni immobili (assimilati o meno a beni materiali), quali
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le pratiche notarili, o alla stesura di contratti di compravendita aventi per oggetto la proprietà
di beni immobili, anche qualora la sottostante operazione che dà luogo all’alterazione giuridica
della proprietà non sia portata a compimento.
Le novità del regolamento UE n. 1042/2013
Il regolamento UE n. 1042/2013 ha fornito, per quanto concerne i servizi immobiliari, i
seguenti elementi:
a. criteri utili a individuare l’esistenza di un collegamento rilevante tra servizio e bene
immobile;
b. esempi di operazioni identificate come servizi relativi a beni immobili;
c. esempi di operazioni non identificate come servizi relativi a beni immobili.
Criteri utili a individuare l’esistenza di un collegamento rilevante tra servizio e bene
immobile
Sussiste un collegamento rilevante tra servizio e bene immobile nel caso in cui i servizi forniti
presentano un nesso sufficientemente diretto con i beni immobili.
Quest’ultimo, in particolare, viene a configurarsi con riferimento ai servizi erogati o destinati a
un bene immobile, aventi per oggetto l’alterazione fisica o giuridica di tale bene, nonché nel
caso in cui il bene sia un elemento costitutivo del servizio e sia essenziale e indispensabile per
la sua prestazione.
Esempi di operazioni identificate come servizi relativi a beni immobili
L’art. 31- bis , par. 2, del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011, come modificato dal
regolamento UE n. 1042/2013, elenca una serie di operazioni che, tra le altre, costituiscono
servizi relativi a beni immobili ( tabella 1 ).
TABELLA 1 - Operazioni costituenti servizi immobiliari
a. Elaborazione di planimetrie per un fabbricato o per parti di un fabbricato destinato a un
particolare lotto di terreno, a prescindere dal fatto che il fabbricato sia costruito.
c. Edificazione di un fabbricato sul suolo nonché lavori di costruzione e demolizione effettuati
su un fabbricato o su sue parti.
e. Opere agricole, in particolare servizi agricoli quali il dissodamento, la semina, l’irrigazione e
la concimazione.
g. Valutazione di beni immobili, anche a fini assicurativi, per stabilire il valore di un immobile a
garanzia di un prestito o per stimare eventuali rischi e danni nell’ambito di controversie.
i. Prestazione di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga, quali campi
di vacanza o terreni attrezzati per il campeggio, compreso il diritto di soggiornare in un luogo
determinato risultante dalla conversione di diritti di uso a tempo parziale e di diritti affini.
k. Lavori di manutenzione, ristrutturazione e restauro di fabbricati o di loro parti, compresi
lavori di pulizia e di posa in opera di piastrelle, carta da parati e parquet.
m. Installazione o montaggio di macchinari o attrezzature che, una volta installati o montati,
possano essere considerati beni immobili.
o. Gestione immobiliare diversa dalla gestione del portafoglio di investimenti immobiliari,
consistente nella gestione di beni immobili commerciali, industriali o residenziali da o per conto
del proprietario.
q. Servizi legali relativi al trasferimento di proprietà di beni immobili, alla costituzione o al
trasferimento di determinati diritti sui beni immobili o diritti reali su beni immobili (assimilati o
meno a beni materiali), quali le pratiche notarili, o alla stesura di contratti di compravendita
aventi per oggetto la proprietà di beni immobili, anche qualora la sottostante operazione che
dà luogo all’alterazione giuridica della proprietà non sia portata a compimento.
La messa a disposizione di attrezzature per la realizzazione di lavori su beni immobili
costituisce una prestazione di servizi immobiliare esclusivamente nel caso in cui il fornitore
assume la responsabilità dell’opera, ossia nel caso in cui, oltre alle attrezzature, viene messo a
disposizione del destinatario anche il personale.
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Esempi di operazioni non identificate come servizi relativi a beni immobili - Non
costituiscono, invece, servizi immobiliari le operazioni riportate nellatabella 2 (art. 31- bis ,
par. 3, del reg. n. 282/2011).
1. Elaborazione di planimetrie per fabbricati, o per loro parti, che non siano destinati a un
particolare lotto di terreno.
2. Magazzinaggio di merci in un bene immobile qualora non sia assegnata alcuna parte
specifica
dell’immobile a uso esclusivo del destinatario.
3. Prestazione di servizi pubblicitari, anche se comportano l’uso di beni immobili.
4. Intermediazione nella prestazione di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione
analoga, quali campi di vacanza o terreni attrezzati per il campeggio, qualora l’intermediario
agisca in nome e per conto di un’altra persona.
5. Messa a disposizione di stand in fiere o luoghi d’esposizione, nonché servizi correlati atti a
consentire l’esposizione di prodotti, quali la progettazione dello stand, il trasporto e il
magazzinaggio dei prodotti, la fornitura di macchinari, la posa di cavi, l’assicurazione e la
pubblicità.
6. Installazione o montaggio, manutenzione e riparazione, ispezione o controllo di macchinari o
attrezzature che non siano, o non diventino, parte di beni immobili.
7. Gestione del portafoglio di investimenti immobiliari.
8. Servizi legali in materia di contratti, comprese consulenze sulle clausole di un contratto per
il trasferimento di beni immobili, o consulenze per eseguire un siffatto contratto o dimostrarne
l’esistenza, che non siano specificamente connessi al trasferimento di proprietà di beni
immobili, con esclusione dei servizi legali relativi al trasferimento di proprietà di beni immobili,
alla costituzione o al trasferimento di determinati diritti sui beni immobili o diritti reali su beni
immobili.
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Casi pratici
 Immobili
 Pagamento spese ordinarie e vendita dell'immobile
D. Le spese di manutenzione ordinaria tra vecchio e nuovo proprietario si applicano in base a
quando sono stati eseguiti i vari lavori di manutenzione o quando sono stati pagati.
----R. Si richiede se le spese di manutenzione ordinaria tra vecchio e nuovo proprietario debbano
essere imputate in base al momento dell'esecuzione o al momento in cui i lavori sono stati
pagati.
INQUADRAMENTO NORMATIVO
Il quarto comma dell'art. 63, disp. att., c.c. dispone: Chi subentra nei diritti di un condomino è
obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a
quello precedente. La norma tuttavia non chiarisce se il momento temporale a cui riferirsi per
l'imputazione delle spese sia quello della delibera o quello dell'esecuzione, ovvero ancora
quello del pagamento materiale dell'opera. Invero, in ambito condominiale una determinata
spesa può essere deliberata ma non immediatamente eseguita, deliberata ma non
immediatamente pagata, ovvero deliberata eseguita e pagata immediatamente. Occorre quindi
individuare il momento temporale che divide le competenza tra vecchio e nuovo proprietario,
ovvero il momento in seguito al quale la spesa può essere imputata all'uno o all'altro soggetto.
Occorre anzitutto distinguere tra rapporto esterno e rapporto interno tra i condomini. Invero,
quanto al rapporto esterno, la qualificazione giuridica del debito condominiale quale
obbligazione propter rem determina che il trasferimento dell'immobile produce anche il
trasferimento del debito dal vecchio al nuovo proprietario. Infatti, data la sua natura, il debito
segue l'unità immobiliare e non il suo proprietario. Il momento nel quale poter individuare
l'imputazione della spesa ha quindi rilevanza solo nell'ambito dei rapporti interni fra il vecchio
ed il nuovo proprietario dell'immobile, qualora questi ultimi non abbiano espressamente
determinato contrattualmente tale circostanza.
GIURISPRUDENZA
In merito a tale fattispecie gli argomenti esposti dalla dottrina e dalla giurisprudenza sono stati
numerosi e vari. Si segnala però una recente pronuncia della Corte di Cassazione con la quale
è stato anzitutto chiarito che a tal fine occorre distinguere se la spesa in questione sia di
ordinaria o straordinaria amministrazione. In base a quanto stabilito dalla giurisprudenza di
legittimità, nel caso in cui il precedente ed il nuovo proprietario non abbiano previsto nel
contratto di vendita dell'immobile uno specifico criterio di ripartizione, le spese di ordinaria
amministrazione vanno imputate in base al tempo dell'esecuzione, mentre le spese di
straordinaria amministrazione vanno imputate facendo riferimento alla data della delibera.
(Cfr. Cass. civ, sez. II, sent. n. 8782, del 10 aprile 2013; Cass. 2 maggio 2013 n. 10239).
CONCLUSIONI
Per quanto esposto e considerato, e salvo ulteriori elementi attualmente non conosciuti dallo
scrivente, si ritiene che, in linea generale, qualora il vecchio ed il nuovo proprietario non
abbiano diversamente disposto nello stesso contratto di compravendita, ai fini dell'imputazione
delle spese di manutenzione ordinaria occorre far riferimento al momento in cui i lavori
vengono materialmente eseguiti.
(Raffaele Cusmai, Tecnici24 Risponde, 15 aprile 2014, n. 192)
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
Uso esclusivo della corte
D. Sul contratto di acquisto, il mio appartamento è descritto "con annessa corte in proprietà
esclusiva" e poche righe dopo precisa anche di essere graffato ad altro mappale che
corrisponde a piccolo giardino tergale. Da 10 anni ormai altri condomini continuano a
parcheggiare bici e moto nella mia corte sostenendo che sia "comune" e che io ho male
interpretato il contratto, ovvero che possiedo solo il giardino. Ho verificato che al catasto mi è
attribuita anche quella superficie esterna. Come posso riottenere il mio spazio? Posso liberarla
e mettere un lucchetto alla porta?
----R. Dal contratto di acquisto l'appartamento de quo risulta descritto con annessa corte in
proprietà esclusiva, corrispondente ad un giardino privato. Lo stesso contratto precisa inoltre
che detto immobile risulta essere anche graffato ad altro mappale, che corrisponde ad un
piccolo giardino tergale. I condomini dello stabile utilizzano tale spazio per parcheggiare bici e
moto, presupponendo che lo stesso sia in proprietà comune e non già esclusiva. Tuttavia, si
riferisce che da una verifica al catasto, risulterebbe attribuita alla proprietà del singolo
condomino anche quella superficie esterna. Prima di poter verificare gli strumenti idonei al fine
di ottenere il godimento esclusivo di tale area, occorre però verificare se effettivamente detta
superficie sia da considerare in proprietà comune ovvero in proprietà esclusiva.
INQUADRAMENTO NORMATIVO
Invero, dal quesito rivolto allo scrivente risulta dato soltanto sapere che da una verifica al
catasto risulterebbe essere attribuita alla proprietà del singolo condomino anche quella
superficie esterna, ovvero quella corrispondente al giardino tergale, ma non viene meglio
specificato se tale attribuzione risulti essere a titolo esclusivo, ovvero comunee, quindi,
dell'intero condominio. A tal fine risulta infatti necessario far effettuare una migliore disamina
di tale attribuzione, così come genericamente descritta nel quesito. Occorre infatti rammentare
che il catasto non è probatorio, ovvero la visura catastale non fornisce alcuna prova giuridica
della proprietà di un determinato bene immobile. L'accertamento della proprietà viene invece
effettuato da un Notaio attraverso apposite verifiche da effettuare presso la Conservatoria dei
Registri immobiliari, ora facente parte dell'Agenzia delle Entrate.
CONCLUSIONI
Per i soli elementi dati, non risulta possibile fornire una risposta completa al quesito posto, ciò
in quanto occorre anzitutto verificare l'effettiva proprietà di tale giardino tergale tramite
l'intervento di un professionista, in quanto la proprietà non può essere provata sulla base di
una semplice visura catastale.
(Cusmai Raffaele Tecnici24 Risponde, 18 aprile 2014, n. 202)

Lavori di ristrutturazione - Concetto di "fine lavori"
D. In caso di ristrutturazione totale di edificio con Scia presentata nel 2013 e fine lavori nel
2014, comprendente tra l'altro la sostituzione dei serramenti e il cappotto, lavori entrambi
completati e pagati nel 2013, il termine di 90 giorni per la comunicazione Enea decorre dalla
chiusura lavori nel 2014?
----R. La normativa prevede che la trasmissione all'Enea della documentazione necessaria vada
effettuata entro 90 giorni dalla fine dei lavori.
E' stato chiarito che la fine lavori coincide con il giorno del cosiddetto collaudo.
Quindi, per interventi edilizi che necessitano di una pratica in Comune, questa data è certa
poiché viene consegnato in Comune un documento su cui viene riportata.
Se, al contrario, il tipo di intervento non richiede il collaudo, il contribuente può provare la data
di fine lavori con altra documentazione emessa da chi ha eseguito le opere o dal tecnico che
compila la scheda informativa.
Non è ammessa invece un'autodichiarazione del contribuente resa in sede di autocertificazione.
E' bene specificare che la data da cui scatta il termine dei 90 giorni è la data del collaudo e non
quella del pagamento.
Se il pagamento è effettuato successivamente alla data ufficiale di fine lavori, il termine non
slitta, ma resta sempre fissato a 90 giorni dalla fine lavori.
(Michele Brusaterra La Settimana Fiscale – Quesiti, 9 aprile 2014, n. 14)
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 Locazioni
 APE su contratto affitto negozi
D. Il certificato APE richiamato dalla legge 9/2014 e pubblicato in gazzetta ufficiale 43 del
21/02/2014 è obbligatorio "anche" per i nuovi contratti d'affitto dei negozi?
----R. Viene richiesto se l'Attestato di prestazione energetica (APE) richiamato dalla legge n.
9/2014 sia obbligatorio anche per i nuovi contratti d'affitto di locali commerciali.
INQUADRAMENTO NORMATIVO
La disciplina dell'APE va rinvenuta nell'art. 6, del d.lgs. 19 agosto 2005, n. 192, e successive
modificazioni. Il terzo comma della norma da ultimo richiamata prevede che nei contratti di
compravendita immobiliare, negli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso e nei nuovi
contratti di locazione di edifici o di singole unità immobiliari soggetti a registrazione deve
essere inserita una clausola specifica con la quale il conduttore dichiara di aver ricevuto le
informazioni e la documentazione, comprensiva dell'APE. La stessa norma, così come da ultimo
modificata dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, di conversione del d.l. n. 145/2013 (cd.
Destinazione Italia), altresì dispone che al contratto deve essere allegata la copia dell'APE
tranne nei casi di locazione di singole unità immobiliari. La norma dunque, così come
nuovamente formulata dal legislatore, esclude soltanto l'obbligo di allegazione dell'APE ai
contratti aventi ad oggetto una singola unità immobiliare. Nella sua vecchia formulazione, l'art.
6, c. 3 bis (ora abrogato) disponeva come sanzione per la mancata allegazione dell'APE al
contratto di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di
locazione, la nullità degli stessi contratti. Ad oggi invece, l'art. 6, c. 3, sancisce soltanto che in
caso di omessa dichiarazione o allegazione, se dovuta, le parti sono soggette al pagamento, in
solido ed in parti uguali, della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro
18.000; la sanzione è da euro 1.000 a euro 4.000 per i contratti di locazione di singole unità
immobiliari e, se la durata della locazione non eccede i tre anni, essa e' ridotta alla metà. In
buona sostanza il legislatore ha quindi eliminato l'originaria sanzione della nullità con la
misura, ritenuta più congrua, della sanzione amministrativa. Invero, si evidenzia che anche nel
caso in cui vengano locate singole unità immobiliari, seppur non risulta più previsto l'obbligo di
allegazione del documento al contratto, L'APE deve comunque sussistere in quanto, come
previsto dal richiamato art. 6, il pagamento della sanzione amministrativa non esenta
comunque dall'obbligo di presentare la dichiarazione o la copia dell'attestato di prestazione
energetica entro quarantacinque giorni. L'accertamento e la contestazione della violazione
sono svolti dalla Guardia di Finanza o, all'atto della registrazione di uno dei contratti previsti
dal presente comma, dall'Agenzia delle Entrate, ai fini dell'ulteriore corso del procedimento
sanzionatorio ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
CONCLUSIONI
Per quanto esposto e salvo ulteriori elementi non rinvenibili dai soli dati posti nel quesito si
ritiene che, in base all'attuale normativa, la locazione di una singola unità immobiliare, esenti
soltanto dall'allegazione dell'APE al contratto ma, al di fuori degli obblighi di informazione e
consegna, non viene comunque meno il dovere del proprietario di dotare il proprio immobile
dell'APE, che continua ad essere obbligatorio ex art. 6, del d.lgs. n. 192/2005.
(Cusmai Raffaele Tecnici24 Risponde, 11 aprile 2014, n. 189)

Sentenza n. 50 / 2014 della Corte Costituzionale
D. A seguito della suddetta sentenza, come si deve comportare il proprietario che si trova con
un contratto di afitto 4+4 anni, con canone pari a tre volte la rendita catastale?
----R. Viene richiesto quali siano gli effetti derivanti dalla recente sentenza della Corte
Costituzionale n. 50/2014 per il proprietario che si ritrova con un contratto di affitto 4+4, con
canone pari a tre volte la rendita catastale.
INQUADRAMENTO NORMATIVO
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Con la recente sentenza n. 50/2014 la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
dell'art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23/2011. L'ottavo comma dell'art. 3 richiamato disponeva
che ai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo comunque stipulati che non siano stati
registrati entro il termine stabilito per legge la durata della locazione era stabilita in quattro
anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio. Invero, in base a tale
normativa la registrazione poteva essere effettuata a cura sia dell'inquilino che da parte dei
funzionari del Fisco o della Guardia di Finanza. Detto periodo risultava inoltre rinnovabile per
ulteriori quattro anni, in base a quanto disposto dall'art. 2, c. 1, della legge n. 431 del 1998. La
lettera c) del richiamato ottavo comma disponeva inoltre e soprattutto che a decorrere dalla
data di registrazione del contratto il canone di locazione annuo era fissato in in misura pari al
triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento
dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai.
Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.
Sostanzialmente quindi, l'inquilino poteva beneficiare di un canone generalmente del 70-80%
inferiore rispetto ai valori di mercato. Il nono comma dell'art. 3 richiamato estendeva tale
disciplina sanzionatoria anche nei casi in cui nel contratto di locazione registrato fosse stato
indicato un importo inferiore a quello effettivo e qualora fosse stato registrato un contratto di
comodato fittizio. Come noto, le pronunce della Corte Costituzionale hanno effetto anche per il
passato e pertanto, anche i contratti stipulati in base alla richiamata disciplina sono destinati a
cadere insieme alla normativa che li prevedeva. I rispettivi proprietari potranno quindi chiedere
agli inquilini di liberare l'abitazione. Resta peraltro ancora aperta l'ulteriore circostanza che,
stante la caducazione del contratto stipulato ex lege, il proprietario avrebbe anche diritto ad
un'indennità per l'arricchimento senza causa dell'inquilino che nel frattempo ha beneficiato di
tali condizioni contrattuali. Tuttavia, per tale ultimo aspetto, risulterà necessario attendere gli
ulteriori chiarimenti che il Governo esporrà in merito.
CONCLUSIONI
Per quanto esposto e considerato, e salvo ulteriori elementi allo stato non conosciuti dallo
scrivente, si ritiene che i contratti stipulati in base all'art. 3 del d.lgs. n. 23/2011 siano da
considerare come se non fossero mai stati sottoscritti.
(Raffaele Cusmai Tecnici24 Risponde, 3 aprile 2014, n. 176)
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