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Sommario
Editoriale
Un autunno un po’ diverso
Clima incandescente ed ancora punti interrogativi.
Antonio Battista*
Come ogni autunno il dibattito sulla Finanziaria tiene banco.
Questa volta però c’è una differenza non di poco conto rispetto agli altri
anni.
Per decenni la manovra era fondamentalmente costituita dai cosiddetti tagli e il confronto, o meglio lo scontro, si incentrava su cosa e di quanto ridurre
le assegnazioni precedenti.
Oggi si discute a cosa e in che misura destinare le risorse maggiormente disponibili per effetto delle aumentate entrate per lo Stato degli ultimi mesi.
Come era facile prevedere, da più parti sono pervenute al Governo richieste circa la destinazione di maggiori risorse finanziarie a quei settori i cui interessi si intende tutelare.
Peraltro, molte delle suddette richieste sono fondate: come dare torto a chi
si batte per l’innalzamento delle pensioni minime, a chi auspica sgravi fiscali
per le imprese per favorire la competitività, a chi ritiene eccessiva la pressione
fiscale per i lavoratori o a chi vuole potenziare i servizi pubblici che non soddisfano in tutto o in parte i bisogni dei cittadini?
Ovviamente non si possono accontentare tutti, anche in considerazione
degli impegni internazionali dell’Italia in campo economico e finanziario.
Fatto sta che il clima istituzionale e politico è diventato incandescente
tanto da mettere a serio rischio la tenuta del Governo Prodi.
Le Regioni, dal canto loro, sono le Istituzioni che hanno mostrato la maggiore condivisione rispetto al disegno di legge finanziaria, apprezzando la
disponibilità del Governo al confronto continuo, pur sollevando critiche anche
severe, in particolare in tema di patto di stabilità interno.
Per quanto riguarda la Sanità, viene richiesto un preciso impegno per sostenere il “Patto per la Salute” sottoscritto lo scorso anno, anche rivalutando il finanziamento programmato, non solo in base agli incrementi del PIL,
ma anche per effetto dell’impegno assunto dal Governo di aumentare le
assegnazioni alle Regioni di 2 miliardi.
Restano aperte le questioni relative al ticket abolito nel 2007, ma che torna
in vigore nel 2008, alla richiesta di almeno 2.5 miliardi per investimenti, alle
risorse per la non autosufficienza e non ultima alla copertura degli oneri
contrattuali.
Il Ministro Turco si dichiara, in linea di massima, d’accordo, ma dovrà
fare i conti col Ministro dell’Economia e con le aspettative degli altri suoi
colleghi di governo.
A complicare le cose è intervenuta la richiesta delle parti sociali di rivedere
l’Accordo sul Welfare.
Staremo a vedere come va a finire…
* Direttore Scientifico
Tholos Editrice s.r.l. -Via Ungaretti n.c. - Alberobello (Ba)
tel.080.4323449
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€ Editoriale
• Un autunno un po’ diverso
A. Battista
pag. 1
• Intervista al D.G., Guido Scoditti
pag. 2
• Prevenzione e papillomavirus
G. Grassi
pag. 6
• Il Libro / Epidemiologia Manageriale
S. Lorusso
pag. 7
€ Obiettivo: salute per tutti
pag. 8
• Lo stato della popolazione pugliese
S. Lorusso
pag. 11
• Alcol ed incidenti stradali
M. Giordano
pag. 14
• Formazione dei futuri pediatri negli
studi medici / R. Piazzolla
pag. 16
• Farmaci antiblastici e Rischio Clinico
C. Luisi, M. Lattarulo
pag. 20
• Consiglio Regionale / Abolizione libretto di idoneità sanitaria
pag. 26
• Il contributo del volontariato
infermieristico nelle maxi emergenze
R. Capotosto, ed altri
pag. 34
• L’ospedale l’aereoporto
L. Cosentino
pag. 36
• Informazione scientifica del farmaco:
il regolamento regionale
pag. 38
• La Carta Europea dei diritti del Malato
pag. 42
• La sicurezza alla guida nel trasporto
professionale delle merci
pag. 48
€ Organizzazione aree tecniche pag. 52
• Sanità / Legge n.25/07 seconda variazione Bilancio di previsione 2007
pag. 58
• Il merito e il governo clinico
R. Francavilla
pag. 60
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Anno 115
5 ° n. 91
Reg. Trib. Bari
7
2007
- Settembre - ottobre 200
n. 1062 del 23-9-1991
Direttore Editoriale Mino Grassi
Direttore Responsabile Enzo Lorusso
Direttore Scientifico Antonio Battista
Copertina e Grafica: CREATTIVA
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TuttoSanità possono essere ripresi citando la fonte.
Chiuso in Tipografia il 29 Ottobre 2007
Questo periodico è associato
all’Unione Stampa Periodica Italiana
n. 91 Settembre-Ottobre 2007 ..........................................................................................................................................
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Aziende
Ospedale e territorio al centro
della proposta di Piano della Salute
Intervista al Direttore Generale dell’ASL BR, Guido Scoditti
Stefania Lorusso
D. Cosa prevede sinteticamente la proposta di Piano della Salute elaborata dalla ASL BR?
R. La metodologia generale di pianificazione del Piano Regionale della
Salute prevede che le Direzioni Aziendali
definiscano sia la articolazione dei posti letto della rete ospedaliera sulla base
delle indicazioni epidemiologiche fornite dalla Regione, sia la architettura
dei servizi di assistenza primaria sul territorio, a partire dalle forme più semplici (es. studi dei Medici Medicina Generale), per poi passare a forme a complessità intermedia (es. Poliambulatori
distrettuali) fino alle forme con maggiore strutturazione (es. associazioni complesse).
Pertanto, lo sforzo prodotto dalla ASL
di Brindisi ha inteso innanzitutto rispondere a questa duplice esigenza di pianificazione mediante le seguenti azioni:
1. articolare la rete ospedaliera in
un modello coerente con la impostazione
del Piano, cioè prevedendo ospedali di
primo livello sedi di Pronto Soccorso attivo, quali Ceglie Messapica, Mesagne
e San Pietro Vernotico (di questi due ultimi si è anche proposta la fusione in un
unico P.O. previa disarticolazione dal
P.O. di Brindisi), ospedali di livello intermedio sedi di DEU I livello, quali
Francavilla Fontana (a presidio dell’area jonico-salentina) e OstuniFasano, fusi nel nuovo Ospedale “Brindisi nord” (a presidio dell’area nord
della Provincia di Brindisi), un ospedale di riferimento sede di DEU II livello
quale il P.O. “Perrino” di Brindisi. La
proposta della ASL prevede, in particolare, il rafforzamento del Centro Grandi
Ustionati e Chirurgia Plastica, la nasci-
2
ta di Cardiochirurgia, la conferma del
Presidio riabilitativo di alta specialità
di Ceglie Messapica;
2. definire e strutturare la rete di assistenza primaria sul territorio, indicando per ogni Distretto il livello di copertura assistenziale dei Medici di Medicina Generale, Pediatri di libera scelta,
delle loro forme associative semplici e
complesse, la offerta di specialità ambulatoriali con le relative dotazioni tecnologiche, nonché i livelli di integrazione
socio-sanitaria necessari alla presa in
carico del Cittadino finalizzata alla attuazione dei percorsi assistenziali integrati, come ad esempio la assistenza
domiciliare oppure il ricovero in strutture residenziali.
Oltre a queste esigenze preliminari,
la proposta di Piano della Salute della
ASL Brindisi ha interessato altre aree
assistenziali, quali la prevenzione, i ser-
vizi sovra-distrettuali a tutela della salute mentale e delle dipendenze patologiche, la riabilitazione, la tutela della
salute dei lavoratori in una area particolarmente a rischio come quella di
Brindisi.
Particolare attenzione è stata riservata alle aree tematiche prioritarie proposte dalla Regione Puglia, quali la differenza di genere (con la predisposizione
di proposte specifiche per la salute della donna e del bambino), la tutela dei
soggetti deboli (ad esempio con la elaborazione di progetti dedicati ai pazienti
affetti da m. di Alzheimer), la funzionalità dei servizi (perseguita con la
sperimentazione sulle Porte Uniche di
Accesso), i rapporti tra operatori e servizi (attraverso lo sviluppo di tutte le
esperienze volte ad assicurare informazione, accoglienza, tutela e partecipazione del cittadino/utente).
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D. La ASL BR ha avviato nel mese di
luglio una fase di consultazione con i cittadini che ha visto un incontro con il Comitato consultivo misto che raggruppa,
com’è noto, le associazioni di volontariato.
Successivamente la proposta del Piano
della salute ASL è stata messa on line
sul sito Internet dell’Azienda al fine di
consentire a tutti i cittadini di fornire
eventuali contributi e proposte. Cosa ne
è venuto fuori?
R. Nel luglio di quest’anno ho incontrato i rappresentanti del Comitato
Consultivo Misto per presentare il Piano di Salute dell’ ASL BR, in cui l’Azienda ha illustrato i propri impegni e programmi, sottoponendoli all’attenzione
delle varie Associazioni di Volontariato
al fine di cogliere eventuali contributi
e proposte.
Il documento al momento è
consultabile sul sito Internet dell’azienda ed ha lo scopo di consentire a tutti i
cittadini e a tutti gli operatori la definizione di obiettivi e strategie condivise attraverso una partecipazione di ampio raggio.
Tra gli impegni principali assunti
dall’Azienda anche in risposta alle carenze sottolineate dal Comitato
Consultivo Misto, sono previste alcune
delle azioni descritte nel punto precedete, quali il potenziamento dei servizi territoriali e dell’assistenza domiciliare;
progetti relativi alla realizzazione di
apposite strutture residenziali per accogliere i pazienti effetti da Alzheimer, un
“hospice” per i malati terminali ed un
Centro per il “risveglio” dal coma vigile. L’Azienda è inoltre impegnata in un
continuo percorso di formazione ed addestramento del personale sulle
tematiche dell’accoglienza e dell’umanizzazione al fine di innalzare la
qualità complessiva dei servizi per garantire un’assistenza sempre più efficace ed efficiente.
Le Associazioni di Volontariato,
dopo aver elogiato l’iniziativa della
Regione Puglia in quanto fortemente
coinvolgente e partecipativa nella definizione del Piano Regionale di Salute,
hanno evidenziato a loro volta
problematiche e bisogni ancora persistenti, tra cui in particolare programmi
di prevenzione poco incisivi e la
frammentazione dei servizi territoriali,
da cui deriva una insufficiente risposta
ai bisogni dell’assistenza domiciliare.
Un ulteriore accento è stato posto sul
tema dei lunghi tempi di attesa.
Con queste criticità ci misuriamo
continuamente, consapevoli che comunque alcuni passi avanti, anche notevoli
(soprattutto a proposito dei tempi di attesa), sono stati compiuti negli ultimi due
anni.
D. Sempre in tema di diritti dei cittadini la ASL BR è andata avanti nella realizzazione del progetto regionale “Audit
civico” con la collaborazione di Cittadinanza attiva -Tribunale del Malato. Sono
stati raccolti ed elaborati diversi questionari e osservazioni relativi al funzionamento dei servizi ospedalieri. Com’è stata strutturata l’iniziativa e quali
risultanze sono emerse?
R. La ASL BR ha aderito al progetto
regionale “Audit Civico” gestito da Cittadinanza attiva- Tribunale del Malato
di Brindisi in stretta collaborazione con
l’Ufficio Relazioni con il Pubblico e con
le associazioni di volontariato: AISM,
ACLI, ANTEAS, AUSER, L’Arca, Medici-
na Democratica e Centro Studi “Don
Luigi Sturzo”. Il progetto è nato dall’esigenza di sperimentare forme innovative
di coinvolgimento dei cittadini nel riorientamento delle politiche per la salute per cui si è inteso, ai fini del
monitoraggio, individuare le seguenti
strutture ed unità operative: il P.O.
“A.Perrino” di Brindisi con i relativi
poliambulatori, i poliambulatori del
Distretto Socio-Sanitario di Brindisi e
il Servizio per le tossicodipendenze di
Francavilla Fontana.
Per la rilevazione dei dati, l’Audit
Civico ha utilizzato come strumento di
indagine dei questionari volti a
monitorare la qualità dell’assistenza e
delle cure, ponendo l’accento sul “punto di vista dei cittadini” al fine di verificare la rispondenza delle organizzazioni sanitarie al principio della
“centralità” dell’individuo.
L’analisi dei dati ha evidenziato
criticità a livello di manutenzione della
struttura con particolare riferimento ai
servizi igienici per gli utenti e per i degenti, su cui l’Azienda si è comunque attivata per intervenire con gli opportuni
correttivi il prima possibile.
Da implementare sono, invece, i punti di distribuzione per bevande ed alimenti, (poichè l’unico bar esistente è
ubicato al primo piano e non puo’ per-
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tanto far fronte alla fascia di utenza distribuita sui dieci piani dell’intera struttura) e gli spazi di aree di socializzazione e ricreazione destinate agli utenti. Da potenziare sono anche le informazioni che disciplinano e regolano le
modalità di ingresso e di ricevimento,
come le norme di comportamento a favore di utenti e familiari.
Unanime è stato il giudizio positivo espresso riguardo l’organizzazione della Divisione di Pediatria in
quanto lodevole è stata definita la
gestione dei pazienti ( anche di quelli
ad alta intensità di cura), essendo
questo fornito di attrezzature tecnologiche all’avanguardia.
Sarà premura di questa Azienda continuare ad ottimizzare le risorse umane
e la comunicazione interna ed esterna,
per promuovere la consapevolezza dei
diritti e doveri dei cittadini e facilitare
il loro accesso ai servizi sanitari: questa
strategia ha l’ intento di coinvolgere e
di rendere partecipi gli utenti affinché
possano divenire i principali promotori
di un continuo processo di miglioramento del funzionamento aziendale.
D. Un’iniziativa interessante sul piano dell’assistenza domiciliare ha riguardato nei mesi scorsi il servizio di prelievo del sangue a domicilio nei casi in cui
il cittadino è impossibilitato a recarsi
presso le strutture della ASL, previa
certificazione del medico di base. Il servizio è ancora attivo e che riscontri ha
dato?
R. Il servizio di prelievo del sangue a
domicilio è regolarmente erogato in tutto il territorio aziendale nell’ambito delle prestazioni di assistenza domiciliare
generale ed oncologica; esso continua
ad avere un riscontro estremamente positivo, in quanto completa l’offerta assistenziale permettendo di risolvere problemi logistici non secondari quali il trasporto delle provette al Centro Prelievi
di riferimento, la gestione delle procedure di prenotazione, accettazione e ritiro del referto di laboratorio.
In un prossimo futuro, tale prestazione sarà associata ad altre prestazioni di
4
assistenza domiciliare attualmente non
ancora contemplate, come il trasporto
del paziente allettato dal domicilio per
la esecuzione di indagini strumentali
radiologiche, la visita domiciliare di
specialisti richiesti dal Medico di Medicina Generale, l’utilizzo di tecnologie in
“telemedicina” come la elettrocardiografia e la spirometria domiciliari, la gestione di terapie ad elevata
complessità assistenziale che comportino anche più di un accesso infermieristico al giorno.
Tutto questo, ed altro ancora, è previsto dal modello organizzativo del nuovo servizio di assistenza domiciliare contenuto nel disciplinare della gara, attualmente in corso di espletamento, al
termine della quale la ASL Brindisi individuerà il “partner” privato con cui
co-gestirà il servizio.
D. Recentemente la ASL BR ha partecipato alla VII Conferenza
interregionale italo-albanese svoltasi a
Tirana che quest’anno ha trattato argomenti relativi alla emergenza urgenza
in pediatria. Cosa ne è venuto fuori e cosa
si prevede per il futuro per quel che riguarda la collaborazione con il Paese
trans-frontaliero?
R. La ASL Brindisi ha partecipato a
diverse iniziative di cooperazione con
l’Albania, in particolare nel settore della emergenza pediatrica.
La delegazione della ASL, recatasi a Tirana e a Valona, ha potuto constatare le condizioni di estrema difficoltà in cui si dibatte la assistenza
pediatrica albanese, condizionata
anche dal pessimo livello delle infrastrutture che rende difficoltoso il trasferimento dei pazienti verso l’unico
centro relativamente attrezzato per la
rianimazione neonatale, che si trova
a Tirana. In particolare, il sud dell’Albania soffre di grosse difficoltà strutturali ed infrastrutturali, oltre che di
carenza dei supporti tecnologici necessari.
Per questo motivo, la ASL Brindisi
andrà incontro a tali difficoltà ad esempio mediante la donazione di incubatrici da trasporto all’Ospedale di Valona.
Inoltre, saranno organizzati soggiorni
di pediatri albanesi presso le nostre strutture, allo scopo di sviluppare la cooperazione, la formazione e l’aggiornamento continui. Infine, un punto di forza riscontrato in Albania é stata la grande
determinazione degli operatori sanitari
del luogo, molti dei quali si sono specializzati in Pediatria all’Università di Bari,
e con i quali quindi il dialogo risulta
ben avviato.
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Prevenzione
Anche a Bari la campagna di
prevenzione contro il papillomavirus
L’iniziativa si incrocia con la proposta di legge in materia di trattamento del tumore dell’utero
Gero Grassi *
Il 18 settembre scorso è stata presentata la prima campagna d’informazione sulla prevenzione delle patologie da
Papillomavirus umano promossa dalla
Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO).
Il progetto “UNITI CONTRO IL
PAPILLOMAVIRUS” è rivolto agli studenti delle scuole secondarie superiori di dieci città italiane tra cui anche la città di Bari.
Il calendario degli appuntamenti prevede la presenza a Bari degli esperti della
SIGO nei giorni 5-6-7 Dicembre 2007.
Agiranno nei Licei “Flacco”,
“Socrate”, “A. Scacchi”, “Fermi”,
“Salvemini”, “G. de Nittis”- Istituto d’Arte “Pino Pascali”; ex Istituto e scuola magistrale “G. Bianchi Dottula”; Istituti Tecnici Commerciali “Calamandrei” – “Giulio
Cesare” – “Guglielmo Marconi”.
Il campione totale degli alunni a cui
è rivolto questo progetto è di 5.000 studenti ripartiti in 72 licei e istituti superiori italiani.
La scelta di rivolgere la proposta alle
scuole deriva dalla constatazione che il
virus è spesso trasmesso in età
adolescenziale attraverso i primi rapporti
sessuali, pertanto un intervento preventivo a partire dai 16 anni risulta significativo per evitare la contrazione delle malattie sessualmente trasmesse, in particolare i rischi derivanti dalla contrazione del
papilloma virus e la protezione dai
condilomi genitali che riguardano indistintamente ragazze e ragazzi.
Il gruppo degli esperti che dall’8 Ottobre 2007 sarà presente nelle scuole italiane è composto da ginecologi della
SIGO, con esperienza nel campo della pre-
6
venzione.
Il progetto prevede una serie di incontri formativi dei ragazzi con i ginecologi.Al
termine della lezione di formazione verrà
somministrato un questionario per valutare il grado di comprensione sui temi trattati.
Tale percorso formativo si pone come
obiettivo la conoscenza di tutti i rischi che
una non protetta attività sessuale può
provocare e in particolare informa le ragazze e le donne sulla possibilità di prevenire il Papillomavirus con il vaccino che
da Gennaio 2008 sarà obbligatorio per tutte
le ragazze di dodici anni.
Inoltre la conoscenza delle conseguenze che tale virus può arrecare, facilita la diagnosi precoce dell’infezione che
ne deriva, consentendo di aggredire il tumore già nella fase della sua insorgenza
con elevate possibilità di azzerarne il tasso di mortalità.
A Gennaio 2007 è stata presentata la
P.d.L. n. 2173 “Disposizioni in materia di
trattamento del tumore dell’utero” che
mi vede sottoscrittore insieme all’on. Bianchi e ad altri parlamentari.
La proposta prevede l’obbligo della
somministrazione del vaccino contro il
Papillomavirus alla ragazze di dodici anni
e propone di far rientrare tale vaccinazione nei L.E.A. (Livelli Minimi di Assistenza) in modo da uniformare l’applicazione
delle norme di prevenzione in tutta Italia,
visto che risulta che nelle regioni del Sud,
solo il 30% delle donne beneficia di programmi pubblici di screening.
La vaccinazione per le ragazze di 12
anni contro il Papillomavirus è stata già
intrapresa da alcune Regioni Italiane ed
entro il 1° Gennaio 2008 deve essere dif-
fusa in tutte le Regioni italiane grazie ad
un provvedimento del Ministro Turco.
Nella giornata di presentazione del
progetto “UNITI CONTRO IL
PAPILLOMAVIRUS” si è voluto dare un
forte segnale di attenzione alla prevenzione da parte del Governo Prodi in
sinergia con il Ministero della Salute e il
Ministero della Pubblica Istruzione che
ha inserito questo progetto in un “Piano
nazionale di benessere dello studente”
che si attuerà nei prossimi mesi.
La campagna informativa diventava
necessaria per ridimensionare i dati in
base ai quali si attribuisce al cancro al collo
dell’utero la seconda causa di morte per
tumore tra le giovani donne di età compresa tra i 15 e i 44 anni. Le infezioni più
gravi comportano ogni anno il contagio
di 3.500 donne e la morte di 1.700, 5 decessi al giorno.
La partecipazione a questo progetto
di alcune scuole medie superiori di Bari è
finalizzata a fare in modo che questa
sperimentazione possa diventare un solido punto di riferimento per le giovani donne e uomini molto spesso in pericolo per
assenza di conoscenza indipendentemente dalla propria collocazione geografica.
Avendo partecipato, quale relatore,
alla giornata di presentazione del progetto “Uniti contro il Papillomavirus”, ritengo di poter affermare che l’attenzione che
da tempo il Ministero della Salute sta dedicando alla prevenzione delle varie malattie raggiunge obiettivi concreti.
* Deputato Ulivo - Responsabile Nazionale
Sanità Margherita
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Pubblicazioni
L’epidemiologia manageriale, una disciplina
che intercetta i reali bisogni di salute della popolazione
Stefania Lorusso
I bisogni di natura sanitaria da soddisfare sono gli
input al Servizio sanitario
che provengono dalla popolazione di riferimento.
Lo stesso Servizio sanitario provvede a selezionarli e a mettere a punto una risposta adeguata, sul piano
diagnostico, terapeutico e
preventivo, in modo da soddisfarli in modo efficace, efficiente, equo e socialmente
compatibile.
Esso, infine, valuta i relativi effetti dal punto di vista medico e del paziente e
si basa su questa valutazione per calibrare in maniera
più mirata gli interventi successivi.
È questo il concetto sui
cui ruota il manuale realizzato da Antonio Battista,
dirigente sanitario dell'Ares
Puglia, e da Giovanni Misciagna, Direttore del Laboratorio di Epidemiologia e
Biostatistica dell'IRCCS "S. De
Bellis"di Castellana Grotte, incentrato sul tema "Introduzione alla Epidemiologia manageriale", edito dalla
Tholos Editrice di Alberobello.
Il lavoro si rivolge ai dirigenti/manager dei servizi sanitari e in generale ai
professionisti, medici e non, che devono prendere decisioni nelle organizzazioni sanitarie e vogliono supportarle
con un'informazione adeguata. Quindi
al centro dell'attenzione degli autori
l'epidemiologia dei servizi sanitari; gli
effetti di questi ultimi sulla popolazione che devono servire e che giustifica
la loro esistenza.
Il manuale, quindi, analizza in dettaglio le metodologie attraverso le
quali l'uso della epidemiologia sanitaria consente di individuare i bisogni
di salute della popolazione; di valutare l'efficacia degli interventi diagnostici, terapeutici e preventivi conseguentemente posti in essere; di fare
valutazioni di outcome, con gli strumenti per la valutazione degli inter-
venti del servizio, sia dal punto
di vista del medico che di quello
del paziente.
L'appendice riporta alcune
indicazioni su come realizzare un
Laboratorio di Epidemiologia
manageriale, di ASL o di presidio ospedaliero.
Il lavoro di Battista e Misciagna va ad affiancare (quasi in
termini complementari) gli altri
manuali esistenti che, però, trattano la epidemiologia dal punto
di vista classico: individuare i
determinanti della storia naturale delle malattie, concentrata su
alcune tipologie più diffuse
(cardiovascolari, neoplastiche,
neurologiche) e su quelle di
esposizione (agenti infettivi,
comportamenti, tossici ambientali ed occupazionali).
Un ulteriore utile contributo,
quindi, a beneficio dei manager
che intendono modulare i servizi sanitari sulla popolazione di
riferimento, avvalendosi delle
indispensabili informazioni epidemiologiche, per intercettarne i reali
bisogni di salute.
Concetto quest'ultimo più volte
sottolineato nel corso della presentazione ufficiale del testo che ha avuto
luogo a Bari 12 ottobre scorso.
Hanno partecipato, oltre agli autori, l'Assessore regionale alle politiche
della salute, Alberto Tedesco, il Commissario straordinario dell'ASL BA,
Lea Cosentino e gli Ordinari di igiene
dell'Università di Bari, Salvatore Barbuti e Giovanni Rizzo.
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Politiche internazionali
“Salute per tutti, un obiettivo possibile”
Un’importante assise voluta dal Forum Difesa Salute e dal People Health Movement
“Salute per tutti, un obiettivo possibile” è il tema di un convegno svoltosi
recentemente a Bari, voluto fortemente dal
dr. Edoardo Bai, del Forum Difesa Salute,
e dal dr. Sunil Deepak, del PHM (People
Health Movement) per esaminare in maniera organica il tema del diritto alla salute, perseguibile solo attraverso approcci
complementari fra loro, quali la formulazione di politiche sanitarie, l'implementazione di programmi sulla salute sviluppati
dalla Organizzazione Mondiale di Sanità
(OMS), o l'adozione di specifici strumenti
legali.
L’evento organizzato dal Forum della
Salute di Milano e dal People Health
Movement, ha visto il patrocinio dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale e
dell’Ares, l’Agenzia Sanitaria della Regione Puglia e la partecipazione di 8 ONG
(Organizzazioni non governative).
Il Forum Sociale Mondiale e il PHM
hanno recentemente stretto un patto
d’azione, che ha permesso la realizzazione del forum mondiale di Nairobi, nel corso del quale la Salute è stata al centro del
dibattito; si è trattato di una tappa della
campagna mondiale su “I diritti umani e
Salute” che il PHM ha lanciato nel 2005.
La campagna si basa sull’assunto che
il diritto alla Salute è un diritto umano
fondamentale, e che gli Stati hanno il
dovere di assicurare il più alto standard
di cure possibili, in accordo con la carta
dell’ONU dei diritti umani e con il Commento Generale 14 che ne declina il significato nel campo della salute.
Si tratta quindi, di verificare e denunciare le violazioni dei diritti umani nel campo della Salute, che non comprendono,
soltanto il diritto alle cure, ma anche il diritto ai cosiddetti determinanti della salute, quali la casa , il lavoro, un ambiente
8
L’importante convegno tenutosi di
recente a Bari ha gettato le basi per
l’istituzione dell’Osservatorio Permanente sulla violazione dei diritti umani nel campo della Salute.
sano, la pace, ecc.
Il dr. Roberto Polillo, della Segreteria
del Ministero della Salute, ha affrontato il
tema molto delicato delle diseguaglianze
nel campo della Salute.
Le diseguaglanze sono sia fra un paese e l’altro, che fra una regione e l’altra
dello stesso paese; un indice significativo è la speranza di vita, che varia da un
minimo di 34 anni nella Sierra Leone ad un
massimo di 81,9 anni in Giappone.
In Italia, le differenze sono ovviamente minori, ma ugualmente significative; ad
esempio fra Emilia Romagna e Campania,
esiste una differenza di tre anni per gli
uomini e due per le donne. Nel centro
nord la mortalità infantile è al 5,7 per mille, al sud l’8,7.
Alcuni studi, come quello di Torino
(G. Costa) dimostrano che la speranza di
vita è influenzata dal lavoro (i disoccupati vivono meno a lungo), dal titolo di studio, dal livello di benessere.
Vi sono diverse teorie sulla interpretazione del rapporto fra determinanti e
Salute, come la teoria del ‘corso di vita’ e
quella neo-materialista.
Il dibattito sulla Salute e i suoi determinanti può essere fatto risalire alla riforma
sanitaria del ‘78 e ai movimenti che la precedettero, e cioè al movimento del ‘68, con
le grandi questioni della salute in fabbrica,
ad opera di Maccacaro, fondatore di Medicina Democratica, e all’opera di Basaglia
nel campo della malattia mentale.
Sul piano istituzionale va notato
come, il piano triennale 1998-2000, che si
poneva l’obiettivo di combattere le
diseguaglianze attraverso il raggiungimento di precisi obiettivi di tipo
quantitativo, i successivi piani, cambiano approccio, considerando le diseguaglianze come condizione limitata a
gruppi svantaggiati, come gli immigrati o
gli emarginati.
Negli altri paesi europei si è scelto un
approccio multisettoriale, in considerazione della genesi multifattoriale delle
diseguaglianze; il nostro paese si differenzia per la mancanza di tali politiche di
intervento.
Occorrerà quindi contrarre un nuovo
patto per la salute, verso un unico grande
obiettivo: ridefinire modi e forme del sistema, perché esso sia finalmente orientato verso i bisogni e le esigenze dei cittadini. Analogamente, dovrà essere sottoscritto un patto strategico nazionale
contro le diseguaglianze.
Il dr. Sunil Deepack, PHM, rappresenta un esempio di democrazia
partecipativa mondiale, che vuole dialogare con le istituzioni mondiali e nazionali, per far valere il punto di vista dei più
deboli.
Il suo interlocutore privilegiato è l’Organizzazione Mondiale della Sanità
(O.M.S.).
La ineguaglianza, la povertà, lo sfruttamento, la violenza e l’ingiustizia sono le
radici della mancanza di Salute della gente povera ed emarginata.
La campagna sui diritti umani, chiede
di promuovere politiche sanitarie contro
le diseguaglianze e di realizzare il diritto
alla salute.
Quando viene individuata una violazione si attuano le seguenti strategie:
- naming and shaming (nominare e
vergognare), campagne di sensibilizzazione,
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raccolta firme, lettere di protesta;
- fissare benchmark, ovvero identificare indicatori di attività, valutare l’impatto
e infine ricorrere ai tribunali
Deepak ha elencato alcuni esempi di
azioni portate avanti dal PHM:
- Nel Sudafrica il trattamento con
Nevirapine per l’HIV era disponibile solo
in due centri di ricerca. Un tribunale ha
stabilito l’obbligo dello Stato di rendere
disponibile il trattamento a chiunque ne
avesse bisogno.
- Causa contro il governo di Ungheria: una donna nomade, nel corso di un
parto cesareo con feto morto, è stata sterilizzata. Il tribunale ha obbligato il pagamento dei danni perché alla donna era stato fatto firmare il consenso informato, in
una lingua a lei incomprensibile.
- Causa contro il governo del Brasile:
la Commissione Interamericana ha dato
ragione agli indigeni Yanomami, il cui
ecosistema poteva essere danneggiato
dalla costruzione di una autostrada. Il
governo del Brasile è stato obbligato a
provvedere a spazi alternativi e a misure
protettive.
Purtroppo, anche dopo giudizi positivi, non sempre le sentenze vengono applicate; per questo motivo il PHM è interessato alla realizzazione di un osservatorio permanente.
Il dr. Domenico Martinelli, dell’Osservatorio Epidemiologico della Regione
Puglia, ha fatto un excursus della legislazione italiana, riguardante i diritti umani
dei migranti.
Gli stranieri che entrano, a qualsiasi titolo, in Italia, hanno diritto all’assistenza
sanitaria; essi sono divisi in tre categorie:
- Quelli iscritti al SSN
- Quelli non iscritti al SSN
- Quelli che entrano in Italia per motivi
di cura.
Chi soggiorna in Italia per motivi di
lavoro, o chi ha chiesto asilo politico o
umanitario, oltre a chi è in attesa di certificato di cittadinanza, ha diritto all’iscrizione obbligatoria al SSN.
Chi è in Italia per motivi di studio, le
badanti, il personale religioso, può iscriversi al SSN, volontariamente. Ovviamen-
te, la stipula della convenzione comporta
il pagamento di una polizza assicurativa.
A chi non è iscritto al SSN, vengono
garantite le cure di urgenza (ossia quelle
prestazioni che non possono essere differite, senza pericolo di vita o danno permanente alla salute) e quelle prestazioni
del SSN, previo pagamento delle relative
tariffe.
A coloro che non sono in regola col
permesso di soggiorno vengono assicurate le cure urgenti o comunque essenziali e gli interventi di medicina preventiva a
tutela della salute pubblica.
Le prestazioni sanitarie erogate ad un
clandestino, non comportano alcun obbligo di segnalazione all’autorità
giudiziaria.
La Regione Puglia ha messo a punto
un piano degli interventi in favore degli
immigrati, che prevede lo stanziamento di
500.000 euro.
Il piano prevede aiuti per l’apprendimento della lingua italiana (22.000 euro),
interventi per insediamenti abitativi
(75.000 euro), contributi per diritto allo
studio, inserimento al lavoro, iniziative
culturali, attività economiche (50.000 euro)
e progetti di prima accoglienza per lavoratori agricoli e stagionali (300.000 euro).
Il dr. Giulio Cristoffanini, Emergency,
ha presentato il “Progetto Palermo” che
nasce dalla volontà di portare assistenza
a chi approda sulle nostre coste; è stato
stipulato un protocollo di intesa con il
Direttore Generale dell’Azienda USL n.6
di Palermo per la realizzazione di un
poliambulatorio rivolto agli stranieri residenti, ma anche a chi, straniero o meno, si
trovi in condizioni svantaggiat. Il
poliambulatorio opera autonomamente,
ma in piena collaborazione con la AUSL,
ed ha disponibilità del ricettario regionale
per prescrivere farmaci ed accertamenti
sanitari.
Il progetto funziona molto bene, ed
eroga già migliaia di prestazioni, a stranieri e a italiani. Per gli stranieri, i gruppi
che si sono rivolti al centro provengono,
soprattutto, dalla Romania, Sudan, Tunisia, Capo Verde, Ghana e Marocco.
Inoltre il dr. Cristoffanini, ha presentato l’esperienza in Sudan, dove è stato
di recente inaugurato un moderno centro
di cardiochirurgia. Il Centro è costato molto, ma Emergency ritiene che, anche popolazioni sfavorite, come quelle
centroafricane, abbiano diritto a cure di
livello di eccellenza.
Il dr. Andrea Micheli, Forum Difesa
Salute, ha presentato i grafici sull’aspettativa di vita in Europa e in Italia; mostrando le enormi differenze fra gli Stati dell’Europa dell’Est e quelli del Settore Occidentale.
L’aspettativa di vita varia in parallelo
con il PIL: gli Stati con PIL più basso, hanno un’aspettativa di vita inferiore di circa
cinque anni, rispetto agli Stati con PIL più
elevato.
In Italia esistono differenze fra nord e
sud; mediamente, l’aspettativa di vita al
sud, è minore di un anno rispetto al nord.
Nel tempo, l’aspettativa di vita è cresciuta ovunque, ma il gap fra nord e sud è
rimasto invariato.
Giancarlo Brunetti, Nursing in Movimento, ha presentato la problematica legata al lavoro precario fra gli infermieri.
In Italia esiste da tempo, una grave
carenza di infermieri, che impedisce il
raggiungimento degli obiettivi del Piano
Sanitario. Si è creato, perciò, un flusso di
manodopera proveniente dall’Europa
(soprattutto la parte estranea alla Unione
Europea) e in parte minore dall’Asia, Africa, Sudamerica. Il reclutamento di questi
infermieri avviene tramite agenzie interinali
o cooperative, e costituisce un bussines
di 300 milioni di euro all’anno.
Dal momento che questa mano d’opera spesso non è regolare, né regolarizzabile,
si è costituito una sorta di caporalato che
sfrutta i processi di esternalizzazione, gli
appalti, le prestazioni a gettone. In definitiva, si è creata una schiera di infermieri
precari, sfruttati dalle pubbliche istituzioni, ignorata dalle associazioni professionali.
L’obiettivo dell’associazione nursing
in movimento, è quello di raccogliere testimonianze e combattere il fenomeno del
caporalato; per questo motivo si è aderito alla campagna del PHM.
Il dr. Pietro Palau Giovanetti, Avvo-
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cati senza Frontiere, ha presentato il documento denominato “Commento Generale 14”; tale documento è sottoscritto da
più di 150 Nazioni, fra cui l’Italia e stabilisce il diritto universale di godere del massimo standard di salute che possa essere
raggiunto.
“L’osservatorio su diritti umani e salute” che viene proposto, costituisce un
obbligo degli Stati firmatari.
La dr.ssa Maria Ruccia, Rete Città
Sane Regione Puglia, ha presentato il programma Healthy Cities - Città Sane, promosso dall’OMS nel 1985, con l’intento
di trasferire le strategie Salute per tutti a
livello locale.
Il programma si realizza attraverso un
network di città, tale finalità permette, così,
all’OMS di produrre linee guida
innovative e strategie per il miglioramento della Salute adatte ad un contesto europeo in costante evoluzione. Inoltre
l’OMS, con tale programma, fissa una
delle strategie cardine per la Città Sana:
l’indispensabilità dell’azione per l’equità.
Appare chiaro che bisogna lavorare
per impegnare sia i gruppi che rappresentano i portatori di bisogni, sia gli addetti
del settore e coloro che prendono le decisioni, nello sforzo di modificare l’attuale
stato dei fatti. La campagna deve fungere
da elemento catalizzatore per rafforzare
l’unità dei gruppi che attualmente si riferiscono al PHM e per coinvolgere altri
partners e reti.
L’appello è che tale processo inizi il
più presto possibile nel maggior numero
di paesi.
I lavori sono stati coordinati dal prof.
Michele Quarto, Ordinario d’Igiene presso l’Università degli Studi di Bari e dal dr.
Antonio Battista, direttore dell’Area di
programmazione sanitaria dell’A.R. e S.
Hanno partecipato ai lavori il prof. Antonio Quaranta, Preside della Facoltà di
Medicina dell’Università di Bari, la
prof.ssa Susi Mazzei, Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Bari e la dott.ssa
Cristina Cattafesta, dell’Organizzazione
umanitaria “Un ponte per Baghdad”.
Alla Casa Sollievo della Sofferenza di
San Giovanni Rotondo il dottor Florio
attiva un centro di riferimento per la
cura delle ernie discali
Una tecnica innovativa, la
nucleoplastica, permette oggi la
cura delle ernie discali non espulse con numerosi vantaggi per il
paziente. La nucleoplastica è
una metodica mininvasiva per la
decompressione discale, indicata per il trattamento delle ernie
discali sintomatiche e non espulse. Il principio fisico sul quale si
basa questa tecnica è quello del
sistema idraulico chiuso: un disco intervertebrale con anulus intatto (ossia con
ernia non-espulsa, condizione necessaria per eseguire la procedura) è
paragonabile ad un sistema idraulico chiuso in cui anche una piccola rimozione
di materiale genera un elevato decremento della pressione idraulica interna. Tramite un filo conduttore, introdotto per via percutanea nel nucleo polposo, viene
indotto all’interno del disco un campo di radiofrequenza a bassa temperatura (70
gradi) che rompe i legami delle molecole di collagene con le quali viene a contatto, generando gas ionizzati che fuoriescono dall’ago utilizzato per penetrare nel
disco. Ruotando la sonda per sei volte vengono creati sei canali che di fatto
generano un vuoto all’interno del disco riducendo in questo modo la pressione
intradiscale. «Questa innovativa procedura – ha spiegato il dottor Florio –
rappresenta un passo in avanti per la cura delle ernie discali non espulse e
dunque non ancora indicate per l’intervento di chirurgia tradizionale. La
nucleoplastica è pertanto una tecnica che si affianca all’intervento di chirurgia classico, aumentando le opportunità di cura per pazienti affetti da questa
debilitante patologia.».
La nucleoplastica consente di trattare le ernie discali contenute con buoni
risultati clinici a distanza (scomparsa o riduzione della sintomatologia dolorosa).
È una metodica di semplice attuazione e sicura, permette un rapido recupero del
paziente, purché vengano rispettate le indicazioni. L’unità operativa di radiologia interventistica di San Giovanni Rotondo (FG), di cui è direttore il dottor
Florio, è luogo di eccellenza per la regione Puglia: sia per l’attività di diagnostica
vascolare ed extravascolare, ma soprattutto per l’interventistica vascolare
arteriosa (angioplastica, embolizzazioni, trombolisi, chemioterapia locoregionale
intrarteriosa, chemioembolizzazioni), per l’interventistica vascolare venosa
(angioplastica, scleroembolizzazioni del varicocele,) e per l’interventistica
extravascolare (vertebroplastica, cifoplastica con palloncino, drenaggio ascessi, biopsie, ipertermia a radiofrequenza).
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Epidemiologia
Lo stato di salute della popolazione pugliese
Cosa emerge dal Rapporto 2006 dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale
Stefania Lorusso
Ricoveri ospedalieri in calo, mobilità
sanitaria passiva in aumento, patologie
cardiovascolari e tumorali maggiori cause di decesso, tasso di abortività superiore rispetto alla media nazionale.
Sono questi in estrema sintesi i dati
epidemiologici salienti che emergono dal
Rapporto 2006 sullo stato di salute della
popolazione pugliese, redatto dall’Osservatorio Epidemiologico Regionale.
Emerge un quadro d’assieme che
evidenzia una tendenza all’allineamento
con il resto del Paese e, in particolare, del
Centro-Nord: un aumento degli indici di
vecchiaia e una lievitazione dell’età media. Quindi più anziani e meno popolazione attiva.
Le aree che presentano la mortalità più
elevata risultano la provincia di Foggia, il
Nord barese e quella della BAT, fermo rimanendo, comunque, che il tasso medio
rimane stabilmente inferiore a quello nazionale.
Ospedalizzazione
I dati evidenziano una progressiva riduzione del numero dei ricoveri annuali.
Dal 2001 al 2005 il dato assoluto è passato
da 930.467 (incluso i day hospital) a 818.988.
In termini percentuali il calo è stato del
16,5% per quelli in regime ordinario, mentre sono cresciuti quelli di DH dell’8,2 (da
159.223 del 2001 al 172.234 del 2005).
Le cause maggiori dei ricoveri sono
rappresentate dalle patologie dell’apparato cardiovascolare (con un aumento dei
ricoveri per infarto e una riduzione della
relativa mortalità), dell’apparato digerente e di quello respiratorio.
I ricoveri in mobilità passiva sono aumentati del 18,7%, sempre tra il 2001 e il
2005, con un incremento medio annuo del
3,5%. Riduzione significativa, invece, dei
ricoveri inappropriati. Un dato anomalo è
risultato quello dell’infezione da
papilloma virus ( il 68 per cento delle donne risulta positivo alla ricerca) ” ma il
problema - ha detto la prof.ssa Cinzia
Germinario dell’OER - va studiato ed approfondito adeguatamente”.
Aborto
Il trend risulta in calo in quasi tutte le
province pugliesi, anche se il tasso medio di abortività risulta superiore a quello
nazionale (che è di 2,5% ogni 1000 donne). Le province con l’indice più alto sono
quelle di Bari e Foggia. Le classi di età
che fanno registrare il tasso di abortività
più alto sono quelle comprese tra 20 e 34
anni, con un età media di 30,5 anni. Il 48%
delle donne che ricorrono alla pratica
dell’IVG sono coniugate.
La percentuale di tagli cesarei risulta
una delle più alte in Italia: 45,6%.
Stili di vita
Il livello di sedentarietà registrato risulta più elevato rispetto alla media nazionale: il 52,6% della popolazione non ha
mai fatto attività fisica e solo il 15,9% la
svolge in maniera continuativa.
Per quel che riguarda il fumo, la Puglia
fa registrare una percentuale del 19,1%
più bassa rispetto alle media nazionale
(22%). La media è di 13,3 sigarette fumate
giornalmente. Infine l’obesità e l’alcool.
Anche la prima risulta in crescita anche
se l’Italia presenta il livello più basso in
Europa per quel che riguarda gli adulti. La
prevalenza dell’obesità nei pugliesi di età
superiore a 18 anni risulta dell’11,5%, a
fronte del dato nazionale del 9,8&, di quello meridionale (11,6%) e insulare (11,1 %).
Il consumo di alcool in Puglia risulta inferiore rispetto alla media nazionale, ad eccezione dell’amaro e della birra.
Il rapporto si pone, pertanto, come uno
strumento fondamentale per le attività di
pianificazione delle politiche socio-sanitarie e come il punto di partenza per orientare le decisioni a livello istituzionale che
sempre più devono essere basate sull’evidenza e sulla conoscenza dei bisogni di
salute dei cittadini, senza perdere di vista
parametri di efficacia ed efficienza.
Nel coniugare il rigore dell’analisi
scientifica dei dati epidemiologici alla
linearità di una comunicazione che si rivolge a un pubblico necessariamente più vasto di quello degli operatori sanitari, la Relazione sullo Stato di Salute può aiutare in
modo fondamentale il processo di promozione della salute dei cittadini pugliesi.
Grafico 1. Distribuzione dei ricoveri effettuati nelle strutture extraregionali dei residenti nella
regione Puglia, per regime di ricovero
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Prevenzione
Come contenere gli incidenti
stradali causati da abuso di alcol?
Un opportuno intervento di prevenzione condotto dal Dipartimento dipendenze patologiche di Manfredonia
Matteo Giordano *
All’interno della campagna di prevenzione dell’abuso di alcol nei luoghi
di aggregazione giovanile promossa dal
Dipartimento delle Dipendenze Patologiche della ASL provinciale di Foggia, il Sert
di Manfredonia ha effettuato nell’estate
del 2007 un intervento presso i locali notturni della zona, con il patrocinio dei Comuni di Manfredonia, Mattinata, Monte
S. Angelo e della Provincia di Foggia.
Attraverso la sensibilizzazione dei giovani frequentatori dei locali sui rischi insiti
nel binomio alcol / guida di veicoli
(percepibile come rischio reale e immediato in quel dato contesto) è stato anche
possibile veicolare informazioni generali
relative ai rischi alcol-correlati.
Per effettuare gli interventi sono stati
scelti 4 giovani tra i 20 e 27 anni, 2 di sesso maschile e 2 di sesso femminile, segnalati da parte della Cooperativa sociale
“L’Alternativa” che da anni collabora con
il Dipartimento per attività di ricerca e di
prevenzione in campo alcologico; il coordinamento sul campo è stato affidato alla
dott.ssa Daniela Potenza, psicologa volontaria presso il SerT.
L’età degli operatori è stata una scelta
precisa al fine di favorire l’identificazione
da parte dei giovani fruitori dell’iniziativa
con soggetti che fossero percepiti come
pari e non già come appartenenti al mondo degli adulti.
Ai tre operatori laureati in psicologia
è stato chiesto di evitare qualsiasi atteggiamento di tipo “professionale”, controproducente in un intervento del genere.
Anche l’abbigliamento è stato curato, nel senso che gli operatori hanno indossato gli abiti che normalmente utilizzano quando frequentano locali notturni,
favorendo ancor più lo stabilirsi di quel
clima relazionale che ci eravamo proposti
di creare, non giudicante né moralistico.
I contatti sono avvenuti solo su richiesta da parte dei giovani che passavano davanti alla postazione, situata in
posizione strategica all’interno o all’esterno del locale; gli operatori hanno
avuto il mandato di non invitare nessuno ad accostarsi alla postazione, anche
per valutare il reale grado di interesse dell’iniziativa.
La preparazione dell’intervento, avvenuta nei mesi precedenti (Aprile-Giugno)
e coordinata dalla dott.ssa Maria De
Finis, psicologa dell’U.O. di prevenzione del SerT, si è articolata in cinque momenti:
1) Corso di formazione per gli operatori che ha previsto tre incontri nei quali
sono state affrontate le seguenti tematiche:
“Uso e abuso di alcol”, “Atteggiamenti
degli operatori”, “Alcol e guida sicura”;
2) mappatura dei posti più frequentati
dai giovani nell’ambito del territorio dell’
ex ASL Fg/2 e dei principali eventi estivi
che presumibilmente avrebbero attratto la
fascia giovanile della popolazione;
3) contatti con le amministrazioni locali;
4) contatti con i gestori ed i dj dei locali notturni presso i quali si sono svolti
gli interventi con la finalità di concordare:
la sede migliore dove istallare la postazione, i messaggi da inviare da parte dei dj
durante le serate, le modalità più adeguate per pubblicizzare l’iniziativa;
5) preparazione del materiale informativo da utilizzare.
Gli interventi sono stati effettuati nel
periodo compreso tra il 7 Luglio e il 25
Agosto 2007 presso: discoteca “Le
Gardén”; discoteca “Decò”; lido S. Matteo,
“Panta Rei”, lido “Baia Santa Monica”;
Festa dell’Unità a Manfredonia, concerto
dei “Folkabbestia”; rassegna canora “Torre dei Giganti” a Monte S. Angelo, per un
totale di 17 postazioni allestite.
I materiali informativi ed i supporti
scelti per veicolare e sostenere il messaggio sono stati:
- un computer portatile nel quale era
stato installato un programma per il cal-
colo del tasso alcolico;
- un volantino dallo stile semplice ed
immediato, mutuato dal gergo giovanile,
con lo slogan “Prendi il bere per il verso
giusto!”, sintesi efficace del messaggio
che si intendeva lanciare, contenente consigli per non correre rischi e informazioni
sul limite legale della concentrazione di
alcol nel sangue per poter guidare e sulle
corrispettive unità alcoliche necessarie
per raggiungerlo;
- un opuscolo dal titolo “Saperne di
più per bere di meno” contenente informazioni più dettagliate sull’alcol riguardanti le sue caratteristiche, i luoghi comuni ad esso associati, gli effetti, i danni
che provoca e le sanzioni previste dal
Codice della Strada;
- un regolo per il calcolo del tasso alcolico riferito alle quantità di alcol assunto, al peso ed al sesso.
Oltre alla distribuzione di materiale informativo è stata offerta la possibilità a
chiunque lo desiderasse di sottoporsi, con
finalità esclusivamente preventive, ad un
test (del tipo a “palloncino”) per l’accertamento del tasso alcolico nel sangue. L’effettuazione del test è stata assolutamente
volontaria, anonima, immediata e gratuita.
Risultati
I test per la determinazione
dell’alcolemia sono stati effettuati su un
totale di circa 1100 soggetti. I volantini
distribuiti sono stati 300; gli opuscoli 160;
i regoli 25. Il programma computerizzato è
stato utilizzato da 20 soggetti.
Il numero totale di contatti è stato pari
a circa 1500.
Poiché si è deciso di fondare gli interventi principalmente sulla relazione informale con il target, non sono state effettuate altre rilevazioni di dati rispetto
all’utenza, che avrebbero potuto rendere
meno fluido il contatto.
Le riflessioni riportate in seguito, pertanto, sono frutto di osservazioni da par-
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Settembre-Ottobre 2007
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te degli operatori.
È stato riscontrato un grande interesse da parte dei giovani che hanno accolto
favorevolmente l’iniziativa. Tutti si sono
infatti avvicinati spontaneamente alla postazione allestita, alcuni mossi da curiosità, altri su invito dei dj delle discoteche. Si
è trattato prevalentemente di giovani maschi (75% circa) di età compresa tra i 20 ed
i 25 anni. La fascia oraria nella quale si è
verificata la maggiore affluenza è stata tra
le 04.30 e 06.00 del mattino, in corrispondenza alle uscite dalle discoteche.
La possibilità di effettuare controlli volontari e gratuiti del tasso di alcolemia ha
ottenuto una notevole partecipazione da
parte dei frequentatori delle discoteche,
che hanno visto in questa offerta una opportunità per "conoscere" il proprio grado di alcolemia e per poter di conseguenza regolarsi circa i vari aspetti riguardanti
la guida di un autoveicolo (sicurezza della conduzione del veicolo, rischi di ritiro
della patente, ecc.).
Il 90% circa di coloro che hanno effettuato il test, di sesso maschile e di età
non superiore ai 25 anni, dichiarava che
al termine della serata si sarebbe messo
alla guida dell’auto.
Nella grande maggioranza dei casi è
stato rilevato un tasso di alcolemia superiore al limite legale dello 0.5%.
In una piccola percentuale il test ha
avuto esito positivo, rilevando però un
livello di alcolemia inferiore al limite legale dello 0,5%.
I test hanno dato esito negativo in pochissimi casi.
Il test inoltre ha permesso ai giovani
di rapportare l’esito dello stesso al proprio consumo di alcool, fornendo un’ indicazione – anche se sommaria - sui i livelli di assunzione di alcolici accettabili e
consentiti.
È stato rilevato, infatti, che se la conoscenza del limite legale rappresenta
un’informazione abbastanza diffusa, non
altrettanto si può affermare circa la quantità di alcol necessaria per superarlo.
In ogni caso si sono rivelate infondate le previsioni di diffusi rifiuti all’effettuazione del test, forse anche per lo stile
ed il linguaggio adottati per la campagna,
non valutativi e non moralistici ma vicini
ai valori di coloro che frequentano le discoteche per ricerca di evasione, divertimento, ecc. Lo slogan stesso dell’iniziativa sintetizzava l’intento del progetto di
promuovere in senso positivo stili di vita
sani, evitando di trasmettere messaggi
“terroristici” o divieti.
Tale impostazione va incontro anche
alle esigenze dei locali di dover dare un’immagine positiva del mondo del divertimento notturno, per cercare di rompere la rappresentazione sociale della discoteca
come luogo di consumo di droghe, luogo
dello “sballo”, luogo pericoloso ed è altresì compatibile con il punto di vista imprenditoriale dei gestori, che è risultato
essere un elemento imprescindibile.
Fondamentale è stato il rapporto con
i gestori per il buon esito della campagna
di prevenzione, soprattutto in termini di
numero di contatti.
Gli stessi, infatti, sono stati più numerosi nella discoteche in cui i gestori, sensibili ai temi della prevenzione ancor prima che il Ser.T. li contattasse , si sono
mostrati più disponibili, offrendo una
maggiore collaborazione in termini di materiali messi a disposizione per l’allestimento della postazione e di inviti rivolti ai
ragazzi, tramite i vocalist , a sottoporsi alla
prova del palloncino.
Continuando a prendere in esame il
numero di contatti, è stata riscontrata una
notevole differenza a favore delle discoteche rispetto alle altre manifestazioni durante le quali sono state allestite le
postazioni. È possibile attribuire tale differenza alla concomitanza di più fattori,
tra cui non è ininfluente il fatto che le discoteche in cui hanno avuto sede gli interventi erano tutte collocate ad una distanza dai centri abitati tale da rendere
necessario l’uso dell’ automobile.
Il materiale informativo cartaceo non
è risultato così “appetibile” come il controllo dell’alcolemia con i test , anche per
la difficoltà pratica di conservarlo da parte dei frequentatori delle discoteche e dei
locali; più attenzione è stata dedicata ai
manifesti affissi dietro la postazione, che
riportavano in dimensioni maggiori i brevi messaggi dei volantini.
Altro elemento importante è risultato
il luogo dove veniva allestita la postazione (tavolino e manifesti) : quando è stato
possibile situarla all’interno della discoteca i contatti sono stati più numerosi.
Conclusioni
La valutazione dell’efficacia di
questo intervento presenta non poche difficoltà, come sempre succede quando si
deve sottoporre a verifica una attività di
tipo preventivo.
Senza alcuna velleità di trarre conclusioni definitive, tuttavia ci sembra utile
definire alcuni spunti interessanti e suscettibili di approfondimento.
1- L’attività preventiva ha permesso
di “fare rete “ con alcuni gestori di locali
notturni, oltre che con le amministrazioni
locali, creando le premesse per un lavoro
comune che si svilupperà nei prossimi
mesi. Forse i gestori dei luoghi del divertimento sono molto più sensibili di quanto si creda comunemente.
2- Ben 1500 giovani consumatori hanno ricevuto informazioni corrette sui rischi alcol-correlati e 1100 hanno potuto
rendersi conto in maniera non astratta ma
tangibile del loro grado di intossicazione
alcolica rapportandolo immediatamente
alla quantità di alcol consumato in quella
occasione.
3- La stampa ha dato ampio risalto all’iniziativa, anche per le sue caratteristiche insolite nel nostro territorio, moltiplicando l’attenzione per i rischi alcolcorrelati. In maniera informale abbiamo ricevuto il plauso da parte di tanti genitori
che hanno ora focalizzato le loro preoccupazioni (e quindi il loro interesse) non
solo sull’uso di droghe ma anche su quello dell’ alcol da parte dei loro figli, rischio
percepito come più concreto e reale. Ci
aspettiamo, quindi, una maggiore partecipazione dei genitori alle iniziative informative che stiamo attuando negli istituti
scolastici per la prevenzione dei rischi
alcol-correlati.
4- Stiamo individuando strumenti e
modalità di approccio diversi per i consumatori dei locali cittadini, visto che l’argomento alcol/guida pericolosa suscita
molto interesse nelle discoteche e locali
raggiungibili solo in auto, meno in quelli
posti nelle cinte urbane. Inoltre i gestori
dei locali deputati quasi esclusivamente
al consumo di alcolici (pub etc), sono in
generale meno sensibili alle tematiche
della prevenzione e le stesse dimensioni
dei locali , spessissimo di pochi metri quadrati, rendono impossibile l’utilizzo di
postazioni situate all’interno.
5- Ci sembra di poter confermare la
validità di un intervento condotto nei luoghi del divertimento con educatori-pari,
come minimo in termini di numero di contatti .
6- Il costo complessivo dell’intervento è stato di circa 4500 euro, rappresentando un ottimo rapporto costo/ benefici.
* Direttore del Dipartimento delle Dipendenze Patologiche Manfredonia
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Didattica
Sì alla formazione dei futuri pediatri anche negli studi medici
Accordo tra l’Università di Foggia e le ASL BAT e FG
Ruggiero Piazzolla *
La prima convenzione finalizzata alla
formazione dei Pediatri di Famiglia tra una
ASL e una Università Italiana è stata firmata tra la Scuola di Specializzazione in Pediatria dell’Università di Foggia, diretta da
Massimo Pettoello-Mantovani, e le ASL
pugliesi di BAT e Foggia.
Come è noto, l’assistenza ai soggetti in
età evolutiva in Italia è assicurata da specialisti pediatri che operano in parte presso
le strutture ospedaliere ed universitarie
(20% ) ed in parte sul territorio (80%) con
modelli organizzativi totalmente diversi.
L’aspetto per certi versi paradossale è che
fino ad oggi lo specializzando in pediatria
vede snodarsi il suo curriculum formativo
della durata di cinque anni esclusivamente
in strutture universitarie ed ospedaliere,
non essendo previsto mai un tirocinio presso gli studi dei pediatri di famiglia che operano sul territorio. Di conseguenza, appena conseguita la specializzazione, il pediatra si ritrova ad operare in un contesto territoriale a lui sconosciuto con tutte le ricadute negative del caso.
Per ovviare a questo inconveniente la
F.I.M.P (Federazione Italiana Medici Pediatri, organizzazione sindacale e professionale che rappresenta la quasi totalità dei
pediatri di famiglia) si è spesa per mettere
attorno ad un tavolo e far colloquiare gli
attori della formazione degli specializzandi
– Università e ASL - che sono il fulcro del
Servizio Sanitario Regionale.
Si tratta del primo accordo del genere in
Italia che prevede l’attivazione del settore
della “Pediatria di famiglia e di comunità” in una scuola di specializzazione. Garantire la capacità di gestire il bambino in
ambiente extra-ospedaliero, promuovere la
cultura della medicina basata sull’evidenza, permettere un apprendimento praticoapplicativo in grado di completare ed arricchire le competenze teoriche: con questi
obiettivi la convenzione appena firmata
dalle dueASL della Puglia precorre i tempi
nell’attuare la nuova riforma delle scuole di
specializzazione prevista dal Ministero dell’Università, attivando un percorso
formativo di grande rilievo ed impatto sul
futuro assistenziale del territorio.
La Puglia, attraverso le proprieASL, si
pone dunque all’ avanguardia nel presentare modelli innovativi di formazione e proposte indirizzate a sviluppare programmi di
gestione assistenziale integrata OspedaleTerritorio del bambino malato.
Per la prima volta viene istituzionalizzata l’offerta formativa ai futuri pediatri, che
si potrà svolgere proprio negli studi medici
dei pediatri di libera scelta. L’accordo siglato dal Direttore Generale della ASL BAT ,
Portaluri (all’epoca, ndr) e dal Commissario straordinario della ASL FG Troiano,
ed il Preside della Facoltà di Medicina e
Chirurgia di Foggia, Altomare, prevede che
le strutture, le attrezzature medico-sanitarie
ed i laboratori della ASL vengano messe a
disposizione dei programmi di formazione
degli specializzandi concordati con la Clinica Pediatrica di Foggia.
Le Aziende USL si propongono dunque di sostenere il progetto comune intrapreso dalla Clinica Pediatrica dell’Università di Foggia e dalla Pediatria di Famiglia
pugliese per sviluppare un dipartimento assistenziale allargato Centro-Territorio, finalizzato ad un ulteriore miglioramento della
gestione e della qualità assistenziale offerta al bambino. Si parla tanto di mancanza di
integrazione fra ospedale e territorio: noi
crediamo che dipenda essenzialmente da
fattori culturali. L’aver gettato il seme di
questa integrazione, quando il professionista è nella fase formativa, sarà sicuramente foriero di buoni frutti.
* Pediatra di famiglia - Segretario Regionale FIMP Puglia
I testi integrali delle convenzioni
Convenzione
tra
L’Università degli Studi di Foggia - Facoltà di Medicina e Chirurgia, nel
prosieguo del presente atto denominata
semplicemente “Facoltà”, con sede legale in Viale L. Pinto - 71100 Foggia, rappresentata dal Preside, Prof Emanuele
Altomare, nato a Bari il 12/01/1948
e
L’Azienda USL FG, nel prosieguo del
presente atto denominato semplicemente
“Ente”, con sede legale in Foggia, rappresentato dal Commissario Straordinario Dott. Donato Troiano,
Premesso che
- ai Rettori delle Università è consentito stipulare convenzioni con Enti pubblici e privati al fine di avvalersi di attrezzature e servizi logistici per lo svolgimento di attività didattiche integrative di quelle
universitarie finalizzate al completamento
della formazione accademica e professionale (art. 27 D.P.R. 382/80);
- ai fini della frequenza e delle attività pratiche nelle Scuole di
Specializzazione post-laurea è riconosciuta utile l’attività svolta dagli
specializzandi in strutture di servizio
socio-sanitario
attinenti
alla
specializzazione (art. 12, c. IV, D.P.R.
162/82);
- il vigente Protocollo d’Intesa tra
l’Università degli Studi di Foggia e la Regione Puglia per la formazione specialistica di area medica ex D.Lgs. 502/92 e s.m.i.
16 .......................................................................................................................................... n. 91
Settembre-Ottobre 2007
TuttoSanità
.............................................................................................................................................................................................................................................................
prevede, quali sedi formative delle Scuole di Specializzazione, l’Azienda
Ospedaliero Universitaria OO.RR. di Foggia e i Presìdi Ospedalieri territoriali dotati delle cinque specializzazioni di base e in
possesso dei requisiti di legge;
- presso l’Università degli Studi di
Foggia è attiva la Scuola di Specializzazione in Pediatria, per la formazione di
medici specialisti;
- presso l’Azienda USL FG sono attive le struttura assistenziali degli Ambulatori della Pediatria di Libera Scelta designati in accordo con le OO.SS. di categoria ed i PP.OO. individuati dal protocollo
di intesa fra la Regione Puglia e l’Università degli Studi di Foggia (n. 8784-III 6/
613 del 19/03/2004) per la formazione specialistica (ex art.6, II comma del D.Lgs. 502/
92 e successive modificazioni ed
integrazioni).
- le suddette strutture, presso la quale
opera personale qualificato ed esperto, è
provvista delle moderne dotazioni strumentali e degli ambienti idonei per lo svolgimento del tirocinio pratico-formativo
previsto dall’ordinamento didattico della
Scuola di Specializzazione in Pediatria.
Tutto ciò premesso e considerato
Le parti stipulano e convengono quanto segue
Articolo 1
Le premesse costituiscono parte integrante della presente convenzione.
Articolo 2
L’Ente si impegna ad ospitare, nelle
proprie strutture assistenziali di riferimento presso gli Ambulatori della Pediatria di
Libera Scelta designati in accordo con le
OO.SS. di categoria ed i PP.OO. individuati
dal protocollo di intesa fra la Regione
Puglia e l’Università degli Studi di Foggia
per la formazione specialistica (n.8784-III
6/163 del 19/03/2004), gli allievi della Scuola di Specializzazione in Pediatria della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Foggia, Scuola diretta
dal Prof Massimo Pettoello-Mantovani,
per periodi definiti e con il consenso della
Direzione della Scuola.
La permanenza degli allievi presso le
strutture dell’Ente sarà finalizzata allo
svolgimento di attività di tirocinio per
l’acquisizione di esperienza praticoapplicativa clinica.
Nel periodo di permanenza degli allievi, l’Ente garantisce la possibilità di utilizzo delle proprie strutture ed attrezzature
medico-sanitarie, dei laboratori e degli
ausili didattici e si impegna inoltre a mettere a disposizione competenze scientifiche e tecniche per lo svolgimento delle
attività didattiche integrative previste, con
particolare riguardo:
a) allo svolgimento di tesi di
specializzazione;
b) all’integrazione dello svolgimento
di esercitazioni di laboratorio;
e) all’esecuzione di ricerche e studi a
completamento delle attività didattiche.
Articolo 3
Le attività di tirocinio degli allievi si
svolgeranno sotto la supervisione dei responsabile delle strutture assistenziali
degli Ambulatori della Pediatria di Libera
Scelta designati in accordo con le OO.SS.
di categoria e dei PP.OO. dell’Azienda
USL FG individuati dal protocollo di intesa fra la Regione Puglia e l’Università
degli Studi di Foggia per la formazione
specialistica (n.8784-III 6/163 del 19/03/
2004) dell’Ente.
Articolo 4
Per ciascun anno accademico, le modalità di svolgimento delle attività didattiche, teoriche e pratiche, e il calendario
delle stesse verranno stabilite dai competenti Organi Accademici, nel rispetto della normativa vigente.
Articolo 5
La Facoltà si dichiara disponibile a
fornire con modalità e forme da concordare e, comunque alle migliori condizioni possibili, la collaborazione che
venisse richiesta per la realizzazione di
iniziative di carattere didattico, scientifico e culturale di cui alle premesse della presente convenzione.
Articolo 6
Gli allievi ammessi a frequentare le
strutture di cui alla presente convenzione, durante la loro permanenza, saranno
tenuti al rispetto delle norme interne dell’Ente ed all’osservanza di tutte le disposizioni che regolano i servizi sanitari ed
ospedalieri in particolare.
Articolo 7
Competeranno all’Ente, relativamente alla propria struttura, gli obblighi previsti dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626
e s.m.i., in materia di tutela della sicurezza
e della salute dei lavoratori sul luogo di
lavoro e dal D.M. 10 Marzo 1998, sulla
sicurezza antincendio e gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro.
Articolo 8
La Facoltà, nell’ambito dei contratti assicurativi stipulati in favore degli
specializzandi, garantisce il controllo
dosimetrico e la copertura relativa ad infortuni e malattie contratte a causa dello
svolgimento del tirocinio praticoapplicativo e delle altre attività didattiche.
Articolo 9
Per l’attuazione della presente convenzione non conseguirà per le Parti alcun onere finanziario.
Ogni attività si svolgerà nel rispetto
delle leggi e dei regolamenti di ciascuna
delle istituzioni contraenti.
Articolo 10
Qualsiasi controversia inerente alla
presente convenzione, comprese quelle
relative alla sua interpretazione, validità,
esecuzione e risoluzione, sarà risolta mediante arbitrato rituale, in conformità al
Regolamento della Camera arbitrale della
Camera di Commercio di Foggia, da un
collegio arbitrale nominato secondo detto Regolamento.
Il collegio deciderà secondo diritto,
nel rispetto degli artt. 806 e segg. cod.
proc. civ. .
Articolo 11
La presente convenzione ha validità di un anno a partire dalla data di sottoscrizione.
Si intenderà tacitamente rinnovata di
anno in anno ove non intervenga disdetta, in forma scritta, entro il termine di due
mesi antecedenti la scadenza.
Articolo 12
Le spese di bollo sono a carico dell’Ente. Il presente atto sarà registrato a
tassa fissa, in caso d’uso, ai sensi degli
n. 91 Settembre-Ottobre 2007 ..........................................................................................................................................
17
TuttoSanità
.............................................................................................................................................................................................................................................................
art. 5 e 38 del D.P.R. n. 364 del 26/10/1972.
Il presente atto viene redatto in tre
originali, di cui uno per ciascuna delle
parti contraenti ed il terzo per l’Ufficio
del Registro, in caso d’uso.
Foggia, lì 5/07/2007
********
Convenzione
Tra
L’Università degli Studi di Foggia - Facoltà di Medicina e Chirurgia, nel
prosieguo del presente atto denominata
semplicemente “Facoltà”, con sede legale in Viale L. Pinto - 71100 Foggia, rappresentata dal Preside, Prof Emanuele
Altomare, nato a Bari il 12/01/1948
e
L’Azienda USL BAT, nel prosieguo
del presente atto denominato semplicemente “Ente”, con sede legale in Andria,
rappresentato dal Direttore Generale Dott.
Maurizio Portaluri, nato a Brindisi il 28/
08/1960
Premesso che
- ai Rettori delle Università è consentito stipulare convenzioni con Enti pubblici e privati al fine di avvalersi di attrezzature e servizi logistici per lo svolgimento di attività didattiche integrative di quelle
universitarie finalizzate al completamento
della formazione accademica e professionale (art. 27 D.P.R. 382/80);
- ai fini della frequenza e delle attività pratiche nelle Scuole di
Specializzazione post-laurea è riconosciuta utile l’attività svolta dagli
specializzandi in strutture di servizio
socio-sanitario
attinenti
alla
specializzazione (art. 12, c. IV, D.P.R.
162/82);
- il vigente Protocollo d’Intesa tra
l’Università degli Studi di Foggia e la Regione Puglia per la formazione specialistica di area medica ex D.Lgs. 502/92 e s.m.i.
prevede, quali sedi formative delle Scuole di Specializzazione, l’Azienda
Ospedaliero Universitaria OO.RR. di Foggia e i Presìdi Ospedalieri territoriali dotati delle cinque specializzazioni di base e in
possesso dei requisiti di legge;
- presso l’Università degli Studi di
Foggia è attiva la Scuola di Specializ-
zazione in Pediatria, per la formazione di
medici specialisti;
- presso l’Azienda USL BAT sono
attive le struttura assistenziali degli Ambulatori della Pediatria di Libera Scelta designati in accordo con le OO.SS. di categoria ed i PP.OO. individuati dal protocollo di intesa fra la Regione Puglia e l’Università degli Studi di Foggia (n. 8784-III
6/613 del 19/03/2004) per la formazione
specialistica (ex art.6, II comma del D.Lgs.
502/92 e successive modificazioni ed
integrazioni).
- le suddette strutture, presso la quale
opera personale qualificato ed esperto, è
provvista delle moderne dotazioni strumentali e degli ambienti idonei per lo svolgimento del tirocinio pratico-formativo
previsto dall’ordinamento didattico della
Scuola di Specializzazione in Pediatria.
Tutto ciò premesso e considerato
Le parti stipulano e convengono quanto segue
Articolo 1
Le premesse costituiscono parte integrante della presente convenzione.
Articolo 2
L’Ente si impegna ad ospitare, nelle
proprie strutture assistenziali di riferimento presso gli Ambulatori della Pediatria di
Libera Scelta designati in accordo con le
OO.SS. di categoria ed i PP.OO. individuati
dal protocollo di intesa fra la Regione
Puglia e l’Università degli Studi di Foggia
per la formazione specialistica (n.8784-III
6/163 del 19/03/2004), gli allievi della Scuola di Specializzazione in Pediatria della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Foggia, Scuola diretta
dal Prof Massimo Pettoello-Mantovani,
per periodi definiti e con il consenso della
Direzione della Scuola.
La permanenza degli allievi presso le
strutture dell’Ente sarà finalizzata allo
svolgimento di attività di tirocinio per
l’acquisizione di esperienza praticoapplicativa clinica.
Nel periodo di permanenza degli allievi, l’Ente garantisce la possibilità di utilizzo delle proprie strutture ed attrezzature
medico-sanitarie, dei laboratori e degli
ausili didattici e si impegna inoltre a mettere a disposizione competenze scientifi-
che e tecniche per lo svolgimento delle
attività didattiche integrative previste, con
particolare riguardo:
a) allo svolgimento di tesi di
specializzazione;
b) all’integrazione dello svolgimento
di esercitazioni di laboratorio;
e) all’esecuzione di ricerche e studi a
completamento delle attività didattiche.
Articolo 3
Le attività di tirocinio degli allievi si
svolgeranno sotto la supervisione dei responsabile delle strutture assistenziali
degli Ambulatori della Pediatria di Libera
Scelta designati in accordo con le OO.SS.
di categoria e dei PP.OO. dell’Azienda USL
BAT individuati dal protocollo di intesa
fra la Regione Puglia e l’Università degli
Studi di Foggia per la formazione specialistica (n.8784-III 6/163 del 19/03/2004)
dell’Ente.
Articolo 4
Per ciascun anno accademico, le modalità di svolgimento delle attività didattiche, teoriche e pratiche, e il calendario
delle stesse verranno stabilite dai competenti Organi Accademici, nel rispetto della normativa vigente.
Articolo 5
La Facoltà si dichiara disponibile a fornire con modalità e forme da concordare e, comunque alle migliori condizioni
possibili, la collaborazione che venisse richiesta per la realizzazione di iniziative di carattere didattico, scientifico e culturale di cui alle premesse della
presente convenzione.
Articolo 6
Gli allievi ammessi a frequentare le
strutture di cui alla presente convenzione, durante la loro permanenza, saranno
tenuti al rispetto delle norme interne dell’Ente ed all’osservanza di tutte le disposizioni che regolano i servizi sanitari ed
ospedalieri in particolare.
Articolo 7
Competeranno all’Ente, relativamente alla propria struttura, gli obblighi previsti dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626
e s.m.i., in materia di tutela della sicurezza
e della salute dei lavoratori sul luogo di
18 .......................................................................................................................................... n. 91
Settembre-Ottobre 2007
TuttoSanità
.............................................................................................................................................................................................................................................................
lavoro e dal D.M. 10 Marzo 1998, sulla
sicurezza antincendio e gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro.
Articolo 8
La Facoltà, nell’ambito dei contratti assicurativi stipulati in favore degli
specializzandi, garantisce il controllo
dosimetrico e la copertura relativa ad infortuni e malattie contratte a causa dello
svolgimento del tirocinio praticoapplicativo e delle altre attività didattiche.
Centro Bio-Medico
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Direttore Sanitario: Dott. Marco Papagni
Autorizzazione pubblicitaria: n.87 del 21/06/1995
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E-mail: [email protected]
Articolo 9
Per l’attuazione della presente convenzione non conseguirà per le Parti alcun onere finanziario.
Ogni attività si svolgerà nel rispetto
delle leggi e dei regolamenti di ciascuna
delle istituzioni contraenti.
Articolo 10
Qualsiasi controversia inerente alla
presente convenzione, comprese quelle
relative alla sua interpretazione, validità,
esecuzione e risoluzione, sarà risolta mediante arbitrato rituale, in conformità al
Regolamento della Camera arbitrale della
Camera di Commercio di Foggia, da un
collegio arbitrale nominato secondo detto Regolamento.
Il collegio deciderà secondo diritto, nel
rispetto degli artt. 806 e segg. cod. proc. civ.
Articolo 11
La presente convenzione ha validità
di un anno a partire dalla data di sottoscrizione.
Si intenderà tacitamente rinnovata di
anno in anno ove non intervenga disdetta, in forma scritta, entro il termine di due
mesi antecedenti la scadenza.
Articolo 12
Le spese di bollo sono a carico dell’Ente. Il presente atto sarà registrato a
tassa fissa, in caso d’uso, ai sensi degli
art. 5 e 38 del D.P.R. n. 364 del 26/10/1972.
Il presente atto viene redatto in tre
originali, di cui uno per ciascuna delle
parti contraenti ed il terzo per l’Ufficio
del Registro, in caso d’uso.
Foggia, lì 8/06/2007
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n. 91 Settembre-Ottobre 2007 ..........................................................................................................................................
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TuttoSanità
.............................................................................................................................................................................................................................................................
Farmaceutica
La percezione del Rischio Clinico:
la somministrazione dei farmaci antiblastici
I risultati di uno studio condotto su cinque P.O. dell’Area metropolitana di Bari
C. Luisi* M. Lattarulo*
Il Piano Sanitario Nazionale 19982000, nell’ambito delle strategie per il cambiamento, pone, tra i diversi obiettivi,
quello di migliorare la sicurezza delle strutture sanitarie pubbliche e private, nel rispetto delle disposizioni di prevenzione
previste dai Decreti Legislativi 19 settembre 1994, n. 626 e 19 marzo 1996 n. 242.
Uno dei rischi rilevanti nel settore sanitario è quello derivante dall’esposizione ai
chemioterapici antiblastici (CTA). Nonostante siano stati riconosciuti dalla IARC
(Intenational Agency for Research on
Cancer) e da altre autorevoli agenzie internazionali come sostanze cancerogene
o probabilmente cancerogene per l’uomo,
a queste sostanze non si applicano le
norme del Titolo VIII del D.Lgs. 626/94
“Protezione da agenti cancerogeni”. Infatti, trattandosi di farmaci, non sono sottoposti alle disposizioni previste dalla
Direttiva 67/548/CEE e quindi non è loro
attribuibile la menzione R45 (“Può provocare il cancro”) o la menzione R49 (“Può
provocare il cancro per inalazione”). Su
segnalazione dell’ISPESL, nel dicembre
del 1995, la Commissione Consultiva
Tossicologica Nazionale ha raccomandato l’inclusione nell’allegato VIII del D.Lgs.
626/94 delle attività di preparazione,
somministrazione e smaltimento di farmaci antiblastici ai fini del trattamento
terapeutico. E’ ben noto che a tali attività
corrispondono rischi rilevanti sia per gli
operatori sanitari, che per i pazienti.
L’emanazione delle Linee Guida per la Sicurezza e la Salute dei lavoratori esposti
ai CTA in ambiente sanitario (provvedimento del 5 agosto 1999, pubblicato sulla
G.U. del 7/10/99) ha posto le basi per il
raggiungimento degli obiettivi volti alla
tutela degli operatori. Da anni si sta lavorando al progetto UMaCA (Unità di Manipolazione ChemioAntiblastici) per accentrare le operazioni di allestimento in
strutture dedicate. Ciò al fine di porre sotto controllo il rischio clinico connesso con
tutte le fasi di tale operazione partendo
dalla prescrizione fino alla consegna “sicura e garantita” del preparato alla U.O.
che è deputata alla somministrazione.
Poco si conosce e poco si opera ancora,
purtroppo, sui rischi connessi alla fase di
somministrazione e di smaltimento dei rifiuti contenenti residui di chemioterapici
antiblastici.
I dati di letteratura indicano che i lavoratori esposti ai CTA evidenziano conseguenti gravi effetti sulla loro salute
spesso per il mancato rispetto delle già
citate linee guida. La protezione da esposizioni a farmaci pericolosi è basata sui
programmi di sicurezza implementati dai
datori di lavoro e seguiti dai lavoratori.
Tra i fattori che influenzano i livelli di
esposizione dei lavoratori addetti all’allestimento dei CTA troviamo:
- Le operazioni attuate sui farmaci
(stoccaggio, preparazione, somministrazione e smaltimento);
- Procedure di lavoro, frequenza e durata del contatto col farmaco;
- Utilizzo di dispositivi di protezione
individuale (DPI).
Le probabilità che un lavoratore accusi effetti nocivi dovuti a farmaci pericolosi aumentano all’aumentare della quantità e della frequenza di esposizione e con
la mancanza di giuste procedure di lavoro. Le esposizioni dei lavoratori sono state valutate tramite lo studio di marker biologici di esposizione. Nessun marker biologico si è rivelato essere un buon indicatore di esposizione a farmaci pericolosi o
efficace nel prevedere gli effetti avversi
sulla salute [Baker e Connor 1996].
Sessink e Bos [1999] hanno notato che in
11 studi su 12 è stata riscontrata
ciclofosfamide nelle urine degli operatori
sanitari esaminati, ad indicare esposizio-
ni continuate nonostante le misure di sicurezza adottate all’epoca. Harrison
[2001] ha riscontrato che in 13 studi su
20, 6 farmaci differenti (ciclofosfamide,
metotrexato, ifosfamide, epirubicina e
cisplatino/carboplatino) sono stati rilevati
nelle urine degli operatori sanitari. Due
recenti studi hanno documentato la presenza di farmaci antineoplastici nelle urine del personale infermieristico e della
Farmacia [Pethran et al. 2003; Wick et
al. 2003]. Pethran ed i collaboratori hanno raccolto campioni di urina in 14 ospedali tedeschi per un periodo di oltre 3 anni.
Ciclofosfamide, ifosfamide, doxorubicina
ed epirubicina (ma non daunorubicina o
idarubicina) e platino (da cisplatino a
carboplatino) sono stati rilevati in molti
campioni di urina dei partecipanti allo studio. Una ricerca statunitense ha dimostrato che l’uso di un apparecchio a sistema
chiuso per un periodo di 6 mesi ha ridotto
sia la concentrazione di ciclofosfamide o
ifosfamide nelle urine degli operatori sanitari sia la percentuale dei campioni risultati positivi. [Wick et al. 2003]. Tracce
di antiblastici sono state rilevate nelle urine degli operatori sanitari che, pur non
avendoli maneggiati, erano stati potenzialmente esposti attraverso fughe di aerosol o contaminazioni secondarie di superfici lavorative, vestiti o contenitori di
farmaci [Sessink et al. 1994b; Mader et
al. 1996; Pethran et al. 2003].
L’obiettivo principale di questo studio, è stato quello di valutare la percezione del rischio da parte di tutto il personale sanitario (Medici, Infermieri, OTA) coinvolto nel processo di Somministrazione e
Smaltimento dei CTA. Obiettivo Secondario è stato quello di valutare le eventuali azioni correttive volte alla
sensibilizzazione al problema degli operatori sanitari al fine di ridurre il rischio cli-
20 .......................................................................................................................................... n. 91
Settembre-Ottobre 2007
TuttoSanità
.............................................................................................................................................................................................................................................................
nico sia per gli stessi che per i pazienti.
Materiali e Metodi
Lo studio è stato realizzato secondo il
seguente percorso:
€ individuazione dei Presidi
Ospedalieri in cui si somministrano i CTA
nell’ambito dell’Area Metropolitana di
Bari;
€ individuazione delle principali UU.OO.
nell’ambito dei Presidi di cui sopra;
€ creazione di un Questionario Strutturato a risposta multipla;
€ validazione dello stesso attraverso
test pilota;
€ somministrazione del questionario a
tutto il personale coinvolto nella fase di
somministrazione/smaltimento dei CTA all’interno delle UU.OO. individuate con
l’esclusione dei soli soggetti che non intendano collaborare;
€ inserimento dei dati in un database
creato ad hoc in Microsoft Access;
€ elaborazione degli stessi con estrazione dei dati per frequenza ed eventuali
stratificazione per categoria professionale.
Risultati
Dall’analisi del Piano di Riordino
Ospedaliero della Regione Puglia sono
stati individuati i Presidi A.O. Policlinico,
IRCCS Giovanni Paolo II, Ente Ecclesiastico Miulli, Stabilimento Ospedaliero
S.Paolo e Stabilimento Ospedaliero Di
Venere. In questi Presidi, tutti appartenenti all’Area Metropolitana Barese, sono
state selezionate 19 UU.OO. (vedi tabella
1). Il questionario (consultabile su
www. t u t t o s a n i t a . i t / ru b r i c a
Policlinico
Medicina Interna
Ospedale
S.Paolo
Urologia
Universitaria “Baccelli”
- Reparto
Medicina Interna
Chirurgia Toracica
“Interventi&Opinioni”, n.d.r), è stato
strutturato per le principali operazioni “a
rischio” con quesiti distinti in due parti,
di cui la prima volta ad individuare le conoscenze/convinzioni individuali, la seconda finalizzata a conoscere l’effettiva
realtà in cui gli stessi operano. Il questionario è stato verificato preliminarmente
somministrandolo a quattro infermieri comunque coinvolti nella problematica degli CTA esterni allo studio e sono state
apportate le opportune modifiche. Quindi, il questionario è stato somministrato a
126 operatori.
Tutti sono risultati validamente compilati. Il personale intervistato ha presen-
Ospedale
Oncologico
Oncologia
Medica
Sperimentale
Day Hospital
Universitaria “Baccelli”
- DH
Ospedale
Di Venere
Oncologia Medica
Ospedale
“Miulli”
Oncoematologia
- Reparto
Oncoematologia
DH
Otorino
Day Hospital
Urologico
Ematologia - Reparto
Pneumologia
Radiodiagnostica
Ematologia - DH
D.H. Oncologico
Medicina Interna
Universitaria “Bufano”
Ematologia Medica DH
Ematologia I° DH
Tab n° 1 Ospedali Arruolati e relative U.O.
tato un’età compresa tra 25 e 65 anni e
tutti risultavano essere strutturati rispetto all’azienda di appartenenza, tranne il
personale ausiliario che in più UO (26%
circa) risultava essere appartenente a ditte appaltate all’esterno. Questi ultimi non
sono stati arruolati nello studio. I soggetti che non hanno aderito alla ricerca sono
stati 11. La somministrazione è stata operata sempre dallo stesso ricercatore (farmacista specializzando in Farmacia
Ospedaliera, peraltro già laureato ed operatore in Scienze Infermieristiche).
L’inserimento dei dati nel database ad
hoc realizzato e la successiva elaborazione ha portato ai seguenti risultati:
Nel 30% circa delle UUOO si effettuavano, nel periodo dell’indagine (primo
semestre 2007), preparazioni di CTA in
ambienti diversi da quelli centralizzati
(UMACA). (GRAFICO1) Più del 85% degli OTA, il 67% dei Medici e il 55% degli
Infermieri non aveva mai preso parte a
corsi di aggiornamento specifici riguardanti i farmaci CTA.
Per quanto riguarda la somministrazione dei CTA, fase considerata a rischio
equivalente a quella della preparazione, il
50% degli OTA, il 30% dei Medici ed il
18% degli Infermieri la ritiene meno pericolosa. L’utilizzo di guanti protettivi nella
somministrazione è risultato indispensa-
n. 91 Settembre-Ottobre 2007 ..........................................................................................................................................
21
TuttoSanità
.............................................................................................................................................................................................................................................................
bile per più del 95% delle categorie intervistate. Però il 30% dei Medici, il 25% degli Infermieri e quasi il 40% degli OTA ritiene sufficienti quelli in Vinile o in Latice
laddove la normativa vigente impone
l’utilizzo di guanti speciali per antiblastici
(DPI CE EN 340,369,EN465,467) in tutte le
fasi della manipolazione. I DDGS N°31139
dell’11/12/2001 e G.U. N° 236 del 7/10/1999,
individuano tutti i DPI da indossare durante la somministrazione dei CTA: Guanti speciali per CTA, Camice in TNT,
Mascherina FFP2S o FFP3S, occhiali visiera, cuffia e soprascarpe. Il 60% dei
Medici e degli Infermieri, e appena il 30%
degli OTA, considera indispensabili tutti
i DPI sopra citati. Riproponendo il quesito sui DPI realmente impiegati, sia gli Infermieri che gli OTA, ed in percentuale
minore i Medici, hanno sostenuto di indossare soltanto comuni guanti in latice
e, più di rado, anche nulla (questa realtà
si palesava anche agli occhi
dell’intervistatore). In controtendenza circa un altro 30% di Medici ha sostenuto
che il personale indossava tutti i DPI previsti (GRAFICO 2).
Un’importante quesito, ha riguardato
i DPI utilizzati dal personale Ausiliario
durante le pulizie dei locali adibiti a trattamento e dei servizi igienici dei pazienti trattati con CTA. Anche questa domanda è
stata posta prima come:”Quali sono i DPI
che si dovrebbero indossare…?” (secondo la normativa vigente Mascherina FFP2
oFFP3, guanti idonei, calzari monouso) e
successivamente: ”Nella sua UO, quali
sono i DPI utilizzati durante le pulizie…?….?.”. Il grafico 3 si commenta da
solo anche in base alle risposte date nella
sezione “altro specificare”. Si evince che
la categoria che si avvicina di più alla realtà con percentuali di risposte che superano il 90% è quella direttamente interessata, cioè gli OTA, seguiti dagli Infermieri
(70%) e dai Medici (40%), che hanno sostenuto che il personale addetto alle pulizie indossa solo guanti in latice o vinile o
addirittura a volte niente (GRAFICO 3).
Un’altra problematica affrontata in
questo lavoro è stata quella relativa allo
smaltimento dei rifiuti derivanti dalla manipolazione dei CTA. Le normative vigenti
prevedono la loro inattivazione prima
dello smaltimento come Rifiuti Speciali
Ospedalieri. È stato individuato come
inattivatore l’Ipoclorito di Sodio da ver-
sare nel contenitore dei rifiuti prima dell’avvio allo smaltimento. Questa pratica
fa si che gli eventuali residui derivanti
dall’incenerimento siano privi dell’effetto mutageno ad essi attribuibile. Dall’analisi delle risposte a questi quesiti è emerso che il 99% delle UO li smaltisce come
rifiuti Speciali Ospedalieri, ma soltanto nel
20% dei casi viene effettuata una in attivazione chimica e non sempre con
ipoclorito di sodio. Per quanto riguarda le
urine dei pazienti trattati, ed in particolare
per le instillazioni endovescicali, attività
svolta solo nel 10% delle UU.OO. arruolate, il 60% circa degli OTA, il 30% degli
Infermieri e il 20% dei medici ha risposto
che le stesse vengono semplicemente
smaltite nel water con il conseguente rilevante impatto ambientale. Circa il 10%
degli OTA e degli Infermieri ha affermato
che le urine vengono raccolte in fusti destinati allo smaltimento, metodica non
conosciuta a quanto pare dai medici. Il
3% del personale ha affermato di non por-
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Settembre-Ottobre 2007
TuttoSanità
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si il problema in quanto il paziente viene
dimesso dopo il trattamento. La procedura corretta da attuare è quella di inattivare
prima dello smaltimento le urine con
ipoclorito di sodio, procedura che può
essere attuata anche a casa del paziente
dopo aver dato a quest’ultimo delle semplici nozioni di educazione sanitaria.
L’identificazione del personale esposto a CTA è uno tra gli obiettivi da raggiungere per ottemperare a quanto previsto dal D.Lgs. 626/94. Programmi di sorveglianza sanitaria per “Rischio Chimico”
sono, inoltre, da attuare nei confronti degli stessi operatori da parte del “Medico
Competente nominato” della struttura di
appartenenza. In una domanda si chiedeva al personale stesso se conoscesse la
categoria di rischio di appartenenza e se
venissero eseguiti i controlli di sorveglianza sanitaria previsti. Per legge tali controlli devono essere effettuati ogni sei
mesi per i più esposti, e/o comunque con
cadenza non superiore ad un anno. Più
del 70% degli Infermieri, il 45% dei Medici
ed il 35% degli OTA ritiene di dover essere identificato come “esposto a rischio
chimico” pur non essendolo; il 55% dei
Medici ritiene di dover essere identificato come “esposto a rischio biologico”
assieme al 12% circa degli Infermieri e degli
OTA. Infine, il 50% degli OTA, assieme al
9% degli Infermieri, ha risposto di non
sapere. Per quanto riguarda le visite di
sorveglianza sanitaria è emerso che circa
il 40% delle categorie intervistate esegue
controlli sanitari una volta l’anno, un 15%
circa ogni due anni ed il 25% e il 15%,
rispettivamente dei Medici e degli Infermieri, ha sostenuto di eseguire controlli
sanitari ogni 6 mesi. Per il 30% di questi si
trattava di controlli previsti per altre categorie di rischio come le radiazioni
ionizzanti. Infine, nella categoria di risposte “altro specificare”, sono emerse delle
testimonianze da parte del 30% circa dei
Medici, che ha sostenuto di non aver mai
eseguito controlli sanitari in quanto appartenenti alla categoria degli universitari, ai quali si aggiunge il 40% degli OTA e
circa il 20% degli Infermieri per i quali i
controlli sono tanto sporadici quasi da
non ricordare di averli mai eseguiti. Attenzione particolare, inoltre, è stata posta
per valutare l’idoneità dei locali deputati
alla somministrazione. Secondo le disposizioni ministeriali, questi dovrebbero,
possibilmente, essere accentrati in un
unica unità operativa o, quantomeno,
possedere i requisiti minimi di idoneità
quali: pavimento in materiale plastico, lavabo, idoneo sistema di areazione e kit
antispandimento. Circa il 70% tra Infermieri e OTA ed il 45% dei Medici ha risposto che i locali delle loro UO non possiedono i requisiti descritti. Il 20% di tutte e
tre le categorie ha evidenziato la mancanza solo di alcuni dei requisiti sopra decritti
(solo il kit d’emergenza, piuttosto che
l’idoneo sistema di areazione ecc). Infine,
per il 35% dei medici e il 15-20% tra infermieri e OTA, i locali destinati alla
somministrazione possiedono tutti i requisiti sopra citati.
Conclusioni
Dall’indagine è emerso che il personale risulta fortemente esposto sia a causa dell’inadeguatezza della maggior parte
delle strutture in cui opera, sia per la mancanza di formazione/informazioni sulle
procedure corrette da attuare e sui
dispositivi di protezione individuale da
indossare. In alcune circostanze, pur percependo la condizione di rischio, nulla
viene attuato per sanare tale situazione.
Pertanto, risulta indispensabile ed
improcrastinabile la necessità di attivare
n. 91 Settembre-Ottobre 2007 ..........................................................................................................................................
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programmi di formazione e sensibilizzazione finalizzati alla riduzione del rischio
clinico sia per gli stessi operatori che per
i pazienti e l’attuazione di un monitoraggio
biologico per il personale esposto,
preventivamente individuato, facendo riferimento a centri nazionali indicati
dall’ISS. Risulta essere urgente, inoltre,
l’adeguamento alle norme vigenti degli
ambienti deputati alla somministrazione,
così come già avvenuto per quelli dell’allestimento. Infine, emerge la necessità di
programmi di educazione sanitaria rivolti
anche agli stessi pazienti, in particolare
per i rischi connessi con lo smaltimento
dei residui organici.
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Autorizzata dalla Regione Puglia con Det. Dir. n.202 del 09/01/1996
Direttore Sanitario: Dott. Gianfranco Iannarelli
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accessed: March 28.
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€ IARC [2004]. IARC monographs on the
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Attività istituzionale
La legge sull’abolizione del libretto di idoneità
sanitaria per il personale che manipola gli alimenti
Il resoconto integrale della seduta del Consiglio regionale
del 17 luglio scorso in cui è stata approvata la nuova normativa
Seduta del 17 Luglio 2007
DDL 27/03/2007 n. 12
PRESIDENTE. L’ordine del giorno, al
punto aggiuntivo (n. 41), reca: «DDL 27/
03/2007 n. 12 “Abolizione libretto idoneità sanitaria per alimentaristi e formazione personale alimentarista”».
Ha facoltà di parlare il relatore.
MARINO, relatore. Signor Presidente, colleghi consiglieri, la sicurezza alimentare rappresenta un interesse primario
della collettività intera e coinvolge trasversalmente a vario titolo le Istituzioni, il
mondo produttivo, il mondo scientifico.
La sicurezza alimentare è attualmente al
centro della discussione per i cambiamenti tumultuosi che la tecnologia ha introdotto all’interno della nostra società. Il
mondo istituzionale sta provvedendo con
strumenti normativi ed organizzativi che
richiedono un approccio multidisciplinare
ed intersettoriale con la consapevolezza
che vari fattori, integrati tra loro, determinano la qualità dei servizi e dei prodotti
finali. I due pilastri normativi su cui si
fonda il rinnovamento dei sistemi produttivi ed il loro controllo sono:
- la normativa europea sulla sicurezza
dei cittadini che, con il Libro Bianco ed il
Regolamento CE 178/2002, seguito dai Regolamenti CE 852-853-854-882/2004,
focalizza l’attenzione al sistema di produzione degli alimenti, prevede la
tracciabilità delle filiere produttive e istituisce l’Agenzia Europea per la sicurezza
alimentare;
- la riforma costituzionale dello Stato
in senso federalista dalla quale scaturiscono nuovi rapporti, regole e cooperazioni tra Stato, Regioni ed Enti locali. Conseguentemente, nel campo della sanità
pubblica in generale e anche della sicurezza alimentare, devono essere sviluppate ulteriormente le iniziative volte al miglioramento del sistema delle autonomie,
nella ricerca di metodi innovativi di governo basati sulla efficacia e l’efficienza
della gestione, sulla trasparenza e sulla
garanzia di uniformità della tutela sanitaria dei consumatori a livello nazionale, evitando che si determini un contenzioso tra
gli organismi titolari di tale tutela. Se il
livello delle politiche che siamo chiamati
a sviluppare per la sicurezza alimentare è
quello che ho descritto, la funzione del
libretto sanitario appare anacronistico.
Infatti, la legge n. 283 del 30/04/1962, all’articolo 4, comma 1, prevede che “il personale addetto alla preparazione, produzione, manipolazione e vendita di sostanze alimentari deve essere munito di apposito libretto di idoneità sanitaria”. Le modalità per il rilascio e le caratteristiche del
libretto sanitario sono state indicate nel
DPR n. 327/80. Sin dalla Risoluzione 785/
1982 l’OMS ha riconosciuto che le modalità con cui il libretto viene rilasciato sono
inefficaci in termini di prevenzione, in quanto gli accertamenti sanitari condotti sul
personale che manipola alimenti non sono
validi per prevenire la diffusione delle malattie di origine alimentare, mentre l’aggiornamento e la formazione sulla corretta applicazione delle tecnologie per la sicurezza sono da considerarsi l’approccio
preventivo più corretto insieme con
l’implementazione di procedure di
autocontrollo adeguate. Pertanto, sulla
base delle suddette considerazioni, si rende necessario proporre il presente disegno di legge regionale per semplificare le
procedure relative al rilascio del certificato di idoneità sanitaria ritenuta desueta
alla luce dell’evidenza scientifica e della
efficacia delle prestazioni. Lo schema del
provvedimento consta di 9 articoli. In particolare (art. 2) vengono definiti i
destinatari della presente legge (personale
alimentarista, responsabile dell’industria
alimentare); viene soppresso l’obbligo del
libretto sanitario prevedendo in sostituzione misure di autocontrollo, formazione
e informazione (art. 3); con la previsione
dell’articolo 4 viene affrontata l’esigenza
che la Giunta Regionale adotti un regolamento relativo all’attivazione dei corsi di
formazione ed aggiornamento per il personale alimentarista; vengono individuate le competenze delleAA.SS.LL. in materia di vigilanza ed ispezioni (art. 5); si provvede a definire contenuti e modalità per
lo svolgimento di campagne informative
rivolte alla popolazione (art. 6); vengono
individuati gli obblighi del responsabile
dell’industria alimentaria in materia di affidamento di mansioni a rischio al personale alimentarista (art. 7); con l’articolo 8
si prevede un regime sanzionatorio; da
ultimo, l’articolo 9 prevede che nelle more
dell’adozione da parte della Giunta regionale del regolamento vengano applicate
le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 155/1997.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.
POTI’. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
POTI’. Signor Presidente, colleghi
consiglieri, desidero manifestare la mia
adesione all’iniziativa. Comunico inoltre
che, insieme al collega Marino, ho presentato alcuni emendamenti tecnici al disegno di legge che ne facilitano la lettura.
Li ho consegnati pochi minuti fa. Pertanto, chiedo che vengano esaminati
contestualmente al disegno di legge.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il
consigliere Damone. Ne ha facoltà.
DAMONE. Signor Presidente, colleghi del Consiglio, anch’io condivido questa proposta di legge. Era arrivato il momento di abolire il libretto sanitario, in
quanto era diventato merce di scambio, a
livello di uffici, per i visti sui rinnovi. In
questa norma, non comprendo in maniera
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concreta quale sia il controllo vero e sostanziale che le Aziende sanitarie dovrebbero effettuare. Si parla di autocertificazione, di autocontrollo, che dovrebbe essere comunicato all’Azienda. Diversamente, tutti saremmo bravi a fare una
dichiarazione di autocontrollo, se poi sul
piano probatorio non si potesse addurre
la prova che tale autocontrollo si è verificato. Badate, gli alimenti vengono manipolati da tutti. È dunque corretta tutta la
casistica prevista dal collega Marino, ma
manca l’autocontrollo del soggetto tramite autodichiarazione.
Credo che sia una situazione da valutare con estrema attenzione e grande rispetto. D’altra parte, siamo italiani e siamo abituati a certificare anche il sesso
degli angeli. Tuttavia, nel momento in cui
non vi è un controllo da parte dell’Azienda sanitaria, la popolazione rischia di subire un tipo di infezione. Dalle nostre parti, si registrano casi di epatite C molto sviluppata. Di conseguenza, avvertiamo la
necessità che, almeno sotto questo aspetto, la gente esibisca gli esami di laboratorio all’ASL come prova di autocertificazione e autotutela fisica personale, il che significa anche tutelare gli utenti
e i destinatari degli alimenti.
PRESIDENTE. Non essendovi altri
consiglieri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione generale.
Esame articolato
PRESIDENTE. Passiamo all’esame
dell’articolato.
Do lettura dell’articolo 1: art. 1 (Finalità) 1. La Regione, nell’esercizio delle
funzioni ad essa spettanti ai sensi
dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, disciplina gli adempimenti cui
deve attenersi il personale addetto alla
preparazione, produzione, manipolazione, somministrazione e vendita di sostanze alimentari e di bevande, e promuove
l’aggiornamento delle procedure e delle misure di prevenzione delle malattie
trasmesse da alimenti.
Lo pongo ai voti. È approvato.
Do lettura degli articoli successivi: art
.2 (Definizioni) 1. Ai sensi della presente legge si intende per:
a) personale alimentarista: il personale addetto alla produzione, preparazione, manipolazione e vendita di sostanze alimentari, ivi compresi il conduttore
dell’esercizio ed i suoi familiari che pre-
stino attività, anche a titolo gratuito,
nell’esercizio stesso, destinato anche
temporaneamente a venire in contatto
diretto o indiretto con le sostanze alimentari; b) responsabile dell’industria
alimentare: il titolare, o il responsabile
specificamente delegato, dell’attività di
preparazione, trasformazione, fabbricazione, confezionamento, deposito, trasporto, distribuzione, manipolazione,
vendita e somministrazione di prodotti alimentari.
A questo articolo è stato presentato
un emendamento (n. 1) a firma dei consiglieri Potì e Marino, del quale do lettura:
«Alla lett. a) dopo la parola “manipolazione”, aggiungere le parole “deposito,
trasporto, somministrazione” ».
Lo pongo ai voti. È approvato.
Pongo ai voti l’articolo 2, nel testo
emendato. È approvato. art. 3 (Soppressione dell’obbligo del libretto di idoneità sanitaria) 1. Dalla data di entrata in
vigore della presente legge è soppresso
l’obbligo del libretto di idoneità sanitaria di cui all’art. 14 della legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242,
243, 247, 250 e 262 del T.U. delle leggi
sanitarie approvato con R.D. 27 luglio
1934, n. 1265: disciplina igienica della
produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande). 2. Gli accertamenti sanitari e la relativa
certificazione, previsti dall’articolo 14
della 1. 283/1962 e dagli articoli 37, 39
e 40 del decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327 in materia di disciplina di produzione e vendita
di sostanze alimentari e bevande, sono
sostituti da misure di autocontrollo, formazione e informazione. 3. Dalla stessa
data cessa l’obbligo di rinnovo del libretto di idoneità sanitaria per il personale alimentarista in possesso di libretto valido. 4. Le Aziende sanitarie locali
sono tenute a rilasciare il libretto di idoneità sanitaria, anche dopo la scadenza
dei termini di cui al comma precedente,
ai soggetti che prestano attività lavorative nel settore alimentare in regioni ove
sia richiesto il libretto medesimo.
DAMONE. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DAMONE. Signor Presidente, il
comma 2 dell’articolo 3 recita: «Gli accertamenti sanitari e la relativa certificazione,
previsti dall’articolo 14 della 1. 283/1962 e
dagli articoli 37, 39 e 40 del decreto del
Presidente della Repubblica 26 marzo
1980, n. 327 in materia di disciplina di produzione e vendita di sostanze alimentari e
bevande, sono sostituti da misure di
autocontrollo, formazione e informazione ».
In tale fattispecie noi dovremmo prevedere che l’autocontrollo sia documentato da una certificazione, anche se richiesta singolarmente al cittadino, che garantisca lo stato di salute. Badate, io potrei
attestare con una dichiarazione il mio
buon stato di salute, pur avendo l’epatite
C, mai riscontrata, che è causa di infezione e di trasmissione di virus. Per questo
motivo, a mio avviso, sarebbe necessario
introdurre l’autocontrollo certificato dall’interessato dal punto di vista sanitario.
Dovremmo formulare un emendamento a
tal riguardo.
SACCOMANNO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SACCOMANNO. Signor Presidente,
non sono intervenuto all’inizio, ma quello che ha detto, in linea generale, il collega Damone mi sembra importante. Manca,
infatti, una qualsiasi forma di controllo.Anche l’autocertificazione autocontrollata che
si sta proponendo crea qualche problema.
Faccio notare che, nell’articolo inerente
la verifica, chiediamo il controllo solo per
dovere di formazione e di informazione.
Anche quando da parte della Comunità
Europea c’è stato l’HACCP, la certificazione era obbligatoria e consulenziale,
ossia si prevedeva un certificato prodotto su tutta la catena alimentare e quant’altro. Ritengo che lo Stato, e in questo
caso la Regione, laddove rientri nella sua
competenza, debba trovare – mi rivolgo
al collega Marino, visto e considerato che
non sono presenti gli assessori competenti – la strada per riparare a questa situazione. Insomma, stiamo parlando di
una regione che esce dall’emergenza del
colera. Pochi mesi fa abbiamo discusso
perché la Regione Puglia – non era chiara
la veridicità della notizia – parlava di colera. Una mattina qualsiasi abbiamo comunicato che l’emergenza era finita, aggiungendo che non occorreva più nulla. Voglio invitare questo Consiglio a nutrire un
minimo di preoccupazione. Mi sembra
strano esaminare un provvedimento di
tale portata in assenza dell’assessore
competente. Non voglio sollevare polemiche con il collega assessore, ma riten-
n. 91 Settembre-Ottobre 2007 ..........................................................................................................................................
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go che si tratti di una norma certamente
insufficiente in termini di garanzie. Gradirei che su questo argomento, importante
per tutti, vi fosse un’interlocuzione con il
Governo. Quali sono i sistemi di controllo
nella vendita di mitili e verdure? Stiamo
abolendo il libretto, ma stiamo anche sancendo norme di controllo di pura formazione, importante quanto si vuole. Tuttavia, bisognerebbe prevedere anche una
norma transitoria che ci consenta di controllare l’efficacia del sistema, senza doverci accorgere tra qualche anno di aver
sbagliato. Quest’Aula, badate, si addosserebbe la responsabilità di aver deciso
per una iperliberalizzazione del sistema.
Signor Presidente, le chiedo di rendersi
portavoce con l’assessore competente
per sapere se ci sono delle misure adeguate. L’Aula deve ritrovare un interlocutore nel Governo su un argomento
così importante.
PRESIDENTE. Sono perfettamente
d’accordo con lei.
SACCOMANNO. In questo caso, potremmo sospendere la seduta e attendere
l’arrivo dell’assessore competente.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare
l’assessore Saponaro.
SAPONARO, assessore al bilancio,
alla programmazione, ai fondi strutturali e
politiche comunitarie, alle finanze,
all’economato, alla ragioneria, al controllo interno di gestione e al patrimonio.
Signor Presidente, ai fini testé
auspicati dai consiglieri Damone e
Saccomanno, vorrei sapere se il riferimento è all’articolo 5 e se richiedono che sia
ampliata l’attività di verifica. Inoltre, domando loro se hanno a disposizione una
proposta migliorativa.
SURICO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SURICO. Signor Presidente, il problema è che questa legge stabilisce norme di
autocontrollo all’inizio di una attività.
Tuttavia, noi sappiamo che esistono malattie che vengono trasmesse attraverso
gli alimenti (salmonella, colera, per quanto riguarda il commercio di mitili, e via dicendo), di cui si potrebbero rendere responsabili anche i ristoratori. L’eventuale autocertificazione di stato di buona salute di questi soggetti sarebbe opinabile.
Difatti, la certificazione la può fare essenzialmente il medico, basandosi su dati
obiettivi, ovvero sugli esami di laborato-
rio oggi previsti (esami colturali, il tampone faringeo ed altri), come anche quelli
sierologici per l’epatite C, B e quant’altro.
Ebbene, io mi domando: a seguito di tale
certificazione di stato di buona salute, nel
prosieguo della loro attività, come verranno controllati i soggetti interessati? Se nel
tempo un soggetto contrae un’epatite C,
una salmonellosi o una tubercolosi – sapete che oggi la tubercolosi, con ceppi
altamente resistenti, sta diventando un
nuovo incubo per l’Italia e i Paesi europei
– in che modo verrà controllato, dal momento che si renderà veicolo di queste
malattie? Credo, quindi, che dovrebbero
essere le AA.SS.LL. ad accertare e a garantire almeno le prove basilari e i controlli semestrali ai soggetti che sono a diretto contatto, altrimenti la formazione
così intesa sarebbe giustissima, ma non
prevedrebbe l’accertamento diagnostico.
A mio avviso, l’articolo 5 andrebbe integrato specificando che le AA.SS.LL. dovrebbero fornire, a garanzia del cittadino
e degli operatori, degli esami di base che
possiamo anche specificare.
POTI’. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
POTI’. Signor Presidente, stiamo discutendo dell’articolo 3 e non abbiamo
letto l’articolo 4 che parla della formazione del personale alimentarista e recita che
la Giunta regionale, entro quattro mesi
dalla pubblicazione della legge «definisce
con proprio atto regolamentare » proprio
quanto noi vorremmo anticipare nella discussione su questo articolo. Quindi, tutte le perplessità e tutto quello che si è
detto saranno oggetto di regolamento che
la Giunta dovrà definire entro quattro mesi.
PRESIDENTE. Voglio avanzare la proposta più costruttiva di sospendere la trattazione di questo articolo, in quanto mi
giunge notizia che l’assessore Tedesco sta
per completare l’incontro con i sindacati.
Se lo ritenete, potremmo accantonare momentaneamente la trattazione dell’articolo 3 e procedere all’esame degli altri articoli, oppure prendere in esame il provvedimento iscritto al punto n. 10) dell’ordine del giorno. Non essendovi osservazioni, passiamo all’esame del punto n. 10).
Ripresa esame DDL 27/03/2007 n. 12
“Abolizione libretto idoneità sanitaria per
alimentaristi e formazione personale alimentarista”
PRESIDENTE. Riprendiamo l’esame
del disegno di legge 27/03/2007 n. 12
“Abolizione libretto idoneità sanitaria per
alimentaristi e formazione personale alimentarista” dall’articolo 3, precedentemente accantonato. A questo articolo è
stato presentato un emendamento a firma
dei consiglieri Zullo, Cassano,
Saccomanno e altri, del quale do lettura:
«All’articolo 3, comma 2, dopo le parole “autocontrollo, formazione e informazione” inserire le parole “secondo la
metodica di HACCP”».
Ha chiesto di parlare il consigliere
Zullo. Ne ha facoltà.
ZULLO. Signor Presidente, nel dibattito che si è sviluppato in precedenza ho
raccolto delle titubanze anche da parte
della minoranza in ordine a questo articolo. Sono titubanze legittime, perché manifestano una preoccupazione sacrosanta,
cioè quella di assicurare la salubrità e
l’igiene degli alimenti. Voglio, però, apportare anche un contributo tecnico per il lavoro che ho svolto nella mia attività professionale. Queste norme, che prima
regolamentavano il rilascio del libretto di
idoneità sanitaria, oggi vengono considerate, dalla maggior parte dei tecnici
igienisti, norme obsolete perché superate
dall’innovazione tecnologica, dalla innovazione medica e scientifica e soprattutto
dall’innovazione legislativa. Nel frattempo, infatti, è intervenuto il decreto legislativo n. 155 del 1994, che ha introdotto
una nuova metodica per potere assicurare l’igiene e la salubrità degli elementi.
Questa nuova metodologia si basa sulla
cosiddetta pratica della HACCP, cioè,
sull’individuazione dei punti critici di controllo sui quali il produttore, l’industriale,
deve porre l’attenzione affinché non vi
siano contaminazioni ed altro. All’interno
di questo, la società italiana di igiene,
unanimemente ritiene che sia superato il
fatto di dover procedere ad una visita ad
una alimentarista oggi, e poi rifarla dopo
un anno, senza mai considerare cosa succede nel corso di questo anno. È superato anche questo concetto perché si punta molto di più alla formazione dell’operatore, si punta molto di più sulle norme di
comportamento, sulle norme igieniche,
eccetera. Ecco perché questo comma 2,
che tanta titubanza suscita, credo che sia
molto bene espresso. Noi abbiamo proposto questo emendamento proprio per
dare senso compiuto a questo comma. Qui
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sollecito l’attenzione dell’assessore Tedesco, sebbene – ahimé – sia un fatto
notorio che non gli sono molto simpatico. È la vita che ci divide, non certo l’amicizia. Assessore, leggo testualmente
l’emendamento: «dopo le parole
“autocontrollo, formazione e informazione” inserire le parole “secondo la metodica del sistema HACCP”. Solo questa precisazione darà un senso al comma che
potrà mettere in piena tranquillità tutte le
anime presenti in questo Consiglio.
MARINO, relatore. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARINO, relatore. Signor Presidente, avevo chiesto la parola prima della sospensione del punto. Ritengo però che
detta sospensione sia stata giusta dato
che, in questo modo, è sopraggiunto anche l’assessore. Alla luce di quanto è
emerso dopo la prima discussione, ho l’impressione di essere di essere all’anno zero
e che in questa Regione l’igiene pubblica, con questa normativa, venga cancellata. Non è così. Devo dare atto al consigliere Zullo di essere entrato nel merito
delle questioni che abbiamo di fronte e
che stiamo discutendo: dal decreto legislativo n. 155/97, alla conservazione degli
alimenti, al fatto che il libretto sanitario,
come dicevo nella mia relazione, è diventato un fatto anacronistico che non serve
e non è utile oggi vista la tecnologia di
cui disponiamo, per i processi di prodotto e per le normative europee vigenti sulla tracciabilità. Certo, servono altri controlli e io credo che questo emendamento
proposto prima dal consigliere Damone e
successivamente tecnicamente affinato
anche dal collega Zullo, si possa accogliere. È nello spirito della legge e allo stesso tempo allarga e dà sicurezza ai controlli.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare
l’assessore Tedesco.
TEDESCO, assessore alle politiche
della salute. Signor Presidente, rilevo che
si tratta di un emendamento estremamente tecnico difficile da valutare in quest’Aula in assenza di tecnici. Dobbiamo
pertanto affidarci all’unico tecnico presente, il collega Zullo, che dà un contributo che mi auguro possa rientrare nello
spirito della legge, così come l’abbiamo
voluta presentare con l’attuale testo.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTETARQUINIO
PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento. È approvato. Pongo ai voti l’articolo 3, nel testo emendato. È approvato.
art. 4 (Formazione ed obblighi del personale alimentarista) 1. La formazione
del personale alimentarista è finalizzata a rafforzare comportamenti igienicamente corretti ed a sviluppare conoscenze
in ordine al proprio stato di salute ed ai
collegati pericoli di trasmissione di malattie attraverso gli alimenti. 2. La Giunta
regionale entro quattro mesi dalla pubblicazione della presente legge definisce con proprio atto regolamentare: a)
le mansioni a rischio ai fini
dell’individuazione del personale tenuto alla frequenza dei corsi di formazione, sulla base dei dati epidemiologici e
della concreta associazione fra ruolo ricoperto nel processo produttivo e rischi
di trasmissione di malattie attraverso gli
alimenti, tenendo conto anche delle situazioni di temporaneità tipiche del
volontariato in occasione di sagre e feste popolari; b) i contenuti, le modalità
di svolgimento e la periodicità dei corsi
formativi e di aggiornamento in relazione alle diverse tipologie di attività svolte dal personale alimentarista di cui
all’art. 2, lettera a), individuando i soggetti autorizzati ad effettuare la formazione e l’aggiornamento, nonché a rilasciare la relativa attestazione; c) le modalità ed i tempi di attivazione dei corsi
di formazione ed aggiornamento, al fine
di regolare la fase transitoria di progressiva sostituzione del libretto di idoneità
sanitaria con l’attestato di formazione;
d) la possibilità di effettuare direttamente
sul posto di lavoro la formazione mediante personale qualificato, medici
igienisti e tecnologi alimentari, ovvero
nell’ambito della applicazione del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155
(Attuazione delle direttive 93143/CE e
96/3/CE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari); e) la possibilità di intendere soddisfatto il requisito dell’avvenuta formazione con il possesso di specifici titoli di studio, fatti salvi gli aggiornamenti di cui alla lettera b). 3. Il
personale alimentarista che svolge mansioni individuate come a rischio ai fini
della possibile trasmissione di malattie
attraverso gli alimenti, è tenuto alla frequenza di specifici corsi di formazione e
di aggiornamento, con periodicità bien-
nale, in materia di igiene degli alimenti
ed al possesso del relativo attestato secondo le modalità disciplinate dal regolamento di cui al comma precedente.
4. L’onere della formazione e dell’aggiornamento è a carico dei datori dì lavoro.
È stato presentato un emendamento
(n. 2) a firma dei consiglieri Marino e Potì,
del quale do lettura: «All’articolo 4, lettera c), al secondo rigo, cancellare la
parola “progressiva”». Ha chiesto di
parlare il consigliere Potì. Ne ha facoltà.
POTI’. Signor Presidente, con la legge eliminiamo il libretto. Quindi lasciare
«la fase transitoria di progressiva sostituzione» è pleonastico. Cancellare questa parola non cambia niente, perché non
c’è una sostituzione progressiva, il libretto o c’è o non c’è.
PRESIDENTE. Pongo ai voti l’emendamento. È approvato. È stato presentato un emendamento (n. 3), a firma dei consiglieri Potì e Marino, del quale do lettura:
« All’articolo 4, lettera d), secondo rigo,
dopo le parole “tecnologi alimentari”,
aggiungere le parole “biologi, tecnici
delle prevenzione”». Lo pongo ai voti. È
approvato.
Pongo ai voti l’articolo 4, nel testo emendato. È approvato. art. 5 (Verifica) 1. I Dipartimenti di prevenzione delle Aziende
sanitarie locali, nell’ambito delle proprie
competenze, verificano con regolare
periodicità l’adeguatezza della formazione e dell’aggiornamento e la corretta applicazione delle norme di buona prassi
igienica da parte degli operatori addetti, al fine di prevenire la contaminazione
degli alimenti, sulla base delle direttive
regionali all’uopo impartite.
È stato presentato un emendamento a
firma dei consiglieri Surico, Saccomanno
ed altri, del quale do lettura: «All’articolo 5, dopo la parola “igienica” cassare
i righi 4 e 5 e sostituire con il seguente
periodo: “inoltre verificano l’idoneità
fisica del personale alimentarista mediante apposita valutazione clinica,
ematochimica e batteriologica periodica, al fine di prevenire le contaminazioni negli alimenti”». Ha chiesto di parlare
il consigliere Surico. Ne ha facoltà.
SURICO. Signor Presidente, colleghi,
tenuto conto che abbiamo degli alimentaristi che hanno una particolare identificazione – gli operatori che commerciano per
esempio mitili, latte, eccetera – e conside-
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rando anche la particolare epidemiologia
infettivologica della nostra Regione credo che le AASSLL debbano garantire determinati standard clinico strumentali a
tutela sia dei consumatori che degli stessi operatori. È questo il senso del nostro
emendamento. Siamo tutti d’accordo sul
fatto che la normativa sulla formazione stia
subendo delle trasformazioni, ma nell’attesa che questa diventi operativa, noi non
possiamo assolutamente disattendere i
controlli sugli operatori, a loro stessa tutela e dell’utenza.
SACCOMANNO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SACCOMANNO. Signor Presidente,
noto con dispiacere che l’Aula è distratta
anche se mi rendo conto che si sta dibattendo solo di un libretto sanitario. Volevo
chiedere all’assessore Tedesco una riflessione sulla transizione. Pur dando perfettamente ragione al collega Zullo e a quanto il consigliere Marino ha detto e riportato nella relazione riguardo a ciò che l’OMS
pensa per il libretto sanitario, bisogna
considerare che in molte zone della nostra regione la lavorazione dei prodotti e
dei relativi percorsi alimentari, al di là del
controllo sulla catena, come l’HACCP, fa
venire dei dubbi e non fa stare certo tranquilli dal punto di vista sanitario. La formazione che la Giunta stabilirà quando
potrà raggiungere dei risultati? Quali sono
i tempi di realizzazione? E con quale efficacia? Prima che arrivasse l’assessore
Tedesco dicevo che secondo me dobbiamo fare un po’ di attenzione riguardo alla
verifica di queste leggi per stabilire come
gestire questo momento. Una volta eliminato il libretto di idoneità sanitaria perché
il mondo lo considera un sistema inadeguato e una volta che la Giunta emanerà
le regole, non vi viene il dubbio che i tempi possano essere più o meno lunghi?
Lascio la risposta alla vostra considerazione. Che ne è della certezza sui percorsi
della salute in Puglia e dell’attenzione alla
manipolazione, alla conservazione dei prodotti? Il collega Potì ha aggiunto nella sua
definizione iniziale circa il ruolo dell’alimentarista, un’altra serie di accezioni in
termini di manutenzione, deposito e via
elencando. Si torna a parlare del fatto che
si stanno verificando forme di patologie
infettive provenienti dal terzo mondo –
l’Africa e altri Paesi – che noi non conosciamo e che non possiamo controllare.
Noi siamo una regione di frontiera che si
deve aprire, giustamente, ad un’evoluzione culturale, ma non dobbiamo pensare
che il libretto sia uno strumento insufficiente ed inadeguato. Quando diciamo
che non è sufficiente e adeguato pensiamo che eliminarlo rappresenti una soluzione adeguata? In che cosa miglioriamo?
È vero, miglioriamo il percorso di formazione, ma la formazione e la cultura richiedono tempo. La cultura si acquisisce con
il tempo. La stessa cosa succede per chi
conosce una lingua straniera e riesce quasi
a pensare in quella lingua. Ebbene, occorre riuscire a pensare a comportamenti
sani, cogenti, tranquilli dal punto di vista
del percorso della sicurezza alimentare. A
mio avviso, questa legge non va ancora
in questa direzione. Invito, pertanto, l’assessore Tedesco ad assumersi la responsabilità e a ragionare maggiormente sul
punto in oggetto. Secondo me, stiamo
adottando un provvedimento in maniera
frettolosa. Il collega Marino in merito al
libretto sanitario ha detto che non essendo esso adeguato, va eliminato. In questo modo non ci ammoderniamo. Per farlo
dovremmo trovare un sistema efficiente
che superi e migliori il suddetto libretto.
Sono d’accordo sulla formazione alla cultura, ma occorre tempo. Oggi ci sono tante masserie della Regione che manipolano alimenti e affini, quindi di attenzione
ce ne vuole molta. In questo senso anche
il modo in cui abbiamo proposto l’emendamento è inadeguato, lo so perfettamente assessore. È da limare anche nell’esposizione. In ogni caso occorre fare qualcosa affinché i sistemi di prevenzione siano
efficaci. Non è sufficiente dire: «delle
direttive regionali all’uopo determinate».
Noi stiamo facendo una legge nell’ambito della quale un minimo di direttive, per
attuare un certo percorso, vanno indicate. Se poi questo percorso si esaurirà fra
tre o quattro anni, lo stabilirà lei signor
assessore. Credo che tutto questo sia fondamentale per far sì che questa legge costituisca un adeguamento in minus, dovendo sostituire un provvedimento indubbiamente sorpassato.
ZULLO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà di parlare.
ZULLO. Signor Presidente, colleghi
consiglieri, so benissimo che l’intento di
questa proposta è quello di deburocratizzare una procedura rimasta effetti-
vamente solo un evento burocratico. Il
libretto sanitario, infatti – e lo possiamo
dire a piena voce –, non viene rilasciato
mai dietro visita di un medico o negli uffici di igiene. Ormai non si fanno più né
prelievi, né tampone muco-faringeo, né
coprocoltura, come si faceva una volta.
Inoltre, per andare incontro alle nuove
necessità basate su studi epidemiologici,
la vaccinazione obbligatoria antitifo e
paratifo oggi per legge non è più obbligatoria. Questo significa che dobbiamo fare
in modo che effettivamente ci sia un qualcosa di serio nell’assicurare l’igiene e la
salubrità degli alimenti. La serietà risiede
proprio nella formazione e nell’informazione degli operatori. Voterò contro questo emendamento, e lo farò sulla base di
un principio tecnico su cui ho studiato
tanti anni. Ripeto, voterò contro e spero
che non se ne abbiano a male i miei colleghi di minoranza. Voterò contro perché è
anacronistico pensare di sottoporre il personale alimentarista a degli esami
ematochimici. Evidentemente, pensiamo
di stare ancora nelle condizioni igienicosanitarie del 1962, quando sono nate quelle norme. Penso che nell’arco di questo
quarantennio il nostro Paese abbia compiuto dei passi avanti verso la migliore
conoscenza delle buone prassi igieniche
da parte anche degli operatori alimentaristi. L’operatore alimentarista, inoltre, deve
essere inserito in un circuito, in una filiera.
Se si fa riferimento al fatto che ci possono
essere delle mucche che hanno la tubercolosi, evidentemente vuol dire che a
monte non funziona un sistema di prevenzione che deve riguardare tutta la
filiera: le stalle, le mucche, le condizioni
igienico-sanitarie, la sanità animale e via
elencando. Potremmo anche avere un alimentarista sano o un alimentarista sottoposto tutti i giorni a dei controlli, ma se il
controllo non riguarderà il ciclo completo
degli alimenti, il consumatore non sarà
mai tutelato. Queste sono le ragioni per
cui dobbiamo puntare all’applicazione
seria del sistema HACCP nelle imprese.
All’interno di questo sistema sono previste la formazione e l’informazione dell’operatore, ed è su questo che si gioca la
sfida di un futuro che ci veda intelligentemente impegnati nell’igiene e nella
salubrità degli alimenti adoperando i canoni e i crismi più moderni della sanità
pubblica odierna.
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MARINO, relatore. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARINO, relatore. Signor Presidente,
stiamo svolgendo una buona discussione
e di questo devo dare atto al Consiglio e ai
consiglieri che sono intervenuti. È chiaro
che, se passasse questo emendamento, faremmo bene a ritirare il disegno di legge e a
reinserire i libretti sanitari. Questo emendamento, a mio avviso, va contro la filosofia stessa del disegno di legge. Torno a
dire che con questa legge stiamo abolendo il libretto sanitario, non stiamo cancellando l’igiene pubblica, la prevenzione o il
lavoro che stanno svolgendo gli operatori
del settore. Dovremmo sviluppare un ragionamento ed una discussione tra di noi
per capire come rafforzare la prevenzione e
l’igiene pubblica, ma questo è un altro discorso. Non ha nulla a che vedere con
l’abolizione del libretto sanitario. Il ragionamento pacato e consapevole del consigliere Saccomanno non risponde alla filosofia di questa legge che è una mera semplificazione.
In alcuni degli emendamenti proposti
da chi vi parla e dal consigliere Potì si fa
riferimento a figure professionali nuove
che, fino ad oggi, neanche nel campo dell’igiene pubblica, sono state utilizzate,
perlomeno in questa regione. Lo sforzo
deve essere quello di incamminarci, come
suggeriva il collega Zullo, lungo la strada
attraverso questa legge che rappresenta
un tratto, ma anche mediante una seria
politica di prevenzione. Occorre incamminarci lungo la strada dei processi di controllo delle catene alimentari. Occorre inoltre controllare i luoghi nei quali andiamo
a comprare questi alimenti. Credo che sia
questa la funzione più forte. Facciamo un
richiamo all’assessore: insieme dobbiamo
costruire, anche attraverso il piano della
salute, una più forte e più articolata conoscenza dei processi alimentari, ma anche
un controllo più incisivo su questi processi. Questa è la logica che ci deve guidare. Non possiamo tornare indietro votando questo emendamento. In qualità di
Presidente della Commissione, ma credo
di parlare anche a nome della maggioranza, dichiaro il parere contrario a questo
emendamento.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare
l’assessore Tedesco.
TEDESCO. Colleghi, credo che il te-
nore della discussione sia un tenore estremamente responsabile. Sostanzialmente
pone la necessità di un salto di qualità,
non soltanto nella costruzione di strategie adeguate di controllo dei processi di
produzione e di manipolazione degli alimenti nel nostro sistema regionale, ma
anche un problema di crescita culturale e
di mentalità degli addetti ai lavori. Come
diceva giustamente il collega
Saccomanno, è un processo lungo e complesso nel corso del quale non vengono
allentati i sistemi di controllo esistenti,
che sono puntuali e che certo vanno rafforzati. Il problema che noi dobbiamo
porci è quello di stabilire se la nostra rete
di controllo è adeguata alla funzione, cioè
se rispetto a determinate incombenze e
competenze non sia il caso di forzare certi
vincoli e certi blocchi sopratutto di assunzione di determinate categorie che, all’interno del servizio sanitario, svolgono
un ruolo fondamentale nella tutela della
salute collettiva. Non credo che l’emendamento proposto dai colleghi Surico e
Saccomanno da questo punto di vista costituisca una garanzia, perché ripercorre
altre modalità di controllo che pure sono
individuate da altra normativa. Penso ad
esempio alla legge n. 626 che riguarda il
personale addetto alla lavorazione dei prodotti alimentari. Questa è la validità del
problema posto dal collega Surico con
l’emendamento e dal collega Saccomanno
con la sua raccomandazione e colto anche dal Presidente Marino che parla di
filiera della tutela della salute. L’emendamento, pertanto, non coglie l’obiettivo
che si propone. Piuttosto, esso ha centrato l’obiettivo di animare una discussione ulteriore della quale il Governo non
potrà non tenerne conto nell’attività di
rafforzamento e di sempre migliore
adeguamento di una struttura di servizi di
prevenzione innanzitutto, prima ancora
che di controllo, per quanto riguarda la
materia di cui ci stiamo occupando.
PRESIDENTE. Comunico che l’emendamento è ritirato dai proponenti. Pongo
ai voti l’articolo 5. È approvato. art. 6 (Informazione alla popolazione) 1. La Giunta regionale definisce, sentite le Associazioni dei consumatori, i contenuti, le
modalità e gli strumenti per lo svolgimento di adeguate campagne informative rivolte alla popolazione sulle modalità efficaci di prevenzione delle malat-
tie trasmesse dagli alimenti. Lo pongo
ai voti. È approvato. art. 7 (Obblighi del
responsabile dell’industria alimentare)
1. Fermo restando quanto previsto dal
d. lgs. 155/1997, il responsabile dell’industria alimentare deve adibire alle
mansioni a rischio di cui all’articolo 4,
comma 2, lettera a) il personale alimentarista in possesso della attestazione
comprovante l’avvenuta formazione coerente con il tipo di attività svolta. Lo
pongo ai voti. È approvato. art. 8 (Sanzioni) 1. Il mancato possesso dell’attestato di formazione per il personale alimentarista soggetto a tale obbligo ai sensi della presente legge e la violazione
dell’articolo 7, è punito con una sanzione amministrativa da 250,00 a 1.000,00
euro. 2. I soggetti incaricati del controllo ai sensi della normativa vigente procedono alla applicazione della sanzione amministrativa, qualora i contravventori non provvedano ad eliminare il mancato adempimento entro il termine indicato da medesimo soggetto controllore,
che comunque non dovrà essere superiore a novanta giorni. 3. I proventi
rivenienti dall’azione sanzionatoria devono essere versati all’ufficio
contenzioso della Regione. È stato presentato un emendamento (n. 4) a firma dei
consiglieri Potì e Marino, del quale do lettura: «All’art. 8, comma 1, 1° rigo, premettere la frase “Fatto salvo quanto previsto dal successivo art. 9”». Lo pongo
ai voti. È approvato. È stato presentato
un emendamento (n. 5) a firma dei consiglieri Potì e Marino, del quale do lettura: «
All’art. 8, comma 1, 2° rigo, sostituire le
parole “è punito” con le parole “sono
punite”». Lo pongo ai voti. È approvato.
Pongo ai voti l’articolo 8, nel testo emendato. È approvato. art. 9 (Norme transitorie) 1. Nelle more dell’adozione da
parte della Giunta regionale del regolamento di cui all’art. 4, comma 2, le
Aziende sanitarie locali devono applicare le disposizioni di cui al d. lgs. 155/
1997. Lo pongo ai voti. È approvato. Pongo ai voti il disegno di legge “Abolizione
del libretto di idoneità sanitaria per gli alimentaristi e formazione del personale alimentarista” nel suo complesso. È approvato. È stata avanzata richiesta di urgenza. La pongo ai voti. È approvata. Il Consiglio sarà convocato a domicilio. La seduta è tolta (ore 14,23).
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Emergenza
Il contributo del volontariato
infermieristico nelle maxi emergenze
Al centro del 1° congresso nazionale CIVES svoltosi a Casarano
Rosaria Capotosto*, Alessandro Paolucci **, Michele Fortuna ***
Con la concessione dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con
un messaggio del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, si è svolto recentemente
a Casarano il 1° Congresso Nazionale
CIVES - Coordinamento Infermieri Volontari per l’Emergenza Sanitaria
“Maxiemergenze e catastrofi: ruoli e
competenze”.
Le attività di protezione civile, si sa,
sono costituite prevalentemente dalle
problematiche legate alla previsione e prevenzione dei rischi che insistono sul nostro territorio cercando di predisporre, e
spesso con non poche difficoltà, una attività di informazione rivolta alla popolazione, effettuata con utili esercitazioni,
vero e proprio banco di prova di una organizzazione in grado di fornire una risposta adeguata e consona al tipo di emergenza da affrontare. La conoscenza del
rischio dunque, delle sue cause, del suo
svolgersi e dei suoi effetti, educa alla convivenza “intelligente” con il rischio e spinge ad adottare il comportamento più coerente con esso.
Tale conoscenza deve essere
capillarmente diffusa, con la consapevolezza che vite umane possono essere salvate se, al verificarsi di eventi estremi, si
adottano gli opportuni protocolli sanitari
e tecnici.
Le competenze di Operatori Sanitari e
VV.F., costituiscono dunque, la base per
lo studio del rischio e possono essere
conseguiti attraverso un processo di formazione continua , e attraverso l'informazione, l'educazione alla salute e le ripetute
simulazioni . L’esercitazione diviene quindi uno strumento prezioso attraverso il
quale è possibile testare l’efficacia e la
validità di un modello di intervento per
fronteggiare una grande emergenza.
Nell’ambito del Meccanismo Comunitario istituito con decisione (2001/792/CE)
del Consiglio dell’Unione Europea del 23
ottobre 2001, la Commissione europea
prevede un’attività formativa che includa
anche le esercitazioni per la simulazione
delle grandi emergenze. Il Cives - Coordinamento Infermieri Volontari per l’Emergenza Sanitaria è un'Associazione autonoma non lucrativa, nata da un progetto
elaborato dalla Federazione Nazionale dei
Collegi IPASVI, regolarmente iscritta nel
registro del Servizio Nazionale di Protezione Civile.
L'organizzazione di volontariato
professionistico (che conta ormai numerosi Nuclei Provinciali) è costituita da Infermieri iscritti all'Albo Professionale ed
è presente in iniziative di Protezione Civile al fianco delle Istituzioni dello Stato e
delle autonomie locali.
Seppur relativamente giovane rispetto ad altre associazioni di volontariato,
CIVES è già stato coinvolto in numerose
missioni di protezione civile fra le quali:
Missione Arcobaleno, Emergenza Comiso,
Emergenza eruzione vulcano Etna 2001 –
2002- 2003, la missione in Sri Lanka in aiuto alle popolazioni colpite dallo Tsunami,
l’assistenza ai pellegrini in occasione della morte di S.S. Giovanni Paolo II, l’insediamento di S.S. Papa Benedetto XVI, il
Congresso Eucaristico a Bari nel 2005, il
grande evento Luis Vuitton Cup a Trapani , la partecipazione ad esercitazioni internazionali di protezione civile come
EUROSOT 2005 e MESIMEX 2006.
In Puglia sono stati attivati i due nuclei provinciali di Foggia e Lecce, con a
capo in qualità di Referenti rispettivamente, a Foggia, la infermiera Rosaria
Capotosto (componente del Comitato di
Garanzia Nazionale) e a Lecce, l’infermiere Romeo Delle Donne. Ma la Puglia può
essere ben orgogliosa dei suoi professionisti infermieri: sono stati infatti eletti nel
Direttivo Nazionale Lorenzo De
Benedittis e il Dr. Michele Fortuna, quest’ultimo con la carica di Vice-Presidente
Nazionale CIVES.
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Parlavamo di soccorso tecnico e sanitario e tutto ciò che è stato visto di recente a Casarano (LE) nell’ambito del I° Congresso nazionale CIVES “Maxiemergenze
e catastrofi, ruoli e competenze”, è di sicuro la massima espressione di ciò che
dovrebbe essere l’intervento in favore
delle popolazioni coinvolte in una
maxiemergenza, ovvero la complementarietà fra il soccorso sanitario ed il
soccorso tecnico dei VV.F. un dialogo
completo al quale si giunge con persone
speciali, come i Vigili del Fuoco e gli Infermieri CIVES.
Essi riescono ad esprimere la massima efficienza nei soccorsi, poiché formati alle recenti disposizioni di legge e
con le competenze acquisite con i vari livelli di formazione, non ultimo il livello
universitario per la professione
infermieristica. E ciò che hanno ribadito
gli illustri e autorevoli ospiti giunti in rappresentanza delle varie Istituzioni, fra questi la Dr.ssa Adriana Volpini, in rappresentanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile Nazionale Dott. Guido
Bertolaso, il sottosegretario al Ministero
della Salute On. A. Gaglione in rappresentanza del Ministro On. L. Turco, il Gen.
Michele Donvito per la Sanità Militare, il
Direttore regionale dei Vigili del Fuoco per
la Puglia Dr. Ing. A. Volpini, il Presidente
nazionale del SIS 118 Dott. Mario Costa,
il Dott. M. La Pietra dell’Ufficio del
Volontariato per il Dipartimento di Protezione Civile Nazionale, il Dott. Enrico
Lumini Presidente Nazionale CIVES, il
Prefetto di Lecce S.E. Dott. Gianfranco
Casilli, il Sindaco di Casarano Dott.
Remigio Venuti, rappresentanti della
C.R.I., dell’ANPAS e delle Misericordie.
Negli interventi degli autorevoli
relatori, si è ribadita la necessità di avere
un soccorso sempre più qualificato e professionale, lasciando confluire in maniera
sinergica le singole capacità individuali.
L’esercitazione che ha avuto come scenario di rischio quello di un incidente ferroviario in prossimità della stazione di
Casarano, (scontro ad un passaggio a livello di un pullmann contro un treno), è
stata un ottima occasione per testare e
sperimentare il sistema di allertamento, e
la risposta a tale evenienza.
Un aiuto fondamentale alla realizzazione dell’esercitazione è venuto sicuramente
dalla Prefettura di Lecce, e in particolare
dalla Dr.ssa Beatrice Mariano Vice Prefetto Aggiunto, con la quale CIVES ha tro-
Esercitazione di Casarano, parte integrante del 1° Congresso nazionale CIVES
vato fin da subito, un punto d’intesa,
importante anche il contributo della Provincia di Lecce presente con il Geom.
Scarcella.
Il coordinatore dell’esercitazione è
stato il Dott. Gaetano Dipietro, direttore
della C.O. 118 della sesta provincia
pugliese BAT, il quale ben coadiuvato dal
gruppo degli Infermieri CIVES, ancora una
volta ha dimostrato le sue grandi capacità gestionali e operative in caso di
maxiemergenza; la collaborazione con i
Vigili del Fuoco (ai quali va l’apprezzamento maggiore per l’alta professionalità
dimostrata ancora una volta sul campo),
con la C.O. 118 di Lecce, con il Comune
di Casarano, con le Forze dell’Ordine,
Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato, Polizia Municipale di Casarano, Polizia Provinciale, ma anche le FF.AA. con il 61°
Stormo dell’Aeronautica Militare di
Galatina, presente con un proprio equipaggio durante le fasi di soccorso,
coadiuvate dal capo Infermeria Col.
Capone, che ha fatto sì che l’esercitazione interforze riuscisse a raggiungere gli
obiettivi prefissati. Un ringraziamento
particolare alle Ferrovie del Sud Est ed al
personale tutto che ha collaborato attivamente alla realizzazione dell’impianto
esercitativo. Concludendo, possiamo dire
che il percorso formativo degli infermieri
e le particolari capacità organizzative che
essi sviluppano per l’esercizio della professione li rendono tra le figure professionali più idonee per la pianificazione, la
valutazione e l’attuazione di un Piano
Operativo di Protezione Civile.
La professionalità dell’infermiere e
dell’infermiere CIVES in particolare, impone che non ci sia posto per l’improvvisazione, da non confondere con la straordinaria capacità di adattamento alle condizioni che ogni scenario di maxiemergenza può presentare.
Egli interpreta nel lavoro quotidiano
ed in situazioni straordinarie come le
maxiemergenze, una formazione conquistata nel tempo, unita ad una grande esperienza maturata sul campo.
Il mondo infermieristico è da sempre,
per propria cultura attento e sensibile al
tema della solidarietà e dell’aiuto alle fasce deboli della società ed alle popolazioni vittime di eventi devastanti.
Studiare i rischi e conoscerli, è la base
per adottare tutti i provvedimenti per poterli limitare.
Gestire l’assistenza in una situazione
di maxiemergenza significa aver maturato, come professionista, una buona
metodologia del soccorso. Bello poi, lo
stretto rapporto instauratosi tra la Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco della
Puglia e il Coordinamento Infermieri Volontari per l’Emergenza Sanitaria, che ci
fa ben sperare in un modello condiviso
di intervento, con la speranza di avere
ben poche occasioni di applicare detti
protocolli.
* Componente Comitato Garanzia Nazionale CIVES
** Vigile del Fuoco permanente, aereosoccoritore, resp. operativo prov.le S.A.F. per il
Comando VV.F. Foggia
*** Vice-Presidente Nazionale CIVES
n. 91 Settembre-Ottobre 2007 ..........................................................................................................................................
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TuttoSanità
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Interventi
L’ospedale e la metafora dell’aereoporto
L’area d’ingresso fulcro strutturale e funzionale del “sistema dei percorsi”
Luigi Cosentino *
Quante volte,entrando in un ospedale, ci siamo sentiti persi e disorientati davanti a un cartellone direzionale incomprensibile o a un improvvisato avviso attaccato alla bell’e meglio su una porta o
su una vetrata? Quante volte per cercare
un ambulatorio abbiamo incrociato la zona
delle degenze o dei servizi?
È possibile immaginare un ospedale a
“dimensione d’uomo”, facile da interpretare, con uno spazio all’ingresso ampio e
luminoso, accogliente, quale “luogo domestico” dove l’utente (paziente, visitatore) riesca a percepire in modo semplice
e intuitivo la direzione da seguire senza
incrociare o disturbare altri percorsi?
Bisognerebbe costruire, o più realisticamente ristrutturare, l’ospedale secondo la logica organizzativa di un aeroporto.
“Nulla più dell’aereoporto esprime
la libertà…la trasparenza, la luminosità…l’umanità ordinata e curiosa…;
tutto è preciso, scritto, detto e ribadito
in diverse lingue, il destino è segnato
dalla carta d’imbarco, e non puoi sbagliare aereo… e non puoi saltare per
errore un’uscita…; gli aeroporti sono
fatti con la ragione e per la ragione,
sono concentrati di informazioni che
prevedono e correggono l’errore…” (F.
Merlo, 2007).
In effetti la prima impressione che si
ha entrando in un aeroporto è quella di
ordine e regolarità dei flussi delle persone che seguono dei percorsi precisi, distinti e prestabiliti. Alla base di questa organizzazione semplice e funzionale che
orienta e accompagna i passeggeri vi
sono tre fattori fondamentali:
1) La segmentazione della domanda:
gli utenti esprimono domande distinte
(partenze, arrivi, voli nazionali, voli internazionali) che vengono gestite e soddisfatte separatamente mediante “percorsi
specifici e ben identificabili”costruiti con
soluzioni architettoniche che assicurano
funzionalità e rapidità di collegamento tra
le diverse aree;
2) La semplicità dei percorsi: il percor-
so (che mette in contatto l’utente con il
servizio) è reso semplice, elementare, facilmente fruibile (uso differenziato dei colori, passaggi obbligati, lingue diverse,
etc.). Poche “regole semplici” e una certa
“ridondanza dell’informazione” (ripetizione regolare delle indicazioni) governano
il contesto organizzativo-aereoporto e
guidano l’utente consentendogli di individuare con facilità il proprio percorso (es.
imbarco, uscita) e di verificare regolarmente se si trova sulla strada giusta.
3) L’uso attivo dell’informazione: l’organizzazione mette a disposizione dell’utente tutte le informazioni di cui ha bisogno per trovare e seguire il proprio percorso-obbiettivo anche se, per fare questo, deve in qualche modo “attivarsi” ossia deve cercare le informazioni che sono
largamente disponibili e facilmente
comprensibili ; si tratta di una vera comunicazione di servizio (“comunicazione di
raccordo”: tra l’organizzazione e/o parti
di essa e singoli utenti). È l’esatto contrario dell’ “uso burocratico dell’informazione” (D.F.Romano, 2007) che costringe
l’utente a richiedere in modo esplicito l’informazione a chi la possiede (un servizio,
un ufficio, un operatore, etc.) e che, probabilmente(?!!), gliela concederà.
Resta allora da chiedersi se effettivamente il modello organizzativo dell’aereoporto sia in qualche modo applicabile all’ospedale.
La domanda è volutamente retorica in
quanto le attuali tendenze di architettura
ospedaliera adottano soluzioni progettuali
che tendono ad “umanizzare” la struttura
fisica consentendo quelle innovazioni
organizzative capaci di soddisfare i bisogni dei pazienti che devono essere posti
“al centro dell’organizzazione stessa”.
Ciò vale naturalmente quando si costruisce ex novo un ospedale ma anche
quando si deve ampliare e ristrutturare un
vecchio ospedale. Infatti anche in ospedale afferisce una “domanda segmentata”
(pazienti, visitatori, etc.) con obbiettivi dif-
ferenziati (ambulatori, servizi diagnostici,
degenze, uffici amministrativi, etc.) e quindi il fulcro strutturale e funzionale del “sistema dei percorsi” è l’area d’ingresso attorno alla quale l’ospedale si organizza
per fasce di diversa intensità assistenziale e dalla quale si accede a tutti i percorsi
identificati ( per pazienti, visitatori, operatori: funzione di accoglienza e orientamento; separazione dei differenti flussi di
traffico).
E tuttavia la sola configurazione
organizzativa non può bastare. In una organizzazione complessa di tipo matriciale
come l’ospedale il “sistema di comunicazione” assume un ruolo centrale finendo
per sovrapporsi e identificarsi con l’organizzazione stessa (D.F.Romano, 2007).
Nel caso specifico la “comunicazione di raccordo” ma anche la “comunicazione interpersonale”(tra operatori e utenti) che deve tendere ad avvicinare i mondi, i modi di pensare, i modelli culturali di
chi eroga il servizio e di chi lo fruisce,
orientando le interazioni tra persone e favorendo la costruzione di significati condivisi.
È necessario “catturare i modi specifici attraverso i quali, nelle organizzazioni, così come negli ambienti di vita
quotidiana, si produce senso (sensemaking)” (M.Niero, 2006); bisogna cioè
individuare i modi attraverso i quali le
persone (individualmente o in gruppo) costruiscono il significato delle cose e delle
loro azioni. Tenendo ben a mente che il
miglioramento e l’innovazione,nei sistemi complessi,emergono spontaneamente
dalle “interazioni locali” degli individui
e non possono essere imposti dall’ alto o
dall’esterno (P.E.Plsek,2001).
Ma per fare questo occorre cambiare
la cultura delle organizzazioni sanitarie.
Evolvere culturalmente. E qui l’impresa diventa davvero difficile.
* Direttore Medico P.O. CopertinoNardò
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Documentazione
Informazione scientifica del farmaco: il regolamento regionale
Il testo integrale del R.R. 16.7.2007 n. 17 pubblicato sul BUR n. 102 del 18 luglio
Regolamento Regionale 16 Luglio 2007, N. 17 - Regolamento per
le attività di informazione scientifica sul farmaco, art. 48 commi
21,22,23,24 della l. 24.11.2003 n.
326. (BUR n. 102 del 18 luglio 2007)
€ codice identificativo dell’Azienda stessa ed eventuali aziende farmaceutiche consocia-te/associate;
€ autocertificazione dei requisiti
previsti dall’art.122 del D.Lvo 219/06,
con particolare riferimento a:
Il Presidente della Giunta Regionale
- Visto l’art. 121 della Costituzione,
così come modificato dalla legge costituzionale 22 novembre 1999 n. 1,
nella parte in cui attribuisce al Presidente della Giunta Regionale l’ emanazione dei regolamenti regionali.
- Visto l’art. 42, comma 2°, lett. c)
della L.R. del 12/05/2004, n.7 “Statuto
della Regione Puglia”.
- Visto l’art. 44, comma 2°, della
L.R. del 12/05/2004, n.7 “Statuto della
Regione Puglia”.
- Vista la L. 24/11/2003, n. 326, Art.
48 commi 21, 22, 23 e 24.
- Vista la Delibera di Giunta Regionale n. 890 del 19/06/2007 di adozione di
un regolamento attuativo della legge.
- titolo di studio;
- attività svolta sulla base di un
rapporto di lavoro instaurato con
un’unica impresa farmaceutica;
- il nominativo del responsabile
scientifico da cui dipendono gli ISF;
- il responsabile aziendale della
farmacovigilanza;
- gli ISF devono essere dotati di
tesserino di riconoscimento (foto
compresa), che riporti i seguenti dati:
€ nome e cognome;
€ codice fiscale;
€ data inizio attività presso 1’Azienda farmaceutica;
€ logo e nome dell’Azienda farmaceutica;
€ codice identificativo a barre che individui l’ISF e l’Azienda farmaceutica;
€ area terapeutica nella quale l’ISF
opera;
€ ambito territoriale e/o ASL e/o
AO nelle quali l’ISF opera.
Detto tesserino è fornito dalle rispettive Aziende farmaceutiche e vidimato dalla Regione Puglia, sulla
base degli elenchi dei nominativi inviati all’Assessorato alle Politiche
della Salute. L’informatore scientifico
deve esibire il tesserino per l’accesso
nelle strutture del SSR, incluse quelle
convenzionate.
Ogni successiva variazione dell’elenco dei nominativi dovrà essere
tempestivamente (max 30 giorni) comunicata alla Regione, Assessorato alle
Politiche della Salute; in caso di cessazione del rapporto di lavoro il tesserino
EMANA
Il seguente Regolamento:
Titolo I
Attività di Informazione Scientifica
sui farmaci nella Regione Puglia
Art.1 - Le Aziende farmaceutiche
che intendono svolgere attività di informazione scientifica sui farmaci nella Regione Puglia, comunicano all’Assessorato alle Politiche della Salute:
€ nome, cognome, codice fiscale e
data di inizio dell’attività dei propri informatori scientifici (ISF), specificando l’eventuale area terapeutica che
essi rappresentano e 1’ambito territoriale in cui svolgono la loro attività;
dovrà essere ritirato immediatamente
dall’Azienda farmaceutica.
Art. 2 - Lo svolgimento dell’attività degli ISF all’interno delle strutture
del SSR, viene assicurato e agevolato
dalle Direzioni delle suddette strutture attraverso 1’individuazione di locali idonei (esempio sala medici, biblioteca di reparto, studio del medico) in
fasce orarie concordate con il responsabile dell’unità operativa, sensibilizzando la disponibilità dei medici e farmacisti e promuovendo la condivisione di una politica aziendale di programmazione degli incontri di informazione scientifica sui farmaci mediante visite individuali preferibilmente su appuntamento e attraverso
incontri collegiali organizzati dalle Direzioni medesime e/o dal responsabile
del reparto/unità operativa. Non sarà
pertanto ammesso lo svolgimento dell’attività di informazione medico
scientifica all’interno dei reparti di degenza nonché negli ambulatori specialistici durante l’orario di visita dei
pazienti.
Lo svolgimento dell’attività degli
ISF negli studi medici convenzionati
(MMG, PLS e Guardia Medica) avviene in apposito orario, concordato con
il medico, nei giorni dal lunedì al venerdì e comunque nel rispetto del
CCNL.
Titolo II
Servizio di Informazione
scientifica sui farmaci presso tutti
i medici interessati alla prescrizione
Art. 3 - Al fine di agevolare la programmazione degli incontri, deve essere apposto negli studi medici convenzionati e nelle strutture del SSR un
apposito cartello, su modello univoco
della Regione Puglia, nel quale siano
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Settembre-Ottobre 2007
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chiaramente individuati gli orari e le
modalità di ricevimento degli ISF.
Art. 4 - Il numero delle visite individuali di ogni ISF ai singoli medici è
quantificabile in un numero massimo
di 5 (cinque) visite annuali per ogni
medico interessato alla prescrizione.
Qualora un ISF sia responsabile del
servizio di informazione scientifica di
più prodotti, il numero massimo di visite rimane comunque determinato, in 5
(cinque) per anno per medico, fatta salva l’esigenza di veicolare nuove informazioni rilevanti sull’uso appropriato
dei medicinali (modifiche dell’RCP - es.
nuove indicazioni terapeutiche - o nuove informazioni sulla sicurezza - es. avvertenze, eventi avversi, controindicazioni, effetti collaterali).
Art. 5 - Gli ISF devono svolgere l’attività professionale prevista dalla normativa vigente, presso i medici individualmente; la presenza del capoarea o
di altre figure professionali non correlate all’attività di informazione scientifica, è ammessa solo per funzioni diverse dall’informazione scientifica.
Art. 6 - Gli ISF non possono svolgere alcuna attività di tipo commerciale presso le farmacie, sia ospedaliere
che aperte al pubblico (convenzionate). Gli Informatori Scientifici del Farmaco non possono chiedere al farmacista informazioni sulle abitudini prescrittive dei medici.
Non è consentito inoltre, agli operatori del SSN e delle farmacie convenzionate, fornire agli informatori
scientifici né indicazioni relative alle
abitudini prescrittive dei medici né informazioni inerenti le procedure di acquisto dei medicinali.
Art. 7 - È fatto obbligo alle aziende
farmaceutiche di comunicare alla Regione Puglia, Assessorato alle Politiche della Salute, ogni sei mesi, entro il
31 gennaio a il 31 luglio di ogni anno:
- il numero dei medici e dei farmacisti operanti nella Regione oggetto
dell’attività di informazione scientifica del farmaco;
- il numero medio mensile di interventi effettuati dagli ISF presso i singoli operatori sanitari oggetto dell’at-
tività di informazione scientifica.
Titolo III
Cessione e acquisizione
di campioni gratuiti
(art. 125 D. Lvo. 219/06)
Art. 8 - I campioni gratuiti di cui
all’art. 125 del D. Lvo. 219/06 possono essere consegnati dagli ISF, ai medici autorizzati a prescrivere il
medicinale,secondo i criteri di seguito schematizzati:
€ due campioni a visita per ogni
dosaggio o forma farmaceutica di un
medicinale, esclusivamente nei diciotto mesi successivi alla prima commercializzazione del prodotto ed entro il
limite massimo di 8 (otto) campioni annui per ogni dosaggio e forma;
€ per i farmaci in commercio da più
di diciotto mesi, invece, gli ISF possono consegnare al medico non più di 4
(quattro) campioni complessivi a visita entro il limite massimo di 10 (dieci)
campioni annui, scelti nell’ambito del
listino aziendale.
I suddetti limiti quantitativi non si
applicano alla fornitura di campioni di
farmaci non rimborsabili dal SSN.
Art. 9 - La consegna gratuita dei
campioni di medicinali, ai medici autorizzati a prescriverli, è subordinata ad
una richiesta scritta – che riporti in
modo leggibile la data, il nome e cognome, il timbro e la firma del medico
richiedente, il numero di campioni per
farmaco di ogni dosaggio e forma farmaceutica. Le Aziende farmaceutiche
sono tenute a farsi consegnare dagli
ISF ogni richiesta medica, conservarla
per 18 mesi, e a fornire la suddetta documentazione in caso di richiesta da
parte della Regione.
I1 medico che ha richiesto i campioni secondo le modalità sopra descritte e secondo le qualità indicate, è
direttamente responsabile della gestione e della corretta conservazione
dei campioni stessi.
Art. 10 - Fatto salvo quanto previsto per i campioni gratuiti non è consentita la cessione a titolo gratuito di
medicinali. Per i farmaci destinati ad
“uso compassionevole” o alle speri-
mentazioni cliniche si fa riferimento
alla specifica normativa vigente (Decreto 8.5.2003 e D. Lvo 211/2003).
Titolo IV
Materiale informativo
(art. 120 D. Lvo. 219/06)
Art. 11 - È consentito utilizzare per
l’informazione al medico solo materiale autorizzato dal Ministero della Salute (ora Agenzia Italiana del Farmaco), ai sensi della normativa vigente.
Ad ogni visita, gli ISF devono
consegnare al medico, per ciascun
medicinale presentato, il Riassunto
delle Caratteristiche del Prodotto,
completo delle informazioni sul prezzo
e, se del caso, delle condizioni alle
quali il prodotto può essere prescritto
con onere a carico del Servizio Sanitario Nazionale, fatto salvo quanto previsto dall’art. 122 del D. Lvo. 219/06.
Nessun altra documentazione può
essere fornita al medico se non sono
trascorsi 10 giorni dalla data di deposito della documentazione stessa
presso l’Agenzia Italiana del Farmaco. Detta data deve essere riportata
nel materiale divulgato.
In ogni caso le informazioni contenute nella suddetta documentazione
devono essere conformi alla documentazione presentata ai fini del rilascio o modifica dell’Autorizzazione all’immissione in commercio (AIC).
Pertanto nessun altro materiale,
quale ad es. documentazione ad uso
interno da parte dell’Azienda farmaceutica può essere utilizzato ai fini dell’informazione scientifica dagli ISF.
Sono fatti salvi gli adempimenti
previsti in materia di farmacovigilanza.
Gli informatori Scientifici del Farmaco (ISF) devono trasmettere all’Azienda USL ogni singola reazione
avversa di farmaci di cui dovessero
venire a conoscenza.
Art. 12 - Concessione di prodotti
gratuiti promozionale di valore trascurabile (art. 123 D. Lvo. 219/06)
L’art. 123 del D. Lvo. 219/06 nel
quadro dell’attività di informazione e
presentazione dei medicinali svolta
presso i medici o farmacisti prevede il
divieto di concedere, offrire o promet-
n. 91 Settembre-Ottobre 2007 ..........................................................................................................................................
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tere premi, vantaggi pecuniari o in natura, salvo che siano di valore trascurabile e siano comunque collegabili all’attività espletata dal medico e dal
farmacista.
La quantificazione del predetto valore trascurabile a fissata in un massimo di 20,00 annui per Azienda farmaceutica per ogni singolo medico o farmacista.
Le Aziende Farmaceutiche comunicheranno alle ASL gli omaggi di
“valore trascurabile” in distribuzione
ai medici e ai farmacisti indicando il
valore dell’omaggio.
Considerato che il valore in costo
di abbonamenti alle riviste scientifiche, di testi, di documenti su supporto informatico, ecc., collegati all’attività espletata dal medico e dal farmacista è generalmente superiore a
20,00 superando quindi i limiti posti
dalla determinazione della quantificazione del “valore trascurabile”, viene
stabilito che la cessione gratuita di
detto materiale può essere effettuata
solo a favore delle unità operative
delle AO/ASL.
In questo caso l’Azienda farmaceutica è tenuta a darne comunicazione alle Direzioni aziendali delle ASL/
AO di appartenenza, in quanto detti
prodotti si configurano come un bene
comune a tutti gli operatori sanitari,
dipendenti o convenzionati, dell’Azienda sanitaria della Regione.
Per i medici di medicina generale e i
pediatri di libera scelta la cessione di
detto materiale viene effettuata presso il Distretto di competenza, salvo
diversi accordi tra medici convenzionati e azienda sanitaria.
Il materiale informativo di consultazione scientifica o di lavoro, non
specificamente attinente al medicinale, può essere ceduto a titolo gratuito
solo alle strutture sanitarie pubbliche.
Art. 13 - Convegni e congressi riguardanti i medicinali (art. 124 D.
L.vo 219/06 come modifica dell’art.
48, comma 23 della L 326/2003)
La normativa vigente prevede che
le aziende farmaceutiche, che organizzano o contribuiscono a realizzare
congressi, debbano essere previamente autorizzate dal Ministero della
Salute (ora Agenzia Italiana del Farmaco) sentita la Regione o Provincia
Autonoma dove ha sede 1’evento.
Le Aziende farmaceutiche comunicheranno alle Aziende Ospedaliere/
Aziende Sanitarie Locali della Regione Puglia i nominativi dei medici e dei
farmacisti loro dipendenti o convenzionati che a qualsiasi titolo partecipano a congressi, convegni, eventi
formativi di gruppo, ECM da loro organizzati e/o promossi e/o finanziati.
Gli operatori sanitari che, a qualsiasi titolo (relatori, ospiti ecc..), partecipano a iniziative promosse o finanziate
da aziende farmaceutiche, devono darne preventiva comunicazione alla
Azienda Sanitaria da cui dipendono.
A tal fine presso il responsabile
alla formazione di ogni azienda sanitaria e ospedaliera sarà istituito un registro, in analogia a quanto previsto dal
comma 22 dell’articolo 48 della Legge
326/2003.
Art. 14 - Vigilanza e controllo
La Regione Puglia, al fine di ridurre
alcune criticità dell’attuale sistema di
informazione scientifica come:
€ insufficienza di informazioni primarie e secondarie sul rapporto rischio-beneficio dei farmaci;
€ insufficienti garanzie che l’informazione scientifica sia garantita, in
modo uniforme, a tutti i medici;
€ insufficienti garanzie che l’informazione scientifica sia garantita, in
modo uniforme su tutti i medicinali;
€ indipendenza dell’informazione
scientifica;
€ marginalità dell’informazione
scientifica pubblica;
€ mancanza di una informazione
scientifica rivolta a strategie terapeutiche in funzione di categorie di farmaci;
provvede alla costituzione, a livello regionale di apposita commissione,
presieduta dall’Assessore alle Politiche della Salute o da un suo delegato,
nella quale sarà previsto un rappresentante di:
€ Ordine dei medici;
€ Ordine dei farmacisti;
€ Medici di medicina generale;
€ Pediatri di libera scelta;
€ Medici dipendenti del SSN;
€ Farmacisti dipendenti del SSN;
€ Assessorato alle Politiche della
Salute;
€ Farmindustria;
€ Associazioni degli informatori
scientifici.
€ Delle OO.SS. Confederali maggiormente rappresentative.
A detta commissione dovrà essere
demandata, ad integrazione della informazione scientifica prodotta dall’industria farmaceutica, la programmazione e realizzazione, anche in collaborazione con l’industria farmaceutica, di incontri, con tutti i sanitari
che operano nel bacino di utenza, su
specifici temi legati all’impiego dei
medicinali.
La stessa Commissione dovrà avviare processi di monitoraggio continuo per l’identificazione di strumenti,
modalità e azioni finalizzate all’applicazione ed alla verifica del rispetto
delle disposizioni previste dal presente provvedimento nonché alla definizione di indicatori di appropriatezza
dell’attività di informazione scientifica, anche in relazione all’andamento
della spesa farmaceutica.
La Regione Puglia dovrà, con proprio provvedimento individuare la tipologia e la gravità delle inadempienze relative al presente regolamento indicando eventuali sanzioni a carico
dell’Azienda Farmaceutica titolare
dell’AIC o dei sanitari inadempienti.
Per tutte le altre attività di informazione scientifica rimane in vigore
quanto già previsto sul tema dalla
normativa vigente.
Tutte le violazioni al presente
provvedimento e quelle relative al D.
Lvo. 219/06 verranno comunicate oltre che alle autorità competenti anche
al Ministero della Salute ed all’Agenzia Italiana del Farmaco ognuno per la
materia di propria competenza.
Il presente Regolamento sarà
pubblicato sul Bollettino Ufficiale
della Regione Puglia ai sensi e per
gli effetti dell’art. 53 comma 1
L.R.12/05/2004,n.7 “Statuto della
Regione Puglia”.
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TuttoSanità
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Documentazione
La Carta Europea dei diritti del Malato
Preambolo
Malgrado le loro differenze, i sistemi
sanitari nazionali dei paesi della Unione
Europea mettono a rischio gli stessi diritti
di pazienti, consumatori, utenti, famiglie,
soggetti deboli e comuni cittadini. Malgrado le solenni dichiarazioni sul “Modello sociale europeo” (il diritto all’accesso universale ai servizi sanitari), numerose limitazioni mettono in discussione la
effettività di questo diritto.
Come cittadini europei non accettiamo che i diritti possano essere affermati
in teoria e negati in pratica a causa di limiti finanziari. Questi, benché giustificati,
non possono legittimare la negazione o la
messa in discussione dei diritti dei pazienti. Noi non accettiamo che questi diritti
possano essere proclamati nelle leggi ma
non attuati, o affermati nei programmi elettorali ma dimenticati dopo la formazione
di un nuovo governo.
La Carta dei diritti fondamentali di
Nizza è stata incorporata nella nuova costituzione europea. Essa è la base della
definizione dei quattordici concreti diritti
dei pazienti attualmente a rischio: il diritto
a misure di prevenzione, all’accesso, alla
informazione, al consenso, alla libera scelta, alla privacy e alla confidenzialità, al rispetto del tempo dei pazienti, all’osservanza di standard di qualità, alla sicurezza, alla innovazione, a evitare sofferenze
e dolore non necessari, a un trattamento
personalizzato, al reclamo, al risarcimento. Questi diritti sono legati anche a numerose dichiarazioni e raccomandazioni
internazionali, emanate sia dalla Organizzazione mondiale della sanità che dal Consiglio d’Europa. Essi riguardano standard
organizzativi e parametri tecnici, così come
modelli professionali.
Ogni sistema sanitario nazionale dei
paesi della Unione europea si presenta in
modo differente con riguardo ai diritti dei
Il 29 marzo scorso si è celebrata
la Giornata Europea dei diritti del
malato. TuttoSanità pubblica la Carta Europea dei diritti del Malato, contenente i 14 diritti che devono essere
rispettati dai Sistemi Sanitari e che
hanno il loro presupposto nella Carta Europea dei Diritti Fondamentali.
pazienti. Essi possono avere carte dei diritti dei malati, specifiche leggi, regolamenti amministrativi, carte dei servizi, istituzioni come il difensore civico, procedure
come quelle conciliative. Altri possono
non avere niente di tutto questo. In ogni
caso, la presente Carta può aumentare il
livello di protezione dei diritti dei malati e
dei cittadini nei differenti contesti nazionali e può inoltre essere uno strumento
per una armonizzazione dei sistemi sanitari nazionali che favorisca i diritti dei pazienti e dei cittadini. Ciò è della massima
importanza, specialmente in relazione alla
libertà di movimento all’interno della Unione europea e al processo di allargamento
di essa.
La Carta è offerta all’attenzione della
società civile, delle istituzioni nazionali ed
europee e di chiunque altro sia nella condizione di contribuire, con azioni od omissioni, alla tutela o alla violazione di questi
diritti. A causa della sua connessione con
la attuale realtà europea e alle linee di tendenza presenti nei servizi sanitari, la Carta potrà essere sottoposta a future revisioni e potrà essere modificata nel corso
del tempo.
La messa in opera della Carta sarà affidata primariamente a quelle organizzazioni di cittadinanza attiva che operano
per i diritti dei pazienti al livello nazionale.
Essa richiederà anche l’impegno dei professionisti della sanità, così come dei manager, dei governi, dei corpi legislativi e
di quelli amministrativi.
Prima parte:
Diritti fondamentali
1. La Carta dei diritti fondamentali
della Unione Europea
- La Carta dei diritti fondamentali, che
rappresenta il primo “mattone” della costituzione europea, è il principale punto
di riferimento della presente Carta. Essa
afferma una serie di diritti universali, non
disponibili per gli organi dell’Unione e gli
stati membri ai quali si applica e neppure
per i singoli che ne godono. Questi diritti
trascendono l’appartenenza nazionale e
non sono quindi discriminati da criteri di
cittadinanza, ma riguardano la persona
umana come tale. Essi esistono anche
quando le leggi nazionali non prevedono
la loro tutela: la loro sola enunciazione
generale è sufficiente per legittimare ciascuno a reclamarne la traduzione in concrete procedure e garanzie positive. Secondo l’articolo 51, infatti, le leggi nazionali devono conformarsi alla Carta di Nizza,
ma questo non scavalca le costituzioni
nazionali, le quali saranno applicate quando garantiscono un più alto livello di protezione (art. 53).
In conclusione, i singoli diritti stabiliti
nella Carta di Nizza devono essere interpretati estensivamente, cosicché il richiamo ai correlati principi generali possa coprire gli eventuali vuoti nelle singole previsioni.
- L’articolo 35 della Carta di Nizza stabilisce un diritto alla salute come “diritto
di accedere alla prevenzione sanitaria e di
ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali”.
L’articolo 35, inoltre, stabilisce che l’Unione deve garantire “un alto livello di protezione della salute umana”, intendendo la
salute come un bene sia individuale che
sociale, ma anche come insieme dei servizi sanitari. Questa formula costituisce un
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criterio direttivo per i governi nazionali:
non fermarsi alle soglie di “standard minimi garantiti”, ma, nella diversità di capacità di prestazioni tra i vari sistemi, livellare
in alto.
- In aggiunta all’articolo 35, la Carta
dei diritti fondamentali contiene molte disposizioni che si riferiscono direttamente
o indirettamente ai diritti dei malati, e che
è pertanto utile richiamare: la inviolabilità
della dignità umana (articolo 1) e il diritto
alla vita (articolo 2); il diritto alla integrità
della persona (art. 3); il diritto alla sicurezza (art. 6); il diritto alla protezione dei
dati personali (art. 8); il diritto alla non
discriminazione (art. 21); il diritto alla diversità culturale, religiosa e linguistica
(art. 22); i diritti dei bambini (art. 24); i
diritti degli anziani (art. 25); il diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque (art. 31); il
diritto alla sicurezza sociale e all’assistenza
sociale (art. 34); il diritto alla protezione
dell’ambiente (art. 37); il diritto alla protezione dei consumatori (art. 38); la libertà
di movimento e residenza (art. 45).
2. Altri riferimenti internazionali
I quattordici diritti illustrati più avanti
sono anche legati ad altri documenti e dichiarazioni internazionali, provenienti in
particolare dalla Organizzazione mondiale della sanità e dal Consiglio d’Europa.
Per quanto riguarda l’OMS, i documenti più rilevanti sono: la Dichiarazione
sulla promozione dei diritti dei pazienti in
Europa, approvata adAmsterdam nel 1994;
la Carta di Lubiana sulla riforma dell’assistenza sanitaria, approvata nel 1996; la Dichiarazione di Jakarta sulla promozione
della salute nel 21mo secolo, approvata
nel 1997.
Per quanto riguarda il Consiglio d’Europa, va richiamata in particolare la Convenzione sui diritti umani e la biomedicina
del 1997, così come la Raccomandazione
Rec(2000)5 per lo sviluppo di istituzioni
per la partecipazione dei cittadini e dei
pazienti nei processi di decisione riguardanti l’assistenza sanitaria.
Tutti questi documenti considerano i
diritti dei cittadini in campo sanitario come
derivanti da diritti fondamentali e formano, pertanto, parte dello stesso processo
in cui è inserita la presente Carta.
Parte seconda:
14 diritti
dei pazienti
1. Diritto a misure preventive
Ogni individuo ha diritto a servizi
appropriati a prevenire la malattia.
Questa parte propone la proclamazione di quattordici diritti dei pazienti, che
nel loro insieme cercano di rendere i diritti
fondamentali richiamati sopra concreti,
applicabili e appropriati alla attuale fase
di transizione dei servizi sanitari.
Tutti questi diritti mirano a garantire
un “alto livello di protezione della salute
umana” (articolo 35 della Carta dei diritti
fondamentali) assicurando l’alta qualità
dei servizi erogati dai diversi sistemi sanitari nazionali.
Essi devono essere protetti in tutto il
territorio della Unione europea.
Riguardo ai 14 diritti, è necessario fare
alcune premesse:
- La definizione dei diritti implica che
sia i cittadini che gli altri attori della sanità
assumano le proprie responsabilità. I diritti sono infatti correlati sia con i doveri
che con le responsabilità.
- La Carta si applica a tutti gli individui,
riconoscendo il fatto che le differenze, come
l’età, il genere, la religione, lo status socioeconomico, il livello di alfabetizzazione, ecc.,
possono influenzare i bisogni individuali
di assistenza sanitaria.
- La Carta non intende prendere posizione su questioni di tipo etico.
- La Carta definisce diritti che sono
validi negli attuali sistemi sanitari europei.
Essa potrà essere quindi rivista e modificata per tenere conto della loro evoluzione, nonché dello sviluppo della ricerca
scientifica e tecnologica.
- I quattordici diritti sono una
concretizzazione di diritti fondamentali e,
come tali, devono essere riconosciuti e
rispettati indipendentemente da limitazioni
finanziarie, economiche o politiche, tenendo conto dei criteri di appropriatezza.
- Il rispetto di questi diritti implica il
soddisfacimento sia di requisiti tecnici e
organizzativi, sia di modelli comportamentali e professionali.
Questi diritti, perciò, richiedono una
riforma globale dei modi in cui operano i
sistemi sanitari nazionali.
- Ogni articolo della Carta si riferisce a
un diritto e lo definisce e illustra, senza la
pretesa di prevedere tutte le possibili situazioni a cui esso si riferisce.
I servizi sanitari hanno il dovere di perseguire questo fine incrementando la consapevolezza delle persone, garantendo
procedure sanitarie a intervalli regolari e
libere da costi per i diversi gruppi di popolazione a rischio, e rendendo disponibili per tutti i risultati della ricerca scientifica e della innovazione tecnologica.
2. Diritto all’accesso
Ogni individuo ha il diritto di accedere ai servizi sanitari che il suo stato di
salute richiede. I servizi sanitari devono
garantire eguale accesso a ognuno, senza discriminazioni sulla base delle risorse finanziarie, del luogo di residenza, del
tipo di malattia o del momento di accesso al servizio.
Un individuo che richieda un trattamento, ma non possa sostenerne i
costi, ha il diritto di ricevere comunque il servizio.
Ogni individuo ha diritto a servizi adeguati, indipendentemente dal fatto che sia
stato ammesso in un piccolo o grande
ospedale o clinica.
Ogni individuo, anche senza regolare
permesso di soggiorno, ha il diritto alle
cure urgenti ed essenziali, tanto in regime
di ricovero che di assistenza esterna. Un
individuo che soffra di una malattia rara
ha lo stesso diritto ai necessari trattamenti
e medicazioni di chi soffre di una malattia
più comune.
3. Diritto alla informazione
Ogni individuo ha il diritto di accedere a tutti i tipi di informazione che riguardano il suo stato di salute e i servizi
sanitari e come utilizzarli, nonché a tutti quelli che la ricerca scientifica e la
innovazione tecnologica rendono disponibili.
I servizi sanitari, così come i fornitori
e i professionisti devono assicurare una
informazione ritagliata sul paziente, tenendo in particolare conto le sue specificità
religiose, etniche o linguistiche.
I servizi sanitari hanno il dovere di rendere tutte le informazioni facilmente accessibili, rimuovendo gli ostacoli burocra-
n. 91 Settembre-Ottobre 2007 ..........................................................................................................................................
43
TuttoSanità
.............................................................................................................................................................................................................................................................
tici, educando i fornitori di assistenza sanitaria, preparando e distribuendo materiale informativo.
Un paziente ha il diritto di accedere
direttamente alla sua cartella clinica e alla
sua documentazione sanitaria, di fotocopiarle, di fare domande circa il loro contenuto e di ottenere la correzione di ogni
errore esse potessero contenere.
Un paziente ospedaliero ha il diritto a
una informazione che sia continua e accurata. Ciò può essere garantito da un
“tutor”.
Ogni individuo ha il diritto all’accesso diretto alle informazioni sulla ricerca
scientifica, sull’assistenza farmaceutica e
sulla innovazione tecnologica. Questa informazione può venire da fonti pubbliche
o private, con la garanzia che essa risponda a criteri di accuratezza, attendibilità e
trasparenza.
4. Diritto al consenso
Ogni individuo ha il diritto ad accedere a tutte le informazioni che lo possono mettere in grado di partecipare attivamente alle decisioni che riguardano
la sua salute. Queste informazioni sono
un prerequisito per ogni procedura e
trattamento, ivi compresa la partecipazione alla ricerca scientifica.
I fornitori e i professionisti dei servizi
sanitari devono dare al paziente tutte le
informazioni relative a un trattamento o a
una operazione a cui deve sottoporsi. Tale
informazione deve comprendere i rischi e
i disagi associati, gli effetti collaterali e le
alternative. Questa informazione deve
essere data con sufficiente anticipo (con
un preavviso di almeno 24 ore) per mettere il paziente in condizione di partecipare
attivamente alle scelte terapeutiche riguardanti il suo stato di salute.
I fornitori e i professionisti dei servizi
sanitari devono usare un linguaggio noto
al paziente e comunicare con esso in un
modo che sia comprensibile anche per le
persone sprovviste di una conoscenza
tecnica.
In tutte le circostanze in cui è previsto
che sia un legale rappresentante a dare il
consenso informato, il paziente, che sia
un minore o un adulto incapace di intendere e di volere, deve essere coinvolto
quanto più possibile nelle decisioni che
lo/la riguardano.
Il consenso informato di un paziente
deve essere ottenuto su queste basi.
Un paziente ha il diritto di rifiutare un
trattamento o un intervento medico e di
cambiare idea durante il trattamento, rifiutando il suo proseguimento.
Il paziente ha il diritto di rifiutare di
ricevere informazioni circa il suo stato di
salute.
tamente consentito o richiesto).
5. Diritto alla libera scelta
Ogni individuo ha il diritto di scegliere liberamente tra differenti procedure ed erogatori di trattamenti sanitari sulla base di adeguate informazioni.
I servizi sanitari hanno il dovere di fissare tempi di attesa entro i quali determinati servizi devono essere erogati, sulla
base di specifici standard e in relazione al
grado di urgenza del caso.
I servizi sanitari devono garantire a
ogni individuo l’accesso ai servizi, assicurando la loro immediata iscrizione nel
caso di liste di attesa.
Ogni individuo che lo richiede ha il
diritto di consultare le liste di attesa, nei
limiti del rispetto della privacy.
Nel caso in cui i servizi sanitari non
siano in grado di fornire i servizi nel tempo massimo predeterminato, deve essere
garantita la possibilità di usufruire di servizi alternativi di qualità comparabile e
ogni costo da ciò derivante per il paziente
deve essere rimborsato in un tempo ragionevole.
I medici devono dedicare un tempo
adeguato ai loro pazienti, compreso il tempo dedicato a fornire informazioni.
Il paziente ha il diritto di decidere a
quali esami diagnostici e terapie sottoporsi, nonché quali medici di famiglia, specialisti od ospedalieri utilizzare. I servizi
sanitari hanno il dovere di garantire questo diritto, fornendo ai pazienti informazioni sui diversi centri e professionisti in
grado di garantire un certo trattamento e
sui risultati della loro attività. Essi devono rimuovere ogni tipo di ostacolo che
limiti l’esercizio di questo diritto.
Un paziente che non ha fiducia nel suo
medico ha il diritto di designarne un altro.
6. Diritto alla privacy e alla
confidenzialità
Ogni individuo ha il diritto alla
confidenzialità delle informazioni di carattere personale, incluse quelle che riguardano il suo stato di salute e le possibili procedure diagnostiche o
terapeutiche, così come ha diritto alla
protezione della sua privacy durante
l’attuazione di esami diagnostici, visite
specialistiche e trattamenti medico-chirurgici in generale.
Tutti i dati e le informazioni relative
allo stato di salute di un individuo, nonché ai trattamenti medici o chirurgici ai
quali esso è sottoposto, devono essere
considerati privati e, come tali, adeguatamente protetti.
La privacy delle persone deve essere
rispettata, anche nel corso dei trattamenti
medici e chirurgici (esami diagnostici, visite specialistiche, medicazioni, ecc.), i
quali devono svolgersi in un ambiente
adeguato e in presenza di coloro la cui
presenza è assolutamente necessaria (a
meno che il paziente non lo abbia esplici-
7. Diritto al rispetto del tempo dei pazienti
Ogni individuo ha diritto a ricevere
i necessari trattamenti sanitari in un periodo di tempo veloce e predeterminato.
Questo diritto si applica a ogni fase del
trattamento.
8. Diritto al rispetto di standard di
qualità
Ogni individuo ha il diritto di accedere a servizi sanitari di alta qualità,
sulla base della definizione e del rispetto di precisi standard.
Il diritto a servizi sanitari di qualità richiede che le strutture sanitarie e i professionisti pratichino livelli soddisfacenti di prestazioni tecniche, di comfort e di
relazioni umane. Questo implica la specificazione e il rispetto di precisi standard
di qualità, fissati per mezzo di una procedura di consultazione pubblica e rivisti e
valutati periodicamente.
9. Diritto alla sicurezza
Ogni individuo ha il diritto di essere
libero da danni derivanti dal cattivo funzionamento dei servizi sanitari, dalla
malpractice e dagli errori medici, e ha il
diritto di accesso a servizi e trattamenti
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sanitari che garantiscano elevati
standard di sicurezza.
Al fine di garantire questo diritto, gli
ospedali e i servizi sanitari devono
monitorare continuamente i fattori di rischio ed assicurare che i dispositivi sanitari elettronici siano mantenuti in buono
stato e che gli operatori siano formati in
modo appropriato.
Tutti i professionisti sanitari devono
essere pienamente responsabili della sicurezza di ogni fase ed elemento di un
trattamento medico.
I medici devono essere in grado di prevenire i rischi di errori attraverso il
monitoraggio dei precedenti e la formazione continua.
I membri di staff sanitari che riferiscono la esistenza di rischi ai loro superiori e/
o colleghi devono essere protetti da possibili conseguenze avverse.
10. Diritto alla innovazione
Ogni individuo ha il diritto all’accesso a procedure innovative, incluse
quelle diagnostiche, secondo gli
standard internazionali e indipendentemente da considerazioni economiche o
finanziarie.
I servizi sanitari hanno il dovere di promuovere e sostenere la ricerca in campo
biomedico, dedicando particolare attenzione alle malattie rare.
I risultati della ricerca devono essere
adeguatamente disseminati.
11. Diritto a evitare le sofferenze e il
dolore non necessari
Ogni individuo ha il diritto di evitare quanta più sofferenza possibile, in
ogni fase della sua malattia.
I servizi sanitari devono impegnarsi
ad assumere tutte le misure utili a questo
fine, come ad esempio fornendo cure
palliative e semplificando l’accesso di
pazienti a esse.
12. Diritto a un trattamento
personalizzato
Ogni individuo ha il diritto a programmi diagnostici o terapeutici quanto più possibile adatti alle sue personali
esigenze.
I servizi sanitari devono garantire, a
que sto fine, programmi flessibili,
orientati quanto più possibile agli individui, assicurando che i criteri di
sostenibilità economica non prevalgano
sul diritto alle cure.
13. Diritto al reclamo
Ogni individuo ha il diritto di reclamare ogni qual volta abbia sofferto un
danno e ha il diritto a ricevere una risposta o un altro tipo di reazione.
I servizi sanitari devono garantire
l’esercizio di questo diritto, assicurando
(con l’aiuto di terze parti) ai pazienti informazioni circa i loro diritti, mettendoli in
condizioni di riconoscere le violazioni e
formalizzare il loro reclamo.
I reclami devono essere fatti tramite
procedure standard e facilitati da istituzioni indipendenti e/o da organizzazioni dei cittadini e non possono pregiudicare il diritto dei pazienti ad avviare un’azione legale o a perseguire
procedure di conciliazione.
14. Diritto al risarcimento
Ogni individuo ha il diritto di ricevere un sufficiente risarcimento in un tempo ragionevolmente breve ogni qual volta abbia sofferto un danno fisico ovvero
morale e psicologico causato da un trattamento di un servizio sanitario.
I servizi sanitari devono garantire un
risarcimento, qualunque sia la gravità del
danno e la sua causa (da un’attesa eccessiva a un caso di malpractice), anche quando la responsabilità ultima non può essere determinata con assoluta certezza.
Parte terza: diritti
di cittadinanza attiva
I diritti contenuti in questa Carta si
riferiscono all’individuo piuttosto che al
cittadino poiché i diritti fondamentali superano il criterio della cittadinanza, come
notato sopra. Tuttavia, ogni individuo
che agisce per proteggere i suoi diritti e/o
i diritti di altri esercita un atto di “cittadinanza attiva”. Questa sezione, quindi, utilizza il termine “cittadini” per riferirsi alle
persone attive che operano nel territorio
della Unione europea.
In ordine alla promozione e alla verifica della messa in opera dei diritti dei pa-
zienti stabiliti sopra, devono essere proclamati alcuni diritti dei cittadini. Essi riguardano principalmente i vari gruppi di
cittadini organizzati (pazienti, consumatori, gruppi di tutela, servizi di informazione, gruppi di auto-aiuto, organizzazioni
volontarie, movimenti di base, ecc.) che
hanno il ruolo imprescindibile di
supportare e mettere in condizione i cittadini di esercitare poteri per la tutela dei
propri diritti. Questi diritti sono collegati
al diritto di associazione e di iniziativa civica, contenuti nell’articolo 12, sezione 1,
della Carta dei diritti fondamentali.
1. Diritto a esercitare attività di interesse generale
I cittadini, sia come individui che come
membri di associazioni, hanno il diritto,
fondato sul principio di sussidiarietà, di
svolgere attività di interesse generale per
la protezione dei diritti connessi alla salute. C’è un concomitante dovere delle autorità e di tutti gli attori rilevanti di favorire e incoraggiare tale attività.
2. Diritto a svolgere attività di tutela
I cittadini hanno il diritto di svolgere
attività per la protezione dei diritti nell’area
della salute, e in particolare:
- Il diritto alla libera circolazione delle
persone e delle informazioni nei servizi sanitari pubblici e privati, nei limiti del rispetto della privacy;
- Il diritto di realizzare attività di verifica e di controllo al fine di misurare l’effettivo rispetto dei diritti dei cittadini nel sistema sanitario;
- Il diritto di svolgere attività volte a
prevenire la violazione dei diritti nel campo della salute;
- Il diritti di intervenire direttamente
nelle situazioni di violazione o di inadeguata protezione dei diritti;
- Il diritto di comunicare informazioni
e proposte, e il conseguente obbligo, da
parte delle autorità responsabili dell’amministrazione dei servizi sanitari pubblici
e privati, di prenderle in considerazione e
di rispondere;
- Il diritto alla interlocuzione pubblica con le autorità sanitarie pubbliche e private.
parole, il continuo scambio di informazioni tra cittadini e istituzioni nella definizione dell’agenda;
- Il principio della consultazione nelle
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due fasi della progettazione e della decisione delle politiche, con l’obbligo da
parte delle istituzioni di ascoltare le proposte delle organizzazioni dei cittadini, di
dare un feedback su di esse, di consultare tali organizzazioni prima di prendere
ogni decisione e di giustificare le loro decisioni se esse differiscono dalle opinioni
espresse;
- Il principio della partnerhsip nella
implementazione delle politiche, che significa che ogni partner (cittadini, istituzioni
e altri soggetti privati e sociali) sono pienamente responsabili e operano con pari
dignità;
- Il principio della valutazione condivisa, che implica che i risultati dell’attività delle organizzazioni civiche deve essere utilizzata come strumento per la valutazione delle politiche.
Parte quarta: Linee guida per
la implementazione della carta
La disseminazione e l’applicazione dei
contenuti di questa Carta avverranno a
differenti livelli, in particolare a quello
europeo, quello nazionale e quello locale.
Informazione ed educazione
Come strumento per informare ed educare i cittadini e gli operatori sanitari, la
Carta potrebbe essere diffusa negli ospedali, nei media specializzati e in altre istituzioni e organizzazioni legate alla salute.
La Carta potrebbe essere anche diffusa nelle scuole, nelle università e in tutti i
luoghi in cui vengono affrontate questioni riguardanti la costruzione della “Europa dei cittadini”. Particolare attenzione dovrebbe essere dedicata alle attività di formazione per i medici, gli infermieri e gli
altri soggetti impegnati nella sanità.
Sostegno
Forme di sostegno e di sottoscrizione
della Carta potrebbero essere raccolte presso i soggetti del mondo sanitario e le organizzazioni dei cittadini.
Quelle strutture sanitarie e quei professionisti che sottoscrivono la Carta potrebbero assumere specifici impegni per la
sua attuazione.
Monitoraggio
La Carta potrebbe inoltre essere utilizzata come strumento di monitoraggio
sullo stato dei diritti dei pazienti in Europa da parte delle organizzazioni civiche,
dei mezzi di informazione e delle autorità
indipendenti, con l’utilizzo di strumenti appropriati. Un rapporto periodico potrebbe essere pubblicato per favorire la consapevolezza della situazione e fissare nuovi obiettivi.
Tutela
La Carta potrebbe essere utilizzata per
lanciare attività di tutela dei diritti dei pazienti, sia come attività di prevenzione che
come azioni volte a ristabilire un diritto
violato. Tali attività potrebbero essere
svolte da organizzazioni della cittadinanza attiva, da istituzioni come i difensori
civici, da comitati etici o da commissioni
di conciliazione, da giudici di pace così
come da tribunali. Istituzioni, procedure e
strumenti collegati allo “spazio giuridico
europeo” dovrebbero essere impiegati a
questo fine.
Interlocuzione
Forme di interlocuzione tra gli
stakeholder potranno essere organizzate
sulla base dei contenuti della Carta, al fine
di mettere a punto politiche e programmi
per la protezione dei diritti dei pazienti.
Tale dialogo dovrebbe aver luogo tra autorità di governo, aziende pubbliche e private coinvolte nella sanità, associazioni
professionali e sindacati oltre che organizzazioni civiche.
Budgeting
In relazione ai diritti dei pazienti con-
tenuti in questa Carta, potrebbero essere
individuate e utilizzate quote del budget
della sanità da utilizzare per la soluzione
di specifiche situazioni (ad esempio, le liste di attesa), o per la tutela di coloro che
sono in situazioni particolarmente critiche
(come i malati psichiatrici). Il rispetto di
queste quote, o lo scarto rispetto ad esse,
potrebbe essere verificato nel rapporto
annuale.
Legislazione
La Carta potrebbe essere incorporata
in tutto o in parte nelle leggi e nei regolamenti nazionali ed europei, al fine di
ricomprendere la tutela dei diritti dei pazienti nelle ordinarie politiche pubbliche,
malgrado la possibilità di immediata messa in opera di tali diritti alla luce della Carta dei diritti fondamentali della Unione
europea.
3. Diritto di partecipare al policy
making nell’area della salute
I cittadini hanno il diritto di partecipare alla definizione, implementazione e valutazione delle politiche pubbliche
correlate alla protezione dei diritti nel campo della salute, sulla base dei seguenti
principi:
-Il principio della comunicazione
bilaterale nella formazione dell’agenda, o,
in altre.
TuttoSanità
L’Informazione Sanitaria in puglia
www.tuttosanita.it - email: [email protected]
S. Raffaele
Cittadella
della Carità
Fondazione eretta in Ente Morale
Autorizzazione comunale
n° 09/03 del 29/10/2003
Casa di Cura ad indirizzo Riabilitativo:
Neuromotorio, Cardiologico, Respiratorio
Direttore Sanitario: Dott.ssa Grazia Maria Sponselli
Specialista in Igiene e Medicina Preventiva
Resp. Cardio-respiratoria:
Resp. Neuromotoria:
Resp. RSA e Casa Protetta:
Labor. di Analisi Cliniche:
Ambulatorio di Radiologia:
Ambulatorio di FKT:
Poliambulatorio:
Medicina del Lavoro
Dott. M. Orlando,
Dott. V.A. Mancini,
Dott. R. Semeraro,
Dott.ssa A. Coppola,
Dott. G. D’Onghia,
Dott. V.A. Mancini,
Dott.ssa G.M. Sponselli,
Dott. G. Saltalamacchia
Specialista
Specialista
Specialista
Biologa
Radiologo
Specialista
Specialista
in Cardiologia
in Ortopedia
in Geriatria
in Ortopedia
in Igiene
Piazzale Cittadella della Carità, 1 - 74100Taranto -Tel. 099/4732111/214 - Fax 099/4732250
http:// www.cittadelladellacarita.it - e-mail [email protected]
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Settembre-Ottobre 2007
TuttoSanità
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Documentazione
La sicurezza alla guida nel trasporto professionale delle merci
Il testo integrale del protocollo d’intesa Regione-Inail stipulato il 18 settembre scorso
Premesso che
- nel Libro Bianco “La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte” l’Unione Europea ha sancito la inderogabile esigenza di porre in
essere ogni opportuna strategia per diminuire il numero delle vittime della circolazione stradale motorizzata, affermando
che “l’obiettivo dell’Unione in termini di
sicurezza stradale deve essere quello di
ridurre le vittime della strada del 50% entro il 2010”;
- il Decreto Legislativo n. 285 del 1992
e successive modificazioni (cd. Codice
della Strada) nell’art. 140 sancisce che “gli
utenti della strada devono comportarsi in
modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia
in ogni caso salvaguardata la sicurezza
stradale”;
- con il Decreto Legislativo n. 626 del
1994 e successive modificazioni lo Stato
ha inteso creare un sistema di “misure per
la tutela della salute e per la sicurezza dei
lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori privati o pubblici”, anche mediante la
valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza, la programmazione della prevenzione, il rispetto dei principi ergonomici,
le priorità delle misure di prevenzione collettiva rispetto alle misure di protezione
individuale, il controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici e
gli interventi di informazione, formazione,
consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la
salute sul luogo di lavoro, come disposto
dall’art. 3 del citato Decreto;
- con la Legge n. 144 del 1999, art. 32,
è stato istituito il Piano Nazionale della
Sicurezza stradale, quale “sistema articolato di indirizzi, di misure per la promozione e l’incentivazione di piani e strumenti
per migliorare i livelli di sicurezza da parte
degli enti proprietari e gestori, di interventi infrastrutturali, di misure di prevenzione e controllo, di dispositivi normativi
e organizzativi, finalizzati al miglioramento della sicurezza secondo gli obiettivi comunitari.”, giunto attualmente al Secondo Bando nazionale;
- con la Legge n. 340 del 2000, art. 22,
è stato ulteriormente raccomandato “l’aumento dei livelli di sicurezza del trasporto
e della circolazione stradale” da prevedere all’interno dei PUM (Piani Urbani di
Mobilità), quali strumenti programmatici
per una sicurezza intesa ad ampio raggio,
comprendente gli aspetti sanitari,
energetici, ambientali e logistici della circolazione stradale;
- la Legge Regionale n. 18 del 2004,
nell’articolo 1, sancisce la promozione di
“ogni iniziativa idonea a perseguire
l’obiettivo di ridurre i rischi connessi alla
mobilità delle persone e delle merci in tutte le sue manifestazioni e circostanze e a
garantire la sicurezza nei trasporti quale
valore primario che concorre a determinare la qualità della vita”;
- il Piano Regionale della Prevenzione
per il triennio 2005-2007 predisposto dall’Assessorato regionale alla salute - sulla
scorta del Piano Nazionale della Prevenzione curato dal Centro nazionale per la
prevenzione e il Controllo delle malattie
(CCM) - prevede forme di “collaborazione con la Consulta e Centro Regionale di
monitoraggio e governo della sicurezza
stradale, istituita dalla L.R. 25.10.2004 n.
18, art. 6”, mediante l’istituzione di un “un
gruppo di lavoro multidisciplinare, costi-
tuito da Assessorato, Agenzia Regionale
Sanitaria e Osservatorio Epidemiologico,
che coinvolga : polizia urbana, polizia stradale, carabinieri, pronto soccorso, centrali
di coordinamento del 118, ACI”, al fine di
promuovere azioni di sorveglianza
epidemiologica e di prevenzione in ambito di sicurezza stradale;
Considerato che
- da studi compiuti e pubblicati dall’INAIL1 e dalla Segreteria Tecnica della
Consulta Nazionale sulla Sicurezza stradale2 sono emersi, fra gli altri, i seguenti
dati statistici ed epidemiologici:
- un aumento – fra il 1991 ed il 2002 –
del 53,3% degli autocarri adibiti al trasporto merci, in un quadro nazionale di crescita complessiva e costante della motorizzazione;
- un aumento tendenziale dell’incidentalità stradale e del numero dei feriti in
costante ascesa dal 1995 al 2004, con una
diminuzione del trend circoscritto fra il
2003 e il 2004 dovuta all’effetto-annuncio del provvedimento legislativo noto
come “patente a punti” e una delle più
esigue riduzioni di mortalità fra tutti i Paesi europei;
- una tendenza nazionale alla crescita
del numero delle vittime, pari a circa il 2%,
secondo i primi dati parziali disponibili per
il 2006;
- il picco più elevato di incidentalità si
registra intorno alle ore 18, durante gli
spostamenti dal luogo di lavoro verso le
abitazioni, in presenza di fattori
psicosociali dovuti allo stress da lavoro e
di difficoltà di percezioni visive dovute
alla riduzione della luce naturale non ancora sostituita da quella artificiale;
- nel 2005 si sono verificati quasi
126.000 infortuni stradali denunciati all’INAIL, dei quali 638 mortali, che rappre-
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sentano rispettivamente il 13% degli infortuni avvenuti in complesso e ben il
53% degli infortuni mortali;
- nell’ambito degli infortuni stradali
quelli avvenuti nel tragitto casa-lavoro
sono circa 76mila di cui 238 mortali;
- l’86% dei lavoratori infortunati ha
un’età compresa fra i 18 e i 49 anni;
- in Puglia, nel 2005, su un totale di
4.153 infortuni stradali denunciati all’INAIL , ben 2.329 sono accaduti in occasione di lavoro;
- lo scarso ed il discontinuo coordinamento fra le Istituzioni pubbliche e private direttamente interessate alla risoluzione dei problemi della sicurezza è indicato
quale uno dei fattori più deleteri per il sano
e pieno sviluppo locale;
Preso atto che
- la Direzione Regionale dell’INAIL,
l’Assessorato ai Trasporti e l’Assessorato alla Salute della Regione Puglia, movendo dalle citate indicazioni normative e
dalla gravità della situazione locale in relazione alla sicurezza stradale del trasporto professionale, nell’ambito delle proprie
competenze istituzionali, hanno individuato molteplici ragioni ed opportunità per
intraprendere innovative modalità
sinergiche di lavoro;
- tali forme di collaborazione inter-istituzionale implicano un conseguente complessivo accrescimento nel territorio della promozione di politiche e di prassi mirate alla sicurezza delle persone;
- a seguito dei diretti contatti intrapresi dalla Direzione Regionale dell’INAIL e
dall’Assessorato ai Trasporti con diverse Agenzie pubbliche e private del territorio sono emerse con forza, da parte della categoria del trasporto professionale,
esigenze di educazione, prevenzione e formazione nei confronti della sicurezza e
dell’ergonomia, nonché la necessità del
supporto istituzionale nell’introduzione e
diffusione nelle Aziende dei Sistemi di
Certificazione della Qualità;
- il bisogno di coordinamento e di
sinergia è particolarmente sentito anche
da altri Soggetti istituzionali del territorio,
quali le Forze dell’Ordine, le Polizie Municipali, gli Uffici decentrati del Ministero
dei Trasporti (le Motorizzazioni Civili), le
Province, l’ACI, le Associazioni e le Fondazioni per le vittime della strada, al fine
di incentivare e rafforzare la cultura della
salute e del benessere lavorativo ed
organizzativo, l’etica della responsabilità, la prevenzione socio-sanitaria;
Tutto quanto premesso le parti convengono
di stipulare il presente Protocollo d’Intesa avente le seguenti finalità:
a) Prevenzione - primaria, secondaria e terziaria - mediante la programmazione congiunta, partecipata e sistematica di iniziative estemporanee e di attività continuative da porre in essere
nelle diverse fasi delle attività produttive del trasporto professionale, volte
ad evitare e/o diminuire i rischi e i pericoli per la salute dei lavoratori, della
popolazione e dell’ambiente;
b) Informazione e Comunicazione istituzionale, mediante la circolazione tempestiva dei dati e delle informazioni in
possesso dei singoli Soggetti sottoscrittori, il reperimento congiunto dei dati e
delle informazioni in possesso degli Enti
territoriali, forme di monitoraggio e di lettura integrata dei bisogni e delle risorse
correlati alla sicurezza del trasporto professionale, iniziative unitarie di informazione e di sensibilizzazione alla sicurezza
sociale, sanitaria, stradale, lavorativa, ambientale;
c) Progettazione mirata, mediante la
promozione, il sostegno e il tutoraggio di
iniziative che favoriscano la sicurezza attiva e passiva e l’emersione dei bisogni
dei lavoratori del trasporto professionale, al fine di individuare possibili forme di
conciliazione fra tali bisogni dei lavoratori e le esigenze delle popolazioni locali,
dei sistemi economici, logistici,
infrastrutturali ed ambientali. Tali iniziative sono previste anche in funzione di un
più efficace accesso ed utilizzo delle opportunità poste in essere dal nuovo Complemento di Programmazione dell’Unione Europea (Fondi FESR ed FSE,) per il
periodo 2007-2013 e dai finanziamenti statali e locali;
d) Concertazione fra Enti pubblici e
privati e stakeholders, promossa dai Soggetti istituzionali sottoscrittori del presente Protocollo, volta a favorire l’interpretazione unitaria delle problematiche del
mondo dell’autotrasporto delle merci,
l’individuazione delle priorità degli inter-
venti programmatici relativi alla prevenzione, le azioni sistematiche di
benchmarking e le eventuali iniziative di
ascolto partecipato e di lettura autobiografica delle informazioni da parte dei lavoratori del settore;
e) Formazione programmata e progettata congiuntamente ai fini di diffondere
fra i lavoratori del trasporto le conoscenze che “salvano la vita”, modificando in
maniera sostanziale abitudini e comportamenti deleteri per la salute dei lavoratori e degli altri utenti della strada. In particolare, si intende promuovere e sostenere programmi formativi mirati all’educazione alla sicurezza stradale e alla corretta
ergonomia dei mezzi di trasporto, alla prevenzione delle patologie professionali di
tipo organico (disturbi alimentari,
cardiovascolari, del sonno, problemi connessi al diabete e all’epilessia, alla
disabilità e all’abuso di alcol e di stupefacenti, ..) e psicologico (disturbi da stress
e da ansia, da fobie e da panico, disturbi
post-traumatici e neuropsicologici,..).
f) Monitoraggio e Valutazione dei dati
e delle informazioni che pervengono agli
Enti sottoscrittori, anche al fine di promuovere azioni di indagine e di ricerca
quali-quantitativa connesse ai fenomeni
evidenziati; monitoraggio e valutazione
delle azioni prodotte dalle collaborazioni
sancite col presente Atto d’Intesa.
Al fine di rendere operativo ed immediatamente applicabile il presente Protocollo
Le parti, altresì, convengono
di strutturare la programmazione delle azioni previste nel presente documento mediante la costituzione di un Nucleo
di Coordinamento, composto da un rappresentante delegato da ciascuna delle
tre Istituzioni promotrici del presente Protocollo.
Il predetto Nucleo si incontrerà – secondo le particolari esigenze emergenti allo scopo di:
· individuare le priorità delle azioni di
collaborazione;
· convocare ed organizzare gli incontri periodici con gli altri Enti interessati
nelle problematiche oggetto del presente
Accordo;
· contattare e coordinare gli altri Enti
da coinvolgere in eventuali specifiche
n. 91 Settembre-Ottobre 2007 ..........................................................................................................................................
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iniziative;
· raccogliere e diffondere ai citati
Enti le informazioni più pertinenti ed opportune per le attività previste nel presente Accordo;
· monitorare i risultati delle iniziative
che scaturiscono dal Protocollo;
· condurre sistematiche azioni di
bottom up dei contenuti e delle proposte
che pervengono dalle diverse Agenzie del
territorio nei confronti dei vertici delle tre
Istituzioni promotrici.
Gli Enti da coinvolgere sistematicamente ella concertazione sulle iniziative
previte dal presente Atto di Intesa, preso
atto delle relative adesioni, sono:
· Compartimento della Polizia Stradale
della Puglia;
· Direzione regionale Corpo Nazionale
dei Vigili del Fuoco
· Coordinamento delle Polizie Municipali
· gli Uffici Provinciali della Motorizzazione Civile;
· le Delegazioni provinciali dell’Automobile Club d’Italia;
· la rappresentanza regionale dell’Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia
· l’Autorità Portuale di Bari
· l’Autorità Portuale di Brindisi
· l’Autorità Portuale di Taranto
· Provincia di Bari
· Provincia di Brindisi
· Provincia di Foggia
· Provincia di Lecce
· Provincia di Taranto
· il Comune di Bari
· il Comune di Brindisi
· il Comune di Foggia
· il Comune di Lecce
· il Comune di Taranto
· il Comune di Trani
· Sindacati di categoria
· Associazioni di categoria
· Associazioni delle Aziende interessate
· Soggetti del Terzo Settore
Gli Enti sopra elencati costituiscono il
Tavolo tecnico che sarà convocato ogni
sei mesi dal Nucleo di Coordinamento, per
perseguire i seguenti obiettivi:
· discutere i temi proposti dal presente Protocollo,
· rappresentare le problematiche connesse al mondo dell’autotrasporto secon-
A Lecce il Congresso Nazionale
dell’Associazione Nazionale di
Neuro-Oncologia (AINO)
Dal 30 settembre al 3 ottobre si è tenuto a Lecce presso l’Hotel Tiziano il
Congresso Nazionale della Società Italiana di Neuro-Oncologia, presieduto dal
dottor Antonio Montinaro, direttore dell’unità operativa di neurochirurgia dell’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce. L’Associazione Italiana di Neuro-Oncologia
(AINO) è un’associazione non-profit costituitasi nel 1989 con lo scopo di riunire
ricercatori e specialisti di diverse discipline, interessati e coinvolti nello studio,
nella diagnosi e nel trattamento dei tumori del sistema nervoso. «L’obiettivo – ha
spiegato il dottor Montinaro - è quello di unire le forze per garantire cure di
elevato livello qualitativo e di interagire e confrontare le diverse esperienze
nello sforzo comune di spostare ogni volta un po’ più avanti le frontiere sempre
mobili della ricerca di base e della clinica». L’AINO sostiene l’approccio
multidisciplinare al paziente affetto da tumore del sistema nervoso e promuove
l’informazione e la formazione professionale sugli aspetti diagnostici e terapeutici
validati dai risultati della ricerca clinica. L’AINO condivide il bisogno di
razionalizzare le cure al fine di garantire l’appropriatezza ed efficacia, la fruibilità
delle risorse, l’equità e la tempestività di accesso a tutti i pazienti sul territorio
nazionale. Per questo scopo è stato realizzato un sito web (www.neurooncologia.eu), moderno strumento di comunicazione e diffusione: un modo per
farsi conoscere, per promuovere le attività di ricerca e cura nel campo della neurooncologia, per favorire lo scambio di informazioni e conoscenze tra i vari specialisti interessati. Sono particolarmente onorato – ha sottolineato il dott. Montinaro
- perché per la prima volta il Congresso Nazionale della Società si è tenuto in
Puglia, affidato all’unità operativa di neurochirurgia di Lecce. L’evento ha
visto la partecipazione di neurochirurghi, oncologi, neuroradiologi e radioterapisti
provenienti da tutta Italia, dalla Francia e dagli Stati Uniti. Le sessioni scientifiche
si sono tenute dal lunedì mattina fino al mercoledì pomeriggio: le numerose relazioni, che hanno suscitato tutte grandissimo interesse, hanno affrontato la biologia, la diagnostica e il trattamento di alcune neoplasie del sistema nervoso centrale, in particolare quelle che colpiscono i giovani e i bambini, e le neoplasie del
midollo spinale. Il gran numero dei partecipanti all’evento hanno dimostrato il
crescente interesse per la neuro-oncologia e l’esigenza di maggiore integrazione
tra le diverse professionalità coinvolte.
A.C.
do i diversi punti di osservazione delle
istituzioni coinvolte,
· individuare possibili strategie per la
governance del settore,
· produrre istanze e proposte finalizzate alla prevenzione e alla corretta gestione delle problematiche evidenziate,
· supportare il Nucleo di Coordinamento nelle attività di ricerca ed analisi delle
condizioni di lavoro degli autotrasportatori e nella diffusione/pubblicizzazione
delle iniziative promosse e prodotte all’interno del presente Atto di Intesa,
· valutare le richieste di adesione da
parte di ulteriori partners.
Il presente Protocollo ha decorrenza
dalla data della stipula dello stesso e ha
validità triennale.
Sottoscritto in Bari, il 18 settembre
2007
per la Direzione Regionale dell’INAIL (Alfredo Violante)
per la Regione Puglia
L’Assessore ai trasporti e alle vie di
comunicazione (Mario Loizzo)
L’Assessore alle politiche della salute (Alberto Tedesco)
1 Cfr. sito web www.inail.it
2 Dati forniti da Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e dal CNEL, elaborati
con la collaborazione della RST (Ricerche e
servizi per il Territorio. Srl) e distribuiti nel
corso dell’ultima Consulta Nazionale sulla sicurezza stradale, tenutasi in Roma, il 3 aprile
2007.
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Documentazione
Principi e criteri per l’organizzazione delle aree
funzionali tecniche nelle Aziende sanitarie e ospedaliere
Pubblichiamo il testo integrale del documento approvato dal Nucleo di
valutazione e verifica degli investimenti pubblici del Ministero della salute
1. Gli Obiettivi: la valorizzazione
del governo tecnico come strumento per
la sicurezza, la qualità, l’efficienza
Il presente documento fornisce elementi metodologici utili al raggiungimento
di un’Accordo tra lo Stato e le Regioni e
Province Autonome sui principi e sui criteri organizzativi delle aree funzionali tecniche nelle Aziende sanitarie e
ospedaliere.
L’Accordo costituisce il presupposto
per l’avvio di tempestive e coordinate
azioni normative, regolamentari e
programmatorie atte a favorire, all’interno dei processi di governo clinico delle
strutture sanitarie, la valorizzazione del
governo tecnico, riconosciuto come strumento essenziale per la sicurezza degli
utenti e degli operatori, la qualità dei servizi erogati e l’ uso efficiente delle risorse
destinate al mantenimento e allo sviluppo del patrimonio strutturale e tecnologico del Servizio Sanitario Nazionale.
Le azioni per la valorizzazione del governo tecnico saranno quindi coerenti con
la strategia generale di ammodernamento
del S.S.N., che pone i bisogni dei cittadini-utenti al centro della programmazione
e della gestione e riconosce il ruolo e la
responsabilità delle risorse professionali
nella promozione della qualità.
2. Le azioni per migliorare il governo tecnico: potenziare, integrare e coordinare le risorse professionali
La diffusione crescente di tecnologie
sempre più avanzate per la diagnosi, la
terapia e l’assistenza delle persone malate ha radicalmente modificato il ruolo e
l’approccio del medico alla malattia e alla
cura. Gli strumenti che il mercato delle tecnologie mette a disposizione della sanità
sono diventati l’elemento fondamentale
attraverso il quale vengono prodotte e trasferite le informazioni necessarie ai medici per decidere e programmare il percorso
clinico di un paziente, e hanno consentito da un lato l’esecuzione di interventi
sempre più complessi su soggetti affetti
da condizioni precedentemente senza risposta, dall’altro il trasferimento di attività in contesti sanitari più leggeri.
L’edificio “ospedale” si presenta quindi come un contenitore ad elevata complessità tecnologica, la cui razionalizzazione e
integrazione è un’esigenza sempre più pressante ed il cui livello di flessibilità strutturale ed organizzativo deve essere massimizzato.
Alla necessità primaria di potenziare
le competenze professionali di tipo tecnico, per poter abbracciare tutte le specialità necessarie, e di integrarne le attività, si
aggiunge l’esigenza di coordinare le risposte e sviluppare le proposte che i professionisti delle aree tecniche possono
fornire rispetto agli orientamenti strategici e alle esigenze operative, attraverso un
dialogo costante, aperto innanzitutto con
la componente medica, a partire dai professionisti medici sino alle direzioni dipartimentali e sanitarie.
Le azioni normative, regolamentari e
programmatorie per il miglioramento del
governo tecnico in sanità sono volte a
definire, a livello regionale e locale, nuovi
modelli organizzativi, che consentano:
€ l’ impiego ottimale delle risorse professionali disponibili in organico ed il progressivo adeguamento delle loro dotazioni, per poter disporre di tutte le professionalità necessarie in misura adeguata
alla complessità della gestione tecnica in
sanità;
€ la gestione integrata dei servizi di
natura tecnica e tecnico-gestionale, per
migliorarne i risultati in termini di sicurezza, efficienza ed economicità;
€ l’attribuzione di livelli di responsabilità e di autonomia commisurati al ruolo
che la componente tecnica ricopre nel funzionamento delle aziende;
€ un’ interazione costante e coordinata con la componente di direzione sanitaria e dipartimentale, per un ottimale sviluppo dei processi clinico-organizzativi
delle strutture sanitarie.
Saranno inoltre attivate, a livello nazionale e regionale, iniziative per la diffusione delle buone pratiche professionali
e gestionali e delle conoscenze tecnicoscientifiche di settore.
3. Le risposte affidate alle regioni: lo
schema funzionale, i livelli di responsabilità, le dotazioni minime, le specificita’
locali
Per il conseguimento degli obiettivi
sopra esposti, le azioni regionali, e quelle
aziendali che da esse discenderanno,
dovranno rispondere a quattro esigenze
fondamentali:
€ definire i contenuti funzionali delle
aree tecniche e le relazioni interne ed esterne tra le funzioni;
€ affidare livelli di responsabilità adeguati, che consentano il coordinamento
delle gestioni di risorse professionali e
strumentali, l’interazione delle aree tecniche con le direzioni sanitarie per la migliore finalizzazione delle risorse, la partecipazione attiva della componente tecnica
alla pianificazione strategica aziendale;
€ individuare le esigenze minime di dotazione organica e di qualificazione, riferite
a professionalità appropriate, per ciascuno
dei principali settori tecnici (edilizia sanitaria, ingegneria clinica e sistemi informatici),
che dovranno costituire la base di riferimento di ciascuna area tecnica affinché ogni
azienda possa esercitare con continuità e
consapevolezza i propri compiti di proprie-
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tario, committente e gestore, indipentemente dall’esternalizzazione di alcune attività;
€ conformare sulla base delle specifiche esigenze locali l’articolazione dei modelli organizzativi e le previsioni sulla loro
evoluzione.
mente alle funzioni della Direzione
aziendale in materia di pianificazione strategica degli investimenti strutturali e tecnologici e di gestione e sviluppo delle
dotazioni strutturali e tecnologiche.
5. L’approccio: la cultura della qualità
4. Il percorso metodologico: il modello organizzativo come sintesi di scelte
relative ai processi, alle professionalita’,
agli ambiti territoriali
Nella proposizione di principi e criteri
di riferimento per la definizione di modelli
regionali per l’organizzazione delle aree
tecniche appare utile sviluppare considerazioni riguardanti :
€ l’ approccio culturale, ispirato ai principi della Qualità, che deve informare la
revisione organizzativa del governo tecnico in sanità;
€ gli assi di riferimento entro cui si collocano le diverse configurazioni
organizzative ipotizzabili, che esprimono
posizioni assunte dai decisori rispetto alla
gestione dei processi, alle dotazioni di risorse professionali, alla delimitazione degli ambiti territoriali di competenza;
€ le modalità di valutazione delle situazione esistente e di composizione delle risorse disponibili e prevedibili per una
migliore soddisfazione delle esigenze;
€ le misure per sostenere l’aggiornamento tecnico-scientifico ed il riconoscimento e la valorizzazione delle
esperienze professionali e direzionali
presenti nel S.S.N.
L’applicazione dei principi e dei criteri
deve portare, in maniera omogenea anche se non uniforme, all’individuazione,
in ambito aziendale o sovraziendale, di:
€ servizi specialistici, di dimensioni
adeguate alla complessità delle attività gestite, inserite nel tessuto aziendale anche
in caso di affidamento di talune attività a
soggetti esterni;
€ strutture dipartimentali, che perseguano l’integrazione stabile delle attività,
assicurino e rendano dinamiche le relazioni tra le strutture aziendali di linea e
quelle di staff e perseguano l’ottimizzazione delle risorse;
€ figure dirigenziali apicali di estrazione tecnica, selezionate sulla base dell’esperienza professionale e specialistica
maturata in sanità, che partecipino attiva-
5.1 La centralità dell’utente: processi
ispirati ai bisogni assistenziali
Qualunque sia la scelta del modello
organizzativo, è necessario porre al centro del sistema il cittadino utente e di conseguenza disegnare i processi aziendali
in funzione della specificità del bisogno
assistenziale e dell’ottimizzazione dei livelli di risposta.
L’utente percepisce i processi
aziendali attraverso quattro specifiche
“dimensioni di contatto”:
€ Salute e sicurezza (modalità di
erogazione delle prestazioni sanitarie e di
svolgimento dei percorsi assistenziali);
€ Ospitalità (qualità dei servizi alberghieri e di ospitalità in genere)
€ Accessibilità (modalità di accesso ai
servizi, fruibilità e capacità di risposta delle strutture di front office);
€ Funzionalità dei sistemi di supporto
(capacità dei sistemi di supporto di favorire il corretto funzionamento dei percorsi
assistenziali e delle strutture aziendali).
5.2 La gestione delle attività per processi
Le azioni di rappresentazione e
riprogettazione delle organizzazioni
aziendali si basano sulla definizione dei
processi, ossia delle sequenze strutturata di attività ed azioni tra loro
interconnesse che, attraverso l’uso combinato di metodologie e risorse, umane e
strumentali, forniscono prodotti per aggiungere valore e soddisfare le esigenze
dei beneficiari .
Nell’interesse del beneficiario finale è
necessario superare i confini delineati dal
disegno delle strutture operative: così facendo si razionalizzano i percorsi e se ne
garantisce l’integrazione, per raggiungere gli obiettivi in maniera più efficace ed
efficiente e assicurare un più elevato livello di soddisfazione.
5.3 La responsabilità professionale
Le figure professionali tecniche sono
sempre più coinvolte nei principali processi assistenziali diagnostici e
terapeutici. Le competenze professionali
delle varie aree tecniche garantiscono che
l’atto medico ed il percorso assistenziale
del paziente si svolgano in una cornice di
massima sicurezza possibile, sia per quel
che riguarda le strutture che per quanto
concerne le tecnologie.
Le professionalità delle aree tecniche
devono garantire che l’ uso sicuro, efficiente ed economico delle componenti
strutturali di riferimento (immobili, tecnologie sanitarie e sistemi informatici) si realizzi tenendo conto delle esigenze cliniche e di organizzazione sanitaria.
Ciascuna area tecnica contribuisce
con le sue conoscenze specialistiche di
riferimento (immobili, tecnologie sanitarie e sistemi informatici), in collaborazione con la componete sanitaria, a caratterizzare i percorsi dei pazienti nelle strutture sanitarie e la sicurezza degli stessi. Il
contributo professionale delle specialità
tecniche si affianca alle conoscenze sanitarie e completa l’approccio sistemico sia
al governo clinico che alla riduzione del
rischio clinico.
5.4 La logica cliente-fornitore:
l’aspettativa di risultato come
regolatore dei rapporti
La gestione delle attività per processi
tende a finalizzare le attività in funzione
delle esigenze del cliente (esterno e/o interno), secondo un’ottica virtuosa di domanda/offerta, in modo che si abbiano
scambi fra operatori efficienti, efficaci e
governati in funzione delle aspettative di
risultato.
Ogni attività deve essere considerata
“cliente” dell’attività a monte e
“fornitore” dell’attività a valle, e in questa logica è possibile ottenere importanti
miglioramenti acquisendo consapevolezza e sensibilità alla “cultura del servizio”
e impostando secondo una dinamica “contrattuale” i rapporti di “fornitura” interna.
5.5 Il ciclo di gestione: dalla programmazione al controllo direzionale
Il miglioramento continuo dei processi si basa sul ciclo pianificazione –
attuazione - monitoraggio e controllo correzione.
Il sistema operativo di programmazio-
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ne e controllo si basa sulla coerenza tra le
strategie aziendali e i programmi operativi
di processo e sul decentramento delle attività operative e di controllo alle singole
strutture titolari di budget.
In fase di programmazione si pianificano gli obiettivi, con il fine di garantire la
disponibilità dei beni/servizi necessari
all’erogazione dei processi e di ottimizzare
l’uso delle risorse.
Il sistema di monitoraggio e controllo
garantisce il confronto fra obiettivi concordati e risultati conseguiti, il
monitoraggio dei livelli di performance e
del rispetto degli standard, il monitoraggio
del livello di copertura economica delle
attività ed il livello di conformità dei servizi forniti, la verifica della corretta
implementazione delle procedure di gestione, l’individuazione delle azioni di miglioramento.
5.6 La definizione della mission
La mission della funzione tecnica fa
riferimento a tre differenti ambiti di azione:
€ il supporto al governo strategico dell’azienda;
€ il governo tecnico-gestionale;
€ la funzione di servizio nei confronti
degli utenti interni ed esterni.
Gli elementi costitutivi della mission
sono i seguenti:
€ realizzare un sistema organizzato per
obiettivi ed articolato per processi, coordinato ed integrato, che ponga al centro
l’unitarietà del livello di risposta all’utente e la sua soddisfazione;
€ organizzare i servizi in modo da garantire all’utenza interna/esterna la
fruizione di percorsi tecnico-gestionali appropriati e tempestivi, in corrispondenza
con i bisogni accertati;
€ perseguire il più alto livello di coerenza tra i processi di produzione/
erogazione delle prestazioni ed i processi
tecnico-gestionali;
€ governare e gestire le attività secondo i più elevati standard di qualità e sulla
base di criteri di efficacia ed efficienza;
€ produrre e migliorare continuamente
protocolli, standard e linee guida, ad uso
dell’attività operativa;
€ progettare, mettere a punto e implementare in azienda metodi, strumenti, sistemi e procedure in grado di favorire il
corretto governo dei processi;
€ potenziare il contenuto professionale e manageriale delle attività, valorizzare
il ruolo dei professionisti impegnati nel
governo tecnico, accrescere la qualità professionale degli operatori attraverso un
processo di formazione e aggiornamento
continuo;
€ garantire proporzionalità tra risorse
delle strutture operative e responsabilità
correlate;
€ dare rilievo a meccanismi di comunicazione verso e tra gli operatori, al fine di
accrescere la condivisione dei valori e degli
obiettivi dell’azienda, favorendo l’integrazione professionale.
6. Il sistema dei riferimenti per la costruzione del modello organizzativo:
componenti strutturali, processi
gestionali, ambiti territoriali
6.1 Il sistema dei riferimenti
Nell’articolazione delleAree Tecniche
la declinazione delle Unità Organizzative
componenti può far riferimento:
€ ai diversi componenti strutturali del
sistema (Immobili, Tecnologie Sanitarie,
Sistemi Informatici e di Comunicazione);
€ ai processi gestionali (Rinnovo e Sviluppo, Mantenimento, Gestione Operativa, Gestione Gare, Gestione Inventari e
Amministrazione Patrimoniale, Gestione
di Progetti Complessi, Gestione di Strumenti Finanziari);
€ agli ambiti territoriali di competenza,
individuati su scala aziendale o
sovraziendale.
In alcuni contesti gli orientamenti regionali o locali possono consigliare l’adozione, su uno stesso territorio, di livelli
operativi differenziati, affiancando o sostituendo alle gestioni su scala aziendale
la gestione cooperativa di alcuni acquisti
o di alcuni servizi.
Non appare necessario, nel rispetto
delle autonomie aziendali e regionali, assegnare una prevalenza ad uno dei tre
aspetti sopra indicati, e la suddivisione
dell’area tecnica in strutture organizzative
e operative può far riferimento sia ai
sottosistemi componenti che ai processi.
Un’articolazione organizzativa che associ le unità organizzative e operative ai
sottosistemi strutturali e tecnologici, e
nella quale siano quindi sottolineate le
differenze tra le specializzazioni professionali, appare necessaria quando una stessa competenza professionale debba essere impiegata per i diversi processi, fermo restando che ognuna delle tre componenti fondamentali (immobili, tecnologie
sanitarie, sistemi informatici) richiede competenze diverse e appropriate.
Un’articolazione basata sui processi pone in secondo piano la logica della specializzazione. Nelle configurazioni più semplici il Rinnovo e lo Sviluppo, ossia gli investimenti, saranno distinti dal Mantenimento e dalla Gestione Operativa, differenziando le Unità
operative per competenze specialistiche
ad un livello sottostante.
E’ evidente che talune attività, quali
quelle inerenti la gestione delle tecnologie sanitarie, devono comunque essere
integrate in una logica unitaria, che parte
dalla programmazione degli acquisti e finisce con la dismissione. In questo periodo di vita sono erogate tutte le attività
che devono assicurare il mantenimento
funzionale ed in sicurezza, e le informazioni di follow-up inerenti alla manutenzione e sicurezza devono essere considerate un parametro fondamentale da tenere in considerazione sia nella programmazione che nella politica degli acquisti.
Nell’articolazione organizzativa si
può inoltre tener conto delle analogie
procedurali che sussistono, per
sottosistemi diversi, in alcuni processi
tecnico-amministrativi (ad es. la gestione delle gare, dei contratti o degli inventari), e del fatto che alcuni obiettivi, quali la sicurezza degli utenti e degli
operatori o l’uso razionale dell’energia,
vengono perseguiti trasversalmente per
tutti i sottosistemi.
In particolare devono essere analizzate e definite le relazioni tra gestione dei
processi tecnici e gestione dei rischi, sia
clinici che lavorativi. Nelle attività dei
servizi aziendali deputati alla gestione dei
rischi sono infatti rilevanti gli impulsi e
gli impatti direttamente connessi alle attività di gestione tecnica dei beni strumentali. La riorganizzazione e l’integrazione di quest’ultime produce quindi i
suoi effetti sulla riduzione dei rischi e sull’adozione di misure di prevenzione e di
protezione.
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6.2 Componenti strutturali e aree di
riferimento
L’articolazione proposta sottolinea per
un verso le differenze gestionali tra patrimonio immobiliare e patrimonio mobiliare
e per l’altro il particolare valore strategico
che assumono le tecnologie direttamente
destinate alla diagnosi e alla cura e le tecnologie per il trattamento delle informazioni, sanitarie e gestionali.
Si fa riferimento quindi a tre aree specialistiche principali. I professionisti tecnici che vi afferiscono devono avere esperienze professionali specifiche e/o gli indirizzi di studio che l’accademia prevede.
Le attività più avanti descritte, per singola area specialistica, si possono realizzare, per garantire il massimo dell’integrazione verticale (immobili, ingegneria clinica, tecnologie informatiche) nell’ambito
di una autonomia organizzativa oltreché
professionale. La presenza di queste aree
specialistiche, deve essere garantita indipendentemente dall’affidamento all’esterno di alcune attività ed anzi in questo caso
ha funzione di controllo e governo delle
attività esternalizzate.
Immobili
La componente Immobili, che comprende sia la parte edilizia che quella
impiantistica, si identifica con il patrimonio immobiliare strumentale: i programmi
di investimento e di mantenimento che la
riguardano sono quindi funzionali
all’erogazione delle prestazioni di salute
ed alla gestione delle strutture aziendali
nel rispetto delle esigenze dimensionali,
distributive, di controllo ambientale e di
sicurezza.
Nella gestione degli immobili rientra
quella dei sistemi impiantistici (centrali,
reti e punti di utilizzazione), che per la complessità e la diversità delle tipologie di impianto chiama in causa molteplici competenze specialistiche.
La gestione degli immobili si esplica
anche attraverso le seguenti attività:
· Valutazione di alternative di investimento attraverso analisi costi-benefici o
analisi del valore;
· Programmazione e gestione degli interventi di manutenzione preventiva e
predittiva;
· Collaudi e verifiche periodiche;
· Gestione della sicurezza degli impianti e verifica dei requisiti di progetto nel
tempo;
· Controlli di sicurezza, funzionalità e
qualità;
· Gestione dell’energia, utilizzo razionale delle risorse energetiche, analisi delle possibilità di utilizzo di risorse
rinnovabili e minimizzazione del rischio
ambientale;
· Analisi del ciclo di vita dei materiali;
· Ricerca e sviluppo applicata ai materiali;
· Valutazione preventiva dell’impatto
dei cantieri in ospedale e attuazione di misure preventive del rischio, in collaborazione con la direzione sanitaria.
Tecnologie Sanitarie - Ingegneria
Clinica
Per Tecnologie Sanitarie si intendono
i dispositivi medici (cosi come definiti nel
D.Lgs. 46/1997 e nel D. Lgs. 332/2000)
costituiti da apparecchiature, sistemi ed
impianti, compresi i loro componenti
hardware e software.
La gestione del parco tecnologico
si esplica anche attraverso le seguenti
attività:
· Valutazione di sistemi sanitari o procedure cliniche mediante la tecnica
“technology assessment” o “technology
management”;
· Programmazione degli acquisti di
tecnologie;
· Valutazione degli acquisti di tecnologie;
· Gestione delle tecnologie (codifiche
e classificazione, inventario, …);
· Collaudi di accettazione;
· Gestione della manutenzione
correttiva e preventiva e delle attività conseguenti;
· Gestione della sicurezza delle tecnologie;
· Controlli di sicurezza, funzionalità e
qualità;
· Formazione sull’utilizzo delle tecnologie;
· Integrazione delle tecnologie nell’ambiente ospedaliero;
· Informatica clinica ed “information
technology” applicata ai Dispositivi
Medici;
· Ricerca e sviluppo applicata ai
Dispositivi medici.
Sistemi Informatici e di Comunicazione
Il patrimonio tecnologico di natura in-
formatica comprende le infrastrutture e i
sistemi di comunicazione, telematica e telefonica, e le componenti hardware a supporto dei sistemi informativi aziendali
(server, sistemi operativi, postazioni di lavoro utente, strumenti di produttività individuale, strumenti di workgroup).
La gestione del sistema informatico
si esplica anche attraverso le seguenti
attività:
· Valutazione delle esigenze informative delle attività cliniche e delle attività
gestionali;
· Programmazione degli acquisti;
· Gestione dei sistemi hardware e
delle reti;
· Collaudi di accettazione;
· Gestione della manutenzione
evolutiva e dello sviluppo di nuove applicazioni;
· Gestione della sicurezza;
· Controlli di sicurezza, funzionalità e
qualità;
· Integrazione delle tecnologie informatiche e di comunicazione con quelle di
ingegneria clinica e quelle impiantistiche.
Si possono adottare ulteriori classificazioni se si fa riferimento alla distinzione
tra parte edilizia e parte impiantistica, oppure se si da rilevanza anche ai beni mobili utilizzati per la logistica (autoveicoli,
arredi, apparecchiature non medicali).
6.3 Processi gestionali
Rinnovo e Sviluppo
Il processo Rinnovo e Sviluppo garantisce le funzioni inerenti la gestione dei
programmi di investimento relativi al patrimonio. In particolare comprende, per
quanto di competenza, l’individuazione
dei fabbisogni aziendali, l’elaborazione dei
programmi di investimento, la gestione
delle fasi di progettazione e di realizzazione delle trasformazioni del patrimonio
aziendale. La programmazione delle nuove acquisizioni di dispositivi medici richiede competenze specialistiche di ingegneria clinica, e la valutazione delle nuove
apparecchiature assume quindi rilevanza
particolare nella definizione del processo
e delle strutture organizzative chiamate ad
attuarlo.
Mantenimento
Il processo Mantenimento garantisce le
funzioni inerenti la gestione dei programmi
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di mantenimento. In particolare comprende,
per quanto di competenza, l’individuazione
dei fabbisogni aziendali di intervento sul
patrimonio esistente e la realizzazione dei
programmi di mantenimento.
Nello svolgimento di tali attività, il processo si avvale del contributo delle funzioni preposte alla gestione operativa dei
beni.
Gestione Gare
Il processo Gestione Gare di appalto
garantisce le funzioni amministrative e
contabili inerenti la gestione dei programmi di investimento e di mantenimento. In
particolare, assicura lo svolgimento delle
procedure di affidamento (delle prestazioni di progettazione, dei lavori, degli acquisti di beni strumentali, dei servizi agli
immobili e in particolare di quelli di manutenzione) e la gestione dei relativi contratti, provvedendo anche alla rendicontazione periodica della spesa.
Gestione Inventari e Amministrazione Patrimoni
Il processo Gestione Inventari e Amministrazione Patrimoni garantisce le funzioni inerenti la gestione amministrativa e
contabile del patrimonio, immobiliare e
mobiliare, e le procedure informatiche per
la tenuta degli inventari, nonché
l’espletamento delle procedure di alienazione e di dismissione di beni immobili e
mobili e, in caso di necessità, quelle di
acquisto di beni immobili.
Gestione Operativa (atti e controlli
per le fasi esecutive)
Il processo Gestione Operativa assicura la gestione delle fasi di attuazione.
Le funzioni assicurate dal processo
comprendono in particolare l’effettuazione delle fasi di consegna, installazione e
collaudo, liquidazione fatture, inventariazione operativa, nonché l’espletamento
delle procedure di donazione e di prova,
visione e comodato.
Garantisce la gestione esecutiva dei
servizi agli immobili affidati all’esterno, dei
servizi logistici, dei contratti di fornitura e
delle utenze di rete.
Gestione dei Progetti Complessi
Il processo assicura il governo dei
progetti che implicano la partecipazione
di più ambiti organizzativi aziendali (mo-
delli organizzativi, tecnologie e strutture,
risorse umane, etc.) per la realizzazione di
obiettivi strategici temporizzati e legati ad
obblighi esterni ben definiti (p.e. progetti
plurisettoriali finanziati dalla programmazione comunitaria o dalla programmazione regionale integrata).
Gestione degli Strumenti Finanziari
Considerata l’attuale fase di trasformazione e diversificazione delle fonti finanziarie di riferimento delleAziende sanitarie, il
processo assicura il presidio delle attività
di reperimento di risorse ricorrenti, straordinarie e di progetto e dei relativi obblighi
di rendicontazione e garanzia.
6.4 Ambiti territoriali
Le strutture organizzative sono normalmente impostate su scala aziendale ma
in funzione della complessità delle tecnologie, delle dimensioni dei patrimoni gestiti, dei territori serviti, delle competenze
professionali disponibili si possono adottare strutture sovraziendali, consortili o
di area vasta.
Le Regioni possono inoltre costituire
strutture specializzate su attività di particolare complessità (progettazione,
predisposizione gare), che diano supporto a tutte le aziende regionali.
Nel caso di aziende che abbiano competenza su territori molto vasti o che comprendano al loro interno presidi numerosi
o di elevata complessità può rivelarsi utile un’articolazione operativa su base
zonale sub-aziendale.
7. Modalità di valutazione della situazione esistente e di composizione delle
risorse
7.1 La ricognizione della situazione
esistente
Le azioni normative, regolamentari e
programmatorie devono prendere avvio
da una conoscenza approfondita della situazione esistente, utile per conseguire
in tempi brevi i primi risultati, ottimizzando
l’uso risorse già disponibili, e per
prefigurare percorsi sostenibili e mirati.
L’attività di ricognizione deve riguardare sia le risorse umane operanti all’attualità sia gli assetti organizzativi fino ad
oggi autonomamente individuati dalle
aziende, riconducendo le unità componenti
ad un numero di tipologie ridotto ma rap-
presentativo delle principali differenze.
Le strutture aziendali coinvolte nel governo tecnico delle aziende, anche se
afferenti a responsabilità di tipo amministrativo o sanitario, devono essere censite
con riferimento a tutte le attività tecniche
e tecnico-gestionali (acquisti, affidamenti, inventari etc.), per consentire valutazioni sulle relazioni tra le attività e tra i
processi e sulle opportunità di riorganizzazione.
La ricognizione delle risorse umane
deve riguardare non solo quelle operanti
con rapporto strutturato ma anche quelle
che contribuiscono temporaneamente o
parzialmente o indirettamente ai processi
tecnici e tecnico-gestionali.
La ricognizione delle risorse di personale in organico è volta a determinarne la
composizione in termini di consistenza,
specializzazione, profilo funzionale e inquadramento giuridico-economico, nonché ad accertare il grado di copertura delle
dotazioni previste.
È altresì necessaria la ricognizione,
con valutazione dei costi sostenuti e delle metodologie impiegate per la verifica
dei risultati, delle competenze professionali acquisite mediante:
€ incarichi dirigenziali;
€ incarichi professionali, individuali o
a società di servizi;
€ affidamento di servizi, manutenzione e gestione, comprensivi o meno delle
specifiche responsabilità professionali e
tecniche.
7.2 L’integrazione professionale,
organizzativa e di processo
Le strutture dipartimentali di natura
tecnica o tecnico-gestionale e le Direzioni tecniche devono assicurare il coordinamento, l’unitarietà e l’appropriatezza
nell’erogazione dei servizi attraverso tre
livelli di integrazione:
€ l’integrazione organizzativa, cioè
l’ottimizzazione e la razionalizzazione nell’uso delle risorse, tramite un utilizzo
sinergico ed economicamente compatibile dei fattori produttivi (risorse umane,
strumentali e beni di consumo), della
logistica e degli spazi;
€ l’integrazione di processo, ovvero la
lettura integrata delle attività in ottica di
processo, nel rispetto dell’eccellenza dei
percorsi operativi e della completezza ed
efficacia delle prestazioni;
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€ l’integrazione professionale, cioè lo
scambio continuo di competenze ed esperienze tecniche, in grado di valorizzare,
capitalizzare e diffondere le conoscenze,
innalzare i livelli di professionalità, migliorare la qualità dei servizi e contribuire alla
creazione di “valore” per gli utenti, per gli
operatori e per l’azienda.
L’integrazione consente di orientare
la logica “verticale” delle unità operative,
attraverso l’approccio per processi, ad
una gestione unitaria delle risorse economiche, umane e strumentali.
7.3 La definizione delle funzioni di
competenza
La definizione delle funzioni di competenza delle diverse strutture viene articolata nelle 4 fasi all’interno delle quali
viene convenzionalmente suddiviso l’insieme delle attività (in coerenza con il ciclo pianificazione – attuazione monitoraggio e controllo - correzione):
€ Programmazione, fase finalizzata alla
programmazione delle attività di processo (compresa l’attività contrattuale per
l’affidamento a soggetti esterni di
forniture, lavori e servizi);
€ Attuazione, fase finalizzata alla realizzazione delle attività operative di
processo.
€ Monitoraggio, fase finalizzata al
monitoraggio ed al controllo delle attività
di processo.
€ Normazione, fase finalizzata alla definizione, al mantenimento ed all’aggiornamento del sistema di regole di processo.
7.4 L’attribuzione delle responsabilità
Le Direzione tecniche dipartimentali e
strategiche, secondo gli ambiti ed i livelli
di competenza che saranno ad esse assegnate, con le loro articolazioni
organizzative,
€ sovrintenderanno all’efficace ed efficiente utilizzo delle strutture ad esse
afferenti e garantiranno lo svolgimento
delle attività di competenza da parte del
personale dedicato, gestendo e coordinando le risorse umane, economiche e strumentali di pertinenza, nel rispetto della programmazione concordata, degli obiettivi
attribuiti e delle risorse disponibili;
€ parteciperanno alla programmazione strategica attraverso la condivisione
delle politiche aziendali, l’individuazione dei fabbisogni tecnici, la defini-
zione dei piani di attività e dei livelli di
servizio, la definizione degli indicatori
critici di performance e dei parametri di
misurazione e valutazione;
€ saranno dotate di elevata autonomia
gestionale, soggetta a rendicontazione
analitica, e saranno organizzate in centri
di costo/responsabilità;
€ saranno titolari di budget e come
tali definiranno i piani operativi e di servizio, nel rispetto delle risorse assegnate e degli obiettivi definiti dalla Direzione Generale;
€ attueranno, organizzeranno, verificheranno e controlleranno il raggiungimento degli obiettivi, nel rispetto dei criteri d’efficacia (soddisfazione del cliente)
ed efficienza (rispetto del vincolo di risorse ed ottimizzazione dei livelli di produttività);
€ analizzerano gli scostamenti tra gli
obiettivi di piano e le performance realizzate, sia a livello di Direzione che di singole Unità componenti, adottando le eventuali azioni correttive.
8. Misure di sostegno per l’aggiornamento continuo ed il riconoscimento e
la valorizzazione delle capacità professionali e dirigenziali maturate
A livello nazionale e a livello regionale
devono essere assunte iniziative che portino alla crescita delle capacità professionali e dirigenziali, in particolare di quelle
tipiche del settore sanitario, finalizzate a:
€ dare impulso ad una più ampia e mirata offerta formativa professionale, universitaria e post-universitaria;
€ diffondere e trasferire le esperienze
operative più efficaci e innovative.
8.1 Formazione
Sulla scorta dell’esperienza maturata
per l’aggiornamento professionale continuo del personale sanitario devono essere progettati, sperimentati e sviluppati sistemi per l’Educazione Continua dei Tecnici, per favorire il costante adeguamento
delle conoscenze all’evoluzione tecnologica e scientifica di settore.
L’evoluzione dell’offerta formativa
deve essere bilaterale, deve cioè consentire ai tecnici di prendere consapevolezza
delle trasformazioni in atto nelle attività
diagnostiche e terapeutiche e deve permettere al personale sanitario di compren-
dere le principali innovazioni introdotte
nella realizzazione e nella gestione dei sistemi strutturali e tecnologici. Particolare
attenzione deve essere riservata alla formazione del personale e tecnico sulla gestione dei rischi clinici e lavorativi e sull’uso e sul funzionamento delle tecnologie sanitarie.
In considerazione della ridotta disponibilità di corsi di qualificazione
professionale, di laurea e di specializzazione destinati ai tecnici che operano o vorrebbero operare nel settore
sanitario, appare opportuna un’opera
di sensibilizzazione delle istituzioni didattico-scientifiche, per la promozione
di corsi di studio specifici, che si rivelerà più efficace in presenza di un reale
ampliamento delle opportunità lavorative.
8.2 Valorizzazione delle esperienze
professionali e dirigenziali
Il livello centrale e il livello regionale
hanno titolo per elaborare indirizzi per la
valorizzazione delle competenze professionali aziendali, attraverso la formazione
continua sul campo e l’affidamento di
specifiche attività gestionali e tecniche.
A livello centrale potrà inoltre essere
promossa, anche con la collaborazione del
Nucleo di Valutazione e Verifica degli Investimenti del Ministero della Salute,
€ l’istituzione di organismi, permanenti o temporanei, in cui siano rappresentati
Stato e Regioni, per l’osservazione e la
diffusione di buone pratiche professionali e dirigenziali;
€ l’esame di temi tecnici su tavoli
interistituzionali e l’elaborazione di norme tecniche di settore.
8.3 Requisiti e criteri per l’assegnazione degli incarichi
Per l’efficacia e la trasparenza dei procedimenti finalizzati al potenziamento delle
dotazioni organiche a all’acquisizione
temporanea di risorse professionali potranno essere individuati
€ requisiti formativi e curriculari per
l’accesso ai ruoli professionali tecnici;
€ criteri per il conferimento degli incarichi dirigenziali apicali e di coordinamento, in relazione ai profili specialistici delle
tre aree di riferimento.
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Documentazione
Cosa prevede in materia sanitaria la legge n. 25/07
di seconda variazione al Bilancio di previsione 2007 della Regione
Il testo integrale dello stralcio della L.R. 3.8.2007 n. 25 pubblicato sul BUR n. 112 del 3 agosto scorso
Legge regionale 3.8.2007 n. 25 “Assestamento e seconda variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007”
Omissis
Art. 17
(Modifica all’articolo 36 della legge
regionale 12 gennaio 2005, n. 1)
1. Al comma 1 bis dell’articolo 36
(Strutture riabilitative psichiatriche private. R.r. 7/2002) della legge regionale 12
gennaio 2005, n. 1, aggiunto dall’articolo
32 della legge regionale 9 agosto 2006, n.
26 e successivamente modificato dall’articolo 26 della legge regionale 16 aprile
2007, n. 10, le parole “30 aprile 2007” sono
sostituite dalle seguenti: “31 dicembre
2007, ovvero sino alla data di entrata in
vigore delle nuove tariffe da adottare con
provvedimento di Giunta regionale”.
Art. 18
(Legge regionale 15 dicembre 1993,
n. 27 – Trasferimento funzioni)
1. Le funzioni per l’esercizio delle attività di trasporto infermi e di feriti previste
dalla legge regionale 15 dicembre 1993, n.
27 (Disciplina per l’autorizzazione e la vigilanza per il trasporto di infermi e feriti), e
successive integrazioni e modificazioni in
capo alla Regione sono trasferite alleASL,
nel cui ambito hanno sede il richiedente e
le sedi operative.
Art. 19
(Modifica all’articolo 19 della legge
regionale 9 agosto 2006, n. 26)
1. L’articolo 19 della legge regionale 9
agosto 2006, n. 26 (Interventi in materia
sanitaria), è sostituito dal seguente:
Art. 19
(Contratti per prestazioni domiciliari)
1. I direttori generali, ferma restando
la piena operatività delle strutture pubbliche, che a tal fine possono utilizzare personale della continuità assistenziale mediante estensione dell’orario di lavoro,
stipulano contratti con i presidi accreditati per l’erogazione di prestazioni di riabilitazione in forma domiciliare, insistenti
nel rispettivo territorio e/o in altri ambiti
territoriali, rivolte alla presa in carico dei
soggetti portatori di disabilità fisiche,
psichiche e sensoriali, tenendo conto del
fabbisogno determinato nell’ambito territoriale di ciascuna ASL.
2. La stipula degli accordi contrattuali
di cui al comma 1 deve essere ispirata dal
raggiungimento dei seguenti obiettivi:
a) esercizio pieno del diritto alla libera
scelta da parte dell’utente, in coerenza con
quanto stabilito dal decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n.
421), e dall’articolo 2, comma 3, della legge regionale 3 agosto 2006, n. 25 (Principi
e organizzazione del servizio sanitario regionale);
b) facilità di accesso per l’utente e riduzione dei tempi di attesa.
3. Al fine di garantire un’adeguata assistenza sanitaria domiciliare assicurando l’integrazione degli interventi sociosanitari, il servizio sanitario regionale
(SSR) promuove il potenziamento dell’assistenza medica e infermieristica a domicilio erogata nelle forme dell’assistenza
domiciliare sanitaria. A tal fine è assicurata la formazione del personale dedicato e
l’integrazione dell’assistenza domiciliare
con le strutture distrettuali e la medicina
di base per la realizzazione della rete dei
servizi territoriali omogenea su tutto il territorio regionale.
Art. 20
(Piano d’interventi per la
donazione e il trapianto di organi)
1. Al fine di incentivare e riorganizzare l’intero processo di donazione-trapian-
Codice prestazione
40194
40193
11994
54983
90396
91136
91356
91582
91583
91584
91585
91586
91587
Biopsia microistologica con aspirazione forzata automatica sotto
gui da steroetassica
Biopsia microistologica con aspirazione forzata Automatica sotto
guida ecografica
Correzione dei vizi di refrazione (con laser a eccimeri tecnica lasik
o lamellare)
Dialisi peritoneale domiciliare nipd e OCPD
Rapamicina (sirolimus) dosaggio con metodica HPCL
Elastasi 1 pancreatica/feia
Peptide natriuretico cerebrale (BNP o NT-PROBNP)
Anticorpi anti-endomisio IGA (EMA) (IGG, IGA)
Anticorpi anti-transglutaminasi (TTG) (IGG, IGA)
HLA Per identificazione degli aplotipi DQ2 e DQ8
Anticorpi ANTI-DESMOGLEINA 1 (DSG1) EIA
Anticorpi ANTI-DESMOGLEINA 3 (DSG3) EIA
Anticorpi B.P. 180 EIA
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to, le ASL e le aziende ospedaliero-universitarie istituiscono presso le unità operative (UO) di rianimazione un’articolazione semplice il cui responsabile è individuato tra i dirigenti medici in servizio presso la stessa UO.
2. Il responsabile dell’articolazione
semplice di cui al comma 1 assume anche
l’incarico di coordinatore locale per le attività di donazione e prelievo nelle strutture sanitarie territoriali e di quanto previsto per la globale attività trapiantologica.
Art. 21
(Livelli essenziali di assistenza – LEA)
1. Sono inserite nel nomenclatore
tariffario regionale le seguenti prestazioni specialistiche ambulatoriali non previste dal decreto ministeriale 22 luglio 1996:
2. Nell’ambito delle iniziative umanitarie, sono erogate a carico del SSR le prestazioni non usufruibili nel loro paese dai
cittadini extracomunitari, nel limite di euro
800 mila.
3. Il maggiore onere riveniente dall’attuazione dei commi 1 e 2 è posto a carico
del bilancio autonomo della Regione.
Art. 22
(Comando di personale
dirigenziale del comparto sanità)
1. Per le materie attinenti la sanità è
consentito il comando presso l’amministrazione regionale di personale dirigenziale delle aziende sanitarie o delle aziende ospedaliere. La Regione per il periodo
di utilizzo rimborsa all’amministrazione di
provenienza il trattamento economico
complessivo in godimento, in conformità
alle vigenti disposizioni contrattuali del
comparto sanità.
Art. 23
(Modifiche alla legge regionale
4 agosto 2004, n. 14)
1. Le disposizioni di cui al comma 6
dell’articolo 11 (Medicina dei servizi) della l.r. 14/2004, così come modificato dall’articolo 33 della l.r. 1/2005, sono estese
al personale del profilo professionale di
veterinario collaboratore, titolare di rapporto convenzionale alla data del 31 dicembre 2006.
Giurisprudenza
Consiglio di Stato:
merito prevalga su spoil system
Nel settore della salute pubblica il concetto di ‘merit system’ deve prevalere su
quello dello ‘spoil system’. Lo ha ribadito il Consiglio di Stato nelle motivazioni
dell’ordinanza con la quale ha reintegrato in servizio l’ex D.G. dell’Asl di Frosinone,
Carlo Mirabella, licenziato nell’agosto del 2005 dalla giunta regionale Marrazzo dopo
essere stato nominato dalla precedente giunta Storace. Il Consiglio di Stato ha chiamato in causa una pronuncia della Corte Costituzionale che, “nel dichiarare l’illegittimità costituzionale della disposizione legislativa applicata dai provvedimenti regionali oggetto del gravame, ha evidenziato che le Asl, in quanto strutture cui
spetta di erogare l’assistenza e le prestazioni sanitarie nell’ambito del servizio
sanitario regionale, assolvono compiti di natura essenzialmente tecnica, e ha precisato che lo sforzo di una costituzione democratica, oggi che al potere si alternano i partiti, deve tendere a garantire una certa indipendenza ai funzionari dello
Stato, per avere un’amministrazione obiettiva della cosa pubblica e non un’amministrazione dei partiti”. Inoltre la “dipendenza funzionale del dirigente non può
divenire dipendenza politica”, sicché il dirigente stesso “non può essere messo in
condizioni di precarietà che consentano la decadenza senza la garanzia del giusto procedimento”.
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Interventi
Il merito e il governo clinico
Ruggiero Francavilla *
È stato firmato il primo contratto nazionale di lavoro, quello dei dipendenti
ministeriali, che prevede dei premi “a merito” legati alla valutazione dei cittadini.
Gli utenti esprimeranno la efficienza e il
gradimento del servizio reso dall’ufficio
nel suo insieme o da un impiegato individualmente. Anche gli avanzamenti di carriera saranno legati ai risultati e non più
alla sola anzianità. Nel contratto sono state
inserite delle precise metodologie di valutazione con le quali viene accertato il
conseguimento degli obiettivi prefissati.
Determinante sarà il grado di soddisfazione dei cittadini: una sorta di “pagella” per gli impiegati sui servizi ricevuti.
Uno dei capitoli più innovativi della
relazione di fine semestre europeo aveva
il titolo “Centralità della conoscenza,
qualità delle competenze, primato del talento e del merito” di Angela Merkel.
I passi in avanti della CGIL
Anche la CGIL ha fatto di recente grossi passi avanti sul piano culturale abbandonando un egualitarismo che spesso si
riduceva a un livellamento verso il basso.
Lo stesso segretario Epifani ha preso a
parlare di merito e di incentivi individuali.
In uno scenario più ampio, quello
mondiale, non possiamo pensare di vincere la sfida con dei competitors numericamente superiori ( i paesi asiatici) se non
con la qualità della prestazione individuale. Questo sarà possibile solo se metteremo a punto dei criteri di selezione che individuino il talento e premino il merito.
Anche in sanità vi è un grosso pro-
“Occorre una legislazione che sposti il
timone dalle mani di chi ha interesse a conquistare il consenso dell’elettore, costi quel
che costi, alle mani di un professionista
che ha interesse a conquistare il consenso
del cittadino malato”
blema di selezione delle risorse umane che
si lega fortemente al miglior utilizzo delle
risorse finanziarie con l’obiettivo finale di
produrre salute di qualità a un costo compatibile. La soluzione potrebbe essere il
governo clinico. Dal termine anglosassone “clinical governance” si intende un
programma di gestione e miglioramento
della qualità e della efficienza di una attività medica.
La “clinical governance”
Il programma mira, nell’ambito di un
budget assegnato con ampia facoltà e libertà di spesa, a trattare il maggior numero possibile di casi garantendo la qualità
del trattamento. La quantità è garantita
dalla responsabilità personale del Direttore medico nell’operare le scelte di personale, attrezzature e protocolli gestionali
con le risorse disponibili. La qualità è garantita dall’aderenza a linee guida nazionali e internazionali.
Il Direttore stabilisce il numero dei collaboratori (medici, infermieri, ausiliari, amministrativi), li sceglie e fissa dei premi
per obiettivi di qualità e quantità.
Il Direttore decide gli acquisti di
apparecchiature, i services di manutenzione e i tempi di utilizzo per la sua U.O. e
per gli esterni.
Il programma di governo clinico deve
prevedere una sistematica azione di aggiornamento del personale in tutte le sue
forme (lezioni, stages, seminari, convegni)
con incentivi premianti la partecipazione
del personale ai programmi di miglioramento della qualità.
I vantaggi di un buon sistema di governo clinico sono numerosi sia in termini di indicatori di salute, sia in termini economici. Si pensi ai costi della non-qualità
in termini di errori in medicina, che possono aumentare del 30-40% i costi della U.O.
La non-qualità genera costi aggiuntivi,
mentre la qualità genera risparmi.
Il potere decisionale nel governo clinico passa dai politici e dai dirigenti amministrativi ai medici, pur nel rispetto dei
vincoli di bilancio.
Per comprendere appieno il senso della affermazione suddetta è utile fare degli
esempio preso dall’attualità sanitaria del
nostro territorio.
Il caso della Neurochirurgia di
Andria
Di recente il primario neurochirurgo
di Andria ha rappresentato la necessità di
trasferire a Barletta l’attività del suo reparto. Ha motivato tale esigenza con una
puntuale rassegna delle disfunzioni strutturali e dei disservizi organizzativi che i
pazienti neurochirurgici subiscono all’interno dell’ospedale di Andria. Ritiene lo
stesso medico che l’ospedale di Barletta
offra una situazione strutturale e funzionale migliore. Destinatario ultimo di questa richiesta è l’interesse del malato!
La risposta è arrivata istantaneamente dal sindaco di Andria e da un assessore che con argomenti puramente campa-
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nilistici hanno invitato il neurochirurgo a
dimettersi.
Un servizio di endoscopia chiede un
colonscopio della stessa marca del
gastroscopio e compatibile con il sistema
video in dotazione. Riceve invece un
colonscopio di altra marca connesso ad
una seconda colonna video con una spesa tre volte maggiore.
Un servizio di neurologia cerca un
elettrofisiologo; non può bandire un concorso per una figura siffatta; dovrà accontentarsi del primo in graduatoria sperando che sia un elettrofisiologo.
Parliamo di concorsi! Chi sceglie i primari? La politica o meglio i politici attraverso l’ambito di discrezionalità che la legge riconosce al Direttore Generale. Egli
sceglie da un elenco di medici ritenuti idonei da una commissione. Ma il Direttore
Generale non viene eletto, bensì nominato dai politici regionali e quindi...il merito
si va a far benedire.
La stessa cosa si verifica a cascata
nei concorsi che assegnano a un direttore medico un certo numero di collaboratori, che non ha scelto. Questo gruppo di
operatori dovrebbe perseguire gli obiettivi concordati dal direttore. Gli incentivi,
se ci saranno, saranno uguali per tutti meritevoli e non.
Una realtà da modificare
Questa è la realtà attuale che dobbiamo affrettarci a modificare se non vogliamo essere sorpassati dai nostri
competitors asiatici, i quali non producono solo t-shirt ma anche trapianti d’organo!
Occorre una legislazione che sposti il
timone dalle mani di chi ha interesse a conquistare il consenso dell’elettore, costi
quel che costi, alle mani di un professionista che ha interesse a conquistare il consenso del cittadino malato.
* Divisione Malattie Infettive - Bisceglie Segretario aziendale CGIL Medici ASL BAT
Giurisprudenza
Tariffe laboratori analisi: TAR Lecce
rimette atti alla Corte Costituzionale
"... Le difficoltà che alle strutture private derivano dall’applicazione delle
regole di cui all’art. 1, comma 796, let. o) della L. n. 296/2006 (Legge finanziaria
dello Stato 2007, ndr) ed all’art. 33 L.R. n. 10/2007 (Legge di bilancio 2007
della Regione Puglia, ndr) sono in grado di compromettere anche la piena
esplicazione del diritto di cui all’art. 32 Cost. (Diritto alla salute, ndr), visto che
le strutture private accreditate potrebbero incontrare difficoltà a garantire la
piena funzionalità dei servizi, il che, in un sistema che vede la sanità publica non
in grado di assicurare tempestivamente l’erogazione delle prestazioni sanitarie,
può compromettere il diritto alla salute e il diritto di libera scelta dei cittadiniutenti".
È questo uno dei passaggi centrali della ordinanza del TAR Lecce, II sezione,
pubblicata il 19 ottobre scorso, che ha definito incostituzionali le norme delle legislazione predentemente specificata che hanno imposto il taglio del 20% delle tariffe
per i laboratori d'analisi privati accreditati.
Il TAR ha sollevato, quindi, la questione della legittimità costituzionale delle
normativa statale e regionale specificata per contrasto con gli artt. 32, 41, 97 e 117
della Costituzione, sospendendo il giudizio e rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale che si dovrà pronunciare nel merito.
Il ricorso era stato presentato dal Coordinamento regionale Coordinamento Regionale della San. Priv. Accr. – Area Patologia Clinica (SNaBiLP_FEDERBIOLOGI –
ANISAP – COSPEA – AIPaC Priv. Accr. – CORSA Lecce – SBV Patologia Clinica).
L'ordinanza evidenzia anche che "la presenza significativa degli operatori
privati nel SSN risponde ad esigenze insopprimibili dell’Amministrazione sanitaria, la quale non riesce, con le proprie strutture, a garantire l’erogazione delle
prestazioni sanitarie a favore degli utenti, per cui non si potrebbe nemmeno
sostenere che le strutture private, se ritengono non convenienti le tariffe, possono “uscire” dal sistema. Spetta invece all’Amministrazione competente, previa
adeguata istruttoria, decidere se rilasciare o meno l’accreditamento (questo, in
base alla legislazione pugliese, compete alla Regione) e stabilire annualmente il
volume di prestazioni che intende acquistare dai privati (questo compete invece
alle ASL territoriali); nel momento in cui rilascia l’accreditamento e fissa i tetti
di spesa annuali, l’Amministrazione sanitaria riconosce di aver bisogno
dell’ausilio degli operatori privati, i quali vanno però adeguatamente
remunerati".
Anche il richiamo al rispetto degli obblighi comunitari e alla realizzazione
degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009 non appare utile,
sia perché tali ragioni non possono essere opposte, in assenza di adeguata
istruttoria, agli operatori privati, sia perché non appare costituzionalmente
giustificata l’incisione di interessi privati in nome delle sempre invocate ragioni di contenimento della spesa pubblica.
Secondo il TAR Lecce, “in materia sanitaria, il contenimento della spesa può
essere perseguito attraverso incisivi controlli sulla congruità delle prescrizioni
mediche e attraverso una migliore organizzazione complessiva e non solo mediante tagli alle tariffe (le quali ben possono essere ridotte, ma solo se ne dimostri
l’incongruità)".
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Ad Ostuni un seminario per medici di medicina generale
dedicato alla chirurgia mininvasiva nelle patologie vertebrali
Si è tenuto ad Ostuni il seminario di
aggiornamento rivolto principalmente a
medici di medicina generale dal titolo “La
chirurgia mininvasiva nelle lesioni
vertebrali e nelle patologie del disco” organizzato dal dott. Francesco Loconte,
direttore dell’unità operativa complessa
di ortopedia e traumatologia del presidio ospedaliero di Ostuni. «Il motivo
principale per cui ho inteso organizzare tale evento – ha spiegato il dott.
Loconte – è stato per diffondere le ultime novità per la diagnosi e la cura delle patologie vertebrali e del disco, soprattutto per i pazienti anziani che risultano purtroppo i più colpiti da tali
malattie molto spesso invalidanti. Il
medico di medicina generale è il primo
interlocutore di questi pazienti e, pertanto, è importante che sia costantemente informato per indirizzare al meglio i propri pazienti che spesso si trasferiscono dalla nostra regione per mancanza di informazione». Durante l’incontro, dopo l’introduzione ai lavori del dott.
Loconte, si è discusso di lombalgie meccaniche, lesioni vertebrali, traumatiche e degenerative, tecniche chirurgiche mininvasive
come la cifoplastica con palloncino, la vertebroplastica e la nucleoplastica, riabilitazione della colonna vertebrale prima e dopo
la chirurgia. Tra le tecniche mininvasive presentate la cifoplastica, nata negli Stati Uniti nel 1998 per il trattamento percutaneo
delle fratture vertebrali osteoporotiche, una procedura che raccoglie l’eredità della vertebroplastica mettendone a frutto
l’esperienza e condividendone le indicazioni. Si tratta di una pratica chirurgica utilizzata per ristabilire la posizione originale
delle vertebre in seguito a fratture da osteoporosi, traumi o tumori: si utilizza, infatti, anche nelle metastasi se c’è un danno solo
all’osso del corpo vertebrale. È una procedura mini-invasiva che consiste nella riespansione delle vertebre crollate: il medico fa
una piccola incisione di circa un centimetro nella schiena del paziente per creare un passaggio nell’osso fratturato. Attraverso
il passaggio colloca un piccolo palloncino ortopedico nella vertebra fratturata. Il palloncino viene poi gonfiato con cura dal
medico, che solleva la vertebra che ha subito il crollo, cercando di ripristinare l’anatomia vertebrale. Questa è una fase cruciale
nel processo di correzione della colonna vertebrale. Il palloncino viene successivamente rimosso, lasciando uno spazio vuoto
all’interno della vertebra; lo spazio viene quindi riempito con un materiale specifico, il polimetilmetalcrilato (PMMA), utilizzato
per sostenere l’osso e prevenire altri cedimenti. Questo processo crea una sorta di ingessatura interna che tiene in posizione
l’osso riparato. Questa innovativa metodica permette al paziente di eliminare completamente il dolore provocato dalle terminazioni
nervose all’interno dell’osso, di alzarsi dopo poche ore e di tornare a casa nelle quarantotto ore successive all’intervento. Altra
tecnica di recente utilizzo, di cui si è discusso durante il seminario, è la nucleoplastica: una metodica mini-invasiva per la
decompressione discale, indicata per il trattamento delle ernie discali sintomatiche e non espulse. Il principio fisico sul quale si
basa questa tecnica è quello del sistema idraulico chiuso: un disco intervertebrale con anulus intatto (condizione necessaria
per eseguire la procedura) è paragonabile ad un sistema idraulico chiuso in cui anche una piccola rimozione di materiale genera
un elevato decremento della pressione idraulica interna. La nucleoplastica utilizza la tecnologia della coblazione (“Cold Ablation”):
in questo processo tramite la tecnologia della radiofrequenza bipolare si ottiene la rimozione di tessuto con minimo danno
termico alle strutture ed ai tessuti adiacenti. I relatori presenti al seminario sono stati i medici dell’unità operativa complessa di
ortopedia e traumatologia del presidio ospedaliero di Ostuni: Massimiliano di Viesto, Alfonso Ambrosone e Orazio Recchia.
A.C.
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